Minime. 378



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 378 del 27 febbraio 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Bibi', Bibo' e il cavalier Cocorico'. Con lo scudo di Perseo che appare
in coda
2. Il 2 marzo a Bologna
3. Luciano Bonfrate: La voce delle vittime
4. Marcello Corradeschi: Sinfonietta dei diritti umani
5. Benito D'Ippolito: Verra' un tempo
6. La citta' dei confettieri
7. Assemblea nazionale di femministe e lesbiche: Tra la festa, il rito e il
silenzio noi scegliamo la lotta
8. Maria Grazia Giannichedda: Elettroshock e dintorni
9. Giobbe Santabarbara: Sogno o son desto?
10. Augusto Illuminati presenta "Chi sono questi trotskisti?" di Daniel
Bensaid
11. Enrico Peyretti presenta "Amare la Chiesa" di Michele Do
12. Riedizioni: Demostene, Orazioni scelte
13. Riedizioni: Antonia Fraser, Maria Antonietta
14. La "Carta" del Movimento Nonviolento
15. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. BIBI', BIBO' E IL CAVALIER COCORICO'. CON LO SCUDO DI PERSEO
CHE APPARE IN CODA

Siccome sono un vecchio militante, dirigente, funzionario di partito e
pubblico amministratore della sinistra italiana del secolo scorso, e ancora
nel 1994 mi sono trovato ad essere tra quelli che decidevano a Roma i
candidati delle liste dell'intera sinistra di allora (e' uno dei ricordi che
piu' mi angosciano: al termine di quella defatigante maratona uscii da
Botteghe Oscure nella tiepida notte romana pensando che avremmo perso le
elezioni, e con la coscienza che sarebbe venuto il diluvio), mi permetto di
tradurre in lingua corrente alcune cosucce che dovrebbero pur essere a tutti
evidenti ma che a quanto pare solo ai vecchi barbogi come il sottoscritto e'
dato di poter enunciare senza tanti giri di parole. Sono i privilegi della
decrepitezza.
*
1. Bibi' e Bibo'
Veltroni e Bertinotti, e i rispettivi sodali, hanno scelto di presentare due
liste separate e non coalizzate alle elezioni politiche del prossimo aprile
muovendo dal presupposto che le elezioni erano comunque perse.
Ed erano perse perche' il governo Prodi e' stato un disastro. E c'era un
solo modo per non doversi assumere la responsabilita' di quel disastro che
pure pienamente coinvolge i loro partiti. Far fuori Prodi e la di lui
memoria nella campagna elettorale, presentare liste con mutati simboli e
l'un l'altra contrapposte, e dire che tutta la colpa del disastro e' di
quegli altri.
E questo e' quanto e' accaduto e accadra'. Il resto e' solo menzogna ad uso
dei gonzi (i quali gonzi neppure immaginano quanto il ceto politico li
disprezzi).
Quindi, chi ha gia' deciso di far vincere le elezioni al cavalier Berlusconi
sono i signori Bibi' e Bibo', e la loro corte di favoriti. Questa e' la
situazione reale. E con cio' cade il ricatto della "dispersione del voto",
poiche' la dispersione dei voti democratici a vantaggio della destra
eversiva del cavalier Berlusconi l'hanno deliberata furbi furbi i due
caudillos della ex-sinistra, e l'hanno deliberata per il vantaggio loro
personale e della ristretta loro camarilla di parassiti a spese del pubblico
erario. Punto.
*
2. Ancora un retablo de las maravillas
Si apre ora il seguente scenario.
Primo. Chi crede che Veltroni possa comunque farcela a prendere piu' voti di
Berlusconi alla Camera, e quindi conquistare il premio di maggioranza nella
camera bassa in cui esso e' attribuito sul collegio unico nazionale, voti il
Pd ed incroci le dita. E poi, se avra' avuto ragione (cosa di cui ci
permettiamo di dubitare fortemente, ma il mondo della storia e' talora il
mondo dell'impossibile che si avvera - la fantasia e' invece molto piu'
rigorosa), si tenga il governo che si merita - ovvero la riedizione
dell'associazione a delinquere denominata Dc contro cui abbiamo combattuto
per cinquant'anni, cui si e' aggregata l'ala superficialmente soft
dell'apparato passato senza batter ciglio dal totalitarismo moscovita
all'imperialismo yankee -, e quindi la guerra e il razzismo, l'ecocidio e il
femminicidio, le mille meraviglie di cui ci e' stato dato ampio saggio in
questo biennio. E qui giunto puo' anche smettere di leggere.
Secondo. Chi crede che la ex-sinistra ora denominatasi arcobaleno che per
due anni ha condiviso la violazione della legalita' costituzionale, ha
condiviso la guerra, le stragi, il razzismo, il riarmo, l'ecocidio, per
miracolo sia divenuta buona semplicemente sciacquando in fretta e furia i
suoi panni nell'iride, ebbene, voti pure per quella banda di avventurieri
che tale prova di se' hanno dato governando il paese, e buon pro gli faccia.
La guerra e' in corso, le stragi continuano: noi non siamo disponibili ad
essere complici dei partiti e dei figuri corresponsabili della
partecipazione italiana alla guerra e alle stragi. Unicuique suum. Ed anche
questi signori possono interrompere qui questa sgradevole lettura.
Terzo. Chi crede invece - e noi siamo tra quelli -, che la frittata ormai e'
fatta, ma che la lotta continua, e che comunque c'e' da salvare il
salvabile, cioe' la democrazia, la legalita' costituzionale violata e
violata e violata ma ancora scritta nei codici e nelle coscienza, la
civilta' che si oppone alla barbarie, ebbene, continui pure a leggere queste
righe.
*
3. Per la Costituzione e per l'umanita'
Chi crede che la Costituzione vada rispettata e difesa con le unghie e con i
denti, altrimenti l'eversione berlusconiana ha gia' vinto, ha gia' vinto la
mafia, ha gia' vinto l'anomia; chi crede che la guerra sia un male e che
anni ed anni di massacro in Afghanistan (di cui il governo Prodi e i partiti
che lo sostenevano e i parlamentari che per la prosecuzione della guerra
hanno votato recano per sempre inescusabile la corresponsabilita' piena)
siano un orrore che deve cessare; chi crede che deve cessare l'infamia dei
campi di concentramento, della persecuzione dei migranti stabilita con la
legge Turco-Napolitano e ribadita con la legge Bossi-Fini e mantenuta
tuttora da tutti i governi susseguitisi nell'ultimo decennio; ebbene, chi
questo crede, ed io che scrivo lo credo, non voti per i partiti della guerra
e delle stragi, del razzismo e della corruzione, ma voti per una delle liste
a sinistra della ex-sinistra.
Per quel che allo stato attuale e' dato saperne ve ne saranno forse piu'
d'una. Non so se vi sara' quella della sinistra della nonviolenza,
femminista ed ecologista, socialista e libertaria. Ma una lista in qualche
modo votabile da persone un po' meno esigenti della parte piu' esigente di
me e' probabile che vi sara' comunque.
*
4. Adesso
Ma chi crede, come il vecchio militante che scrive queste righe, che per
opporsi al totalitarismo, alla guerra, all'ecocidio, al femminicidio, alla
mafia e alla corruzione, al razzismo e allo sfruttamento che tutto
schiavizza e distrugge, sia necessario presentare liste femministe,
ecologiste, nonviolente, e sia disponibile a impegnarsi per questo, ebbene,
lo dica adesso, perche' tra due giorni sarebbe troppo tardi.
Lo dica adesso, e lo faccia sapere a Michele Boato, Maria G. Di Rienzo, Mao
Valpiana (ai seguenti indirizzi di posta elettronica: Michele Boato:
micheleboato at tin.it, Maria G. Di Rienzo: sheela59 at libero.it, Mao Valpiana:
mao at nonviolenti.org), promotori dell'appello "Crisi politica. Cosa possiamo
fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?"; e il 2
marzo se possibile cerchi di essere a Bologna all'assemblea in cui si
verifichera' anche - non solo, ma anche - la reale fattibilita' di questa
ipotesi.
*
5. Il volto riflesso nello specchio
Il resto non e' silenzio, ma fragorosa perversione.
Devo fingere di essere anch'io cosi' ingenuo da pensare di dover ancora
spiegare ad altri ingenui che il non voto hic et nunc aiuta solo i peggiori?
Suvvia. Tutti lo sanno. Tutti lo sanno che il non voto aiuta solo i
peggiori, e quelli che il non voto predicano sono dei mascalzoni o degli
storditi, o degli storditi mascalzoni.
E quanto a chi cerca di persuaderci che dovremmo rassegnarci a votare per
l'ala che sa leggere e scrivere e meglio mentire del superpartito della
guerra e delle stragi; chi pretende di ridurci a sudditi, chi ci vorrebbe
arresi come lui si e' arreso, prostituiti come lui si e' prostituto al
superpartito della guerra, delle stragi, del razzismo, dell'ecocidio;
ebbene, non merita altra risposta che questa: il silenzio dello scudo di
Perseo.

