Voci e volti della nonviolenza. 212



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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 212 dell'11 agosto 2008

In questo numero:
1. Mahmoud Darwish
2. Cecilia Zecchinelli ricorda Mahmoud Darwish
3. Paola Caridi ricorda Mahmoud Darwish
4. "Il messaggero" ricorda Mahmoud Darwish
5. Zouhair Louassini intervista Mahmoud Darwish (2005)
6. Cecilia Zecchinelli intervista Mahmoud Darwish (2006)
7. Mahmoud Darwish: Passaporto
8. Per approfondire

1. MAHMOUD DARWISH

In Mahmoud Darwish tu trovi la poesia come resistenza all'inumano, come
prassi di liberazione, come lingua che salva, e salva riconoscendo umanita',
riconoscendo dignita' e diritti ad ogni essere umano, con ogni essere umano
instaurando un dialogo fondato sulla comprensione e sulla giustizia, sulla
verita' e sulla misericordia.
Cosi' la poesia si fa modalita' di azione nonviolenta: come lotta per
l'umanita' di tutti. Come fermezza in cio' che e' giusto. Come contrario
della vilta' e della menzogna.
Mahmoud Darwish non e' stato solo il poeta della resistenza palestinese: e'
stato, e resta, il poeta dell'umanita' resistente tutta.

2. CECILIA ZECCHINELLI RICORDA MAHMOUD DARWISH
[Dal sito del "Corriere della sera" riprendiamo il seguente articolo del 10
agosto 2008 col titolo "La Palestina dice addio a Darwish" e il sommario
"Morto sabato in un ospedale texano, verra' sepolto vicino al Palazzo della
Cultura. Al poeta gli stessi onori tributati ad Arafat. Tre giorni di lutto,
bandiere a mezz'asta e martedi' a Ramallah l'íequivalente di un funerale di
Stato"]

Tre giorni di lutto, bandiere a mezz'asta in tutta la Palestina, e martedi'
a Ramallah l'equivalente di un funerale di Stato. Lo stesso onore tributato
finora solo a Yasser Arafat. Per salutare e piangere Mahmoud Darwish, morto
sabato in un ospedale texano a 67 anni, dopo una difficile operazione al
cuore.
*
Era celebre nel mondo come "il poeta nazionale della resistenza
palestinese", "la voce della Palestina occupata". Definizioni che in realta'
a lui stavano sempre piu' strette: "Cliche' legati al passato", ci aveva
detto recentemente, dichiarandosi invece "cantore universale dell'amore e
della liberta'". Ma e' soprattutto cosi' che sara' ricordato (e pianto). A
Ramallah, dove viveva dal 1995, dove anche Arafat passo' gli ultimi anni,
Darwish verra' sepolto in un sacrario vicino al Palazzo della cultura.
Lontano dal suo villaggio d'origine che oggi e' in Israele "perche' Mahmoud
non appartiene solo alla famiglia ma a tutti i palestinesi", ha detto il
fratello Ahmad. E perche' sara' piu' facile visitarne il sepolcro per gli
arabi (e saranno tanti) che vorranno rendergli omaggio. Ancora sotto choc
per la sua scomparsa.
Prima dell'intervento a cuore aperto nella clinica di Houston, effettuato il
6 agosto dal chirurgo iracheno Hazim Safi, Darwish aveva chiesto di
"lasciarlo andare" se le cose fossero andate male. Eppure la morte l'aveva
intravista altre volte, per il suo cuore malandato che aveva gia' subito due
importanti interventi. Proprio della morte sfiorata aveva parlato in
bellissimi versi ("l'esiliata, l'infelice, la potente") nel suo ventesimo
libro, pubblicato in Italia nel 2006 da Epoche': "Judariya", ovvero
"Murale". Lo aveva recitato piu' volte in arabo classico - come sua
abitudine - davanti a folle adoranti. Anche in Italia.
E se contestazioni c'erano state (l'anno scorso alcuni intellettuali
palestinesi non gli perdonarono il ritorno per un reading a Haifa, Israele),
Darwish e' stato - e certo rimarra' a lungo - il poeta piu' letto nel mondo
arabo. Piu' conosciuto e venduto di molti autori in prosa (un genere
relativamente nuovo per la cultura araba ma frequentato peraltro dallo
stesso Darwish, con otto opere). Il poeta perfino piu' cantato, sulle
musiche di Marcel Khalife, Bob Dylan del Medio Oriente.
*
Era nato nel 1941 nella zona di Haifa, a Birwa, sotto mandato inglese. E in
una notte di guerra del 1948, quando il villaggio fu distrutto, era fuggito
in Libano. Ma poi era tornato con la famiglia nella sua "terra occupata",
aveva iniziato a scrivere poesie (nel 1960, diciannovenne, il primo libro:
Uccelli senza ali), ad avere successo (la poesia "Carta d'identita'", del
1964, e' ancora conosciuta a memoria da milioni di persone), a fare politica
(nel Partito comunista d'Israele) finendo spesso in carcere, poi privato del
passaporto israeliano.
E nel 1971 aveva preso la via dell'esilio: prima in Unione Sovietica, poi al
Cairo, a Beirut, Parigi e Tunisi. E' in quegli anni che aderisce all'Olp, ne
dirige pubblicazioni e centri di ricerca, e' in stretto contatto con la
leadership, Arafat e non solo. Fino all'ingresso nel comitato esecutivo
dell'Organizzazione, nel 1987: "Ma non sono un politico - ci aveva detto -
quando ho saputo della mia elezione ai vertici Olp ho pianto". Fino alle
dimissioni nel 1993: "Gli accordi di Oslo - aveva spiegato - mi hanno solo
dato l'occasione per andarmene". Poi nel 1995, dopo tanti anni, il ritorno
nella sua Palestina, a Ramallah, dove continuava a vivere alternando
soggiorni ad Amman e viaggi, molti in Europa. Perche' ormai - sempre piu'
amaro e deluso dal Medio Oriente, sempre piu' stanco e sarcastico per la
politica - Darwish era diventato "poeta universale della liberta' e
dell'amore". Amore per la sua Palestina, certo ("che finche' non sara'
libera non concedera' nemmeno a me la possibilita' di esserlo"). Ma
soprattutto amore per la vita.

