Nonviolenza. Femminile plurale. 183



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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 183 del 15 maggio 2008

In questo numero:
1. Ann Wright: Proteste contro le basi militari Usa
2. Alessandro Portelli presenta "Regina di fiori e di perle" di Gabriella
Ghermandi
3. Nadia Fusini: Nel mito di Iside

1. MONDO. ANN WRIGHT: PROTESTE CONTRO LE BASI MILITARI USA
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente intervento
dell'11 maggio 2008 di Ann Wright.
Ann Wright ha servito per 29 anni nell'esercito statunitense ed e' andata in
pensione con il grado di colonnello; ha anche fatto parte per 16 anni del
corpo diplomatico Usa, da cui ha dato le dimissioni nel maggio 2003 per
protesta contro la guerra in Iraq; e' coautrice di Dissenso: voci della
coscienza, una raccolta di profili e interventi di funzionari governativi
americani che hanno parlato ed agito contro le politiche
dell'amministrazione Bush]

La presenza dell'esercito statunitense, 63 anni dopo la seconda guerra
mondiale, e' una grande fonte di rabbia per i cittadini del Giappone, della
Corea, della Germania e dell'Italia. Sull'isola giapponese di Hokkaido, nel
nord, l'esercito americano usa un raggio d'azione per l'artiglieria noto
come "Yausubetsu". E' un raggio breve, se confrontato con quelli vigenti
negli Usa ed in Germania (30 chilometri per dieci) ma la l'irritazione dei
contadini giapponesi a cui la terra e' stata tolta a causa del raggio
d'azione, e di quelli che vivono nella sua prossimita', e' alta. Le
pacifiche rotonde colline e le valli dell'area sono la sede dell'industria
casearia di Hokkaido. I giapponesi hanno usato il disegno a fumetti di una
mucca da latte con i guantoni da boxe, quale simbolo della protesta contro
l'imposizione del raggio d'azione da parte dell'esercito statunitense.
Il governo giapponese fece pressione sui contadini dell'area affinche'
vendessero i loro campi quando il raggio d'azione per l'artiglieria fu
stabilito nel 1962. Tutte le famiglie, tranne tre, vendettero. Il signor
Kawase si rifiuto' sia di vendere sia di spostarsi, ed invece ha costruito
tre edifici che vengono regolarmente utilizzati dagli attivisti che
protestano, ogni anno, contro le esercitazioni dell'artiglieria. Il sigor
Kawase, un ottantaduenne assai vivace, ha costruito una grande tenda sulla
sua proprieta' dove cento dimostranti possono dormire su materassi,
realizzare cartelli e striscioni e ascoltare conferenzieri. Nella cucina,
gli attivisti cucinano pasti con gli ortaggi della campagna di Hokkaido e
servono latte fresco e formaggi che gli vengono regalati dai furibondi
produttori della zona. Sul tetto, a beneficio dell'aeronautica militare che
passa spesso a dare un'occhiata, il signor Kawase ha dipinto in enormi
caratteri giapponesi il testo dell'art. 9 della Costituzione del paese:
"Aspirando sinceramente alla pace internazionale, basata su giustizia ed
ordine, il popolo giapponese rinuncia per sempre alla guerra quale diritto
sovrano della nazione, e rinuncia alla minaccia ed all'uso della forza quali
mezzi per comporre le controversie internazionali. Per poter adempiere al
paragrafo precedente, forze militari di terra, mare ed aria, cosi' come gli
altri potenziali di guerra, non verranno mantenute. Il diritto alla
belligeranza dello stato non sara' riconosciuto".
E' un'affermazione grande, sia moralmente che materialmente. Il signor
Kawase ne ha faticosamente dipinto da solo ogni carattere, sul tetto. La
maggioranza dei cittadini giapponesi approva lo spirito dell'articolo 9, ma
alcuni credono che il Giappone dovrebbe impiegare forze di "autodifesa"
negli sforzi collettivi internazionali, sul tipo dell'autorizzazione del
Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ad un'operazione militare
internazionale per rimuovere Saddam Hussein dal Kuwait.
Nel 2007, il primo ministro giapponese Shinzo Abe, nel ricordare il LX
anniversario della Costituzione ne ha chiesto una revisione, al fine di
permettere al Giappone di giocare un ruolo maggiore nella "sicurezza
globale", e si e' appellato ai giapponesi affinche' considerassero questa
cosa un mezzo per ravvivare l'orgoglio nazionale.
L'articolo 9 della Costituzione giapponese e' sotto attacco da parte
dell'amministrazione Bush, che vuole dal Giappone piu' sostegno militare per
le guerre in Iraq ed Afghanistan, e piu' in generale per la "guerra al
terrorismo". Silurando l'art. 9, il governo giapponese si e' sdraiato come
un tappeto davanti alla forza dell'amministrazione Bush, ed ha inviato una
nave da rifornimento nell'Oceano Indiano per fornire carburante alle navi da
guerra Usa, e piu' di recente aviotrasportando truppe in Iraq. Queste azioni
hanno oltraggiato milioni di giapponesi, i quali non vogliono che il loro
paese sia coinvolto nelle guerre di altre nazioni. Sono stati coinvolti i
tribunali giapponesi, poiche' i cittadini hanno intentato azioni legali
contro il loro governo per "aver infranto il loro diritto di vivere
pacificamente". L'ultima causa di questo tipo e' stata portata avanti da
millecento cittadini giapponesi contro la missione aerea di cui sopra,
asserendo che essa era incostituzionale. La Corte suprema di Nagoya ha
emesso il verdetto il 17 aprile 2008, riconoscendo che la missione violava
in parte l'articolo 9, ma ha permesso la sua continuazione.