2. INCONTRI. IL 2 MARZO A BOLOGNA

L'assemblea promossa dall'appello di Michele Boato, Maria G. Di Rienzo, Mao
Valpiana, "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti
e amici della nonviolenza?" per verificare la possibilita' di liste
femministe, ecologiste e della nonviolenza alle elezioni di aprile, si
svolgera' domenica 2 marzo a Bologna, dalle ore 10 alle 17 circa, nella sala
sindacale dei ferrovieri (appena usciti dalla porta principale della
Stazione, lato piazzale, a sinistra si vede il parcheggio delle biciclette,
dove c'e' un'entrata con una sbarra per andare alla mensa e alla sede dei
carabinieri: poco avanti, sulla destra, c'e' la sala con la scritta Cub).
Tutti gli interventi avranno un limite di tempo che stabiliremo assieme
all'inizio (proposta: non oltre i 10 minuti); da un certo momento in poi (se
lo stabiliremo assieme) spazio privilegiato alle proposte, su cui prendere
eventuali decisioni.
Se ci sono gia' proposte abbastanza precise, attinenti al tema (programmi,
metodi di lavoro, eccetera) sarebbe meglio portarle scritte, in una
cinquantina di copie, per distribuirle dall'inizio.
*
Per informazioni, adesioni, contatti: micheleboato at tin.it
Per contattare individualmente i promotori: Michele Boato:
micheleboato at tin.it, Maria G. Di Rienzo: sheela59 at libero.it, Mao Valpiana:
mao at nonviolenti.org
Chi volesse inviare contributi scritti anche a questo notiziario, indirizzi
a: nbawac at tin.it

3. LE ULTIME COSE. LUCIANO BONFRATE: LA VOCE DELLE VITTIME

Se tu avessi l'udito piu' acuto
certo la sentiresti la voce delle vittime

e non esiteresti allora a chiamare
assassini gli assassini che le uccidono.

