Minime. 195



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 195 del 28 agosto 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Angela Dogliotti Marasso: Per Piergiorgio
2. Luigi Malabarba: Una piena solidarieta'
3. Una settimana di dialogo a Srebrenica
4. Il 2 settembre a Fossoli
5. Edith Wharton: Nelle vene di Parigi
6. Umberto Galimberti: Prefazione a "Il tramonto dell'Occidente"
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'

1. MEMORIA. ANGELA DOGLIOTTI MARASSO: PER PIERGIORGIO
[Ringraziamo Angela Dogliotti Marasso (per contatti: maradoglio at libero.it)
per questo ricordo.
Angela Dogliotti Marasso, rappresentante autorevolissima del Movimento
Internazionale della Riconciliazione e del Movimento Nonviolento, svolge
attivita' di ricerca e formazione presso il Centro studi "Sereno Regis" di
Torino e fa parte della Commissione di educazione alla pace
dell'International peace research association; studiosa e testimone,
educatrice e formatrice, e' una delle figure piu' nitide della nonviolenza
in Italia. Tra le sue opere segnaliamo particolarmente Aggressivita' e
violenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino; il saggio su Domenico Sereno Regis,
in AA. VV., Le periferie della memoria, Anppia - Movimento Nonviolento,
Torino-Verona 1999; con Maria Chiara Tropea, La mia storia, la tua storia,
il nostro futuro, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2003; Con Elena Camino (a
cura di), Il conflitto: rischio e opportunita', Edizioni Qualevita, Torre
dei Nolfi (Aq) 2004.
Piergiorgio Acquistapace, insegnante di straordinarie doti maieutiche;
infaticabile animatore di movimenti per la pace, l'ambiente, i diritti di
tutti, la costruzione di un altro mondo possibile; gia' responsabile
regionale dei verdi e figura storica della sinsitra molisana; limpido e
strenuo oppositore della guerra; autorevole volto e nitida voce del
Movimento Nonviolento, e' deceduto due giorni fa]

Ci eravamo conosciuti ai campi degli insegnanti nonviolenti a Barbiana.
Piergiorgio faceva parte del gruppo piu' assiduo, con la moglie Lucia e le
figlie, Alessia e Laura. Poi non ci siamo  piu' visti per anni, se non,
saltuariamente, a qualche manifestazione. Le nostre figlie sono cresciute,
il mondo e' cambiato, l'impegno di Piergiorgio e' stato quello di sempre.
Ci siamo rivisti a Sulmona, nel novembre scorso,  al convegno su Celestino V
organizzato da Pasquale Iannamorelli e ci siamo ritrovati con gioia, a casa
di Bruno Iannamorelli, con Gege' Scardaccione, Raffaello Saffioti e
Piergiorgio, rimettendo insieme, per poche ore, una parte del vecchio gruppo
di Barbiana. Ho saputo allora della sua malattia. Ma lui era come sempre.
Stava progettando un corso di formazione alla nonviolenza nel quale
coinvolgere anche dei militari, perche' e' la' che e' importante fare
breccia. Nonostante la malattia e' riuscito a portare avanti il progetto e a
maggio siamo andati, Beppe e io, a tenere due incontri a Campobasso. E'
venuto a prenderci in stazione. Era magro, piu' del solito. Nel vederlo mi
si e' stretto il cuore. Ma quando parlava era quello di sempre. Con la sua
modestia, il suo sorriso lievemente ironico, la sua leggerezza... A casa
sua, con lui e con Lucia, siamo stati come vecchi amici che si vedono tutti
i momenti.
Ti siamo grati, Piergiorgio, di averci dato l'opportunita' di starti vicino
e di conoscerti ancora di piu', cosi' poco tempo prima che te ne andassi...
E a te, Lucia, grazie per il calore, per la forza che ci hai trasmesso con
la tua presenza attenta e serena, che lasciava appena trasparire la grande
preoccupazione che ti occupava il cuore, affinche' ogni attimo di vita fosse
pieno, fino all'ultimo.

2. EDITORIALE. LUIGI MALABARBA: UNA PIENA SOLIDARIETA'
[Ringraziamo Luigi Malabarba (per contatti: luigi.malabarba at senato.it) per
questa lettera di solidarieta'.
Luigi (Gigi) Malabarba, gia' senatore e gia' capogruppo in senato del Prc,
e' stato segretario della commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio
impoverito e membro del Copaco (il Comitato parlamentare di controllo sui
servizi di informazione e sicurezza); operaio dell'Alfa Romeo di Arese per
trent'anni, dirigente della Fiom e poi coordinatore nazionale del Sin.
Cobas, e' stato anche fortemente impegnato nella solidarieta'
internazionale, ed  editore e redattore della bella e non dimenticata
rivista "Quetzal" per la liberazione dell'America Latina. Tra le opere di
Luigi Malabarba: Dai Cobas al sindacato, Datanews, Roma 1995; Il salario
sociale, Nuove edizioni internazionali, Milano 1999; 2001-2006: segreti e
bugie di stato, Edizioni Alegre, Roma 2006]

