Voci e volti della nonviolenza. 126



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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 126 del 24 dicembre 2008

In questo numero:
1. Maria G. Di Rienzo: Buona Resistenza
2. Giulio Vittorangeli: La morte al lavoro
3. Severino Vardacampi: Il tempo stringe

1. MARIA G. DI RIENZO: BUONA RESISTENZA
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
questo intervento.
Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio;
prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice,
regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche
storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica
dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle
donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei
diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di
Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra
Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne
nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005. Un
piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e' in
"Notizie minime della nonviolenza" n. 81]

Alle donne irachene ed afgane: che affrontano la miseria e la violenza
dell'occupazione militare; gli abusi, gli stupri, gli omicidi commessi in
nome dell'"onore" e della "religione"; le durezze di paesi devastati ed il
dolore per la perdita di troppe persone care. In particolare, i miei auguri
vanno alle appartenenti all'Organizzazione per la liberta' delle donne in
Iraq, che continuano ad aprire rifugi per le donne in pericolo e a far
funzionare la "ferrovia clandestina" per permettere alle vittime dei crimini
"d'onore" di raggiungere la salvezza, ed alle instancabili e meravigliose
donne afgane di Rawa.
Alle palestinesi: a cui, insieme a tutto il resto di cui sopra, neppure si
permette di partorire in ospedale grazie alla continua violenza militare, ai
checkpoint, ai coprifuoco ed alla chiusura delle strade. Mille auguri,
quindi, a quelle impegnate nel progetto "Nascita sicura" che stanno
addestrando in loco ostetriche e operatori sanitari, gestiscono una "clinica
mobile" ed una linea telefonica d'aiuto per le partorienti. Molto tempo fa,
una donna palestinese diede alla luce un bimbo, amato al punto che
celebriamo la sua venuta al mondo ancora oggi: nessuno voleva aiutarla, ma
Maria non si arrese.
Alle colombiane, di cui circa quattro milioni (con i loro bambini) sono
state spinte fuori dalle loro case da tre decenni di scontri fra esercito,
forze paramilitari e guerriglieri. Sul lavoro affrontano discriminazioni,
molestie sessuali, orari impossibili e condizioni insicure; se alzano la
testa e protestano, possono essere uccise (gli omicidi di sindacalisti sono
quasi una routine in Colombia). Speciali auguri resistenti
all'organizzazione "Taller de Vida", che soccorre queste donne e i loro
bimbi, e sostiene i loro diritti.
Alle donne del Guatemala, l'80% della forza lavoro nelle "maquilas" o
"sweatshops", rozzamente traducibile come "fabbriche del sudore", che
producono beni per l'esportazione. Sono senza alcuna tutela sul posto di
lavoro (vengono licenziate arbitrariamente non appena e' evidente, per
esempio, che aspettano un figlio), e chi le assume pensa troppo spesso di
aver comprato i loro corpi e la loro dignita'. Ma queste donne, nella
comunita' di Barcenas, a Citta' del Guatemala, hanno dato inizio ad un
programma di informazione e istruzione relativo ai diritti umani: stanno
imparando come rispondere efficacemente alle violazioni ed agli abusi, e
stanno costruendo alleanze con altre operaie di zone diverse. Auguri alle
lavoratrici in lotta, con tutto il cuore.
Alle donne del Sudan insanguinato, sotto attacco da parte delle milizie
islamiste (janjaweed) filogovernative e degli altri gruppi armati che