3. PAOLA CARIDI RICORDA MAHMOUD DARWISH
[Dal sito di "Lettera 22" riprendiamo il seguente articolo dell'11 agosto
2008 col titolo "E' mprto Mahmoud Darwish" e il sommario "Scomparso a 67
anni per le complicazioni insorte dopo un'operazione al cuore, a Houston, in
Texas"; e di seguito l'approfondimento della stessa autrice nel blog
"invisiblearabs" col titolo "Troppo presto"]

E' morto Mahmoud Darwish, il poeta nazionale palestinese, il rappresentante
dell'identita' palestinese. Aveva 67 anni, ed e' morto per le complicazioni
insorte dopo un'operazione al cuore, condotta a Houston, in Texas.
Un'operazione che aveva a lungo ponderato, sino poi a convincersi che
avrebbe dovuto affrontarla, dicono le agenzie di stampa.
Sara' sepolto domani a Ramallah. I suoi funerali, come quelli di Yasser
Arafat, saranno organizzati dall'Autorita' Nazionale Palestinese, con tutti
gli onori che si riservano in genere a un leader. In questo caso al poeta.
Da anni, Darwish e' considerato uno dei nomi possibili per un Nobel per la
letteratura. I suoi poemi sono stati tradotti in tutto il mondo, anche in
ebraico.
*
Gia' da tanto tempo Mahmoud Darwish aveva assunto il ruolo del Poeta. Il
poeta nazionale palestinese, il poeta di un popolo ma non di uno Stato, che
ancora non c'e'. Il suo era gia' un ruolo consolidato, ma non per questo
Darwish era considerato vecchio. Non si e' vecchi, nel Terzo Millennio, a 67
anni, l'eta' in cui Darwish ha lasciato questo mondo, per le complicazioni
seguite a un'operazione al cuore in Texas. Piu' di Edward Said, perche'
poeta, Darwish aveva rappresentato (e rappresenta) l'identita' palestinese,
per i palestinesi dei Territori occupati, per i profughi, per la diaspora,
per gli arabo-israeliani: lo aveva dimostrato pochi mesi fa, quando aveva
ottenuto il permesso dalle autorita' israeliane di fare un recital di poesia
a Haifa, un evento per gli arabo-israeliani, per i quali quella serata - in
cui vi fu un religioso e appassionato silenzio, concordano tutti i
testimoni - e' stata la festa dell'orgoglio palestinese.
Come Edward Said, aveva avversato gli accordi di Oslo. La storia gli ha dato
ragione, anche se concordo con un mio caro e fraterno amico, che non si puo'
interpretare il reale valore di un evento della storia (e dunque anche Oslo)
ex post. Darwish era stato durissimo con Fatah e Hamas (soprattutto con
Hamas) quando la politica palestinese aveva spaccato Cisgiordania e Gaza,
nel giugno del 2007. Era dunque intervenuto come sempre nella politica,
continuando il suo ruolo di poeta, quindi impegnato. Ma Darwish va
ricordato, per noi che non siamo palestinesi, anche per la forza dei suoi
versi, quelli che parlano dell'esilio, quelli che parlano della terra, delle
lacrime, della nostalgia. Con le parole che ha detto alla Reuters Ahmed
Fouad Negm, il piu' grande poeta popolare egiziano, ormai anziano e malato,
Darwish "translated the pain of the Palestinians in a magical way. He made
us cry and made us happy and shook our emotions," ma "apart from being the
poet of the Palestinian wound, which is hurting all Arabs and all honest
people in the world, he is a master poet". Master poet, cantato, per
esempio, dal grande Marcel Khalife (grazie Sahera, per la segnalazione di
questo video su YouTube). Papabile per un Nobel, da anni. Tradotto in tutto
il mondo, anche in ebraico, per i tipi della Andalus di Yael Lerer, che
quest'anno e' stata invitata al Festival della Letteratura di Mantova.
Non sara' sepolto vicino al Birwa, suo paese natale vicino Acco. Sara'
sepolto domani a Ramallah, con tutti gli onori che si riservano alle grandi
figure di un popolo. Onori simili a quelli riservati a Yasser Arafat.

4. "IL MESSAGGERO" RICORDA MAHMOUD DARWISH
[Dal sito del quotidiano "Il Messaggero" riprendiamo il seguente articolo
del 9 agosto 2008 col titolo "E' morto Mahmoud Darwish, poeta della
Palestina"]

