Voci e volti della nonviolenza. 107



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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 107 del 23 ottobre 2007

In questo numero:
1. Maria G. Di Rienzo: Dimmi che ti riguarda
2. Et coetera

1. MARIA G. DI RIENZO: DIMMI CHE TI RIGUARDA
[Ringraziamo di cuore Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it)
per questo intervento]

E' probabile che sia colpa mia. Se una bambina di quattro anni puo' subire
violenze sessuali per mesi senza che nessuno se ne accorga. Se
un'adolescente deve riferirsi per il resto della vita ai suoi amici, ai suoi
compagni di scuola, come al "branco" dei propri violentatori. Se una ragazza
puo' scendere a buttare l'immondizia ed essere presa e stuprata. Se una
lavoratrice puo' tornare a casa dal turno di notte ed essere aggredita e
violata. Se una figlia litigando con il padre ne ottiene un colpo di pistola
o uno stupro. E' probabile. Innanzitutto perche' sono una femminista e se
sono una femminista dove accidenti ero mentre accadevano queste cose?
Perche' non sono entrata in una cabina telefonica ad infilarmi il costume da
Superwoman e non sono volata a salvare le mie congeneri? Inoltre, come
femminista e soprattutto come essere umano ferito e sconvolto, ho continuato
a protestare per anni contro il trattamento inflitto a donne e bambine, a
denunciarne le cause, a chiedere si intraprendessero passi per il
cambiamento. E il coro mi ha risposto: ma non la vuoi smettere? Non vedi che
le donne sono libere e vincenti e possono fare tutto cio' che vogliono e che
e' questo che scatena la violenza maschile? Gli uomini sono in crisi. E
quando sono in crisi si rivolgono alla violenza. Poverini. Sono piu' di
trent'anni che io sento questa cosa. Due generazioni, forse addirittura tre,
e ancora la crisi non si risolve. Ci dev'essere un grosso deficit di
apprendimento, mannaggia. O forse transita, la crisi, da padre a figlio come
una malattia ereditaria? E le violenze di prima di questa ascesa luminosa
delle donne, che abbaglia i loro compagni sino a costringerli ad essere dei
farabutti, i quattromila anni di massacri e roghi e torture di prima, a cosa
erano dovuti?
E poi, continua il coro, questo chiedere conto della violenza a chi la usa,
la perpetua, ne fa uno stile di vita, e' assai indisponente, poco
caritatevole, un po' intollerante. Anche le tue menate sul linguaggio,
consentimi, chi se ne frega se nelle nostre parole c'e' cosi' tanto veleno
contro le donne, in fondo sono battute (giusto, in fondo sono "battute", a
botte, ma se non tocca a noi personalmente e' giusto non interessarsene).
Hai considerato gli usi, i costumi, le tradizioni? Non essere cosi'
eurocentrica e filo-occidentale. E smetti, per favore, anche di essere
bacchettona. Perche' trovi tristi le veline? Guarda come sono contente
queste giovani donne, come celebrano la propria bellezza, come danzano
sensuali sotto gli occhi compiaciuti degli uomini che dirigono i programmi a
cui loro partecipano mute, uomini che come eta' potrebbero essere i loro
padri o i loro nonni e che mimano ossessivamente (ma per gioco,
naturalmente) l'essere i loro partner sessuali.
Forse dovrei andare ad autodenunciarmi in questura, perche' dev'essere colpa
mia, certo che lo e'. Anche l'aver incoraggiato, favorito, amato, ammirato e
sostenuto tutti quegli uomini e ragazzi che hanno detto: questo non e' il
mio modello, non ho bisogno della violenza per essere qualcuno, voglio al
mio fianco una compagna che mi ami e non una che abbia paura di me.
Tanti anni fa, a Treviso, si celebro' un processo per stupro. Io, una
ragazzina, ero nel corteo che si raduno' all'ingresso del tribunale, un
corteo di donne. Ad un certo punto formammo un cerchio, tenendoci per mano.
Lo ricordi, tu, ragazzo con la sciarpa e i riccioli, che unico fra gli
uomini presenti chiedesti se potevi entrare nel cerchio delle donne?
Ricordi chi ti tese la mano, chi la strinse? Chi apri' il cerchio? Ero io.
Dimmi che esisti ancora, ti prego. Dimmi che credi ancora che la tua
dignita' e la tua autorevolezza vengano esaltate dalla dignita' e
dall'autorevolezza delle donne e non ne vengono sminuite. Dimmi che sei
felice di essere stato quel ragazzo coraggioso, e di essere l'uomo che sei
ora. Dimmi che ti riguarda.

2. ET COETERA

Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio;
prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice,
regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche
storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica
dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle
donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei
diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di
Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra
Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne
nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005. Un
piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e' in
"Notizie minime della nonviolenza" n. 81.

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Numero 107 del 23 ottobre 2007

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