Minime. 372



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 372 del 21 febbraio 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Peppe Sini: La guerra continua
2. Femministe, ecologiste, nonviolente. Le liste dell'umana dignita'
3. Oggi a Mestre
4. Tutte le informazioni per l'assemblea di Bologna del 2 marzo
5. Illustrissimo
6. Fondazione Basso: Iniziative in ricordo di Marianella Garcia
7. Giovanni Mandorino: Gli "affari correnti" del governo Prodi
8. Francesco Battistini intervista Fabio Mini
9. Tommaso Di Francesco intervista Fabio Mini
10. Roberto Ciccarelli presenta "Le gouvernement de soi et des autres" di
Michel Foucault
11. Letture: Giuliana Sgrena, Il prezzo del velo
12. La "Carta" del Movimento Nonviolento
13. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. PEPPE SINI: LA GUERRA CONTINUA

La guerra continua, continuano le stragi.
Ma a nessuno sembra interessare la vita e la morte di quelle lontane
persone, che pure ci sono sorelle e fratelli.
E invece solo su questo si dovrebbe votare per le prossime elezioni
politiche in Italia: se quelle umane vite debbano essere salvate, o se
trucidarle sia consentito.
*
Sappia chi vota i partiti degli assassini (degli assassini dico che in
questi anni hanno cooperato in piena feroce coscienza ed atroce scellerata
illegalita' alla guerra e alle stragi reiteratamente deliberando la
partecipazione militare italiana a quella guerra terrorista e stargista,
imperialista e razzista, sotto ogni profilo illecita e disumana), che col
suo voto per la morte di quelle sorelle e quei fratelli vota.
Sappia chi pensa che quelle stragi siano quisquilie, che questo pensiero con
Hitler condivide.

2. EDITORIALE. FEMMINISTE, ECOLOGISTE, NONVIOLENTE. LE LISTE DELL'UMANA
DIGNITA'

Non cesseremo di ripeterlo, si vota sulla vita e sulla morte delle vittime
della guerra che anche l'Italia mena.
Non cesseremo di ripeterlo, nessuno finga di non sapere che votando quei
partiti che la guerra hanno votato quel crimine si assume.
Non cesseremo di ripeterlo, la guerra e' in corso, in corso son le stragi,
il primo compito e' fermare la guerra e solo e' giusto votare liste che
tutto contrastino della guerra, delle stragi e delle scelte e gli apparati e
gli strumenti ad esse (ad essa guerra, ad esse stragi) intesi.
Chiediamo liste elettorali femministe, ecologiste, della nonviolenza.
Chiediamo liste cui si possa dare un voto che non grondi nero sangue.

3. INCONTRI. OGGI A MESTRE

Questa sera, giovedi' 21 febbraio, dalle ore 18 in punto alle ore 20 a
Mestre, presso il nuovo Centro culturale "Cittaperta" (in via Col Moschin
20, angolo via Felisati, a 300 metri dalla stazione Fs, lungo via Piave), si
svolgera' un incontro, aperto a tutte le persone delle regioni del nord-est
interessate, sull'appello promosso da Michele Boato, Maria G. Di Rienzo, Mao
Valpiana su "Crisi politica, cosa possiamo fare come donne e uomini
ecologisti e amici della nonviolenza?".
*
Scrivono nella lettera d'invito i promotori: "L'incontro e' aperto a tutti,
per scambiarci idee, notizie ed opinioni su cio' che avviene e si pensa a
Vicenza (elezioni comunali e provinciali nella citta' del Dal Molin),
Treviso (elezioni comunali nella citta' di Gentilini e della proposta di due
inceneritori), San Dona' (una lista civica di "sinistra non allineata" in
formazione), elezioni regionali in Friuli Venezia Giulia, con Illy che
spinge per distruggere la foresta del Cansiglio attraverso gli impianti in
Forcella Palantina, ecc. e parlare della proposta di liste della nonviolenza
alle prossime elezioni politiche anticipate (che, con l'eventuale ministero
per Galan, potrebbero portare anche allo scioglimento del Consiglio
regionale del Veneto). Ci vediamo?".
*
Per informazioni, adesioni, contatti: micheleboato at tin.it
Per contattare individualmente i promotori: Michele Boato:
micheleboato at tin.it, Maria G. Di Rienzo: sheela59 at libero.it, Mao Valpiana:
mao at nonviolenti.org

4. AGENDA. TUTTE LE INFORMAZIONI PER L'ASSEMBLEA DI BOLOGNA DEL 2 MARZO

L'assemblea promossa dall'appello di Michele Boato, Maria G. Di Rienzo, Mao
Valpiana, "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti
e amici della nonviolenza?" per verificare la possibilita' di liste
femministe, ecologiste e della nonviolenza alle elezioni di aprile, si
svolgera' domenica 2 marzo a Bologna, dalle ore 10 alle 17 circa, nella sala
sindacale dei ferrovieri (appena usciti dalla porta principale della
Stazione, lato piazzale, a sinistra si vede il parcheggio delle biciclette,
dove c'e' un'entrata con una sbarra per andare alla mensa e alla sede dei
carabinieri: poco avanti, sulla destra, c'e' la sala con la scritta Cub).
Tutti gli interventi avranno un limite di tempo che stabiliremo assieme
all'inizio (proposta: non oltre i 10 minuti); da un certo momento in poi (se
lo stabiliremo assieme) spazio privilegiato alle proposte, su cui prendere
eventuali decisioni.
Se ci sono gia' proposte abbastanza precise, attinenti al tema (programmi,
metodi di lavoro, eccetera) sarebbe meglio portarle scritte, in una
cinquantina di copie, per distribuirle dall'inizio.
*
Per informazioni, adesioni, contatti: micheleboato at tin.it
Per contattare individualmente i promotori: Michele Boato:
micheleboato at tin.it, Maria G. Di Rienzo: sheela59 at libero.it, Mao Valpiana:
mao at nonviolenti.org
Chi volesse inviare contributi scritti anche a questo notiziario, indirizzi
a: nbawac at tin.it

