Minime. 569



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 569 del 5 settembre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. La fissazione
2. L'altra sera da Ciampicotto
3. Peppe Sini: Apprendisti stregoni a Viterbo
4. "Azione nonviolenta" di agosto-settembre 2008
5. Una lettera aperta all'Assessore all'Ambiente della Regione Lazio
6. Alcuni estratti da "La ragazza del secolo scorso" di Rossana Rossanda
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'

1. LE ULTIME COSE. LA FISSAZIONE

- Macario: Ma e' proprio una fissazione, la tua. Sempre con questa guerra
afgana.
- Tristano: Come potrei non pensarci? Nella coalizione militare che sta
cola' compiendo inenarrabili massacri c'e' anche l'Italia; sono cittadino
italiano, se non mi impegno io a cercar di impedire che il mio paese sia
corresponsabile dell'uccisione di tanti innocenti, chi dovrebbe impegnarsi?
Vale sempre quell'antico principio: tu non uccidere, tu salva le vite.
- Macario: Ma per questo ci sono le istituzioni competenti.
- Tristano: Gia', te le raccomando: il governo in mano ai razzisti, ai
mafiosi, ai golpisti? Un parlamento che lungo tutto questo decennio ha
votato e votato e votato - e negli ultimi anni pressoche' unanime - per la
guerra e le stragi, per il riarmo e le stragi, per il militarismo e le
stragi, per il terrorismo di stato e le stragi? I partiti complici della
carneficina, dall'estrema destra nazista fino alla "Sinistra arcobaleno"? Le
competenti magistrature ed in primo luogo il Presidente della Repubblica che
assistono inerti non solo allo scempio di tante umane vite ma anche della
Costituzione della Repubblica Italiana, alla legge posta a fondamento del
nostro ordinamento giuridico, che all'articolo 11 proibisce di prender parte
a quella guerra? Suvvia. Se tutti costoro sono complici della guerra e delle
stragi, almeno io complice esser non voglio.
- Macario: Ma non ti accorgi di essere solo come un cane? Che tutti gli
innumerevoli movimenti e i grandi e grossi nomi del pacifismo - quelli che
garruli sempiternamente pontificano dai giornali e dalle televisioni, da
internet e dalle cattedre - non sono affatto interessati alla faccenduola
che tanto t'ossessiona, anzi molti di essi si sono addirittura spesi, e
spesi, e spesi a favore della liceita' e fin della bonta' della
partecipazione italiana alla guerra afgana?
- Tristano: Buoni, quelli. E' bastato che i partiti loro amici andassero al
governo e si sono arruolati. Come se un omicidio non fosse piu' tale se a
commetterlo sono gli amici e patroni e finanziatori loro.
- Macario: Io proprio non ti capisco, se continui cosi' non farai certo una
gran carriera...
- Tristano: Alla mia eta', che vuoi che mi interessi? non mi e' interessato
far carriera quand'ero nel fiore degli anni e nella maturita' delle forze,
dovrebbe interessarmi ora che sono un povero vecchierello? Andiamo...
- Macario: La vedo scura. Con l'aria che tira...
- Tristano: La vedi scura tu qui? Pensa a quei poveri cristi sotto i nostri
bombardamenti. Loro si' che se la vedono brutta. E io non dovrei battermi
per cercar di fermare gli assassini?
- Macario: Qualcosa mi dice che se continui a parlare cosi' non ti farai
molti amici.
- Tristano: L'amicizia degli assassini e dei loro sodali non mi interessa,
lo sai.
- Macario: Ma la loro inimicizia puo' trarti in brutti guai.
- Tristano: Ahime', se proprio non se ne puo' fare a meno. Del resto, ho
sempre desiderato poter aver l'onore di ripetere quelle parole di Thoreau
all'amico Emerson. Sai a che mi riferisco.
- Macario: Certo che lo so. Lo dicevo io, sei proprio un fissato.