Caro Peppe,
pur non essendo un sostenitore della teoria della decrescita e pur non
demonizzando il trasporto aereo, che ha anche consentito di avvicinare tra
loro popoli e mondi lontani (uno dei miei primi voli lo feci nei primi anni
'80 nel Nicaragua sandinista e poi in Salvador, che hanno segnato molto
della mia vita cosi' come i trenta anni di lavoro alla catena di montaggio
all'Alfa Romeo di Arese), appoggio incondizionatamente la battaglia del
Comitato contro il nuovo aeroporto di Viterbo e piu' in generale contro
l'inutile e dannoso terzo aeroporto del Lazio, cosi' come il proliferare di
nuovi scali demenziali per tutta la penisola. Le ragioni sono state esposte
chiaramente da tanti interventi, anche scientificamente assai fondati e
seri.
Condivido quindi gli argomenti a sostegno dell'appello, perche' occorre sul
serio una drastica riduzione dei voli, soprattutto interni, e un rilancio
del sistema di trasporto ferroviario per passeggeri e merci, sostitutivo sia
di quello aereo, sia di quello altrettanto insostenibile su gomma.
*
Il capitalismo - chiamiamo le cose con il loro nome - sta distruggendo
l'ecosistema, la democrazia e quanto di socialmente positivo e' stato
prodotto dalla civilta' umana. Purtroppo, nonostante le grandi speranze
riattivate con il movimento mondiale contro la guerra e la globalizzazione
degli ultimi anni, anche gran parte delle forze politiche che vi si erano
identificate o che ne avevano condiviso almeno i principi ispiratori hanno
ben presto rinunciato, adeguandosi alla realpolitik, anzi teorizzando
l'infausto "menopeggismo": e' una tragedia, una sconfitta per tutti e tutte
noi, lo dico con amarezza.
Lo spettacolo deprimente della cosiddetta sinistra di governo e' li' a
dimostrarlo. Dopo aver militato e creduto per tanto tempo a questa sinistra,
lo sai bene Peppe, oggi ritengo che non sia piu' recuperabile neppure se -
anche grazie alla delusione del suo elettorato popolare - fosse nuovamente
sospinta all'opposizione.
Bisogna ripartire dalle battaglie nella societa', dai contenuti irriducibili
per la salvaguardia della salute, dell'ambiente, dei diritti per tutte e
tutti, della democrazia, della pace (ma come fa una sinistra a votare
l'aumento delle spese militari e per produzioni di morte e per finanziare
missioni di guerra?). Giudichero' la sinistra, una qualche sinistra degna di
questo nome, solo in base alla coerenza con questi contenuti.
*
Sono passato dalla Tuscia qualche giorno fa in vacanza e mi sono ancor piu'
rafforzato nell'idea che questo aeroporto non si debba lasciar costruire.
L'associazione "Sinistra critica", nella quale milito oggi, e' totalmente a
sostegno di questa battaglia.
Un grande abbraccio
Gigi Malabarba

3. INCONTRI. UNA SETTIMANA DI DIALOGO A SREBRENICA
[Da Edi Rabini (per contatti: edorabin at fastwebnet.it) riceviamo e
diffondiamo.
Edi Rabini, che e' stato grande amico e stretto collaboratore di Alex
Langer, e' impegnato nella Fondazione Alexander Langer (per contatti:
e-mail: langer.foundation at tin.it, sito: www.alexanderlanger.org), di cui e'
infaticabile e generosissimo animatore]

E'' iniziato il 27 agosto 2007 l'incontro internazionale di Srebrenica, di
cui trovate notizia in www.alexanderlanger.org
Sono piu' di cento le persone, di diversa estrazione e comptenza, che si
sono recate a Srebrenica. Diciotto i giovani volontari collegati alla
Fondazione Alexander Langer, oltre a un nutrito gruppo di giovani di Tuzla e
Srebrenica che con Tuzlanska Amica e Irfanka Pasagic stanno cercando di
costruire un futuro che non neghi la memoria.
*
Promossa da Tuzlanska Amica e Fondazione Alexander Langer dal 27 agosto al
primo.settembre 2007 si svolge a Srebrenica una Settimana internazionale di
dialogo dedicata alla memoria, aperta alla partecipazione di membri di
istituzioni rappresentative, studiosi, ricercatori, giornalisti, artisti,
animatori culturali, giovani, e curiosi provenienti sia dall'area balcanica
che dall'Europa.
La Settimana Internazionale si colloca all'interno del progetto "Adopt
Srebrenica", promosso dall'associazione Tuzlanska Amica di Tuzla e dalla
Fondazione Alexander Langer Stiftung di Bolzano, con un coinvolgimento
attivo delle municipalita' di Srebrenica e di diverse amministrazioni
pubbliche, centri di ricerca, associazioni di volontariato italiane e
internazionali.
Gli obiettivi a lungo termine del progetto sono:
- la promozione di un processo di confidence building, di dialogo
interculturale e di sostegno di una cultura di pace e convivenza, di
creazione di una memoria storica condivisibile;
- la creazione a Srebrenica di un Centro internazionale di ricerca,
documentazione, studio e formazione per l'analisi, la prevenzione e la
gestione dei conflitti: un luogo di incontro, scambio e confronto permanente
per i giovani del circondario e per visitatori internazionali.
Il progetto e' reso possibile grazie all'adesione e al sostegno di: Comune
di Srebrenica, Comune di Pescara, Regione Abruzzo, Regione Trentino Alto
Adige-Suedtirol, Comune di Marzabotto, Comune di Bolzano, Rete Lilliput -
nodo di Ferrara, Associazione Sara di Srebrenica.
per informazioni e contatti:
- Tuzlanska Amica, tel. e fax: 0038735312321, e-mail: mirza_b95 at yahoo.com e
tz-amica at bih.net.ba
- Fondazione Alexander Langer, tel. e fax: 0039(0)471977691, e-mail:
info@alexanderlanger, sito Internet: www.alexanderlanger.org