5. LE INUTILI DOMANDE. ILLUSTRISSIMO

Illustrissimo signor Presidente,
Quando una guerra si puo' chiamare guerra?
Quando muoiono dieci persone, cento, mille, un milione, un miliardo, un
miliardo di miliardi?
*
Quando un omicidio si puo' chiamare omicidio?
Dipende dal colore della pelle?
Dipende dalla lingua che uno parla?
*
Quando i campi di concentramento si possono chiamare campi di
concentramento?
Quando governa il centrodestra?
*
Quando la riduzione in schiavitu' sui bordi delle strade si puo' chiamare
riduzione in schiavitu'?
Dopo il coito?
Dopo il voto?
*
Quando il femminicidio si puo' chiamare femminicidio?
Quando e' commesso con un'accetta, con una motosega, con un B-52?
A tot metri di distanza dal tetto coniugale?
*
Quando il razzismo si puo' chiamare razzismo?
Se le ruspe hanno il bollo scaduto?
Dopo che il sindaco e' stato eletto in parlamento?
*
Quando il golpe si puo' chiamare golpe?
Solo se parliamo correntemente castigliano?
*
Mi chiedo perche' ve lo chiedo.
Mi chiedo se e' giorno o se e' notte.
In tanto buio che mi assordisce.
In tanto buio che mi toglie il fiato.

6. MEMORIA. FONDAZIONE BASSO: INIZIATIVE IN RICORDO DI MARIANELLA GARCIA
[Dalla Fondazione Lelio e Lisli Basso - Issoco (per contatti: filb at iol.it)
riceviamo e diffondiamo.
Lelio Basso, come ognun sa, e' stato anche uno dei maggiori protagonisti
dell'antifascismo, della Resistenza, dell'impegno civile per la democrazia,
delle lotte e della riflessione teorica del movimento operaio, della
solidarieta' internazionale per i diritti e la liberazione dei popoli
oppressi. Nato a Varazze nel 1903, fin da giovanissimo si impegno' nel
movimento socialista e collaboro' a vari fogli democratici, tra cui la
"Rivoluzione liberale" di Gobetti. Avvocato, antifascista, perseguitato,
resistente, il 25 aprile 1945 partecipo' all'insurrezione di Milano.
Costituente, parlamentare, dirigente della sinistra italiana, fondatore e
direttore di varie riviste (tra cui "Problemi del socialismo"), studioso del
marxismo e particolarmente di Rosa Luxemburg. Fondatore della Lega per i
diritti e la liberazione dei popoli, promotore della Dichiarazione
universale dei diritti dei popoli (Algeri 1976). E' scomparso nel 1978.
Opere di Lelio Basso: della sua vastissima produzione si veda almeno l'opera
postuma Socialismo e rivoluzione, Feltrinelli, Milano 1980; e l'ampia
introduzione (pp. 13-129) a Rosa Luxemburg, Scritti politici, Editori
Riuniti, Roma 1967, 1976. Opere su Lelio Basso: per un avvio cfr. Enzo
Collotti, Oskar Negt, Franco Zannino, Lelio Basso, teorico marxista e
militante politico, Angeli, Milano 1979 (con scritti di Basso e una
bibliografia curata da Fiorella Ajmone).
Lisli Basso Carini, nata nel 1906, antifascista, partecipa alla Resistenza;
impegnata in numerose iniziative politiche, sociali e culturali, per la pace
e per l'ambiente; compagna di Lelio Basso, e delle comuni lotte partecipe e
coraggiosa protagonista. Opere di Lisli Basso Carini: Io-tu, La Luna,
Palermo 1988; Cose mai dette, Il Mulino, Bologna 1995.
Marianella Garcia Villas, nata nel 1949, attivista per i diritti umani
salvadoregna, collaboratrice di monsignor Romero, amica della nonviolenza,
"avvocato dei poveri, compagna degli oppressi, voce degli scomparsi", fu
assassinata il 13 marzo del 1983 dai soldati del regime. La sua vita e'
narrata nel bel libro (ampiamente basato sulla registrazione di
conversazioni con lei svoltesi nel 1981 e nel 1982) di Raniero La Valle e
Linda Bimbi, Marianella e i suoi fratelli, Feltrinelli, Milano 1983, Icone,
Roma 2007]

Nell'ambito del LX anniversario della Dichiarazione universale dei diritti
umani la Fondazione Basso fedele ai suoi principi, ricorda il XXV
anniversario dell'assassinio di Marianella Garcia-Villas, presidente della
Commissione per i diritti umani (Cdhes) di El Salvador.
Marianella e' stata spesso in Italia per sostenere le ragioni della lotta in
favore dei diritti umani, lasciando di se' un ricordo forte.
Per questo motivo, un gruppo di amici che ha condiviso con lei l'impegno in
difesa dei diritti umani e la Fondazione Basso hanno deciso di ricordarla
con una serie di iniziative:
1. una nuova edizione del libro di Raniero La Valle e Linda Bimbi,
Marianella e i suoi fratelli. Dare la vita per i diritti umani in Salvador,
Icone Edizioni, 2007.
2. un convegno su "Marianella Garcia-Villas e i diritti umani nel Salvador
di ieri e di oggi": 13 marzo: Bologna, Sala  Farnese (da confermare); 28
marzo: Roma, Sala conferenze della Fondazione Basso; 5 aprile: Roma,
Universita' Roma Tre;
3. una mostra fotografica con materiale originale che potra' costituire un
valido ed utile strumento divulgativo per scuole, associazioni, enti,
sindacati, etc.
4. un catalogo della mostra.
I singoli programmi sono in fase di conclusione.
Per sostenere le spese di viaggio e soggiorno dei relatori e
l'organizzazione delle sopracitate iniziative, abbiamo bisogno del
contributo delle persone interessate.
Il programma definitivo sara' disponibile nel sito:
www.internazionaleleliobasso.it
Per la segreteria organizzativa: Chiara Forneris, Assunta Mariottini
Per informazioni e adesioni: Fondazione Lelio e Lisli Basso - Issoco, via
Dogana Vecchia 5, 00186 Roma, tel. e fax: 066877774, e-mail: filb at iol.it,
sito: www.internazionaleleliobasso.it