4. LE ULTIME COSE. MARCELLO CORRADESCHI: SINFONIETTA DEI DIRITTI UMANI

"Oh poverini
che duro lavoro e' il loro
di assassini"
(Nefasio di Panopoli)

I diritti umani
si sa, per tutti valgono
ma non per quei pezzenti degli afgani.

La democrazia
a chi somministrarla, e quanto, e come
lo sa la Cia.

La dignita' umana
ha bianca la pelle
maschio il sesso ed e' solo cristiana.

La civilta'
gliela insegnamo noi a staffilate
a quelli la'.

A suon di bombe
i barbari finiscan nelle tombe.

Ah che fatica, e che soddisfazione
essere i grandi del mondo insetticidi
e chi non e' d'accordo: nel bidone.

Per tutti vigono, si sa, i diritti umani
ma non per quei pezzenti degli afgani.

5. PAROLE NEL VENTO. BENITO D'IPPOLITO: VERRA' UN TEMPO

Verra' un tempo penoso, odioso
di piu' cupe, piu' dure menzogne
verra' il tempo degli scalini liquefatti
dello sgretolarsi dei pensieri
delle carni disfatte in sabbia e fumo.

Verra' un tempo furioso, oltraggioso
di piu' nere, piu' atroci oppressioni
nessuna maschera avra' piu' nessun volto
e nessun volto avra' piu' vera carne
nessuna carne avra' piu' soffio vivo.

Verra' un tempo, il tempo del sangue
a rovesci di pioggia, a pallottole
che perforano i sacchi ed i grembi
se le srotoli e gli occhi vi figgi
tu vi leggi bestemmie indicibili.

Verra' il tempo, quel tempo e' venuto
queste bombe queste mine queste raffiche
ne fan semina in questa terra afgana
europei, americani. Figliuolo
tu ricorda e prepara giustizia
tu ricorda e prepara la pace.

6. LE ULTIME COSE. LA CITTA' DEI CONFETTIERI

Proprio quando il militarismo cresce, taluni che una volta si dicevano
antimilitaristi rinunciano all'antimilitarismo.
Proprio quando la guerra e' in corso, taluni che una volta si dicevano
contro la guerra non sono piu' contro la guerra.
Proprio quando la Costituzione e' violata, taluni che una volta si dicevano
democratici e antifascisti pensano che in fin dei conti non e' una cosa
cosi' importante.
Proprio quando l'Italia e' coinvolta nelle stragi, taluni che una volta si
dicevano pacifisti dicono che si puo' tranquillamente voltar le spalle e
parlar d'altro.
Sono bastati qualche pomposo patrocinio e qualche stilla di finanziamento
pubblico accompagnati da quattro moine, e taluni che una volta si dicevano
nonviolenti si son lasciati arruolare al servizio della morte. Non doveva
essere molto salda quella tanto esibita virtu', se ha ceduto alla prima
offa.
*
Taluni, che in anni lontani seppero dire di no al razzismo e alla guerra, in
questi ultimi due anni non hanno esitato a sostenere che il massacro della
popolazione afgana da parte delle truppe occupanti terroriste e stragiste
della coalizione imperialista e razzista e' cosa buona e giusta. Poi si
sorprendono che dopo un decennio di occupazione e di stragi gli afghani non
siano contenti della nostra presenza militare di occupanti e belligeranti
all'effettuale servizio dei signori della guerra e del narcotraffico,
all'effettuale servizio del primo e piu' potente terrorista mondiale (che
per disgrazia del mondo e' tuttora presidente degli Stati Uniti d'America).
*
Ahinoi, che per esserci battuti in questi due anni contro la guerra siamo
stati apostrofati come "estremisti", per esserci battuti in difesa della
Costituzione siamo stati scherniti come "fondamentalisti", per esserci
battuti contro le stragi siamo stati definiti "irresponsabili".
Ohibo', che non si finisce mai di imparare.
*
Possiamo dirlo? certi signori ci ricordano quel racconto di Max Beerbohm in
cui un povero personaggio che faceva una misera fine si qualificava
"diabolista cattolico", per spiegar che era si' "diabolista" (anche a quei
tempi certi sciagurati deliri erano ben accolti in societa', e non c'era
ancora la televisione), ma - perbacco - di un diabolismo che avesse una
certa serieta' e un certo stile, e quindi "cattolico".
Ugualmente certi propagandisti odierni della guerra che fino a due anni fa
si dichiaravano contro la guerra "senza se e senza ma" (e gia' l'uso di una
formula del genere, che nessuno poteva prendere sul serio, era sintomatico
di un di piu' di retorica che mascherava a malapena - ovvero flagrantemente
denunciava - un di meno di persuasione) si sono si' convertiti alla virtu'
della guerra sola igiene del mondo, ma pretendono di farlo "da nonviolenti",
e sono quindi "militaristi nonviolenti", fenomeno di nuovo genere che
consegnamo agli studiosi.