La gente di Kushiro, nell'isola di Hokkaido, ricorda bene la
militarizzazione del proprio paese durante la seconda guerra mondiale.
L'ottantaduenne Shingichi Miyake, ora presidente dell'Associazione per la
pace di Kushiro, rammenta il ruolo che la citta' svolse in quel periodo. Il
carico aereo degli aeroplani che bombardarono Pearl Harbor il 7 dicembre
1941 parti' dal porto di Kushiro. Kushiro fu anche porto d'ancoraggio per la
"guerra da un migliaio di miglia", una brutale campagna del 1942-'43 per il
controllo delle isole da Attu a Dutch Harbor. Kushiro, la piu' grande delle
citta' che nel nord del Giappone erano piu' vicine alle isole statunitensi,
fu protetta dall'invasione Usa da centinaia di navi militari.
Paradossalmente, nonostante l'eredita' della militarizzazione dell'isola di
Hokkaido e della citta' di Kushiro, le zone umide attorno a quest'ultima
sono la casa delle gru giapponesi, un simbolo di pace per il Giappone e per
il mondo intero. Le gru rappresentano lo spirito dell'articolo 9, la
denuncia della guerra da parte del popolo giapponese ed il suo desiderio di
vivere in pace. I cittadini di Hokkaido si uniscono ad altri cittadini che
in altri luoghi del pianeta protestano contro la presenza e la continua
espansione delle basi militari statunitensi.
I cittadini di Vicenza, in Italia, da due anni contestano l'espansione della
base Usa nella sola zona verde che rimane alla citta'. La "centrale" della
protesta a Vicenza e' una tenda eretta al termine di una pista d'atterraggio
abbandonata che dovrebbe diventare la sede allargata per l'esercito
americano. Come in Hokkaido, a Vicenza i cittadini usano una tenda come
simbolo visibile di protesta ed obiezione alla presenza dell'esercito Usa a
60 anni dal termine della seconda guerra mondiale.
L'esercito dice che le basi all'estero sono critiche per la "proiezione" del
potere statunitense, un ammonimento a tutti che gli Usa possono essere
davanti alle loro porte nel giro di poche ore o pochi minuti. Noi, come
cittadini statunitensi, dobbiamo decidere se vogliamo che sia l'esercito ad
essere "proiettato", degli aspetti del nostro paese, e se cio' e' nel
miglior interesse della nostra sicurezza nazionale.

2. LIBRI. ALESSANDRO PORTELLI PRESENTA "REGINA DI FIORI E DI PERLE" DI
GABRIELLA GHERMANDI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 maggio 2008 col titolo "Etiopia, la
storia cancellata" e il sommario "Gli orrori del nostro colonialismo e dei
nostri crimini di guerra, ma anche la poesia e la bellezza di un mondo che
abbiamo invaso. Va in scena il 6 maggio Regina di fiori e di perle, lo
spettacolo scritto e interpretato da Gabriella Ghermandi".
Alessandro Portelli, studioso della cultura americana e della cultura
popolare, docente universitario, saggista, storico, militante della sinistra
critica, per la pace e i diritti. Dal sito alessandroportelli.blogspot.com
riprendiamo la seguente scheda autobiografica: "Sono nato a Roma nel 1942.
Di mestiere, insegno letteratura americana alla Facolta' di scienze
umanistiche dell'Universita' 'La Sapienza' di Roma. Ho svolto l'incarico di
consigliere delegato del sindaco di Roma per la tutela e la valorizzazione
delle memorie storiche della citta'; ho fondato e presiedo il Circolo Gianni
Bosio per la conoscenza critica e la presenza alternativa delle culture
popolari; faccio parte del consiglio direttivo dell'Irsifar (Istituto Romano
per la Storia d'Italia dal Fascismo alla Resistenza) e ho la tessera
dell'Anpi. Collaboro al 'Manifesto' fin dal 1972, e ho scritto spesso anche
su 'Liberazione' e 'l'Unita''. Ho studiato, insegnato e diffuso la cultura
dell'America a cui vogliamo bene - quella di Woody Guthrie, Pete Seeger, Bob
Dylan, Bruce Springsteen, di Malcolm X, Martin Luther King, Cindy Sheehan,
Mark Twain, Don DeLillo, Spike Lee, Woody Allen. Ho raccolto le canzoni
popolari e politiche e la memoria storica orale di Roma e del Lazio,
collaborando con il Canzoniere del Lazio, Giovanna Marini, Sara Modigliani,
Piero Brega, Ascanio Celestini. Ho conosciuto i partigiani e le partigiane
di Roma e i familiari degli uccisi delle Fosse Ardeatine, e dai loro
racconti ho messo insieme la loro storia. Ho ascoltato i racconti delle
borgate e dei quartieri popolari, dalle occupazioni delle case degli anni
'70 alla storia orale di Centocelle. Ho cercato di non limitarmi a studiare
e a scrivere, ma anche di organizzare cultura: mettere in piedi strutture
(dal Circolo Bosio alla Casa della Memoria); fondare e far vivere riviste;
condividere con gli altri, attraverso dischi e libri, quello che ho
imparato; coinvolgere persone piu' giovani e aprirgli spazi; organizzare
eventi, concerti, incontri. Ho accompagnato gli studenti romani ad
Auschwitz, ho girato decine di scuole per parlare della memoria, della
democrazia, dell'antifascismo. E ho voglia di continuare a farlo. Le mie
passioni sono l'uguaglianza, la liberta', l'insegnamento, la musica
popolare, la memoria, ascoltare i racconti delle persone, i libri e i film,
e il rock and roll". Tra le opere di Alessandro Portelli: Il re nascosto.
