Nonviolenza. Femminile plurale. 194



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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 194 del 17 luglio 2008

In questo numero:
1. Shirin Ebadi: Islam, il dilemma della democrazia
2. Donatella Trotta: Mahasweta Devi
3. Alessandra Farkas: The hidden gendercide (2005)
4. Dacia Maraini: In silenzio, la strage (2005)
5. Curzia Ferrari presenta "La cella di Juliana" di Ralph Milton (2003)
6. Liliana Rampello presenta "Vi presento Sally" di Elizabeth von Arnim

1. RIFLESSIONE. SHIRIN EBADI: ISLAM, IL DILEMMA DELLA DEMOCRAZIA
[Dal quotidiano "La stampa" del 18 settembre 2007 col titolo "Islam: il
dilemma della democrazia" e il sommario "L'iraniana Shirin Ebadi, Nobel per
la pace 2003, sara' domani alla prima giornata di Torino Spiritualita'.
Introdotta da Farian Sabahi, inaugurera' la sezione 'Il corpo politico' con
una lectio su Islam: il dilemma della democrazia. Anticipiamo uno stralcio
del suo intervento". Segnaliamo che la traduzione e' purtroppo inadeguata.
Shirin Ebadi, giurista iraniana, gia' magistrata, impegnata nella difesa dei
diritti umani, premio Nobel per la pace nel 2003. Riportiamo di seguito
alcun stralci da un articolo di Sara Sesti gia' riprodotto su questo foglio:
"Il 9 ottobre 2003 e' stato assegnato ad Oslo il Nobel per la pace
all'iraniana Shirin Ebadi, 56 anni, avvocata, madre di due figlie. Il premio
le e' stato conferito "per il suo impegno nella difesa dei diritti umani e a
favore della democrazia. Si e' concentrata specialmente sulla battaglia per
i diritti delle donne e dei bambini". Ebadi e' l'undicesima donna a vincere
il Nobel per la pace, da quando il riconoscimento e' stato istituito nel
1903, ed e' la prima musulmana. Shirin Ebadi, nata nel 1947, e' stata la
prima donna nominata giudice prima della rivoluzione. Laureata in legge nel
1969 all'Universita' di Teheran, e' stata nominata presidente del tribunale
dal 1975, ma dopo la rivoluzione del 1979 e' stata costretta a dimettersi
per le leggi che limitarono autonomia e diritti civili delle donne iraniane.
Con l'avvento di Khomeini al potere infatti venne decretato che le donne
sono troppo emotive per poter amministrare la giustizia. Avvocato, ha difeso
le famiglie di alcuni scrittori e intellettuali uccisi tra il 1998 e il
1999. E' stata tra i fondatori dell'Associazione per la protezione dei
diritti dei bambini in Iran, di cui e' ancora una dirigente. Nel 1997 ha
avuto un ruolo chiave nell'elezione del presidente riformista Khatami. E'
stata avvocato di parte civile nel processo ad alcuni agenti dei servizi
segreti, poi condannati per aver ucciso, nel 1998, il dissidente Dariush
Forouhar e sua moglie. Nel 2000 ha partecipato ad una conferenza a Berlino
sul processo di democratizzazione in Iran, organizzata da una fondazione
vicina ai Verdi tedeschi, che provoco' grande clamore e la pronta reazione
dei poteri conservatori a Teheran, che arrestarono diversi dei partecipanti
al loro ritorno in Iran. Perseguitata a causa delle indagini che stava
svolgendo, nel 2000 e' stata sottoposta a un processo segreto per aver
prodotto e diffuso una videocassetta sulla repressione anti-studentesca del
luglio 1999, materiale che secondo l'accusa 'disturbava l'opinione
pubblica'. Arrestata, ha subito 22 giorni di carcere. Il Comitato del Nobel
e' lieto di premiare 'una donna che fa parte del mondo musulmano', si legge
nella motivazione del premio che sottolinea come Ebadi 'non veda conflitto
fra Islam e i diritti umani fondamentali'. 'Per lei e' importante che il
dialogo fra culture e religioni differenti del mondo possa partire da valori
condivisi', prosegue il comitato, la cui scelta appare particolarmente
mirata in un contesto storico di tensioni fra Islam e Occidente. 'La sua
arena principale e' la battaglia per i diritti umani fondamentali, e nessuna
societa' merita di essere definita civilizzata, se i diritti delle donne e
dei bambini non vengono rispettati' prosegue la nota. 'E' un piacere per il
comitato norvegese per il Nobel assegnare il premio per la pace a una donna
che e' parte del mondo musulmano, e di cui questo mondo puo' essere fiero,
insieme con tutti coloro che combattono per i diritti umani, dovunque
vivano'". Su Shirin Ebadi cfr. anche i profili scritti da Giuliana Sgrena e
Marina Forti apparsi nei nn. 701 e 756 di questo foglio. Dal "Corriere della
sera" riprendiamo anche la seguente scheda: "Shirin Ebadi, 59 anni, sposata
con due figlie, e' diventata giudice nel 1970. Dopo la rivoluzione islamica
del '79 ha perso il posto. Nel '93 ha avuto l'autorizzazione per svolgere
l'attivita' di avvocato. Prima personalita' iraniana a ricevere il Nobel per
la pace (nel 2003). Ebadi difende gratis dissidenti e donne vessate dalla
legislazione iraniana. Ora le autorita' le hanno intimato di sospendere le
attivita': 'Possono arrestarmi in ogni momento'". Opere di Shirin Ebadi: Il
mio Iran, Sperling & Kupfer, Milano 2006]

