Voci e volti della nonviolenza. 84



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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 84 del 23 luglio 2007

In questo numero:
1. Holger Banse ricorda Martin Buber (parte prima)
2. Et coetera

1. HOLGER BANSE RICORDA MARTIN BUBER (PARTE PRIMA)
[Dal sito www.nostreradici.it riprendiamo il seguente testo, li' presentato
con la seguente premessa: "Il 15 ottobre 2003, presso la Fondazione
Culturale Ambrosianeum di Milano, si e' tenuto un incontro sul tema 'Una
vita per il dialogo. Una conversazione con Martin Buber'. L'appuntamento era
con Holger Banse, pastore della Chiesa evangelica di Renania. Siamo lieti di
pubblicare il suo testo, grazie alla cortesia dell'autore e dell'Arcidiocesi
di Milano - Ecumenismo e dialogo" e il sommario "1. Tu e Io; 2.  I primi
anni a Vienna; 3. La nuova casa a Lemberg; 4. Alla ricerca; 5. La vita e'
santificazione; 6. La vita e' dialogo; 7. La vita e' incontro; 8. La vita e'
imparare ad ascoltare"]

1. Tu e Io
Caro Martin Buber, questo colloquio con te doveva essere una conferenza, ma
non sarebbe stato possibile, anche a fronte delle mie sempre piu' intense
frequentazioni del tuo pensiero, dei tuoi libri, dei tuoi dialoghi. Come
avrei potuto stendere una relazione sulla tua vita, descrivere la tua opera,
offrire un rapporto dettagliato del tuo insegnamento, quando tu stesso una
volta hai detto che non avevi nessun insegnamento, che semplicemente
conducevi un dialogo...
Percio' questa conferenza non puo' che essere un dialogo, un dialogo tra te
e me e un gran numero di uditori che poi forse, quando sara' il tempo,
potranno partecipare al dialogo, oggi o piu' tardi, con tutta calma. Io so,
caro Martin, che sei d'accordo con questo mio proposito. Io ti vedo, si',
sento distintamente che interrompi per un momento il tuo dialogo con Dio e
con coloro che vi fanno corona intorno, per guardarmi amichevolmente dal
Regno dei Cieli, mi fai cenno, annuisci benevolo; sento che ti concedi per i
prossimi minuti al dialogo con me - e non ti limiti a prestare orecchio a
me, a noi; ce li presti entrambi, gli orecchi, e ancora di piu': tu ti
rivolgi a noi con tutta la tua attenzione, con tutto il tuo Io e noi,
proprio per questo, diventiamo per te un Tu, il Tu che con il tuo Io
costituisce la prima delle due parole fondamentali, di cui tu una volta hai
spiegato l'importanza. E proprio da qui si puo' avvertire, e di fatto si
avverte, la tua presenza, anche se tempo e spazio ci tengono lontani.
Presenza, anche se ci immergiamo nel passato: consapevoli, pero', del fatto
che non e' la morte che impedisce la presenza o la relazione (la vera
relazione) o il dialogo, ma la perdita di relazione - che di per se'
significa la morte nella vita. Ma di questo parleremo dopo piu'
dettagliatamente.
*
2. I primi anni a Vienna
Si', caro Martin, occasione del nostro dialogo oggi e' il tuo compleanno.
Quest'anno sono 125 anni dalla tua nascita. Vieni al mondo l'8 febbraio del
1878, a Vienna. L'anno della tua nascita era gia' il trentesimo del regno di
Francesco Giuseppe che da questa metropoli europea reggeva i destini di piu'
di 50 milioni di persone, dei piu' diversi popoli, dai Balcani fino
all'odierna Russia. Ma lo Stato "multietnico" pareva gia' nell'anno della
tua nascita un vaso con parecchie crepe, tenute insieme in qualche modo con
il filo di ferro. Il suo Reich si sta sgretolando: gli ungheresi riescono a
far valere i loro diritti, i cechi ottengono il riconoscimento della loro
lingua, parificata con il tedesco, scoppiano conflitti in Croazia e in
Slovenia. Anche a Vienna l'industrializzazione richiede la sua vittima
sacrificale: nel giro di trent'anni falliscono quasi 40.000 imprese
artigianali.
