Minime. 434



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 434 del 23 aprile 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Germaine Tillion
2. Maria G. Di Rienzo: Il prezzo delle patate, e tra la folla Ipazia
3. Rete di donne e uomini per l'ecologia, il femminismo, la nonviolenza:
Documento conclusivo dell'assemblea di Bologna del 19 aprile 2008
4. Giulio Vittorangeli: 25 aprile
5. Maria Antonietta Saracino presenta "Il crollo" di Chinua Achebe
6. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'

1. LUTTI. GERMAINE TILLION

La scomparsa di Germaine Tillion e' un dolore profondo per chiunque abbia
conosciuto e quindi ammirato e provato gratitudine per la sua lotta per la
dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.
Che l'umanita' possa trovare anche in questo secolo persone come lei a
difenderci tutti.

2. EDITORIALE. MARIA G. DI RIENZO: IL PREZZO DELLE PATATE, E TRA LA FOLLA
IPAZIA
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
questo intervento.
Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio;
prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice,
regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche
storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica
dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle
donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei
diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Con Michele Boato e Mao
Valpiana ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come
donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?"  da cui e' scaturita
l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete di
donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza". Tra le opere
di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti,
Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza
velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli
2005. Un piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e'
in "Notizie minime della nonviolenza" n. 81]

Benvenuti sul pianeta-mercato Italia. E' l'era post elezioni del 2008. La
stampa estera chiama questa terra "Berlusconia". E' la versione nostrana,
stile "baraccone rutilante", del concetto che mercato e consumo sono i
fattori intersecati che governano non solo l'economia, ma le relazioni umane
e il senso della vita (come direbbero i Monty Python). In questo scenario
rifulgono donne e sessualita' quali beni disponibili, a chi ha i soldi o i
muscoli bastanti per prendersi entrambe. Con gli uni o gli altri si puo'
accedere, infatti, a qualsiasi cosa si voglia consumare, nella logica che
qualsiasi cosa al mondo puo' essere commercializzata. Le donne sono
ri/diventate "beni commerciabili" abbastanza rapidamente anche laddove
avevano indotto mutamenti sociali e conquistato qualche legge o garanzia.
Buttate l'occhio sull'industria dell'intrattenimento, alberghi, viaggi,
film, e ditemi cosa viene pubblicizzato (sesso), con cosa (segmenti di corpi
femminili), e per chi (mah!).
*
Non ci e' voluto molto. E' bastato scivolare nella subordinazione indotta
dal contrattacco per arrivare a sostenere, dicendosi "di sinistra", che i
diritti umani sono quella cosa che Bush porta in giro assieme alle sue
bombe. Se e' cosi', a che pro continuare ad agitarsi per far capire che i
diritti delle donne sono diritti umani? Sempre orrenda roba imperialista e'.
E se la democrazia e' quella cosa che fuoriesce dall'obice di un carroarmato
statunitense e' ovviamente indegno per noi averci a che fare (a meno che non
nasca dalla canna di un fucile rivoluzionario, allora se ne puo' parlare).
Abbiamo poi avuto un Ministro molto di sinistra preoccupato che operai e
precari venissero discriminati anche nell'offerta sessuale fornita dalla
prostituzione. Era l'epoca dello scandalo che colpi' un triste deputato
dell'allora opposizione, inchiodato a Roma dalle sue pesanti responsabilita'
e quindi privo del coniugale conforto della moglie legittima, e costretto a
tirar coca assieme a due sex worker in albergo. Non so cosa mi trattenne dal
chiedere all'onorevole compagno Ministro se la prossima mossa sarebbe stata
quella di offrire "buoni-coito" ai percipienti scarso reddito o se,
prendendo i proverbiali due piccioni con una fava, si sarebbero messe le
precarie sul marciapiede: cosi' intanto portate a casa un soldino, care, e i
vostri compagni non soffrono per l'ennesimo affronto di classe.
Un altro scandalo coinvolse un tizio con problemi di orientamento,
orrendamente mistificato dalla stampa cinica e bara solo perche' si era
fermato a chiedere informazioni sul traffico ad un transessuale. Purtroppo
era il portavoce del capo del governo di centro-sinistra.
Intanto io cincischiavo le 95 pagine dell'opuscolo "Per il bene
dell'Italia", e cioe' del programma di governo su cui ero stata chiamata a
votare (e che nel frattempo era diventato anche "Per il male
dell'Afghanistan"), soffermandomi spesso sulle sette righe e mezzo della
ventiquattresima, titolate "Unioni civili". Certo, la graziata con cilicio
di serie faceva la sua parte, il martire di Ceppaloni anche, ma fu un
senatore molto di sinistra a dirci di piantarla e che bastava andare dal
notaio.