7. RIFLESSIONE. GIOVANNI MANDORINO: GLI "AFFARI CORRENTI" DEL GOVERNO PRODI
[Ringraziamo Giovanni Mandorino (per contatti: gmandorino at interfree.it) per
questo intervento.
Giovanni Mandorino e' una delle piu' rigorose e attive persone impegnate per
la nonviolenza, partecipa all'esperienza del Centro Gandhi di Pisa e cura il
sito della rivista "Quaderni satyagraha" (pdpace.interfree.it)]

Il governo Prodi e' dimissionario ormai da (almeno) due settimane ed e'
ancora in carica solo per il "disbrigo degli affari correnti".
Viste le ultime notizie che giungono dalla cronaca internazionale, non posso
fare a meno di chiedermi se rientra tra gli "affari correnti" il
riconoscimento internazionale come Stato sovrano di una regione di uno Stato
membro dell'Onu che ha auto-proclamato la propria indipendenza in violazione
(e comunque privo della "copertura") di risoluzioni approvate dal Consiglio
di Sicurezza dell'Onu.

8. RIFLESSIONE. FRANCESCO BATTISTINI INTERVISTA FABIO MINI
[Dal "Corriere della Sera" del 16 febbraio 2008, col titolo "Il generale
Mini: 'Il nuovo Stato conviene solo ai clan. Sara' un porto franco per il
denaro che arriva dall'Est'" e il sommario "L'intervista. L'ex comandante
della Nato in Kosovo: 'L'Ue sbaglia. Processo troppo rapido e affidato ai
peggiori'".
Francesco Battistini e' un giornalista e inviato del "Corriere della sera".
Fabio Mini, come e' noto, e' un generale dell'esercito italiano dotato di
vastissima esperienza internazionale, di acuto giudizio e nitida scrittura.
Come abbiamo piu volte avuto occasione di dire e' una persona, e un autore,
da cui gli amici della nonviolenza hanno molto da imparare. Tra le opere di
Fabio Mini: Comandare e comunicare, Alinari, Firenze 1989, L'altra
strategia, Franco Angeli, Milano 1998; La guerra dopo la guerra, Einaudi,
Torino 2003. Dalla medesima fonte dell'intervista estraiamo anche la
seguente scheda biobibliografica tratta da "Analisi Difesa" (in cui peraltro
non e' citato l'ultimo e a nostr avviso fondamentale libro di Mini, La
guerra dopo la guerra): "Fabio Mini e' Tenente Generale dell'Esercito
Italiano. Le sue specializzazioni militari includono quelle in missili
anticarro e difesa Nbc, ufficiale addetto alla Pubblica Informazione della
Nato, Ispettore Cbm per gli Accordi di Stoccolma ed in Operazioni
Psicologiche. Ha comandato tutti i livelli di unita' meccanizzate, dal
plotone alla brigata. Il suo ultimo incarico operativo e' stato quello di
comandante della Brigata "Legnano" durante l'operazione "Vespri siciliani"
contro il crimine organizzato in Sicilia. E' stato in seguito responsabile
della preparazione, addestramento e primo schieramento della Brigata in
Somalia. I suoi incarichi di Stato Maggiore comprendono quelli di Ufficiale
alle Operazioni e Difesa Nbc presso il IV Reggimento Corazzato, e di Capo
Sezione di Stato Maggiore presso la Brigata meccanizzata "Granatieri di
Sardegna". Dal 1979 al 1981 e' stato assegnato negli Stati Uniti presso la
IV Divisione di Fanteria a Fort Carson, nel Colorado, dove ha svolto gli
incarichi di Ufficiale addetto ai Piani ed Operazioni, Secondo in Comando
della Divisione Esercitazioni e Valutazioni (EED) e Capo della Divisione
Esercitazioni e Valutazioni/Centro Simulazione Combattimento. Al suo ritorno
in Italia ha prestato servizio quale Ufficiale addetto al Reparto Impiego
del Personale dello Stato Maggiore dell'Esercito, Capo dell'Ufficio Studi e
Coordinamento dello Stato Maggiore dell'Esercito, Capo dell'Ufficio Pubblica
Informazione e Portavoce del Capo di Stato Maggiore dell'Esercito. Dal 1993
al 1996 ha svolto l'incarico di Addetto militare a Pechino, Repubblica
Popolare Cinese. Con il grado di Generale di Divisione, ha diretto
l'Istituto Superiore di Stato Maggiore Interforze (Issmi). Nel 1999 ha
svolto due incarichi concomitanti presso lo Stato Maggiore della Difesa
quali Capo dell'Ufficio Generale per le Comunicazioni e la Pubblica
Informazione e Capo dell'Ufficio Generale di "Euroformazione". A partire dal
gennaio 2001 ha assunto la funzione di Comando Interforze delle Operazioni
nei Balcani. Nel 2002 il generale Mini ha assunto il comando delle
operazioni di pace in Kosovo a guida Nato (Kfor). Le sue decorazioni
comprendono l'Ordine al Merito della Repubblica Italiana (Omri), la Medaglia
al Merito Mauriziana, la Medaglia di Lungo Comando, la "U.S. Army
Commendation Medal" e la Medaglia "Ba Yi" della Repubblica Popolare Cinese.
Ha scritto molto su questioni militari, strategiche e geopolitiche. Tra i
suoi lavori i libri: Comandare e comunicare (Alinari, Firenze 1989), e
L'altra strategia (Franco Angeli, Milano 1998). E' autore di oltre venti
saggi e di molti articoli pubblicati su riviste militari e civili come "La
Rivista Militare", "Limes" e "Heartland". Nel 2001 ha curato la versione
italiana del libro Guerra senza limiti, i cui autori sono i colonnelli della
Repubblica Popolare Cinese Qiao Liang e Wang Xiaosui. Ha fondato e continua
a dirigere "Newstrategy", un istituto di ricerca e studio non a scopo di
lucro. E' membro delle Conferenze Mondiali Pugwash e del Comitato
scientifico di "Limes". Svolge regolarmente seminari informativi presso le
scuole ed i centri di addestramento nazionali dei Servizi di intelligence su
questioni strategiche dell'Asia, dell'Estremo Oriente e sul terrorismo e
crimine organizzato"]