2. LE NUOVE LEGGI SPIEGATE AL POPOLO. L'ALTRA SERA DA CIAMPICOTTO

L'altra sera con mio cugino Ciampicotto (che, lo sapete, a queste cose ci
tiene) discutevamo su quale fosse il corretto ordine di precedenza tra gli s
paghetti, le fettuccine e i maccheroni.
Bisogna pur discutere di qualcosa in un paese libero.
Mentre eravamo impegnati nel vivo del dibattito, dalla strada arriva su' il
solito fracasso. Mai che si possa stare in pace.
Ciampicotto zompa su' come una furia, lo sapete com'e' fatto, a lui gli
piace l'ordine quasi quanto le braciole, e comincia a smadonnare dalla
finestra. Naturalmente tutto il vicinato, per quanto sordo potesse essere,
arrivato mio cugino a meta' calendario aveva spalancato tutte le finestre e
cominciato a incitarlo: "Daje Ciampico'", "Faje veda", "'nzeppa su'" ed
altre espressioni similmente affettuose - il nostro quartiere e' una grande
famiglia, come diceva Creonte ad Elettra.
Com'e', come non e', alla fine Ciampicotto la smette e da sotto finalmente
il vigile urbano riesce a farsi sentire: "A Ciampico', mannaggia a la
malamorte, e 'zzittete 'n minuto, che qui stamo a lavora'". "E che state a
ffa', che vve possino ammaivve". "Stamo a ffa' 'r 'pacchetto sicurezza". "E
ch'ade'?". "Come ch'ade'? Ma tte voi decide a compratte 'sta televisione,
sor buzzurro gnagnarone?". "A cchi l'ha' detto gnagnarone?", "A ttene", "A
mme?", "Sine", "None", "Sine", "Mo' scenno e vegghi tu come te 'ntorcino le
bbudella", "E scenni, Ciampico'". E tutto il vicinato, in guisa di coreuti
'n'antra vorta: "Aridaje Ciampico'", "Faje veda", "Fallo piagne", "Facce
ride", ed altre amenita' consimili - dacche' il nostro quartiere e' una
grande famiglia, ma forse l'ho gia' detto.
Fatto sta che insieme a Ragagnino abbiamo afferrato Ciampicotto che gia'
voleva scendere e azzuffarsi. "Lassateme", strillava, "Lassateme". E da
sotto Cicalone il vigile urbano che strillava pure lui "Vene ggiu', brutto
scorfano, vene giu', crasticone". E tutte le finestre che applaudivano. Sono
bei momenti.
Infine si riusci' a ristabilire il silenzio, e io, che insieme a Ragagnino
per sicurezza continuavo a tenere stretto mio cugino, dalla finestra je fo'
a Cicalone: "Ma 'nsomma, Cicalo', ch'adera quer casino?". "Gnente, gia' je
l'ho ddetto a Ciampicotto, stamo a ffa' 'r pacchetto sicurezza, emo trovato
'no stracommunitario che cchiedeva ll'elemosina e l'emo castigato come dice
er sinnico, cosi' se 'mpara".
S'era 'mparato bene, 'nfatti era sdraiato per terra e stava zitto zitto,
pero' continuava a sporcare l'asfalto col rivolo di sangue che j'usciva
dalla zucca.
"Ma cquello e' mica sangue?", je dico a Cicalone. "Eh ssi', nun impareno mai
'sti zzozzoni". E j'ammolla n'antro carcio. "Vabbe', pe' stasera emo
lavorato abbastanza, 'nnamo a dormi'". "Bonanotte Cicalo'", "Bonanotte ma 'n
tutte meno ch'a uno", "Mo' scenno e vegghi tu la bonanotte", "Daje
Ciampico'", "Fallo nero", "Fall'a strisce", "Mo' scenno, mo' vvedete che
bonanotte che je do'", e con Ragagnino non vi dico la fatica per tirarlo via
dalla finestra e per ammansirlo mentre strattonava e sputacchiava tra gli
improperi e l'enfisema che pareva un mantice, Ciampicotto e' fatto cosi',
per questo gli vogliamo tutti bene.
Il nostro quartiere. Un paese libero. I maccheroni.

3. HIC ET NUNC. PEPPE SINI: APPRENDISTI STREGONI A VITERBO
[Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo,
gia' consigliere comunale e provinciale, e' stato dagli anni '70 uno dei
principali animatori del movimento che si opponeva alle servitu' energetiche
e militari nell'Alto Lazio, e il principale animatore del movimento che si
oppose al devastante progetto autostradale della cosiddetta "Supercassia";
nel 1979 ha fondato il Comitato democratico contro l'emarginazione che ha
condotto rilevanti campagne di solidarieta'; ha promosso e presieduto il
primo convegno nazionale di studi sulla figura e l'opera di Primo Levi; nel
1987 ha coordinato per l'Italia la campagna di solidarieta' con Nelson
Mandela allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano; nel
1999 ha ideato, promosso e realizzato l'esperienza delle "mongolfiere della
pace" con cui ostacolare i decolli dei bombardieri che dalla base di Aviano
recavano strage in Jugoslavia; nel 2001 e' stato l'animatore dell'iniziativa
che - dopo la tragedia di Genova - ha portato alla presentazione in
parlamento di una proposta di legge per la formazione delle forze
dell'ordine alla nonviolenza; e' stato dagli anni '80 il principale
animatore dell'attivita' di denuncia e opposizione alla penetrazione dei
poteri criminali nell'Alto Lazio - e negli anni '90 ha presieduto la
Commissione d'inchiesta ad hoc istituita dal Consiglio Provinciale di
Viterbo -; dal 2000 e' direttore del notiziario telematico quotidiano "La
nonviolenza e' in cammino". Una sua lettera aperta del 3 luglio 2007 ha dato
avvio al movimento che si oppone al devastante progetto del mega-aeroporto
di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo]