E' morto oggi negli Stati Uniti, all'eta' di 67 anni, il poeta palestinese
Mahmoud Darwish. Era uno dei piu' grandi poeti contemporanei in lingua
araba, con una produzione segnata dai drammi dell'esilio e dell'occupazione
vissuta dal popolo palestinese. Darwish aveva acquisito notorieta'
internazionale con circa trenta opere tradotte in quaranta lingue.
*
La vita. Darwish era nato il 13 marzo 1941 ad Al Birweh, in Galilea, allora
sotto mandato britannico e oggi nel nord di Israele. Durante la guerra
arabo-israeliana del 1948, questo villaggio fu raso al suolo e i suoi
abitanti furono costretti all'esilio. La famiglia Darwish fuggi' in Libano
dove rimase per un anno, prima di tornare clandestinamente in Israele, nella
localita' di Deir al Assada. Mahmoud studio' nelle scuole arabo-israeliane
(in arabo e ebraico) e ando' a vivere ad Haifa. Nel 1960, a 19 anni,
pubblica la sua prima raccolta di poesie, Uccelli senza ali. Un anno piu'
tardi aderisce al Partito comunista d'Israele. Dopo un lungo periodo di
restrizioni, all'inizio degli anni Settanta sceglie l'esilio, prima a Mosca,
poi al Cairo. Nel 1973, a Beirut, dirige il mensile "Questioni palestinesi"
e lavora come caporedattore nel Centro di ricerca palestinese dell'Olp
(Organizzazione per la liberazione della Palestina), cui aderisce mentre
l'organizzazione e' in guerra con Israele. Se ne va dall'Olp nel 1993 per
protestare contro gli accordi di Oslo che, secondo lui, non daranno una
"pace giusta" ai palestinesi. Ma nel 1995 torna a Ramallah, in Cisgiordania,
dopo l'avvento dell'Autorita' palestinese. Nel maggio 1996 viene autorizzato
a entrare in Israele, per la prima volta dopo l'esilio, per partecipare ai
funerali dello scrittore arabo-israeliano Emile Habibi. In questi ultimi
anni ha vissuto tra Ramallah e Amman. Molti e prestigiosi sono i
riconoscimenti ottenuti. Dall'ex Urss fu insignito del Premio Lenin, la
Francia lo ha nominato Cavaliere delle Arti e delle Lettere, e all'Aja ha
avuto il prestigioso premio Prince Claus per la "sua opera impressionante".
*
Alcuni volumi delle liriche di Darwish: Uccelli senza ali; Foglie di ulivi;
Un innamorato dalla Palestina; La fine della notte; Muoiono gli uccelli in
Galilea; L'amata risorge dal sonno; Una pioggia tenera in un lontano
autunno; Ti amo o non ti amo; Il tentativo numero 7; Quella e' la sua
immagine e questo e' il suicidio dell'amato; Feste nuziali; Passanti tra
parole fugaci; L'elogio dell'ombra sublime; Il divano di Darwish; Perche'
lasciasti il cavallo solo.
Alcuni volumi della prosa di Darwish: Una cosa sulla patria; Addio o guerra,
Addio o pace; Le normali afflizioni quotidiane; La memoria dell'oblio; La
descrizione del nostro stato; Le epistole (corrispondenza fra Darwish e
Samih el-Qasim).

5. ZOUHAIR LOUASSINI INTERVISTA MAHMOUD DARWISH (2005)
[Dal sito www.rainews24.it riprendiamo la seguente intervista registrata a
Mantova l'8 settembre 2005 col titolo "Mahmoud Darwish: l'equita' alla base
del dialogo"]

