Minime. 640



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 640 del 15 novembre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Dopo una sentenza
2. Enrico Piovesana: La guerra afgana continua a far stragi anche in
Pakistan
3. L'Italia cessi di essere compartecipe e corresponsabile di questo immane
crimine
4. Federico Bastiani intervista Eduardo Galeano
5. Giuliano Battiston intervista Gore Vidal
6. Roberto Carnero intervista Adonis
7. Roberto Carnero intervista Aharon Appelfeld
8. Roberto Carnero intervista Alissa York
9. L'agenda "Giorni nonviolenti 2009"
10. L'Agenda dell'antimafia 2009
11. La "Carta" del Movimento Nonviolento
12. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. DOPO UNA SENTENZA

La cosa piu' urgente: la formazione delle forze dell'ordine alla
nonviolenza.

2. GUERRA. ENRICO PIOVESANA: LA GUERRA AFGANA CONTINUA A FAR STRAGI ANCHE IN
PAKISTAN
[Dal sito di "Peacereporter" (http://it.peacereporter.net/) riprendiamo il
seguente articolo del 14 novembre 2008  col titolo "Ancora bombe Usa sul
Pakistan"]

Ventiduesimo raid sul Waziristan in tre mesi
Questa mattina prima dell'alba due missili "Hellfire" sparati da un
"Predator" statunitense hanno colpito il villaggio pachistano di Ghari Wam,
in Nord Waziristan. Almeno 12 presunti talebani sono morti sotto le macerie.
Il governo del Pakistan ha inoltrato la solita formale protesta
all'ambasciata Usa di Islamabad. E' il ventiduesimo attacco statunitense in
Pakistan negli ultimi tre mesi.
*
Agosto
12: missili Usa sul villaggio di Shnawana, Sud Waziristan. 12 morti.
20: missili Usa sul villaggio di Zari Noor, Sud Waziristan. 12 morti.
27: missili Usa sul villaggio di Ganghikhel, Sud Waziristan. 4 feriti.
30: missili Usa sul villaggio di Korzai, Sud Waziristan. 5 morti.
31: missili Usa sul villaggio di Ghundi, Nord Waziristan. 6 morti.
*
Settembre
3: forze speciali Usa nel villaggio di Angoor Ada, Sud Waziristan. 20 morti.
4: missili Usa sul villaggio di Achar Khel, Nord Waziristan. 7 morti.
5: missili Usa sul villaggio di Al Must, Nord Waziristan. 6 morti.
8: missili Usa sul villaggio di Daande Darpkhel, Nord Waziristan. 23 morti.
12: missili Usa sul villaggio di Tole Khel, Nord Waziristan. 12 morti.
17: missili Usa sul villaggio di Baghar Cheena, Sud Waziristan. 13 morti.
30: missili Usa sul villaggio di Khusali Toorikhel, Nord Waziristan. 6
morti.
*
Ottobre
3: missili Usa sul villaggio di Datta Khel, Nord Waziristan. 21 morti.
9: missili Usa sul villaggio di Ghundai, Nord Waziristan. 9 morti.
11: missili Usa sul villaggio di Asori, Nord Waziristan. 5 morti.
16: missili Usa sul villaggio di Saam, Sud Waziristan. 6 morti.
23: missili Usa sul villaggio di Daande Darpkhel, Nord Waziristan. 10 morti.
26: missili Usa sul villaggio di Manduta, Sud Waziristan. 20 morti.
31: missili Usa sul villaggio di Dhok, Sud Waziristan, 7 morti.
31: missili Usa sul villaggio di Mir Ali, Nord Waziristan, 28 morti.
*
Novembre
7: missili Usa sul villaggio di Kumshaam, Nord Waziristan, 14 morti.
14: missili Usa sul villaggio di Ghari Wam, Nord Waziristan, 12 morti.

3. LE ULTIME COSE. L'ITALIA CESSI DI ESSERE COMPARTECIPE E CORRESPONSABILE
DI QUESTO IMMANE CRIMINE

La guerra terrorista e stragista in Afghanistan, ormai estesasi anche al
Pakistan.
L'Italia cessi di essere compartecipe e corresponsabile di questo immane
crimine.
Cessi la criminale partecipazione italiana a questa mostruosa guerra,
partecipazione che viola il diritto internazionale e la legalita'
costituzionale.
Torni l'Italia al diritto, alla civilta', all'umana solidarieta'.
Si adoperi l'Italia per la pace con mezzi di pace.
Aiuti umanitari a tutte le vittime, disarmo e smilitarizzazione dei
conflitti, cooperazione internazionale contro il flagello della guerra,
nitida opposizione a tutti i poteri assassini, solidarieta' concreta con
tutti i popoli oppressi, anzioni positive e coerenti per il riconoscimento
di tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani.
Vi e' una sola umanita'.
Occorre la scelta della nonviolenza.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

4. RIFLESSIONE. FEDERICO BASTIANI INTERVISTA EDUARDO GALEANO
[Dal mensile "Letture" n. 651 del novembre 2008 col titolo "Eduardo Galeano
un curioso a cuore aperto" e il sommario "Considerato uno dei piu'
significativi intellettuali del nostro tempo, il giornalista e scrittore
uruguaiano e' passato in Italia per presentare il suo nuovo libro. Lo
accompagna l'amico di sempre, Gianni Mina'"]