E' l'orgia dell'ipocrisia la retorica sfoderata in occasione della festa
patronale di Viterbo da pubblici amministratori irresponsabili e politicanti
affaristi che mentre si riempiono la bocca di elogi alla citta' si
ripromettono di devastarne per sempre fondamentali beni naturalistici,
storici e culturali, di danneggiarne irreversibilmente decisivi beni
terapeutici, sociali ed economici, di ledere gravissimamente la salute, la
sicurezza e i diritti dei cittadini viterbesi.
*
La realizzazione dell'illegale e insensato mega-aeroporto a Viterbo infatti
significa devastare l'area termale del Bulicame, che di Viterbo e' uno dei
beni maggiori; e significa danneggiare la salute dei viterbesi in modo e
misura estremi, come sanno gli abitanti di Ciampino che gia' subiscono un
aeroporto a ridosso dell'insediamento urbano (e con un volume di traffico
che nelle intenzioni di amministratori e politicanti irresponsabili Viterbo
sarebbe condannata addirittura a superare di gran lunga).
Bastera' infine ricordare che la proposta e' priva dei requisiti e delle
verifiche disposti dalla legislazione italiana ed europea in vigore, che
l'iter amministrativo - peraltro tuttora in corso - a seguito del quale la
citta' dovrebbe essere condannare a subire il devastante mega-aeroporto e'
stato viziato da flagranti e scandalosi errori, mistificazioni ed
irregolarita', per giungere all'unica conclusione ragionevole: che il nocivo
e distruttivo mega-aeroporto e' del tutto fuorilegge; che implicherebbe uno
sperpero immane di fondi pubblici ed avrebbe come esito un immenso danno ai
cittadini viterbesi e alla comunita' altolaziale; che e' del tutto
incompatibile con le reali esigenze ed i fondamentali diritti della
popolazione.
*
Sic stantibus rebus, quegli amministratori e quei politicanti che insistono
nel dissennatamente propagandare e nel voler pervicacemente imporre un'opera
folle e criminale come il devastante mega-aeroporto sono dei barbari e degli
irresponsabili, degli insipienti allo sbaraglio, degli apprendisti stregoni.
O ancora peggio: degli amministratori-affaristi che perseguono interessi
privati a discapito del pubblico bene, che vogliono arricchire se stessi o i
loro amici o gli amici degli amici a danno della collettivita' amministrata
e del pubblico erario, facendo scempio della morale e del diritto, in
violazione della legislazione in vigore: reato previsto e punito dal codice.

4. STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA" DI AGOSTO-SETTEMBRE 2008
[Dalla redazione di "Azione nonviolenta" (per contatti: an at nonviolenti.org)
riceviamo e diffondiamo]

E' uscito il numero di agosto-settembre 2008 di "Azione nonviolenta",
rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964,
mensile di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della
nonviolenza in Italia e nel mondo.
In questo numero: Militari contro i mendicanti per legittimare l'esercito,
di Mao Valpiana; Se vuoi la pace educa alla pace, appunti da un convegno
internazionale, di Pasquale Pugliese; Due obiettivi e undici azioni. Le
proposte per la fine del Decennio, di Sergio Bergami; Le nuove frontiere
dell'educazione alla pace per cambiare insieme persone e strutture, di
Angela Dogliotti Marasso; Fiducia e limiti ai figli per essere genitori
nonviolenti, intervista a Pat Patfoort a cura di Elena Buccoliero;
Trasformazione nonviolenta di una scuola brasiliana, intervista a Silvio
Antonio Bedin a cura di Pasquale Pugliese; Proposta di dichiarazione
internazionale sul diritto dei bambini ad una educazione senza violenza;
Ricostruire la memoria per dare sepoltura alle vittime del genocidio, di
Rainer Girardi; Il memoriale di Potocari, Elvis ed Esmeralda, di Carla
Giacomazzi; Schedatura di minori e adulti Rom, di Silvia Berruto; Stessa
famiglia, stessa comunita' mondiale, di Pax Christi Italia; Le impronte dei
bambini Rom e l'impronta di Dio, di don Federico Schiavon; Una banalita'
dopo l'altra per ricostruire il razzismo, di Annamaria Rivera; Con i soldi
di armi e mafia ti costruisco un Ponte di guerra, di Antonio Mazzeo.
Le rubriche: Educazione. Dal riconoscimento del conflitto all'esperienza
della nonviolenza/3, a cura di Pasquale Pugliese; Economia. Nascono nuove
banche, piu' o meno etiche, a cura di Paolo Macina; Servizio Civile.
L'incerto futuro di un servizio a rischio, a cura di Claudia Pallottino;
Giovani. Mettersi in gioco per avere e dare fiducia, a cura di Elisabetta
Albesano; Per Esempio. Societa' pacifiche: gli altri mondi sono gia' qui, a
cura di Maria G. Di Rienzo; Cinema. Tre film da vedere in una notte estiva,
a cura di Enrico Pompeo; Musica. Concerti bianchi e neri dei movimenti
antiapartheid, a cura di Paolo Predieri; Libri. Analisi e proposte positive
mostrano un futuro possibile, a cura di Sergio Albesano.
In copertina: La scuola non li educa alla pace.
In seconda: Diffusione di "Azione nonviolenta".
In terza di copertina: Materiale Disponibile.
In ultima: L'ultima di Biani, Sicurezza.
Redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212,
e-mail: an at nonviolenti.org , sito: www.nonviolenti.org
Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 29 euro sul ccp n. 10250363
intestato ad "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona. E' possibile
chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo
an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'".

