Minime. 281



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 281 del 22 novembre 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Julia Kristeva: Hannah Arendt, della politica, del perdono e della
promessa
2. Dalle parole del segretario generale dell'Onu un ulteriore sostegno alla
lotta per la riduzione del trasporto aereo
3. Il 23 novembre a Roma
4. Annamaria Rivera: Razzisti in doppiopetto
5. Luigi Ferrajoli: Sicurezza
6. Wanda Tommasi intervista Luca Irigaray
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'

1. RIFLESSIONE. JULIA KRISTEVA: HANNAH ARENDT, DELLA POLITICA, DEL PERDONO E
DELLA PROMESSA
[Da Julia Kristeva, Hannah Arendt. La vita, le parole, Donzelli, Roma 2005,
p. 278.
Julia Kristeva e' nata a Sofia in Bulgaria nel 1941, si trasferisce a Parigi
nel 1965; studi di linguistica con Benveniste; intensa collaborazione con
Sollers e la rivista "Tel Quel"; impegnata nel movimento delle donne,
psicoanalista, ha dedicato una particolare attenzione alla pratica della
scrittura ed alla figura della madre; e' docente all'Universita'  di Paris
VII. Opere di Julia Kristeva: tra quelle tradotte in italiano segnaliamo
particolarmente: Semeiotike', Feltrinelli, Milano; Donne cinesi,
Feltrinelli, Milano; La rivoluzione del linguaggio poetico, Marsilio,
Venezia; In principio era l'amore, Il Mulino, Bologna; Sole nero,
Feltrinelli, Milano; Stranieri a se stessi, Feltrinelli, Milano; I samurai,
Einaudi, Torino; Colette, Donzelli, Roma; Hannah Arendt. La vita, le parole,
Donzelli, Roma; Melanie Klein, Donzelli, Roma. In francese: presso Seuil:
Semeiotike', 1969, 1978; La revolution du langage poetique, 1974, 1985; (AA.
VV.), La traversee des signes, 1975; Polylogue, 1977; (AA. VV.), Folle
verite', 1979; Pouvoirs de l'horreur, 1980, 1983; Le langage, cet inconnu,
1969, 1981; presso Fayard: Etrangers a nous-memes, 1988; Les samourais,
1990; Le vieil homme et les loups, 1991; Les nouvelles maladies de l'ame,
1993; Possessions, 1996; Sens et non-sens de la revolte, 1996; La revolte
intime, 1997; presso Gallimard, Soleil noir, 1987; Le temps sensible, 1994;
presso Denoel: Histoires d'amour, 1983; presso Mouton, Le texte du roman,
1970; presso le Editions des femmes, Des Chinoises, 1974; presso Hachette:
Au commencement etait l'amour, 1985. Dal sito dell'Enciclopedia multimediale
delle scienze filosofiche (www.emsf.rai.it) riprendiamo la seguente scheda:
"Julia Kristeva e' nata il 24 giugno 1941 a Silven, Bulgaria. Nel 1963 si
diploma in filologia romanza all'Universita' di Sofia, Bulgaria. Nel 1964
prepara un dottorato in letteratura comparata all'Accademia delle Scienze di
Sofia; nel 1965 ottiene una borsa di studio nel quadro di accordi
franco-bulgari e dopo il 1965 prosegue gli studi e il lavoro di ricerca in
Francia all'Ecole Pratique des Hautes Etudes. Nel 1968 consegue il dottorato
sotto la direzione di Lucien Goldmann (con Roland Barthes e J. Dubois).
Sempre nel 1968 e' eletta segretario generale dell'Association
internationale de semiologie ed entra nel comitato di redazione del suo
organo, la rivista 'Semiotica'. Nel 1973 consegue il dottorato di stato in
lettere sotto la direzione di J. C. Chevalier. Dal 1967 al 1973 e'
ricercatrice al Cnrs di linguistica e letteratura francese, al Laboratoire
d'anthropologie sociale, al College de France e all'Ecole des Hautes Etudes
en sciences sociales. Nel 1972 tiene un corso di linguistica e semiologia
all'Ufr di Letteratura, scienze dei testi e documenti dell'Universita' Paris
VII 'Denis Diderot'. E' nominata direttore del Dea di Etudes Litteraires.
Nel 1974 viene eletta Permanent visiting professor al Dipartimento di
letteratura francese della Columbia University, New York. Nel 1988 e'
responsabile del Draps (Diplome de recherches approfondies en
psycopathologie et semiologie). Nel 1992 e' nominata direttore della Scuola
di dottorato "Langues, litteratures et civilisations, recherches
transculturelles: monde anglophone - monde francophone", all'Universita' di
Paris VII 'Denis Diderot' e Permanent Visiting Professor al Dipartimento di
Letteratura comparata dell'Universita' di Toronto, Canada. Nel 1993 e'
nominata membro del comitato scientifico, che affianca il ministro
dell'educazione nazionale. Attualmente e' professoressa all'Universita'
Paris VII 'Denis Diderot'. Dal 1978 dopo una psicoanalisi personale e una
analisi didattica presso l'Institut de psychanalyse, esercita come
psicoanalista. Gli interessi scientifici di Julia Kristeva vanno dalla
linguistica alla semiologia, alla psicoanalisi, alla letteratura del XIX
secolo. Esponente di spicco della corrente strutturalista francese e in
particolare del gruppo di 'Tel Quel', che ha sviluppato in Francia le
ricerche iniziate dai formalisti russi negli anni Venti e continuate dal
Circolo linguistico di Praga e da Jakobson, Julia Kristeva ritiene che la
semiotica sia la scienza pilota nel campo delle cosiddette 'scienze umane'.
Pervenuta oggi a un'estrema formalizzazione, in cui la nozione stessa di
segno si dissolve, la semiotica si deve rivolgere alla psicoanalisi per
rimettere in questione il soggetto senza di cui la lingua come sistema
formale non si realizza nell'atto di parola, indagare la diversita' dei modi
della significazione e le loro trasformazioni storiche, e costituirsi infine
come teoria generale della significazione, intesa non come semplice
estensione del modello linguistico allo studio di ogni oggetto fornito di
senso, ma come una critica del concetto stesso di semiosi. Opere di Julia
Kristeva: Semeiotike'. Recherches pour une semanalyse, Seuil, Paris 1969; Le
texte du roman, Mouton, La Haye 197l; La revolution du language poetique.
L'avant-garde a' la fin du XIX siecle: Lautreamont et Mallarme', Seuil,
Paris 1974; Des chinoises, Editions des femmes, Paris l974; Polylogue,
Seuil, Paris 1977; Pouvoirs de l'horreur. Essai sur l'abjection, Seuil,
Paris 1980; Le language, cet inconnu. Une initiation a' la linguistique,
Seuil, Paris 198l; Soleil noir. Depression et melancolie, Gallimard, Paris
1987; Les Samourais, Fayard, Paris 1990; Le temps sensible. Proust et
l'experience litteraire, Gallimard, Paris l994. Numerosi articoli di Julia
Kristeva sono apparsi sulle riviste 'Tel Quel', 'Languages', 'Critique',
'L'Infini', 'Revue francaise de psychanalyse', 'Partisan Review', 'Critical
Inquiry' e molte altre. Tra le opere della Kristeva tradotte in italiano,
ricordiamo: Semeiotike'. Ricerche per una semanalisi, Feltrinelli, Milano
1978; La rivoluzione del linguaggio poetico, Marsilio, Venezia 1979; Storia
d'amore, Editori Riuniti, Roma 1985; Sole nero. Depressione e melanconia,
Feltrinelli, Milano 1986; In principio era l'amore. Psicoanalisi e fede, Il
Mulino, Bologna 1987; Stranieri a se stessi, Feltrinelli, Milano; Poteri
dell'orrore, Spirali/Vel, Venezia; I samurai, Einaudi, Torino 1991; La donna
decapitata, Sellerio, Palermo 1997".
Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva
di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe
all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le
massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne
ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista
rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel
1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti
tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo
líanno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dellíedizione
originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951),
Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Rahel Varnhagen
(1959), Il Saggiatore, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti,
Milano; La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli,
Milano; Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e'
apparso La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di
brevi saggi di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano,
1985. Molto interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969.
Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra
amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975,
Sellerio, Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio
Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2.
1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003; cfr. anche la raccolta Responsabilita'
e giudizio, Einaudi, Torino 2004; la recente Antologia, Feltrinelli, Milano
2006; i recentissimi Diari, Neri Pozza, 2007. Opere su Hannah Arendt:
fondamentale e' la biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt,
Bollati Boringhieri, Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella,
Hannah Arendt, Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della
politica: Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores
d'Arcais, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente
e tempo della polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di),
Hannah Arendt, Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro
sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann,
Hannah Arendt, Giuntina, Firenze 2001; Julia Kristeva, Hannah Arendt,
Donzelli, Roma 2005. Per chi legge il tedesco due piacevoli monografie
divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono: Wolfgang
Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999; Ingeborg
Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000]

