Minime. 521



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 521 del 19 luglio 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Ezatullah Zawab e Hafizullah Gardesh: Nozze di sangue
2. Marina Forti: La guerra e la fame
3. Contro la guerra, contro la fame: pace e solidarieta'
4. A proposito di nucleare sicuro
5. Marinella Correggia: Una proposta per il futuro
6. Aharon Appelfeld: La Shoah e la parola
7. Enzo Bianchi presenta "Popoli e Chiese dell'Oriente cristiano" a cura di
Aldo Ferrari
8. Paola Capriolo presenta "Serpenti d'argento" di Rainer Maria Rilke
9. Edizioni Qualevita: Disponibile il diario scolastico 2008-2009 "A scuola
di pace"
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'

1. AFGHANISTAN. EZATULLAH ZAWAB E HAFIZULLAH GARDESH: NOZZE DI SANGUE
[Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente
articolo del 18 luglio 2008 col titolo "Le nozze di Khetai" e il sommario
"Afghanistan, una festa di matrimonio finita in tragedia".
Ezatullah Zawab e Hafizullah Gardesh sono reporter afgani dell'Institute for
War and Peace Reporting (Iwpr)]

Khetai e' un villaggio pashtun sulle montagne della provincia orientale di
Nangarhar, vicino al confine pachistano.
*
Preambolo
Dopo essere rimasto vedovo, Lal Zareen non aveva piu' una donna che
governasse la casa e cucinasse per lui e i suoi figli. L'unica figlia
femmina, infatti, era destinata ad andare a vivere a casa del marito non
appena si fosse sposata. Quindi non gli rimaneva che combinare subito un
matrimonio di scambio per portare in casa una donna che ci sarebbe rimasta.
Cosi' Lal ha dato sua figlia in cambio di una moglie per suo figlio maggiore
Attiqullah, di 15 anni.
Il nome della promessa sposa era Ruhmina. Lei e il figlio di Lal non si
erano mai visti ne' conosciuti perche' vivevano in due valli diverse.
*
La wara
Domenica mattina, Ruhmina, vestita con gli abiti tradizionali delle nozze,
parte dal suo villaggio per la wara, la processione di donne e bambini di
entrambe le famiglie che accompagna la sposa nella sua nuova casa, quella
del suo futuro marito, intonando canti augurali. Dopo due ore di cammino, il
corteo valica un passo tra i boschi, quando il canto delle donne viene
interrotto da un'esplosione. Urla, panico. Le donne fuggono in una nuvola di
polvere. Un'altra esplosione e un'altra ancora. Quando gli aerei da guerra
della Nato se ne vanno, a terra rimangono quarantasette corpi dilaniati di
donne e bambini. Tra questi anche quello di Ruhmina.
*
Il massacro
"Ero a casa che aspettavo con mio figlio quando ho sentito le bombe",
racconta Lal. "Sono corso sulla montagna e mi sono trovato davanti una scena
tremenda: pezzi di corpi e brandelli di carne erano sparsi nei prati e tra
gli alberi. Mio figlio e' ancora sotto shock".
Attiqullah se ne sta chiuso in casa, accanto al padre, ripetendo: "Oggi e'
il mio matrimonio, la mia sposa sta per arrivare e poi saro' pronto a
ricevere le vostre congratulazioni".
"Portate questi a Karzai", urla un vecchio indicando una pila di vestiti da
festa inzuppati di sangue. "Ditegli che sono il regalo delle donne che lo
avevano votato, per ricambiare il dono che lui ci ha fatto mandandoci le
bombe dei suoi amici stranieri".
*
La rabbia
"Se gli stranieri che hanno commesso questo massacro non verranno puniti -
minaccia Malek Jabar, un capotribu' del posto - non ci rimarra' altro che
passare con la resistenza per vendicare le nostre donne e i nostri figli".
"Finora abbiamo tenuto sotto controllo il tratto di confine di nostra
competenza - gli fa eco un altro capo locale, Malek Zarbaz - ma se non
otterremo giustizia per questo crimine le cose cambieranno".
"O ci consegnano i responsabili cosi' li possiamo impiccare oppure Karzai si
deve dimettere", urla un altro anziano, Rai Khan. "Se non succede ne' questo
ne' quello, ci faremo giustizia da soli".
*
Epilogo
I comandi Nato hanno negato la strage, dichiarando che le vittime erano
tutti combattenti e che le accuse di vittime civili sono la solita
propaganda talebana.
Karzai non ha rilasciato dichiarazioni, ma il governo di Kabul ha subito
inviato una delegazione a Khetai. "Quando siamo arrivati sul luogo del
bombardamento abbiamo potuto verificare che qui non c'erano combattenti: le
vittime erano tutti civili", ha dichiarato Borhanullah Shinwari, un membro
della delegazione. "I responsabili devono essere perseguiti perche' la
pazienza di questa gente e' finita: non possono piu' tollerare tutto
questo".

