Voci e volti della nonviolenza. 97



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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 97 del 28 agosto 2007

In questo numero:
1. Gabriele De Veris: 28 agosto 1963, il sogno di Martin Luther King in
marcia a Washington
2. Martin Luther King: Io ho un sogno
3. Sergio Albesano: Cinque momenti della vita di Martin Luther King
4. Et coetera

1. GABRIELE DE VERIS: 28 AGOSTO 1963, IL SOGNO DI MARTIN LUTHER KING IN
MARCIA A WASHINGTON
[Dal sito dell'Agesci, settore pace, nonviolenza, solidarieta'
(http://italy.peacelink.org/agescipns/) riprendiamo il seguente intervento
li' apparso col titolo "28 agosto 1963: la Marcia su Washington. 'I have a
dream'. Il sogno di Martin Luther King ha risvegliato gli americani nel
1963: oggi ricordiamo quel giorno guardando al presente e sognando un mondo
migliore"]

Il 28 agosto 1963 si svolse la Marcia per i diritti civili, la "Marcia su
Washington", organizzata da Martin Luther King; centinaia di migliaia di
persone, bianchi e neri, marciarono insieme fino al Lincoln Memorial, per
chiedere la fine della segregazione e discriminazione razziale. La
manifestazione, che fu una delle piu' grandi iniziative nonviolente negli
Stati Uniti, si concluse con il canto di Joan Baez e Bob Dylan, e infine con
le parole immortali del discorso di Martin Luther King, "I Have a Dream":
(Io ho un sogno). "Io ho davanti a me un sogno, che un giorno sulle rosse
colline della Georgia i figli di coloro che un tempo furono schiavi e i
figli di coloro che un tempo possedettero schiavi, sapranno sedere insieme
al tavolo della fratellanza...".
*
Gandhi aveva iniziato le manifestazioni nonviolente in India, poi altre
manifestazioni antinucleari si erano svolte in Inghilterra; nel settembre
1961 la Marcia per la pace e la fratellanza da Perugia ad Assisi promossa da
Aldo Capitini. La nonviolenza era nell'aria, ed era la risposta costruttiva
a un mondo ancora stravolto dalla violenza della guerra, dei campi di
sterminio, della bomba atomica.
La Marcia su Washington fu probabilmente l'ago della bilancia tra una
repressione feroce e una rivolta armata che avrebbe probabilmente infiammato
gli Stati Uniti: la stretta strada della nonviolenza, faticosa, derisa,
spesso ignorata dai libri di storia ufficiali e dai revisionisti distratti e
un po'ignoranti. La Marcia su Washington fu costruita da uomini e donne che
rischiavano la vita ogni giorno, in un Paese teoricamente libero e
democratico ma di fatto tragicamente incoerente. Traccio' anche la rotta per
quanti lottano per i diritti umani, per la pace, per un mondo a misura
d'uomo: la nonviolenza come strumento indispensabile, positivo, costruttivo,
personale e collettivo al tempo stesso.
*
A noi, spesso abituati a fiumi di parole, comunicati e conferenze stampa,
interviste, pagine web, foto digitali, telefonate e servizi televisivi, puo'
sembrare incredibile che quella manifestazione - cosi' piccola se paragonata
ai megaconcerti planetari - sia stata costruita con tali mezzi, a suon di
ciclostilati e telefonate, e abbia avuto tanto effetto da passare alla
storia perche' ha fatto davvero la storia.
Ma capire meglio come stavano le cose e come sono cambiate in quella fine di
agosto di 44 anni fa puo' aiutarci a rileggere la nostra storia quotidiana,
le nostre lotte, il nostro impegno per rendere questo mondo un po' migliore
di come lo abbiamo trovato, dove i diritti umani sono un dovere per ciascuno
di noi.

2. MARTIN LUTHER KING: IO HO UN SOGNO
[Riproponiamo ancora una volta il seguente discorso estratto dall'antologia
di scritti e discorsi di Martin Luther King curata da Fulvio Cesare Manara,
Memoria di un volto: Martin Luther King, Dipartimento per l'educazione alla
nonviolenza delle Acli di Bergamo, Bergamo 2002, che reca traduzioni di
discorsi e scritti del grande maestro della nonviolenza. Il testo seguente
e' quello dell'indimenticabile discorso tenuto alla marcia a Washington per
l'occupazione e la liberta', Washington, 28 agosto 1963; la traduzione (di
Tania Gargiulo) e' ripresa da Martin Luther King, "I have a dream",
Mondadori, Milano 2000, 2001, pp. 226-230. Cosi' Martin Luther King
descrisse la circostanza: "Cominciai a parlare leggendo il mio discorso, e
fino a un certo punto continuai a leggere. Quel giorno sentivo nell'uditorio
una rispondenza straordinaria, e tutt'a un tratto mi venne in mente questa
cosa. Nel giugno precedente, dopo essermi unito a un tranquillo raduno di
migliaia di persone nelle strade del centro di Detroit, nel Michigan, avevo
tenuto un discorso nella Cobo Hall, in cui mi ero servito dell'espressione
'io ho un sogno'. L'avevo gia' usata piu' volte nel passato, e semplicemente
mi venne fatto di usarla anche a Washington. Non so perche': prima di
pronunciare il discorso non ci avevo pensato affatto. Dissi la frase, e da
quel momento in poi lasciai del tutto da parte il manoscritto e non lo
ripresi piu'"]

Oggi sono felice di essere con voi in quella che nella storia sara'
ricordata come la piu' grande manifestazione per la liberta' nella storia
del nostro paese.
Un secolo fa, un grande americano, che oggi getta su di noi la sua ombra
simbolica, firmo' il Proclama dell'emancipazione. Si trattava di una legge
epocale, che accese un grande faro di speranza per milioni di schiavi neri,
marchiati dal fuoco di una bruciante ingiustizia. Il proclama giunse come
un'aurora di gioia, che metteva fine alla lunga notte della loro cattivita'.