sterminano famiglie, stuprano e mutilano sistematicamente donne e bambine,
danno fuoco ai campi coltivati ed avvelenano i pozzi. Si stanno aiutando da
sole, con organizzazioni di donne come "Zenab", che soccorre le vittime di
violenza e i rifugiati. Nessun augurio e' piu' caloroso e pieno di speranza
di quello che mando a voi, augurandomi anche che la comunita' internazionale
cessi di voltare la testa dall'altra parte.
Alle donne del Kenya, che hanno legato la Piattaforma di Pechino del 1995 ai
bisogni ed alle lotte delle comunita' indigene, creando l'Indigenous
Information Network ed il programma "Rompiamo il silenzio" per affrontare
l'emergenza dell'Hiv/Aids e porre fine alle mutilazioni genitali ed ai
matrimoni di bambine. La terra che in Kenya viene rubata per turismo e basi
militari e' rubata alle donne indigene, che non avendo diritti ereditari su
di essa sono le piu' vulnerabili alla miseria che ne consegue: le donne
stanno lottando anche contro questo esproprio. Auguri, sorelle che avete
creato il villaggio femminile di Umoja con lo slogan "Questa e' una zona
libera dalla violenza contro le donne".
Alle algerine, che ricordando le loro eroine della lotta per l'indipendenza
(come Hassiba Ben Bouali e Jamila Bouhired) stanno protestando ad alta voce
per l'incremento della violenza di genere nel loro paese: la cifra degli
stupri e delle aggressioni aumenta ad un ritmo di 2.000 casi in piu' l'anno.
Inoltre, essi non vengono investigati e molto raramente i responsabili
compaiono di fronte ai tribunali. Auguri quindi alle donne del Centro
"Darna" di Algiers, che da' rifugio alle vittime di violenza, e possa la
loro lotta scuotere cuori e coscienze, e diventare il motore della
trasformazione.
Alle iraniane, soprattutto a quelle impegnate nella campagna "Un milione di
firme" per l'eguaglianza di donne ed uomini davanti alla legge: il che
significa che non vogliono la poligamia, i matrimoni di bambine, la
necessita' di un "custode" di sesso maschile per le donne, eccetera. Sono
soggette ad una dura repressione: adesso il governo di Teheran ha cominciato
ad arrestarle anche se non raccolgono firme per strada, ma semplicemente
perche' postano commenti e articoli in internet (www.we-change.org e
www.rsf.org). Il gruppo "Giornalisti senza frontiere" sta chiedendo
insistentemente il rilascio di una di questa donne, la reporter Maryam
Hosseinkhah della rivista online "Zanestan". Maryam e' sparita dietro le
mura della prigione di Evin il 18 novembre scorso. Possa la speranza non
abbandonare mai queste donne coraggiose.
Alle donne dell'Uganda, e in special modo alle loro mediche che hanno
inventato "lettere d'amore" da consegnare ai padri, di modo che si
interessino alla cura delle donne incinte e dei piccoli. Quando la donna
torna a casa dalla sua prima visita in ospedale, consegna la missiva al
partner: "Gentile signore, lo scopo di questo scritto e' di invitarla a
discutere delle questioni relative alla gravidanza. Per favore, venga
insieme alla sua compagna: non potra' che trarne beneficio, poiche' la
suddetta aspetta il vostro bambino...". E volete saperlo? Sta funzionando.
Alle italiane, native e migranti. A quelle nei movimenti, per la grande
energia e saggezza e perseveranza che donano, qualunque sia la causa che
decidono di affrontare. A quelle invisibili ai piu', ai loro gesti
quotidiani di resistenza e di amore. A quelle della democrazia paritaria e a
quelle del contrasto alla violenza. Alle giovani e alle anziane. Siete
meravigliose.
E infine auguri agli uomini, in tutto il mondo, che con queste donne
camminano a braccetto. Sguardo nello sguardo, mano nella mano. Siete voi,
proprio voi, gli "uomini di buona volonta'" che assieme alle donne
costruiranno la pace in terra.