2. AFGHANISTAN. MARINA FORTI: LA GUERRA E LA FAME
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 18 luglio 2008 col titolo "L'altra guerra
afghana".
Marina Forti, giornalista e saggista particolarmente attenta ai temi
dell'ambiente, dei diritti umani, del sud del mondo, della globalizzazione,
scrive per il quotidiano "Il manifesto" acuti articoli e reportages sui temi
dell'ecologia globale e delle lotte delle persone e dei popoli del sud del
mondo per sopravvivere e far sopravvivere il mondo e l'umanita' intera.
Opere di Marina Forti: La signora di Narmada. Le lotte degli sfollati
ambientali nel Sud del mondo, Feltrinelli, Milano 2004]

C'e' una seconda guerra in pieno svolgimento in Afghanistan. Una e' quella
che tutti sanno, la "guerra al terrorismo" che coinvolge oltre 70.000
soldati degli Stati Uniti e della Nato contro milizie di Taleban e "signori
della guerra": una guerra sanguinosa per i militari (nel mese di giugno sono
caduti piu' soldati americani qui che in Iraq) e punteggiata da stragi di
civili. Poi pero' c'e' una guerra silenziosa, un'emergenza che rischia di
peggiorare nei prossimi mesi. Si tratta della siccita'.
Secondo il governo di Kabul almeno un milione e mezzo di persone in 19 delle
34 province del paese, per lo piu' popolazioni rurali nel nord, hanno ormai
bisogno urgente di aiuti umanitari. "Hanno perso tra il 70 e l'80% del loro
reddito a causa della siccita', in particolare il bestiame e i raccolti
nelle zone agricole alimentate dalle piogge", dichiara il ministro dello
sviluppo rurale Ehsan Mia a "Irin news", il bollettino online dell'ufficio
Onu per gli affari umanitari. L'Afghanistan ha circa un milione e mezzo di
ettari di terre agricole alimentate solo dalle piogge, e queste hanno
fornito l'anno scorso un terzo dei cereali consumati nel paese (e non solo:
grano, orzo, mais, ma anche legumi). La siccita' colpisce anche
l'agricoltura irrigua: in alcune zone la produzione e' scesa anche del 40%.
La provincia piu' colpita e' forse il Badakshan, nel nord-est, un milione di
abitanti, dove le autorita' dicono che tutta l'agricoltura dipendente dalle
piogge e meta' delle terre irrigate sono colpite (lo riferisce l'agenzia di
stampa afghana "Pajhwok"). Il risultato non e' difficile da immaginare: il
ministero dell'agricoltura di Kabul prevede che quest'anno la produzione
interna di cereali arrivera' a 2,3 milioni di tonnellate, contro i 4,6
milioni di tonnellate del 2007: la meta'. Il fabbisogno sara' coperto con
importazioni e aiuti, anticipa il governo (gia' in tempi normali
l'Afghanistan produce circa il 90% del suo fabbisogno alimentare, il resto
e' coperto con grano e altri cereali importati dal Pakistan). Questo si
tradurra' in aggravio di costi, con prezzi gia' alle stelle come in tutto il
mondo. Questa pero' e' solo una parte del problema.
Siccita' significa che pozzi, fonti e corsi d'acqua si prosciugano: cosi'
un'intera popolazione ora manca di acqua da bere. Le agenzie di stampa
afghane mostrano foto desolanti di piccoli canyons dove una volta scorrevano
fiumiciattoli. Il governo stima che 22 province, inclusa quella di Kabul,
fanno fronte a "grave mancanza d'acqua", ripete un appello congiunto emesso
a Kabul dal governo e dalle Nazioni Unite. In molte zone l'unica acqua
disponibile e' quella distribuita dai camion cisterna: 185 camion stanno
rifornendo 508 villaggi, riferisce a "Irin News" il ministro
dell'agricoltura. Il governo pero' riferisce anche che un centinaio di
strutture sanitarie e 400 scuole in tutto il paese non hanno accesso
all'acqua potabile. Ora cio' che piu' preoccupa le agenzie umanitarie e' che
con l'inverno sara' molto piu' difficile distribuire acqua e cibo. Le
autorita' si rallegrano che finora non ci siano state migrazioni di massa -
salvo in un caso, in maggio, quando 9.000 persone hanno abbandonato i loro
villaggi in un distretto settentrionale e sono andati nei dintorni di
Mazar-i Sharif, la principale citta' del nord, per cercare aiuto. Ma
siccita' e penuria alimentare spingono molti a partire, per lo piu' giovani
uomini che vanno a cercare lavoro in citta' o nei paesi vicini. Cosi' la
siccita' sta spopolando l'Afghanistan.

3. LE ULTIME COSE. CONTRO LA GUERRA, CONTRO LA FAME: PACE E SOLIDARIETA'

Cessi la guerra terrorista e stragista, imperialista e razzista, mafiosa e
totalitaria in Afghanistan.
Cessi la criminale partecipazione militare italiana alla guerra in
violazione della legalita' costituzionale e del diritto internazionale.
La popolazione afgana ha bisogno di pace e di solidarieta'.
Come l'umanita' intera. Nell'unico mondo che abbiamo.
La nonviolenza e' la via.

4. LE ULTIME PAROLE FAMOSE. A PROPOSITO DI NUCLEARE SICURO

Nel giro di pochi giorni in Francia due incidenti in centrali nucleari con
fughe radioattive.