Ma oggi, e sono passati cento anni, i neri non sono ancora liberi. Sono
passati cento anni, e la vita dei neri e' ancora paralizzata dalle pastoie
della segregazione e dalle catene della discriminazione. Sono passati cento
anni, e i neri vivono in un'isola solitaria di poverta', in mezzo a un
immenso oceano di benessere materiale. Sono passati cento anni, e i neri
ancora languiscono negli angoli della societa' americana, si ritrovano esuli
nella propria terra.
Quindi oggi siamo venuti qui per tratteggiare a tinte forti una situazione
vergognosa. In un certo senso, siamo venuti nella capitale del nostro paese
per incassare un assegno. Quando gli architetti della nostra repubblica
hanno scritto le magnifiche parole della Costituzione e della Dichiarazione
d'indipendenza, hanno firmato un "paghero'" di cui ciascun americano era
destinato a ereditare la titolarita'. Il "paghero'" conteneva la promessa
che a tutti gli uomini, si', ai neri come ai bianchi, sarebbero stati
garantiti questi diritti inalienabili: "vita, liberta' e ricerca della
felicita'".
Oggi appare evidente che per quanto riguarda i cittadini americani di
colore, l'America ha mancato di onorare il suo impegno debitorio. Invece di
adempiere a questo sacro dovere, l'America ha dato al popolo nero un assegno
a vuoto, un assegno che e' tornato indietro, con la scritta "copertura
insufficiente". Ma noi ci rifiutiamo di credere che la banca della giustizia
sia in fallimento. Ci rifiutiamo di credere che nei grandi caveau di
opportunita' di questo paese non vi siano fondi sufficienti. E quindi siamo
venuti a incassarlo, questo assegno, l'assegno che offre, a chi le richiede,
la ricchezza della liberta' e la garanzia della giustizia.
Siamo venuti in questo luogo consacrato anche per ricordare all'America
l'infuocata urgenza dell'oggi. Quest'ora non e' fatta per abbandonarsi al
lusso di prendersela calma o di assumere la droga tranquillante del
gradualismo. Adesso ' il momento di tradurre in realta' le promesse della
democrazia. Adesso e' il momento di risollevarci dalla valle buia e desolata
della segregazione fino al sentiero soleggiato della giustizia razziale.
Adesso e' il momento di sollevare la nostra nazione dalle sabbie mobili
dell'ingiustizia razziale per collocarla sulla roccia compatta della
fraternita'. Adesso e' il momento di tradurre la giustizia in una realta'
per tutti i figli di Dio.
Se la nazione non cogliesse l'urgenza del presente, le conseguenze sarebbero
funeste. L'afosa estate della legittima insoddisfazione dei negri non
finira' finche' non saremo entrati nel frizzante autunno della liberta' e
dell'uguaglianza. Il 1963 non e' una fine, e' un principio. Se la nazione
tornera' all'ordinaria amministrazione come se niente fosse accaduto, chi
sperava che i neri avessero solo bisogno di sfogarsi un po' e poi se ne
sarebbero rimasti tranquilli rischia di avere una brutta sorpresa.
In America non ci sara' ne' riposo ne' pace finche' i neri non vedranno
garantiti i loro diritti di cittadinanza. I turbini della rivolta
continueranno a scuotere le fondamenta della nostra nazione finche' non
spuntera' il giorno luminoso della giustizia.
*
Ma c'e' qualcosa che devo dire al mio popolo, fermo su una soglia rischiosa,
alle porte del palazzo della giustizia: durante il processo che ci portera'
a ottenere il posto che ci spetta di diritto, non dobbiamo commettere torti.
Non cerchiamo di placare la sete di liberta' bevendo alla coppa del rancore
e dell'odio. Dobbiamo sempre condurre la nostra lotta su un piano elevato di
dignita' e disciplina. Non dobbiamo permettere che la nostra protesta
creativa degeneri in violenza fisica. Sempre, e ancora e ancora, dobbiamo
innalzarci fino alle vette maestose in cui la forza fisica s'incontra con la
forza dell'anima.
Il nuovo e meraviglioso clima di combattivita' di cui oggi e' impregnata
l'intera comunita' nera non deve indurci a diffidare di tutti i bianchi,
perche' molti nostri fratelli bianchi, come attesta oggi la loro presenza
qui, hanno capito che il loro destino e' legato al nostro. Hanno capito che
la loro liberta' si lega con un nodo inestricabile alla nostra. Non possiamo
camminare da soli. E mentre camminiamo, dobbiamo impegnarci con un
giuramento: di proseguire sempre avanti. Non possiamo voltarci indietro.
C'e' chi domanda ai seguaci dei diritti civili: "Quando sarete
soddisfatti?". Non potremo mai  essere soddisfatti, finche' i neri
continueranno a subire gli indescrivibili orrori della brutalita'
poliziesca. Non potremo mai  essere soddisfatti, finche' non riusciremo a
trovare alloggio nei motel delle autostrade e negli alberghi delle citta',
per dare riposo al nostro corpo affaticato dal viaggio. Non potremo mai
essere soddisfatti, finche' tutta la facolta' di movimento dei neri restera'
limitata alla possibilita' di trasferirsi da un piccolo ghetto a uno piu'
grande. Non potremo mai essere soddisfatti, finche' i nostri figli
continueranno a essere spogliati dell'identita' e derubati della dignita'
dai cartelli su cui sta scritto "Riservato ai bianchi". Non potremo mai
essere soddisfatti, finche' i neri del Mississippi non potranno votare e i
neri di New York crederanno di non avere niente per cui votare. No, no, non
siamo soddisfatti e non saremo mai soddisfatti, finche' la giustizia non
scorrera' come l'acqua, e la rettitudine come un fiume in piena.