5. DOCUMENTI. UNA LETTERA APERTA ALL'ASSESSORE ALL'AMBIENTE DELLA REGIONE
LAZIO

Signor assessore all'ambiente della Regione Lazio,
e' sorprendente come il presidente della giunta regionale del Lazio continui
ad essere tra i promotori di un'opera illegale e dissennata, nociva e
distruttiva come il mega-aeroporto per voli "low cost" a Viterbo.
*
Un crimine ambientale
La realizzazione di quell'opera implicherebbe tra l'altro la devastazione
irreversibile dell'area termale del Bulicame, uno straordinario bene
naturalistico, storico-culturale, terapeutico e sociale, economico e
simbolico.
La realizzazione del devastante mega-aeroporto e' quindi un crimine
ambientale.
*
Un crimine sanitario
La realizzazione del mega-aeroporto avrebbe inoltre conseguente
catastrofiche sulla salute, la sicurezza e la qualita' della vita della
popolazione viterbese, come ampiamente dimostrato e documentato ad esempio
da un testo dell'Associazione italiana medici per l'ambiente - International
Society of Doctors for the Environment Italia.
La realizzazione del devastante mega-aeroporto e' quindi un crimine
sanitario.
*
Un crimine tout court
Infine, e tralasciando molte altre considerazioni (per le quali rinviamo ad
esempio alla nostra lettera aperta al Presidente della Repubblica del 4
agosto 2008 - disponibile anche nel sito www.coipiediperterra.org), l'opera
e' priva dei requisiti e delle verifiche previste dalla vigente legislazione
italiana ed europea in materia di Valutazione d'impatto ambientale (in
sigla: Via), Valutazione ambientale strategica (in sigla: Vas), Valutazione
d'impatto sulla salute (in sigla: Vis); e lo stesso iter
politico-amministrativo che ha individuato Viterbo come possibile vittima di
questa criminale follia e' stato caratterizzato da scandalosi errori,
scandalose menzogne, scandalosi vizi ed irregolarita' formali e procedurali.
L'opera cosi' come proposta e' semplicemente fuorilegge.
La realizzazione del devastante mega-aeroporto e' quindi un crimine tout
court.
*
Signor assessore all'ambiente della Regione Lazio,
tanto le segnaliamo affinche' lei nell'adempimento delle sue competenze
istituzionali si faccia parte dirigente della revoca della sciagurata
posizione precedentemente assunta dalla Regione Lazio e di una nuova
posizione che rispetti ambiente e salute dei cittadini, che sia coerente con
la legalita' e con il pubblico interesse.
Ovvero affinche' lei e l'ente di cui e' assessore all'ambiente vogliate
impegnarvi contro la realizzazione del nocivo e distruttivo, illegale e
insensato mega-aeroporto.
*
Ringraziandola per l'attenzione, e restando a disposizione per ogni
ulteriore opportuno chiarimento, ed eleggendo sede presso il Centro di
ricerca per la pace di Viterbo, strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, voglia
gradire distinti saluti.
La portavoce del Comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna
per la riduzione del trasporto aereo, Antonella Litta
Il responsabile del Centro di ricerca per la pace di Viterbo, Peppe Sini
Viterbo, 3 settembre 2008

6. LIBRI. ALCUNI ESTRATTI DA "LA RAGAZZA DEL SECOLO SCORSO" DI ROSSANA
ROSSANDA
[Dal sito www.tecalibri.it riprendiamo i seguenti estratti dal libro di
Rossana Rossanda, La ragazza del secolo scorso, Einaudi, Torino 2005.
Rossana Rossanda e' nata a Pola nel 1924, allieva del filosofo Antonio
Banfi, antifascista, dirigente del Pci (fino alla radiazione nel 1969 per
aver dato vita alla rivista "Il Manifesto" su posizioni di sinistra), in
rapporto con le figure piu' vive della cultura contemporanea, fondatrice del
"Manifesto" (rivista prima, poi quotidiano) su cui tuttora scrive. Impegnata
da sempre nei movimenti, interviene costantemente sugli eventi di piu'
drammatica attualita' e sui temi politici, culturali, morali piu' urgenti.
Tra le opere di Rossana Rossanda: L'anno degli studenti, De Donato, Bari
1968; Le altre, Bompiani, Milano 1979; Un viaggio inutile, o della politica
come educazione sentimentale, Bompiani, Milano 1981; Anche per me. Donna,
persona, memoria, dal 1973 al 1986, Feltrinelli, Milano 1987; con Pietro
Ingrao et alii, Appuntamenti di fine secolo, Manifestolibri, Roma 1995; con
Filippo Gentiloni, La vita breve. Morte, resurrezione, immortalita',
Pratiche, Parma 1996; Note a margine, Bollati Boringhieri, Torino 1996; La
ragazza del secolo scorso, Einaudi, Torino 2005. Ma la maggior parte del
lavoro intellettuale, della testimonianza storica e morale, e della
riflessione e proposta culturale e politica di Rossana Rossanda e' tuttora
dispersa in articoli, saggi e interventi pubblicati in giornali e riviste]