2. GIULIO VITTORANGELI: LA MORTE AL LAVORO
[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per
questo intervento.
Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori di questo
notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre
nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di
solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di
condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione
Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di
studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta'
concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione
di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra
soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha
svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e
riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti
interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui
promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra
altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre
1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara,
la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo,
Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996;
Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La
solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I
movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto
politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria,
una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra
neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della
solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno,
luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio
2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per
anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della
solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha
cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che
solidarieta'".
Bertolt Brecht (1898-1956), scrittore, poeta, drammaturgo tedesco tra i
maggiori del Novecento, nella sua opera e' rilevante l'impegno contro la
guerra e contro l'oppressione sociale. Tra le opere di Bertolt Brecht
segnaliamo in particolare l'utile volumetto per la scuola curato da Renato
Solmi e dal Ccm di Torino: Bertolt Brecht, L'abici' della guerra, Einaudi,
Torino 1975, ed ovviamente almeno le Poesie di Svendborg, Einaudi, Torino
1976, ma anche altrettanto ovviamente le Poesie e canzoni, Einaudi, Torino
1959; per l'opera teatrale ovviamente Teatro, Einaudi, Torino 1963; cfr.
anche la raccolta de I capolavori di Brecht, e i Drammi didattici, sempre
presso Einaudi; tra le prose ad un tempo narrative e di pensiero cfr. almeno
i Dialoghi di profughi, Gli affari del signor Giulio Cesare, Me-ti. Libro
delle svolte, e le Storie da calendario, tutte presso Einaudi; cfr. inoltre
almeno il Diario di lavoro, Einaudi, Torino 1976. Ma altre sue opere
occorrerebbe citare qui, tutte in Italia edite da Einaudi. Opere su Bertolt
Brecht: per un'introduzione cfr. il volume a cura di Roberto Fertonani, Per
conoscere Bertolt Brecht, Mondadori, Milano 1970; Paolo Chiarini, Bertolt
Brecht. Saggio sul teatro, Laterza, Bari 1959, 1967; Hans Mayer, Brecht e la
tradizione, Einaudi, Torino 1972; ed ovviamente Klaus Voelker, Vita di
Bertolt Brecht, Einaudi, Torino 1978]

L'anno che si chiude e' caratterizzato dalla crucialita' del lavoro; o
meglio, da chi muore lavorando.
"L'Italia e' una Repubblica democratica fondata sul lavoro"; cosi' recita il
primo articolo della nostra Costituzione. Allora non sarebbe stato piu'
saggio e giusto, cercare di attuare quanto affermato nella nostra
Costituzione, invece di cercare di smantellarla o di svuotarla come e' stata
fatto da molti?
Forse l'esempio piu' eclatante e' nella negazione e devastazione che ha
subito l'articolo 11, dove parla di "ripudio" della guerra; qualcosa di ben
piu' profondo del "rifiuto".
La notte del 6 dicembre, nella linea 5 della fabbrica torinese della
ThyssenKrupp, divampa un incendio che ha l'effetto di un lanciafiamme
puntato addosso ai lavoratori, trasformati in torce umane.
Sei gli operai morti. A lottare per la vita resta solo Giuseppe Demasi, 26
anni. Le sue condizioni sono gravissime, ha ustioni sul 95% del corpo.
Davanti a questa strage in fabbrica e' ritornato d'attualita' il dualismo
capitale-lavoro, cancellato ignobilmente dal pensiero dominante. Anche se i
lavoratori non sembrano in grado di imporre alcunche'.
La forza lavoro e' frammentata e precarizzata, in Italia come nel resto del
mondo; ed il diritto al lavoro e' stato riportato a oltre un secolo fa, alla
condizione lavorativa dell'800; basta pensare alla piaga del lavoro
infantile, tanto per fare un esempio.
Cosi' la condizione del lavoro ha assunto, su larga scala, la forma di nuova
schiavitu' e di morte.
Lo stesso lavoro e' pagato fino a dieci, cento volte meno in un paese del
cosiddetto "terzo mondo", rispetto all'Europa occidentale.
Il declino dei grandi partiti di sinistra (per quel che riguarda l'Italia)
deriva proprio da questo, dalla perdita di fiducia dei lavoratori nella loro
capacita' e volonta' di difendere i propri diritti.
E se si obietta che, data la globalizzazione, difenderli e' impossibile, il
risultato e' il medesimo: getta nel disorientamento e nella disperazione.
Vogliamo rendere omaggio ai caduti torinesi, a tutti gli altri morti sul
lavoro, ed in generale a chiunque, in ogni parte del mondo, e' sfruttato e
sacrificato sull'altare del profitto, con una poesia di Bertolt Brecht:
Domande di un lettore operaio.
*
Tebe dalle Sette Porte, chi la costrui'?
Ci sono i nomi dei re, dentro i libri.
Son stati i re a strascicarli, quei blocchi di pietra?
Babilonia, distrutta tante volte,
chi altrettante la riedifico'? In quali case
di Lima lucente d'oro abitavano i costruttori?
Dove andarono, la sera che fu terminata la Grande Muraglia,
i muratori? Roma la grande
e' piena d'archi di trionfo. Su chi
trionfarono i Cesari? La celebrata Bisanzio
aveva solo palazzi per i suoi abitanti? Anche nella favolosa Atlantide
La notte che il mare li inghiotti', affogavano urlando
aiuto ai loro schiavi.