Di fronte a governi islamici non democratici che giustificano l'oppressione
abusando del nome dell'Islam, sono sorti moderni pensatori e studiosi
islamici, formando un fronte unico di musulmani di diverse nazionalita' che,
mantenendo la sacralita' dell'Islam, ha intrapreso una lotta contro i
governi totalitari. Questo fronte unico non ha un nome, non ha un leader,
non ha sede o filiali, ma ha luogo nella mente di ogni pensatore musulmano
che, mantenendo la religione dei propri padri e dei propri antenati,
rispetta la democrazia e non vuole ubbidire a nessun pretesto errato e non
tollera l'ingiustizia. Crede fermamente che i governi che rifiutano la
democrazia e i diritti umani siano obsoleti tiranni che, mascherando la loro
natura oppressiva con una cosiddetta cultura nazionale o religiosa,
intendono violare i diritti dei propri popoli.
L'Islam, invece, e' una religione di eguaglianza. Il Profeta Maometto disse
sempre: non c'e' differenza tra il nero e il bianco, tra un arabo e un non
arabo. Il Profeta, dopo aver conquistato la Mecca, decise di fondare un
governo islamico. Prese in mano la guida della societa' in veste di
governatore e di leader politico, chiedendo la "lealta'" del popolo,
musulmano e non. Esprimere la "lealta'" (Bei'at) significava votare. Secondo
quanto racconta la storia, ci furono persone che non espressero la lealta'
ma vissero liberamente nel paese islamico.
Il Profeta baciava la mano di sua figlia Fatima e la rispettava molto.
Allora come si puo', in una religione come questa, umiliare le donne e
privarle dei loro diritti, e come si puo' proclamare errato il pluralismo
culturale e dire apertamente che la democrazia non e' compatibile con
l'Islam?
Il vero problema non e' nella natura dell'Islam. La questione importante e'
che, per varie ragioni, alcuni governi islamici non vogliono che sia
presentata un'interpretazione dell'Islam compatibile con la democrazia e con
i diritti umani. Per questo la cultura che governa i paesi islamici,
compresa la loro cultura politica, ha bisogno di democrazia per poter
comprendere le verita' sociali con gli occhi aperti e per varare le leggi
secondo le esigenze di oggi.
Il passo piu' importante da intraprendere per l'adeguamento culturale e' di
insegnare le fondamenta dell'Islam nella maniera corretta. Bisogna insegnare
ai musulmani l'Islam all'avanguardia, bisogna insegnar loro che si puo'
essere musulmani e vivere meglio, che si puo' essere musulmani e rispettare
i principi dei diritti umani e della democrazia e realizzarli. Bisogna far
sapere ai musulmani che la chiave del paradiso non e' nelle mani dei governi
islamici e che non tutto quello che si fa a nome dell'Islam e' islamico.
Contro questi pensieri, oltre agli obsoleti fondamentalisti e ai governi non
democratici, hanno protestato anche altri gruppi: quelli che cercano di far
passare i comportamenti errati di alcuni musulmani o gruppi di musulmani
come il vero Islam, presentando l'Islam agli occhi del mondo sotto il nome
di "terrorismo", per promuovere meglio la loro teoria sullo scontro tra le
civilta' e per poter giustificare le guerre nel Medio Oriente.
L'Islam progressista, che approva la democrazia, rispetta il pluralismo
culturale, crede nei diritti umani, e' attaccato da due fronti: dai
fondamentalisti che giustificano i propri misfatti in nome dell'Islam e dai
nemici dell'Islam che, distorcendone l'immagine, cercano di giustificare le
proprie azioni belliche; questo e' il punto comune tra gli amici ignoranti e
i nemici consapevoli dell'Islam. Il dovere critico dei musulmani consapevoli
in questo momento storico cruciale e' di presentare il vero volto
dell'Islam, che e' colmo di affetto, di generosita' e misericordia ed e'
contro la violenza e il terrorismo.
L'Islam non e' una religione di terrore e di violenza. Se viene assassinata
una persona in nome dell'Islam, siate certi che e' stato compiuto un abuso
del suo nome. L'Islam e' contro la dittatura. I governi islamici abusano in
nome dell'Islam. Abusare in nome della religione e dell'ideologia non
appartiene solo ai musulmani: non si dimentichino i campi di lavori forzati
staliniani della Siberia o il massacro degli studenti in Cina. Quei governi
giustificavano e giustificano le loro crudelta' con il socialismo. Le pagine
della storia sono testimoni delle crudelta' commesse dalla Chiesa nel
Medioevo, da chi si considerava cristiano e abusava in nome del
cristianesimo.
Il modo migliore di affrontare i governi non democratici che operano in nome
di un'ideologia o di una religione e' di disarmarli di quest'arma - di non
permettere che la religione e l'ideologia diventino i pilastri del governo.
La religione e' un fatto personale e intimo di ogni persona. I governi non
devono approfittare della religione per promuovere i propri interessi e
scopi politici.
Essendo questo un discorso sull'Islam e sul suo rapporto con la democrazia e
i diritti umani, devo aggiungere anche questo: in seguito alla
"Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo" i governi islamici, come
anche il governo dell'Iran, hanno sottoscritto la "Dichiarazione islamica
dei diritti dell'uomo". Io piu' volte ho dichiarato di essere contraria alla
"Dichiarazione islamica dei diritti dell'uomo", perche' se i musulmani
vogliono avere una dichiarazione dei diritti umani separata, motivando
questo con la loro religione, dovra' essere concessa la stessa cosa ai
credenti delle altre religioni; e quindi saremo testimoni della
dichiarazione ebraica dei diritti dell'uomo, la dichiarazione buddista dei
diritti dell'uomo e migliaia di altre dichiarazioni dei diritti dell'uomo.
Governare il mondo in base a tutte le religioni esistenti sulla terra e' una
cosa impossibile.
Quello dei diritti umani e' un concetto universale e si adatta a tutte le
culture e le religioni, non c'entra con l'Oriente o l'Occidente, e' uguale
per tutti. Anche i musulmani lo devono rispettare. Dobbiamo cominciare dai
principi che sono condivisi da tutti e non da quelli nei quali crediamo solo
noi. Invece di scontro tra le civilta', possiamo parlare di dialogo tra le
civilta'. Lo scontro tra le civilta' non porta che alla rovina. E' molto
piu' probabile che il dialogo tra le civilta' possa trovare la soluzione
piu' logica per i problemi del mondo.