La gente cerca di prevenire come puo' la minaccia onnipresente. In ogni
popolo dell'impero asburgico si risveglia un forte nazionalismo e con esso
l'antisemitismo, causato dalla diffidenza verso tutti gli stranieri, dei
quali - come spesso accade - l'"ebreo" fornisce un ottimo emblema.
L'emancipazione degli ebrei era stata promossa dall'influenza personale
dell'imperatore stesso e dalla sua politica egualitaria: gia' nella seconda
meta' del XIX secolo si contava un gran numero di ebrei nella parte
orientale di Vienna, tanto che in poco tempo la minoranza ebraica della
citta' quadruplico' fino a raggiungere l'8% dell'intera popolazione
viennese. Nei loro lunghi caftani, nei loro capelli particolari, con quel
modo di vestirsi cosi' fuori dal comune, gli ebrei non potevano passare
inosservati, tanto piu' che in alcuni quartieri raggiunsero una proporzione
numerica pari a un terzo del totale. Ma non era solo il loro aspetto
stravagante che metteva paura, piu' ancora colpiva la loro influenza sulla
stampa e sulla finanza e la loro idea di vivere in modo positivo, razionale
e metropolitano, atteggiamento che appariva piuttosto sospetto alle
coscienze tradizionaliste viennesi.
Il contesto storico in cui capiti, dunque, e' tutto fuorche' tranquillo.
Forse una delle cause della separazione dei tuoi genitori, avvenuta quando
tu avevi appena 4 anni, puo' essere annoverata nell'inquietudine e
nell'insicurezza dei tempi?
Parli poco di tuo padre Carl. E certo: hai potuto andare a trovarlo, nel
podere che lui stesso dirigeva, solo quando avevi su per giu' 9 anni, dopo
una lunga separazione. Tuo padre si era risposato e si era trasferito da
Vienna alla provincia di Lemberg. Stai bene con lui. E a 14 anni lasci la
casa dei nonni, nuova casa tua dopo la separazione dei tuoi genitori, e ti
trasferisci di nuovo presso di lui, definitivamente. E apparentemente come
di nascosto, senza volerlo, tuo padre diventa il tuo grande maestro sulle
questioni che riguardano il comportamento verso le cose che ci circondano.
La sua pura, sincera gaiezza, che gli veniva naturale, il suo attivo,
responsabile rapporto con la natura, la sua partecipazione umana alla vita
degli amici, degli uomini che lavoravano per lui, dall'affittuario al
piccolo contadino, il modo in cui si prendeva cura di loro - tutto cio' ti
colpisce profondamente. Da lui capisci che cosa significa il prendersi cura
degli altri, di cui tu una volta scrivesti che essa e' "pura, essenziale
cura, quando pone l'essenza di un uomo in relazione con l'essenza di un
altro uomo, quando non si limita alla mutua assistenza per correggere un
difetto". E un'altra cosa impari da tuo padre: il gusto del racconto.
Perche' nessuno come lui riusciva a raccontare in modo cosi' semplice e
immediato. Il puro avvenimento, senza fronzoli, l'evento che si svolgeva tra
due creature umane, erano il contenuto dei suoi racconti. E ti ricordi
ancora di quell'altro fatto che hai vissuto nella proprieta' di tuo padre?
Ti ha segnato profondamente nella coscienza. Hai undici anni, quella volta
che entri non visto nella stalla del cavallo e accarezzi il grande dorso
pomellato grigio e bianco. Quindi, mentre gli gratti dolcemente la criniera,
sperimenti per la prima volta l'Altro che ti si offre immediatamente nel suo
Tu.