- Francesco Battistini: Generale Mini, ma alla fine a chi conviene
quest'indipendenza?
- Fabio Mini: Ai kosovari. Non parlo della gente comune che non ha piu'
fiducia: alle elezioni ha votato solo il 45% e Hashim Thaci ha preso il 32.
No, conviene a chi comanda: allo stesso Thaci che fa affari col petrolio, a
Bexhet Pacolli che ha bisogno d'un buco dove ficcare i soldi del suo mezzo
impero, a Ramush Haradinaj che e' sotto processo all'Aja, ad Agim Ceku che
vuole diventare il generalissimo di se stesso... Del Kosovo indipendente, a
questi non gliene frega niente. Come non gliene frega ai serbi. Quel che
serve ai clan, d'una parte e dell'altra, e' un posto in Europa che apra
nuove banche. Un porto franco per il denaro che arriva dall'Est. Montecarlo,
Cipro, Madeira non son piu' affidabili. Ecco perche' pure Belgrado ci tiene
tanto. Altro che terra sacra: non entra nell'Ue, se prima non sistema i
soldi da qualche parte.
*
Fabio Mini sa di che cosa parla: nel 2002-2003, e' stato il comandante della
Nato in Kosovo. E non ha molta stima della nuova dirigenza di Pristina: "Da
lavarsi le mani, dopo avergliela stretta. Spero che la nuova generazione se
ne liberi presto. L'anima nera e' un signore di cui non le dico il nome,
perche' se lo scrive vengono li' e la ammazzano. E' il mandante di almeno 28
assassinati del partito di Rugova. Uno che, come molti dei capi Uck, non ha
mai spiegato la fine d'un migliaio di rom, serbi e albanesi accusati di
collaborazionismo, desaparecidos negli anni del primo dopoguerra. A
Pristina, si dice che se i pesci d'un certo lago potessero parlare...".
*
- Francesco Battistini: Pero' quest'indipendenza e' stata pagata con la
pulizia etnica. Con anni di apartheid sotto Belgrado. Era impossibile
rinviarla ancora...
- Fabio Mini: Io capisco la fretta dei kosovari. E' giustificata. Pensano a
se stessi. E' legittimo avere uno status definito, dopo anni di prese in
giro e tante promesse da Stati Uniti e Gran Bretagna. Quella che non capisco
e' la fretta della comunita' internazionale. Questi processi non si
risolvono in pochi anni. E non si affidano a chi ha partecipato allo
sfascio. Ci si rende conto che ora all'Aja non testimoniera' piu' nessuno,
contro gente che comanda uno Stato? E le modifiche al quadro internazionale?
La minaccia d'una proclamazione unilaterale c'e' sempre stata. Questa e' la
quarta volta che il Kosovo la mette in pratica. Quando c'ero io e la
proclamo' Rugova, dovetti scrivere a mezzo mondo: attenzione, ci saranno
conseguenze sul campo... Nei Balcani non sai mai quale mano arma il
coltello: al primo incidente, sara' uno scarico di responsabilita'. Lo sto
notando con le bombe di questi giorni: le bombe non sono tipiche dei
Balcani. Le hanno sempre messe personaggi venuti da fuori. Quando scoppiano,
e' il segnale che qualcuno sta ficcando il naso.
*
- Francesco Battistini: Si teme un effetto domino.
- Fabio Mini: Certo, questa proclamazione fa saltare il diritto
internazionale fondato sulla sovranita' degli Stati. Uno scempio voluto
dagli Usa, che in questo diritto non credono e l'hanno dimostrato in Iraq.
Sotto quest'aspetto, il Kosovo e' l'altra faccia dell'Iraq. Se all'Onu passa
il riconoscimento, dopo domattina saranno tutti autorizzati a fare lo
stesso: l'Irlanda del Nord, i baschi, i ceceni, i catalani... I primi ad
agitarsi sono gia' i serbi di Bosnia: hanno uno status di Repubblica piu'
alto del Kosovo, possono staccarsi subito dalla federazione bosniaca. In
fondo, chiedono la secessione che voleva Milosevic. Per bloccare Milosevic,
pero', sono morte decine di migliaia di persone. E noi ora gliela regaliamo
cosi'?
*
- Francesco Battistini: D'Alema ha detto in Commissione Esteri che l'Italia
riconoscera' quest'indipendenza.
- Fabio Mini: Sarebbe un errore fatale, peggio di quando si riconobbe in
tempi record la Croazia. Quella almeno era una Repubblica federata, non un
territorio sottratto a uno Stato membro dell'Onu. Non credo che l'Italia ci
caschera': il riconoscimento non spetta ai singoli Paesi, basta l'ombrello
Ue.
*
- Francesco Battistini: E Putin?
- Fabio Mini: Dal 1989 i russi non contavano piu' niente nei Balcani. E oggi
non gliene frega niente del Kosovo. Pero' stiamo facendo loro un regalo
grande: la Serbia. Buttiamo via vent'anni di lavoro. Toccasse a me, andrei a
Belgrado dal presidente Tadic e lo prenderei per la collottola: concedi
l'indipendenza prima che la proclamino i kosovari, ti conviene. Salvi il tuo
Paese. E la comunita' internazionale.