4. INCONTRI. IL 2 SETTEMBRE A FOSSOLI
[Dalla Fondazione Fossoli (per contatti: fondazione.fossoli at carpidiem.it)
riceviamo e diffondiamo]

Carissimi,
siamo lieti di informarvi delle prossime iniziative in occasione dell'ottava
Giornata europea della cultura ebraica, domenica 2 settembre 2007.
*
Aperture straordinarie dalle ore 10 alle ore 20: Cimitero ebraico, via
Cremaschi, Carpi; Sinagoga, via Giulio Rovighi 57, Carpi; Museo monumento al
deportato, palazzo Pio, piazza Martiri, Carpi; Ex campo di concentramento di
Fossoli, via Remesina Esterna 32, Fossoli (Carpi).
*
Visite guidate e gratuite
- Cimitero ebraico, ore 10 e 16.30.
- Sinagoga, ore 11 e 15 (massimo 25 persone, su prenotazione telefonica:
059688272).
- Museo monumento al deportato, ore 10 e 16.30.
- Ex campo di concentramento di Fossoli, ore 10.30 e 15.30.
- Visita guidata alla mostra "Primo Levi - i giorni e le opere", ore 11.30 e
16.30 presso la baracca recuperata dell'ex campo di concentramento di
Fossoli (la mostra e' stata prolungata fino al 2 dicembre 2007).
*
Tavola rotonda: "Primo Levi, una voce dal Novecento", ore 17.30, Fossoli
(Carpi), ex campo di concentramento, presso la baracca recuperata.
Introduce Alberto Bellelli, assessore alle politiche culturali del Comune di
Carpi; Roberto Cavaglion, ricercatore dell'Istoreco di Torino, "Attualita'
(e inattualita') della zona grigia"; Stefano Levi Della Torre, Universita'
di Milano, "Scrittura della necessita'"; Brunetto Salvarani, direttore della
rivista "Cem mondialita'" di Brescia, "Primo Levi tra ebraismo e laicita'
radicale"; coordina Silvia Mantovani, Fondazione Fossoli.

5. TESTI. EDITH WHARTON: NELLE VENE DI PARIGI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 18 agosto 2007, col titolo "Nelle vene di
Parigi sembrava scorrere il curaro. 'La guerra e' una cosa troppo seria per
lasciarla ai militari' (Charles Maurice de Tayllerand)" e il sommario "Un
reportage scritto dalla autrice americana dell''Eta' dell'innocenza' inviata
al fronte francese allo scoppio della guerra. Sotto i suoi occhi la folla
incredula si accalca davanti al manifesto che proclama la mobilitazione
generale, mentre una marea umana invade le strade, consapevole della
tragedia che sta per travolgerla I volti che passavano erano cupi, ma non
tristi. Nessuno aveva l'aspetto di un agnello portato al macello".
Edith Wharton (New York 1862 - Saint Brice sous Foret 1937), scrittrice
statunitense, autrice di profonda capacita' descrittiva, sia nell'ambito
della tagliente analisi sociologica che dell'acuminata introspezione
psicologica. L'autore della traduzione, Marco Dotti, accompagna il testo
della Wharton con la seguente scheda sull'autrice dal titolo "Romanzi sullo
sfondo delle ipocrisie sociali": "Nata a New York nel 1862 da una antica e
facoltosa famiglia, i Newbold Jones, Edith studio' privatamente e dopo un
matrimonio infelice con il banchiere bostoniano Edward Wharton ottenne il
divorzio e si trasferi' in Francia. Il suo primo romanzo significativo e' La
casa dell'allegria, esordio di quel processo di denuncia dell'alta societa'
statunitense che le consegnera' la fama di 'storica della societa'
nordamericana del suo tempo'. Ma il suo romanzo piu' noto resta L'eta'
dell'innocenza, scritto sullo sfondo del grande vuoto che lascio' in lei la
morte dell'amico Henry James, in cui analizza le difficolta' di due amanti
divisi dai pregiudizi dell'ambiente, di nuovo descritto con dovizia di
particolari e innervato da quel raffinato sarcasmo con cui gia' aveva
rappresentato l'ipocrisia delle convenzioni sociali. Trasferitasi a Parigi
nel 1911, in un prestigioso appartamento di rue de Varenne, descrisse gran
parte della propria esperienza francese nella autobiografia Uno sguardo
all'indietro (trad. it. M. Buitoni Duca, Editori Riuniti, 2000). Nel 1915,
allo scoppio della guerra, ottenne un visto per recarsi al fronte, dove
scrisse una serie di reportage pubblicati prima a New York da Scrhribner's,
poi raccolti in Fighting France. From Dunkerque to Belport, il libro dal
quale e' tratto l'articolo tradotto in questa pagina. Mori' di infarto in
Francia nel 1937". Tra le opere di Edith Wharton: La valle della decisione,
1902; La casa dell'allegria, 1905; Il frutto dell'albero, 1907; Racconti di
fantasmi, 1910; Ethan Frome, 1911; L'usanza del paese, 1913; Estate, 1917;
L'eta' dell'innocenza, 1920; Un figlio al fronte, 1023; L'arte narrativa,
1925; I ragazzi, 1928; Uno sguardo all'indietro, 1934]