Mahmoud Darwish e' indubbiamente uno dei piu' rappresentativi poeti
palestinesi del nostro tempo, la voce piu' importante nella lotta per
l'indipendenza palestinese. Da oltre quarant'anni i suoi versi ritraggono
profondamente la tragica esperienza della Palestina. Mahmud Darwish nasce a
Birwa, un villaggio della Galilea (Palestina), dove trascorre l'infanzia
fino al 1948, data in cui la famiglia e' costretta all'esilio in Libano.
Quando un anno dopo i genitori tentano di tornare in patria, constatano che
il loro villaggio e' stato raso al suolo e rimpiazzato da una colonia
ebraica. Allora raggiungono Dayral-Assad, dove vivranno in
semiclandestinita'. A causa delle sue poesie, Darwish sara' imprigionato
cinque volte tra il 1961 e il 1967. Lavora come giornalista a Haifa, poi si
esilia in Libano dal 1971 al 1982 e infine raggiunge Tunisi. E' stato
detenuto nelle carceri israeliane, e molte volte costretto agli arresti
domiciliari, a causa dei suoi scritti e della sua attivita' patriottica. Per
questi motivi non ha potuto frequentare l'universita'. Nel 1970 inizia cosi'
a studiare a Mosca, e da qui, nel 1971, si trasferisce al Cairo.
Mahmud Darwish e' stato a capo del Centro di ricerca palestinese, direttore
del giornale "Palestinian Affair Magazine", direttore dell'Associazione
degli scrittori e giornalisti palestinesi, fondatore del giornale
dell'associazione, "Al Karmil Magazine", e, piu' tardi, membro della
Commissione esecutiva dell'Olp, da cui si e' dimesso nel 1993. Nel 1996,
dopo 26 anni di esilio, e' tornato in Palestina e si e' stabilito a
Ramallah.
*
- Zouhir Louassini: Lei e' molto conosciuto, e' uno dei poeti piu' noti. E
nel mondo arabo sono tanti a seguirlo. Mentre In Italia la gente non la
conosce abbastanza.
- Mahmoud Darwish: So che non sono molto conosciuto in Italia. Non sono
conosciuto nel senso che pochi leggono quello che scrivo, anche perche' mi
hanno pubblicato pochi libri rispetto ad altri paesi europei come la Francia
o la Spagna. In Italia probabilmente sono piu' conosciuto come poeta
palestinese che come poeta tout court. Comunque non sono io a risolvere
questa situazione. Dipende tutto dall'interesse che hanno per la letteratura
araba in generale le case editrici, gli intellettuali, e il pubblico
italiano.
*
- Zouhir Louassini: Come percepisce il pubblico europeo la sua poesia, in
paragone con il pubblico arabo?
- Mahmoud Darwish: Non posso rispondere con esattezza a questa domanda. Ti
posso solo dire che in Francia o in Spagna dove hanno pubblicato vari dei
miei libri, e anche per quello che mi scrivono i lettori, che sono due le
ragioni principali che portano le persone a leggere la mia poesia: la prima
e' quella relazionata con la causa palestinese. Molti di quelli che vogliono
conoscere meglio la situazione nel Medio Oriente cercano di trovare delle
risposte nella mia poesia; la seconda ragione, spero, e' una ragione
estetica, esiste un interesse per la musicalita', il ritmo e le metafore di
questa poesia, in una ricerca tra quello che unisce la poesia araba con
quella universale. Questo punto d'incontro che si trova nell'estetica della
poesia e la sua capacita' di descrivere la dimensione spirituale dell'essere
umano e' il vero nodo che fa della poesia uno degli strumenti piu' efficaci
per avvicinare le persone e le culture tra di loro. Diciamo che il punto di
partenza per la poesia e' l'identita' locale, nazionale. Diciamo che la
condizione personale o individuale ha il suo peso nel testo poetico. Questo,
pero', e' solo il punto di partenza poiche' il poeta ha l'obbligo di
orientarsi verso tutto quello che e' universale: farsi domande sulla sua
esistenza, la vita, l'infanzia, l'amore. Il poeta, in fin dei conti, cerca
di umanizzare la storia e fa emergere la bellezza come risposta alla
crudelta' dei nostri tempi.
*
- Zouhir Louassini: Alcune volte mi pongo una domanda: Mahmoud Darwish