Io non dimentico che alcuni fra voi sono venuti qui dopo grandi prove e
tribolazioni. Alcuni di voi hanno lasciato da poco anguste celle di
prigione. Alcuni di voi sono venuti da zone dove ricercando la liberta' sono
stati colpiti dalle tempeste della persecuzione e travolti dai venti della
brutalita' poliziesca. Siete i reduci della sofferenza creativa. Continuate
il vostro lavoro, nella fede che la sofferenza immeritata ha per frutto la
redenzione.
Tornate nel Mississippi, tornate nell'Alabama, tornate nella Carolina del
Sud, tornate in Georgia, tornate in Louisiana, tornate alle baraccopoli e ai
ghetti delle nostre citta' del Nord, sapendo che in qualche modo questa
situazione puo' cambiare e cambiera'.
*
Non indugiamo nella valle della disperazione. Oggi, amici miei, vi dico:
anche se dobbiamo affrontare le difficolta' di oggi e di domani, io continuo
ad avere un sogno. E un sogno che ha radici profonde nel sogno americano.
Ho un sogno, che un giorno questa nazione sorgera' e vivra' il significato
vero del suo credo: noi riteniamo queste verita' evidenti di per se', che
tutti gli uomini sono creati uguali.
Ho un sogno, che un giorno sulle rosse montagne della Georgia i figli degli
ex schiavi e i figli degli ex padroni di schiavi potranno sedersi insieme
alla tavola della fraternita'.
Ho un sogno, che un giorno perfino lo stato del Mississippi, dove si patisce
 il caldo afoso dell'ingiustizia, il caldo afoso dell'oppressione, si
trasformera' in un'oasi di liberta' e di giustizia.
Ho un sogno, che i miei quattro bambini un giorno vivranno in una nazione in
cui non saranno giudicati per il colore della pelle, ma per l'essenza della
loro personalita'.
Oggi ho un sogno.
Ho un sogno, che un giorno, laggiu' nell'Alabama, dove i razzisti sono piu'
che mai accaniti, dove il governatore non parla d'altro che di potere di
compromesso interlocutorio e di nullification delle leggi federali, un
giorno, proprio la' nell'Alabama, i bambini neri e le bambine nere potranno
prendere per mano bambini bianchi e bambine bianche, come fratelli e
sorelle.
Oggi ho un sogno.
Ho un sogno, che un giorno ogni valle sara' innalzata, ogni monte e ogni
collina saranno abbassati, i luoghi scoscesi diventeranno piani, e i luoghi
tortuosi diventeranno diritti, e la gloria del Signore sara' rivelata, e
tutte le creature la vedranno insieme.
Questa e' la nostra speranza. Questa e' la fede che portero' con me tornando
nel Sud. Con questa fede potremo cavare dalla montagna della disperazione
una pietra di speranza.
Con questa fede potremo trasformare le stridenti discordanze della nostra
nazione in una bellissima sinfonia di fraternita'.
Con questa fede potremo lavorare insieme, pregare insieme, lottare insieme,
andare in prigione insieme, schierarci insieme per la liberta', sapendo che
un giorno saremo liberi.
Quel giorno verra', quel giorno verra' quando tutti i figli di Dio potranno
cantare con un significato nuovo: "Patria mia, e' di te, dolce terra di
liberta', e' di te che io canto. Terra dove sono morti i miei padri, terra
dell'orgoglio dei Pellegrini, da ogni vetta riecheggi liberta'". E se
l'America vuol essere una grande nazione, bisogna che questo diventi vero.
E dunque, che la liberta' riecheggi dalle straordinarie colline del New
Hampshire.
Che la liberta' riecheggi dalle possenti montagne di New York.
Che la liberta' riecheggi dagli elevati Allegheny della Pennsylvania.
Che la liberta' riecheggi dalle innevate Montagne Rocciose del Colorado.
Che la liberta' riecheggi dai pendii sinuosi della California.
Ma non soltanto.
Che la liberta' riecheggi dalla Stone Mountain della Georgia.
Che la liberta' riecheggi dalla Lookout Mountain del Tennessee.
Che la liberta' riecheggi da ogni collina e da ogni formicaio del
Mississippi, da ogni vetta, che riecheggi la liberta'.
E quando questo avverra', quando faremo riecheggiare la liberta', quando la
lasceremo riecheggiare da ogni villaggio e da ogni paese, da ogni stato e da
ogni citta', saremo riusciti ad avvicinare quel giorno in cui tutti i figli
di Dio, neri e bianchi, ebrei e gentili, protestanti e cattolici, potranno
prendersi per mano e cantare le parole dell'antico inno: "Liberi finalmente,
liberi finalmente. Grazie a Dio onnipotente, siamo liberi finalmente".

3. SERGIO ALBESANO: CINQUE MOMENTI DELLA VITA DI MARTIN LUTHER KING
[Dal sito www.comitatopace.it riprendiamo il seguente articolo di Sergio
Albesano, dal titolo "Martin Luther King. La figura del leader del movimento
per i diritti civili dei neri attraverso cinque momenti della sua vita"]

1. Il boicottaggio degli autobus a Montgomery
Il primo dicembre 1955 a Montgomery, in Alabama, Rosa Parks, una signora
nera di mezza eta', sali' su un autobus di linea, segui' l'indicazione
"Gente di colore" e prese posto nella quinta fila a sinistra, dietro ai
posti riservati ai passeggeri bianchi. L'autobus ben presto si riempi'. Il
conducente invito' allora a far posto ai "signori bianchi" e tre neri si
alzarono. Rosa era stanca, aveva appena terminato una lunga giornata di
lavoro, le facevano male i piedi e decise di rimanere seduta. Il conducente
la invito' esplicitamente ad alzarsi, ma la donna rifiuto', senza alzare la
voce, perche' sapeva che altrimenti avrebbe offerto un pretesto per farla
scendere. L'autista si allontano' e ritorno' dopo poco accompagnato da due
poliziotti, i quali afferrarono la donna e la trascinarono via. L'autobus
riparti' e la donna venne condotta al posto di polizia, dove il funzionario
di turno compilo' il modulo di arresto con l'accusa di violazione delle
norme municipali regolanti la disposizione razziale dei posti sugli
autoveicoli pubblici.