2. PROFILI. DONATELLA TROTTA: MAHASWETA DEVI
[Dal quotidiano "Il Mattino" del 26 novembre 2005 col titolo "L'incontro" e
il sommario "Devi, dall'India storie di violenze al femminile".
Donatella Trotta e' nata a Roma e si e' formata tra Italia, Giamaica,
Svizzera e Giappone. Laureata in Lettere, vive a Napoli, dove lavora dal
1983 alle pagine culturali del "Mattino". Giornalista, e' autrice e
curatrice di numerosi libri. Per Liguori ha pubblicato testi su Di Giacomo
(in Salvatore Di Giacomo settant'anni dopo, 2007) e Serao (in Matilde Serao.
Le opere e i giorni, 2006), alla quale ha anche dedicato l'Album Serao
(Fausto Fiorentino, 1992). Tra i riconoscimenti piu' recenti: l'Andersen, il
Premio internazionale di giornalismo civile dell'Istituto Italiano per gli
Studi Filosofici, il Premio internazionale Eip-Italia dell'Unesco, il Capri
San Michele e il Premio di giornalismo Matilde Serao. Tra le opere di
Donatella Trotta: La via della penna e dell'ago. Matilde Serao tra
giornalismo e letteratura, Liguori, 2008.
Mahasweta Devi e' scrittrice di forte impegno sociale. Su Mahasweta Devi (ma
il nome e' sovente traslitterato anche in Mahasveta Devi) dal quotidiano "Il
manifesto" del 26 novembre 2005 riportiamo la seguente scheda: "Nata a
Dacca, nel Bengala Orientale (l'attuale Bangladesh), nel 1926 in una
famiglia di intellettuali, Mahasveta Devi e' insegnante, scrittrice,
giornalista, autrice di venti raccolte di racconti e circa cento romanzi,
quasi tutto scritto nella sua lingua madre, il bengali. E' da sempre
impegnata a favore dei diritti civili e sociali delle popolazioni tribali
dell'India; ai suoi sforzi si deve la pubblicazione di Bortika, un giornale
dedicato alle comunita' oppresse, e la fondazione dell'Aborigenal United
Association. In gioventu' partecipo' al Gananatya, un gruppo che cercava di
portare il teatro politico e sociale nei villaggi rurali del Bengala negli
anni '30 e '40. Si e' formata alla scuola di Shantiniketan, fondata da
Rabindranath Tagore; e' militante comunista fin dagli anni dell'universita',
dove ha conseguito la laurea in letteratura inglese. Pubblica il primo
romanzo nel 1956, Jhansir Rani (La Regina dello Jhansi) seguito, tra gli
altri da: Amrita Sanchay (1964) e Andhanmalik (1967), entrambi ambientati
nel periodo coloniale e Hajar Churashir Ma (Mother of 1084, del 1974),
l'opera che mette al centro il movimento naxalita portata sullo schermo dal
regista Govind Nihalani. Fino al 1984 insegna all'Universita' di Calcutta,
citta' dove risiede. Ha ricevuto il premio Magsaypay, equivalente asiatico
del Nobel per la pace. Dei suoi molti scritti sono stati tradotti in
italiano: La cattura (Theoria, 1996), India segreta (La Tartaruga, 2003), La
preda e altri racconti, (Einaudi, 2004, a cura di Anna Nadotti), e infine La
trilogia del seno, tre racconti commentati da Gayatri Chakraborti Spivak,
presentato in questi giorni dall'editore Filema (a cura di Ambra Pirri)"]