Saggio su Washington Irving, Bulzoni, Roma 1979; Taccuini americani,
Manifestolibri, Roma 1991, 2000; Il testo e la voce, Manifestolibri, Roma
1992; La linea del colore, Manifestolibri, Roma 1994; L'aeroplano e le
stelle, Manifestolibri, Roma 1995; Biografia di una citta', Einaudi, Torino
1997; (con Cesare Bermani e Silverio Corvisieri), Guerra civile e Stato,
Odradek, Roma 1998; L'ordine e' gia' stato eseguito, Donzelli, Roma 1999;
America, dopo, Donzelli, Roma 2003; Canzone politica e cultura popolare in
America, DeriveApprodi, 2004; Canoni americani, Donzelli, Roma 2004; Storie
orali, Donzelli, Roma 2008.
Su Gabriella Ghermandi dal sito www.gabriella-ghermandi.it riprendiamo la
seguente scheda: "Gabriella Ghermandi, italo-etiope-eritrea, e' nata ad
Addis Abeba nel 1965, e si e' trasferita in Italia nel 1979. Da parecchi
anni vive a Bologna, citta' originaria del padre. Nel 1999 ha vinto il primo
premio del concorso per scrittori migranti dell'associazione Eks&Tra,
promosso da Fara Editore, e nel 2001 il terzo premio. Ha pubblicato racconti
in varie collane e riviste, tra cui Nuovo planetario Italiano. Mappa della
nuova geografia di scrittori migranti in Italia e in Europa a cura di
Armando Gnisci, ed. Citta' Aperta, L'Italiano degli altri: 16 storie di
normale immigrazione per Einaudi scuola, Quaderni del Novecento: La
letteratura postcoloniale italiana, Istituti editoriali e poligrafici
internazionali, Il lettore di provincia n. 123-124 - volume monografico
intitolato "Spaesamenti padani" a cura di Clarissa Clo', Longo Editore.
Seguendo l'arte della metafora tipica della tradizione culturale etiope,
scrive e interpreta spettacoli di narrazione che porta in giro sia in Italia
che in Svizzera. Conduce laboratori di scrittura creativa nelle scuole, in
Italia e Svizzera, sulla ricerca della identita' "unica" di ciascun
individuo - da contrapporre alle "identita' collettive" - come percorso di
pace. E' stata per due anni direttrice artistica del Festival Evocamondi,
festival di narrazione e musiche dal mondo, organizzato dalla rivista "El
Ghibli", a Bentivoglio, in provincia di Bologna. Ha creato per il festival
"Le strade dell'esodo - II edizione" la performance di lettura, musica e
narrazione Terre rosse dei sentieri d'Africa, e per "Le strade dell'esodo -
III edizione" la performance di lettura Mille sono le vie del ritorno. Si e'
occupata della raccolta di interviste a migranti nella Comunita' Montana Val
Samoggia in provincia di Bologna, per il progetto Migranti, storia e storie
di un millennio di mobilita' nelle valli del Samoggia e del Lavino. Ha
partecipato come consulente tecnica in vari progetti tra i quali "Ti conosco
perche' ti ho letto", percorso di lettura di autori migranti in quaranta
classi nelle scuole della valle dell'Idice (provincia di Bologna) e
"all'incrocio dei sentieri" incontri con scrittori migranti nelle
biblioteche della provincia di Bologna. E' fondatrice, assieme ad altri
scrittori, della rivista online "El Ghibli" e fa parte del comitato
editoriale. Ha partecipato come relatrice a vari convegni tra cui quello
dell'Aais (American association for italian studies), nella sezione
"spaesamenti padani" condotta dalla professoressa Clarissa Clo' nel 2006, e
nel 2007 assieme a Edvige Giunta sul tema della multidentita' e scrittura.
Quest'anno, dal 16 aprile al 6 maggio, e' stata in tour negli Stati Uniti a
portare i suoi spettacoli di narrazione nelle facolta' del Wisconsin, San
Diego, Los Angles e Colorado Springs. Nell'aprile 2007 e' uscito il suo
primo romanzo Regina di fiori e di perle per Donzelli editore"]

Regina di fiori e di perle e' un romanzo di Gabriella Ghermandi (Donzelli,
2007), e una performance scenica e musicale che la stessa Ghermandi
presenta, con la partecipazione speciale di Stefano Benni e le musiche dal
vivo di Gabin Dabire', al teatro comunale di San Giovanni in Persiceto
(Bologna), il 6 maggio alle 21. E tutti e due, il testo e la performance,
sono imperdibili.
C'e' un momento emozionante nelle performance di Gabriella Ghermandi:
quando, arrivata a un punto cruciale nel racconto della sua storia, i suoi
abiti occidentali vengono coperti e nascosti dalle fluide vesti della sua
storia africana, e il suo corpo scenico si trasforma, si fa piu' solenne e
profondo, e ancora piu' intensamente femminile. Gabriella Ghermandi vive a
Bologna da quando aveva quattordici anni; sua madre e' etiope, suo padre
italiano; parla con la stessa naturalezza eloquente l'amarico e l'italiano,
il bolognese e il tigrino. Ha detto: "Per i bianchi non ero bianca, per i
neri non ero nera".