Da pagina 4
Questo non e' un libro di storia. E' quel che mi rimanda la memoria quando
colgo lo sguardo dubbioso di chi mi e' attorno: perche' sei stata comunista?
perche' dici di esserlo? che intendi? senza un partito, senza cariche,
accanto a un giornale che non e' piu' tuo? e' una illusione cui ti aggrappi,
per ostinazione, per ossificazione? Ogni tanto qualcuno mi ferma con
gentilezza: "Lei e' stata un mito!". Ma chi vuol essere un mito? Non io. I
miti sono una proiezione altrui, io non c'entro. Mi imbarazza. Non sono
onorevolmente inchiodata in una lapide, fuori del mondo e del tempo. Resto
alle prese con tutti e due. Ma la domanda mi interpella.
La vicenda del comunismo e dei comunisti del Novecento e' finita cosi'
malamente che e' impossibile non porsela. Che e' stato essere un comunista
in Italia dal 1943? Comunista come membro di un partito, non solo come un
momento di coscienza interiore con il quale si puo' sempre cavarsela: "In
questo o in quello non c'entro". Comincio dall'interrogare me. Senza
consultare ne' libri ne' documenti ma non senza dubbi.
Dopo oltre mezzo secolo attraversato correndo, inciampando, ricominciando a
correre con qualche livido in piu', la memoria e' reumatica. Non l'ho
coltivata, ne conosco l'indulgenza e le trappole. Anche quelle di darle una
forma. Ma memoria e forma sono anch'esse un fatto tra i fatti. Ne' meno ne'
piu'.
*
Da pagina 5
Non ho trovato il comunismo in casa, questo e' certo. E neanche la politica.
E poi dell'infanzia non ricordo quasi niente, e poco dei primi sette anni
nei quali - secondo Marina Cvetaeva - tutto sarebbe gia' compiuto. Non ho
nostalgie di un'eta' felice ne' risentimenti per lacrime versate nella
notte. Dev'essere stata un'infanzia comune, affettuosa, un'anticamera, una
crisalide dalla quale avevo fretta di uscire per svolazzare a mo' di
farfalla. Tutti mi sembravano farfalle salvo i bambini.
Sono nata negli anni venti a Pola con sconcerto delle anagrafi: nata a Pola
(Italia), a Pola (Iugoslavia), a Pola (Croazia). Allora era Italia. Sulla
punta dell'Istria, tra il verde e gli scogli bianchi scavati dai datteri di
mare. Poco oltre le isole del Carnaro e frammenti di isole, come la Fenera e
Scoglio Cielo che erano di mia madre. Non so come si chiamino adesso, non
sono mai tornata. Erano abitate dai conigli selvatici, vi approdavamo dal
bragozzo, i narcisi erano alti come me e profumavano forte. Mamma mi
insegnava a cogliere gli asparagi selvatici affondando le dita nel muschio.
Qualche fotografia di uomini col fucile e signore dalla vita lunga e
calottine fino agli occhi fissano anche me ridente e stupidella. Ma mi e'
rimasto in mente il serpente nero che traverso' la tovaglia stesa sull'erba
con le uova sode e il salame, e tutti balzarono su, e mi sentii dimenticata.
Quell'ondulata creatura spari' velocemente. Poi cadeva un tramonto rosso e
scendendo verso il bragozzo le figure diventavano nere controluce, come
nella fotografia di mia madre, le braccia cariche di narcisi, di profilo
vicino al barcone dalla vela latina. Contro ogni probabilita' sono certa di
esser nata quella notte.
L'alto Adriatico era uscito dall'impero austroungarico da una decina di anni
e i miei misuravano il tempo in "prima della guerra" o "dopo la guerra". La
guerra stava alle spalle, nell'album trovo minuscole foto di aeroplani
azzoppati, case sbreccate, una cupola bizantina china da un lato, forse in
Serbia, forse in Ungheria. Ungherese e' la dedica di una piccola raccolta di
foto di mia madre, "Anitanak 1917", e si apre con lei sedicenne, il viso al
vento, una gran gonna a pieghe, il giaccone marinaro, davanti al timone
d'una nave da guerra. Mamma non lo me lo fece vedere mai, quell'album forse
di un innamorato, lo trovai fra le sue carte dopo che mori', apparteneva
alle cose prima di me che mi erano irrimediabilmente tolte. Da piccoli duole
di essere privati del passato come da vecchi del futuro.
*
Da pagina 19
Della benevola invalicabilita' degli adulti trassi vantaggio. Fra noi e loro
papa' e mamma mettevano una certa aria sorridente sulle cose; il mondo in
generale apparteneva a loro, ce n'era un pezzetto in comune con noi, poi
c'era il mondo nostro. Era una sistemazione molto conveniente. Il segreto
che avvolgeva i grandi permetteva di non capirne niente, e nel non farsi
domande su di loro i bambini sono specialisti. Io almeno lo ero. Anita e
Luigi. Che ne sapevo? E che cosa ne so oggi? Una valigetta piena di carte,