7. DOCUMENTI. ASSEMBLEA NAZIONALE DI FEMMINISTE E LESBICHE: TRA LA FESTA, IL
RITO E IL SILENZIO NOI SCEGLIAMO LA LOTTA
[Dal sito di "Noi donne" (www.noidonne.org) riprendiamo il documento
conclusivo dell'assemblea nazionale di femministe e lesbiche svoltasi a Roma
il 24 febbraio 2008, pubblicato col titolo "Tra la festa il rito e il
silenzio scegliamo la lotta!" e il sommario "Il 23 e 24 febbraio a Roma
oltre 400 'Femministe e Lesbiche Ai Tavoli', provenienti da tutta Italia,
hanno discusso per dare un seguito al percorso nazionale iniziato con la
manifestazione del 24 novembre contro la violenza maschile sulle donne"]

Documento conclusivo dell'Assemblea nazionale di femministe e lesbiche
Roma, 24 febbraio 2008
Due giorni in cui i nostri desideri, le nostre differenze e le nostre idee
ed elaborazioni politiche si sono incontrate per dare sostanza
all'affermazione della nostra autodeterminazione.
Abbiamo discusso insieme delle strategie di resistenza e trasformazione del
mondo che abitiamo e delle pratiche che intendiamo agire per fermare la
violenza maschile che si manifesta in varie forme: quella che avviene in
famiglia, quella delle istituzioni e delle leggi che espropriano e
controllano i nostri corpi, del sistema economico che precarizza le nostre
esistenze, della cultura e della formazione che ci educa alla passivita' e
alla subalternita', dell'eterosistema che costringe i nostri desideri e le
nostre relazioni all'interno del modello unico dell'eterosessualita'.
Abbiamo discusso di spazio pubblico, della sua presunta neutralita' e della
necessita' di riappropriarci di tutti gli spazi con la nostra pratica
collettiva e autodeterminata.
Abbiamo parlato dell'accesso e della riappropriazione da parte delle donne
delle tecnologia e dei mezzi di comunicazione, tramite l'utilizzo del
free-software.
Abbiamo parlato di razzismo, cercando di partire da noi per esplorare la
complessita' del rapporto con l'altra, anche alla luce dei nostri privilegi,
sottolineando che non possiamo dirci autodeterminate se a tutte, e quindi
anche alle donne migranti, non vengono garantiti quei diritti che
rivendichiamo e riteniamo minimi per la nostra esistenza.
*
Il sommovimento femminista e lesbico ha espresso la necessita' di altri
momenti di confronto e discussione, nonche' di proseguire la lotta facendo
vivere le nostre elaborazioni nei prossimi appuntamenti che verranno
costruiti:
- un presidio il 4 marzo sotto il Tribunale di Bologna per un processo per
stupro;
- un presidio il 5 marzo sotto la sede della Corte di cassazione a Roma per
solidarieta' alle donne che hanno denunciato per stupro un medico
anestesista;
- un presidio il 18 marzo a Perugia, sotto il tribunale dove si terra'
l'udienza preliminare per l'uccisione di Barbara Cicioni da parte del
marito;
- una manifestazione nazionale a maggio in una citta' del sud contro la
violenza maschile nelle sue varie forme;
- due giorni di discussione nazionale forse nel mese di giugno;
- una campagna nazionale per l'autodeterminazione e la liberta' delle donne
e delle lesbiche che si articolera' attraverso le proposte discusse dai vari
gruppi tematici;
- un 8 marzo auto-organizzato da femministe e lesbiche a livello
territoriale che rilanci la lotta per l'autodeterminazione, manifestando con
lo striscione comune: "Tra la festa, il rito e il silenzio noi scegliamo la
lotta".
*
L'assemblea ritiene necessario che femministe e lesbiche producano conflitto
in piena autonomia e in modo autodeterminato. Esprimiamo un forte e chiaro
no alla strumentalizzazione a fini elettorali dell'8 marzo da parte di Cgil,
Cisl e Uil, organizzazioni che sostengono politiche familiste e di controllo
sui corpi e a cui non deleghiamo l'espressione del nostro pensiero e delle
nostre pratiche politiche.
*
Per informazioni e contatti: http://flat.noblogs.org

8. RIFLESSIONE. MARIA GRAZIA GIANNICHEDDA: ELETTROSHOCK E DINTORNI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 23 febbraio 2008, col titolo
"Elettroshock: tigre di carta. Pensiamo alla psichiatria oggi".
Maria Grazia Giannichedda, acutissima sociologa, e' stata una delle
principali collaboratrici degli indimenticabili Franco Basaglia e Franca
Ongaro Basaglia, la cui lotta per una psichiatria democratica e per la
dignita' umana di tutti gli esseri umani tuttora prosegue]