Il 30 luglio del 1914, risalendo in automobile da Poitiers, in direzione
nord, abbiamo pranzato al bordo della strada, sotto alcuni alberi di mele,
in prossimita' di un campo. Altri campi si stendevano a sinistra e a destra,
fino al limitare di un bosco e del campanile di un villaggio. Regnava la
calma del mezzogiorno in questo paesaggio dolce e temperato che il
viaggiatore, nella sua memoria, associa naturalmente alla Francia. Anche
agli occhi di coloro che li conoscono da molto tempo, questi frammenti
nettamente staccati dal tutto, questi piccoli villaggi compatti e grigi
possono, talvolta, apparire smorti e piatti. In altri momenti, pero', una
immaginazione sensibile percepisce in ognuno di questi austeri blocchi di
creta, in ogni solco, l'attaccamento vigile e costante delle generazioni che
sono rimaste fedeli alla terra. Questo attaccamento si leggeva in tutte le
linee della scheggia di paesaggio che avevamo sotto gli occhi. L'aria
sembrava risuonare del lamento della fatica umana al ritmo del lavoro di
tutti i giorni, ogni giorno da ricominciare. La serenita' di questo ridente
quadretto scacciava dai nostri pensieri le notizie sulla guerra che ci
opprimevano fin dal mattino.
*
Visioni di Chartres
Per tutta la giornata, il cielo era stato ricoperto di nubi da temporale, ma
quando riuscimmo a raggiungere Chartres, verso le quattro, erano scomparse
dall'orizzonte. La citta' era cosi' inondata di sole che entrando nella
cattedrale ci si poteva ingannare, pensando di essersi trovati
all'improvviso nella piena oscurita' di una chiesa spagnola. Di primo
acchito, non era possibile distinguere un solo particolare: venivamo gettati
in una notte profonda. Poi, mentre le ombre si stringevano per condensarsi
in pilastri, volte e costoni, si genero' in loro come uno straordinario
turbine di colori. Dalla loro cornice di tenebra, baciate dal sole di piena
estate, le vetrate apparivano lontane e, nello stesso istante, infuocate da
un implacabile raggio di sole. Tanto piu' si allargavano formando laghi
dalle rive ombrate, tanto piu' risplendevano minacciose, come scudi di
angeli sinistri. Alcune vetrate lasciavano ricadere cascate di zaffiri;
altre, rose staccatesi dalla tunica di un santo. Altre sembravano immensi
piatti cesellati dove si ammucchiavano i tesori di qualche trono celeste.
Altre ancora erano vele di galeoni dirette verso le isole di Madeira e,
sulla facciata occidentale, i fuochi del rosone fluttuavano come una
costellazione nella notte africana. Staccati gli occhi da queste armonie
eteree, le scure masse di pietra del suolo, avvolte da un velo di foschia
diffuso da lumini d'altare, tutto quanto sembrava rappresentare la vita
terrena, con le sue ombre, i suoi deserti, le sue isole di illusione. Tutto
cio' che una grande cattedrale puo' offrire, tutti i valori che esprime,
tutto il conforto che riesce a portare all'anima, ogni ricchezza di dettagli
che riesce a fondere in una grande espressione di forza e bellezza, tutto
cio' la cattedrale di Chartres riusci' a donarcelo, in quell'ora ideale.
Il sole calava quando arrivammo alle porte di Parigi. Ai piedi di
Saint-Cloud e Suresnes, le acque della Senna rimandavano una luce
azzurrognola e rosa, che sembrava quella di un Monet ai suoi esordi. Il Bois
si stendeva intorno a noi nella tranquillita' ritrovata di una sera di
festa. Ai piedi dell'Arco di Trionfo, gli Champs-Elysees discendevano
dolcemente in un alone di pulviscolo solare che si sperdeva in una
pioggerella di fontana, idealmente avvolta all'obelisco immateriale. Il
flusso estivo della gente andava e riveniva col suo ritmo consueto e
ordinario, sotto gli alberi delle grandi strade. Questa metropoli, fatta per
la pace, le arti e tutte le meraviglie della civilta', sembrava riposasse
lungo le rive del suo fiume, come la principessa di una fiaba, vegliata dal
suo gigante buono, la Torre Eiffel.
*
Verso la mobilitazione generale
L'indomani, l'atmosfera era carica di rumori. Nessuno ci credeva, ma tutti
andavano ripetendolo. La guerra? Suvvia, era impossibile! I governi stavano
solo giocando, come ragazzetti un po' agitati, a mettere un piede sull'orlo
del precipizio. La forza incalcolabile delle abitudini e la necessita' di
pensare alle faccende di tutti i giorni impedivano alla gente di inquietarsi
per questi conflitti diplomatici. Ancora una volta, Parigi si consacrava in
tutta tranquillita' al suo bisogno estivo, che era poi quello di nutrire,
vestire e distrarre l'esercito dei turisti, la sola invasione che la citta'
avesse conosciuto da mezzo secolo a questa parte.
Nonostante tutto, nessuno ignorava che, in quel preciso momento, altre
attivita' si stavano organizzando. Il paese, che sembrava ancora seguire la
sua abituale routine, era in realta' attraversato da invisibili e silenziose
correnti di preparativi. Erano percepibili, nella calma, come si sente
l'arrivo di un temporale in un bel pomeriggio d'estate. Parigi contava i
minuti che ancora mancavano all'uscita dei giornali della sera.
I giornali non annunciavano, pero', nient'altro se non quello che, ovunque
nel paese, si stava dicendo da tempo. "La guerre, nous n'en voulons pas -
mais il faut que cela finisse" (in francese nel testo, ndt). Era la sola
frase che si ascoltava. Se i diplomatici potevano ancora impedire il