documenti e lettere, la bella grafia slanciata di mamma, il corsivo minuto
di papa', sta nel mio studio. Mia sorella me l'ha portata come se mi
spettasse. Non l'ho mai aperta, e non e' per queste pagine che lo faro'. Non
so se sia stata conservata perche' la leggessimo. Tutti e due morirono
d'improvviso, fucilati in un'imboscata del corpo. Come sollevare la tenda
che dolcemente, fermamente tennero abbassata? O forse ho paura della
sofferenza che non ci dissero.
*
Da pagina 27
Confusione. Appena fuori dall'infanzia, i ricordi s'infittiscono senza un
filo. Adolescenti si e' tutto e niente, distratte, ansiose. Leggo in altre
biografie le avvisaglie di un destino: a me non e' andata cosi'. E confusi
sono i sentimenti. Se a casa c'era un disagio, non c'era a scuola. La scuola
era il perimetro affacciato sul mondo. Non se ne vedeva molto ma
infinitamente piu' che dalle pareti domestiche. A Pola non mi avevano
mandata a scuola, forse non era obbligatorio. Mamma mi insegno' a scrivere,
a leggere mi aveva insegnato papa' mentre stavo sulle sue spalle e lui
teneva aperto il giornale. Non riuscii ad avere la scrittura elegante di
mamma, ne' a usare come lei la matita (Faber numero 3) quando si metteva
davanti una rosa o una peonia e la trasferiva sulla carta rugosa (Fabriano).
Disegnare le piaceva, una volta dipinse mazzetti di roselline su una seta
bianca e frusciante, non so a che servisse, ricordo il suo profumo mentre
era china su quell'impresa in una camera che non so quale sia ne' dove.
Credo che sia nata avventurosa, la mamma, preferiva portare la barca che far
da mangiare, e quando venne la rovina si mise a lavorare con le sue due
lingue, imparando a battere a macchina e a stenografare con begli svolazzi.
*
Da pagina 31
Quando finalmente ci ricongiungemmo con mamma e papa' a Milano, avevo
tredici anni, ne' bambina ne' donna. La sorpresa fu la citta', piu' dura,
meno suggestiva, una citta' da fare e non da vedere. I miei lavoravano da
mattina a sera, mamma aveva un impiego, papa' si arrabattava in consulenze e
in una piccola ditta di recupero fotografico, nonna faceva da mangiare ed
era ovvio che Mimma e io studiassimo per essere indipendenti. Una sola
strada, studiare e uscir di casa. Non obbligo, via maestra.
[...] Avevamo un orgoglio luciferino, trasmesso da mio padre; eravamo
intellettuali e frequentavamo i libri. Traversammo quegli anni senza
invidiare le compagne che andavano a sciare, noi che su uno sci non mettemmo
mai piede, sicure d'una superiorita' che non nascondevamo. Papa' ci portava
con se' alla fiera degli "obei obei" o in certe librerie di seconda mano, a
caccia di suoi autori sempre indietro nel tempo, Romain Rolland, Victor
Hugo, Anatole France, Rudolf Steiner, cercava Umberto Cosmo senza trovarlo,
s'era portato appresso dal diluvio certi libri di diritto, un completo
Rousseau e poco altro.
[...] Divoravo di tutto senza sosta come i bachi le foglie di gelso.
[...] Appena mi venne fra le mani Ibsen lo divorai. Ci vuole una vita per
capire che significa esser donna. Almeno cosi' pare a me, e percio' guardo
le giovani con tenerezza - sono tanto piu' belle di come eravamo - e
compassione. Come a noi erano prescritte castita' e indipendenza, a loro
sono prescritti sesso e seduzione. Come per noi la maternita' oscilla fra
realizzazione e contraddizione. Sul resto - che essere, che fare - ognuna
inciampa per conto suo. Alcune trovano nel femminismo lembi di risposta, di
comunita'. Le piu' fingono di saper quel che vogliono, ma poche se la
cavano.
*
Da pagina 42
Il 2 settembre 1939 non incrino' quell'adolescenza. Era la fine dell'estate,
eravamo in montagna, i colori sfumavano dopo i temporali di mezzo agosto e
scrutavamo i prati aspettando gli ingannevoli colchici, segno che era ora di
partire. Si consumavano i soliti giorni quando la Germania si sparti' con i
russi la Polonia. La Polonia era lontana, l'Urss ancora di piu', il Terzo
Reich non eravamo noi. A Poznan viveva la piu' pazza delle sorelle di mamma,
ma se le altre sentirono un brivido non lo comunicarono alle nipoti. O ero
catafratta io.
[...] Dunque il mostro, la Guerra, s'era delineato. Mi arrangiava pensarlo
esorcizzato. Non sentii dire: "Bisogna fermare il Terzo Reich", ne' a casa
ne' a scuola. Oggi saremmo stigmatizzati per indulgenza al nazismo,
pacifismo bieco, vilta'. E' vero, si sarebbe dovuto scendere in piazza,