poteva essere il poeta che e' adesso senza la causa palestinese? E'
possibile che la sofferenza del popolo possa portare un poeta a questo
livello?
- Mahmoud Darwish: Non nego che sono un prodotto della tragedia palestinese.
Sono frutto della mia condizione storica che ha deciso per me le modalita'
di espressione nel rapportarmi alla realta'. Se non fosse stato cosi' non
avrei saputo che tipo di poesia scrivere. Non c'e' dubbio, la mia
letteratura risponde a un preciso momento storico che mi ha anche obbligato
a cercare un certo stile per esprimere la mia duplice condizione di poeta e
palestinese. Io sono orgoglioso di essere palestinese ma auspico che
l'occupazione non sia condizione necessaria per diventare poeti. Quindi
spero nella fine dell'occupazione per scrivere un altro tipo di poesia o
addirittura non scrivere nulla. Cio' che conta e' la liberta' d'un popolo.
La richiesta di liberta' e' molto piu' importante del contenuto d'una
poesia.
*
- Zouhir Louassini: Lei ultimamente ha criticato molto la poesia araba
contemporanea, sarebbe interessante saperne il perche'.
- Mahmoud Darwish: La crisi della poesia araba fa parte della crisi della
poesia mondiale, e' una crisi che io chiamo frattura tra il testo e il
lettore. Molti poeti hanno identificato il concetto di modernita' nella
poesia con l'eliminazione di ritmo, musicalita', metafore e di tutto cio'
che fa della poesia un genere letterario diverso. In tal modo si allontanano
dalla realta' e dal lettore stesso creando dei circoli chiusi.
*
- Zouhir Louassini: In una sua poesia lei dice che dopo la guerra c'e'
bisogno del dialogo. Crede che questo sia il momento del dialogo con gli
israeliani?
- Mahmoud Darwish: Il dialogo ha bisogno di determinati requisiti: un minimo
di equita'. In questo momento e' difficile individuare un equilibrio tra
societa', persone e intellettuali che appartengono a uno stato che occupa e
quelli che subiscono questa occupazione. Il dialogo nel vero senso della
parola richiede che l'occupante riconosca di violare la liberta' altrui. Il
popolo occupato ha bisogno di ascoltare il mea culpa delle forze
d'occupazione che devono accettare, a loro volta, l'indipendenza, la
liberta' e i diritti del popolo occupato. Diciamo che c'e' bisogno di un
minimo di giustizia nei rapporti tra i due popoli. Se riusciamo a garantire
queste condizioni allora li' possiamo parlare di un dialogo piu' serio e
piu' solido. In questo momento noi vediamo che ci sono contatti tra lo stato
d'Israele e l'Autorita' palestinese ma questo non significa dialogo. Lo
possiamo chiamare negoziazione o qualsiasi altra cosa ma non e' dialogo.
Comunque io sono a favore del dialogo come principio ma alcune cose devono
essere dette per onesta' intellettuale: nel nostro caso il dialogo e' utile
almeno per conoscerci, per sentire la versione della storia che l'altro ha
di noi e quella che abbiamo noi di lui. Dobbiamo sentire la versione
israeliana della storia e gli israeliani devono sentire la nostra. Solamente
cosi' arriveremo un giorno a elementi che ci uniscono. Noi non possiamo
cambiare l'idea dell'altro su se stesso e sulla sua storia ma anche l'altro
non puo' pensare che noi cambieremo idea o pretendere di scrivere la storia
a modo suo. Nessuno puo' pensare di avere il monopolio della storia e della
verita'. Solamente cosi' puo' nascere il dialogo. Se un giorno la societa' e
gli intellettuali israeliani riconosceranno ai palestinesi il diritto di
avere un loro stato indipendente, quel giorno segnera' la nascita della vera
pace...
*
Postilla: Una bibliografia essenziale di Mahmoud Darwish
Bird without wings (1961); Lover from Palestine (1964); Olive leaves (1964);
Memoria per l'oblio, Jouvence, 1996; Perche' hai lasciato il cavallo alla
sua solitudine, San Marco de' Giustiniani, 2001; Murale, Epoche', 2005.