In realta' e' tutte e due le cose, ma prigioniera di nessuna. Fra origini,
continenti, lingue, si muove con la leggerezza tagliente e gentile di chi
strania sempre il punto di vista eppure include in se' l'oggetto guardato.
Regina di fiori e di perle, in forma di romanzo, copre un arco di tempo che
va dall'invasione italiana dell'Etiopia nel 1935 fino al 2000. Racconta la
formazione di una giovane donna, la vita quotidiana e familiare in un
villaggio e poi nella capitale d'Etiopia, l'invasione italiana e la da noi
sconosciuta resistenza etiopica, le difficolta' dell'incontro fra persone
diverse, la dittatura "marxista" di Menghistu, la migrazione in un'Italia
soffocante, il ritorno in Etiopia - storie drammatiche, fatti pesanti. Ma
non perde mai di vista la meraviglia e la bellezza, le perle e i fiori,
appunto.
Noi italiani che dai libri di storia sistematicamente cancelliamo la memoria
degli orrori del nostro colonialismo e dei nostri crimini di guerra (altro
che retorica della Resistenza!) abbiamo molto da imparare da questo libro e
dai racconti di Gabriella Ghermandi. Qui non manca niente di quello che
dovremo sapere. Senza pesantezze didascaliche, spesso collocandole ai
margini della storia ma ben visibili, il libro ricorda l'invasione italiana,
la resistenza e la controffensiva etiopica; l'orrenda rappresaglia italiana
di Debra' Libanos vista dalla prospettiva domestica di due giovani donne che
lavorano per un ufficiale italiano; i gas usati dal nostro esercito,
attraverso gli incubi di Yacob, il primo dei grandi narratori di questo
libro; le leggi razziali che vietano i matrimoni misti (preludio alle leggi
antiebraiche del 1938) e rovinano un amore.
Una scena illuminante e' quella in cui Yacob, che ha combattuto nella
resistenza, incontra Daniel, il soldato italiano che ama sua sorella Amarech
che da lui aspetta un figlio. Daniel cerca di salutarlo con i gesti di
riverenza che ha visto fare alla gente del posto - il busto inclinato, la
mano porta in avanti con la palma in alto. E Yacob gli risponde con
un'intenzionale parodia del gesto europeo della stretta di mano. In questa
fallita e squilibrata imitazione reciproca sta sia il fallimento, sia la
necessita' dell'incontro.
Infatti Regina di fiori e di perle non e' un romanzo di protesta e di
denuncia, se non nella misura in cui svelarci la bellezza, la poesia, la
profondita' di un mondo che abbiamo invaso, violato e disprezzato puo'
aiutarci a ragionare su chi siamo, chi siamo stati - e rischiamo di
ridiventare. Ma Gabriella Ghermandi non ci chiede di pentirci o di
vergognarci; ci offre piuttosto di condividere il sapere e l'incanto.
Nel libro, l'incanto sta nello sguardo della narratrice e protagonista, una
bambina affascinata dai racconti degli anziani. Come Quentin Compson in
Absalom, Absalom! di William Faulkner, Mahlet riceve i racconti di tutta la
sua comunita', ne diventa la destinataria senza sapere bene perche' - forse
perche' sa ascoltare senza interferire, forse perche' nella sua sete di
storie gli anziani leggono la possibilita' di affidarle la missione di
raccontare a sua volta. Narrataria e narratrice, ricettiva ed espansiva,
Mahlet sta al centro di un libro che e' un tessuto di racconti e di
ascolti - un quilt, mi verrebbe da dire, dove la forma di una cultura e di
una vita appare gradualmente a mano a mano che i fili si intrecciano e che
noi impariamo a guardare.
I racconti, naturalmente, sono all'origine orali - non perche' la cultura
amarica non possegga un'elaborata tradizione di scrittura, ma perche'
l'oralita' e' lo strumento principale della comunicazione familiare
quotidiana. Tuttavia, la scrittura di Gabriella Ghermandi non cerca tanto di
riprodurre il suono della voce (e comunque, la lingua e' un'altra), quanto
di farci sempre ricordare che la narrazione orale e' sempre dialogica,
presuppone sempre un rapporto. Nessuno racconta se non c'e' qualcuno che sta
a sentire, sia pure in silenzio; nell'oralita' l'orecchio e' necessario
quanto la bocca. Mahlet nasce come avida ascoltatrice e, attraverso i
racconti che riceve, assistiamo alla genesi di Mahlet come raccontatrice a
sua volta.
Ha detto una volta Ascanio Celestini: io posso raccontare perche' ho
ascoltato chi ha ascoltato i racconti. Anche Gabriella Ghermandi, che ha
ascoltato e reimmaginato queste storie, torna a raccontarcele non solo in
forma di libro ma anche con la sua stessa voce. Io l'ho incontrata per la
prima volta in una rassegna di "voci afroitaliane" che avevamo organizzato a
Roma, e rimasi incantato dalla capacita' che aveva di evocare luoghi e
persone lontani con il solo potere della parola (e con un godibilissimo
senso dell'umorismo e della commedia). Poi l'ho ritrovata in una notte
romana, proprio insieme ad Ascanio Celestini: lui leggeva le pagine di
Regina di fiori e di perle, e Gabriella Ghermandi le avvolgeva in altri
racconti in prima persona. Piu' indietro, sul palco, un'altra delle presenza
africane in Italia piu' affascinanti: Gabin Dabire', musicista e cantastorie
burkinabe' padrone di molti strumenti che dialogano intrecciandosi con una
voce flessibile e concreta. Non era difficile, anche se non capivamo le
parole, e anche se il Burkina Faso e l'Etiopia non sono la stessa cosa,
rendersi conto che le storie cantate da Gabin, quelle raccontate da
Gabriella e quelle lette da Ascanio facevano tutte parte di uno stesso
intreccio, di uno stesso dialogo. Poi, Gabriella Ghermandi, in piedi avvolta
nei suoi abiti africani, ha cantato in amarico le canzoni della sua infanzia
e della sua adolescenza, e, come la voce si e' fatta romanzo, il romanzo si
e' fatto musica.