A distanza di quarant'anni dall'uscita del suo libro di maggior successo, Le
vene aperte dell'America Latina, viene ora pubblicato il nuovo lavoro di
Eduardo Galeano, Specchi (traduzione di Marcella Trambaioli, Sperling &
Kupfer, 2008, pp. 400, euro 18,50), seicento storie che lo scrittore
uruguaiano ha messo insieme per rispondere a molte domande con la sua solita
ironia graffiante. Come afferma lui stesso "e' il racconto scritto dalla
parte di chi non entra all'interno della fotografia".
*
 Federico Bastiani: Come e' nata l'idea di Specchi?
- Eduardo Galeano: Il libro e' nato da molte domande che mi sono posto in
questi anni, io sono una persona curiosa. Ad esempio la prima volta che ho
letto nella Bibbia la storia di Babele mi sono chiesto: sara' stato davvero
un castigo di Dio la diversita' delle lingue o sara' stato invece un regalo
di Dio contro la noia della lingua unica?
*
- Federico Bastiani: La sua curiosita' e' stata dunque uno stimolo a
scrivere questo libro?
- Eduardo Galeano: Diciamo che la curiosita' a volte mi ha creato problemi.
Quando andavo a scuola, avevo otto anni, la maestra ci stava spiegando che
il conquistatore Vasco Nunez de Balboa era stato il primo uomo a vedere i
due oceani dalle montagne di Panama. Io alzai la mano e dissi: "Maestra, gli
indios erano ciechi?". La mia curiosita' mi costo' la prima espulsione.
*
- Federico Bastiani: Nelle storie che racconta ricorre sempre il tema della
diversita'...
- Eduardo Galeano: Infatti, il libro e' un omaggio alla diversita' umana.
Una delle domande che mi pongo ad esempio e': Adamo ed Eva erano neri?
Perche' la storia dell'uomo inizio' in Africa, da li' provengono i nostri
avi che sono partiti alla conquista del pianeta. Il sole ebbe il compito di
assegnare il colore della pelle. Quindi la domanda e': saremo tutti noi
africani immigrati?
*
- Federico Bastiani: Pero' nel libro affronta anche temi di attualita', come
il muro che si sta costruendo fra il confine messicano e quello
statunitense.
- Eduardo Galeano: Io racconto soprattutto dei muri silenziosi, di quelli di
cui nessuno parla. Nel 1989 e' caduto il muro di Berlino e da allora si
costruiscono muri sempre piu' lunghi. In Cisgiordania si sta costruendo un
muro che sara' quindici volte piu' lungo del muro di Berlino, lo stesso si
sta facendo in Marocco, perche' ci sono muri cosi' altisonanti e muri cosi'
muti?
*
- Federico Bastiani: C'e' un pensiero collettivo che afferma: "Sono sempre i
buoni ad andarsene", lei e' d'accordo?
- Eduardo Galeano: E' vero, perche' i buoni hanno la cattiva abitudine di
usare un muscolo che i cattivi non usano, ovvero la coscienza. Ad esempio
Francisco Franco ha vissuto moltissimo e c'e' una storia al riguardo. Franco
era sul letto di morte e dalla finestra sentiva la gente sotto il palazzo
che gridava il suo nome. Allora il generale chiese al suo collaboratore:
"Cosa grida la gente?", e il collaboratore rispose: "Generale, e' la gente
che e' venuta a salutarla". E Franco replico': "Perche', dove vanno?".

5. RIFLESSIONE. GIULIANO BATTISTON INTERVISTA GORE VIDAL
[Dal quotidiano "Il manifesto" dell'11 maggio 2008 col titolo "Il ruolo
dello scrittore, termometro di un'epoca" e il sommario "Nei suoi romanzi e
nei suoi pamphlet Gore Vidal ha fatto del sarcasmo lo strumento con cui
denunciare i vizi della societa' statunitense. Un dialogo con lo scrittore,
ieri al Lingotto. Non ci si puo' affidare solo all'immaginazione, un autore
deve essere in grado di calarsi pienamente nel mondo in cui gli e' capitato
di vivere"]