"Favorire l'istituzione nei Servizi psichiatrici di diagnosi e cura (Spdc)
degli ospedali pubblici, di almeno un servizio di elettroshock per ogni
milione di abitanti": questa la richiesta indirizzata al ministero della
salute da parte dell'Associazione italiana per le terapie
elettroconvulsivanti (Aitec) che cerca, in questi giorni, la firma della
Societa' italiana di psicopatologia che tiene a Roma il suo XII Congresso.
La petizione lamenta che in Italia il servizio sanitario nazionale fornisce
questa prestazione solo in sei Spdc e in tre cliniche convenzionate,
lasciando immaginare strutture oberate di lavoro per evadere una domanda che
dovrebbe essere enorme, se si richiede l'istituzione di una quarantina di
centri pubblici. Ma l'Aitec non fornisce alcun dato sulle persone che in
Italia richiedono l'elettroshock, e non hanno avuto la curiosita' di
cercarlo neppure i giornali che in questi giorni hanno diffuso, con toni per
lo piu' critici, la petizione degli psichiatri e il loro lamento
sull'ostracismo di cui sarebbero vittime. Qualche cifra e' invece assai
utile per capire il significato e il peso di questa proposta.
Il piu' importante tra i centri italiani che praticano l'elettroshock e' la
Clinica psichiatrica dell'Universita' di Pisa diretta da Giovanni Battista
Cassano. Stando ai dati dell'Osservatorio regionale, negli ultimi anni la
clinica ha effettuato cicli di elettroshock su un centinaio di persone
all'anno, con una evidente tendenza al decremento - da 170 persone nel 2001
a 86 nel 2006 - e una costante: circa un terzo delle persone provengono
dalla Toscana. Difficile credere che questi dati siano l'evidenza di un
ostracismo contro l'universita' di Pisa: Cassano gode di prestigio
scientifico e popolarita' mediatica e ha una forte egemonia culturale nella
psichiatria della sua regione, la cui normativa in questo campo e'
tutt'altro che repressiva. La Toscana vieta infatti l'uso dell'elettroshock
solo sui minori e sugli ultrasessantacinquenni, limitandosi a monitorare il
suo uso e a prescrivere procedure per il consenso informato dei pazienti.
Cosa significa allora il fatto che si facciano cosi' pochi elettroshock nel
centro che vanta il maggior credito internazionale? Significa, innanzi
tutto, che l'equipe di Pisa applica correttamente l'elettroshock solo su
quella ristretta nicchia di situazioni patologiche sulle quali questa
tecnica e' ritenuta efficace da coloro che la sostengono (in questo caso,
pero', davvero non si capisce perche' chiedere che venga quadruplicato il
numero dei centri pubblici per l'elettroshock). C'e' poi un secondo elemento
influente, il processo di riforma della psichiatria avviato in Italia oltre
quarant'anni fa, che ha prodotto nei servizi pubblici, pur tra limiti
enormi, un'offerta ampia di tecniche terapeutiche, e ha tolto di mezzo
quell'ospedale psichiatrico che per mezzo secolo e' stato sede di
sperimentazione e applicazione massiva dell'elettroshock. La petizione
dell'Aitec e' in questo senso illuminante. Vengono infatti citati come buoni
esempi paesi europei che hanno, insieme, un gran numero di centri di
elettroshock e di ospedali psichiatrici: dall'Ungheria alla Finlandia, dove
esistono solo ospedali psichiatrici, alla Germania e Inghilterra, dove i
servizi comunitari sono sempre piu' impoveriti nelle risorse dalla
prevalenza della psichiatria manicomiale.
Questo e' il punto centrale, il legame profondo tra elettroshock e cultura
manicomiale. Se occorressero prove ulteriori di tale connessione e dei danni
che possono derivarne, queste vengono da un fatto di questi giorni. Il 18
febbraio sono stati rinviati a giudizio il direttore e una psichiatra del
Spdc di Cagliari per la morte per embolia di un uomo di cinquant'anni, che
l'anno scorso era rimasto legato al letto, senza interruzione, per un'intera
settimana. Quel reparto e' uno dei nove centri in cui si pratica
l'elettroshock, e la psichiatra imputata fa riferimento, come altri suoi
colleghi di reparto, al Centro Bini di Roma, fondato e diretto da Athanasios
Koukopoulos, che e' il promotore della petizione citata all'inizio.
Due conclusioni allora. La prima: per ora, almeno in Italia, i dati sul suo
uso dimostrano che l'elettroshock e' una tigre di carta. Si rischia di
attribuirgli un peso che non ha, se si accetta di dar fiato al dibattito
ideologico con cui l'Aitec cerca di uscire dall'angolo in cui si trova
confinata. Ma il fatto di Cagliari obbliga a un'altra riflessione. Pratiche
come la contenzione fisica, le porte chiuse, l'uso degli psicofarmaci come
camicia di forza chimica, con danni biologici e culturali non minori di
quelli dell'elettroshock, fanno parte dell'armamentario sedicente
terapeutico di molti psichiatri e servizi che non difendono ne' usano
l'elettroshock, e che magari si apprestano a celebrare, il prossimo 13
maggio, il trentennale di una legge di riforma di cui smentiscono
quotidianamente lo spirito e la lettera. Di questo, e non dell'elettroshock
conviene parlare, domandandosi come mai sia cosi' lento, sporadico e
precario il processo di trasformazione della psichiatria che pure in Italia
ha messo radici piu' che altrove e ha mostrato i suoi esiti positivi, tra i
quali il basso ricorso all'elettroshock. Conviene interrogarsi sulle azioni
e le omissioni del variegato mondo degli psichiatri e sulle responsabilita'
della politica, a livello regionale e nazionale. In questi giorni la
ministra della salute Turco si appresta a consegnare alle Regioni le "linee
strategiche per la salute mentale", uno sconfortante documento di quaranta
pagine, fitto di indicazioni amministrative che le regioni hanno il potere
di ignorare e del tutto privo di accenni sulle priorita', sui punti dolenti
dei servizi e sulla qualita' delle prestazioni, ambiti che invece sono i
soli su cui il ministero potrebbe agire con una qualche speranza di
efficacia. Anche su questo governo senza qualita' converra' ritornare, nei
prossimi inevitabili dibattiti sul trentennale della "180".