Pero': non chiudiamo tutto questo raccontare in scrittura, in voce, in
musica, dentro l'etichetta dell'esotismo postcolonialista o della sola
letteratura migrante. Sarebbe un modo non solo per relegarla in uno stato di
seconda classe, ma soprattutto per allontanarla dalle correnti riconosciute
della nostra cultura. E invece questi libri e questi racconti sono noi,
l'Italia non ha senso se non li sentiamo nostri. La cosa piu' eccitante di
questi tempi, e la cosa di cui hanno piu' paura i giovani alemanniani e
bossiani di tutta Italia, e' che l'idea stessa di che cosa significa essere
italiani ci sta cambiando fa le mani. Il libro di Gabriella Ghermandi, come
quelli di Cristina Ali Farah, Igiaba Scego, Ingy Mubiayi ci fanno capire che
cosa diventa e che cosa e' stata l'Italia, e per questo, non solo perche'
scrivono in italiano, sono letteratura italiana contemporanea a pieno
titolo. Non un altro con cui confrontarci, ma un noi in cui ci specchiamo.
L'Italia e' fatta delle cose di cui ci raccontano: della nostra storia
coloniale, delle migrazioni, delle discriminazioni, degli incontri, di che
cosa vuol dire essere donne ed essere giovani in questo affaticato paese,
dei mescolamenti di lingue e di voci.
Per questo e' bello che insieme con Gabriella Ghermandi e con Gabin Dabire',
a San Giovanni in Persiceto, ci sia Stefano Benni, come a Roma e' stato
Ascanio Celestini. Come lei, sono tutti e due straordinari ascoltatori che
hanno imparato a farsi straordinari narratori, in scrittura, a voce, in
scena, in poesia. Benni e Celestini, insieme con Gabriella Ghermandi e Gabin
Dabire', ci insegnano che l'oralita', la voce, l'ascolto, la musicalita' non
sono tratti atavici di esotiche culture lontane. Sono essenza del nostro
quotidiano, una scelta di cultura, di conoscenza, una fonte di piacere a
portata di mano, e, in ultima analisi e in tempi lunghi, anche una scelta
politica.
*
Postilla. Linguaggio orale scritto e cantato
Gabriella Ghermandi, scrittrice e narratrice italo-etiope, e' nata ad Addis
Abeba nel 1965, e si e' trasferita in Italia nel 1979. Da parecchi anni vive
a Bologna, citta' originaria del padre.
Il suo primo romanzo e' Regina di fiori e di perle (Donzelli), da cui ha
tratto lo spettacolo da lei stessa interpretato, con musiche del musicista
burkinabe' Gabin Dabire' e la speciale partecipazione di Stefano Benni.
L'evento, gratuito, andra' in scena martedi' 6, ore 21, al teatro comunale
di S. Giovanni in Persiceto (Bo), Corso Italia 72 (tel 051825022).

3. LIBRI. NADIA FUSINI: NEL MITO DI ISIDE
[Dal quotidiano "La Repubblica" del 23 luglio 2003 col titolo e il sommario
"Nel mito di Iside e della trasgressione. Perche' la divinita' femminile si
impose su tutte le altre. Ecco la dea che sarebbe piaciuta a Hollywood.
Nell'enfasi regale sposo' il fratello Osiride. Il ritratto che ne fece
Apuleio nelle Metamorfosi. Un libro dedicato alla religione dei misteri la
racconta nelle diverse epoche. Dal mondo egizio all'antica Grecia, ai romani
per giungere fino al '900 di Musil- Una figura femminile tragica e moderna
le cui gesta ci affascinano".
Nadia Fusini, nata ad Orbetello nel 1946, acuta intellettuale, fine
saggista, narratrice, traduttrice e curatrice di edizioni di classici,
docente universitaria (laureata in lettere e filosofia all'Universita' La
Sapienza di Roma nel luglio 1972 con Agostino Lombardo e Giorgio Melchiori
con una tesi sul tema dell'iniziazione nella letteratura del Novecento; dopo
un periodo di studi nel campo della letteratura americana negli Stati Uniti
presso le universita' di Ann Arbor e di Harvard, ha studiato Shakespeare e
il teatro elisabettiano presso lo Shakespeare Institute di Birmingham, in
Gran Bretagna; e' stata nel 1978-'82 professore incaricato di lingua e
letteratura inglese all'Universita' di Bari e dal 1982 ha la cattedra di
lingua e letteratura inglese all'Universita' La Sapienza di Roma; dal
2000-2001 insegna, oltre letteratura inglese, critica shakespeariana), e'
impegnata nelle esperienze del movimento delle donne. Opere di Nadia Fusini:
segnaliamo particolarmente (a cura di, con Mariella Gramaglia), La poesia
femminista, Savelli, Roma 1974; La passione dell'origine. Studi sul tragico
shakespeariano e il romanzesco moderno, Dedalo, Bari 1981; Pensieri di pace
e di guerra, Centro Virginia Woolf, Roma 1984; Nomi. Dieci scritture
femminili, Feltrinelli, Milano 1986, nuova edizione Donzelli, Roma 1996;
Due. La passione del legame di Kafka, Feltrinelli, Milano 1988; La luminosa.