Tanto schietto da risultare offensivo ai custodi del politicamente corretto,
tanto ancorato alla sua indipendenza da apparire superbo agli occhi di
quanti hanno abdicato, magari senza accorgersene, alla propria autonomia,
Gore Vidal e' abituato a vivere fuori dai ranghi. Nato a West Point nel
1935, l'autore di Myra Breckinridge, polemista e romanziere tra i piu' noti
al mondo, ha infatti sempre esibito senza reticenze il proprio punto di
vista, anche laddove sapeva che sarebbe stato considerato sovversivo "per
aver dato voce troppo precocemente all'indicibile". Consapevole che nella
scrittura "non ci si puo' mai disfare di se stessi", ha fatto del sarcasmo
lo strumento con cui denunciare i vizi della societa' statunitense, "che e'
sempre stata insieme romantica e puritana". In questa audacia i suoi
detrattori riconosceranno solo la maschera irriverente di uno scrittore
talmente contraddittorio da arrivare a scrivere "non mi e' mai piaciuto
parlare di me" in un'opera autobiografica; chi ne ha seguito la lunga
traiettoria intellettuale riconoscera' invece la coerenza - e semmai la
debolezza - di un uomo animato "da una tendenza protettiva, quasi
proprietaria" nei confronti della sua "terra natale e della sua politica".
Abbiamo incontrato Gore Vidal alla Fiera del libro di Torino, dove ieri ha
presentato il suo romanzo storico Il candidato, uscito negli Usa nel 1976 e
ora tradotto per Fazi da Silvia Castoldi (pp. 582, euro 18).
*
- Giuliano Battiston: In italiano molti dei suoi saggi letterari sono stati
raccolti nel Canarino e la miniera, che inizia con una citazione di un suo
discorso: "Nelle miniere di carbone in America i minatori portano spesso con
se' un canarino. Lo mettono nel pozzo, e quello canta. E se per caso smette
di cantare, per i minatori e' il momento di uscire, perche' l'aria e'
velenosa. Per me, noi scrittori siamo canarini". Di quali doti deve disporre
uno scrittore per essere un termometro sensibile alla temperie di un'epoca?
- Gore Vidal: Innanzitutto l'intelligenza, una virtu' che, come lo spirito
critico, negli Stati Uniti cosi' come in molti altri paesi oggi e' quasi del
tutto assente. Ricordo una bella fotografia e un articolo pubblicati anni fa
da "Vanity Fair" in occasione della guerra in Iraq, in cui si diceva che i
soli intellettuali veramente critici all'interno degli Stati Uniti erano
Gore Vidal, Norman Mailer e Kurt Vonnegut. E' curioso che gli unici dotati
di una voce abbastanza forte, critica e autorevole da denunciare apertamente
le scelte dell'amministrazione Bush fossero tre veterani della seconda
guerra mondiale, molto in la' con gli anni. Io ho inteso quell'articolo come
un complimento, ma dovremmo riflettere sul periodo in cui viviamo. Intendo
dire che non ci si puo' affidare solo alla creativita' e all'immaginazione,
qualita' comuni anche ai bambini e agli insegnanti; uno scrittore dovrebbe
essere in grado di calarsi pienamente nel mondo in cui gli e' capitato di
vivere, e di riflettere in modo costante sull'orientamento che esso prende
nel corso del tempo.
*
- Giuliano Battiston: Lei e' autore di una affascinante saga epica sulla
storia statunitense che gli editori sono soliti intitolare "Cronache
americane", e che lei invece definisce "Narratives of Empire". Sembrerebbe
un lavoro animato dall'esigenza di colmare quel vacuum storico nel quale
secondo lei vive da sempre il suo paese.
- Gore Vidal: Credo che tutte le forme d'arte popolari in qualche modo
cerchino di riempire questo vacuum; ho dedicato tanta attenzione alla storia
degli Stati Uniti perche' sono un estimatore della vecchia repubblica, di
certo non uno di quelli che aspira alla rivoluzione. Il nostro sistema
politico ha funzionato abbastanza bene per diverso tempo, fondandosi su
alcuni principi legati alla tradizione costituzionale inglese della Magna
Charta, la quale aveva stabilito quell'habeas corpus che in questi anni sia
il governo inglese sia quello americano hanno snaturato, se non compromesso
definitivamente. Nel caso degli Stati Uniti la cosa gravissima e' che
l'amministrazione Bush non solo ha sotterrato il fondamento morale del
nostro sistema politico-legale, ma lo ha fatto con piena soddisfazione.
D'altronde la storia ci insegna che puo' capitare che i paesi si trovino
vittime di colpi di stato, o che finiscano nelle mani di dirigenti politici
che non hanno alcun interesse a garantirne il benessere.
*
- Giuliano Battiston: Negli ultimi anni lei ha scelto di usare quella che in
Dreaming War definisce come "la piu' antica forma del discorso politico
americano", il pamphlet, scrivendo diversi testi in cui critica aspramente
le falsita' dell'amministrazione Bush. Alla base della sua scelta c'e' forse
quell'idea di Montaigne - da lei piu' volte citata - secondo la quale
"quello di mentire e' un vizio maledetto"?
- Gore Vidal: Non e' un caso che citi cosi' spesso quella frase. Nel caso di
Bush, si tratta di un individuo tanto stupido da non riuscire a comprendere
che quelle bugie non aiutano neanche lui, e non e' detto che in futuro non
possa essere chiamato a risponderne. Anche il fatto che sia un credente
orienta il modo in cui governa la cosa pubblica, o forse sarebbe meglio dire
il modo in cui non governa la cosa pubblica, visto che non ne ha nessun
interesse. Diversi anni fa ho adattato per il teatro con il titolo di
Romulus un dramma di Friedrich Duerrenmatt in cui si racconta come l'ultimo
imperatore romano abbia condotto il suo impero alla distruzione, anche
perche' convinto che fosse ormai troppo corrotto, e che solo cosi' lui
avrebbe potuto espiare i suoi peccati. Mentre i suoi consiglieri lo
avvertono, preoccupati, che i barbari sono alle porte, lui invece aspetta
che arrivino, e guardando sul muro l'immagine che rappresenta l'impero dice
loro: "Guardate cosa abbiamo costruito: tutto questo verra' meno con un solo
gesto". In questo modo, finisce per mandare in pezzi l'impero. Credo che ci
siano molte affinita' tra l'atteggiamento di Romolo Augustolo e quello del
nostro Bush.
*
- Giuliano Battiston: Nel corso di tutta la sua attivita', lei non ha mai
smesso di occuparsi di temi legati alla sessualita'. Eppure in un articolo
pubblicato su "The Nation" nel 1991 aveva notato con preoccupazione di non
essere ancora riuscito a spiegare cosa fosse veramente il sesso. Cosa aveva
dimenticato di dire?
- Gore Vidal: Un po' mi sorprende di aver scritto una cosa del genere,
perche' credo di essere riuscito a parlarne in modo sufficientemente
completo. Tra quelli che piu' mi hanno influenzato ricordo comunque il
dottor Kinsey, il primo che abbia tentato di demistificare l'argomento,
tanto da analizzare anche l'orgasmo in modo scientifico. Anche Freud ha
tentato di farlo, ma senza grande successo. Il potere, radicato nella
cultura protestante dell'Inghilterra poi trasferita in New England, ha
sempre usato strategicamente il sesso come un'arma politica, demonizzando
gli atti sessuali per soffocare le istanze di liberta' e per mandare in
guerra il popolo. Il sesso e' sempre stato il diavolo contro il quale, e
grazie al quale, sono state combattute le guerre degli Stati Uniti, un paese
che combina un cinismo brutale a un senso del peccato di origine puritana.