6. CECILIA ZECCHINELLI INTERVISTA MAHMOUD DARWISH (2006)
[Dal "Corriere della sera" del 23 maggio 2006 col titolo "Darwish: Intifada
addio, canto l'amore", il sommario "Era considerato il poeta-simbolo della
resistenza palestinese. Ora dice: Questa terra appartiene a due popoli. La
religione non puo' unificare gli arabi, ripartiamo dalla lingua" e la
notizia "Mahmoud Darwish e' nato a Birwa, un villaggio della Galilea
(Palestina). Dal 1996 vive a Ramallah. E' autore di una ventina di libri,
tra cui Memoria per l'oblio (Jouvence) e Murale (Epoche'). Grande
appassionato di poesia, tra i suoi autori preferiti cita: Dante, Eschilo,
Walcott, Ritsos"]

E' sopravvissuto a una difficile operazione al cuore. Dall'incontro sfiorato
con la morte ("l' esiliata, l'infelice, la potente") e' nata l'elegia
"Judariya", Murale, il suo ventesimo libro pubblicato in Italia da Epoche'
nella bella traduzione di Fawzi Al Delmi. E' sopravvissuto a lunghi anni di
esilio e di assenza dall'"Eden perduto", la Palestina da cui e' fuggito
bambino una notte del 1948. Poi all'assedio di Ramallah dove vive dal 1996.
Soprattutto, e' sopravvissuto a quell'ingombrante cliche' di "poeta della
resistenza palestinese" che dagli Anni Sessanta - Carta d'identita'
circolava in milioni di cassette, i suoi versi erano cantati dal libanese
Marcel Khalifeh, Bob Dylan del Medio Oriente - l'accompagna e gli sta sempre
piu' stretto. Mahmoud Darwish, 64 anni, e' il poeta vivente piu' letto nel
mondo arabo, il piu' ascoltato nei reading che ancora attirano migliaia di
persone. Uno dei piu' conosciuti e premiati all'estero e perfino in Italia,
che finora lo ha tradotto ben poco mantenendo cosi' in vita quel
ricordo-cliche' di eterno militante.
"Molto e' cambiato, io sono cambiato. La poesia direttamente politica come
quella dei miei vent'anni e' legata agli eventi, destinata a passare con
loro. Ora i miei versi sono piu' umani, piu' universali", dice Darwish nella
meravigliosa Santa Maria della Scala di Siena, l'ex ospedale medievale dove
Calvino mori' nel 1985, oggi riservato a rari eventi culturali. Come la
lettura serale di Judariya-Murale, in arabo con la voce calda e tranquilla
di Darwish, in italiano con quella appassionata di Sandro Lombardi. "Sono
versi piu' difficili ma sono fortunato: oggi moltissimi miei lettori sono
giovani. Io sviluppo il loro gusto, loro la mia lingua. Con loro appartengo
al futuro. Mi danno speranza che la mia voce non vada perduta".
Una voce rigorosamente in lingua classica, che resiste in un mondo dove Al
Jazeera, le canzoncine pop di Nancy Ajram o nel migliore dei casi i romanzi
(genere "nuovo") hanno preso il posto di Imr Al Qais e Al Mutanabbi. "Ormai
non siamo piu' il popolo della parola in rima, la poesia e' in crisi anche
da noi, relegata in stanze molto private tranne poche eccezioni", ammette
Darwish. Lui stesso ha scelto spesso la prosa (tradotta in italiano solo con
Memoria per l' oblio, Jouvence, 1996). "Anche il mio ultimo libro, ancora
senza titolo - anticipa - e' in prosa. E' un addio a me stesso, il discorso
che nessun altro dovra' fare sulla mia tomba, una sorta di autobiografia".
Ma anche se "chi scrive solo poesia non appartiene piu' al nostro tempo",
Darwish e' nei versi - liberi, musicali, densi di metafore e simboli - che
piu' si ritrova. "Il mio progetto poetico non e' finito, penso di poter
ancora sviluppare la poesia araba moderna". E la lingua. "Io voglio, voglio
vivere - urla alla morte e ai medici in Murale - Lasciate tutto com'e' e
riportate in vita la mia lingua. Non voglio tornare a nessuno, non voglio
tornare a nessun Paese dopo questa lunga assenza. Voglio soltanto tornare
alla mia lingua".
*