9. RIFLESSIONE. TOMMASO DI FRANCESCO INTERVISTA FABIO MINI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 9 febbraio 2008, col titolo "Kosovo, la
fretta di D'Alema prepara un altro disastro. Intervista di Tommaso Di
Francesco al generale Fabio Mini, ex comandante della Nato in Kosovo".
Tommaso Di Francesco, giornalista del "Manifesto", esperto di politica
internazionale, e' curatore e autore di acuti saggi di analisi e di
intervento politico, ma anche di pregevoli testi letterari in versi e in
prosa; tra i suoi volumi segnaliamo particolarmente: in ambito
saggistico-politico: (a cura di), Jugoslavia perche', Gamberetti, Roma 1995;
(a cura di), La Nato nei Balcani, Editori Riuniti, Roma 1999; in ambito
letterario: (a cura di), Veleno, Savelli, Milano 1980; Quintopiano, Edizioni
Manuzio, Roma 1981; (a cura di, con Antonio Ricci), Elenca, Valore d'Uso,
Roma 1982; Doppio deserto, PellicanoLibri, Roma 1985; Cliniche, Crocetti,
1987; (a cura di, con Pino Blasone), La terra piu' amata. Voci della
letteratura palestinese, Il manifesto, Roma 1988 (seconda edizione
accresciuta e aggiornata: Wasim Dahmash, Tommaso Di Francesco, Pino Blasone
(a cura di), La terra piu' amata. Voci della letteratura palestinese,
Manifestolibri, Roma 2002); Il giovane Mitchum, Il lavoro editoriale,
Ancona-Bologna 1988; Tuffatori, Crocetti, 1992; Incorpora testo, Piero
Manni, Lecce, 1994; Hotel Abisso, Mancosu, Roma, 1994]