conflitto, tanto meglio! Nessuno in Francia voleva la guerra. Tutti coloro
che hanno trascorso a Parigi i primi mesi di agosto possono testimoniarlo.
Ma se doveva essere guerra, allora il paese si sarebbe fatto trovare pronto
e con lui tutti i francesi.
L'indomani mattina, dal mio sarto, le modelle affaticate si preparavano a
prendere le ferie. Sembravano pallide e inquiete: decisamente, l'atmosfera
diventava sempre piu' carica di tensione. A rue Royale, all'angolo con Place
de la Concorde, un gruppetto di persone era accalcato davanti a un pezzo di
carta bianca, appeso sul muro del Ministero della Marina, dove si
stagliavano queste parole: "mobilitazione generale". Un paese in armi sa
troppo bene cosa significhino queste parole. Nonostante tutto, i curiosi
raggruppati attorno al manifestino erano pochi e, tutto sommato, rimanevano
calmi. Altri passanti si fermavano per leggere il comunicato, poi
riprendevano il loro cammino. Ne' grida di giubilo, ne' gesti di altro tipo.
Con il loro senso innato per la messa in scena, i francesi avevano gia'
compreso che l'evento era troppo grave e serio per potere dare adito a una
qualsiasi forma di spettacolo. La guerra stava per abbattersi come un
torrente in piena su questa nazione tranquilla e laboriosa. Presto, avrebbe
cambiato le sue abitudini, distrutto le sue industrie, disperso le famiglie,
sepolto sotto una tomba di macerie insensate le dinamiche tanto
pazientemente, faticosamente, elaborate da una intera civilta'. Quella sera,
dalla terrazza aperta di un ristorante di rue Royale, assistemmo a un
defile' strano, di un genere del tutto nuovo. Ci volle un solo istante per
capire che cosa significasse la mobilitazione generale: un radicale
stravolgimento del corso ordinario degli eventi, come se una diga avesse
ceduto di colpo. Sotto i nostri occhi, le vie erano state invase da una
marea umana che si lasciava trasportare verso le diverse stazioni della
citta'. Persone che avanzavano a piedi, bagagli alla mano. Dall'alba, erano
spariti i taxi e gli omnibus, presi nelle reti del ministero della guerra,
che cominciava le sue requisizioni. La folla che passava sotto i nostri
occhi era composta essenzialmente da coscritti. Erano i mobilisables (in
francese nel testo, ndt) del primo giorno, che andavano alla stazione
accompagnati da amici e famiglie. Mischiati a loro si trovavano anche
piccoli gruppi di turisti attoniti, schiacciati dal peso delle loro valige e
dei loro pacchetti, gli occhi inchiodati sui bauli che venivano spinti
davanti a loro - poveracci trascinati dalle correnti contrarie di un turbine
spaventoso. All'interno del nostro ristorante, un'orchestra in dolmen rosso
suonava ariette patriottiche. Il servizio che i pochissimi camerieri rimasti
potevano ancora assicurare era interrotto dall'obbligo di alzarsi in piedi
per La marsigliese, per God Save the King, per l'inno nazionale russo e,
ancora per La marsigliese...
*
Dietro un disordine apparente
Come durante la sera precedente, la folla divenne sempre piu' fitta, davanti
alla nostra terrazza. I curiosi cominciarono a intonare marce di battaglia.
La Chanson du depart era molto richiesta e il coro degli spettatori la
riprendeva con brio. C'era qualcosa di infantile in tutto questo.
Dappertutto, da rue Royale a La Concorde fino a La Madeleine, le orchestre
degli altri ristoranti provocavano le loro resse e i motivetti militari si
stendevano per le strade come fili elettrici. Fu una notte di canti e
acclamazioni. La badauderie (in francese nel testo, ndt) di Parigi si
mostro' sotto la sua luce migliore.
Nel frattempo, tra le file dei curiosi assiepati sui marciapiedi, il flusso
ininterrotto dei coscritti procedeva continuo... Tutto questo disordine
apparente dava l'idea di una energia gioiosa. I volti che passavano senza
interruzione erano cupi, ma non tristi. Nessuno aveva l'aspetto di un
agnello portato al macello. Gli adolescenti sembravano soppesare la missione
che era stata loro affidata, senza chiedersi il perche'. I piu' giovani
parevano cresciuti di colpo. Come se qualche ora bastasse per diventare
uomini e prendersi le proprie responsabilita'. Ognuno conosceva il suo
ruolo, e lo accettava. L'indomani, all'esercito dei turisti fu intimato di
rimanere a casa per permettere all'altro esercito, quello dei coscritti, di
andarsene in pace. Finite le partenze precipitose per la stazione. Solo i
treni che portavano i soldati si muovevano ancora...
*
Angosciose immobilita'
Strano spettacolo mentre la paralisi, progressivamente, si impossessava
della citta'. Come le automobili e i camion che non si vedevano piu' per
strada, anche i piccoli battelli a vapore che prima percorrevano la Senna
erano ormai scomparsi. Carico e scarico erano finiti. I monumentali archi di
pietra si aprivano ormai solo su un vuoto immenso. Le strade infinite si
perdevano in deserti lontani. Nei parchi, nei giardini, non c'era piu'
nessuno che ripulisse i vialetti o strappasse le erbacce. Le fontane
dormivano sul loro bacino, i passeri saltellavano inquieti e affamati, i
cani abbandonati, orfani delle loro abitudini, vagavano nell'angoscia, alla
ricerca di sguardi familiari. Parigi, cosi' intensamente sveglia e - al
tempo stesso - cosi' in letargo, sembrava avere ricevuto iniezioni di curaro
in tutte le sue vene.