Ha conosciuto il grande poeta indiano Tagore e ne ha assimilato il
"messaggio di pace e amore per l'universo, non solo per l'India"
frequentando da bambina la sua scuola, Shantiniketan, assieme al futuro
premio Nobel per l'economia Amartya Sen, di qualche anno piu' giovane di
lei. Ha incontrato e ammirato il Mahatma Gandhi, del quale ancora rimpiange
il coraggio, la statura e il "sorriso luminoso", aperto agli ultimi della
terra. Ed e' cresciuta, durante e dopo la colonizzazione inglese, in un
humus fertile di stimoli: "figlia d'arte" di una madre anticonvenzionale,
scrittrice e assistente sociale, e di un padre poeta, che l'hanno
assecondata nella sua passione per i libri "come finestre aperte sul mondo",
lasciandola libera di seguire le sue inclinazioni verso la conoscenza, non
soltanto letteraria.
Alla vigilia dei suoi 80 anni (che compira' il prossimo 14 gennaio) non e'
un caso che l'indiana del Bengala orientale Mahasweta Devi sia in odore di
premio Nobel per la letteratura, o per la pace: autrice di oltre venti
raccolte di racconti, numerose pieces teatrali, libri per bambini e circa
cento romanzi, Devi e' anche stata docente e soprattutto continua ad essere
giornalista e infaticabile viaggiatrice impegnata nell'attivismo politico e
sociale in difesa di etnie, tribu' nomadi declassificate, donne e bambini
oppressi, emarginati, analfabeti, umiliati, ridotti alla subalternita' dalla
miseria e dall'ignoranza, nel suo Paese e non solo.
"Penso che uno scrittore creativo debba avere una coscienza sociale, e' un
dovere morale verso la societa'. Che senso ha avere una casa grande,
un'auto, una vita agiata se resta separata dagli altri? Ci sono troppo
ingiustizie nel mondo della globalizzazione, soprattutto contro le donne,
per non fare il possibile per eliminarle, documentandole con coraggio", ti
dice pacata ma ferma Mahasweta Devi in un inglese veloce e ibridato come la
sua scrittura, che in Italia le e' valsa il premio Nonino per le poche opere
finora tradotte su interessamento di Anna Nadotti e Italo Spinelli: i
racconti de La cattura (Theoria, 1996, introvabile; ma La cattura e' anche
in India segreta, 18 racconti di donne pubblicati da La Tartaruga nel 1999)
e La preda e altri racconti (Einaudi, 2004).
Da oggi, la piu' celebre scrittrice indiana in lingua bengali e' per la
prima volta a Napoli, dove domani (alle ore 11) partecipera' a un incontro
(con interventi di Angela Cortese, Ambra Pirri, Italo Spinelli, Paola
Splendore e letture di Giorgia Stendardo) promosso nel Grand Hotel Oriente
dall'assessorato alle Pari opportunita' della Provincia di Napoli in
occasione della pubblicazione del volume di Mahasweta Devi La trilogia del
seno (Filema, pp. 176, euro 12), che inaugura una nuova collana di storia,
storie e studi di genere post-coloniali, "Altrimondi", curata da Ambra
Pirri, autrice anche dell'ottima presentazione della raccolta nonche' della
traduzione dall'inglese dei tre racconti della Devi, alternati nel libro -
quasi in un gioco di specchi tra letteratura e critica - ad altrettanti
densi saggi della sua esegeta dal bengali, Gayatri Chakravorty Spivak,
comparatista ed esponente di spicco della critica femminista post-coloniale.
Le tre brevi ma incisive breast stories di Devi raccolte nel libro risultano
spiazzanti, nei temi e nella forma, per il lettore occidentale, provocato
dall'originalita' di uno sguardo affilato, sarcastico e impietoso, capace di
conferire una fisicita' plurisensoriale a storie di altrettante donne (e del
loro seno, simbolo potente) accomunate nella tragedia da una catena di
violenze maschili (e di retaggio coloniale): l'indomita guerrigliera
Draupadi, la grande madre "professionista" Jashoda e la lavoratrice nomade
Gangor. Sono racconti scritti - si sente - di getto, perche' dettati da
un'urgenza interiore piu' che narrativa, antropologica e sociale: "I miei
racconti nascono dalla cronaca vera, dagli orrori ai quali assisto, e che
cerco di comunicare anche all'altra parte del mondo", conferma Devi. Che non
si rassegna al trionfo della brutalita'.