Genealogia di Fedra, Feltrinelli, Milano 1990; B e B. Beckett e Bacon,
Garzanti, Milano 1994; La bocca piu' di tutto mi piaceva, Donzelli, Roma
1996; Due volte la stessa carezza, Bompiani, Milano 1997; Uomini e donne.
Una fratellanza inquieta, Donzelli, Roma 1996; Il figlio negato, Mondadori,
Milano; L'amor vile, Mondadori, Milano 1999; Lo specchio di Elisabetta,
Mondadori, Milano 2001; I volti dell'amore, Mondadori, Milano 2003; La bocca
piu' di tutto mi piaceva, Mondadori, Milano 2004; Possiedo la mia anima. Il
segreto di Virginia Woolf, Mondadori, Milano 2006. Ha curato traduzioni e
edizioni, tra gli altri, di testi di Mary Shelley, Keats, Ford, Shakespeare,
Wallace, Virginia Woolf (di cui ha curato l'edizione delle opere nei
Meridiani Mondadori)]

Il mondo del mito e' per me un mondo materno, antico e confuso. Ha il tono
leggendario della parola materna; in senso letterale, intendo. Mia madre
racconta cosi' del suo passato, in modo leggendario; vertigini del tempo si
aprono nelle sue storie che mi lasciano come di fronte al mistero
ammutolita. Se rimango stordita e' perche' non capisco se e' proprio vero
quello che racconta e tra le varie versioni dello stesso episodio non so mai
a quale credere, se a quella che vuole che la bisnonna materna fosse fuggita
dalle montagne tra Sansepolcro e Arezzo con un artista del circo, o se
invece era la sorella della bisnonna e l'amante non era un acrobata, no, era
il padrone del circo... E la nonna paterna, o la bisnonna, lei era russa, ma
com'era finita in Maremma? Migrazioni di popoli? O di simboli? Pure
fantasie? E perche' proprio quelle? Di una cosa pero' sono certa riguardo a
mia madre: c'e' un contenuto di verita' nei suoi racconti, e se non coincide
con il loro contenuto di realta', questo fatto li rende semmai piu'
intriganti.
Non accade la stessa cosa coi personaggi del mito? Il racconto mitico non e'
in effetti ne' meno ombroso, ne' meno confuso. Prendete ad esempio la figura
di Iside, le sue storie, o leggende: secondo alcuni Iside e' figlia di
Ermes, secondo altri e' figlia di Prometeo. C'e' chi la identifica con
Cerere. Altri ancora sostengono che Osiride e Iside sono figli di Zeus e
Era, dei che appartengono a una specie di seconda repubblica, posteriore a
quel rimodernamento del cielo che fu opera di Crono. In certe tradizioni,
per la molteplicita' dei suoi poteri, Iside e' chiamata myrionima, e tra i
molti nomi il primo e' quello di Demetra. Ma e' anche chiamata
Core-Persefone-Proserpina. In uno dei quattro inni incisi sui pilastri ai
lati dell'ingresso del santuario di Iside a Madinet Madi nel Faiyum la si
definisce "inventrice di ogni vita". O "Iside salvatrice". In molte leggende
la si paragona a Io. Tra gli animali la vacca le e' sacra, e quindi
intoccabile e percio' esclusa dal sacrificio. Alla dea si offrono piuttosto
buoi. O tori e cervi. Ama la pecora, e percio' non si veste di lana: l'Iside
di Nemi possedeva una vera e propria parure in puro lino: tunica e mantello,
stola; la cintura era d'oro...
Il mistero di Iside lo racconta in modo mirabile il secondo volume sulle
Religioni dei Misteri che la Fondazione Valla ha mandato alle stampe a cura
di Paolo Scarpi (pp. XLVII-616, euro 27). Nel primo (recensito su queste
pagine da Salvatore Settis) la raccolta di testi, amplissima, e unica al
mondo, delle religioni dei misteri riguardava Eleusi, il dionisismo,
l'orfismo. In questo volume Paolo Scarpi, con la collaborazione di Benedetta
Rossignoli, raccoglie quanto c'e' di conosciuto sui misteri di Samotracia e
di Andania e sui misteri di epoca ellenistica e romana: Iside, Cibele e
Attis, e il mitraismo.
Ci muoviamo prima per mare, in quello che si chiama oggi Mar di Tracia,
approdando in un'isola, al di la' della quale per i Greci cominciava la
barbarie. E' un'isola straniera, con un'oscura lingua rituale, e dei oscuri,
che Erodoto chiamava Cabiri, che significherebbe "grandi"; il culto dei
quali dei prevedeva la forma dell'iniziazione e della contemplazione, come a
Eleusi.
Poi ci ritroviamo in una piccola citta' della Messenia, nel cuore del
Peloponneso, ad Andania. Con Iside dall'Egitto ci apriamo all'immenso mondo
imperiale romano, perche' i misteri di Iside ebbero una spettacolare
fortuna, trasportando l'icona della dea a una fama hollywoodiana.