Quanto a una azione politica che equivalga a una nascita e offra un riparo
all'estraneita', Hannah Arendt, senza troppe illusioni, ci invita a pensarla
e a viverla al presente, certo, ma sempre sotto il doppio regime del perdono
e della promessa.

2. COMUNICATI. DALLE PAROLE DEL SEGRETARIO GENERALE DELL'ONU UN ULTERIORE
SOSTEGNO ALLA LOTTA PER LA RIDUZIONE DEL TRASPORTO AEREO
[Riportiamo il seguente comunicato del 20 novembre 2007 del comitato che si
oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto
aereo]

La recente presa di posizione del generale generale dell'Onu, Ban Ki-moon, e
le risultanze dell'incontro di Valencia, in Spagna, degli scienziati
dell'Ipcc (l'Intergovernmental Panel on Climate Change, che ha ricevuto
quest'anno il premio Nobel per la pace), confermano la drammaticita' della
situazione del surriscaldamento climatico e sollecitano interventi urgenti e
drastici per la riduzione delle attivita' che provocano l'effetto serra.
*
Tra gli interventi necessari vi sono la riduzione del trasporto
automobilistico privato e del trasporto aereo.
Non solo l'intera comunita' scientifica, non solo l'Onu, ma tutti gli
statisti piu' avvertiti - indipendentemente dagli schieramenti politici -
come ad esempio negli Usa l'ex-vicepresidente Al Gore, ed in Europa la
cancelliera tedesca in carica Angela Merkel ed il presidente francese in
carica Nicolas Sarkozy, richiamano l'attenzione su scelte improrogabili per
evitare il collasso della biosfera: la drastica riduzione del trasporto
aereo e' tra queste.
E' significativo che a dichiarare la necessita' di non costruire piu' nuovi
aeroporti sia anche un politico conservatore come il presidente francese,
che si aggiunge a tutte le associazioni di tutela dell'ambiente ed alle voci
piu' illustri della comunita' scientifica internazionale.
*
Il comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la
riduzione del trasporto aereo constata come dalle autorevoli dichiarazioni
del Segretario generale dell'Onu, dal documento conclusivo dell'incontro di
Valencia dell'Ipcc, dalle posizioni assunte da alcuni dei piu' importanti
statisti finanche dei paesi piu' industrializzati europei ed americani,
emerga con chiarezza la giustezza e la necessita' dell'opposizione nitida e
intransigente al devastante e dissennato incremento del trasporto aereo, ed
anzi l'esigenza improcrastinabile di ridurre drasticamente il trasporto
aereo, che contribuisce in ingente misura all'effetto serra.
*
In questo contesto la nostra opposizione al terzo scalo aeroportuale del
Lazio per voli low cost del turismo "mordi e fuggi" per Roma esce ancora una
volta corroborata da autorevoli pronunciamenti e da irrefutabili
motivazioni.
Peraltro alle motivazioni di carattere generale si aggiungono quelle
peculiari riferite allo specifico impatto sul territorio: sia a Viterbo, che
a Frosinone, Guidonia e Latina, un nuovo mega-aeroporto avrebbe un impatto
disastroso per la salute delle persone, per gli ecosistemi locali, per le
autentiche vocazioni produttive del territorio, e costituirebbe un immenso
sperpero di soldi pubblici a vantaggio di pochi speculatori e ad estremo
danno delle comunita' locali.
Nel Lazio occorre potenziare la mobilita' pubblica locale, ed in particolare
le ferrovie (nell'Alto Lazio in particolare occorre riaprire la linea
Civitavecchia-Capranica-Orte e migliorare consistentemente sia la linea
Viterbo-Orte che la linea Viterbo-Roma). Occorre ridurre consistentemente i
voli su Ciampino, citta' che soffoca, semplicemente abolendo i voli di
troppo, e non trasferendoli altrove aggredendo altre citta'. Occorre pensare
il modello di trasporto in funzione dei diritti e del benessere della
popolazione, dello sviluppo autocentrato e sostenibile del territorio, del
pieno dispiegarsi della democrazia ad ogni livello, della difesa
intransigente dei beni comuni e del bene comune delle comunita' locali.
Occorre difendere e valorizzare i beni ambientali e culturali, come il
settore primario dell'economia, e non distruggerli.

3. INCONTRI. IL 23 NOVEMBRE A ROMA
[Riportiamo il seguente comunicato del 21 novembre 2007 del comitato che si
oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto
aereo dal titolo "Il 23 novembre a Roma all'assemblea nazionale degli enti
locali che sperimentano pratiche partecipative una delle relazioni sara'
svolta dal professor Alessandro Pizzi del comitato che si oppone al terzo
polo aeroportuale nel Lazio e s'impegna per la riduzione del trasporto
aereo"]

Si svolgera' a Roma dal 23 al 25 novembre l'Assemblea nazionale degli enti
locali promossa dalla "Rete del nuovo municipio".
Nella sessione pomeridiana del 23 novembre una delle relazioni sara' tenuta
dal professor Alessandro Pizzi, a nome del Comitato che si oppone
all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo.
La relazione del professor Pizzi illustrera' le ragioni dell'opposizione
all'incremento del trasporto aereo, ed in particolare le ragioni
dell'opposizione alla realizzazione di un terzo polo aeroportuale per voli
low cost nel Lazio. L'autorevole rappresentante del comitato viterbese
esporra' le inoppugnabili argomentazioni scientifiche che motivano la
richiesta di una immediata e drastica riduzione del trasporto aereo, con
specifico riferimento anche agli esiti delle ricerche e delle
raccomandazioni degli scienziati dell'Ipcc (l'Intergovernmental Panel on
Climate Change, la struttura scientifica dell'Onu che ha ricevuto quest'anno
il premio Nobel per la pace), alle risultanze della recente Conferenza
nazionale sui mutamenti climatici tenutasi presso la Fao a Roma, ad altre
autorevolissime ricerche e pubblicazioni su cui vi e' il consenso della
comunita' scientifica internazionale, e naturalmente anche a ricerche
condotte in loco dai ricercatori che sostengono l'attivita' dei comitati
locali che difendono la salute dei cittadini, i beni ambientali e culturali
e le autentiche vocazioni produttive del territorio dalla minaccia di
devastanti mega-aeroporti per voli low cost.
Non e' casuale, del resto, che a sostegno dell'iniziativa del comitato
viterbese che si oppone al terzo polo aeroportuale nel Lazio si siano
espressi alcuni dei piu' illustri scienziati italiani, da Angelo Baracca a
Virginio Bettini, da Marcello Cini a Giorgio Cortellessa, da Giuseppe
Nascetti a Giorgio Nebbia.
Il professor Alessandro Pizzi, gia' apprezzatissimo sindaco di Soriano nel
Cimino (Vt), citta' in cui il suo rigore morale e la sua competenza
amministrativa sono diventati proverbiali, e' fortemente impegnato in campo
educativo e nel volontariato, ha preso parte a molte iniziative di pace, di
solidarieta', ambientaliste, per i diritti umani e la nonviolenza, tra cui
l'azione diretta nonviolenta in Congo con i "Beati i costruttori di pace";
ha promosso il corso di educazione alla pace presso il liceo scientifico di
Orte (istituto scolastico in cui ha lungamente insegnato); e' uno dei
principali animatori del comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e
s'impegna per la riduzione del trasporto aereo. Sul tema del trasporto
aereo, del suo impatto sugli ecosistemi locali e sull'ecosistema globale, e
sui modelli di mobilita' in relazione ai modelli di sviluppo e ai diritti
umani, ha tenuto rilevanti relazioni a vari convegni di studio.