Il rapporto con tua madre Elisa si svolge invece in modo meno fortunato. E'
una profonda delusione per te. Ami tua madre: quando se ne va, speri in un
prossimo ritorno. Non puoi credere alle tue orecchie, quando una ragazzina
piu' grande di te ti dice: no, lei non tornera' mai piu'. La vedrai ancora
una volta, nel 1911, quando con le sue due figlie (anche lei si e' risposata
nel frattempo) giunge da San Pietroburgo per vederti e conoscere la tua
famiglia. Quando piu' tardi ripensi a questa visita, comprendi che non si e'
trattato di un incontro. Cosi' crei un neologismo: "disincontro"
(Vergegnung). Come deve essere stata triste quella visita, dal momento che
tu sentivi che anche allora tua madre non ti stava realmente incontrando e
che forse non voleva nemmeno farlo... Ma attraverso questa esperienza
negativa, di non accettazione, di rifiuto nei confronti del tuo essere, del
tuo volere, dei tuoi desideri e sentimenti, nasce in te l'idea fondamentale
a partire dalla quale hai poi determinato, nel corso degli anni, la
definizione di vero incontro.
La ricerca della madre ti ha accompagnato, la ricerca di una relazione
autentica.
Forse, anche se sei solo un bambino di tre anni, riesci a capire quanto sia
difficile la relazione tra i tuoi genitori, anche se in casa non si dice
niente; ma tu lo sai, non si comunica solo cio' che si dice esplicitamente:
anche i sentimenti, soprattutto quelli inconfessati, trovano la loro via
espressiva. E forse e' proprio a tre anni che la vicenda dell'infelice
rapporto dei tuoi genitori lascia in te una traccia ben distinta. Forse e'
cosi' che nasce, come una pellicola al negativo, cio' che si sviluppera' in
forma positiva, il tuo tema vitale che non ti lascera' mai piu'.
*
3. La nuova casa a Lemberg
Ma comunque sia, proseguiamo. Quando tua madre se ne va, tuo padre decide di
affidarti alle cure dei tuoi nonni che abitano a Lemberg, a quasi 800 km da
Vienna. Lemberg era austriaca dalla prima secessione dei polacchi del 1772 e
rimase la capitale della Galizia asburgica fino al 1918. Era la piu'
orientale delle citta' mitteleuropee. Qui si incontravano le piu' svariate
culture e confessioni religiose dell'Europa occidentale e orientale che
diedero vita a una simbiosi creativa. Nel 1918, tu allora stavi gia' a
Heppenheim, i polacchi e gli indipendentisti ucraini ingaggiarono una
battaglia in citta'. Ne pagarono le conseguenze i molti cittadini ebrei che
vennero considerati politicamente sospetti.
Nell'autunno del 1938, l'anno in cui tu lasciasti la Germania per
raggiungere Gerusalemme, Lemberg divenne sovietica, in conseguenza del patto
tra Hitler e Stalin. Anche se gli ebrei erano stati vittime di numerose
persecuzioni da parte dei sovietici, i polacchi e gli ucraini li
considerarono comunque collaboratori del regime comunista.
E dalla Palestina avrai udito cio' che accadde il 30 giugno 1941, era un
lunedi': una divisione tedesca dei "Cacciatori delle Alpi" attacco' la
citta'. Trovano in tre carceri 4.000 prigionieri uccisi dai sovietici. Con
l'appoggio delle truppe tedesche un battaglione di ucraini, aggregati ai
tedeschi e forniti di uniformi tedesche, con il nome di "Nachtigall"
("Usignolo") organizza un pogrom contro gli ebrei della citta'. Si giunge a
terribili violenze e uccisioni. Le truppe tedesche assicurano le prigioni e
controllano le uscite, mentre gli ucraini costringono gli ebrei a strisciare
in ginocchio sui cadaveri e lavarli. Donne e ragazze ebree devono prima
spogliarsi. Compiuto questo terribile lavoro, i soldati ucraini si schierano
in due file al comando dei tedeschi e spingono in mezzo gli ebrei,
infilzandoli e pungolandoli con le baionette. Molti ebrei vengono uccisi.
Seguono ulteriori abusi su ebree ed ebrei. Quando il 2 luglio la prima
Divisione Cacciatori di Montagna lascia la citta' verso oriente, 4.000 ebrei
di Lemberg sono caduti nel pogrom.