gridare, rischiare: allora, anzi prima, quanto prima? Non era pensabile o
non fu pensato. Non attorno a me. Erano convulsioni del mondo, noi ci
scavavamo una tana e tiravamo avanti. Sono i grigi che fanno un paese, chi
non conta tace, subisce, o anche applaude ma aspetta che passi. Si avvezza a
credere che passera', che stia passando. Bisogna che abbia l'acqua alla gola
per ammettere l'irreparabile. Cosi' accadono le enormita'.
[...] E cosi' in quell'autunno del 1939. Eppure l'anno prima, sara' stato
novembre, la mia compagna di banco mi aveva detto: "Da domani non vengo piu'
a scuola". Perche'? "Perche' sono ebrea".
*
Da pagina 53
Chi mi aveva aperto quella porta, e quella di Woelfflin o di Cassirer, era
Banfi. La confusione degli anni andati, gli impatti che si erano accavallati
e contraddetti, si proporzionavano nelle reti d'un farsi molteplice
dell'esperienza, in una storia che non avrebbe avuto fine ne' fini, e di
tempo in tempo modellava i suoi mondi. Mondi, non mondo. Mondi in tensione,
disegnano un problema, lo maturano, lo spengono. Un mondo ha una chiave che
lo apre e poi sbiadisce e un altro mondo ne nasce ma anche lo nega, si
sovrappone e passa, e libri, eventi, idee trovano una necessita' e rimandano
echi e poi scompaiono e tornano in luce mutati. Nulla era senza movimento,
nulla era senza senso, il non senso scivolava via in quel dispiegarsi di
relazioni, sontuoso e mutevole. Per chi aveva inseguito faticosamente nei
primi libri la metafisica come un tentativo di totalita', la chiave
diventava dover ritrovare ogni volta una chiave senza annegare nel
relativismo. Ma da allora preferisce non annaspare in mezze metafisiche,
come adesso che la filosofia s'e' fatta di bocca buona. Salvo nel sulfureo
Heidegger, ma incrociato molto piu' tardi, grande esercizio, adesione zero.
Intanto Banfi era il contrario del determinismo cui viene ridotto Marx, il
contrario d'una teleologia. Avrei impiegato molto tempo a capire che Popper
non ha capito, e dietro a lui gli antistoricisti di questa ultima parte del
secolo; la stessa parola, storicismo, e' deformata dalla crociana filosofia
della storia e dall'opposta ricerca compulsiva dell'eterno ciclico o del
tutto e' frammento. Banfi e' stato piu' che il maestro, l'apritore delle
porte. In lui trovo l'impronta della cultura tedesca di inizio del secolo,
un sapere illimitato e le domande del neokantismo ma anche la Gestalt e un
lucore di Freud.
*
Da pagina 56
Nel 1942 il guardiamarina che mi aveva portata al cinema a Venezia giaceva
da qualche parte nel Mediterraneo, affondato assieme con la sua nave da una
bomba americana o inglese, la zia e i cugini di Polonia erano scomparsi in
un buio, ed era perduta ogni notizia dei molti compagni di scuola e padri e
fratelli di amiche, partiti chi sa dove, forse vivi forse no. Ma i giovani
sono avvezzi a perdersi, non e' che ogni sparizione significhi morte,
avanti. Alla fine di quell'anno avevamo perduto tutto, casa e indirizzo, si
mormorava che quelli dell'Armir morivano di gelo in Russia, Stalingrado non
era nominata e io studiavo e annotavo nella biblioteca vuota e odorosa di
cera con la sensazione vertiginosa che non avrei fatto in tempo a leggere
tutto, a vedere tutto, lo scintillante pensato, dipinto, lasciato, pozzo
pieno di voci che percepivo di fretta temendo che qualcosa me ne tirasse
via. In un presente dove non capivo nulla, non vedevo niente, tutto si
chiudeva, una cosa dopo l'altra, tutto mi era impedito fuorche' aprire un
libro, essere rimandati a un altro prima di averlo chiuso, spalancare porte
e intravvedere scorci del passato - mai avrei potuto fermarmi, andare al
fondo, sapere davvero, e come si faceva a capire senza conoscere quel che e'
stato scritto prima?
Cosi' un senso di incompiutezza accompagnava quel che mi veniva fra le mani,
ma era un innamoramento. Come spiegare che ebbi un tuffo al cuore nel
trovare inaspettato un Luca Pacioli a Brera, eccolo in quarto e pergamena,
le nitide proiezioni, da quanto tempo nessuno sentiva l'odore di umido delle
pagine che con precauzione scollavo? E come dire l'allegria del pescare fra
le schede piu' antiche della Marciana, ancora in inchiostro, l'acca
svolazzante di Hemsterhuis? Sono piaceri solitari e contro il mondo e
preziosi e non sapevo bene dove metterli, prendevo e lasciavo. C'era anche
una debolezza nel bisogno di provare tutto, nell'impazienza, nel non
fermarmi su una sola strada, ma me ne avvidi dopo.
*