9. RIFLESSIONE. GIOBBE SANTABARBARA: SOGNO O SON DESTO?

Come quel Rip van Winkle devo aver sonnecchiato un po' troppo a lungo, se
oggi mi sveglio e sento che c'e' ancora chi propone di torturare le persone
con l'elettroshock e se ne discute amabilmente.
Pensavo che non fosse piu' all'ordine del giorno il dibattito sulle virtu'
terapeutiche, taumaturgiche o metafisiche della tortura. Ma evidentemente
devo essermi perso qualche puntata negli ultimi sviluppi della civilta'.
Andro' ad informarmi in qualche centro di ricerca a' la page: Guantanamo,
Abu Ghraib...

10. LIBRI. AUGUSTO ILLUMINATI PRESENTA "CHI SONO QUESTI TROTSKISTI?" DI
DANIEL BENSAID
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 17 gennaio 2008, col titolo "La storia
dell'eresia trotskista in tutte le sue varianti" e il sommario "Dalla storia
del bolscevismo al conflitto del profeta disarmato con Stalin, fino al
dibattito sulla natura sociale dell'Urss. Un libro di Daniel Bensaid per le
edizioni Alegre, con la prefazione di Salvatore Cannavo'".
Augusto Illuminati, nato a Perugia nel 1937, e' docente di filosofia
politica all'Universita' di Urbino; tra le sue molte opere segnaliamo
particolarmente Sociologia e classi sociali, Einaudi, Torino 1967, 1977;
Kant politico, La Nuova Italia, Firenze 1971; Lavoro e rivoluzione,
Mazzotta, Milano 1974; Rousseau e la fondazione dei valori borghesi, Il
Saggiatore, Milano 1977; Classi sociali e crisi capitalistica, Mazzotta,
Milano 1977; Gli inganni di Sarastro, Einaudi, Torino 1980; La citta' e il
desiderio, Manifestolibri, Roma 1992; Esercizi politici. Quattro sguardi su
Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994.
Daniel Bensaid, insegna filosofia all'Universita' di Parigi VIII
(Saint-Denis). Tra i protagonisti del maggio '68 e dirigente della Lcr
francese, e' uno dei maggiori filosofi marxisti contemporanei. Direttore
della rivista "Contretemps". Tra le opere di Daniel Bensaid: Walter
Benjamin, sentinelle messianique, Plon, Paris 1990; La discordance des
temps, Editions de la Passion, Paris 1995; Le pari melancolique, Fayard,
Paris 1997; Contes et legendes de la guerre ethique, Textuel, Paris 1999;
Communisme. Heritage sans mode d'emploi, Michalon, Paris 2000; Passion Karl
Marx, Les hyeroglyphes de la modernite', Editions Textuel, Paris 2001; in
italiano, oltre a vari articoli e contributi, sono stati pubblicati: Gli
irriducibili, teoremi di resistenza allo spirito del tempo, Asterios,
Trieste 2004; Marx l'intempestivo, Edizioni Alegre, Roma 2007; Chi sono
questi trotskisti? Storia e attualita' di una corrente eretica, Edizioni
Alegre, Roma 2007]

Nella prefazione al libro di Daniel Bensaid, intitolato Chi sono questi
trotskisti? Storia e attualita' di una corrente eretica (Edizioni Alegre,
2007, pp. 159, euro 16), Salvatore Cannavo' - erede di quella tradizione in
Italia - dice che "i meriti di quella fase storica" sono certi, ma che
passati gli anni, "resta forte e fondato il dubbio che il trotskismo
maggioritario abbia seguito troppo e troppo a lungo i movimenti, le
dinamiche, i sussulti del 'partito perduto', cioe' del grande fenomeno che
ruotava attorno all'Unione Sovietica, nella segreta speranza che si aprisse
la fessura per il rientro e la rigenerazione".
Di qui la grande suggestione culturale esercitate dai temi trotskisti, ma
anche il limite dell'iniziativa politica della IV Internazionale e delle
organizzazioni nazionali che ad essa si richiamarono, in un convulso
susseguirsi di compattamenti e scissioni. Sulla stessa lunghezza d'onda, il
testo di Bensaid preferisce, sin dalla premessa, impiegare al plurale il
termine "trotskismi" e parla nel contesto della simultanea decomposizione
dello stalinismo e della socialdemocrazia, di una "vittoriosa sconfitta",
che preserverebbe la possibilita' di riprendere la lotta avvalendosi di una
memoria del "secolo breve", necessaria per avventurasi in quello successivo.
Bensaid ricostruisce brevemente la storia del bolscevismo negli anni Venti,
il conflitto di Trotskij con Stalin, gli anni dell'esilio e il tentativo di
organizzare un'opposizione al regime staliniano del partito e
dell'Internazionale negli anni Trenta, nonche' il problematico dibattito in
merito alla natura sociale dell'Urss, sulla cui ambigua definizione di stato
operaio burocraticamente degenerato vengono sollevati consistenti dubbi. La
proposta di fare entrare alcune sezioni dell'opposizione di sinistra nei
partiti socialdemocratici nel 1934 viene interpretata come la prima
sperimentazione di quella tattica che sarebbe poi stata denominata
"entrismo": una tattica che era consistita nell'infiltrare i militanti
trotskisti dentro i partiti aderenti alla II o alla III Internazionale, con
vari livelli di esplicitazione o di occultamento delle rispettive posizioni.
Il primo tentativo non ebbe tuttavia immediato seguito, tanto che fra il
1936 e il 1938 vennero gettate le basi per la costituzione di una IV
Internazionale indipendente, che nasceva tuttavia in una fase di riflusso
del movimento operaio, con il rischio di confinarsi a un ruolo di piccolo
gruppo. Aveva inizio, cosi', una storia controversa, ricca di fermenti
teorici e di iniziativa politica, ma anche di previsioni erronee e di
scissioni ripetute: una storia ricostruita con molta accuratezza, che si
intreccia con quella delle grandi potenze e dei partiti di massa per tutto
il periodo che va dallo scoppio della seconda guerra mondiale agli anni
Sessanta.
Dopo la penosa "traversata del deserto" degli anni Cinquanta, il decennio
successivo segno' una ripresa del movimento di massa e lo schiudersi di
nuove occasioni di intervento, mentre diventava palese la crisi del sistema
sovietico. Si presento' pero' il problema della fuoriuscita dall'entrismo,
specialmente nelle sue forme piu' clandestine, che segnera' la crisi e la
trasformazione delle organizzazioni trotskiste alla fine dei Sessanta. Piu'
che una rinascita della struttura internazionale, che avrebbe continuato a
oscillare fra riunificazioni e scissioni, a partire dal 1968 divento'
interessante l'incidenza locale di orientamenti trotskisti, proprio in quei
paesi come la Francia e l'Italia in cui era stata consumata e superata
l'esperienza entrista (pensiamo alla Sinistra Critica e alla Lcr), mentre
ben poco sarebbe emerso dalla dissoluzione dell'impero sovietico. Nelle
conclusioni Bensaid si chiede se la sequenza in cui iscrive la storia dei
trotskismi non giunga a termine con quella dello stalinismo, che essi per
primi hanno combattuto in nome del marxismo rivoluzionario. Si potrebbe
forse rispondere che, in ogni caso, i trotskismi appartengono alla dinamica
organizzativa di una fase fordista che si e' irrevocabilmente conclusa,
dando luogo a nuove soggettivazioni politiche e modelli della lotta di
classe.