6. RIFLESSIONE. ROBERTO CARNERO INTERVISTA ADONIS
[Dal mensile "Letture", n. 646 dell'aprile 2008 col titolo "Adonis, poesia
tra Oriente e Occidente" e il sommario "A colloquio con il celebre poeta in
lingua araba, autore di versi sull'amore, ma anche sulla politica e sullo
scontro di civilta'. In una lingua forte e sensuale egli esprime le
contraddizioni di un villaggio globale spesso incapace di dialogo"]

Nato nel 1930 in Siria, Adonis (pseudonimo di Ali Ahmad Said Isbir) e' uno
dei piu' importanti poeti del mondo arabo, essendo noto e tradotto a livello
mondiale. Fautore indefesso del dialogo tra le diverse culture, conosce
molto bene la civilta' europea, essendosi trasferito da anni a Parigi.
Tra le sue raccolte poetiche disponibili in italiano ricordiamo i volumi,
entrambi pubblicati da Guanda, Memoria del vento (1998) e Cento poesie
d'amore (2003). La musica della balena azzurra (Guanda 2005) e' invece una
raccolta di saggi sulla cultura araba e sul suo rapporto con quella
occidentale, mentre Oceano nero (Guanda 2006) e' una scelta di interventi su
argomenti di attualita', come la guerra in Iraq e la questione palestinese.
Per il suo impegno nella diffusione della poesia gli e' stato assegnato
quest'anno il Premio Grinzane lettura - Fondazione Crt.
*
- Roberto Carnero: Adonis, la poesia puo' raccontare il nostro tempo?
- Adonis: Scrivere poesia e' un'alchimia delicata, quando ci si mette a
comporre versi non si sa che cosa si scrivera' e che cosa ne verra' fuori.
Se si sapesse gia' in partenza cosa scrivere, forse non varrebbe neanche la
pena mettersi a farlo. La poesia e' onnipresente, e' nella vita quotidiana
di tutti noi, ha a che fare con le piccole realta' di tutti i giorni come
con le grandi questioni metafisiche. La poesia, cioe', e' qualcosa di
totale. La poesia non ha il compito di raccontare o di esprimere qualcosa,
piuttosto deve essere in grado di allargare il nostro orizzonte ponendo
interrogativi e domande.
*
- Roberto Carnero: Lei pero', oltre a essere uno dei piu' importanti poeti
del mondo, e' anche impegnato in un discorso politico, ad esempio in Libano
e piu' in generale in tutto il Medio Oriente. Qual e' il suo punto di vista
sulla questione palestinese?
- Adonis: La situazione palestinese riguarda tutto il mondo. Penso che gli
arabi in Palestina hanno fatto tutto quanto era loro facolta' fare per
favorire la pace. Ora siamo in attesa di ricevere da Israele una proposta
concreta, altrettanto impegnativa rispetto a quello che hanno concesso i
palestinesi. Israele non puo' pensare di ottenere la pace dialogando con una
parte dei palestinesi e invece muovendo guerra a un'altra parte. Credo
davvero che il problema della pace in Medio Oriente dipenda oggi in larga
parte dalle decisioni in politica estera di Israele.
*
- Roberto Carnero: In che rapporto stanno nel suo lavoro di poeta e di
intellettuale queste due dimensioni, quella privata e quella pubblica,
quella dell'arte e quella dell'impegno?
- Adonis: Nel mondo arabo esiste una tradizione per cui parlare di poesia e'
parlare anche di politica, come se questi due aspetti fossero, in qualche
modo, un po' la stessa cosa, o, se preferisce, due facce della stessa
medaglia. Ma bisogna aggiungere che per noi parlare di poesia e di politica
significa anche parlare di religione. Sono tre aspetti legati tra loro. La
vita quotidiana per gli arabi e' queste tre cose insieme: poesia, politica,
religione. Tutto per noi e' politica, nel senso nobile dell'etimologia greca
di questa parola, polis, cioe' cura e governo della citta'. Purtroppo oggi
la politica a livello planetario ha poco a che vedere con questa accezione
alta, mentre si riduce a qualcosa di piu' piccolo e di piu' prosaico.
*
- Roberto Carnero: Che diffusione ha la poesia nel mondo arabo
contemporaneo?
- Adonis: Penso che la nostra situazione sia analoga a quella dei Paesi
occidentali. Se la poesia sta perdendo, per cosi' dire, in quantita', essa
guadagna in qualita'. In altre parole, i lettori di poesia oggi sono in
numero minore rispetto al passato; ma la loro preparazione e la loro
sensibilita' mi sembrano, in generale, migliori di quanto lo fossero un
tempo. Negli ultimi anni, poi, nel mondo arabo si e' assistito a un
incremento delle traduzioni di poeti stranieri. Anche italiani: da Dante a
Ungaretti, c'e' un grande interesse per la vostra letteratura.
*
- Roberto Carnero: Ma a che cosa serve la poesia?
- Adonis: La poesia e' come l'amore: aiuta a vivere meglio, in modo piu'
umano. Quando la filosofia e la scienza non hanno piu' nulla da dire, rimane
la poesia. Essa senz'altro ha qualcosa da aggiungere, perche' e' capace di
incarnare l'intimita' dei popoli e degli individui.
*
- Roberto Carnero: Lei e' famoso per il fatto di scrivere poesie "facili",
cioe' chiare e trasparenti nella loro dimensione semantica. Si tratta di una
precisa scelta di poetica?
- Adonis: Si', perche' mi piace farmi capire. Questo nella generalita' dei
casi, perche' a tratti, in particolari momenti di mia difficolta' e
confusione personale, ho scritto anche poesie piu' "difficili", sebbene non
proprio ermetiche. Ed e' giusto che la poesia rifletta un po' tutta la
realta', anche quella meno piacevole o gradevole.
*
- Roberto Carnero: La sua poesia, e in generale quella araba, e' dotata di
una sensualita' sconosciuta a quella occidentale. Come mai?
- Adonis: C'e' una notevole differenza nel modo di vedere il mondo da parte
degli arabi e degli occidentali. In Occidente il corpo e' sinonimo di
cervello e pensiero. Per noi, invece, e' voce, sangue, pelle, cuore, terra,
aria, sole. Quando noi in poesia parliamo di anima e di spirito, parliamo
anche di corpo. Poi e' la stessa lingua araba ad essere molto legata alla
natura e alla sua dimensione fisica. Anche solo questo aspetto linguistico
e' gia' di per se' molto poetico. Ma, paradossalmente, essendo l'arabo una
lingua cosi' poetica, e' piu' difficile scrivere poesie. Per scrivere poesie
in francese, ad esempio, e' necessario fare violenza alla lingua; per farlo
in arabo, invece, bisogna lasciarsi cullare dalla lingua, abbandonandosi ad
essa.
*
- Roberto Carnero: Parlando di rapporti tra le culture, che ruolo giocano
secondo lei le religioni?
- Adonis: Spesso si dice che l'islam sia un credo fondamentalista. Ma a
essere fondamentalista non e' una religione in se', bensi' il modo in cui si
vive quella determinata religione. Come esistono fondamentalisti islamici,
cosi' esistono fondamentalisti ebraici e cristiani. Personalmente sono
areligioso, anche se mi piace interessarmi a questi argomenti. Osservando la
storia e l'attualita' ho maturato la convinzione che ogni impostazione
monoteistica della questione religiosa abbia in se' i germi di una possibile
involuzione fondamentalista.
*
- Roberto Carnero: Da parte cattolica non e' un caso che l'attuale papa,
Benedetto XVI, sia tornato spesso sul tema della necessita' di coniugare
ragione e fede...
- Adonis: Sono sforzi apprezzabili. Credo che per costruire un dialogo
autentico tra islam e cristianesimo dobbiamo partire dal presupposto che non
si tratti di due blocchi monolitici. L'Occidente deve capire che l'Oriente
non e' un monolite e altrettanto devono fare i Paesi arabi nei confronti
dell'Europa o degli Stati Uniti. I contatti tra questi mondi ci sono sempre
stati. Anche oggi esistono intensi scambi economici e commerciali. Mi
piacerebbe pero' che ci fosse piu' dialogo umano e culturale. Perche' i
rapporti solo economici rischiano di trasformare il mondo, piu' di quanto
non lo sia gia', in un grande mercato globale, cioe' in qualcosa di
decisamente arido.