Rosa telefono' a E. D. Nixon, presidente dell'Naacp, il quale la raggiunse
al commissariato, pago' la cauzione e la riporto' a casa. Quindi avviso'
dell'accaduto Jo Ann Robinson, presidentessa del Consiglio politico delle
donne di Montgomery, la quale propose a Nixon di lanciare un appello alla
popolazione di colore per boicottare i mezzi pubblici in segno di protesta.
Alle cinque del mattino Nixon telefono' a due pastori della citta' per
chiedere il loro appoggio. Uno dei due era Martin Luther King, il quale
esito' e chiese di poter riflettere, ma quaranta minuti dopo, dietro le
insistenze di Nixon, accetto' di mettere a disposizione la sua chiesa come
luogo di incontro della comunita' nera per poter discutere la questione.
Nelle prime ore del pomeriggio erano gia' stati distribuiti quarantamila
volantini in cui si invitava a non utilizzare l'autobus lunedi' 5 dicembre.
L'appello al boicottaggio era gia' stato lanciato prima che avesse inizio la
riunione, durante la quale King si tenne in disparte, suscitando la
lamentela di Robinson. Solo le chiese disponevano dell'organizzazione
necessaria per mobilitare un alto numero di neri e alla fine i pastori
promisero di dare risalto al boicottaggio nei sermoni della domenica e di
ristampare all'interno delle singole comunita' ecclesiali il volantino.
La domenica nelle chiese afflui' una massa di gente e i pastori raccolsero
applausi scroscianti. Nel pomeriggio King lesse un articolo sul "Montgomery
adviser", in cui si bollava il minacciato boicottaggio come un'azione di
razzismo nero e cio' sollevo' i suoi dubbi. Alla fine decise che il
boicottaggio era un tentativo di spiegare ai bianchi che non era possibile
collaborare oltre con un sistema malvagio.
In genere in una giornata lavorativa utilizzavano i mezzi pubblici ventimila
neri. Quel lunedi' furono contati solo dodici viaggiatori neri.
Intanto fu processata Rosa Parks, che fu riconosciuta colpevole e le venne
inflitta una multa di dieci dollari. Il suo avvocato presento' ricorso.
Qualche ora piu' tardi alcune persone si incontrarono nella chiesa di King
ed egli, colto di sorpresa, fu eletto presidente della Montgomery
Improvement Association. "Tutta la faccenda mi si presento' cosi'
inaspettatamente, che non ebbi tempo di rifletterci sopra", affermo' King.
"Io non avevo ne' iniziato ne' proposto quella protesta. Reagii
semplicemente al richiamo del popolo che chiedeva un portavoce".
L'assemblea preparo' il testo delle richieste da proporre all'azienda dei
trasporti, tra le quali si chiedeva "che i viaggiatori possano prendere
posto secondo l'ordine di salita, i neri a cominciare dalle ultime file". Si
trattava di richieste indubbiamente moderate, che non mettevano in
discussione il principio della separazione razziale.
Quella sera il neopresidente tenne un discorso appassionato di fronte ad una
folla enorme. Ricordo' molti casi di ingiustizie subite da neri sui mezzi
pubblici. Poi disse: "Siamo qui per dire a coloro che ci hanno maltrattato
per tanto tempo che noi siamo stanchi. Siamo stanchi di essere segregati e
umiliati. Siamo stanchi di essere presi brutalmente a calci, di essere
oppressi. Non abbiamo altra alternativa che la protesta. Per molti anni
abbiamo mostrato una pazienza sorprendente. A volte abbiamo dato ai nostri
fratelli bianchi l'impressione che il modo in cui venivamo trattati ci
piacesse. Ma questa sera siamo venuti qui per dire che la nostra pazienza e'
finita, che saremo pazienti solo quando avremo liberta' e giustizia".
L'assemblea approvo' all'unanimita' la proposta di continuare il
boicottaggio ad oltranza, fino a quando fossero state rispettate le
richieste della popolazione nera, la quale continuo' l'azione di protesta
per trecentottantasei giorni, organizzando un sistema di trasporti
alternativo. In questi mesi King acquisto' una statura di rilievo pubblico.
Quotidiani di tutto il mondo inviarono giornalisti nella citta' sul fiume
Alabama e arrivarono le televisioni a riprenderlo. Il nuovo mezzo
d'informazione, sufficientemente sviluppato negli Stati Uniti a quell'epoca,
contribui' a rendere Martin Luther King una figura di rilevanza nazionale.
Contemporaneamente King e la sua famiglia furono subissati da minacce di
morte e ricevettero un'infinita' di telefonate piene di insulti e di
volgarita'. La sua casa subi' un attentato dinamitardo in cui moglie e
figlio si salvarono per miracolo. King ebbe dubbi, provo' paura, ma trovo'
nella sua fede religiosa la forza di continuare. Intanto venne accusato di
frode fiscale; quindi arrestato per eccesso di velocita'. Era la prima di
una lunga serie di detenzioni. Una folla adirata si aduno' davanti alla
prigione chiedendo la scarcerazione del pastore e la polizia, dietro
pagamento della cauzione, lo rilascio'.