4. RIFLESSIONE. ANNAMARIA RIVERA: RAZZISTI IN DOPPIOPETTO
[Dal quotidiano "Liberazione" del 16 novembre 2007, col titolo "Razzisti in
doppiopetto: dov'e' la differenza dai colleghi di destra?".
Annamaria Rivera, antropologa, vive a Roma e insegna etnologia
all'Universita' di Bari. Fortemente impegnata nella difesa dei diritti umani
di tutti gli esseri umani, ha sempre cercato di coniugare lo studio e la
ricerca con l'impegno sociale e politico. Attiva nei movimenti femminista,
antirazzista e per la pace, si occupa, anche professionalmente, di temi
attinenti. Al centro della sua ricerca, infatti, sono l'analisi delle
molteplici forme di razzismo, l'indagine sui nodi e i problemi della
societa' pluriculturale, la ricerca di modelli, strategie e pratiche di
concittadinanza e convivenza fra eguali e diversi. Fra le opere di Annamaria
Rivera piu' recenti: (con Gallissot e Kilani), L'imbroglio etnico, in
quattordici parole-chiave, Dedalo, Bari 2001; (a cura di), L'inquietudine
dell'Islam, Dedalo, Bari 2002; Estranei e nemici. Discriminazione e violenza
razzista in Italia, DeriveApprodi, Roma 2003; La guerra dei simboli. Veli
postcoloniali e retoriche sull'alterita', Dedalo, Bari 2005]