E infine, sotto gli occhi di un governatore della "sinistra di governo",
Napoli annego' nell'immondizia: ma il politico in carica non diede le
dimissioni, non ammise alcuna responsabilita' e resto' fieramente incollato
alla propria poltrona. Se la differenza tra centro-destra e centro-sinistra
sta nelle parole che si usano per giustificare azioni simili quando non
identiche, andare a votare puo' apparire un'inutile fatica quando non una
presa per i fondelli.
*
Ho letto parecchie analisi, nei giorni dopo la clamorosa, inequivocabile
sconfitta elettorale della sinistra. Gran parte sono puro delirio. E' stato
sorprendente notare come gli stessi che erano venuti nella mia citta' in
campagna elettorale a dirsi assolutamente sicuri della bonta' della loro
proposta, oggi dicono di aver saputo a priori che era tutto sbagliato.
Mentivano allora, mentono adesso, mentono d'abitudine anche quando dormono?
E mentre alcuni residuati degli anni '70 arringavano a vuoto, su barricate
spoglie, la "classe lavoratrice" incitandola alla presa del Palazzo
d'Inverno, altri residuati cucinavano la melassa dell'imprenditore e
dell'operaio che mano nella mano vanno verso un radioso futuro. Gli italiani
sono spesso dei farabutti, almeno quanto i politici che eleggono, ma
prenderli per fessi totali e' un errore serio: per quegli imprenditori ci
lavorano, sanno chi sono. In India, a Ghaziabad e Grater Noida, le donne
lavorano a cottimo cucendo bottoni su magliette per un imprenditore italiano
notoriamente "progressista", che si gloria della pubblicita' fornitagli da
un altrettanto noto fotografo "molto attento al sociale". Naturalmente le
lavoratrici hanno paghe talmente basse e garanzie (sindacali, di sicurezza,
ecc.) talmente scarse che a cucire bottoni ci si mettono anche le bambine e
le nonne, altrimenti la famiglia non mangia. L'orario di lavoro va ben oltre
le otto ore, e se le donne non raggiungono i termini di produttivita'
fissati dalla benevola e progressista impresa vengono ributtate in strada.
Probabilmente sono velleitaria e vetero-qualcosa, ma dar la mano a questo
imprenditore mi ripugna un pochino.
*
Ho pure letto, ma questo non mi ha sorpresa per niente, che la colpa e'
delle donne. E' un bel po' che gli uomini me lo dicono, e ho paura di non
aver imparato niente.
Via, sapete di cosa parlo. Certo che li avete sentiti, quando il tono nel
rivolgersi ad una donna, parlando ad esempio del lavoro di lei, diventa
quello che userebbero con un bimbo di cinque anni chiedendogli come va
all'asilo. E' tutta la vita che lotto con questa faccenda: chiedo ad un uomo
il prezzo delle patate, e quello mi risponde con la tabella oraria dei
treni. Sentite: ho quindici anni, sono rappresentante di classe e vado dal
preside a dirgli che le scale rischiano di crollarci addosso (difatti ci
facevano uscire dal retro) e che i colombi nidificano nelle classi, e lui mi
chiede perche' sono cosi' amareggiata alla mia eta'. Adesso di anni ne ho
quarantanove: pongo un problema politico agli uomini con cui mi capita di
lavorare, e nove volte su dieci loro spostano il discorso su di me (che ho
capito male, che non ho capito una mazza, che se c'ero dormivo e se dormivo
sognavo di non esserci: e com'e' che sono cosi' amareggiata, tra l'altro?).
Credo che ogni donna sappia di che sto parlando.
E' il presupposto della "non affidabilita'" o della "non credibilita'" del
sesso femminile che rende piu' difficili le cose alle donne in ogni campo,
che impedisce loro di parlare o di essere ascoltate quando osano farlo, che
le addestra a dubitare di se stesse e a limitarsi di fronte ad ogni
manifestazione di arroganza maschile.
Purtroppo la credibilita' e' un attrezzo-base per la sopravvivenza. Nel
Belpaese, sono statistiche ufficiali, ogni tre giorni una donna viene uccisa
da un uomo che a qualche stadio della loro relazione le aveva detto di
amarla. Molto spesso queste donne avevano capito quale sarebbe stata la loro
fine, e lo hanno detto, ma non sono state credute. Parenti e amici,
poliziotti e giudici, hanno spiegato loro che esageravano, che erano
isteriche, ed hanno consigliato psicologi e pillole: in sintesi, lei aveva
chiesto il prezzo delle patate, e le hanno risposto con la tabella oraria
dei treni. Finche' non si tratta della tua permanenza in vita e' solo il
dover gestire una frustrazione perenne, ma quando ci crepi mi sembra un po'
piu' grave.