3. HERI DICEBAMUS. ALESSANDRA FARKAS: THE HIDDEN GENDERCIDE (2005)
[Dal "Corriere della Sera" del 29 novembre 2005 col titolo "Duecento milioni
di donne 'sparite'. Un rapporto denuncia gli orrori del genocidio nascosto".
Alessandra Farkas, giornalista, nata a Roma, vive a New York, dove ha
lavorato prima come collaboratrice dell'"Europeo", poi, a partire dal 1985,
come corrispondente dagli Stati Uniti del "Corriere della Sera". Opere di
Alessandra Farkas: Pranzo di famiglia, Sperling & Kupfer, Milano 2006]

E' stato ribattezzato "The Hidden Gendercide", il genocidio nascosto delle
donne, ed e' lo sterminio di massa piu' spaventoso e drammatico della
storia: piu' micidiale, per numero di vittime, sia dell'Olocausto ebraico,
sia di tutte le guerre e i conflitti armati del XX secolo - secondo gli
storici il periodo piu' cruento della storia umana - messi insieme.
Ad occuparsi, per la prima volta, del problema e' il Centro per il controllo
democratico delle Forze armate (Dcaf) di Ginevra, una fondazione
internazionale che si batte da anni per un mondo piu' sicuro. "La comunita'
internazionale sta assistendo inerte al massacro di Eva", punta il dito il
Dcaf in un rapporto di 335 pagine intitolato "Donne in un mondo insicuro".
Mentre tra il 1992 e il 2003 il numero di conflitti armati "gravi" (con piu'
di mille morti in battaglia) sono scesi dell'80%, la guerra quotidiana delle
donne si e' fatta ovunque piu' cruenta e mortale.
*
Desaparecidas
Le statistiche parlano chiaro: circa 200 milioni di donne, ragazze e bambine
sono "demograficamente scomparse". Un eufemismo che nasconde uno dei piu'
scioccanti crimini contro l'umanita': la sistematica eliminazione delle
femmine, solo in quanto tali, vittime di omicidi, fame, poverta' e
discriminazioni di ogni tipo. L'inoppugnabile "soluzione finale", per molte,
inizia gia' prima di nascere. "Almeno 60 milioni di bambine sono state
'cancellate' in seguito ad infanticidi o aborti selettivi di feti femmine,
resi possibili dai progressi tecnologici", spiega Amartya Sen, premio Nobel
per l'Economia 1998 e uno degli studiosi interpellati dal rapporto, che si
avvale delle statistiche delle maggiori organizzazioni internazionali,
dall'Onu all'Oms.
In Paesi quali Cina, Corea del Sud, India e Nord Africa le pratiche
anti-bambine sono all'ordine del giorno. Tanto che nell'ultimo censimento
cinese il rapporto maschio-femmina era di 119 a 100, mentre le normali
percentuali biologiche sono di 103 bambini ogni 100 bimbe. Lo stesso avviene
in India, dove il commissario del censimento stima che "parecchi milioni di
feti" sono stati abortiti negli ultimi due decenni "in quanto di sesso
sbagliato".
*
Violenza
Ma la "condanna in base al sesso" prosegue anche dopo la puberta'. Ogni anno
3 milioni di donne e ragazze sono uccise perche' femmine. Ovvero piu' dei
2,8 milioni di individui stroncati dall'Aids e degli 1,2 milioni falciati
dalla malaria. Per non parlare delle 5.000 donne che ogni anno muoiono
bruciate in "incidenti di cucina" provocati dalla famiglia dello sposo,
quando la dote e' giudicata "insufficiente". Dalla Cambogia agli Usa e dalla
Thailandia alla Svizzera, la violenza domestica resta, in assoluto, la piu'
diffusa. Tanto che dal 40% al 70% delle donne assassinate nel mondo sono
vittime di mariti e fidanzati. La maglia nera appartiene ai paesi islamici.
Il 47% delle donne uccise in Egitto sono eliminate da un parente dopo uno
stupro che "infanga la reputazione della famiglia". E in Pakistan almeno tre
donne vengono freddate ogni giorno in "omicidi d'onore" che restano impuniti
al 100% perche', come denuncia l'attivista Nahida Mahbooba Elahi, "la
polizia li giudica affari privati e si rifiuta regolarmente di perseguirli".
*
Stupri e salute
Nel 2005 la violenza sessuale contro le donne continua ad affliggere una
donna su cinque, e non solo nei Paesi in via di sviluppo, portando il totale
delle donne violentate ad oltre 700 milioni; 25 milioni delle quali solo
negli Stati Uniti. Un netto peggioramento si e' registrato anche nel
commercio illegale di "schiave del sesso" che oggi affligge tra 700.000 e 2
milioni di donne e ragazze, vendute ogni anno attraverso i confini
internazionali. Un incremento del 50% rispetto a cinque anni fa. Nonostante
le tante crociate internazionali, in aumento un po' ovunque sono anche i
casi di mutilazione genitale: 6.000 al giorno (oltre 2 milioni l'anno per un
totale di 130 milioni nel mondo). E nei Paesi dove solo i maschi hanno un
adeguato accesso alla sanita', sono 600.000 le donne che muoiono durante il
parto: una cifra uguale al genocidio del Rwanda nel '94, ma ripetuta anno
dopo anno.
Secondo il Dcaf questo quadro sconcertante e' strettamente legato alla
mancanza di potere politico-economico "rosa" in un mondo dove le donne
costituiscono oltre i due terzi dei 2,5 miliardi di persone costrette a
vivere con meno di 2 dollari al giorno, nonche' il 66% degli analfabeti.
Dove nonostante le battaglie decennali del femminismo hanno in mano soltanto
l'1% delle terre del pianeta, il 14% dei seggi parlamentari e il 7% dei
ministeri di governo.