Mercoledi', poco prima dello scioglimento delle Camere, Massimo D'Alema ha
comunicato alle Commissioni esteri di Camera e Senato che l'Italia
riconoscera' l'indipendenza unilaterale del Kosovo, annunciando che ci
saranno 200 italiani nella "missione civile e di polizia" di 2.000 uomini
che l'Unione Europea vuole dispiegare in Kosovo per gestire l'indipendenza.
Il parlamento italiano non l'ha mai discussa, e nemmeno il governo, in
carica per il "disbrigo degli affari correnti" non per attivare processi
internazionali delicatissimi.
Di questo abbiamo parlato con il generale Fabio Mini, ex comandante della
Nato in Kosovo.
*
- Tommaso Di Francesco: Non le sembra particolarmente azzardato tutto
questo, cosi' come considerare che la vittoria di misura di Boris Tadic a
Belgrado apra le porte all'accettazione dell'indipendenza unilaterale del
Kosovo?
- Fabio Mini: Il processo della definizione dello status del Kosovo e'
talmente delicato e complesso che e' un azzardo persino pensare di
liquidarlo con la discussione di qualsiasi Parlamento nazionale. La vittoria
di Tadic e' una buona notizia per la Serbia che vuole accedere all'Europa ed
una altrettanto buona per l'Europa che vede avvicinarsi una nazione che per
troppo tempo e di certo non per colpe collettive e' rimasta fuori dal
circuito degli stati. Ritengo pero' un errore pensare che Tadic possa o
abbia intenzione di barattare il Kosovo con l'ammissione della Serbia
all'Unione Europea. Non puo' sfuggire a lui, e tanto meno a Kostunica, che
legare l'accesso della Serbia all'Europa all'indipendenza del Kosovo
significa sottostare ad un vero e proprio ricatto. La Serbia di Kostunica
non e' nuova ai compromessi. Milosevic e' stato consegnato in cambio di una
congrua ripresa degli aiuti finanziari, ma qui la situazione e' diversa: la
Serbia non sta cedendo un presunto criminale ad un tribunale internazionale,
ma deve cedere la propria sovranita' su una parte del paese che verra'
gestita da chi deve ancora fare i conti con il tribunale internazionale. Se
questo nella nostra logica e' equivalente non lo e' per quella di nessun
serbo anche se smaliziato e desideroso di entrare in Europa come Tadic.
Forse da noi la voglia di chiudere le partite in sospeso prima delle ferie
induce a passi affrettati, ma in questo caso la fretta e' del tutto fuori
luogo ed e' anche un cambio sostanziale della politica ufficiale. Non
dimentico che la posizione italiana e' sempre stata per la prosecuzione del
dialogo e non per l'avallo delle iniziative unilaterali. Senza soluzione di
compromesso tra le parti il problema del Kosovo e' destinato a ingigantirsi
e a costituire un precedente gravissimo per l'intero diritto internazionale.
Il sostegno al dialogo, a prescindere dal tempo necessario, non mi sembrava
una posizione assunta per traccheggiare, ma per esprimere una politica forte
di rispetto del quadro del diritto internazionale di fronte a pressioni
legittime o fuori luogo di altri paesi interessati a modificarlo in maniera
subdola e surrettizia. In realta', proprio con l'elezione di Tadic le
prospettive di dialogo e di soluzione positiva e concordata aumentano e, a
pensar male ci si coglie sempre, forse la fretta e l'ineluttabilita' servono
proprio ad evitare che il dialogo riprenda.
*
- Tommaso Di Francesco: Per D'Alema l'indipendenza e' "irreversibile" e
"siccome i kosovari diranno 'siamo indipendenti sotto l'autorita' europea'
l'Europa deve assumersi questa responsabilita'. E intende farlo". Torna la
scelta dell'indipendenza controllata del piano Ahtisaari, fallito nel
negoziato. Stanno cancellando il ruolo delle Nazioni Unite?
- Fabio Mini: Che l'Europa intenda agire in modo unitario seguendo le
indicazioni delle Nazioni unite e' una buona notizia. Se invece l'unita' e'
ricercata per smantellare quel poco di legittimita' rimasta all'Onu, allora
ne diventa l'estrema unzione. Ritengo che al di la' delle parole apodittiche
la stessa Unione Europea non abbia alcuna intenzione di alterare il quadro
dell'Onu, anche se questo in Kosovo ha clamorosamente fallito. I motivi sono
essenzialmente due: l'Unione non e' in grado di sostituirsi alle Nazioni
Unite neppure se lo volesse. Non ne ha la forza e non ne ha l'autorita'
neppure per una situazione regionale come quella del Kosovo proprio per le
implicazioni globali che questa ha. Inoltre, l'Unione europea e' gia' parte
integrante del fallimento dell'Onu in Kosovo. Il cosiddetto pilastro della
Ricostruzione era ed e' gestito dall'Ue. Avrebbe dovuto rappresentare anche
il perno per un cambio sostanziale di stile di vita delle popolazioni e
avrebbe dovuto far decollare un Kosovo non vincolato alle politiche
socio-economiche della ex-Jugoslavia. L'economia e' il fallimento piu' grave
del Kosovo, quello che ha vanificato un minimo di benessere che avrebbe
consentito il ritorno dei rifugiati, l'attenuarsi delle rivendicazioni e
delle vendette e il ristabilimento di una vera sicurezza. Tutto questo non
e' avvenuto e si sono sprecati anni e risorse infinite per essere ancora, e
forse peggio, alla situazione del 1999. Se alle ultime elezioni oltre la
meta' dei kosovari albanesi non e' andata neppure alle urne significa che
hanno perduto la fiducia in tutte le organizzazioni internazionali che hanno
preteso di dettare le condizioni. Oggi piu' che della negazione di qualsiasi
compromesso da parte serba e albanese, bisognerebbe prendere atto della
perdita di autorevolezza di tutte le organizzazioni internazionali agli
occhi dei kosovari, serbi e albanesi, affrontando il problema con una buona
dose di umilta'. Con la tendenza attuale si avalla una posizione estremista
ed un atto unilaterale con altrettanto estremismo ed unilateralismo a
scapito dell'intero quadro generale istituzionale.
*
- Tommaso Di Francesco: La "missione civile e di polizia", votata dalla Ue
martedi' con l'astensione di Cipro che teme per la questione della
Repubblica turco-cipriota (e con i dubbi di Grecia, Slovacchia, Spagna e
Romania), sara' sancita il 18 febbraio dai ministri degli esteri della Ue.
Quale e' il quadro di legalita' di questa "missione" in rapporto alla
Risoluzione 1244 (votata dal Consiglio di sicurezza Onu con assunzione della
Pace di Kumanovo del giugno-luglio 1999) che riconosce invece la sovranita'
della Serbia sul Kosovo?
- Fabio Mini: Per la sostituzione di una missione Onu con una di
un'organizzazione regionale, come l'Unione Europea, c'e' bisogno di una
nuova risoluzione. Invece l'escamotage che mi sembra sia stato adottato e'
quello di considerare la missione europea sempre sotto il cappello dell'Onu
perche' comunque la missione della "presenza militare di sicurezza" rimane
invariata sotto il controllo della Nato. In ogni caso senza una chiara presa
di posizione del Consiglio di Sicurezza la missione parte malissimo.
Tuttavia partirebbe malissimo anche se ci fosse una nuova risoluzione per
una volta tanto sincera. Il cambio di responsabilita', la chiusura di Unmik,
la decisione di lasciare Kfor e l'orientamento a riconoscere l'atto
unilaterale d'indipendenza da parte dei kosovari albanesi dovrebbero essere
sanzionati da una risoluzione che ammettesse il fallimento di Unmik e di
tutte le iniziative dell'Onu; dovrebbe elencare quali nuovi sviluppi abbiano
portato al passaggio di mano, e questi non ci sono. Dovrebbe ammettere
l'impotenza internazionale di fronte alle pressioni di alcune lobby,
dovrebbe ammettere l'inconsistenza del tessuto istituzionale kosovaro finora
realizzato, dovrebbe ammettere che dopo nove anni il Kosovo non e' in grado
di gestire neppure un'autonomia controllata e nel frattempo lo si considera
indipendente. Dovrebbe elencare tutti i paesi e i territori che possono
rivendicare lo stesso trattamento di favore a partire da Taiwan,
dall'Irlanda del Nord, dai Curdi iraniani, iracheni, turchi e siriani, dai
paesi caucasici in lotta con la Russia, da quelli africani, dai Baschi in
Spagna e Francia, dagli Uyguri, dagli Hui e dai Mongoli in Cina e cosi' via.
Dovrebbe dire quale regola fondamentale rimane valida per dare una parvenza
di legittimita' ad un ordine mondiale sfasciato. Dovrebbe infine dire cosa
vogliono fare dei Balcani i soloni delle nazioni che si agitano nelle varie
campagne elettorali. Gli accordi e la logica di Dayton cade e cosi' cade la
Bosnia Erzegovina, si riapre la questione della Voivodina, del Sandjak,
degli albanesi della Macedonia e di quelli della valle di Presevo in Serbia,
di quelli in Grecia, ecc. Ed infine dovrebbe indicare chi si debba far
carico di gestire le conseguenze di un tale atto.
*
- Tommaso Di Francesco: La Ue dichiara di muoversi su una "interpretazione
creativa" dell'articolo 10 della Risoluzione 1244, quello sul ruolo del
Segretario dell'Onu, che pero', secondo l'articolo, dovrebbe intervenire per
applicare la Risoluzione, non cancellarla per accettare l'indipendenza
unilaterale.
- Fabio Mini: Creare significa trarre dal nulla. Tutto il mondo pensa che
dietro l'Europa ci sia qualcosa di concreto oltre ai sogni della mia
generazione e alle fantasie di quelle successive. Se non c'e' nulla, allora
che creino pure, ma che si preoccupino anche di gestire il casino creato.