*
Quindi gli uomini politici, nello stesso tono, ci hanno spiegato in fase di
propaganda cosa le donne volevano e cosa le donne dovevano fare: cucinare
per i deputati, stare a casa, combinare un buon matrimonio sono stati i
picchi della destra, e nel frattempo la sinistra si affannava a rassicurarci
di avere "la famiglia" come priorita'. L'attuale vincitore delle elezioni
aveva in passato gratificato di un bonus monetario la maternita', il suo
"principale sfidante" l'aveva piu' che raddoppiato nelle promesse
elettorali. Perche' l'unico valore in gioco si chiama "soldi". Ma una tantum
ne' mille euro ne' 2.500 ti aiutano a crescere un figlio per i prossimi
vent'anni (se va bene) senza certezza di casa e lavoro, e senza condivisione
da parte maschile delle responsabilita' domestiche.
E avere una famiglia e' certamente una parte importante dei progetti per il
futuro che un donna puo' avere, ma c'e' sempre anche altro. Magari abbiamo
un titolo di studio, dei desideri e delle capacita' professionali, delle
abilita' artistiche, delle priorita' politiche sul territorio in cui
viviamo. Magari qualcuna di noi e' anche riuscita a dirlo. Ma tutti gli
uomini in corsa per il Parlamento hanno parlato delle donne che volevano
vedere, delle donne che immaginavano, e non delle donne reali a cui
chiedevano il voto. E nessuno di loro si e' ancora scusato per avere
spiegato a vanvera cose che non sapeva. Stando alle attuali tabelle di
longevita' italiane potrei avere ancora una quarantina d'anni di fronte a
me.
Aspetto. Pero' non trattengo il fiato nell'attesa.

3. DOCUMENTI. RETE DI DONNE E UOMINI PER L'ECOLOGIA, IL FEMMINISMO, LA
NONVIOLENZA: DOCUMENTO CONCLUSIVO DELL'ASSEMBLEA DI BOLOGNA DEL 19 APRILE
2008
[Da Michele Boato (per contatti: micheleboato at tin.it) riceviamo e
diffondiamo il documento finale dell'assemblea di Bologna del 19 aprile
2008]

Scopi
Scopo principale della rete e' dare una risposta all'abisso che divide il
Palazzo dalla popolazione, per uscire dal fatalismo del "non si puo' fare
nulla" contro le continue guerre, le devastazioni ambientali, il
maschilismo, le mafie, il razzismo, la violenza sugli animali, le
sopraffazioni e le ingiustizie  che negano la dignita' di tutti gli esseri
umani.
Vogliamo costruire, mettendo in comune i patrimoni di competenze e
conoscenze, con concretezza, inclusione, democrazia dal basso e rispetto
reciproco, una rete che:
- colleghi e rafforzi, nella reciproca autonomia, le moltissime esperienze
locali di volontariato impegnate su ambiente, salute, pace, diritti e
solidarieta' e, partendo da esse,
- elabori iniziative comuni, anche nazionali, articolate in ambiti locali e
regionali, a partire da iniziative per la qualita' della vita, il verde ecc.
nelle citta' sabato 4 ottobre (san Francesco, festa degli alberi) e
iniziative contro le basi militari in occasione del 4 novembre (giornate
delle Forze Armate, "non festa ma lutto");
- prepari (dove riusciremo a creare le condizioni necessarie) anche una
presenza diretta del movimento nelle istituzioni, a partire dai quartieri e
dai comuni, fino alla dimensione europea, attraverso la costruzione di liste
elettorali pulitissime, fatte da uomini e donne coraggiose, disinteressate,
nonviolente e competenti.
*
Partecipanti
Partecipano alla rete i comitati, le associazioni senza scopo di lucro e le
singole persone che:
- si occupano concretamente di problemi ambientali, della salute, della
pace, dei diritti, dell'emarginazione;
- condividono, nel cammino verso una societa' nonviolenta (in alternativa
all'attuale modello di sviluppo violento, coloniale, consumista e
insostenibile) un programma comune che si basi su:
1. decrescita e ricerca del benessere nella sobrieta';
2. energia solare e rinnovabile, risparmio e bioarchitettura per diventare
indipendenti dai combustibili fossili, dagli inceneritori, dal ricatto
nucleare e dalle emissioni di gas serra e di polveri cancerogene;
3. difesa della democrazia e suo ampliamento verso il potere dal basso;
4. smilitarizzazione del territorio, con riduzione delle spese militari,
abbandono di armamenti offensivi e basi Usa, nucleari e non, creazione di un
corpo civile di pace europeo;
5. societa' solidale e aperta alle diversita', nel rispetto delle regole di
convivenza; con un particolare impegno all'educazione al genere ed al
rispetto tra i generi; apertura alle varie culture, che non possono negare
alle donne i loro diritti umani;
6. amicizia con gli altri animali, difendendoli da ogni violenza gratuita;
7. difesa dei diritti, sanciti dalla Costituzione, in tema di lavoro, sia
dipendente che autonomo;
8. tutela del territorio agricolo e urbano da interventi di selvaggia
cementificazione;
9. valorizzazione dei beni comuni acqua, aria, paesaggio, foreste, culture
locali.