7. RIFLESSIONE. ROBERTO CARNERO INTERVISTA AHARON APPELFELD
[Dal mensile "Letture" n. 651 del novembre 2008 col titolo "Per Appelfeld la
Shoah non e' solo memoria" e il sommario "Molte narrazioni autobiografiche
sono presenti in libreria. Eppure, leggendo l'ultimo Appelfeld, si rimane
colpiti dalla novita' della voce di questo scrittore che ha cercato di
coniugare memoria e immaginazione"]

Storia di una vita di Aharon Appelfeld (traduzione di Ofra Bannett e
Raffaella Scardi, Guanda, 2008, pp. 204, euro 14) racconta il viaggio in
fuga dall'inferno - da quel "male assoluto" dei Lager nazisti che lui,
bambino indifeso, aveva conosciuto - da parte dello scrittore, che lo scorso
14 giugno ha ricevuto il premio Grinzane Cavour "Dialogo tra i continenti".
Nato da una famiglia ebraica a Czernowitz, in Bucovina, una regione oggi
divisa tra Romania e Ucraina, vive ormai da molti anni a Gerusalemme ed e'
considerato uno dei piu' importanti scrittori israeliani.
In Storia di una vita e' narrata un'infanzia felice, la vita serena e senza
pensieri in una famiglia di intellettuali dell'alta borghesia ebraica, su
cui pero', a poco a poco, si proietta l'ombra di una minaccia. Dopo
l'assassinio della madre da parte dei nazisti, il piccolo Aharon viene
deportato in un campo di concentramento insieme con il padre. A otto anni
d'eta' riesce fortunosamente a fuggire e trascorre i successivi tre anni
vagando per i boschi. Nel 1944 viene raccolto e salvato dall'Armata rossa,
lavorando per un po' nelle cucine da campo in Ucraina e poi riuscendo a
raggiungere, attraverso la Jugoslavia, il nostro Paese. Da li' emigrera' in
Palestina, dove lavorera' in un kibbutz, studiera' la Torah, prestera' il
servizio militare, si laureera' in letteratura all'Universita' di
Gerusalemme e diventera', per trent'anni, professore di letteratura ebraica.
*
- Roberto Carnero: Appelfeld, come e' possibile mettere insieme questi due
capisaldi della sua poetica, cioe' memoria e immaginazione?
- Aharon Appelfeld: Quando ho cominciato a scrivere delle mie esperienze nei
campi di concentramento, ho ricevuto alcune critiche. Mi si diceva: "Quello
che scrivi non e' esatto". Questo perche' la concezione allora dominante era
che chi scriveva dell'Olocausto dovesse attenersi ai fatti e solamente ai
fatti. Ma questo per un narratore e' terribile: limitandosi esclusivamente
ai fatti, darebbe vita a un diario, a una cronaca, a un'opera storiografica,
ma certo non a un romanzo. Per ogni forma d'arte che aspiri a essere tale,
l'immaginazione e' una componente fondamentale.
*
- Roberto Carnero: Perche' dice che l'arte non puo' esistere senza
l'immaginazione?
- Aharon Appelfeld: L'immaginazione e' la parte piu' profonda della nostra
vita, della vita di ciascuno di noi, e cio' non riguarda solo gli scrittori.
La storia e', per cosi' dire, la parte esteriore della vita; l'immaginazione
quella intima e piu' importante.
*
- Roberto Carnero: Lei rievoca nel suo libro gli anni trascorsi alla
macchia, nascosto nei boschi dai suoi aguzzini. Che cosa passava allora
nella sua mente di bambino?
- Aharon Appelfeld: Da bambino non pensi, ti limiti a reagire, guidato
dall'istinto, non dal raziocinio. Fino all'eta' di otto anni ero stato
educato alla ragione, al pensiero, alla cultura. Ed ecco che all'improvviso
vedo mia madre brutalmente uccisa, mi trovo separato da mio padre anch'egli
rinchiuso come me in un campo di concentramento e comprendo di essere solo,
di poter contare solo su me stesso. Tutto questo mi colse decisamente
impreparato. Ma la mia reazione fu guidata dall'istinto di sopravvivenza.
Ero un piccolo animale braccato che cercava disperatamente di sopravvivere.
*
- Roberto Carnero: Lei ha dichiarato di conoscere e di apprezzare Primo
Levi. Cosa ha in comune la sua opera con quella di questo importante