King volo' da una parte all'altra degli Stati Uniti per mobilitare
l'opinione pubblica e per raccogliere fondi per la causa. Intanto le
autorita' municipali intentarono un processo per "trasporto di viaggiatori
non autorizzato" contro il movimento per i diritti civili, chiedendo al
tribunale un provvedimento ingiuntivo temporaneo contro il sistema di
automobili private che offrivano passaggi gratuiti ai neri. King cerco' di
trattare con l'azienda, che pero' si dimostro' irremovibile. Il momento era
delicato, perche' se la Corte locale avesse dato ragione alle autorita'
municipali, il boicottaggio sarebbe giunto alla fine, in quanto non si
poteva chiedere alla popolazione nera di andare e tornare tutti i giorni dal
lavoro a piedi. Proprio in quel momento pero' la Corte Suprema, alla quale
avevano fatto ricorso gli avvocati della Naacp, dichiaro' incostituzionale
la separazione razziale sui mezzi pubblici di trasporto di Montgomery e le
norme locali di segregazione delle Stato dell'Alabama.
La comunita' di colore si preparo' al trasporto integrato simulando sui
banchi della chiesa alcune scene di situazioni conflittuali. La popolarita'
di King era alle stelle e all'inizio del 1957 la sua fotografia campeggio'
sulla copertina di "Time". Il boicottaggio ebbe termine il 21 dicembre 1956
e nel giro di una settimana il trasporto integrato divenne una pratica
comune a Montgomery. Si verificarono soltanto due piccoli incidenti di
intolleranza.
La vittoria di Montgomery non fu merito soltanto di King e dei suoi uomini.
Fin dall'inizio i grandi media avevano appoggiato il movimento per i diritti
civili, assecondando un nuovo atteggiamento che andava delineandosi nella
societa'. Anche il sound nero contribui' a diffondere una nuova cultura di
tolleranza. Alla fine degli anni Cinquanta, gli Stati Uniti si trovarono di
fronte una nuova generazione di giovani che attraverso il rock and roll
erano approdati al movimento per i diritti civili. Senza la beat generation
il movimento di King dopo Montgomery si sarebbe arenato.
*
Spunti di riflessione
La protesta parti' dalle donne.
King non cerco' di capeggiare la protesta, ma lo fece quasi suo malgrado.
Il boicottaggio fu accompagnato da azioni legali.
Il boicottaggio ebbe successo perche' fu un'azione di massa.
La protesta fu sempre e inequivocabilmente nonviolenta.
La popolazione nera coinvolta si preparo' a situazioni conflittuali.
I grandi media furono determinanti per la buona riuscita dell'azione.
La coscienza civica e' pronta ad accogliere i cambiamenti legislativi che in
parte sono gia' patrimonio della cultura civile.
E' solo quando la notte e' piu' buia che si vedono le stelle.
*
2. Birmingham
Birmingham era un centro industriale dell'Alabama a un'ora e mezza di
automobile a nord di Montgomery. Nel 1957 erano stati attuati in citta'
diciassette attentati dinamitardi contro le chiese dei neri senza che alcun
responsabile fosse mai stato individuato e il Ku Klux Klan era penetrato
cinquanta volte nel quartiere delle persone di colore.
Fred Shuttlesworth, un collega di King e suo amico dai tempi di Montgomery,
lo aveva chiamato a Birmingham, ben sapendo di imbarcarsi in un'impresa a
rischio. Durante una riunione preparatoria King aveva detto ai suoi
collaboratori: "Ci tengo molto che ciascuno di voi rifletta attentamente
prima di decidere se partecipare alla campagna. Io prevedo che qualcuno dei
presenti non tornera' a casa vivo. Quindi pensateci bene".
La campagna di disobbedienza civile fu preparata sia reclutando alcune
centinaia di volontari con il compito di coinvolgere la popolazione nera,
sia organizzando conferenze tenute da King in ogni dove per raccogliere i
fondi necessari.
Il giorno d'inizio della campagna fu mercoledi' 3 aprile 1963 e la sera
precedente King indisse un raduno di preghiera. Al mattino trenta volontari
presero posto ai banchi delle tavole calde dei cinque grandi magazzini piu'
prestigiosi della citta' e chiesero di essere serviti. Furono respinti e
venne loro intimato di lasciare il locale. Quando si rifiutarono di
abbandonare i loro posti, la polizia sopraggiunta ne porto' in prigione
ventuno. Quella sera King fece appello alla popolazione nera perche'
boicottasse i grandi magazzini dei bianchi in segno di solidarieta' con gli
arrestati. I primi tre giorni della protesta si svolsero in modo quasi
pacifico e furono effettuati soltanto trentacinque arresti. Il sabato
quarantacinque volontari si recarono in marcia al municipio insieme al
pastore Shuttlesworth per presentare una protesta contro l'arresto dei
sostenitori dei diritti civili. Quarantadue di loro furono fermati.
La domenica il fratello di King, Alfred-Daniel, che era stato chiamato come
pastore a Birmingham, si spinse fino in centro con una marcia di preghiera.
Fu arrestato e spedito in prigione insieme ad altri venticinque dimostranti.
Il ministro della giustizia Robert Kennedy fece pervenire a King un
messaggio personale, in cui gli consigliava di smorzare il tono della
protesta giacche', cosi' si esprimeva, "i diritti civili non si conquistano
in piazza".
King era deciso ad ignorare l'ingiunzione emessa dal tribunale locale che
vietava qualunque altra forma di protesta e organizzo' per il venerdi' santo
una marcia alla prigione insieme a cinquanta volontari; negli ultimi cinque
giorni circa cinquecento neri erano stati rinchiusi in carcere. La polizia
ben presto interveni' e condusse i dimostranti in prigione. Per King si
trattava del tredicesimo arresto.