4. HERI DICEBAMUS. DACIA MARAINI: IN SILENZIO, LA STRAGE (2005)
[Dal "Corriere della Sera" del 29 novembre 2005 col titolo "Senza diritti" e
il sommario "Noi discutiamo di quote rosa e la strage si compie in
silenzio".
Dacia Maraini, nata a Firenze nel 1936, scrittrice, intellettuale
femminista, e' una delle figure piu' prestigiose della cultura democratica
italiana. Un breve profilo biografico e' in "Nonviolenza. Femminile plurale"
n. 47. Tra le opere di Dacia Maraini segnaliamo particolarmente: L'eta' del
malessere (1963); Crudelta' all'aria aperta (1966); Memorie di una ladra
(1973); Donne mie (1974); Fare teatro (1974); Donne in guerra (1975); (con
Piera Degli Esposti), Storia di Piera (1980); Isolina (1985); La lunga vita
di Marianna Ucria (1990); Bagheria (1993). Vari materiali di e su Dacia
Maraini sono disponibili nel sito www.dacia-maraini.it]

Centinaia di migliaia di donne non rispondono all'appello demografico,
secondo le ultime ricerche dell'Onu. Si calcola che siano oltre 600.000 i
feti femminili uccisi prima che vengano al mondo nei Paesi dove la nascita
di una femmina comporta spese considerate inutili. Altre bambine muoiono per
mancanza di cibo. In molte famiglie poverissime, che cercano di
sopravvivere, quando si trova qualcosa da mangiare, si da' la precedenza ai
figli maschi. Il risultato e' che sono molte di piu' le bambine dei bambini
a morire di fame ogni anno. Perfino le cure mediche vengono dedicate prima
ai figli maschi, considerati piu' utili per il futuro delle famiglie.
Ragazze nell'eta' della puberta' vengono uccise per delitti d'onore, o di
dote. Il paradosso e' che tutto questo non lo denuncia un portavoce del
femminismo europeo, ma niente di meno che il Geneva Centre for the
Democratic Control of the Armed Forces. Dopo avere constatato che le grandi
guerre sono diminuite del 40% dal 1992 al 2003. La domanda e': possiamo dire
che la diminuzione delle guerre abbia reso il mondo piu' sicuro per tutti?
In parte si', e' la risposta del Dcaf. Ma non per le donne che vedono
aumentare ogni anno il livello di schiavitu' e di violenza.
Oggi sappiamo, attraverso gli strumenti di rilevazione di dati sempre piu'
sofisticati ed estesi, che ogni anno fra un milione e mezzo e tre milioni di
donne e ragazzine vengono torturate e uccise per "gender based violence",
ovvero "violenza di genere". Non viene perdonato loro di essere nate
femmine, diverse, dotate di una sessualita' propria, di un bisogno di
indipendenza che evidentemente fa paura. "Donne fra i 15 e i 44 anni hanno
molto piu' probabilita' di essere uccise o deturpate, che di morire di Aids,
di incidente d'auto, di malaria o di guerra". Parole del Dcaf, riportate
dall'"Economist" del 26 novembre.
Noi discutiamo sulle quote rosa, chiusi come siamo in un giardino
privilegiato che e' l'Europa. Senza pensare che il giardino sta per essere
devastato dalle conseguenze della globalizzazione. E non si tratta solo di
nuove e vecchie discriminazioni, ma di assassinio rituale delle donne da
parte di culture ancora fortemente patriarcali che non vogliono nemmeno
sentire parlare di diritti delle donne, di qualsiasi tipo.
Il timore e' che, cacciata dalla porta, la guerra fra i sessi rientri dalla
finestra, funestando la convivenza fra uomini e donne. Di fronte agli
integralismi che premono da ogni parte, invece di rinforzarci nelle nostre
conquiste di democrazia e parita', molti cedono alla tentazione di
rispondere ad un fanatismo con un altro, ad una repressione con un'altra. Il
mercato che si fa del corpo femminile per alcuni sarebbe una risposta di
liberta', ma rischia di essere solo una provocazione inutile e
controproducente. La liberta' non consiste nell'accettazione di quel
linguaggio della seduzione di cui si fa bella la pubblicita', ma nel
riconoscere la dignita' della persona femminile, dotata di un pensiero prima
ancora che di un corpo disponibile e muto.