*
Regole comuni
I partecipanti alla rete si impegnano a rispettare alcune regole comuni di
comportamento:
1. massimo rispetto e applicazione, in ogni situazione, del metodo e
principio della nonviolenza, sia nei rapporti interni alla rete, che nelle
lotte, nel linguaggio e nel proprio stile di vita;
2. convocazione pubblica delle riunioni, con periodicita' fissa (salvo
emergenze) e in luoghi aperti al pubblico, per favorire la partecipazione
degli interessati; metodo di decisione del massimo consenso;
3. nel caso di presentazione di liste elettorali, meccanismi chiari che
impediscano la politica come professione, arricchimento e mondo separato dal
resto della societa'.
*
Primi strumenti della rete
- utilizzo del quotidiano telematico "La nonviolenza e' in cammino";
- lista di discussione "Donne e uomini per ecologia, femminismo e
nonviolenza", aperta a chiunque voglia collaborare (senza filtri se non per
frasi offensive o violente), senza escludere, in futuro, un sito web della
rete e/o un suo blog;
- valorizzazione dei siti web esistenti utili a
comitati/associazioni/persone per le iniziative, cercando di far conoscere,
utilizzare ed eventualmente migliorare gli strumenti esistenti;
- creazione, dove possibile, di coordinamenti regionali (o provinciali) con
i recapiti degli aderenti, per rendere operativa la rete in sede locale ed
allargare i contatti e la partecipazione di altri soggetti;
- riunioni nazionali (dispendiose da tutti i punti di vista) quando
necessario (da decidere se ci si ritrova a Bologna il 14 giugno o se si puo'
procedere ugualmente usando la posta elettronica).

4. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: 25 APRILE
[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per
questo intervento.
Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori di questo
notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre
nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di
solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di
condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione
Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di
studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta'
concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione
di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra
soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha
svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e
riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti
interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui
promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra
altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre
1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara,
la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo,
Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996;
Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La
solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I
movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto
politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria,
una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra
neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della
solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno,
luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio
2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per
anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della
solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha
cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che
solidarieta'"]

Nel vocabolario dell'umanita' ci sono termini che rappresentano tragedie
uniche e in quanto tali sono riservati a fenomeni specifici e non devono
essere banalizzati. Uno dei questi e' la Shoah. Vittime e carnefici, che non
dovrebbero consentire meschini equiparazioni; od operazioni (ancora piu'
squallide) di revisionismo storico per cancellare la memoria. Da una parte i
carnefici; che non sono mostri. Oggi sappiamo che un uomo puo' leggere
Goethe o Rilke la sera, puo' suonare Bach e Schubert, e poi, il mattino
dopo, recarsi come niente fosse al proprio "lavoro" di Auschwitz. Dall'altra
parte le vittime: i "sommersi" e i "salvati". I "salvati": su di loro pesa,
ed ha pesato, una ripetizione insostenibile che li opprime; quel sogno
ripetuto (comune a tutti i sopravvissuti) del loro racconto inascoltato e
inascoltabile.
Quell'incubo di non comunicabilita' rischia di essere realizzato dai grandi
mutamenti che si sono realizzati negli anni recenti. Il racconto degli
ultimi sopravvissuti puo' essere facilmente inteso come "preistoria" di una
storia nuova, come acqua passata, come un orrore sprofondato nella
lontananza del mito, piuttosto che come possibilita' immanente.
Tutto cio' e' particolarmente evidente in Italia; come conseguenza degli
innumerevoli tentativi in corso di equiparare i partigiani ai repubblichini.
In alcuni settori culturali e politici, infatti, si tende a riabilitare la
Repubblica sociale di Salo' e ad infangare le gesta dei partigiani. Con la
riabilitazione dei "ragazzi di Salo'" si e' cercato (e si cerca) di dare una
nuova dignita' a chi aveva aderito alla repubblica mussoliniana. Invece, e'
importante distinguere quanti combattevano per la liberta' e per la
democrazia, da coloro che lottavano per la dittatura, alleati con la
Germania nazista.
*
"Dietro il milite delle Brigate nere piu' onesto, piu' in buonafede, piu'
idealista, c'erano i rastrellamenti, le operazioni di sterminio, le camere
di tortura, le deportazioni e l'Olocausto. Dietro il partigiano piu' ignaro,
piu' ladro, piu' spietato, c'era la lotta per una societa' pacifica e
democratica, ragionevole e giusta, se non proprio giusta in senso assoluto,
che' di queste non ce ne sono" (Italo Calvino, "Non dimenticare...").
Occorre opporsi alla tendenza contemporanea del revisionismo storico che
vuole cancellare la memoria della Resistenza e il valore costituzionale
dell'antifascismo; non a caso la Costituzione e' un documento ignoto a
molti, e, quel che e' peggio, "vecchio" e da mandare al macero per molti
esponenti del ceto politico. I quali fingono di non ricordare quel che tutti
loro, e noi, dobbiamo ai protagonisti della Resistenza, grazie ai quali
l'Italia e' uno Stato democratico, dove sono riconosciute le liberta'
fondamentali e i diritti umani.