6. RIFLESSIONE. UMBERTO GALIMBERTI: PREFAZIONE A "IL TRAMONTO
DELL'OCCIDENTE"
[Dal sito www.feltrinelli.it riprendamo la Prefazione (pp. 11-12) del libro
di Umberto Galimberti, Il tramonto dell'Occidente nella lettura di Heidegger
e Jaspers, Feltrinelli, Milano 2005, apparso come volume I-III delle Opere
di Umberto  Galimberti. Nel sito il volume e' presentato dalla seguente
scheda editoriale: "I primi tre volumi delle opere di Galimberti: Il
tramonto dell'Occidente, che riprende i volumi editi originariamente con i
titoli di Linguaggio e civilta' (1977, 1984) e Heidegger, Jaspers e il
tramonto dell'Occidente (1975). Sta forse giungendo a compimento il senso
espresso dalla nostra cultura che, come dice il nome, e' 'occidentale',
cioe' 'serale', avviata a un tramonto, a una fine. L'evento occidentale e'
sempre stato presso la sua fine, ma solo ora comincia a prenderne coscienza.
Ma che cosa finisce, oggi che l'Occidente e' sulla via di occidentalizzare
il mondo e, quindi, di annullare la propria specificita' che l'ha reso
finora riconoscibile? Finisce la fiducia che l'Occidente aveva riposto nel
progressivo dominio da parte dell'uomo sugli enti di natura, oggi divenuti,
al pari dell'uomo, materiali della tecnica. Ma la tecnica non ha alcun fine
da raggiungere ne' alcuno scopo da realizzare, non apre scenari di salvezza,
non redime, non svela la verita', la tecnica 'funziona' secondo quelle
procedure che, pur nel loro rigore e nella loro efficacia, si rivelano
incapaci di promuovere un orizzonte di senso. E sulle ceneri della categoria
del 'senso', che dell'Occidente e' sempre stata l'idea guida, si affacciano
le figure del nichilismo, le quali, nel proiettare le loro ombre sulla
'terra della sera', indicano, a ben guardare, la direzione del tramonto. Un
tramonto gia' iscritto nell'alba di quel giorno in cui l'Occidente ha preso
a interpretare se stesso come cultura del dominio dell'uomo sulle cose".
Umberto Galimberti, filosofo, saggista, docente universitario; materiali di
e su Galimberti sono nei siti http://venus.unive.it e www.feltrinelli.it
(che presenta molti suoi interventi sia scritti che audio e
videoregistrati). Dal sito www.feltrinelli.it riprendiamo la seguente scheda
aggiornata: "Umberto  Galimberti e' nato a Monza nel 1942, e' stato dal 1976
professore incaricato di Antropologia Culturale e dal 1983 professore
associato di Filosofia della Storia. Dal 1999 e' professore ordinario
all'universita' Ca' Foscari di Venezia, titolare della cattedra di Filosofia
della Storia. Dal 1985 e' membro ordinario dell'international Association
for Analytical Psychology. Dal 1987 al 1995 ha collaborato con "Il Sole-24
ore" e dal 1995 a tutt'oggi con il quotidiano "la Repubblica". Dopo aver
compiuto studi di filosofia, di antropologia culturale e di psicologia, ha
tradotto e curato di Jaspers, di cui e' stato allievo durante i suoi
soggiorni in Germania: Sulla verita' (raccolta antologica), La Scuola,
Brescia, 1970; La fede filosofica, Marietti, Casale Monferrato, 1973;