Il giovane Alessandro conquisto' l'India.
Da solo?
Cesare sconfisse i Galli.
Non aveva con se' nemmeno un cuoco?
Filippo di Spagna pianse, quando la flotta
gli fu affondata. Nessun altro pianse?
Federico II vinse la guerra dei Sette Anni. Chi,
oltre a lui, l'ha vinta?

Una vittoria ogni pagina.
Chi cucino' la cena della vittoria?
Ogni dieci anni un grand'uomo.
Chi ne pago' le spese?

Quante vicende,
tante domande.

3. SEVERINO VARDACAMPI: IL TEMPO STRINGE

Il tempo stringe.
O la nonviolenza si fa politica, o la catastrofe tutti ci travolgera'.
Occorre una politica ambientale che impedisca il collasso della biosfera.
Solo una politica nonviolenta e' adeguata alla bisogna.
Occorre una politica di cooperazione internazionale che smilitarizzi i
conflitti, che disarmi le societa', che bandisca le guerre dal novero degli
strumenti di gestione delle relazioni internazionali, che costruisca la pace
con mezzi di pace, la sicurezza con la solidarieta' che ogni essere umano
riconosca e raggiunga e sostenga. E solo una politica nonviolenta e'
adeguata alla bisogna.
Occorre una politica dei diritti e della democrazia che fermi il
femminicidio, che contrasti la violenza maschile, le sue strutture e le sue
ideologie. E ancora una volta solo una politica nonviolenta - quella che
hanno ideato e praticato i femminismi - e' adeguata alla bisogna.
Occorre una politica dei diritti umani che li inveri in codificazione
giuridica, in organizzazione sociale, in contrasto alle forme economiche e
politiche dell'oppressione. E solo, solo una politica nonviolenta e'
adeguata alla bisogna.
*
Ma una politica nonviolenta e' possibile solo se c'e' un soggetto politico
nonviolento - complesso e plurale - che l'assuma, la promuova, la gestisca.
Non basta quindi piu' la testimonianza personale, pur apprezzabile; non
basta piu' il ruolo propedeutico, educativo, sollecitatore, pur
apprezzabile; non basta piu' la nicchia della formazione, del volontariato,
della pratica che aggiunge o ripara, pur apprezzabile; occorre una
nonviolenza come proposta politica, azione sociale, movimento organizzato di
trasformazione.
E non bastano quindi piu' i movimenti piccini e sparuti (e non di rado
litigiosi e subalterni): occorre uscire dalla minorita', dalla marginalita',
con la piena coscienza di essere esperienze  e riflessioni, ed
organizzazioni, e persone in relazione infine, portatrici di una proposta
rigorosa e complessa, aperta e caratterizzata, nitida e aggettante, una
proposta politica e sociale, teorica e pratica, adeguata a fondare la
politica effettuale - e non solo la cultura politica - necessaria
all'umanita' del XXI secolo: la politica della nonviolenza che contrasti la
barbarie che sta portando la biosfera al collasso e la civilta' umana alla
catastrofe.
*
Ed occorre quindi rompere ogni subalternita' ed ogni complicita' con i
guerrafondai e con gli squadristi, con i maschilisti e gli autoritari, con
gli sfruttatori e i devastatori, con i militaristi e gli ecocidi, che talora
della nonviolenza carpiscono questa o quella tecnica, questo o quel tratto
di ragionamento o porzione di lessico, questa o quella particolare
parcellizzata risorsa che ai loro fini torna in un determinato frangente