5. RIFLESSIONE. MARINELLA CORREGGIA: UNA PROPOSTA PER IL FUTURO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 17 luglio 2008 col titolo "Il carbonio
buono".
Marinella Correggia e' nata a Rocca d'Arazzo in provincia di Asti;
scrittrice e giornalista free lance particolarmente attenta ai temi
dell'ambiente, della pace, dei diritti umani, della solidarieta', della
nonviolenza; e' stata in Iraq, Afghanistan, Pakistan, Serbia, Bosnia,
Bangladesh, Nepal, India, Vietnam, Sri Lanka e Burundi; si e' occupata di
campagne animaliste e vegetariane, di assistenza a prigionieri politici e
condannati a morte, di commercio equo e di azioni contro la guerra; si e'
dedicata allo studio delle disuguaglianze e del "sottosviluppo"; ha scritto
molto articoli e dossier sui modelli agroalimentari nel mondo e sull'uso
delle risorse; ha fatto parte del comitato progetti di Ctm (Commercio Equo e
Solidale); e' stata il focal point per l'Italia delle rete "Global Unger
Alliance"; collabora con diverse testate tra cui "il manifesto", e' autrice
di numerosi libri, e' attivista della campagna europea contro l'impatto
climatico e ambientale dell'aviazione. Tra le opere di Marinella Correggia:
Ago e scalpello: artigiani e materie del mondo, Ctm, 1997; Altroartigianato
in Centroamerica, Sonda, 1997; Altroartigianato in Asia, Sonda, 1998;
Manuale pratico di ecologia quotidiana, Mondadori, 2000; Addio alle carni,
Lav, 2001; Cucina vegetariana dal Sud del mondo, Sonda, 2002; Si ferma una
bomba in volo? L'utopia pacifista a Baghdad, Terre di mezzo, 2003; Diventare
come balsami. Per ridurre la sofferenza del mondo: azioni etiche ed
ecologiche nella vita quotidiana, Sonda, 2004; Vita sobria. Scritti
tolstoiani e consigli pratici, Qualevita, 2004; Il balcone
dell'indipendenza. Un infinito minimo, Nuovi Equilibri, 2006; (a cura di),
Cambieresti? La sfida di mille famiglie alla societa' dei consumi, Altra
Economia, 2006; Week Ender 2. Alla scoperta dell'Italia in un fine settimana
di turismo responsabile, Terre di Mezzo, 2007; La rivoluzione dei dettagli,
Feltrinelli, Milano 2007]

Nei negoziati sui cambiamenti climatici si considera di solito il carbonio
nella sua forma fossile e non rinnovabile, formatosi in milioni di anni:
petrolio, gas e carbone che bruciati dall'economia "fossile" planetaria
aumentano la concentrazione di gas serra nell'atmosfera. Ma non bisogna
dimenticare che anche la biomassa delle piante e' soprattutto carbonio, e
cosi' l'humus del suolo, la vegetazione delle foreste. Con questo inno al
carbonio "buono" esordisce il "Manifesto sul cambiamento climatico e sul
futuro della sicurezza alimentare", redatto dalla Commissione internazionale
sul futuro del cibo e dell'agricoltura, promossa dalla Regione Toscana e
dalla scienziata ambientalista indiana Vandana Shiva con la partecipazione
di attivisti, esperti e produttori. L'"agricoltura ecologica del carbonio
rinnovabile", nella loro visione, e' la via per garantire il diritto al cibo
per tutti e al tempo stesso alleggerire l'emergenza climatica, ma anche
adattarvisi. Ne siamo lontani: l'agricoltura industriale o del "carbonio
morto" - basata su semi commerciali, chimica di sintesi e un elevato consumo
di acqua ed energia fossile - e i sistemi alimentari globalizzati, che
richiedono lunghe catene di conservazione e trasporto, contribuiscono per
almeno il 25% alle emissioni globali di gas serra (anidride carbonica,
metano e ossido di azoto). Complice del cambiamento del clima, l'agricoltura
ne e' anche fra le prime vittime, come l'attuale crisi alimentare dimostra.
Per mitigare i cambiamenti climatici, adattarvisi e al tempo stesso nutrire
il mondo le pratiche agricole devono tendere all'autosufficienza, ridurre
gli input esterni.
L'agricoltura preconizzata da questo "Manifesto" si basa sulla biodiversita'
colturale (con il ricorso a varieta' autoctone) e la rifertilizzazione
organica del suolo (che e' in grado di assorbire fino a 3 tonnellate di
anidride carbonica per ettaro, se mantenuto ricco), sulla protezione delle
foreste e la parsimonia nell'uso dell'acqua scarseggiante (in tempi di
siccita' le coltivazioni biologiche hanno rese maggiori di quelle
convenzionali). Ma e' l'intero sistema alimentare, oggi globalizzato e
concentrato, a dover cambiare. Localizzazione, diversificazione e
stagionalita' dell'alimentazione sono importanti. Passare a sistemi locali
significa ridurre il carico energetico di imballaggi, refrigerazione,
stoccaggio, trasporto. Dopo l'insostenibilita' insalubre dei cibi precotti,
del consumo abbondante di carni, latticini, zuccheri, grassi, la
rilocalizzazione alimentare deve essere simbolica (i consumatori devono
diventare coscienti), relazionale (con reti dirette fra chi produce e chi
mangia), fisica (in uno spazio circoscritto). E' cruciale poi il rapporto
con l'acqua, come ricordano gli esempi del Darfur, dove il conflitto fra
pastori e agricoltori e' legato all'esaurimento del lago Ciad, o
dell'Himalaya dove i ghiacciai si assottigliano minacciando
l'approvvigionamento di fiumi vitali per l'agricoltura della regione. Il
"Manifesto sul cambiamento climatico e sulla sicurezza alimentare"
sottolinea la capacit" di ritenzione idrica dei suoli gestiti in modo
ecologico.
Per arrivare a questo scenario il Manifesto propone a coltivatori e
consumatori un cambiamento radicale, e chiede alla politica azioni decise.
Basta sussidi ai sistemi agroalimentari basati sui combustibili fossili,
stop ai progetti di grandi dighe e infrastrutture di trasporto. Investire
nel sostegno a modelli alimentari ecologici e locali. Riformare le regole
commerciali per permettere la protezione dei mercati interni. Cambiare i
regimi di proprieta' intellettuale che sequestrano biodiversita' e
agrosaperi locali a scopi di profitto.