L'avevo definito razzismo "democratico" o "rispettabile", quel razzismo
subdolo e ipocrita che sorge dalle viscere dell'area un tempo detta di
sinistra. Mi sembrava che fosse utile collocarlo in una categoria specifica,
non priva d'ironia, per distinguerlo sia dal razzismo istituzionale (che ne
e' una delle componenti), sia dal razzismo dichiarato e disinibito, se non
esibizionista, che caratterizza settori della destra, estrema e non. Oggi
che si dispiegano gli effetti della campagna inaugurata dai sindaci
"democratici" con il Patto per la sicurezza, devo ricredermi: dal punto di
vista fenomenologico, il ciclo del razzismo avviato dagli apprendisti
stregoni democratici ben poco si differenzia dalle classiche campagne
razziste, se non per l'irresponsabilita' con la quale si e' scoperchiato il
vaso di Pandora facendone uscire mostri incontrollabili. Cio' che si va
squadernando sotto i nostri occhi e' un fenomeno vetusto, descritto dagli
storici ripetute volte: un'isteria collettiva, alimentata dal potere e dalle
agenzie comunicative al suo servizio, che finisce per sfuggire al loro
stesso controllo e per incanalarsi nella direzione della caccia alle streghe
o del pogrom.
Anche sul versante delle retoriche cui fa ricorso, il razzismo
"rispettabile" poco s'allontana dal razzismo tout court, se non per
contorsioni verbali e sfumature d'accento dovute a qualche pretesa finezza
intellettuale. Un certo ministro, davvero persuaso d'essere sottile, ha
dichiarato che le misure sicuritarie servono proprio a bloccare il dilagare
dell'intolleranza fra la gente comune. Insomma, secondo il principio
dell'omeopatia, per prevenire il razzismo ordinario conviene somministrare
qualche buona dose di razzismo istituzionale.
Ancora piu' sottili si credono i tanti soloni democratici che, non potendo
esibire dati statistici, discettano di "insicurezza percepita": un'altra
insopportabile litania, che nasconde la convinzione che la plebe sia
naturalmente portata ad attribuire a qualche capro espiatorio le ragioni del
proprio disagio sociale. Ne discende l'idea, classicamente populista per non
dir peggio, per la quale al grido di dolore che si leva dalla plebe in cerca
di capri espiatori si debba rispondere con la punizione o l'allontanamento
del capro espiatorio.
Ho abitato per molti anni in una citta' del Sud che aveva guadagnato il
titolo di capitale dello scippo: la microcriminalita' era parte della vita
sociale quotidiana, il borseggio e lo scippo erano incidenti considerati
banali dalla maggioranza della popolazione, l'eventualita' d'essere
depredata del magro salario mentre salivi sull'autobus o andavi al mercato
era realisticamente contemplata e talvolta si realizzava. L'insicurezza era
dunque un dato reale, non solo percepito, e la qualita' della vita
collettiva ne era condizionata. Ma ne' a me ne' ad altri e' mai passato per
la mente di additare capri espiatori, di reclamare una legge d'emergenza
contro i giovani sottoproletari di quella citta', squisitamente "autoctoni",
di auspicare la distruzione del Cep, il quartiere a piu' alta densita' di
microcriminalita' giovanile.
*
Voglio dire che oggi sembrano ormai dimenticati i principi elementari che
distinguevano non dico la sinistra ma qualsiasi cultura liberale: per
esempio,  che il sociale si spiega col sociale, non con la criminologia o
con qualche rabberciata teoria razzialista; che mali, iniquita' e
contraddizioni sociali si affrontano e si risolvono con politiche sociali,
non con la sospensione delle garanzie democratiche, con speciali misure
repressive, con deportazioni di massa. Ormai morto per i piu' sembra essere
perfino il principio basilare per cui, se e' vero che il sociale si spiega
con il sociale, nondimeno ciascuno, in ultima istanza, e' responsabile,
personalmente, dei propri discorsi e delle proprie azioni. E' innegabile:
per una molteplicita' di fattori materiali e culturali, oggi i ceti popolari
si sentono abbandonati, ingannati, insicuri, e ne hanno ben ragione.
Altrettanto innegabile e' che nel nostro paese ñ come altrove, del resto -
v'e' un progressivo scadimento della qualita' della vita collettiva, che in
parte e' il riflesso dello scadimento della vita politica. Ma il salto fra
un vissuto d'insicurezza e di anomia sociali nonche' d'incertezza del futuro
e la xenofobia detta e praticata non e' ineluttabile. Chi lo sostiene fa del
positivismo d'accatto e mostra, appunto, d'aver gettato alle ortiche,
insieme a tutti gli altri, anche il principio della responsabilita'
personale.