scrittore italiano?
- Aharon Appelfeld: Purtroppo non ho mai incontrato di persona Primo Levi.
Era una persona colta, parlava molte lingue, leggeva moltissimo. Egli lesse
i miei romanzi e fu il primo in Italia a parlare bene del mio lavoro. Una
volta un giornalista ando' a intervistarlo e lui sposto' tutta la
conversazione dalla sua opera alla mia, dicendo all'intervistatore: "Guardi,
mi piacerebbe parlare, piu' che del mio lavoro, di quello di Aharon
Appelfeld, che vorrei far conoscere al pubblico italiano". Non posso pensare
a un gesto di maggiore generosita' da parte di uno scrittore nei confronti
di un altro. Primo Levi fu ad Auschwitz, il posto peggiore del mondo. Negli
altri campi, invece, non c'era la medesima "industrializzazione della
morte", lo stesso "sterminio scientifico". Si trattava di una lenta agonia,
fatta sembrare casuale, anche se di fatto programmata: si faceva marciare un
convoglio di mille persone, la meta' morivano per strada, poi gli altri
perivano a poco a poco nelle baracche, una volta giunti al campo, per la
fame e per il freddo. Per fortuna sono riuscito a scappare.
*
- Roberto Carnero: Oggi, a tanti anni di distanza, quali sono i suoi
sentimenti? E' possibile perdonare chi e' stato all'origine di tante
sofferenze?
- Aharon Appelfeld: E' vero, ho avuto un'infanzia terribile. Tutti i posti
dove sono stato erano orribili. Tutto cio' avrebbe potuto portarmi a essere
una persona cattiva, malvagia, e avrei avuto delle giustificazioni in
quest'infanzia cosi' tragica. Invece sono stato fortunato. Perche' in
quell'inferno, cioe' nel campo di concentramento come anche sulla via della
fuga, ho trovato delle persone meravigliose che mi hanno salvato:
fisicamente e moralmente. Qualcuno mi ha offerto un rifugio, qualcun altro
qualcosa da mangiare o da bere, altri ancora mi hanno regalato parole di
speranza. Cio' mi ha reso un umanista e un ottimista. Questa elaborazione
degli incontri positivi ha fatto di me una persona migliore di quella che
sarei diventato solo in virtu' delle difficolta' che ho dovuto attraversare.
*
- Roberto Carnero: Nel suo libro sembra che uno degli strumenti di
sopravvivenza sia quello dell'ironia, una sorta di distacco intelligente
anche dalle situazioni piu' tragiche. E' cosi'?
- Aharon Appelfeld: Non potrebbe essere diversamente. Per duemila anni il
popolo ebraico e' stato perseguitato, ma e' sopravvissuto. Quali sono le
armi grazie a cui e' resistito in vita? L'ironia, lo humour, l'autocritica.
Siamo sopravvissuti grazie a questi atteggiamenti intellettuali, che ci
hanno consentito di non concepirci come vittime. Cio' fa si' che acquisti
rispetto per te stesso, che acquisti dignita'.
*
- Roberto Carnero: Nella sua opera lei parla anche di una tragedia culturale
per il popolo ebraico: la perdita della lingua yiddish. Che cosa ha
significato questa perdita?
- Aharon Appelfeld: Gli ebrei che vivevano in Europa prima della Shoah
parlavano sostanzialmente tre lingue: la lingua del Paese dove vivevano,
l'ebraico, che era la lingua della preghiera e degli studi teologici,
mistici, rabbinici, e infine l'yiddish. Quest'ultima era la lingua della
quotidianita', basata su un mix di tedesco antico, ebraico, latino e lingue
slave. Prima della Shoah l'yiddish era parlato da 12 milioni di ebrei,
soprattutto nell'Europa orientale. Ebbene, questa lingua e' stata sterminata
insieme con gli ebrei. Per una serie di ragioni, nel nuovo Stato di Israele
l'ebraico e' diventata la lingua della quotidianita' per gli ebrei che
andarono ad abitarvi. Io volevo scrivere della vita degli ebrei, della loro
cultura, del loro contributo alla cultura europea. Quindi ho studiato
l'yiddish, anche perche', paradossalmente, la mia lingua madre era il
tedesco, la lingua che dopo la guerra era sentita come quella dei nostri
oppressori.