6. RIFLESSIONE. AHARON APPELFELD: LA SHOAH E LA PAROLA
[Dal quotidiano "La Repubblica" del 7 maggio 2008 col titolo "Un passato che
scotta. La Shoah e il potere della parola" e il sommario "Stasera, alla
Reggia di Venaria di Torino, serata in onore degli ospiti della Fiera del
Libro dove lo scrittore israeliano Aharon Appelfeld terra', alle 20, una
lectio magistralis che qui anticipiamo in parte. Domani, invece, alle dieci
di mattina, inaugurazione ufficiale della Fiera alla presenza del Presidente
della Repubblica. Quando l'autore israeliano aveva sette anni scoppio' la
guerra che travolse la sua famiglia. Affronto' il dolore con il silenzio.
Poi scelse di scrivere. 'Ero attorniato da un mare di profughi che fluiva da
un luogo all'altro, tutti carichi di un'immensa paura che non sapevano dove
lasciare. Una sera ero cosi' sperso che mi misi a scrivere su un pezzo di
cartone i nomi dei miei genitori: come per miracolo li riportai alla vita'"
(traduzione di Elena Loewenthal).
Aharon Appelfeld e' uno scrittore israeliano, superstite della Shoah. Dalla
Wikipedia, edizione italiana, rirendiamo uno stralci della voce a lui
dedicata: "Aharon Appelfeld (Jagova, Czernowitz, 16 febbraio 1932) e' uno
scrittore israeliano. Nato in Bucovina, allora in Romania, sopravvissuto
alla Shoa' in cui ha perso la sua madre e i suoi nonni, riusci' a fuggire da
un campo di sterminio nazista in Ucraina e si uni' all'Armata Rossa dove
presto' servizio come cuoco. Nel 1946 e' emigrato in Palestina, allora sotto
mandato britannico. Laureatosi all'universita' di Gerusalemme in letteratura
ha poi insegnato all'Universita' Ben Gurion del Negev. Nonostante abbia
appreso l'ebraico tardi nella sua vita, Appelfeld e' diventato uno dei piu'
importanti scrittori israeliani. Nei suoi numerosi romanzi affronta il tema
della Shoah e dell'Europa prima e durante la seconda guerra mondiale. Tra le
opere di Aharon Appelfeld: Il mio nome e' Caterina, Feltrinelli, 1994;
Storia di una vita, Giuntina, 2001; Tutto cio' che ho amato, Giuntina, 2002;
Notte dopo notte, Giuntina, 2004; Badenheim 1939, Guanda, 2007"]