5. LIBRI. CURZIA FERRARI PRESENTA "LA CELLA DI JULIANA" DI RALPH MILTON
(2003)
[Dalla "Gazzetta di Brescia" del 31 luglio 2003 col titolo "Santa Giuliana
di Norwich. Sui passi di una donna religiosa" (ci sia consentito notare en
passant che e' un po' bizzarro che nell'incipit dell'articolo si sottovaluti
sia l'importanza che la notorieta' di Giuliana di Norwich ).
Curzia Ferrari, scrittrice e giornalista, critica d'arte, slavista, autrice
di biografie, ha pubblicato numerosi testi tradotti in tutte le principali
lingue. Tra le opere di Curzia Ferrari: Rita. Vita e miracoli della santa di
Cascia, Camunia, 1988; Il vagabondo e le stelle. Vita di Massimo Gorkij, De
Agostini, 1990; Il convertito di Loyola. L'esperienza religiosa di
Sant'Ignazio, Edb, 1990; L'amoroso nulla. Vita del beato Innocenzo da Berzo,
Morcelliana, 1993; Magnificat, La Vita Felice, 1996; Angela Merici. Tra Dio
e il secolo, Morcelliana, 1998; Santa Rita da Cascia. Vita e miracoli,
Gribaudi, 1999; Donne e Madonne. Le sacre maternita' di Giovanni Bellini,
Ancora, 2000; Il cavaliere nero. Il romanzo di Ignazio di Loyola, San Paolo
Edizioni, 2001; Gorkij. Fra la critica e il dogma, Editori Riuniti, 2002; Il
mondo femminile di Francesco d'Assisi, Ancora, 2003; A fuochi spenti nel
buio, Aragno, 2004; Quadro velato. Il romanzo di Margherita da Cortona,
Ancora, 2005; Fondotinta, Aragno, 2006; Isadora, Viennepierre, 2007; (con
Giovanni Lodetti), Un cielo dipinto di rossonero, Ancora, 2007; Dio nel
silenzio, apri la solitudine, Ancora, 2008.
Ralph Milton, canadese, studioso di mistica medioevale, e' autore di molti
saggi. Tra le opere di Ralph Milton: La cella di Juliana. Il romanzo di
Juliana di Norwich, San Paolo Edizioni, 2003.
Giuliana di Norwich (1342 - forse 1416), celebre mistica e teologa, autrice
delle Rivelazioni dell'Amore Divino, un'opera di grande rilevanza in ambito
religioso ma anche nella storia della letteratura inglese]

La santa e' di scarsa nomea, le enciclopedie la liquidano con un paio di
righe, nella storia delle donne ha inciso poco o nulla. Ma il libro che
narra la sua vita (Ralph Milton, La cella di Juliana, San Paolo) e' davvero
bello, molto intrigante, ispirato direi, sia nella forma con cui viene
offerto, sia per la trama vivace, piena di colpi di scena e di situazioni
(per fortuna) imperfette. Approcciando storie di santi si ha sempre il
timore di venire fagocitati da un catalogo di virtu', di esperienze
superiori, di prodigi e innaturali vicende che niente hanno a che fare con
l'uomo: sembra che lo scopo degli estensori sia quello di attirare il
lettore in un gorgo di stupida credulita'. Questo Milton, invece, sa
giostrare bene, approfittando delle sfaccettature della protagonista.

Giuliana di Norwich - Juliana, appunto -, nasce nella seconda meta' del XIV
secolo, nell'Inghilterra sud-orientale, durante il regno di re Edoardo III,
iniziatore della guerra dei Cento anni; al quale seguono, in rapida
successione, Riccardo II ed Enrico IV. Ma a riempire la scena inglese sono
le lotte religiose e le pestilenze; ed e' proprio l'orrendo male nero a
portarsi via il marito e i due figli della giovane. Juliana ha subito da
sempre il fascino del divino: ma e' nella solitudine, nel vuoto che si e'
fatto intorno a lei, a delinearsi l'iter della chiamata. Chiamata per dove?
Verso l'isolamento di una cella che, nella realta', risulta assai affollata.
Riciclata nel nuovo nome, per via della chiesa di san Giuliano di Norwich
dove per la prima volta vide da vicino un vescovo, colei che all'anagrafe si
chiamava Katerine, studia, prega, riceve, trasforma la clausura in uno
stretto incontro interiore - mentre le forze piu' periferiche dell'anima
partecipano alla vita che si svolge intorno a lei. Per assistente ha
un'ex-prostituta; allaccia rapporti con la mistica Margery Kempe, una laica
madre di quattordici figli, pellegrina sulle strade d'Europa e ritenuta
eretica dalla Chiesa ufficiale, e con la spirituale e veemente Maggie
Baxter, della cui esistenza conosciamo pochi dettagli.
Sono tutte illetterate (come esse si dichiaravano) e tutte autrici di libri
di edificazione (di Juliana di Norwich si ricorda Il libro delle
rivelazioni). Donne irregolari, da iscriversi tra coloro che rappresentano
l'aspetto paradossale del cristianesimo, cristocentrico, tipico della
santita' tardomedievale. Alla cella di Juliana si presentano spesso anche la
madre, Maud (che aveva partecipato alla sua vita di sposa e l'aveva aiutata
a partorire), nonche' personaggi che hanno storicamente a che fare con le
vicende inglesi dell'epoca. La corruzione dei preti, il lollardismo e i
processi che ne nacquero, il disamore verso la Chiesa di Roma, i dubbi sulla
Trinita', la tragica storia di Thomas Becket (rivisitata in chiave ironica
dalla Baxter), queste cose e molte altre ancora vengono discusse alla grata
della cella di colei che, freudianamente, diremmo oggi, immagina Cristo come
Madre - perche' l'idea di maternita' nel suo essere, dare e avere allaga
l'intera vita di Juliana.
Striscia dal principio alla fine del libro quello che era uno dei dilemmi
laceranti del tempo: il conflitto fra anima e corpo, l'idea del peccato
della carne perfino nel matrimonio, l'assurdo desiderio della madre (Margery
Kempe) di tornare alla verginita'. Concetti che diedero vita a molti drammi
religiosi, i mysteries, i quali andarono a formare fra il '200 e il '300 un
prezioso catalogo della letteratura popolare dell'Inghilterra.