Di questo principio fa strame il decreto sicurezza, che reintroduce il
criterio barbarico della colpa e della punizione collettive, che sospende le
garanzie democratiche per una specifica categoria di persone connotata
etnicamente, se non razzialmente, che, prima ancora d'essere approvato,
incita, almeno simbolicamente, alla vendetta istituzionale e popolare contro
quella categoria, con la distruzione perfino degli insediamenti rom
autorizzati e attrezzati a spese dei Comuni (i cittadini non avrebbero forse
ragione di protestare per l'ingiustificata distruzione di beni pubblici che
essi stessi hanno contribuito a sovvenzionare?).
Cio' che colpisce e' che pochi (questo giornale e' una delle rare eccezioni
positive) osino dire che il re e' nudo: cioe' che, se oggi in certi settori
popolari serpeggiano odio, disprezzo e aggressivita' verso i "diversi", non
e' per qualche legge naturale ma perche' lorsignori non solo non hanno fatto
niente per attenuare le concrete ragioni sociali dell'insicurezza, ma hanno
sollecitato, eccitato e legittimato quei sentimenti con una ben orchestrata
campagna; che, se tali pulsioni si esprimono in discorsi ed atti razzisti,
di essi sono responsabili personalmente coloro che li pronunciano o li
compiono, che siano signori o plebei; che, infine, discorsi ed atti razzisti
sono da sanzionare anche con gli strumenti che la legge mette a
disposizione. Avete sentito qualcuno, in questo infausto periodo, invocare
una severa applicazione delle leggi per coloro che istigano all'odio
razziale? A tal proposito e per inciso, conviene ricordare che ben dieci
mesi fa il consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge che
reintroduce le norme della legge Mancino depenalizzate nella precedente
legislatura: non e' pochino chiedere un semplice atto dovuto in cambio del
consenso ad un decreto che si configura come una legge d'eccezione? Chiunque
abbia cultura democratica non dovrebbe rifiutare una misura legislativa
speciale, qualunque sia il suo contenuto, che e' stata concepita sull'onda
di una campagna razzista?
*
In un tempo lontano August Bebel defini' "socialismo degli imbecilli" il
fenomeno della presenza di pregiudizi antiebraici nelle organizzazioni
socialiste e democratiche. Come possiamo definire l'attitudine odierna di
quei democratici che cinicamente lanciano o aderiscono a campagne
sicuritarie ed eterofobiche (non volendo dire "razziste") per mediocri
ragioni di bottega e di consenso, per quel mimetismo autolesionistico che li
spinge a scimmiottare goffamente gli avversari? Lorsignori si offenderebbero
se li definissimo socialisti, quindi non ci resta che l'aggettivo
"imbecilli". Si', giocare col fuoco del razzismo e' da perfetti imbecilli,
non solo perche' questo gioco la destra sa condurlo meglio di loro, non solo
perche' le pulsioni piu' oscure, che essi hanno sollecitato e incoraggiato,
gia' stanno diventando pogrom, ma anche perche' quelle pulsioni, ben lontane
dal tramutarsi in consenso in loro favore, prima o poi gli si rivolteranno
contro.
Almeno dalla meta' dell'Ottocento, le campagne razziste muovono, in modo
esplicito o implicito, dalla paura della decadenza, dall'ossessione della
degenerazione, biologica o sociale. L'elaborazione di dottrine e ideologie
razziste, conviene ricordare, non e' appannaggio esclusivo del pensiero
reazionario: v'e' un filone interno alle correnti di riforma sociale che e'
interno alla stessa storia del razzismo. Basterebbe ricordare due figure
centrali nella storia delle teorie razzialiste: Cesare Lombroso, socialista
animato dall'intento della redenzione delle "classi pericolose", e George
Vacher de Lapouge, uno dei grandi teorici del razzismo scientista e
dell'eugenismo, il quale si dichiarava socialista, ateo e libertario.
L'ansia di purificarsi dal disordine, l'utopia di citta', societa', umanita'
perfettamente ordinate, razionali, libere da difetti fisici e da patologie
sociali e' trascesa facilmente nel progetto di annientare i soggetti sociali
deboli, indocili, anomali, che con la loro stessa esistenza testimoniano del
disordine. Oggi quest'ansia s'incarna in governanti e politici, gazzettieri
e imbonitori televisivi che condividono un mediocre senso comune
conformista, perbenista e repressivo: piccoloborghese, si potrebbe dire, se
non fosse che tanti piccoloborghesi sono ben piu' umani e capaci di
razionalita' politica. L'ossessione paranoide dell'ordine e della sicurezza,
della bonifica sociale e della reductio ad unum non ha mai annunciato
alcunche' di buono.