11. LIBRI. ENRICO PEYRETTI PRESENTA "AMARE LA CHIESA" DI MICHELE DO
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questa
segnalazione.
Enrico Peyretti (1935) e' uno dei maestri della cultura e dell'impegno di
pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato
con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il
foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel
Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian
Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro
Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo
comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione
col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento
Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora
a varie prestigiose riviste. Tra le opere di Enrico Peyretti: (a cura di),
Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni,
Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi
1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?,
Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'.
Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e'
disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica
Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e
nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al
libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro
di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu'
volte riproposta anche su questo foglio; vari suoi interventi (articoli,
indici, bibliografie) sono anche nei siti: www.cssr-pas.org,
www.ilfoglio.info e alla pagina web
http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Un'ampia bibliografia
degli scritti di Enrico Peyretti e' in "Voci e volti della nonviolenza" n.
68.
Su Michele Do riportiamo alcuni frammenti da un piu' ampio ricordo scritto
da Enrico Peyretti che abbiamo pubblicato nel n. 1118 de "La nonviolenza e'
in cmamino": "E' morto sabato 12 novembre 2005 ad Aosta, don Michele Do, un
uomo autentico, un prete cristiano, un testimone dell'umana sete di Dio.
Nato a Canale, presso Alba (provincia di Cuneo), il 13 aprile 1918,
abbandono' l'insegnamento in seminario nel 1945, ritirandosi nella frazione
di St. Jacques di Champoluc (Aosta), allora senza strada, villaggio di alta
montagna, nel quale don Michele cercava la vita ritirata, pensosa. E' stato
rettore di quella piccola chiesa fino a quando, nella vecchiaia, si e'
ritirato nella Casa Favre, sulla pendice del monte, sopra il villaggio, una
pensione-fraternita', luogo di amicizia e spiritualita' aperta. Il suo
maggiore riferimento, nella linea del modernismo piu' spirituale - il cuore
umano come primo luogo della sete religiosa e dell'evangelo universale - fu
don Primo Mazzolari, insieme a tanti altri spiriti ardenti della chiesa e di
ogni focolare religioso. I suoi maggiori amici e fratelli di cammino furono
David Maria Turoldo, Umberto Vivarelli, padre Acchiappati, Ernesto Balducci,
sorella Maria dell'eremo di Campello e, tramite lei, Ernesto Buonaiuti,
padre Rogers e sua moglie (anglicani) e tanti, tanti altri, non solo
credenti, ma tutti assetati e commensali di verita' e autenticita' vissuta.
Appartato, ma senza polemiche superficiali, rispetto alle strutture
ecclesiastiche, e' stato un centro vivissimo di aperte amicizie e
accoglienze, che ha attirato una quantita' di cuori vivi in ricerca, da
tutte le condizioni umane. E' stato una grande anima, uno spirito acceso dal
fuoco vivo dello Spirito. Un cercatore instancabile di Dio. Fremeva e
cercava, in ogni colloquio e incontro, l'aiuto e l'ascolto nostro per una
rilettura essenziale del cristianesimo e di tutta la ricerca spirituale
umana, e comunicava tracce preziose di luce...". Un testo di Michele Do e'
nel n. 1133, ed alcune sue parole dette in una conversazione nel n. 1134 de
"La nonviolenza e' in cammino"]