In carcere scrisse la Lettera dal carcere di Birmingham, che era una
risposta agli ecclesiastici che reputavano che i neri avrebbero fatto meglio
a sfruttare le loro possibilita' legali, anziche' impiegare tutto quel tempo
a tenere dimostrazioni. King scrisse: "Quando attraversi il Paese e sei
costretto a dormire notte dopo notte negli angoli scomodi di un'automobile
perche' non c'e' un motel che ti accolga; quando giorno dopo giorno vieni
umiliato dai cartelli provocatori 'per bianchi' e 'per gente di colore';
quando non hai piu' un nome perche' ti chiamano 'nigger', non hai altro
appellativo che 'boy', qualunque sia la tua eta', e il tuo cognome e'
comunque 'John'; quando a tua moglie e a tua madre non viene mai
riconosciuto il titolo di riguardo Mrs.; quando il fatto di esser nero ti
tormenta di giorno e ti perseguita di notte e ti costringe a camminare
sempre in punta di piedi; allora bisogna comprendere perche' a noi risulti
tanto difficile aspettare".
Sabato 20 aprile King fu rimesso in liberta' dietro pagamento della cauzione
e il successivo processo si concluse con una multa di cinquanta dollari. Gli
organizzatori della manifestazione decisero allora di coinvolgere i ragazzi.
Il 2 maggio gruppi di cinquanta giovani partirono dalla chiesa dove avevano
ascoltato un discorso di King. La polizia era schierata con manganelli,
caschi, scudi e cani al guinzaglio. I ragazzi riuscirono pero' ad aggirare
il blocco e a raggiungere il centro, dove si riunirono in un corteo che
avanzo' verso il municipio. La polizia rincorse i manifestanti e fermo' la
marcia, arrestando novecentocinquantanove bambini e ragazzi, che furono
trattati in maniera umiliante e violenta.
King indisse per il giorno seguente un'altra manifestazione. Cinquecento
ragazzi lasciarono l'edificio della chiesa prima che la polizia arrivasse a
sbarrare il portone. Gli altri si defilarono dalle uscite laterali. La
polizia attacco' i dimostranti con gli idranti e scateno' i cani contro di
loro. Per reazione sui tetti delle case circostanti comparvero giovani neri
che cominciarono a prendere di mira la polizia con un lancio di sassi. La
campagna nonviolenta rischiava di precipitare. Gli organizzatori riuscirono
a salvare la situazione invitando ancora una volta a non fare uso della
violenza.
Il corteo dei ragazzi suscito' aspre critiche, poiche' King e gli
organizzatori della protesta furono accusati di bieco cinismo e di abusare
dei giovani. King rispose affermando che un bianco non era in grado di farsi
un'idea di che cosa significava essere un bambino nero che cresceva in una
realta' come quella di Birmingham.
Dopo le dimostrazioni dei ragazzi, la popolazione di colore continuo' le
manifestazioni e tutti i giorni furono organizzate marce verso il municipio,
nonostante i manganelli e gli idranti della polizia. Il 6 e 7 maggio furono
arrestate duemila persone. Le carceri erano sovraffollate. Robert Kennedy
invio' a Birmingham un incaricato speciale, con il compito di convincere i
commercianti bianchi a trattare con King per giungere ad un'intesa.
King avanzo' quattro richieste: l'abolizione della segregazione nelle tavole
calde, nei bagni, negli spogliatoi e alle fontanelle dell'acqua potabile dei
centri commerciali; l'assunzione di neri, con la relativa possibilita' di
fare carriera, all'interno dell'amministrazione comunale e delle aziende
commerciali; la sospensione di tutti i procedimenti penali in corso contro i
dimostranti; l'istituzione di un comitato misto di bianchi e neri per
programmare altre misure per l'abolizione della segregazione. Agli occhi di
chi deteneva il potere nella citta', pero', nessuna di queste condizioni
poteva esser oggetto di trattative. Intanto sulle strade la protesta
continuava e si ebbero numerosi feriti. Volarono pezzi di mattone, bottiglie
e sassi. King con il megafono continuava a richiamare alla nonviolenza.
Impressionati dal protrarsi della crisi, i rappresentanti della Camera di
commercio avviarono trattative segrete con i responsabili della protesta. Il
9 maggio King fu di nuovo arrestato. Shuttlesworth, dimesso dall'ospedale
dove era stato ricoverato a causa di un getto d'idrante, mise in campo mille
volontari per occupare il centro cittadino, dove nel frattempo si erano
schierati duemila soldati regolari. Intervenne allora Robert Kennedy in
persona, che convinse dopo difficili trattative Shuttlesworth a rinviare la
marcia al carcere al tardo pomeriggio e a sospenderla, qualora King fosse
stato rilasciato. Il governo fece pressioni sul tribunale locale affinche'
King fosse immediatamente liberato dietro pagamento della cauzione e cosi'
avvenne. Lo stesso giorno i negoziatori bianchi si dichiararono disposti ad
accettare tutte le condizioni richieste. L'autorita' giudiziaria rilascio'
tremila dimostranti detenuti, ma l'amministrazione comunale si rifiuto' di
riconoscere l'intesa raggiunta. Su richiesta del Consiglio comunale il
Provveditorato agli studi allontano' dalle lezioni millecento ragazzi per
partecipazione non autorizzata a dimostrazioni. Ma alla fine del mese il
Supremo tribunale amministrativo destitui' dall'incarico il Consiglio
comunale.
L'effetto Birmingham si fece sentire e nel giro di dieci settimane il
Ministero della giustizia registro' settecentocinquanta dimostrazioni in
centottantasei citta'.
L'11 giugno John F. Kennedy si rivolse alla nazione con un discorso per
conquistare il consenso dell'opinione pubblica sulla propria iniziativa di
legge sui diritti civili. King aveva dimostrato che i diritti civili erano
stati conquistati in piazza. Intanto a Birmingham ci furono attentati
dinamitardi contro le case dei neri e scoppiarono disordini. King corse
nella citta' e riusci' a calmare i neri. A settembre una bomba venne
lanciata da una finestra nella chiesa da dove King aveva fatto partire le
manifestazioni dei ragazzi. Quattro ragazze nere fra gli undici e i
quattordici anni, che stavano seguendo la lezione di catechismo, morirono.