E' in questa sezione dedicata a Iside (curata in modo impeccabile da
Benedetta Rossignoli) che mi sono attardata condotta con mano ferma
dall'eccellente studiosa. E cosi' ho appreso che in origine, all'epoca dei
faraoni, i rituali che vedevano come protagonisti Iside e Osiride erano
legati al processo di successione dinastica. Si accompagnava cosi' il
trapasso nell'Aldila' del faraone e insieme si celebrava l'insediamento del
nuovo signore d'Egitto. In origine, al centro del mito e del rito c'era il
mistero del potere, e della vita e della morte e della sopravvivenza del
potente. In altri termini, affinche' con il terremoto della morte non
vacillassero le fondamenta stesse della vita si immagino' una storia che
vedeva in Iside la sorella - prima che la sposa di Osiride - la quale Iside
sposando Osiride lo elevava al trono. Osiride, pero', veniva ucciso dal
fratello, che a sua volta veniva ucciso dal figlio di Iside e Osiride...
L'enfasi sulla consanguineita' era centrale nella teologia regale; si
risolveva cosi', con il genos, il problema del passaggio; passaggio di
potere, passaggio dalla vita alla morte.
Fu Tolomeo I a rivitalizzare il culto della divina coppia fraterna
Iside-Osiride, al fine di ristabilire un nesso di continuita' ideale tra le
pratiche cultuali della tradizione faraonica e la politica dinastica dei
Tolomei: il matrimonio tra Tolomeo II e la sorella Arsinoe, celebrato da
Teocrito nell'Idillio 17, ne e' esempio. Negli atteggiamenti esteriori e
nell'esercizio del potere, Arsinoe anticipa le regine Cleopatra II e III,
fino all'ultima discendente dei Lagidi, Cleopatra VII; rispetto a loro i
detentori del potere di sesso maschile sono pallide controfigure. Cleopatra
VII (tanto per intenderci, quella shakespeariana) vantera' la memoria di una
discendenza diretta dalla prima sovrana d'Egitto, vale a dire Iside.
L'elemento fondamentale del rito di passaggio non sparisce nelle
trasformazioni posteriori; rimane anzi fortemente impresso nelle successive
riprese del mito, mentre lo sviluppo del corpus dottrinario religioso che si
compie in eta' ellenistica e' frutto del rimodellamento che trova la sua
espressione piu' completa nell'esperienza narrata da Apuleio nell'undicesimo
libro delle Metamorfosi.
Per Apuleio Iside Regina e' soprattutto madre, soccorritrice; con tale
titolo la invocano gli iniziati ai suoi misteri. E per tali accenti col
tempo la pratica cultuale dedicata alla dea subira' una evoluzione in senso
cristiano: il suo ruolo di madre in eta' tardo-antica e' avvertito come
anticipazione delle prerogative fondamentali della figura mariana. Frequente
in eta' ellenistico-romana sara' la raffigurazione della dea in trono che
allatta Oro e proprio questo tipo iconografico produrra' una forma di
sincretismo cultuale tra Iside e Maria.
E', ripeto, in Apuleio - nel piu' bel romanzo dell'antichita' che porta la
sua firma: le Metamorfosi o L'asino d'oro - che si documenta appieno la
tendenza universalistica che il culto isaico ha ormai assunto, a
testimonianza del processo di assimilazione e sovrapposizione intercorso tra
Iside e le diverse figure femminili del mondo mediterraneo. Iside e' la dea
panthea, assimilata e sovrapposta per identita' di funzioni e per sfere di
competenza ad altre divinita' femminili variamente distribuite nel panorama
geografico antico dalla Grande Madre frigia di Pessinunte a Ecate, passando
per Persefone e Demetra. Nello stesso tempo rimane numen unicum, superiore
alle altre dee.
Il vero nome di questa grande divinita' e' Iside regina, e con tale nome
Lucio prega l'essenza divina della realta' tutta al termine della sua
metamorfosi; si', proprio lei, la sorella e sposa del re Osiride, sulla
quale in origine si fondava il principio della regalita' egiziana, ora e'
soprattutto madre. Madre della realta': "Io degli dei e delle dee
rappresento l'aspetto uniforme e col mio cenno governo i culmini radiosi del
cielo, i salubri venti del mare, i silenzi carichi di pianto degli Inferi" -
cosi' parla Iside, in Apuleio.
Via via leggendo le testimonianze raccolte con acribia da Benedetta
Rossignoli si ha la conferma dell'indeterminazione, dell'inafferrabilita',
dell'evanescenza dei misteri. E' qui che i misteri somigliano ai racconti di
mia madre. La tradizione, v'e' chi ha detto, e' anche e soprattutto
tradimento, e sullo sfondo dei misteri di Iside chi abbia l'orecchio
iniziato non puo' non avvertire l'affiorare di un fraintendimento greco e
poi greco-romano dei complessi mitico-rituali altri, stranieri; e straniero
e' l'Egitto. Per non parlare del fraintendimento degli autori cristiani.
Ed e' qui che io - educata come sono a pensare che la vera natura di
qualcosa coesiste con la sua propria origine, si' che per conoscerne
l'essenza si deve riandare alla sua origine; fervida credente nel legame tra
Wesen e Ursprung - mi sono detta: ma qual e' il gesto di Iside, in origine?
Quale il gesto - anzi, l'azione vera e propria, l'atto drammatico che le e'
proprio?