5. RIFLESSIONE. LUIGI FERRAJOLI: SICUREZZA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 18 novembre 2007, col titolo "Al posto
della sicurezza sociale il buon vecchio capro espiatorio".
Luigi Ferrajoli, illustre giurista, nato a Firenze nel 1940, gia' magistrato
tra il 1967 e il 1975, dal 1970 docente universitario. Opere di Luigi
Ferrajoli: della sua vasta produzione scientifica segnaliamo particolarmente
la monumentale monografia Diritto e ragione, Laterza, Roma-Bari 1989; il
saggio La sovranita' nel mondo moderno, Laterza, Roma-Bari 1997; e La
cultura giuridica nell'Italia del Novecento, Laterza, Roma-Bari 1999]

Si e' sviluppata una grave forma di espansione patologica del diritto
penale - l'enorme aumento delle pene carcerarie -, frutto di una politica
indifferente alle cause strutturali dei fenomeni criminali, promotrice di un
diritto penale massimo, incurante delle garanzie, interessata soltanto a
assecondare, o peggio a alimentare, le paure e gli umori repressivi nella
societa'.
*
Criminalita' di sussistenza
Il terreno privilegiato di questa politica e' quello della sicurezza. Le
statistiche storiche sulla criminalita' ci dicono che il numero dei delitti,
in particolare di quelli contro la persona - omicidi, risse, violenze,
lesioni -, e' diminuito, in proporzione alla popolazione, rispetto a qualche
decennio fa e ancor piu' rispetto a un secolo fa. Eppure in tutti i paesi
occidentali una domanda drogata di sicurezza, enfatizzata dalla stampa e
dalla televisione, ha accentuato le vocazioni repressive della politica
penale, orientandole unicamente nei confronti di quella che ho chiamato
"criminalita' di sussistenza".
Il messaggio espresso da questa politica e' duplice. Il primo e' quello
classista, oltre che in sintonia con gli interessi della criminalita' del
potere, secondo cui la criminalita' - la vera criminalita' che attenta alla
"sicurezza" e che occorre prevenire e perseguire - e' solamente quella di
strada; non dunque le infrazioni dei potenti - le corruzioni, i falsi in
bilancio, i fondi neri e occulti, le frodi fiscali, i riciclaggi, ne'
tantomeno le guerre, i crimini di guerra, le devastazioni dell'ambiente e
gli attentati alla salute -, ma solo le rapine, i furti d'auto e in
appartamenti e il piccolo spaccio di droga, commessi da immigrati,
disoccupati, soggetti emarginati, identificati ancora oggi come le sole
"classi pericolose".
E' un messaggio che vale ad assecondare, nell'opinione pubblica, il riflesso
classista e razzista dell'equiparazione dei poveri, dei neri e degli
immigrati ai delinquenti, e percio' a deformare l'immaginario collettivo
sulla devianza e sul diritto penale: affinche' la giustizia penale cessi di
perseguire i reati delle "persone per bene" e si occupi - cosa oltretutto
piu' facile - dei soli reati che attentano alla loro sicurezza.
*
Pubblica sicurezza
C'e' poi un secondo messaggio, ancor piu' regressivo, che viene trasmesso
dalle campagne sulla sicurezza.
Esso punta al mutamento, nel senso comune, del significato stesso della
parola "sicurezza": che non vuole piu' dire, nel lessico politico,
"sicurezza sociale", cioe' garanzia dei diritti sociali e percio' sicurezza
del lavoro, della salute, della previdenza e della sopravvivenza, ne'
tantomeno sicurezza delle liberta' individuali contro gli arbitrii
polizieschi, bensi' soltanto "pubblica sicurezza", declinata nelle forme
dell'ordine pubblico di polizia e degli inasprimenti punitivi anziche' in
quelle dello stato di diritto, sia liberale che sociale. Essendo stata la
sicurezza sociale aggredita dalle politiche di riduzione dello stato sociale
e di smantellamento del diritto del lavoro, le campagne securitarie valgono
a soddisfare il sentimento diffuso dell'insicurezza sociale con la sua
mobilitazione contro il deviante e il diverso, preferibilmente di colore o
extra-comunitario.
E' il vecchio meccanismo del capro espiatorio, che consente di scaricare sul
piccolo delinquente le paure, le frustrazioni e le tensioni sociali
irrisolte. Con un duplice effetto: l'identificazione illusoria, nel senso
comune, tra sicurezza e diritto penale, quasi che l'intervento penale possa
produrre magicamente una cessazione della micro-delinquenza, e la rimozione,
dall'orizzonte della politica, delle politiche sociali di inclusione,
certamente piu' costose e impegnative ma anche le sole in grado di
aggredirne e ridurne le cause strutturali.
*
Tolleranza zero
E' questo il duplice significato della parola d'ordine "tolleranza zero"
sulla cui base e' stata promossa, dagli anni Ottanta del secolo scorso, una
crescita esponenziale della carcerazione penale. Il fenomeno e' stato
inaugurato e promosso negli Stati Uniti, dove nello spazio di trent'anni la
popolazione carceraria si e' moltiplicata per sette, passando da meno di
trecentomila detenuti a oltre due milioni. Sostenuta da una pseudo-scienza
criminologica informata a un'aperta antropologia della disuguaglianza,
questa politica di carcerazione di massa si e' sviluppata simultaneamente
alla riduzione dello stato sociale.
Si e' cosi' prodotto un ampliamento del ruolo penale e militare dello Stato,
correlativo alla riduzione massiccia del suo ruolo sociale: una sorta di
militarizzazione della politica interna, in aggiunta alla militarizzazione
della politica estera operata in questi stessi anni dalla superpotenza
americana con la riabilitazione della guerra come strumento di governo del
mondo. Due strategie accomunate dalla mobilitazione delle paure a sostegno
della sicurezza e dalla costruzione e criminalizzazione, quali principali
fattori di identita' collettiva, di nuovi nemici, interni e esterni: i
poveri e gli immigrati all'interno, i paesi poveri del mondo e i loro "Stati
canaglia" all'esterno. Non a caso le nuove politiche penali si sono
sostituite, negli Stati Uniti d'America, alle pur deboli politiche sociali,
all'insegna delle nuove parole d'ordine liberiste: "tolleranza zero" e "mano
invisibile" del mercato rivestita da un "guanto di ferro" nei confronti
entrambe dei ceti poveri.