Da pagina 60
La guerra si materializzava nelle cose, negli itinerari, nei divieti, nelle
mancanze, era una sorta di disgrazia naturale piu' che un'impresa umana
sulla quale si sarebbe potuto interferire. Potuto e magari dovuto? Quando
mai. Quella sorta di cinismo o pigrizia che passa per italica bonomia,
secoli di "tutto cambia dunque niente cambia", stingeva dovunque. Passai il
1940 e 1941 ostinandomi a concedere il meno possibile alle coazioni
esterne - non importa, fa lo stesso, mangiare chissa' cosa, dormire chissa'
dove - spostando il territorio, aspettando che si riaprisse un varco. C'era
la guerra, e allora?
*
Da pagina 73
Non so chi mi disse: Ma Banfi e' comunista. Ero cosi' fuori di me che puntai
dritto su di lui fra un esame e l'altro. Se ne stava in sala professori,
appoggiato al termosifone freddo accanto alla finestra. "Mi hanno detto che
lei e' comunista". Mi guardo', mi aveva fatto gia' due esami, dovette
concludere che ero quel che parevo, una in cerca di bussola, che non
percepiva neppure il senso mortale di certe parole. "Che cosa cerca?". Gli
dissi dei volantini che finora avevo visto, della confusione, del non
sapere. Si stacco' dal termosifone, ando' alla scrivania e su un foglietto
scrisse una lista nella sua grafia minuta. "Legga questi libri - mi disse -,
quando li avra' letti torni". Uscii, corsi alle Ferrovie nord, in treno
apersi il foglietto. C'era scritto: Harold Laski, La liberta' nello stato
moderno e Harold Laski, Democrazia in crisi; K. Marx, Il 18 brumaio di Luigi
Bonaparte e K. Marx, Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850. Un
libro di De Ruggiero, mi pare. Lenin, Stato e rivoluzione. "Di S. quel che
trova".
Restai pietrificata. Era comunista, proprio comunista.
*
Da pagina 78
Molti avevano taciuto soffrendo, io no. Non potevo esclamare: finalmente
resistiamo. Ne' avrei potuto gridare un giorno: "Io c'ero". Io mi ci sono
trovata. Non ho glorie da sventolare, non ho chiesto il diploma di
partigiana che mi hanno mandato. Poco ho fatto e con fatica ed errori. Il 25
aprile capivo l'umore dei partigiani che erano scesi a Milano; appena
sfilati i leader, Ferruccio Parri e Luigi Longo in testa, i discesi dalle
montagne stazzonati e malmessi, allegri, sedettero per terra, straccio rosso
attorno al collo, e non si alzavano per salutare la bandiera.
Ho avuto spesso paura. Le scelte obbligate sono serie. Non avevo sognato
avventure, volevo passare la vita in biblioteca. E ora stavo in un'avventura
di molti, accettando di fare e andare dove mi era detto, non molto, nulla di
impossibile; il piu' era ripetere gesti e strade ignorando se qualcuno mi
osservava, sapendo di contar poco e pero' sussultando davanti ai proclami di
Kesselring, freschi sul muro, che mi informavano come per meno del niente
che facevo sarei stata impiccata. Essere impiccata mi faceva orrore, li ho
visti gli impiccati, il collo storto, le membra lunghe e abbandonate. Non li
posso guardare, non ho retto neanche i corpi appesi per i piedi a piazzale
Loreto. Non era la morte, alla quale ci si abitua a testa bassa come a
qualcosa che c'e' sempre stato. E' che la morte si puo' guardare finche'
porta ancora una traccia di chi era vissuto - come a Milano il mucchio di
fucilati in una piazza vuota di terrore, stesi, accatastati, con le
sentinelle tedesche e italiane che andavano su e giu', li tennero la' per un
giorno d'afoso agosto a mo' di esempio. Avevano le bocche e gli occhi
spalancati, erano sfiniti, creature stroncate e che l'abbandono della vita
faceva stanchissime. Nessuno si avvicinava, erano noi, ci si sentiva
nientificati, era come rinnegarli, si sarebbe dovuto metterglisi accanto,
gridare "anche io" e aspettare la fine.
C'era una beceraggine nelle fotografie che "Il Popolo d'Italia", "La Sera"
sbandieravano sulle esecuzioni dei banditen; accanto ai morti, agli appesi,
i tedeschi non ridevano, i fascisti si'. Serpeggiava negli italiani una
risata plebea, fatta di secoli di servaggio. O forse vedevo solo quella,
l'Italia mi doleva. Le idee mi si confondevano - magari in circostanze
normali gli stessi sarebbero stati brava gente, labile e' il confine fra
quel che si e' e quel che si vien fatti.

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

8. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 569 del 5 settembre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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