8. RIFLESSIONE. ROBERTO CARNERO INTERVISTA ALISSA YORK
[Dal mensile "Letture" n. 650 dell'ottobre 2008 col titolo "Alissa York:
amore, sangue e poligamia" e il sommario "Radicata nella natura selvaggia
dell'America del Nord, affascinata dalla storia del suo Paese e interessata
a come le persone lottano per amare, Alissa York e' oggi una delle piu'
apprezzate scrittrici canadesi"]

Alissa York ha vissuto in varie parti del Canada e attualmente risiede a
Toronto con il marito, lo scrittore e regista Clive Holden. Dopo aver
esordito con alcuni racconti pluripremiati, ha scritto il romanzo Mercy,
pubblicato in Canada nel 2003 e poi uscito negli Stati Uniti, in Olanda e in
Francia. Il suo secondo romanzo, Effigy, e' uscito in Canada nel 2007 ed e'
ora tradotto in italiano da Roberto Serrai per Giunti Editore con il titolo
La quarta moglie (2008, pp. 480, euro 16,50). E' una storia insieme
realistica e visionaria, ambientata nell'Ottocento presso una comunita' di
mormoni. Tutto e' visto attraverso gli occhi di Dorrie, una ragazza
intelligente e sensibile.
*
- Roberto Carnero: Signora York, da dove ha tratto ispirazione per questa
storia?
- Alissa York: Il romanzo e' nato dopo aver letto un articolo a proposito di
Bountiful (nella Columbia Britannica), una comunita' che si basa su una
setta fondamentalista di mormoni che pratica ancora la poligamia. Sono
rimasta sorpresa che questo potesse accadere in Canada, non molto lontano da
dove sono cresciuta, ma soprattutto particolarmente scioccata dal fatto che
parecchie delle mogli in questa comunita' siano molto giovani (tredici o
quattordici anni) e spesso si sposino con uomini abbastanza vecchi da poter
essere i loro nonni. Avevo riflettuto sulla poligamia in passato, ma prima
di leggere quell'articolo, questo tema non mi aveva mai toccato cosi' da
vicino. Avevo un forte interesse sull'argomento e provavo quel tipo di
sentimento che mi viene quando capisco che da un dato fatto potrebbe nascere
una storia o addirittura un libro. Cosi' ho cominciato a leggere tutto
quello che trovavo sulla poligamia. Questo mi ha portato alla storia della
Chiesa dei mormoni, che alla fine mi ha condotto a quello che e' stato il
massacro di Mountain Meadows, una tragedia accaduta nel 1857 nello Utah.
*
- Roberto Carnero: Lo sfondo storico della vicenda che racconta e', appunto,
questo fatto di sangue. Vuole spiegare di che cosa si tratto'? E perche'
quell'episodio storico l'ha affascinata come narratrice?
- Alissa York: Centoventi uomini, donne e bambini sono morti quel giorno;
solo i bambini piu' piccoli sono riusciti a sopravvivere grazie alla
dottrina mormona che considerava "di sangue innocente" i bambini che non
avevano ancora compiuto i sette anni d'eta' e di conseguenza riteneva il
versamento del loro sangue un peccato imperdonabile. Fonte dopo fonte, ho
scoperto che i sopravvissuti al massacro erano 17. Altri libri dicevano 18:
e' stata questa divergenza che ha fatto si' che il personaggio di Dorrie,
superstite immaginaria di una tragedia reale, prendesse vita.
*
- Roberto Carnero: In che contesto storico si colloca quell'evento?
- Alissa York: Nella lontana estate del 1857, un treno merci pieno di
famiglie provenienti da Arkansas e pochi uomini del Missouri viaggiavano
attraverso quello che ora e' il sud-ovest dello Utah, diretti in California.
Si accamparono in una valle per riposarsi e fecero i rifornimenti prima di
attraversare il deserto del Mojave. In realta', non ripartirono piu'. La
versione ufficiale al tempo attribui' la colpa agli indiani locali. La
verita', invece, e' che i capi dei mormoni locali pianificarono l'attacco e
piu' di 50 uomini mormoni presero parte all'omicidio, d'accordo con gli
indiani alleati. Il contesto storico e' complicato: e' sufficiente dire che
lo Utah doveva ancora essere annesso all'Unione, i mormoni erano al tempo
sull'orlo della guerra con gli Stati Uniti, e ci fu un tremendo conflitto
tra i mormoni, lo Stato dell'Arkansas e quello del Missouri.
*
- Roberto Carnero: Come descriverebbe la protagonista del suo libro, Dorrie?
- Alissa York: Dorrie e' stata la prima cosa; il resto del romanzo ha preso
vita da lei. Dorrie e', prima di tutto, una superstite. Essendo
sopravvissuta al massacro, ha cominciato a far parte della comunita' che
aveva precedentemente distrutto la sua. Vive, per cosi' dire, una "vita a
meta'", fino a quando scopre il lavoro che dara' significato alla sua
esistenza. Diventa infatti un'imbalsamatrice, attivita' per cui e' molto
portata, sia fisicamente sia mentalmente. Quella dell'imbalsamatore era
un'occupazione pericolosa a quei tempi; i professionisti spesso venivano
prima accecati, poi avvelenati dall'arsenico o da altre sostanze chimiche
utilizzate per le preparazioni. Ci vuole una buona dose di distacco e di
sensibilita' per praticare una tale forma d'arte.
*
- Roberto Carnero: In questo suo libro, e in generale anche negli altri che
ha scritto, e' piu' importante la componente realistica oppure quella
visionaria?
- Alissa York: E' difficile separare i due aspetti, perche' la loro
interazione agisce nel mio processo creativo. Un tempo odiavo l'idea della
ricerca; pensavo a essa come a un lavoro monotono che si dovesse evitare,
per poter arrivare alla magia dell'immaginare i personaggi e quello che
fanno. Ora, pero', sono giunta a una conclusione diversa: la ricerca e
l'immaginazione funzionano insieme, simbioticamente, in quanto l'una nutre
l'altra. Per me e' molto importante scrivere in modo dettagliato, perche'
creo un mondo che per i lettori puo' essere veritiero, in cui possono
ritrovarsi, anche se in fin dei conti e' tutta una visione, una finzione. E'
un lavoro complesso e affascinante: inventare delle cose, facendole sembrare
realta'.
*
- Roberto Carnero: Qual e' il fascino che la natura esercita su di lei come
narratrice?
- Alissa York: Il mondo naturale e' fondamentale per il mio lavoro. Ho
passato i primi anni della mia vita nel Nord del Canada, andando in
campeggio, in canoa, facendo escursioni, andando a sciare e a pescare con la
mia famiglia. Mio padre mi ha dato un'educazione all'aria aperta. Quegli
anni sono stati molto importanti per me e per mio fratello; ora lui e' una
guardia forestale nella selvaggia Columbia Britannica, mentre io, purtroppo,
vivo in citta', ma passo buona parte del mio tempo immaginando la
solitudine.
*
- Roberto Carnero: Come e' approdata alla scrittura?
- Alissa York: Ho cominciato come attrice, ma presto mi sono resa conto di
non essere tagliata per una carriera artistica in cui bisognasse lavorare in
gruppo, interagendo con altre persone. Per fortuna, in quegli stessi anni,
ho iniziato ad avere alcune idee per delle trame narrative. Una notte,
quando avevo solo vent'anni, mi venne in mente una storia mentre ero a
letto. La raccontai a mio marito, scrittore e produttore cinematografico, e
non mi dimentichero' mai cosa mi disse: "Alzati e va' subito a scriverla!".
*
- Roberto Carnero: Come si e' evoluto il suo modo di scrivere nel corso
degli anni?
- Alissa York: Come ho detto prima, la ricerca e' diventata una parte molto
piu' importante del mio percorso di quanto non lo fosse in passato; non
perche' abbia deciso di farlo, ma perche' sono stata ispirata da argomenti
di cui sapevo ben poco o addirittura niente. Cosi', senza ombra di dubbio,
ho dato piu' spazio alla chiarezza e alla semplicita' di quanto non facessi
prima.
*
- Roberto Carnero: C'e' un tema particolare che le sta a cuore e che
vorrebbe trattare in futuro in un romanzo?
- Alissa York: Scrivo sempre storie d'amore, ma diverse tra loro. Mi
affascinano le persone che lottano, e a volte falliscono, per poter amare.
Credo che continuero' a scrivere su questo argomento.