Comincero' da me stesso. Sono nato nel 1932 nell'Europa dell'Est.Avevo sette
anni quando scoppio' la seconda guerra mondiale. Mia madre fu assassinata,
fui separato da mio padre e, dopo essere fuggito dal campo, trascorsi gli
anni di guerra nel sottobosco della malavita ucraina. Provengo da una
famiglia abbiente e di larghe vedute, fedele ai principi della civilta'.
Brusco fu il passaggio dal mondo del diritto e della legalita' a quello
opposto, e richiese un rapido adattamento. Una tale esperienza biografica
non puo' certo dirsi unica: i bambini sopravvissuti alla Shoah hanno storie
simili alla mia. La questione che si pose allora e che tale e' rimasta, sta
in questi termini: come si fa ad affrontare un'infanzia del genere? E ad un
altro livello: quale potra' mai essere il significato di un'esperienza tanto
terribile?
Come si fa a condurre una vita degna, dopo un'esperienza di questo tipo? O,
come mi ha detto una volta un amico, anch'egli un sopravvissuto: chi e'
stato in campo di concentramento non riesce ad accomodarsi in poltrona e
sorseggiare il te' del pomeriggio come se niente fosse, come se non fosse
stato laggiu'.
Nel 1945, alla fine della guerra, avevo tredici anni. Che fare? Dove
dirigermi? Ero attorniato da un mare di profughi che fluiva da un luogo
all'altro, tutti carichi di un'immensa paura che non sapevano dove
abbandonare, come liberarsene. Le grandi catastrofi ci lasciano pesanti e
ammutoliti. Come si fa a dire alcunche' di fronte alla morte di un uomo, e a
maggior ragione davanti a un cumulo di cadaveri? Nulla di che stupire, se
allora le parole mancassero, quasi non se ne dicessero. La parola, in fin
dei conti, e' destinata a colmare le nostre necessita' esistenziali; eppure
tace quando si avvicina agli abissi dell'animo, e a maggior ragione se si
tratta di immensita' metafisiche. Erano colmi, si', quegli abissi: ma
nessuno aveva ancora inventato gli strumenti capaci di far risalire quel che
si era annidato laggiu', in fondo.
Di quei tempi di marce interminabili, ricordo volti indecifrabili e passi
pesanti, ma non una domanda, non un interrogativo su cio' che era appena
successo: come se il silenzio fosse la sostanza del mondo. Del resto, che
cosa puo' esserci da dire di fronte alle forze irrazionali e irrefrenabili
del terrore? Era tutto cosi' inconcepibile, da zittire non solo la parola ma
anche il dolore.
Mi ritrovai orfano, e non solo di papa' e mamma. Valori e convinzioni
sembravano tutt'a un tratto avventati, quasi ridicoli di fronte ai mostri
umani che ci avevano tormentato. Quale potra' essere il tuo mondo, d'ora in
poi? Sprofonderai nel pozzo del pessimismo, in quello del cinismo, tradirai
i principi dei tuoi genitori, che coltivavano l'umanesimo liberale, tradirai
la fede dei tuoi nonni, vissuti con una religiosita' tollerante e moderata,
tradirai anche gli zii comunisti che avevano dato la vita per il riscatto
dell'uomo?
In una di quelle cupe sere in cui mi sembrava che il ghetto e il campo non
mi avrebbero abbandonato mai piu', che avrei continuato per sempre a
trascinarmi dietro quella solitudine di orfano, smarrito in un mondo che
aveva smarrito i propri valori, ebbene quella sera mi misi a scrivere su un
pezzetto di cartone i nomi dei miei genitori, quelli dei nonni e degli zii e
dei cugini. Ero cosi' sperso che volevo, attraverso la scrittura, accertare
che quei nomi fossero esistiti, che la famiglia da cui provenivo non fosse
una finzione, parto della fantasia.
Allora, come per miracolo, scrivendo i loro nomi li riportai alla vita: me
li ritrovai davanti, proprio come li rammentavo. Per un attimo non fui piu'
un orfano ma un ragazzino circondato da persone che gli volevano bene. Ero
talmente felice che nascosi il pezzo di cartone dentro la fodera del mio
cappotto, come fosse stato la chiave di uno scrigno pieno di preziosi
segreti. Da quel momento, ogni volta che la solitudine o l'angoscia mi
mordevano, tiravo fuori quel pezzo di cartone, leggevo cio' che vi stava
scritto e rivedevo i genitori che avevo perduto.
La scrittura non e' magia ma, evidentemente, puo' diventare la porta
d'ingresso per quel mondo che sta nascosto dentro di noi. La parola scritta
ha la forza di accendere la fantasia e illuminare l'interiorita'. Ma una
lunga strada separava quel brandello spiegazzato di cartone sul quale avevo
annotato i nomi dei miei familiari, dalla scrittura vera e propria. Tutto
quello che avevo scoperto lungo gli anni di guerra stava chiuso dentro di
me, era un macigno scuro: ogni volta che ripensavo a cio' che avevo passato
nel ghetto, nel campo e nei boschi, le immagini che affioravano in me non
erano meno terrificanti di quanto non lo fosse stata la realta'. Per non
affrontare quegli incubi scappavo via di corsa, cercando di staccarmene. Ma
questo metodo funzionava solo in parte. Il passato, anche il piu' tremendo,
non si congeda mai facilmente.
In termini generali, diciamo che la letteratura racconta delle storie. Ma
quelle degli scampati ai campo e ai boschi, non erano storie. Piuttosto, un
cumulo di braci crepitanti che al solo toccarle ustionavano. Che cosa c'e'
da raccontare, qui? Forse, raccontare quel terrore e' una profanazione.
Quanto tempo e' durata, quell'angoscia. Le peregrinazioni per l'Europa
terminarono nel 1946, quando arrivai in Palestina. Nella Palestina del 1946
c'era un'atmosfera pionieristica. Questo slancio mirava a costruire un ebreo
nuovo, spogliato delle paure del passato e rivolto al presente, al futuro.
Il passato ebraico era considerato una sorta di maledizione, da cui
affrancarsi: sullo sfondo di questi ideali pionieristici, l'esperienza del
passato - i ghetti e i campi -, era carica di un'onta che andava cancellata,
e il piu' in fretta possibile. All'atto pratico, come si fa a estirpare
dall'anima tutto quello che si e' attraversato durante cinque lunghi anni,
ed innestarvi al suo posto un idillio pastorale? Come si fa a dimenticare
una parte importante della propria vita? Alcuni lo fecero, ma quella
rimozione costo' loro un caro prezzo. Una persona senza passato, foss'anche
un passato terribile e infame come quello, e' una persona menomata. Senza
contatto con i genitori e gli avi, senza i valori che le generazioni
precedenti trasmettono, si e' solo un corpo vivo, ma senza un'anima.
La mia giovane vita incontro' pero' anche delle luci. Lavoravo nei campi,
imparai ad amare le piante e gli alberi, e c'erano momenti in cui avevo il
presentimento che la terra avrebbe guarito le mie ferite, che sarei
diventato un vero e proprio contadino, come tutti gli altri che non avevano
conosciuto la guerra.
Di notte, solo con me stesso, scrivevo delle lettere a mia madre. Sapevo che
era stata trucidata, e tuttavia mi crogiolavo in quest'affetto. Le lettere
erano una serie di minuzie insignificanti, dettate dalla mia quotidianita'.
Avevo l'impressione che se per chissa' quali vie le mie lettere le fossero
arrivate, ne sarebbe stata felice. Notte dopo notte, quella mia frenetica
attivita' di scrittura mi riportava al mondo che un tempo era stato il mio.