Ma torniamo alla tua biografia. Lemberg diventa la tua nuova casa, tuo nonno
Salomon ti fa da padre. Tuo nonno e' consigliere della Camera di commercio e
direttore di due banche. Da molto tempo e' preposto alla comunita' religiosa
israelitica di Lemberg. Contemporaneamente pero', e questo e' proprio il
fulcro delle sue attivita', e' uno dei piu' grandi conoscitori e interpreti
del midrash. In lui confluiscono le tradizioni talmudiche dell'Europa
orientale e occidentale, insieme a una conoscenza straordinaria della lingua
ebraica che egli ama intensamente, e che utilizza nello scritto e nel
parlato con una competenza superiore a chiunque altro.
Dal canto suo, caro Martin, imprime il suo stampo su di te e sull'argomento
della tua vita, tua nonna Adele, con la sua profonda, pura e emotiva
sensibilita'. Tanto tuo nonno e' un filologo nel senso etimologico del
termine, quanto tua nonna incontra la parola in un amore puro e devoto. Non
lo dimenticherai mai.
Non hai nemmeno dimenticato la comunita' chassidica di Sadagora, vicino a
Lemberg. Ti ci hanno portato i tuoi nonni. E quando vedi il Rabbi che danza
con la Torah tra le braccia, in mezzo ai discepoli in estasi, prende forma
in te l'idea che "il rispetto e l'intima gioia l'uno dell'altro sono i
fondamenti dell'autentica comunita' umana". Qui, nello scenario dei Carpazi,
nel XVIII secolo sorse un centro del chassidismo, quella variante orientale
della mistica ebraica che declina sulla gioia in Dio una devozione per il
mondo, affermando il mondo cosi' come e', perche' Dio e' contemplabile e
riconoscibile nel mondo, in ogni cosa del mondo, e raggiungibile tramite
ogni azione pura. Al tempo della tua infanzia, e' rimasta solo una parte
della grandezza originaria dei chassidim. Eppure esisteva la comunita'
chassidica e l'esperienza di essa ha contribuito a far crescere in te un
seme di fede vitale e decisiva.
Fino ai dieci anni tua nonna si occupa della tua istruzione con lezioni
private. Parli gia' tedesco, ebraico, yddish, inglese, francese e italiano.
A 14 anni frequenti il ginnasio polacco, impari la lingua locale e,
attraverso la letteratura polacca, accedi all'universo culturale slavo. Le
lingue, nelle loro diverse tonalita', e la filosofia, sono per te stabili
compagni di viaggio, fin dalla giovinezza.
*
4. Alla ricerca
A 18 anni ritorni a Vienna per iscriverti all'universita', e' l'autunno del
1896. Ti cali nel superficiale salotto culturale di una Vienna borghese e
antisemita un po' troppo bendisposta, verso la fine del secolo, ad accordare
tutto il reale sulle note del romanticismo. Il mondo dell'ebraismo, il suo
spirito e la sua religiosita', si appannano ai tuoi occhi. Studi filosofia,
soprattutto lo Zarathustra di Nietzsche, e frequenti seminari di storia
dell'arte. All'universita' sperimenti un approccio al sapere del tutto
diverso rispetto a quello a cui eri abituato a scuola: non c'e' piu' una
disposizione frontale tra insegnanti e alunni, l'universita' promuove il
libero rapporto tra professori e studenti e l'interpretazione in comune dei
testi, gia', attraverso l'umilta' degli insegnanti universitari che si
mettono sullo stesso piano degli studenti. Sperimenti "lo scambio di domande
e risposte liberato dall'usuale conformismo scolastico; tutto questo ha
rivelato, piu' intimamente di qualunque lettura libresca, la realta' propria
dello spirito come un 'tra' (Zwischen)".
E mentre hai potuto scoprire da tua nonna l'amore per la parola, durante le
tue numerose puntate al Burgtheater entri in contatto con il fascino della
parola proferita "con esattezza" e con il suo immenso potere.
Un anno dopo ti trasferisci a Lipsia per proseguire i tuoi studi. Accanto
alla filosofia e alla storia dell'arte, ti appassioni alla musica di Johann
Sebastian Bach. Inoltre la lettura del libro Modernes Judentum di Mathias
Achers ti indirizza verso il sionismo. A Lipsia fondi un gruppo locale
sionista e un'unione di studenti ebrei.
Nell'estate del 1899 ti troviamo all'universita' di Zurigo, alla ricerca
della tua via, preso tra filosofia, filologia, germanistica, storia
dell'arte, storia della letteratura e perfino psichiatria ed economia.