9. STRUMENTI. L'AGENDA "GIORNI NONVIOLENTI 2009"

Dal 1994, ogni anno le Edizioni Qualevita pubblicano l'agenda "Giorni
nonviolenti" che nelle sue oltre 400 pagine, insieme allo spazio quotidiano
per descrivere giorni sereni, per fissare appuntamenti ricchi di umanita',
per raccontare momenti in cui la forza interiore ha avuto la meglio sulla
forza dei muscoli o delle armi, offre spunti giornalieri di riflessione
tratti dagli scritti o dai discorsi di persone che alla nonviolenza hanno
dedicato una vita intera: ne risulta una sorta di antologia della
nonviolenza che ogni anno viene aggiornata e completamente rinnovata.
E' disponibile l'agenda "Giorni nonviolenti 2009".
- 1 copia: euro 10
- 3 copie: euro 9,30 cad.
- 5 copie: euro 8,60 cad.
- 10 copie: euro 8,10 cad.
- 25 copie: euro 7,50 cad.
- 50 copie: euro 7 cad.
- 100 copie: euro 5,75 cad.
Richiedere a: Qualevita Edizioni, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi
(Aq), tel. e fax: 0864460006, cell.: 3495843946,  e-mail: info at qualevita.it,
sito: www.qualevita.it

10. STRUMENTI. L'AGENDA DELL'ANTIMAFIA 2009

E' in libreria l'Agenda dell'antimafia 2009, quest'anno dedicata alle donne
nella lotta contro le mafie e per la democrazia.
E' curata dal Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di
Palermo ed edita dall'editore Di Girolamo di Trapani.
Si puo' acquistare in libreria o richiedere al Centro Impastato o
all'editore.
*
Per richieste:
- Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Via Villa
Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 0917301490, e-mail:
csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it
- Di Girolamo Editore, corso V. Emanuele 32/34, 91100 Trapani, tel. e fax:
923540339, e-mail: info at ilpozzodigiacobbe.com, sito:
www.digirolamoeditore.com e anche www.ilpozzodigiacobbe.com

11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

12. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 640 del 15 novembre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004
possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web:
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