utile, e per il resto operano il suo esatto contrario: operano la violenza
dispiegata. Anche i nazisti talora usarono tecniche desunte dal repertorio
della nonviolenza, a fini di male assoluto. La nonviolenza dimidiata,
smembrata e disarticolata non e' nonviolenza. Per questo sebbene sia
comunque preferibile l'uso da parte di tutti di tecniche nonviolente
anziche' di pratiche violente, tuttavia non e' sufficiente l'uso di un
pizzico di nonviolenza a mo' di spezia per qualificare come nonviolento un
agire, e tantomeno il riempirsi la bocca del suo orecchiato e travisato
lessico reso astratto e ridotto a infame maschera ideologica dell'effettuale
violenza che altrui denega dignita' e diritti e vita. La conferma piu'
flagrante e metuenda di cio' e' nell'azione dell'attuale compagine
governativa italiana, sostenuta da ben tre partiti che dichiarano ad ogni
pie' sospinto di essere "nonviolenti" e che non hanno esitato a votare per
la guerra terrorista e stragista, per incrementare le armi sempre assassine,
per pratiche di barbara persecuzione razzista dei migranti.
Non e' quindi piu' possibile la delega a organizzazioni e gruppi e figuri
che hanno dato ampia prova di non rappresentare il bisogno di vita e
felicita', la richiesta di solidarieta' e condivisione, l'istanza di
giustizia e liberta' che sorge dal grido profondo delle oppresse e degli
oppressi, che sorge dal muto grido della natura violata.
E non e' piu' possibile porsi col cappello in mano dinanzi ai sanguinari
potenti del mondo ed ai loro seguaci ed allievi di ogni ordine e grado.
Tutto cio' - questa vilta', questa prostituzione - deve finire, deve finire
subito e per sempre.
O la nonviolenza e' lotta di liberazione, forza della verita', fronte della
coscienza, pratica della dignita' umana che ad ogni essere umano diritti e
dignita' riconosce, ad un tempo principio disperazione (Anders) e principio
speranza (Bloch) e principio responsabilita' (Jonas), o meglio sarebbe
piantarla di usare questa parola.
*
Occorrono allora urgenti due cose.
La prima: promuovere l'organizzazione politica e la rappresentanza
istituzionale della nonviolenza consapevole e organizzata. Non si tratta di
fare un partito, non si tratta di fare dirigenze, organigrammi,
funzionariati. Si tratta di prendere nelle proprie mani il proprio destino
di esseri umani. Si tratta di non lasciare la cosa pubblica, cio' che e' di
tutti, nelle sole mani rapaci dei poteri sfruttatori e assassini. Si
tratta - mutatis mutandis, e in condizioni tanto piu' drammatiche - di
avviare lo stesso processo e di svolgere lo stesso ruolo che fu della Prima
Internazionale. Niente di meno che questo.
La seconda: occorre il giornale della nonviolenza come strumento di
collegamento e suscitamento quotidiano, come specchio e appello, come
informazione e strumentazione, formazione e verifica dell'agire di tante e
tanti che con linguaggi diversi ed intenti convergenti ogni giorno sono gia'
la nonviolenza in cammino.

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Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 126 del 24 dicembre 2008

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