Nessun colpevole venne mai trovato. I genitori di una delle ragazze
accusarono King della morte della loro figlia.
*
Spunti di riflessione
La campagna fu preparata accuratamente.
Per sostenere le iniziative c'e' bisogno di fondi.
*
3. La grande marcia su Washington
Il mattino del 28 agosto 1963 duecentocinquantamila persone confluirono a
Washington da tutte le parti del Paese. Passarono attraverso le strade
cantando: "Black and white together". Secondo le stime ufficiali, tra i
dimostranti c'erano ottantacinquemila bianchi. Il presidente Kennedy stava
cercando di far approvare la legge sui diritti civili e aveva sconsigliato
di organizzare la grande marcia, poiche' temeva che suonasse come un ricatto
nei confronti dei delegati. King ribadi': "Di tutte le campagne alle quali
io abbia partecipato e' sempre stato detto che capitavano al momento
sbagliato". Tuttavia i dirigenti neri fecero di tutto per assicurare che la
marcia risultasse una manifestazione pacifica. Duemila poliziotti neri di
New York si erano offerti come volontari per il servizio di sicurezza. Joan
Baez canto' l'inno del Movimento "We shall overcome" e milioni di
telespettatori assistettero al corteo, che era lungo chilometri. Un
gruppetto esiguo di nazisti statunitensi si fece notare ai margini della
manifestazione.
I dirigenti neri lessero le loro rivendicazioni, che avrebbero poi
sottoposto al Presidente, alla Casa bianca, a conclusione del raduno: leggi
efficaci per i diritti civili, finanziamenti federali per i programmi di
integrazione, abolizione della segregazione in tutte le scuole pubbliche
entro la fine del 1963, riduzione del numero dei delegati alla Casa dei
rappresentanti per tutti gli Stati che limitavano il diritto al voto dei
neri, richiesta di un'edilizia popolare pubblica, iniziative federali contro
la sottoccupazione e l'abolizione di posti di lavoro, aumento del minimo
salariale.
King fu l'ultimo a parlare e pronuncio' il famoso discorso ricordato con la
sua affermazione "I have a dream". Disse: "Io ho un sogno: che un giorno
sulle colline rosse della Georgia i figli degli schiavi e i figli degli
schiavisti di un tempo possano sedere assieme al tavolo della fratellanza.
Io ho un sogno: che un giorno persino lo Stato del Mississippi, uno Stato
che sta languendo nella foga dell'ingiustizia e dell'oppressione, si
trasformi in un'oasi di liberta' e giustizia. Io ho un sogno: che un giorno
i miei quattro figli potranno vivere in una nazione che non li giudichera'
per il colore della loro pelle, ma per il loro carattere. Io ho un
sogno...". La folla lo seguiva esclamando "Amen" e "Lodato sia il Signore" e
lo interrompeva continuamente con applausi scroscianti. Durante la
manifestazione non si verificarono incidenti.
*
4. Premio Nobel per la pace
Nell'ottobre 1964 il comitato per l'assegnazione dei premi Nobel scelse
Martin Luther King come vincitore del premio Nobel per la pace. King
ricevette la notizia in ospedale, dove era ricoverato a causa della fatica a
cui si era sottoposto. Con i suoi trentacinque anni King era la persona piu'
giovane a cui fino a quel momento fosse stato conferito il premio.
I suoi avversari si ribellarono all'iniziativa e avviarono una campagna
denigratoria contro di lui. Un giornale del Sud scrisse: "La gente del Sud
sa che, dove passa King, lascia violenza e odio". Edgar Hoover, direttore
dell'Fbi, defini' King "il piu' famigerato bugiardo del Paese".
Alla cerimonia ad Oslo, King pronuncio' un discorso, che concluse affermando
che, quando sara' scritta la storia di quest'epoca, si dovra' rendere un
tributo ai tanti "umili figli di Dio", mai contati ne' menzionati, le cui
sofferenze per la causa della giustizia hanno generato una nuova epoca, "una
terra piu' bella, un popolo migliore e una cultura piu' nobile". La
cerimonia fu diffusa in eurovisione in tutta l'Europa occidentale. Era la
prima volta che la gioventu' potesse identificarsi in un premio Nobel. Nella
realta' da incubo che i giovani stavano vivendo, il sogno di King diventava
un nuovo simbolo di speranza.
*
5. L'assassinio
Nel febbraio 1968 a Memphis le forze di polizia caricavano con sostanze
chimiche e manganelli i netturbini neri in sciopero, che chiedevano il
riconoscimento del loro sindacato, nuovi contratti di lavoro e l'istituzione
di un ufficio per le conciliazioni. Il sindaco respinse le loro richieste. I
netturbini allora entrarono in sciopero, ma le autorita' comunali
dichiararono illegale tale sciopero e fecero intervenire la polizia. Come
reazione furono boicottati negozi, fu organizzato un sit-in davanti al
municipio e le chiese promossero assemblee di protesta. Dopo quattro
settimane l'amministrazione cittadina ancora non dava segni di cedimento e
allora venne chiamato in aiuto Martin Luther King, la cui presenza doveva
essere una motivazione in piu' per i netturbini in sciopero. Inoltre avrebbe
dato rilievo pubblico alla loro lotta. Egli parlo' davanti a quindicimila
persone, spronando i netturbini a continuare la loro lotta e invitando tutti
i neri di Memphis a organizzare uno sciopero generale.
Per giovedi' 28 marzo fu indetta una marcia, che si risolse in un
fallimento, perche' il corteo era avanzato di appena tre incroci quando
cominciarono a volare sassi, sfondando le vetrine dei negozi. La polizia
intervenne, duecentottanta dimostranti furono arrestati e un giovane mori'
per le ferite di arma da fuoco riportate. In citta' fu proclamato il
coprifuoco notturno.