Lingua come identita', poesia come essenza. E non solo per lui, palestinese
nato in un villaggio che non esiste piu', nomade suo malgrado. "Da quando ho
iniziato a vedere il mondo sento dire che stiamo vivendo il peggior momento
della storia degli arabi, ma ogni giorno e' piu' nero. Noi arabi abbiamo il
diritto di sentirci fuori dalla storia, a cui cerchiamo di tornare senza
successo anche perche' divisi", dice amaro Darwish.
Morto il panarabismo di Nasser, rifiutato da molti perche' laici o cristiani
il fattore unificante dell'Islam, "la lingua resta l'unico elemento comune,
tutto il resto e' andato distrutto. Da qui dobbiamo partire per ricostruire
il futuro, se riusciremo a trovare un progetto culturale avremo fatto il
primo passo". Basta politica, allora? Gli anni di Darwish poeta-resistente e
membro del comitato esecutivo dell'Olp sono davvero svaniti? "Non sono mai
stato un politico, nel 1987 quando ho saputo della mia elezione ai vertici
dell'Olp ho pianto. Gli accordi di Oslo del 1993 mi hanno dato l'occasione
di dimettermi". Ma questo, precisa, non per richiudersi in un mondo a parte.
Una scelta impossibile "perche' la nostra terra resta occupata, il mio
popolo sotto assedio"ª. E allora, invece della militanza impostagli in
passato dalla sua gente, la scelta di Darwish e' la poesia di resistenza a
cui lo obbliga ancora la Storia. "Ogni buona poesia che parla di liberta' e
amore, giustizia e bellezza e' una forma di resistenza, contro la bruttezza
e la violenza, contro l'annientamento. E costruisce nuovi ponti con gli
altri". Piu' universale rispetto al passato ma ricca degli stessi "semi":
l'assenza, l'oppressione, la sofferenza, l'esilio, la prigione, l'identita'.
Il dialogo tra esilio e patria. La disperata voglia di amore e di pace.
*
"Da quando abbiamo realizzato che questo Paese va diviso in due, la pace e'
diventata possibile. Ogni palestinese sente che la Palestina storica e' la
sua patria ma tutti sappiamo che ormai appartiene a due popoli - dice
Darwish, che nel 1988 scrisse la dichiarazione di Algeri con cui l'Olp
accettava i due Stati -. Ma oggi la pace sta diventando impossibile perche'
Israele rifiuta di negoziare i confini, il futuro di Gerusalemme, il diritto
al ritorno degli esuli, costruisce muri e cantoni. Israele aveva
l'opportunita' d'oro d'essere accettata, l'ha persa. Magari non tornera'
piu', presto governeranno in molti Paesi i movimenti islamici". Come Hamas?
"Si', come Hamas, eletta peraltro democraticamente con un voto di
disperazione, che sta gia' punendo gli stessi palestinesi. E con risultati
negativi che non si sono ancora visti ma che io, laico e marxista in un
mondo di religioni, temo molto per la nostra cultura".
*
Parla ancora di molte cose Darwish. Della crisi degli intellettuali arabi e
della mancanza di democrazia nei loro Paesi. Degli elementi comuni tra le
tre grandi religioni la cui ricerca "lo ossessiona". Dei poeti che piu' ama
(da Dante a Eschilo, da Walcott a Ritsos). Della Palestina, ovviamente.
"Adesso tornero' a Ramallah, non posso preferire l'esilio potendo tornare
nella mia terra - conclude -. Solo quando sara' liberata anch'io saro'
libero di andare dove voglio".
Succedera'? La speranza che emerge dalle sue poesie con quella "terra verde"
cosi' ricorrente e' vera? "La speranza e' lontanissima, nel presente non
c'e'. Ma dobbiamo inventarla altrimenti siamo morti", risponde. E nel
frattempo continuera' a scrivere, soprattutto poesia. "Quando ero sotto
assedio a Ramallah, quando ho visto i tank israeliani sotto le mie finestre,
ho scritto. A ogni verso mi sembrava che i soldati si ritirassero di dieci
metri - ricorda -. E' il solo modo che conosco per proteggere il mio
spirito. Per sopravvivere".