7. LIBRI. ENZO BIANCHI PRESENTA "POPOLI E CHIESE DELL'ORIENTE CRISTIANO" A
CURA DI ALDO FERRARI
[Dal supplemento "Tuttolibri" del quotidiano "La stampa" del 24 maggio 2008
col titolo "Cristiani in Oriente tra fede e politica" e il sommario "Dal
Caucaso fino al Corno d'Africa, dilatandosi attorno al Mediterraneo e al
Medioriente, venti secoli di traversie e di testimonianza evangelica"
Enzo Bianchi e' animatore della comunita' di Bose. Dal sito
www.festivaletteratura.it riprendiamo questa scheda: "Enzo Bianchi e' nato a
Castel Foglione nel Monferrato nel 1943 ed e' fondatore e priore della
comunita' monastica di Bose. Nel 1966 ha infatti raggiunto il villaggio di
Bose a Magnano (Vercelli) e ha dato inizio a una comunita' monastica
ecumenica cui tuttora presiede. Enzo Bianchi e' direttore della rivista
biblica "Parola, Spirito e Vita", membro della redazione della rivista
internazionale "Concilium" ed autore di numerosi testi, tradotti in molte
lingue, sulla spiritualita' cristiana e sulla grande tradizione della
Chiesa, scritti tenendo sempre conto del vasto e multiforme mondo di oggi.
Collabora a "La stampa", "Avvenire" e "Luoghi dell'infinito"". Tra le opere
di Enzo Bianchi: Il radicalismo cristiano, Gribaudi, 1980; Lontano da chi,
Gribaudi, 1984; Un rabbi che amava i banchetti, Marietti, 1985; Il corvo di
Elia, Gribaudi, 1986; Amici del Signore, Gribaudi, 1990; Pregare la parola,
Gribaudi, 1990; Il profeta che raccontava Dio agli uomini, Marietti, 1990;
Apocalisse di Giovanni, Qiqajon, 1990; Magnificat, benedictus, nunc
dimittis, Qiqajon, 1990; Ricominciare, Marietti, 1991; Vivere la morte,
Gribaudi, 1992; Preghiere della tavola, Qiqajon, 1994; Adamo, dove sei,
Qiqajon, 1994; Il giorno del signore, giorno dell'uomo, Piemme, 1994; Da
forestiero, Piemme, 1995; Aids. Vivere e morire in comunione, Qiqajon, 1997;
Pregare i salmi, Gribaudi, 1997; Come evangelizzare oggi, Qiqajon, 1997;
Libro delle preghiere, Einaudi, 1997; Altrimenti. Credere e narrare il Dio,
Piemme, 1998; Poesie di Dio, Einaudi, 1999; Altrimenti. Credere e narrare il
Dio dei cristiani, Piemme, 1999; Da forestiero. Nella compagnia degli
uomini, Piemme, 1999; Giorno del Signore, giorno dell'uomo. Per un
rinnovamento della domenica, Piemme, 1999; I paradossi della croce,
Morcelliana, 1999; Le parole della spiritualita'. Per un lessico della vita
interiore, Rizzoli, 1999; Ricominciare. Nell'anima, nella Chiesa, nel mondo,
Marietti, 1999; Accanto al malato. Riflessioni sul senso della malattia e
sull'accompagnamento dei malati, Qiqajon, 2000; L'Apocalisse di Giovanni.
Commento esegetico-spirituale, Qiqajon, 2000; Come vivere il Giubileo del
2000, Qiqajon, 2000; La lettura spirituale della Bibbia, Piemme, 2000; Non
siamo migliori. La vita religiosa nella Chiesa, tra gli uomini, Qiqajon,
2002; Quale fede?, Morcelliana, 2002; I Cristiani nella societa', Rizzoli,
2003; La differenza cristiana, Einaudi, 2006.
Aldo Ferrari, armenista e russista, e' docente di Lingua e letteratura
armena presso l'Universita' Ca' Foscari di Venezia, responsabile del
Programma di ricerca Caucaso - Asia Centrale dell'Istituto di Studi di
Politica Internazionale (Ispi) di Milano, membro del direttivo
dell'Associazione per lo studio in Italia dell'Asia centrale e del Caucaso
(Asiac), segretario dell'Associazione armenistica italiana "Padus-Araxes",
coordinatore dei seminari armenistici italiani e caporedattore della
"Rassegna armenisti Italiani". Tra le opere di Aldo Ferrari: La Russia tra
Oriente e Occidente. Per comprendere il continente-arcipelago, Edizioni
Ares, Milano 1994; Bicontinentalita' e geopolitica. La prospettiva
eurasiatica e il nuovo collocamento internazionale della Russia, Spai,
Milano 2000; Alla frontiera dell'impero. Gli armeni nell'impero russo
(1801-1917), Edizioni Mimesis, Milano 2000; La foresta e la steppa. Il mito
dell'Eurasia nella cultura russa, Scheiwiller, Milano 2003; L'Ararat e la
gru. Studi sulla storia e la cultura degli armeni, Edizioni Mimesis, Milano
2003; (a cura di, con B. L. Zekiyan), Gli Armeni e Venezia. Dagli Sceriman a
Mechitar: il momento culminante di una consuetudine millenaria, Istituto
Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Venezia 2004; Il Caucaso. Popoli e
conflitti di una frontiera europea, Edizioni Lavoro, Roma 2005; Breve storia
del Caucaso, Carocci, Roma 2007; (a cura di), Popoli e Chiese dell'Oriente
cristiano, Edizioni Lavoro, Roma 2008]