Il 4 aprile King si stava preparando in albergo prima di recarsi ad un
comizio indetto per quella sera. Dopo essersi annodato la cravatta usci' sul
balcone e scambio' alcune parole con un amico che stava la' sotto. La
pallottola di grosso calibro lo uccise di colpo. Colpi' King sotto il
labbro, gli spappolo' il mento, rimase conficcata nelle vertebre cervicali e
gli trapasso' il midollo spinale. E' probabile che King sia morto
all'istante. I ghetti esplosero. Furono arrestate ventisettemila persone,
tremilacinquecento rimasero ferite, quarantatre uccise e i danni complessivi
ammontarono a cinquantotto milioni di dollari.
King aveva sempre saputo che quella sarebbe stata la sua fine. Nel discorso
che aveva tenuto la sera prima, aveva detto: "Non so che cosa succedera'
adesso. Ma non e' questo che mi interessa. Sono salito in cima alla
montagna. Non sono preoccupato. Come tutti, anch'io desidero vivere a lungo.
Ma tutto questo ora non mi preoccupa. Desidero soltanto compiere la volonta'
di Dio. Egli mi ha concesso di salire in cima alla montagna. Io ho guardato
oltre e ho visto la Terra Promessa. Forse io non arrivero' fin la' con voi.
Ma voglio che voi sappiate, questa notte, che noi insieme, come popolo,
giungeremo alla Terra Promessa. Per questo oggi sono felice. No, non mi
preoccupa piu' niente. Non temo nessun uomo. I miei occhi hanno visto
l'arrivo del Signore, il suo splendore".

4. ET COETERA

Gabriele De Veris e' una delle figure piu' conosciute e stimate dell'impegno
per la pace e la nonviolenza in Italia; vive e lavora a Perugia come
bibliotecario; capo scout, obiettore di coscienza, si occupa da molti anni
di educazione alla pace e nonviolenza; collabora con varie associazioni, e
in particolare con la Tavola della pace per l'organizzazione della marcia
Perugia-Assisi; ha organizzato un centro di documentazione su pace e
nonviolenza.
*
Sergio Albesano e' impegnato nei movimenti di pace, di solidarieta' e per la
nonviolenza, cura una rubrica di storia e una di libri su "Azione
nonviolenta". Opere di Sergio Albesano: Storia dell'obiezione di coscienza
in Italia, Santi Quaranta, Treviso 1993; con Bruno Segre e Mao Valpiana ha
coordinato la realizzazione del volume di AA. VV., Le periferie della
memoria. Profili di testimoni di pace, coedizione Anppia e Movimento
Nonviolento, Torino-Verona 1999.
*
Martin Luther King, nato ad Atlanta in Georgia nel 1929, laureatosi
all'Universita' di Boston nel 1954 con una tesi sul teologo Paul Tillich, lo
stesso anno si stabilisce, come pastore battista, a Montgomery nell'Alabama.
Dal 1955 (il primo dicembre accade la vicenda di Rosa Parks) guida la lotta
nonviolenta contro la discriminazione razziale, intervenendo in varie parti
degli Usa. Premio Nobel per la pace nel 1964, piu' volte oggetto di
attentati e repressione, muore assassinato nel 1968. Opere di Martin Luther
King: tra i testi piu' noti: La forza di amare, Sei, Torino 1967, 1994
(edizione italiana curata da Ernesto Balducci); Lettera dal carcere di
Birmingham - Pellegrinaggio alla nonviolenza, Movimento Nonviolento, Verona
1993; L'"altro" Martin Luther King, Claudiana, Torino 1993 (antologia a cura
di Paolo Naso); "I have a dream", Mondadori, Milano 2001; Il sogno della
nonviolenza. Pensieri, Feltrinelli, Milano 2006; cfr. anche: Marcia verso la
liberta', Ando', Palermo 1968; Lettera dal carcere, La Locusta, Vicenza
1968; Il fronte della coscienza, Sei, Torino 1968; Perche' non possiamo
aspettare, Ando', Palermo 1970; Dove stiamo andando, verso il caos o la
comunita'?, Sei, Torino 1970. Presso la University of California Press, e'
in via di pubblicazione l'intera raccolta degli scritti di Martin Luther
King, a cura di Clayborne Carson (che lavora alla Stanford University). Sono
usciti sinora sei volumi (di quattordici previsti): 1. Called to Serve
(January 1929 - June 1951); 2. Rediscovering Precious Values (July 1951 -
November 1955); 3. Birth of a New Age (December 1955 - December 1956); 4.
Symbol of the Movement (January 1957 - December 1958); 5. Threshold of a New
Decade (January 1959 - December 1960); 6. Advocate of the Social Gospel
(September 1948 - March 1963); ulteriori informazioni nel sito:
www.stanford.edu/group/King/ Opere su Martin Luther King: Arnulf Zitelmann,
Non mi piegherete. Vita di Martin Luther King, Feltrinelli, Milano 1996;
Sandra Cavallucci, Martin Luther King, Mondadori, Milano 2004. Esistono
altri testi in italiano (ad esempio Hubert Gerbeau, Martin Luther King,
Cittadella, Assisi 1973), ma quelli a nostra conoscenza sono perlopiu' di
non particolare valore: sarebbe invece assai necessario uno studio critico
approfondito della figura, della riflessione e dell'azione di Martin Luther
King (anche contestualizzandole e confrontandole con altre contemporanee
personalita', riflessioni ed esperienze di resistenza antirazzista in
America). Una introduzione sintetica e' in "Azione nonviolenta" dell'aprile
1998 (alle pp. 3-9), con una buona bibliografia essenziale.

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 97 del 28 agosto 2007

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