Improvvisamente pero', complice l'amicizia del socialista Gustav Landauer,
che doveva diventare una delle figure piu' importanti della tua vita, fino
alla sua morte violenta, ti immergi nella mistica del Rinascimento e della
Riforma. Approfondisci soprattutto il pensiero di Nicola Cusano, di
Paracelso e di Jacob Boehme.
In questo periodo si svolgono i primi congressi sionisti, segnati in modo
molto netto dalla posizione di Theodor Herzl circa il progetto di
acquisizione di un'unita' nazionale e statale. Il vortice di questo
movimento ti investe in pieno, e gradatamente vi rintracci i temi nei quali
sei cresciuto e che diventeranno i temi della tua vita.
Allo stesso tempo pero' sviluppi degli argomenti che si conciliano poco con
quelli di Herzl, perche' diversamente da lui ti orienti verso l'idea biblica
del popolo di Dio. Cosi' scriverai piu' tardi: "La coscienza nazionale da
sola non cambia l'uomo ebreo: puo' essere pieno di forza ma nello stesso
tempo povero d'anima sia con essa (coscienza nazionale) che senza di essa.
Ma a chi la coscienza nazionale non sara' solo un accontentarsi ma una
carica, non un arrivo nel porto, bensi' una partenza per il mare aperto, a
tutti coloro si puo' indurre un cambiamento". Nelle tue riflessioni sul
sionismo, sostituisci l'idea nazionalistica di Herzl con un elemento
messianico-teocratico, quando scrivi: "Il sionismo e' coscienza
dell'unicita'... Esso peraltro non e' legato ad un determinato luogo
geografico, che si chiami Canaan o Palestina, bensi' esso fin dai tempi piu'
remoti e' un nome che indica qualcosa che in un luogo geografico deve ancora
nascere, o come dice la Bibbia: l'avvento della regalita' di Dio su tutti i
popoli". Il sionismo era un movimento strettamente legato alla persona di
Herzl, ed e' giusto dopo la sua morte che vi aderisci in modo definitivo:
attraverso di esso riscopri l'essenza dell'ebraismo e ti rammenti della
lingua che tramando' l'ebraismo lungo i secoli, l'ebraico, che ti era
cresciuta nel cuore a casa dei tuoi nonni. E' il periodo in cui si affaccia
per la prima volta líintenzione di tentare una nuova traduzione delle
Scritture.
*
5. La vita e' santificazione
Cosi', attraverso la nuova immersione nella letteratura e nella tradizione
dell'ebraismo, scopri gli scritti del grande Rabbi Israel che gli amici e i
discepoli chiamavano Baal Shem Tov, vissuto 250 anni prima. Hai 26 anni, e
per un po' di tempo ti sottrai alle attivita' del sionismo per dedicarti
agli studi chassidici: raccogli e leggi qualunque scritto abbia a che fare
con il chassidismo che qualche volta trovi anche solo per caso. Sistemare i
testi, tradurli, interpretarli e pubblicarli diventano le tue attivita'
principali.
Nel 1905 ti trasferisci a Firenze, dove rimani per due anni. Ti appassioni
del modo italiano di vivere. Qui riscopri il teatro e ti infiammi per
Eleonora Duse. Purtroppo oggi a Firenze le tue tracce non si trovano piu'.
Quando nel 1928 presenterai la prima grande raccolta di testi chassidici, le
cui fondamenta avevi posto a Firenze, ripenserai con soddisfazione al primo
periodo della tua vita, che iniziava a partire dal 1904 con la riscoperta
del chassidismo. Certo, questa riscoperta non poteva che essere un ricordo
della comunita' chassidica vicino a Lemberg, ma studiando questa
religiosita' ebraico-orientale, fai tu stesso l'esperienza, profondamente
religiosa, di Dio che abita nel tuo, nel nostro mondo. Ti accorgi
dell'immanenza di Dio in tutti gli eventi, in tutta la creazione e
contemporaneamente sai che Dio non si confonde con il mondo, non si disperde
in esso, perche' lui e' nel mondo ma insieme e' il trascendente. E cosi',
come aveva detto il Baal Shem Tov, bisogna comprendere che in ogni vivente
c'e' una vita santa e che tutto puo' essere ricondotto a questa radice,
tutto puo' essere santificato. Questo e' il compito dell'uomo: unificare
ogni cosa del mondo nel divino. Unificare significa santificare. Ogni
azione, ogni attimo rende possibile la santificazione. La santificazione
causa la redenzione. E colui che santifica rende libero, libera dal mondo.