Che si tratti di impasse libanese e longa manus siriana, di attentati,
sequestri e assassinii in Iraq, di tensioni in Georgia e Armenia, di
conflitti e poverta' in Etiopia ed Eritrea o ancora dell'irrisolta questione
israelo-palestinese o della sofferta laicita' dello stato egiziano, in tutte
le drammatiche e complesse situazioni di questi paesi emerge anche la
questione della presenza cristiana: problematica che concerne si' delle
minoranze, ma che assume dei risvolti fondamentali di etica globale e di
salvaguardia dei diritti umani universali.
Ma chi sono questi cristiani "ostinatamente" presenti da secoli in paesi che
hanno conosciuto l'islamizzazione o il comunismo ateo, il prevalere di
interessi economici e geo-strategici, le ricadute reali di pretesi "scontri
di civilta'" globali? Un prezioso volume curato da Aldo Ferrari che
raccoglie e coordina il lavoro di una decina di esperti delle varie aree
(Popoli e Chiese dell'Oriente cristiano, Edizioni Lavoro, pp. 316, euro 18)
ci offre una panoramica sintetica ma esaustiva sulla storia antica e recente
e sul vissuto contemporaneo dei cristiani in quella fascia di globo che
scende dal Caucaso fino al Corno d'Africa, dilatandosi attorno al
Mediterraneo e al Medioriente.
Un lavoro sapiente che ci fornisce gli strumenti - comprese delle accurate
bibliografie - sia per destreggiarci tra termini che vediamo spesso
bistrattati dai media generalisti (ortodossi, orientali, copti ed etiopici,
melchiti, maroniti, siriaci, armeni e georgiani, cattolici orientali...),
sia soprattutto per conoscere dall'interno lo spessore evangelico di una
testimonianza storica che ha attraversato in molti di quei paesi venti
secoli di traversie, conquiste, migrazioni, persecuzioni.
Vi e' chi, non senza ragione, teme che l'esodo acceleratosi negli ultimi
decenni finisca per svuotare completamente la presenza cristiana in quelle
terre: il ripercorrere l'intrecciarsi di fede e politica, di fedelta' fino
al sangue e compromessi, di dialogo sapiente e di violenze spietate ci aiuta
a percepire come la temuta scomparsa di questa presenza plurisecolare
significherebbe un impoverimento culturale, una regressione etica e una
sconfitta non solo per qualche nucleo di credenti numericamente trascurabile
ma per l'umanita' intera e per la qualita' della convivenza civile
planetaria. Ma dalle pagine emerge anche una grande speranza: nella loro
sofferta lotta, queste chiese non si sono mai rassegnate a cercare una
sopravvivenza a qualunque costo, ma hanno saputo trovare forme nuove per
continuare a esprimere creativamente la loro identita', operando un
discernimento fecondo tra patrimonio ricevuto da una tradizione millenaria e
risposta evangelica alle sfide problematiche della contemporaneita'. Una
ricchezza preziosa anche per i popoli e le chiese di un occidente che non
conosce piu' la comoda ma soffocante stagione della cristianita'.

8. LIBRI. PAOLA CAPRIOLO PRESENTA "SERPENTI D'ARGENTO" DI RAINER MARIA RILKE
[Dal "Corriere della sera" del 13 marzo 2008 col titolo "Com'era ingenuo il
giovane Rilke".
Paola Capriolo (Milano, 1962), scrittrice, traduttrice, collabora alle
pagine culturali del "Corriere della sera". Tra le opere di Paola Capriolo:
La grande Eulalia, Feltrinelli, 1988; Il nocchiero, Feltrinelli, 1989; Il
doppio regno, Bompiani, 1991; La ragazza dalla stella d'oro, Einaudi, 1991;
Vissi d'amore, Bompiani, 1992; La spettatrice, Bompiani, 1995; L'assoluto
artificiale. Nichilismo e mondo dell'espressione nell'opera saggistica di
Gottfried Benn, Bompiani, 1996; Un uomo di carattere, Bompiani, 1996; Con i
miei mille occhi, Bompiani, 1997; Barbara, Bompiani, 1998; Il sogno
dell'agnello, Bompiani, 1999; Una di loro, Bompiani, 2001; Qualcosa nella
notte. Storia di Gilgamesh, signore di Uruk, e dell'uomo selvatico cresciuto
tra le gazzelle, Mondadori, 2003; Una luce nerissima, Mondadori, 2005;
Rilke. Biografia di uno sguardo, Ananke, 2006; L'amico invisibile, Einaudi,
2006. Opere su Paola Capriolo: Gillian Ania. Paola Capriolo: Mitologia,
musica, metamorfosi 1988-1998, Franco Cesati, Firenze 2006.
Rainer Maria Rilke ((Praga, 1875 ñ Montreux, 1926), come e' noto, e' uno dei
grandi poeti del Novecento]