*
"Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa Costituzione! Dietro
ogni articolo di questa Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani
come voi caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame
nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le
strade di Milano, per le strade di Firenze, che hanno dato la vita perche'
la liberta' e la giustizia potessero essere scritte su questa carta. Quindi,
quando vi ho detto che questa e' una carta morta, no, non e' una carta
morta, e' un testamento, e' un testamento di centomila morti. Se voi volete
andare in pellegrinaggio nel luogo dove e' nata la nostra Costituzione,
andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono
imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque e' morto un italiano
per riscattare la liberta' e la dignita', andate li' o giovani, col
pensiero, perche' li' e' nata la nostra Costituzione" (Piero Calamandrei).

5. LIBRI. MARIA ANTONIETTA SARACINO PRESENTA "IL CROLLO" DI CHINUA ACHEBE
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 26 febbraio 2008, col titolo "Il crollo,
cinquant'anni dopo" e il sommario "Compie mezzo secolo il capolavoro di
Chinua Achebe. Quando usci' nel '58, rinnovo', con il suo inglese ibridato,
la letteratura anglofona e apri' la strada a intere generazioni di autori
africani".
Maria Antonietta Saracino, anglista, insegna all'Universita' di Roma "La
Sapienza"; si occupa di letterature anglofone di Africa, Caraibi, India e di
multiculturalismo. Ha curato numerosi testi, tra cui Altri lati del mondo
(Roma, 1994), ha tradotto e curato testi di Bessie Head (Sudafrica), Miriam
Makeba (Sudafrica), la narrativa africana di Doris Lessing e Joseph Conrad,
testi di Edward Said, di poeti africani contemporanei, di Aphra Behn; ha
curato Africapoesia, all'interno del festival Romapoesia del 1999; ha
pubblicato saggi sulle principali aree delle letterature post-coloniali
anglofone, collabora regolarmente con le pagine culturali de "Il manifesto"
e con i programmi culturali di Radio3.
Chinua Achebe, cme ognun sa, e' uno dei maggiori scrittori africani viventi.
Dalla Wikipedia, edizione italiana, riprendiamo per stralci la seguente
scheda: "Chinua Achebe (Ogidi, 16 novembre 1930) e' uno scrittore nigeriano.
Viene considerato il padre della letteratura africana moderna in lingua
inglese. Il suo capolavoro, Il crollo (Things Fall Apart, 1958) e' una
pietra miliare della letteratura africana: viene studiato nelle scuole di
numerosi paesi africani ed e' stato tradotto in oltre 50 lingue. Gran parte
dell'opera di Achebe e' incentrata sulla denuncia della catastrofe culturale
portata in Nigeria dal colonialismo e dei regimi corrotti della Nigeria
indipendente. Albert Chinualumogu Achebe nacque a Ogidi, Nigeria, il 16
novembre 1930. I suoi genitori erano di etnia Igbo, convertiti al
protestantesimo; suo padre insegnava in una scuola missionaria. Il nome
"Albert" gli fu dato in onore del principe Alberto, consorte della regina
Vittoria. Il suo nome Chinualumogu significa "Dio combattera' in mio
favore". Achebe frequento' il college a Umuahia dal 1944 al 1947 e
l'universita' a Ibadan dal 1948 al 1953. A Ibadan studio' inglese, storia e
teologia. Nella stessa universita' di Ibadan studiarono numerosi altri
nigeriani divenuti poi grandi nomi della letteratura africana; tra gli altri
Wole Soyinka (vincitore del Nobel), Elechi Amadi, John Pepper Clark e
Christopher Okigbo. Durante gli studi universitari, Achebe decise di
rinnegare il proprio nome inglese e adottare quello indigeno di "Chinua".