Filosofia, Mursia, Milano, 1972-1978, e Utet, Torino, 1978; di Heidegger ha
tradotto e curato: Sull'essenza della verita', La Scuola, Brescia, 1973.
Opere di Umberto  Galimberti: Heidegger, Jaspers e il tramonto
dell'Occidente, Marietti, Casale Monferrato 1975 (Ristampa, Il Saggiatore,
Milano, 1994); Linguaggio e civilta', Mursia, Milano 1977 (II edizione
ampliata 1984); Psichiatria e Fenomenologia, Feltrinelli, Milano 1979; Il
corpo, Feltrinelli, Milano, 1983 (Premio internazionale S. Valentino d'oro,
Terni, 1983); La terra senza il male. Jung dall'inconscio al simbolo,
Feltrinelli, Milano 1984 (premio Fregene, 1984); Antropologia culturale, ne
Gli strumenti del sapere contemporaneo, Utet, Torino 1985; Invito al
pensiero di Heidegger, Mursia, Milano 1986; Gli equivoci dell'anima,
Feltrinelli, Milano 1987; La parodia dell'immaginario in W. Pasini, C.
Crepault, U. Galimberti, L'immaginario sessuale, Cortina, Milano 1988; Il
gioco delle opinioni, Feltrinelli, Milano 1989; Dizionario di psicologia,
Utet, Torino 1992 (nuova edizione: Enciclopedia di Psicologia, Garzanti,
Milano, 1999); Idee: il catalogo e' questo, Feltrinelli, Milano 1992; Parole
nomadi, Feltrinelli, Milano 1994; Paesaggi dell'anima, Mondadori, Milano
1996; Psiche e techne. L'uomo nell'eta' della tecnica, Feltrinelli, Milano
1999; E ora? La dimensione umana e le sfide della scienza (opera dialogica
con Edoardo Boncinelli e Giovanni Maria Pace), Einaudi, Torino 2000; Orme
del sacro, Feltrinelli, Milano 2000 (premio Corrado Alvaro 2001); La lampada
di psiche, Casagrande, Bellinzona 2001; I vizi capitali e i nuovi vizi,
Feltrinelli, Milano 2003; Le cose dell'amore, Feltrinelli, Milano 2004; Il
tramonto dell'Occidente, Feltrinelli, Milano 2005; La casa di psiche. Dalla
psicoanalisi alla consulenza filosofica, Feltrinelli, Milano 2006. E' in
corso di ripubblicazione nell'Universale Economica Feltrinelli lí'intera sua
opera. Traduzioni all'estero: in francese: (Il corpo) Les raisons du corps,
Grasset Mollat, Paris, 1998; in tedesco: (Gli equivoci dell'anima) Die
Seele. Eine Kulturgeschichte der Innerlichkeit, Verlag Turia + Kant, Wien,
2003; (Le cose dell'amore) Liebe, Beck, Monaco, 2006; in greco: (Storia
dell'anima) Historia tes psyches, Apollon, Thessaloniki, 1989; (Paesaggi
dell'anima) Topia psyches, Itamos, Athina, 2001; (Gli equivoci dell'anima)
Parermeneies tes psyches, University Studio Press, Athina, 2004: in
spagnolo: (Dizionario di psicologia) Diccionario de psicologia, Siglo
Veintiuno Editores, Citta' del Messico 2002; (Le cose dell'amore), Las cosas
del amor, Imago mundi, Madrid, 2006; in portoghese: (Orme del sacro) Rastros
do sagrado, Paulus, Sao Paulo, Brasil, 2003; (I vizi capitali e i nuovi
vizi) Os vicios capitais e os novos vicios, Paulus, Sao Paulo, Brasil, 2004;
(Psiche e techne. L'uomo nell'eta' della tecnica) Psiche e techne. O homen
na idade da tecnica, Paulus, Sao Paulo, Brasil, 2005; in giapponese: I vizi
capitali e i nuovi vizi, Tokio, 2004"]