7. MAHMOUD DARWISH: PASSAPORTO
[Dal sito del "Corriere della sera" riprendiamo la seguente traduzione di
una celebre poesia di Mahmoud Darwish]

Non mi hanno riconosciuto nelle ombre
che succhiano via il colore dal mio passaporto
e secondo loro la mia la mia ferita era esposta
come per un turista che ama collezionare fotografie.
Non mi hanno riconosciuto, oh... non lasciate
la mia mano senza sole,
perche' gli alberi mi riconoscano...
tutti i canti della pioggia mi riconoscano...
Non lasciatemi pallido come la luna.

Tutti gli uccelli che hanno seguito la mia mano
fino alla porta dell'aeroporto lontano,
tutti i campi di grano,
tutte le prigioni,
tutte le tombe bianche,
tutte le frontiere di filo spinato...
tutti i fazzoletti che si agitano
tutti gli occhi neri...
tutti gli occhi
erano con me, ma loro
li hanno cancellati dal mio passaporto.

Spogliato del mio nome e identita'?
in una terra che ho nutrito con le mie mani?
Oggi Giobbe ha gridato riempiendo il cielo:
Non fate ancora una volta di me un esempio!
Signori! Profeti!
Non chiedete agli alberi i loro nomi...
Non chiedete alle vallate della loro madre...
Sulla mia fronte risplende la spada di luce
Dalle mie mani sorge l'acqua di fiume.
Tutti i cuori del popolo sono la mia identita',
toglietemi allora il passaporto!

8. PER APPROFONDIRE

www.mahmouddarwish.com/arabic (in arabo)
www.mahmouddarwish.com/english (in inglese)

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 212 dell'11 agosto 2008

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