Nel 1958 Achebe pubblico' il suo primo romanzo, Il crollo (Thigs Fall
Apart). Il libro ebbe un successo straordinario; molte recensioni (incluse
quelle su testate come "The Guardian" o l'"Observer") lo classificarono fra
i piu' grandi romanzi del Novecento. L'opera fu tradotta il 50 lingue
(record assoluto per un'opera africana) e vendette oltre dieci milioni di
copie in tutto il mondo. Dopo la pubblicazione del suo romanzo, Achebe
inizio' a occuparsi di televisione presso la Bbc e nel 1961 divenne
direttore della Nigerian Broadcasting Corporation. Durante la guerra civile
(1967-1970) si schiero' a favore del Biafra, diventandone ambasciatore. Nel
conflitto mori' Christopher Okigbo, amico di Achebe; la poesia Dirge for
Okigbo ricorda questo momento. In generale, la guerra del Biafra segno'
profondamente Achebe e il ricordo del conflitto riemerge in diversi passi
della sua opera. Negli anni successivo Achebe si dedico' all'editoria e alla
critica letteraria, contribuendo alle riviste "Okike" (di cui era
cofondatore) e "Uwa ndi Igbo" (quest'ultima, in lingua igbo) e fondando la
African Writer Series, una collana pubblicata da Heinemann e che divenne
strumento fondamentale nell'evoluzione e nella diffusione della letteratura
africana postcoloniale. Nello stesso periodo scrisse un celebre saggio dal
titolo An Image of Africa: Racism in Conrad's "Heart of Darkness"
("Un'immagine dell'Africa: il razzismo in Cuore di tenebra di Conrad"), uno
dei saggi piu' controversi e influenti della storia della critica letteraria
africana. In questo saggio, Achebe critico' aspramente la rappresentazione
dell'Africa fatta da Conrad in Cuore di tenebra: "un campo di battaglia
metafisico privo di qualsiasi riconoscibile umanita', in cui l'Europeo
errante entra a proprio rischio e pericolo". Secondo alcuni, l'aperta
ostilita' di Achebe verso la cultura occidentale ed europea e' uno dei
motivi per cui questo autore cosi' influente non ha ricevuto il Premio
Nobel. Analoghe critiche di razzismo furono mosse da Achebe ad Albert
Schweitzer (Premio Nobel per la pace nel 1952). Nel 1990, Achebe rimase
paralizzato dalla vita in giu' in seguito a un incidente automobilistico.
Attualmente insegna al Bard College di Upstate New York. Achebe ha ricevuto
lauree honoris causa da piu' di trenta universita' di diversi paesi, inclusi
Regno Unito, Canada, Sudafrica, Nigeria e Stati Uniti. Per la sua opera ha
ricevuto innumerevoli premi letterari, inclusi il Commonwealth Poetry Prize,
il New Statesman Jock Campbell Prize, il Margaret Wrong Prize, il Nigerian
National Trophy e il Nigerian National Merit Award. Nel 2004 ha rifiutato la
carica onorifica di Comandante della Repubblica Federale, offertogli dal
governo della Nigeria, in segno di protesta contro la situazione sociale e
politica del suo paese. Bibliografia: a) Romanzi: Things Fall Apart, 1958,
pubblicato in traduzione italiana col titolo Il crollo;  No Longer at Ease,
1960, pubblicato in traduzione italiana col titolo Ormai a disagio; Arrow of
God, 1964, pubblicato in traduzione italiana col titolo La freccia di Dio; A
Man of the People, 1966; Chike and the River, 1966; Anthills of the
Savannah, 1988, pubblicato in traduzione italiana col titolo I formicai
della savana e, in un'altra traduzione, col titolo Viandanti della storia
(Editrice Lavoro, Roma 1991); b) Raccolte di racconti: The Sacrificial Egg
and Other Stories, 1962; Girls at War and Other Stories, 1973; African Short
Stories (curatore con C.L. Innes), 1985; Heinemann Book of Contemporary
African Short Stories (curatore con C.L. Innes), 1992; c) Poesie: Beware,
Soul-Brother, and Other Poems, 1971, pubblicato in lingua originale
(inglese) anche col titolo Christmas at Biafra, and Other Poems; Don't Let
him Die: Poems in Memory of Christopher Okigbo (curatore con Dubem Okafor),
1978; Another Africa, 1998; Collected Poems, 2004; d) Saggi: An Image of
Africa: Racism in Conrad's "Heart of Darkness", 1975; Morning Yet on
Creation Day, 1975; The Trouble With Nigeria, 1984; Hopes and Impediments,
1988; Home and Exile, 2000; e) Letteratura per ragazzi: Dead Men's Path,
1972; How the Leopard Got His Claws (con John Iroaganachi), 1972; Marriage
Is A Private Affair; The Flute, 1975, pubblicato in traduzione italiana
insieme a The Drum col titolo Il flauto e il tamburo, Mondadori 1995; The
Drum, 1978, pubblicato in traduzione italiana insieme a The Flute col titolo
Il flauto e il tamburo"]

E' la primavera del 1956, quando un gruppo di giovani nigeriani approda a
Londra per frequentare presso la Bbc un corso di perfezionamento per
operatori della radiofonia, sistema che in quegli anni la Gran Bretagna va
potenziando in Nigeria, all'epoca ancora parte dell'impero britannico. Tra
loro c'e' un laureato in letteratura inglese presso l'universita' di Ibadan,
gia' impiegato presso la Bbc locale. Si chiama Albert Chinualumogu Achebe,
e' nato nel 1930 a Ogidi, nella Nigeria sud-orientale, da genitori
cristiani, e ha un doppio nome di battesimo: l'inglese Albert, in omaggio
alla Regina Vittoria, e il nigeriano Chinualumogu, presto abbreviato nel
piu' semplice Chinua, che nella cultura Ibo dalla quale proviene significa
"che Dio possa combattere al mio posto", invocazione e al tempo stesso
emblema della tradizione di appartenenza.