E' noto che negli anni della maturita' Rainer Maria Rilke prese le distanze
dalle sue prime pubblicazioni, tanto dallo sconsigliarne all'editore la
ristampa definendole "un punto di partenza sbagliato nella parabola
ascendente dell'opera pura". Se questo giudizio si riferiva principalmente
alla produzione poetica, possiamo supporre che l'autore non fosse piu'
tenero nei riguardi dei suoi racconti giovanili, rimasti in gran parte
inediti fino a quando, nel 2004, il Rilke-Archiv li raccolse in un volume
curato da August Stahl e ora tradotto in italiano da Nicoletta Dacrema con
il titolo Serpenti d'argento (Guanda, pp. 234, euro 16,50).
In effetti, queste prove non lasciano minimamente presagire il genio futuro
dell'autore. Dimostrano, e' vero, un certo istinto narrativo, che in parte
andra' perduto nelle opere piu' mature; ma lo stile e' quasi sempre di
un'ingenuita' disarmante e soprattutto di una sorprendente banalita', come
se l'esordiente avesse fretta di ripercorrere tutti i cliche' del
naturalismo e del simbolismo prima di intraprendere la faticosa ricerca di
una propria voce personale. Sotto gli occhi del lettore sfila
un'impressionante galleria di creature infelici (bambini maltrattati, povere
sartine, mogli incomprese), tutte crudelmente ferite dalla vita e deluse, in
special modo, dalle relazioni amorose. Le piu' accorte o rassegnate, come la
coppia di fidanzati del racconto Due sognatori, arrivano addirittura a
giocare d'anticipo separandosi di comune accordo prima di incorrere
nell'inevitabile disillusione; ma non vi e' pagina in cui non si respiri un
acuto terrore della realta' e del suo potere di distruggere le nostre
speranze.
Difficile immaginare cammino piu' lungo e impervio di quello che conduce da
un pessimismo cosi' ossessivo alla "lode infinita" celebrata nei Sonetti a
Orfeo o all'"Essere qui e' splendido" che, nella Settima Elegia, squarcia
come un lampo il cielo incupito di un'epoca; eppure proprio lui, il triste
sognatore atterrito dalla durezza del mondo, sarebbe arrivato a rivendicare
di fronte agli angeli la grandezza del destino terreno, e forse non avrebbe
potuto farlo con tanta persuasivita' senza il lento, assiduo apprendistato
della disperazione di cui questi racconti ci offrono una testimonianza.

9. STRUMENTI. EDIZIONI QUALEVITA: DISPONIBILE IL DIARIO SCOLASTICO 2008-2009
"A SCUOLA DI PACE"
[Dalle Edizioni Qualevita (per contatti: Edizioni Qualevita, via
Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. 0864460006 oppure
3495843946, e-mail: info at qualevita.it oppure qualevita3 at tele2.it, sito:
www.qualevita.it) riceviamo e diffondiamo]

E' pronto il diario scolastico 2008-2009 "A scuola di pace".
Se ogni mattina, quando i nostri ragazzi entrano in classe con i loro
insegnanti e compagni, potessero avere la percezione che, oltre che andare a
scuola di matematica, di italiano, di musica, di lingua straniera, vanno "a
scuola di pace", certamente la loro giornata diventerebbe piu' colorata,
piu' ricca, piu' appassionante, piu' felice.
Queste pagine di diario sono state pensate per fornire una pista leggera ma
precisa sulle vie della pace. Abbiamo sparso dei semi. Spetta a chi usa
queste pagine curarli, annaffiarli, aiutarli a nascere, crescere e poi
fruttificare. Tutti i giorni. Non bisogna stancarsi ne' spaventarsi di
fronte all'impegno di costruire una societa' piu' umana, in cui anche noi
vivremo sicuramente meglio.
Lo impariamo - giorno dopo giorno - a scuola di pace.
Preghiamo chi fosse intenzionato a mettere nelle mani dei propri figli,
nipoti, amici, questo strumento di pace che li accompagnera' lungo tutto
l'anno scolastico, di farne richiesta al piu' presto. Provvederemo entro
brevissimo tempo a spedire al vostro indirizzo le copie del diario. Grazie.
I prezzi sono uguali a quelli dell'agenda "Giorni nonviolenti" perche', a
fronte di un numero inferiore di pagine, trattandosi di ragazzi, la stampa
dovra' essere piu' rispondente alla loro sensibilita' (verranno usati i
colori) e pertanto piu' costosa.
Per ordini del diario scolastico 2008-2009:
- 1 copia: euro 10 (comprese spese di spedizione)
- 3 copie: euro 9,30 cad. (comprese spese di spedizione)
- 5 copie: euro 8,60 cad. (comprese spese di spedizione)
- 10 copie: euro 8,10 cad. (comprese spese di spedizione)
- Per ordini oltre le 10 copie il prezzo e' di euro 8: costo dovuto al fatto
che quest'anno ci limitiamo ad effettuarne una tiratura limitata.
Per informazioni e ordinazioni: Edizioni Qualevita, via Michelangelo 2,
67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. 0864460006 oppure 3495843946, e-mail:
info at qualevita.it, sito: www.qualevita.it

10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

11. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 521 del 19 luglio 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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