6. RIFLESSIONE. WANDA TOMMASI INTERVISTA LUCE IRIGARAY
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 18 novembre 2007, col titolo "Il cammino
della negativita' nelle parole di Luce Irigaray" e il sommario "Nel suo
libro Oltre i propri confini, da poco uscito per Baldini Castoldi Dalai, la
filosofa francese sottolinea come la relazione si fondi sulla rinuncia ad
appropriarsi dell'altro. Un incontro con l'autrice".
Wanda Tommasi e' docente di storia della filosofia contemporanea
all'Universita' di Verona, fa parte della comunita' filosofica di "Diotima".
Opere di Wanda Tommasi: La natura e la macchina. Hegel sull'economia e le
scienze, Liguori, Napoli 1979; Maurice Blanchot: la parola errante, Bertani,
Verona 1984; Simone Weil: segni, idoli e simboli, Franco Angeli, Milano
1993; Simone Weil. Esperienza religiosa, esperienza femminile, Liguori,
Napoli 1997; I filosofi e le donne, Tre Lune, Mantova 2001; Etty Hillesum.
L'intelligenza del cuore, Edizioni Messaggero, Padova 2002; La scrittura del
deserto, Liguori, Napoli 2004.
Luce Irigaray, nata in Belgio, direttrice di ricerca al Cnrs a Parigi, e'
tra le piu' influenti pensatrici degli ultimi decenni. Tra le opere di Luce
Irigaray: Speculum. L'altra donna, Feltrinelli, Milano 1975; Questo sesso
che non e' un sesso, Feltrinelli, Milano 1978;  Amante marina. Friedrich
Nietzsche, Feltrinelli, Milano 1981; Passioni elementari, Feltrinelli,
Milano 1983; Etica della differenza sessuale, Feltrinelli, Milano 1985;
Sessi e genealogie, La Tartaruga, Milano 1987, Baldini Castoldi Dalai,
Milano 2007; Il tempo della differenza, Editori Riuniti, Roma 1989; Parlare
non e' mai neutro, Editori Riuniti, Roma 1991; Io, tu, noi, Bollati
Boringhieri, Torino 1992; Amo a te, Bollati Boringhieri, Torino 1993; Essere
due, Bollati Boringhieri, Torino 1994; La democrazia comincia a due, Bollati
Boringhieri, Torino 1994; L'oblio dell'aria, Bollati Boringhieri, Torino
1996]