*
La lunga attesa
A Londra Achebe ha con se' parte del manoscritto di un romanzo che sta
scrivendo. Incoraggiato da uno dei suoi insegnanti, il giovane, una volta
rientrato in Nigeria, termina il libro. Ma perche' un editore lo prenda in
considerazione, il testo deve essere battuto a macchina, cosa non semplice
nella Lagos di quegli anni. Achebe lo spedisce allora a una copisteria di
Londra e rimane in fiduciosa attesa che glielo restituiscano, anche perch'e
e' la sola copia che possiede. Passano i mesi, e del manoscritto sembra
essersi perduta ogni traccia. Deluso, il suo autore decide che non scrivera'
mai piu', ma un anno piu' tardi, a un amico in procinto di partire per
l'Inghilterra, chiede di informarsi sulla sorte del manoscritto che, con
molta difficolta' e un po' di fortuna, viene ritrovato, abbandonato nel
fondo di uno scatolone, nello scantinato della copisteria cui era stato
spedito.
Finalmente battuto a macchina, il romanzo viene proposto all'editore inglese
Heinemann (fino a quel momento specializzato in editoria scolastica), che lo
affida a un suo lettore, Donald MacRae, docente della London School of
Economics. Il parere di McRae e' entusiasta: "E' la cosa piu' bella che mi
sia capitato di leggere dalla fine della guerra". Tale e' l'entusiasmo
suscitato dal libro da indurre successivamente il direttore della casa
editrice, Alan Hill, a partire per l'Africa in cerca di nuovi talenti
letterari, le cui opere sarebbero uscite nella celebre African Writers
Series per anni diretta dallo stesso Achebe.
Proprio in questi giorni si festeggiano i cinquant'anni di quel romanzo,
Things Fall Apart (in italiano Il crollo, traduzione di Silvana Antonioli
Cameroni, e/o) che, pubblicato nel 1958, ha ottenuto - dopo un primo
sconcerto da parte della stampa britannica - un successo crescente e tuttora
molto vivo. Capolavoro indiscusso, testo-chiave per la nascita della
letteratura africana post-coloniale (il romanzo precede di due anni
l'indipendenza della Nigeria, che e' del 1960), Things Fall Apart ha infatti
incoraggiato tanti giovani autori africani a mettere su carta i racconti
delle rispettive tradizioni nazionali, fino a quel momento affidate
all'oralita' e assenti dalle scuole del continente, dove - a seconda dei
paesi - veniva insegnata la letteratura britannica, francese o portoghese,
le uniche possibili secondo i regimi coloniali.
Scritto in un inglese semplice ma impeccabile, arricchito da proverbi e
"impastato" di termini della cultura Ibo di provenienza, Things Fall Apart
introduceva una ventata di aria fresca proprio in quella letteratura di
lingua inglese da cui aveva preso a prestito non solo l'idioma, ma anche il
genere, la forma-romanzo. Figlio di due mondi, munito di un solido doppio
bagaglio culturale, Chinua Achebe nel suo libro risaliva di due generazioni
rispetto all'epoca in cui scriveva, troppo vicina per essere raccontata, e
tornava alla meta' del secolo precedente, per narrare l'arrivo dei bianchi
in un minuscolo villaggio della Nigeria (che di quei bianchi ignorava
l'esistenza, e li scambiava per albini), attraverso le vicende del suo eroe,
il guerriero Okonkwo, sgomento davanti alla fine rapida e irrevocabile delle
tradizioni prodotta dalla violenta irruzione degli europei.
In Things Fall Apart, dunque, la conquista coloniale era narrata per la
prima volta dal punto di vista di chi l'aveva subita, ma senza vittimismi o
infingimenti. Achebe raccontava ai suoi contemporanei - gli africani,
innanzitutto, ma non solo - in che modo la colonizzazione era potuta
avvenire; e attraverso quali strumenti - politici, religiosi, culturali -
era stato attivato, in una parte della popolazione locale, il consenso che
avrebbe favorito la penetrazione coloniale. Il tutto senza assumere
posizioni manichee, senza contrapporre modelli culturali preconcetti o
ribaltare a favore degli africani quel tratto fondante della ideologia
coloniale secondo la quale esistevano culture superiori e altre inferiori.
Profondo conoscitore della letteratura inglese, da lui molto amata, Achebe
non cadeva in questa trappola. La societa' rappresentata in Things Fall
Apart non e' un mondo ideale o perfetto, un Eden al quale gli africani sono
strappati con la forza. Essa pure contiene aspetti di violenza e di
prevaricazione. E tuttavia la brutalita' della conquista coloniale rimane, e
di questa, in tutte le sue sfumature, il romanzo si fa portavoce, come
dietro la spinta di una insopprimibile necessita', individuale e della
Storia.