6. LIBRI. LILIANA RAMPELLO PRESENTA "VI PRESENTO SALLY" DI ELIZABETH VON
ARNIM
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it).
Liliana Rampello e' un'autorevolissima intellettuale femminista, saggista e
docente, insegna Estetica all'Universita' di Bologna; ha collaborato a molte
riviste, tra cui "Il Verri", "Rinascita", "Studi di estetica", "Critica
marxista", "Via Dogana"; nel sito della Libreria delle donne di Milano
(www.libreriadelledonne.it) cura la stanza "Paradiso", dedicata a libri e
recensioni; per la casa editrice Pratiche ha diretto la collana "Strumenti
per scrivere e comunicare", e' consulente del gruppo editoriale Il
Saggiatore. Opere di Liliana Rampello: La grande ricerca, Pratiche, Milano
1994; (a cura di, con Annarosa Buttarelli e Luisa Muraro), Duemilaeuna.
Donne che cambiano l'Italia, Pratiche, Milano 2000; (a cura di), Virginia
Woolf tra i suoi contemporanei, Alinea, Firenze 2002; Il canto del mondo
reale. Virginia Woolf. La vita nella scrittura, Il Saggiatore, Milano 2005.
"Elizabeth von Arnim (Mary Annette Beauchamp) nasce a Sydney, in Australia,
nel 1866, ma trascorre l'infanzia e la giovinezza in Inghilterra. Nel 1890
sposa il conte Henning August von Arnim-Schlagenthin, figlio adottivo di
Cosima Wagner, e si trasferisce con lui a Berlino e dopo qualche anno nella
loro proprieta' di Nassenheide in Pomerania. Quando, nel 1908, il conte von
Arnim e' costretto a vendere la tenuta per debiti, la famiglia si
trasferisce a Londra. Dopo la morte del marito Elizabeth e' in Svizzera,
dove ha una relazione con Herbert George Wells. Tornata in Inghilterra allo
scoppio della guerra, sposa Francis Russell, fratello di Bertrand Russell,
ma il matrimonio fallisce dopo appena un anno. Conduce da allora vita
errabonda, tra Stati Uniti, Svizzera, Inghilterra e Francia. Muore nel 1941
negli Stati Uniti, dove si era trasferita allo scoppio della seconda guerra
mondiale. Cugina di Katherine Mansfield, amica di Edward Morgan Forster e di
Hugh Walpole, e' descritta da Wells come 'la donna piu' intelligente della
sua epoca'" (da una notzia biografica nel sito della casa editrice Bollati
Boringhieri). Opere di Elizabeth von Arnim: Amore; Cristoforo e Colombo;
Elizabeth a Ruegen; I cani della mia vita; Il giardino di Elizabeth; La
memorabile vacanza del barone Otto; La moglie del pastore; Mr Skeffington;
Un incantevole aprile; Un'estate da sola; Vera; Vi presento Sally; tutte
presso Bollati Boringhieri, Torino]

Elizabeth von Arnim, Vi presento Sally, Bollati Boringhieri, Torino 2008.
Libro di straordinaria ironia, temevo che l'autrice non riuscisse a reggere
fino alla fine il tono spassoso della sua stessa invenzione e invece vince
con magnifica leggerezza la scommessa.
Sally e' una giovinetta di inusuale bellezza, chiunque la vede resta a bocca
aperta e definitivamente rapito da lei, ma ha il difetto di una mente
semplice, cosi' semplice da sfiorare l'idiozia e i suoi pensieri non possono
esprimere altro che questo limite. Che fare di una donna cosi'? Prima i
genitori, poi il padre rimasto vedovo, poi il marito che la sposa appena la
vede, in due settimane, hanno un unico sogno e incubo: tenerla nascosta, per
gelosia e insieme vergogna.
Attorno a lei, che appare sempre come una visione di ineffabile beatitudine,
scoppiettano cosi' mille piccole avventure che la vedono inerme di fronte
alla volonta' altrui, inesperta e disponibile, buona d'animo ma anche
cocciuta, devota agli insegnamenti della Bibbia e stralunata di fronte al
desiderio maschile che si accende in sua presenza, sostanzialmente
scocciandola. Come si fa a convivere e insieme nascondere una pietra che
brilla di una luce cosi' rara?
La von Arnim la mette nel cuore di un racconto esilarante e nei nostri
cuori, perche' alla fine la piu' semplice, la piu' "idiota" dei possibili
protagonisti, la facile preda di tutti gli altri personaggi, disegnati con
altrettanta abilita', avra' la meglio, avra' la vita cosi' come puo' e sa
immaginarla, a scapito di un mondo, con le sue diverse classi sociali, che
al solo guardarla va del tutto sottosopra e perde la bussola.
Ma intanto, in sua compagnia noi passiamo ore divertentissime.

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 194 del 17 luglio 2008

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