Con questi pensieri fondi un'etica che attribuisce un straordinario
significato all'attimo presente, al qui e ora in cui vive l'uomo attribuisci
di poter essere considerato santo, e di considerare questa azione
nell'attimo come santa. Significa liberare l'attimo e l'azione dalla morsa
mondana, dalla profanita', dalla banalita' e dalla disattenzione dimentica
di Dio, per liberarli e redimerli.
La meditazione mistica si e' sviluppata molto rapidamente nell'ebraismo
post-biblico. Accanto all'insegnamento della Torah, che aveva il suo ambito
nel culto, nella celebrazione, nel servizio di Dio, nacque l'interpretazione
della Torah, una sorta di teologia speculativa, di cui solamente i rabbini
potevano occuparsi. Qui si sviluppa la kabbalah, una tradizione mistica
segreta, solo in epoca tarda fissata per iscritto, che sapeva
dell'interazione del mondo superiore e del mondo inferiore e che guidava il
fedele, per numeri e lettere, verso la riunificazione di queste due mondi.
Kabbalah e tradizioni popolari sono per te, Martin, i fondamenti del
chassidismo. Ma da quest'ultimo non e' possibile trarre un insegnamento
specifico: no, per te il chassidismo "non e' una dottrina ma uno stile di
vita, e uno stile di vita, che seguendo questo stile di vita costruisce
comunita', uno stile di vita che nella sua essenza e' l'unico possibile per
la vita in comunita'". Il chassidismo per te e' vita, ethos, una prassi di
vita, come quella messa in atto dal Baal Shem Tov con i suoi allievi. Per
lui la vita era un dialogo fatto di domande e risposte: rivolgersi e essere
interpellato, rispondere e ricevere risposta. Per questo tu affermi che
l'essere dell'uomo significa essere chiamato, e ti riferisci in primo luogo
all'essere-chiamato da Dio.
Dio parla agli uomini in modo molto concreto: la creazione stessa e'
discorso, e' linguaggio. La voce di Dio irrompe nel nulla e le cose
rispondono nascendo. Cosi' la vita di ogni creatura e' un dialogo, la vita
e' parola.
Non ti stanchi, all'interno di queste riflessioni, di ripetere
un'affermazione per noi inaudita e piuttosto sconvolgente: e cioe' che il
pericolo originario e la piu' grande tentazione per gli uomini e' la
religione. Spaccare il mondo in due parti: qui la parte del culto e del
sacramento, con tempi e luoghi santi, la' il profano, il mondano, la vita
normale e condizionata di tutti i giorni - questo e', nelle tue parole, un
atto di separazione (Abloesung). Dio viene deviato, rinchiuso in un ghetto.