*
Un problema di istruzione
A se stesso e agli scrittori come lui, Achebe assegnava infatti il compito
di risvegliare la consapevolezza dei suoi contemporanei; il compito, come
scriveva in un saggio del 1962, di "aiutare la mia societa' a conquistare
fiducia in se stessa e a mettere da parte i complessi nati in anni e anni di
denigrazione e automortificazione, il che sostanzialmente e' un problema di
istruzione, nel senso migliore del termine... Perche' nessun africano che
ragioni puo' sfuggire al dolore di quella antica ferita nella nostra
anima... Io mi riterrei sufficientemente soddisfatto - concludeva lo
scrittore - se i miei romanzi (specie quelli ambientati nel passato) non
servissero ad altro che a insegnare ai miei lettori che il loro passato, pur
con tutte le sue imperfezioni, non e' stato una sola, lunga, notte
selvaggia, dalla quale i primi europei erano venuti a liberarci, nel nome di
Dio".
Questo progetto si sarebbe poi arricchito negli anni a venire: Things Fall
Apart sarebbe infatti stato il primo "capitolo" di una quadrilogia narrativa
(della quale fanno parte No Longer at Ease, 1960, Arrow of God, 1964, A Man
of the People, 1966), seguita nel 1987 da Anthills of the Savannah - opere
destinate ad accompagnare trent'anni di storia della Nigeria. Ma soprattutto
a stimolare la nascita, in ogni parte dell'Africa, di nuovi autori, nuove
narrative, per dare voce a un continente che cambia.
Dal 1958, quando e' stato pubblicato, Things Fall Apart e' stato tradotto in
cinquanta lingue, ha venduto oltre dodici milioni di copie, e' stato
inserito nella lista dei cento migliori romanzi di ogni tempo. Tale e' la
popolarita' raggiunta, che per i suoi cinquant'anni si stanno approntando
celebrazioni di grande risonanza in molti paesi. Ma soprattutto, di questo
romanzo e' stato detto che abbia contribuito alla fine del colonialismo
britannico, almeno quanto La capanna dello zio Tom avesse contribuito
all'abolizione della schiavitu' negli Stati Uniti. Non e' poco.
*
Postilla bibliografica. Le sue fortune (e sfortune) italiane
Things fall Apart e' apparso in traduzione italiana gia' nel 1962, solo
quattro anni dopo l'uscita in inglese, nella collana Il Bosco di Mondadori.
La versione, di Giuliana De Carlo, e' intitolata Le locuste bianche. Nel
1977 il romanzo viene ripubblicato da Jaca Book con il titolo Il crollo in
un volume, Dove batte la pioggia, di seicento pagine: il libro, introdotto
da un saggio dello scrittore sudafricano Richard Rive, comprende infatti
anche due opere successive di Achebe, che fanno parte dello stesso ciclo
narrativo, La freccia di Dio (Arrow of God ,1964) e Ormai a disagio (No
Longer at Ease, 1960). Le traduzioni sono di Silvana Antonioli Cameroni, con
revisione di Marco Grampa. Nel 1991 la collana Il lato dell'ombra delle
Edizioni Lavoro propone il quinto romanzo di Chinua Achebe, Anthills of the
Savannah (1987) con il titolo I viandanti della storia, nella traduzione di
Franca Cavagnoli. Introdotto da Itala Vivan, il volume offre fra l'altro un
glossario di termini ibo e yoruba. Nel '98 ancora Jaca Book pubblica nella
traduzione di Davide Danti Speranze e ostacoli, una raccolta di saggi
letterari, tra cui Un'immagine dell'Africa: il razzismo in Cuore di tenebra
di Conrad, uno dei testi non narrativi piu' celebri di Achebe. Nel 2002, Il
crollo viene ripubblicato da e/o, su licenza Jaca Book, nella traduzione del
1977 e con la stessa prefazione (qui diventata postfazione) di Richard Rive.
Stessa operazione, nel 2004, per La freccia di Dio, ripubblicata da e/o su
licenza Jaca Book: stessa traduzione del 1977, ma questa volta la
postfazione e' scritta da Claudio Gorlier.

6. PROPOSTE. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Dal sito www.nonviolenti.org riprendiamo e diffondiamo]

Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile
sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di
promozione sociale).
Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente
soldi gia' destinati allo Stato.
Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e'
facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il
numero di codice fiscale dell'associazione.
Il codice fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235.
Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 mille. Per
molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non
fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola
quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato,
la gratuita', le donazioni.
I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del
Movimento Nonviolento ed in particolare per rendere operativa la "Casa per
la pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la
generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la
promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi
estivi, eccetera).
Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre
quarant'anni con coerenza lavora per la crescita e la diffusione della
nonviolenza.
Grazie.
Il Movimento Nonviolento
*
P. S.: se non fai la dichiarazione in proprio, ma ti avvali del
commercialista o di un Caf, consegna il numero di codice fiscale e di'
chiaramente che vuoi destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento.
Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261
(corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle
Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a
tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno.
*
Per ulteriori informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

8. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 434 del 23 aprile 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
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Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004
possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web:
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