Il titolo di questo libro indica il compiersi di un senso, il senso espresso
dalla cultura occidentale che, proprio nel momento in cui sembra in procinto
di occidentalizzare il mondo, avverte dentro di se' qualcosa che la erode,
la corrompe, la consuma, fino a portarla al suo esaurimento, alla sua fine.
Ma che cosa propriamente finisce? Finisce lo sfondo umanistico che ha
costituito il tratto specifico della cultura occidentale e, nonostante i
progressi della scienza, finisce la fiducia che l'Occidente aveva riposto
nel progressivo dominio da parte dell'uomo sugli enti di natura, oggi
divenuti, al pari dell'uomo, materiali della tecnica. Ma la tecnica non ha
alcun fine da raggiungere ne' alcuno scopo da realizzare, non apre scenari
di salvezza, non redime, non svela la verita', la tecnica "funziona" secondo
quelle procedure che, pur nel loro rigore e nella loro efficacia, si
rivelano incapaci di promuovere un orizzonte di senso.
E sulle ceneri della categoria del "senso", che dell'Occidente e' sempre
stata l'idea guida, si affacciano le figure del nichilismo, le quali, nel
proiettare le loro ombre sulla "terra della sera", indicano, a ben guardare,
la direzione del tramonto. Un tramonto gia' inscritto nell'alba di quel
giorno in cui l'Occidente ha preso a interpretare se stesso come cultura del
dominio dell'uomo sulle cose.
Questa pretesa egemonica, che sottende l'intero cammino della filosofia, sia
nella sua versione metafisica, sia in quella teologica, e poi
tecnico-scientifica, si e' realizzata attraverso quel "pensiero calcolante"
che, promosso dal principio di ragione, ha ancorato tutte le cose a
fondamenti sempre piu' stabili, che "dessero appunto ragione" alla volonta'
di potenza in cui l'Occidente da sempre si e' espresso.
Con la soppressione di ogni possibile scenario che non corrisponda alla sua
pretesa egemonica, l'Occidente ha ridotto lo spazio della liberta' molto
piu' di quanto non abbiano potuto fare le sue espressioni sociopolitiche,
perche' la possibilita' di diversi scenari di pensiero e di linguaggio e'
molto piu' liberante della "liberta' di parola" all'interno dell'unico e
solidificato linguaggio.
Nel senso indicato da queste considerazioni, ho scelto come filosofi
paradigmatici Heidegger e Jaspers, non solo perche', dopo Nietzsche, sono i
migliori testimoni del tramonto, cioe' coloro che, ponendosi ai limiti di
un'epoca storica, sono andati alla ricerca delle ragioni del suo
smarrimento, ma soprattutto perche', deposta ogni pretesa di un presunto
sapere assoluto, che puo' essere tale solo in quanto persegue la volonta' di
potenza della nostra civilta', hanno dischiuso itinerari che, nel caso di
Jaspers, portano al naufragio della filosofia come "soluzione" con
conseguente apertura dello spazio come "ulteriorita' di significazione",
mentre, nel caso di Heidegger, promuovono, al di la' della ragione ridotta a
calcolo, quel salto che porta in "una regione totalmente diversa", dove
ancora e' possibile ascoltare quei significati che sono rimasti "in-auditi",
perche' sopraffatti dalla pretesa egemonica della nostra cultura.
Il messaggio che scaturisce dalle loro analisi, modificando in maniera
sostanziale la natura del "pensiero" che l'Occidente ha ridotto a calcolo,
contiene l'indicazione di un possibile futuro, se e' vero che il pensiero
puo' produrre un mondo possibile, e che il mondo possibile, prodotto da un
pensiero che non sia solo "calcolante", puo' essere di tal forza da cambiare
i connotati del mondo reale.
Quest'opera e' stata scritta nell'arco del decennio che va dal 1974 al 1984,
e per la prima volta, grazie alla sollecita attenzione di Carlo Feltrinelli,
esce nella sua versione integrale, articolata in tre libri:
Il pensiero aurorale che riproduce, con gli opportuni e necessari
aggiornamenti, il volume Linguaggio e civilta', Mursia, Milano 1977.
Il pensiero occidentale che riproduce Heidegger, Jaspers e il tramonto
dell'Occidente, edito da Marietti, Casale Monferrato 1975, e da il
Saggiatore, Milano 1996.
Oltre l'Occidente che riproduce gli ultimi capitoli di Linguaggio e
civilta', aggiunti nell'edizione del 1984.
La riproposizione di quest'opera nella sua versione originaria, rivista e
opportunamente aggiornata, e' sollecitata dagli eventi drammatici del nostro
tempo, la cui comprensione non puo' essere affidata unicamente alla logica
della causa e dell'effetto, con cui noi occidentali siamo soliti spiegare le
cose, ma richiede un affondo alla radice del modo occidentale di pensare,
per farsi almeno un'idea della natura e della qualita' della nostra
antropologia, che non e', naturalmente, l'unica modalita' in cui l'uomo puo'
trovare espressione.
Milano, febbraio 2005

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

8. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 195 del 28 agosto 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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