"La vita del mondo e il servizio di Dio scorrono slegate l'una dall'altra,
qui, come parallele; ma il Dio di questo servizio non e' piu' Dio, sembra
averne solo le fattezze - il vero compagno di viaggio dell'uomo non e' piu'
li'... l'anima vorrebbe avere a che fare solo con Dio, come se Egli volesse
che l'amore si esercitasse solo per Lui e verso di Lui e non per il Suo
mondo... Il vero cammino dell'uomo con Dio non ha solo il suo ambito nel
mondo, ma in esso trova anche il suo oggetto. Dio si rivolge all'uomo nelle
cose, nelle essenze che gli invia nella vita; l'uomo risponde attraverso il
suo atteggiamento verso di esse. Ogni autentico servizio di Dio e' in questo
senso solo la sempre rinnovata preparazione, la santificazione di questo
cammino con Dio nel mondo". Con cio' non vuoi dire che l'uomo si trova ad
avere a che fare solo con il mondo. No, il vero e unico partner dell'uomo e'
solo Dio, perche' Egli, Dio, abita nel mondo - e pero' non come un'idea
oggettiva o come una "cosa", bensi' "nel tocco concreto con l'uomo il mondo
di volta in volta trova una dimensione sacra". La' dove avviene nel mondo
l'incontro concreto, la' dove l'uno tocca l'altro, l'altra in senso
esistenziale, la' c'e' Dio, la' Dio e' presente, e allora avviene la
santificazione e la redenzione. Questa e', nelle tue parole, l'unificazione,
il ricongiungimento di cio' che era unito dalle origini. E tu concluderesti
che questa unificazione, questa redenzione puo' avvenire nelle cose piu'
profane che fai tutti i giorni, se le fai in santita'. Cosi' tutti i
comportamenti possono diventare servizio di Dio, si', devono diventarlo. E
qui si esplicita una caratteristica essenziale del chassidismo: l'azione
dell'uomo acquista senso solo nella misura in cui essa e' compiuta nel pieno
fervore e con l'impegno di tutte le forze del corpo e dell'anima, perche' lo
scopo della vita e' l'unificazione di Dio con il mondo. Cosi' narra una
leggenda del patriarca biblico Enoc: Enoc era un ciabattino: ad ogni colpo
del suo ago, cucendo insieme suola e tomaia, univa Dio e la sua Shekina'.
Per tutto questo risulta chiaro come la mistica chassidica non sia affatto
un distacco (Abkehr) dal mondo, ma al contrario un perseverante rivolgersi
(Hinkehr) ad esso: non contemplazione, la piu' alta e concreta delle azioni.
Un'azione, proprio perche' concreta, non puo' essere limitata al singolo, ma
e' relativa a un insieme di persone, a una comunita'. Questa comunita' pero'
ha bisogno di un'autorita', lo zaddiq. Quante volte ti sarai ricordato dello
zaddiq che avevi visito insieme ai tuoi nonni, di come ballava tra i suoi
chassidim con i rotoli della Torah tra le braccia, rapito dalla gioia in Dio
e insieme cosi' vicino, infinitamente vicino agli uomini che stavano intorno
a lui. Lo zaddiq e' il modello, su di lui si orienta tutta la comunita' e
ogni singolo membro di essa. Egli e' la personificazione dell'insegnamento,
come hai detto tu una volta. Come potrebbe, questa armonia tra Dio e l'uomo,
questa santificazione quotidiana, questa redenzione, dottrina della pienezza
della vita umana, esprimersi meglio che nel canto "Tu" che hai colto dagli
aneddoti del Rabbi di Berdicev?
"Se vado - tu!
Se resto - tu!
Solo tu, ancora tu, sempre tu!
Tu, tu, tu!
Sto bene - tu!
Sto male - tu!
Tu, tu, tu!
Cielo - tu! Terra - tu!
Sopra - tu! Sotto - tu!
Dove mi giro, dovunque miro
Solo tu, ancora tu, sempre tu!
Tu, tu, tu!"
*
6. La vita e' dialogo
Chi dice Tu conosce il suo Io. Chi dice Tu entra in un colloquio, in un
dialogo. Ricordati, Martin, della tua sorpresa, quando ai seminari
dell'Universita' di Vienna ti aspettavi la "dottrina" e ricevesti il
dialogo, la comune ricerca della verita'. Domanda e risposta, come nella
comunita' chassidica. La' non c'era semplicemente la somma delle voci, la
comunita' nasceva proprio dall'intreccio dialogico tra chassid e zaddiq. E
ora, sullo sfondo di quella esperienza, e dei molti incontri e dialoghi che
intrattieni, come per esempio quelli all'interno del gruppo di Landauer
(dove tra l'altro maturi la tua avversione per la guerra, tu che prima ti
saresti volentieri arruolato, da patriota tedesco, per la prima guerra
mondiale), si sviluppa in te il tuo secondo grande tema: cresce come un
germoglio fino a raggiungere la forma definitiva, quella che una volta
verra' chiamata "la rivoluzione copernicana del pensiero moderno": il
principio dialogico. Scrivi da qualche parte che gia' dalla giovinezza era
preponderante in te l'interesse per una "relazione dialogica tra uomo e Dio,
come un rapporto libero dell'uomo nel dialogo tra cielo e terra, la cui
lingua fosse il medesimo avvenimento nel rivolgersi e nel rispondere, lo
stesso avvenimento dall'alto al basso e dal basso all'alto"; si', gia' dai
tuoi primi approcci eri alla ricerca di una risposta.