10. LIBRI. ROBERTO CICCARELLI PRESENTA "LE GOUVERNEMENT DE SOI ET DES
AUTRES" DI MICHEL FOUCAULT
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 16 febbraio 2008, col titolo "Michel
Foucault. L'indocile autonomia della presa di parola" e il sommario
"Pubblicato in Francia Le gouvernement de soi et des autres, il volume sul
corso tenuto nel 1983 al College de France. Una ulteriore tappa del filosofo
francese nella critica del Politico. La virtu' democratica per eccellenza
non e' la decisione, ma l'esercizio della liberta' da parte dei dominati
nella complessa relazione che li oppone al governo della citta'"
Roberto Ciccarelli (Bari, 1973) svolge attivita' di ricerca presso
l'Istituto Universitario Orientale di Napoli; e' autore di vari saggi. Tra
le sue pubblicazioni: con Marino Centrone, Pensare la differenza, Levante,
Bari 1999; (a cura di), Inoperosita' della politica, DeriveApprodi, Roma
1999.
Michel Foucault, filosofo francese (Poitiers 1926 - Parigi 1984), critico
delle istituzioni e delle ideologie della violenza e della repressione.
Opere di Michel Foucault: Storia della follia nell'eta' classica, Rizzoli;
Raymond Roussel, Cappelli; Nascita della clinica, Einaudi; Le parole e le
cose, Rizzoli; L'archeologia del sapere, Rizzoli; L'ordine del discorso,
Einaudi; Io, Pierre Riviere..., Einaudi; Sorvegliare e punire, Einaudi; La
volonta' di sapere, Feltrinelli; L'uso dei piaceri, Feltrinelli; La cura di
se', Feltrinelli. Cfr. anche i tre volumi di Archivio Foucault. Interventi,
colloqui, interviste, Feltrinelli. In italiano sono stati pubblicati in
volume anche molti altri testi e raccolte di interventi di Foucault, come
Malattia mentale e psicologia, Cortina; Questa non e' una pipa, Serra e
Riva, Scritti letterari, Feltrinelli; Dalle torture alle celle, Lerici;
Taccuino persiano, Guerini e associati; e varie altre raccolte di materiali,
trascrizioni di conferenze, seminari. Opere su Michel Foucault: tra le molte
disponibili segnaliamo Stefano Catucci, Introduzione a Foucault, Laterza;
Vittorio Cotesta, Linguaggio, potere, individuo, Dedalo; Hubert L. Dreyfus,
Paul Rabinow, La ricerca di Michel Foucault, Ponte alle Grazie; Didier
Eribon, Michel Foucault, Flammarion; Francois Ewald, Anatomia e corpi
politici. Su Foucault, Feltrinelli; Jose' G. Merquior, Foucault, Laterza;
Judith Revel, Foucault, le parole e i poteri, Manifestolibri; Paolo
Veronesi, Foucault: il potere e la parola, Zanichelli; cfr. anche il recente
volume di "Aut aut", n. 232, settembre-ottobre 2004, monografico su Michel
Foucault e il potere psichiatrico]