Iside era la sorella di Osiride e sua sposa. Alla morte di Osiride, per mano
del suo Caino, che cosa fa Iside? Vaga alla ricerca del cadavere del
fratello-sposo. La sua ricerca straziante fa dire a Erodoto: "Iside nella
lingua greca e' Demetra". Cosi' Erodoto coglie la somiglianza dell'azione
tra le due figure, Demetra in cerca della figlia, Iside del fratello. Ma
Iside somiglia a Demetra, quanto somiglia ad Antigone. O se somiglia alla
madre, e' perche' della madre, ma in quanto sorella e sposa, ripete quel
gesto fondante dell'identita' della creatura vivente che e' la restituzione
del corps morcele' all'intero dell'immagine. Atto che secondo Lacan pertiene
allo sguardo materno in quella "fase dello specchio" assolutamente centrale
allo sviluppo umano.
A ognuno dei pezzi del corps morcele' di Osiride Iside diede sepoltura,
moltiplicando cenotafi sul corpo del mondo: questo il suo gesto salvifico.
Iside raccoglie il corpo spezzettato del fratello-sposo. "L'unico resto di
Osiride che Iside non trovo' fu il suo membro virile; era stato, infatti,
immediatamente gettato nel fiume e mangiato dal lepidoto, dal fagro e
dall'ossirinco, che tra i pesci sono, per gli Egiziani, le creature piu'
aborrite. Ma Iside fece una riproduzione in sostituzione dell'organo
genitale e consacro' il fallo, e in suo onore gli Egiziani celebrano ancora
oggi una festa", racconta Plutarco.
E' interessante allora osservare come questo "tipo-femmina" (per riprendere
un'espressione della sapiente Lou Andreas-Salome', donna particolarmente
versata nella conoscenza dei misteri femminili), il tipo, cioe', della
"sorella-sposa" venga progressivamente oscurato dal tipo "materno", la sposa
che si fa madre e in quanto madre protegge, conserva, raccoglie. E non a
caso proprio Lou Andreas-Salome' (lei che si volle sorella e sposa degli
uomini che amo', tra gli altri Nietzsche) in un suo scritto che usci' nel
1914 su "Imago" col titolo Zum Typus Weib, accenna a un "narciso femminile"
che si realizzerebbe per certe donne nell'amore fraterno, o sororale per
l'uomo. Iside, mi chiedo, non potrebbe essere il "tipo" di questo amore
fraterno incestuoso?
Di questo amore potrei fare vari esempi d'epoca moderna. Giovanni e
Annabella in Peccato che fosse puttana di John Ford e' il primo che mi viene
in mente. Siamo in Inghilterra in epoca post-shakespeariana, e per un
drammaturgo non e' facile sopravvivere; sopravvivere, intendo, alla morte di
Shakespeare. E cosa fa Ford? Volendo raccontare la storia di un amore
impossibile, non scrive la patetica storia di Romeo e Giulietta, divisi per
via dell'odio familiare. Scrive, invece, la cruenta tragedia di due giovani
che si amano e congiungono nel piu' tabuico degli amori, perche' sono
fratello e sorella. E sapete come si discolpa il libertino Giovanni? Dice
che proprio perche' sono fratello e sorella si devono amare, cosi' e' stato
deciso nel grembo materno. Pare di sentire Plutarco - che dopo tutto era
conosciuto in Inghilterra - quando afferma: "Iside e Osiride, da parte loro,
si amavano e la loro unione si compi' prima ancora della nascita, nel buio
del ventre materno". Un altro esempio e' la coppia Tom e Maggie de Il mulino
sulla Floss. Siamo nell'Ottocento e la colta, coltissima George Eliot -
donna emancipata quante altre mai ai tempi - con tutte le storie che si puo'
inventare, che cosa va a raccontare? L'amore incestuoso, con tragico
annegamento, di un fratello e una sorella, la quale muore per salvare il
fratello che muore con lei.
Ne' meno interessante e' osservare che tipo di miti (nel senso proprio di
storie, di trame) vanno a cercare nel Novecento uomini alla ricerca
dell'"altro stato", uomini votati al "possibile" - uomini come Musil, voglio
dire. Il racconto umano quasi sempre prevede padri e figli, come insegnano
Aristotele e Freud, ma se ci sono com'e' naturale padri e figli in Kakania,
nell'uomo senza qualita' i figli non combattono i padri. Anzi, Ulrich
proclama il proprio amore per il padre. Non ha gelosia. E' Oreste. E va a
cercare la sua Elettra, che si chiama Agathe.
Ma la faccia nascosta di Oreste e' quella di Narciso. Oreste e' preoccupato
di ritrovare la sorella maggiore Elettra e di unirsi a lei, come Narciso
alla propria immagine. Narciso non vuole ne' uccidere suo padre, ne' giacere
con sua madre, vuole non essere figlio di nessuno, essere solo con se
stesso, costituire la propria origine.
Cioe' a dire, in epoca moderna, la legge della coppia incestuosa e'
mortifera. Sterile. Piu' si avvicinano, piu' il fratello e la sorella si
ritrovano soli. Il frutto della fraternita' e' il vuoto, la solitudine.
Mentre l'unione di Iside e Osiride era fruttuosa. Ma a quei tempi e in quei
luoghi, come racconta Diodoro Siculo: "La legislazione contemplava il
matrimonio tra fratelli per il successo ottenuto da Iside; costei, infatti,
sposo' il fratello Osiride e dopo la sua morte fece voto con un giuramento
di non accettare altra unione coniugale, vendico' l'assassinio del compagno
e regno' trascorrendo il resto della sua vita nel piu' assoluto rispetto
delle leggi, divenendo motivo dei piu' grandi e numerosi benefici per tutti
gli uomini". Chissa' se era l'Egitto il nuovo regno che Ulrich e Agathe
volevano fondare?

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
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Numero 183 del 15 maggio 2008

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