L'ultimo libro di Luce Irigaray, Oltre i propri confini (Baldini Castoldi
Dalai, pp. 170, euro 14), raccoglie le sue conferenze e i suoi dialoghi con
interlocutrici e interlocutori italiani e fin dal titolo allude al tentativo
dell'autrice di oltrepassare i propri confini - nazionali, culturali,
linguistici - per intrecciare relazioni con la nostra cultura e il nostro
femminismo che, specialmente nelle pratiche e nel pensiero della differenza
sessuale, ha raccolto e sviluppato in modo fecondo l'eredita' del suo
pensiero. Nell'introduzione, Irigaray auspica un ritorno all'entusiasmo del
'68, a quello "stato divino" che aveva segnato il femminismo degli anni '70,
quando molte donne, uscite dall'isolamento in cui le aveva confinate la
cultura patriarcale, avevano trovato una parola pubblica condivisa, al di
la' delle differenze fra i percorsi di ciascuna. In occasione dell'uscita di
questo libro, Irigaray ha tenuto una conferenza all'Universita' di Verona
dove ha avuto un primo scambio, assai proficuo, con la comunita' filosofica
femminile Diotima e ha rilanciato il senso della politica legata al pensiero
della differenza sessuale, dicendo che e' tempo ormai che le donne escano
dalla critica del patriarcato per assumersi la responsabilita' di gettare le
basi di una nuova cultura.
*
- Wanda Tommasi: Diverse pensatrici femministe hanno valorizzato, fra i suoi
testi, solo i primi, in particolare Speculum, in cui prevale la critica alla
cultura patriarcale, prestando dunque meno attenzione ai suoi libri
successivi sul tema della democrazia e dei diritti sessuati, e sull'apertura
alle tradizioni orientali. Nel suo pensiero ritengo invece sia possibile
individuare una continuita' di fondo, in particolare nell'attenzione al
divino femminile, necessario sul piano simbolico per consentire alle donne
di divenire pienamente umane e di avere un orizzonte infinito davanti a se'.
Ora, il tema del divino femminile attraversa molti suoi testi. Puo'
parlarci, in particolare, del capitolo "la misterica" contenuto in Speculum?
- Luce Irigaray: Nel testo "la misterica" mi sembra decisivo in particolare
il fatto che, oltre l'attraversamento della reclusione nel logos occidentale
e tutti i dolori che ne risultano per la donna mistica, la fine del cammino
sembra arrivare quando si ritrova un tocco pacato e felice. Questo accade
quando riemerge l'ingenuita' del sentirsi toccata dalla grazia. Forse oggi
potremmo preparare il cammino per accogliere la grazia, con meno sofferenza.
*
- Wanda Tommasi: In Oltre i propri confini, lei parla dell'"amore dell'altro
come percorso mistico". In che senso per lei l'amore dell'altro essere umano
si incrocia con l'amore dell'Altro-divino?
- Luce Irigaray: Nella nostra tradizione abbiamo affidato la trascendenza
unicamente all'assoluto dell'Altro. Conosciamo a questo proposito tutti i
racconti dei percorsi mistici verso questa assoluta trascendenza di Dio.
Abbiamo trascurato il fatto che un'altra trascendenza esiste nella relazione
con l'altro (con la a minuscola), che necessita anch'essa di un percorso
mistico. Voglio dire con questo che l'altro e' anche al di la' della nostra
conoscenza sia sensibile sia mentale. Ma questo percorso richiede altre
trasformazioni di noi stessi, specialmente perche' l'altro e' incarnato e
interagisce continuamente con noi.
*
- Wanda Tommasi: Lei parla della fecondita' dell'incrocio fra diverse
tradizioni, in particolare fra Oriente e Occidente. Potrebbe parlarcene?
- Luce Irigaray: L'essermi avvicinata alla tradizione orientale ha aiutato
la mia stessa vita in un momento di difficolta'. E' un avvicinamento che si
e' realizzato innanzi tutto attraverso la pratica dello yoga, che a poco a
poco ha cambiato non solo il mio modo di vivere, ma anche il mio modo di
pensare. Non per questo ho rinunciato alla mia tradizione, ma l'ho
avvicinata in modo piu' consapevole e creativo. Anche dal punto di vista
religioso l'incrocio fra le due tradizioni e' stato fecondo, anzitutto
grazie alla "cultura del respiro".
*
- Wanda Tommasi: Nel suo ultimo libro, lei suggerisce che riconoscere come
il soggetto sia non soltanto uno ma due, differenti fra loro, possa
costituire il migliore passaporto per varcare tutte le frontiere. Vuole
spiegare in che senso?
- Luce Irigaray: La differenza fra i generi e' la differenza piu' basilare e
universale. Rappresenta una struttura fondamentale in tutte le culture, le
cui diversita' si spiegano in parte col modo di sistemare questa differenza
sia al livello verticale della genealogia, sia al livello orizzontale del
rapporto di alleanza fra i sessi. Questa differenza fra identita' sessuate
e' dunque una chiave per interpretare le diverse tradizioni e convivere con
loro. E' anche il punto a partire dal quale dobbiamo riprendere lo sviluppo
del divenire dell'umanita', perche' qui si articola la prima relazione fra
natura e cultura.
*
- Wanda Tommasi: Per quale motivo preferisce nel suo testo l'espressione
"differenza sessuata" piuttosto che "differenza sessuale"? Nella comunita'
di Diotima adottiamo quest'ultima espressione, con la quale intendiamo la
differenza donna/uomo che investe non solo la natura biologica dell'essere
umano, ma anche e soprattutto la sfera culturale, nella scommessa di tenere
insieme natura e cultura.
- Luce Irigaray: Per anni ho parlato di "differenza sessuale". Poi, alcuni
motivi mi hanno spinta a preferire "differenza sessuata" e a insistere
sempre di piu' sull'identita' sessuata, e non solo sulla differenza
sessuale. Uno di questi motivi e' la necessita' di sottolineare il fatto che
l'identita' sessuata esiste prima di ogni scelta sessuale, e che siamo donne
qualunque sia il nostro orientamento sessuale. Mi sembra importante
ribadirlo per evitare divisioni fra le donne, che condividono la stessa
identita'. Puntare sull'identita' e non solo sulla soggettivita' e' anche un
modo di ricordarci che abbiamo bisogno di criteri oggettivi per elaborare la
nostra cultura. L'identita' sessuata, che per me e' anzitutto un'identita'
relazionale - il primo luogo di intreccio fra natura e cultura -, mi sembra
un punto di riferimento oggettivo indispensabile per coltivare la nostra
soggettivita' e per condividerla nella differenza.
*
- Wanda Tommasi: Nel suo ultimo libro, lei parla del "negativo come cammino
verso l'altro" e precisa che "entrare in relazione con l'altro si fa... a
partire da un negativo, dalla rinuncia ad appropriarsi dell'altro". Ci parla
di questo significato del negativo?
- Luce Irigaray: La differenza implica sempre l'intervento di una certa
negativita'. Per secoli questa negativita' e' servita al soggetto
occidentale per appropriarsi del mondo, per non dire dell'altro. Era anche
intesa in una maniera in qualche modo quantitativa. Al contrario di Hegel,
io uso il negativo per disappropriarmi del mondo e dell'altro. Il mio gesto
non e' di integrarli nel mio orizzonte, ma di lasciarli al loro proprio
mondo. In questo caso, il negativo e' insuperabile e fa da custode alla
permanenza di una doppia soggettivita', con due mondi, due rapporti con
l'assoluto. Sara' compito di queste due soggettivita' elaborare insieme un
terzo mondo che non appartiene ne' all'uno ne' all'altro, ma e' il frutto
della convivenza fra i due.

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

8. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 281 del 22 novembre 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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