Segnalo il libretto di Michele Do (1918-2005), Amare la Chiesa, uscito in
questo mese nelle edizioni Qiqaion, Bose 2008, pp. 108, euro 7,50, con
prefazione di Enzo Bianchi.
Non e' un testo ecclesiastico. E' la riflessione drammatica, trasparente,
alta di un uomo, un prete cristiano, che ha sofferto, elaborato, elevato la
sua libera e spirituale partecipazione alla chiesa cattolica, comunicante
con ogni spirito vivo.
Nel 1945 lascio' l'insegnamento nel seminario di Alba, la sua citta', e si
rifugio' a St. Jacques d'Ayas, in cima ad un ramo dei piu' alti e belli
della Valle d'Aosta, dove allora non arrivava la strada, per appartarsi ai
margini, insieme agli umili montanari. Visse lassu' tutti i sessant'anni
restanti della sua vita, diventando il centro di riferimento di una vasta
intensa rete di tante amicizie di credenti e non credenti, persone in
sintonia col suo anelito di concreta spiritualita', che intorno a lui si
incontravano.
Il libro e' composto di due testi, uno del 1968, l'altro del 1985. C'e' una
progressione dal primo al secondo.
Sono contento di avere collaborato, a suo tempo, al ricupero del primo:
allora don Michele non voleva neppure che si registrasse, e io misi insieme
il testo dagli appunti di una decina di ascoltatori di quella sua
conversazione. Dopo, come ad integrarla, egli mi disse: "La chiesa e'
l'umanita'". Pubblicammo quel testo sul mensile di alcuni cristiani torinesi
"il foglio" (www.ilfoglio.info) n. 327, dicembre 2005.
Il secondo testo e' la trascrizione di una sua lunga conversazione in un
convegno su don Primo Mazzolari, nell'abbazia di Sant'Egidio (la comunita'
di padre Turoldo, allora), a Sotto il Monte. Gli atti sono pubblicati nelle
edizioni Servitium. Michele Do vi ricostruisce il modo libero e fedele di
appartenere alla chiesa che fu di Mazzolari, suo grande ispiratore, ma va
oltre.
Ho fatto un ampio commento a questo testo nel convegno su Michele Do che
tenemmo a St. Jacques nell'agosto 2006, in una relazione dal titolo "La
Bibbia di tutti e' il cuore dell'uomo" [apparsa anche ne "La nonviolenza e'
in cammino", nn. 1394-1395 - ndr].
Questa conversazione di Sotto il Monte e' praticamente l'unico scritto
licenziato da lui stesso. Comunicava intensamente, scriveva appunti per se',
ma non pubblicava. Ora, amici suoi di Alba e di Ivrea stanno raccogliendo
testi registrati delle sue omelie e conversazioni. Questa pubblicazione di
Bose e' la prima che permette a chi non l'ha conosciuto di leggere il
pensiero vibrante di uno spirito ardente e immerso nella comunicazione mai
banale, sempre calda, da volto a volto, nell'amicizia cordiale, tesa
all'ascolto delle piu' alte voci sul valore e sulle luci della vita. Questo
per lui era la ricerca religiosa appassionata: "alcune dubitose
irrinunciabili chiarezze".

12. RIEDIZIONI. DEMOSTENE: ORAZIONI SCELTE
Demostene, Orazioni scelte, Mondadori, Milano 2008, pp. VI + 608, euro 12,90
(in supplemento a vari periodici Mondadori). Raccolte in un unico volume, a
cura di Sergio Aprosio, Antonietta Porro e Francesco Maspero, col testo
greco a fronte, le prime tre Filippiche (sinceramente non persuade la
ragione dell'esclusione della quarta enunciata a p. 38), le tre Olintiache,
l'orazione Per la corona, la Contro Midia e la Contro Conone. Ti affascina
sempre Demostene. D'accordo, e' un caratteraccio, ha i suoi mille difetti,
certe volte e' troppo retore, troppo furbo, troppo tutto quello che volete.
E poi io sono da sempre un aficionado di Lisia. Ma Demostene e' ancora e
sempre un maestro di antifascismo.

13. RIEDIZIONI. ANTONIA FRASER: MARIA ANTONIETTA
Antonia Fraser, Maria Antonietta. La solitudine di una regina, Mondadori,
Milano 2003, "Il giornale", Milano s.d. (ma 2008), pp. VI + 554, euro 6,90
(in supplemento al quotidiano "Il giornale"). Ditemi voi se non e' strana la
vita, mi diceva Annibale Scarpante iersera all'osteria di Iaiotto, giammai
avrei pensato che avrei neppur sfogliato un libro dedicato a quella cui
veniva attribuita la sprezzante battuta delle brioches: e invece scopro
dalle prime pagine del libro che quella battuta era stata gia' appioppata a
molte altre prima di lei, e che era una calunnia messa in giro dal
maschilismo sciovinista per calamitare sulle persone cui veniva attribuita
l'odio xenofobo, e cosi' esporle al disprezzo e alla furia: farne un facile
capro espiatorio del malaffare di molti del paese e del regime. Dopo questo,
come non leggere il libro? Ed e' - nel genere biografico - un buon libro,
rigoroso, note puntuali, bibliografia adeguata, indice dei nomi, di anni di
ricerche sodo frutto...

14. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

15. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 378 del 27 febbraio 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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