Entrava nell'anfiteatro rapido e grintoso. Prima di iniziare le sue lezioni
al College de France, Michel Foucault sembrava pronto a tuffarsi in acqua. A
meta' degli anni Settanta, le cronache ne descrivono la voce forte ed
efficace, i suoi tentativi di posizionare gli appunti tra i magnetofoni,
unica concessione alla modernita' analogica in una sala semibuia ricolma di
stucchi, appena rischiarata da una lampada che l'autore di Sorvegliare e
punire accendeva prima di iniziare a parlare a cento all'ora.
Grazie a quei magnetofoni, e alla cura filologica di Frederic Gros,
Gallimard e Seuil hanno da poco pubblicato il corso, registrato tra il
gennaio e il marzo del 1983, Le gouvernement de soi et des autres (pp. 382,
euro 27). Per quindici anni, le densissime dodici ore di insegnamento al
Colle'ge de France sono state affrontate da Foucault come un'esplorazione di
territori remoti in vista di libri a venire. Nelle sue intenzioni, questo
corso del 1983, insieme a quello tenuto all'universita' californiana di
Berkeley nel secondo semestre dello stesso anno, raccolto dieci anni fa in
Discorso e verita' nella Grecia antica (Donzelli), avrebbero dovuto
confluire in un libro dal titolo omonimo, mai pubblicato a causa della morte
dell'autore.
Gia' nel corso del 1982 su L'ermeneutica del soggetto (Feltrinelli),
Foucault aveva spiegato la sua intenzione di rivolgersi alla cultura
classica, in quel caso la sessualita' e la cura del se' in Grecia e a Roma,
come parte di una storia delle pratiche attraverso le quali un soggetto si
costituisce, e a partire dalle quali esso giunge ad un rapporto con la
verita'. Il corso del 1983 sposta il progetto su un terreno piu'
direttamente politico, assumendo l'idea che il discorso filosofico in
Occidente si e' costituito sulla piega del governo di se' e degli altri.
*
La citta' ideale
Le gouvernment de soi et des autres ripensa il rapporto tra filosofia e
politica alla luce dell'analisi sul governo esposta nei corsi Sicurezza,
territorio, popolazione (1977-1978) e Nascita della biopolitica (1978-1979),
pubblicati entrambi sempre da Feltrinelli. Nella tradizione platonica, di
cui Foucault offre una rilettura originale, filosofia e politica
intrattengono un rapporto vincolante, al punto che si parla comunemente di
"filosofia politica" il cui oggetto e' la descrizione della citta' ideale,
retta da un insieme di leggi, fondate sull'uso corretto della ragione. Nel
corso del 1983, Foucault sostiene che il territorio "reale" della filosofia
non e' quello di proporre leggi, dare consigli al principe, persuadere le
masse, ma di esercitare una liberta', conquistare la conoscenza di una
verita' che il soggetto trova nella propria vita, come in quella altrui, e
non nei principi stabiliti da un regime politico. All'opposto della
tradizione platonica, per Foucault il rapporto tra filosofia e politica si
configura in un'"esteriorita' indocile" nella quale la filosofia gioca un
ruolo autonomo rispetto al potere, puntando sull'espressione pubblica e
rischiosa della convinzione politica di chi la esercita.
Tale espressione era stata definita gia' nell'Ermeneutica del se' come
parresia, quella facolta' del "parlare vero", o "liberamente", che
attribuisce un potere esemplare alla liberta' di parola esercitata da un
maestro di esistenza (Socrate, ad esempio). Ne Le gouvernement de soi et des
autres, la parresia non viene piu' considerata solo come l'espressione del
rapporto maieutico tra maestro e discepolo, ne' come rapporto preferenziale
tra il filosofo e il tiranno, ma come l'atto politico con il quale il
singolo (e non piu' soltanto il "filosofo") prende posizione rispetto alla
propria comunita'. Nelle sue varie forme - socratica, platonica, stoica ed
epicurea -, la parresia indica un'esteriorita' singolare rispetto alla
politica, un'irriducibile posizione critica di un uomo, o di una donna,
rispetto al governo dello Stato. La "realta'" della filosofia non e' dunque
un sistema costituito di conoscenze, ma un gioco politico le cui regole e
scopi vengono formulati all'interno dei rapporti di forza immanenti alla
politica.
*
Il coraggio del rifiuto
Da Euripide a Platone, la parresia si e' manifestata in due grandi forme. La
prima e' quella della parola che l'oratore rivolge all'assemblea dei
cittadini allo scopo di vedere trionfare la propria concezione
dell'interesse generale. La seconda forma e' il discorso che il filosofo
rivolge privatamente al principe per rivelargli le insidie che lo attendono
nel governo della citta'. Chi governa la polis deve accettare il fatto che i
piu' deboli sono in grado di dire la verita', anche quella piu' scomoda.
Coloro che invece non hanno il potere, ma ritengono di possedere un'idea
piu' giusta del governo della citta', devono dimostrare di essere capaci di
governare il gioco politico nel quale prendono la parola. La disponibilita'
all'ascolto degli uni, e il coraggio politico degli altri, traducono per
Foucault le condizioni del "patto parresiastico" che governa una democrazia.
Foucault definisce il luogo dove avviene tale confronto permanente
"dunasteia", quella dimensione dove i parresiastes esprimono la potenza del
loro discorso, mentre i governanti esercitano il proprio potere. La
democrazia non viene qui intesa come forma di governo, nella quale vige
l'idea giuridico-istituzionale per cui la politica e' regolazione
dell'esistente, o istituzione di una forma di governo ben regolata. Per
Foucault, la democrazia non esiste solo in base al diritto di nascita, o di
censo, dei cittadini, ma in nome del coraggio da parte dei singoli (anche
non cittadini come Ione nell'omonima tragedia di Euripide) di dire la
verita' sulla cosa pubblica.
Nel famoso discorso agli ateniesi riportato da Tucidide nella Guerra del
Peloponneso, Pericle ha elogiato questo coraggio come unica garanzia per
mantenere l'uguaglianza tra i cittadini. Non e' dunque solo il merito
individuale, ma e' la presa di parola in nome dell'interesse generale a
stabilire i criteri di partecipazione al gioco politico. Per Foucault,
quello politico e' un gioco pericoloso che minaccia di sciogliere il patto
tra il potere e i parresiastes. La trama realistica di questo gioco rivela
che la democrazia non e' semplicemente creazione di regole, ma esercizio
della potenza (dynamis) nei termini agonistici della "lotta" nella quale i
soggetti fanno "esperienza" di se' e degli altri nell'ipotesi, mai
normativa, di un governo della citta'.
*
Il rischio della democrazia
Questa genealogia della democrazia a partire dall'evento archeologico della
presa di parola contrasta con l'idea, ormai dominante, che la virtu'
democratica per eccellenza sia la decisione. A questa visione oligarchica
della democrazia (la decisione e' sempre quella di una classe dirigente),
Foucault contrappone l'idea che una democrazia esiste a partire dalla
differenza introdotta dalla presa di parola. Anche la filosofia moderna,
fino al "Sapere aude" di Kant, rifiuta le autorita' costituite del sapere
riattivando la struttura parresiastica della politica. Se una decisione
esiste, essa e' quella di chi dice la verita' al potere e non si sottrae ai
rischi che questo comporta. Per Foucault, cio' che ha valore nel gioco
politico e' solo l'esercizio di una parola coraggiosa e libera. Il suo scopo
non e' governare meglio lo Stato, ma trasformare la maniera di vivere dei
soggetti.

11. LETTURE. GIULIANA SGRENA: IL PREZZO DEL VELO
Giuliana Sgrena, Il prezzo del velo. La guerra dell'islam contro le donne,
Feltrinelli, Milano 2008, pp. 160, euro 13. Un libro che leggi tutto d'un
fiato, una raccolta di testimonianze, una riflessione ineludibile. Anche
quest'ultimo libro di Giuliana Sgrena vivamente raccomandiamo.

12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

13. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 372 del 21 febbraio 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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