Cio' che cerchi di abbozzare in qualche modo nel 1916, lo definisci in modo
piu' programmatico nel tuo libro L'io e il tu, che compare nel 1923. Questo
libro diventa il fondamento di tutti i tuoi lavori successivi. Tutto cio'
che in seguito scrivi di argomento filosofico o pedagogico, o tutto cio' di
cui ti occupi, risulta essere alla fine un commento ai principi delineati
nel 1923 o risposte a domande che ti si pongono a partire da quello scritto.
L'io e il tu si basa sull'esperienza fondamentale della tua vita:
"L'essere-uomo significa l'essere quello che sta di fronte". In L'io e il tu
dici - e io cerco di riassumerlo con poche parole, anche se so che ce ne
vorrebbero molte di piu' - che sostanzialmente l'uomo puo' comportarsi solo
in due modi. Si tratta di due categorie morali, che corrispondono a due
parole fondamentali: Io-Tu e Io-Esso (Ich-Du e Ich-Es). Il tuo comportamento
dipende dal fatto in quale delle due parole fondamentali il tuo Io si trova,
o nell'Io-Tu o nell'Io-Esso. Io-Tu e Io-Esso non sono semplicemente due
coppie di parole, no: ciascuna e' una parola, distinta dall'altra, e
indivisibile nei suoi elementi: la parola Io non esiste isolatamente, come
se fosse un termine unico, non c'e' nessun Io in se' e per se'. Io descrive
sempre un orientamento, una relazione, o nei confronti di un Tu, oppure, ma
in senso diametralmente opposto, nei confronti di un Esso (che puo' essere
anche un Egli o un'Ella).
Da Io-Tu procede una relazione personale: quando dico Tu, allora affermo la
persona alla quale dico Tu, mi accosto ad essa, a questo Tu, in una
relazione. L'Esso puo' valere solo come un qualcosa, un oggetto, verso cui
io mi comporto come un soggetto, ma mai come persona. Io-Tu si pronuncia con
tutto il proprio essere: quando pronuncio questa parola fondamentale, ci
sono con tutto il mio essere. Un Esso, invece, lo contemplo, lo assumo
obiettivamente, in modo neutrale, da spettatore: non mi rivolgo direttamente
a lui, ne posso parlare ad altri in terza persona.
Il mondo dell'Esso e' il mondo dell'esperienza (Erfahrung), sia quelle
esterne, sia quelle interne e quelle segrete. Io so delle cose, so che
esistono, ne faccio l'esperienza, ne so la condizione e come funzionano, so
come usarle e si', le devo usare per mantenermi in vita.
L'Io-Tu, al contrario, fonda il mondo della relazione, un mondo che include
la vita della natura, degli uomini e degli esseri spirituali, perche' con
tutti io posso entrare in relazione: posso dire Tu a un albero, anche se in
modo diverso che a un uomo.
Il mondo della relazione e' il mondo dello spirito. Spirito e' la parola fra
l'Io e il Tu. Cosi' l'essenza autentica della relazione avviene nel tocco
tra l'Io e il Tu. Perche' solo toccando prendo parte alla realta', al
presente, vivo il presente, vivo realmente, tanto piu' compiuta e' la mia
partecipazione alla relazione, tanto piu' immediato e' il tocco del Tu.
"Il tu mi incontra per grazia - non si trova nella ricerca. Ma e' un'azione
del mio essere, una mia azione essenziale, che io gli rivolga la parola
fondamentale. (...) Cosi' la relazione e' al tempo stesso essere scelti e
scegliere. (...) Divento io nel tu; diventando io, dico tu. Ogni vita reale
e' incontro. La relazione al tu e' immediata (...). Tra l'io e il tu non vi
e' alcun fine, alcun desiderio, alcuna anticipazione (...). L'incontro
avviene solo dove e' caduto ogni mezzo".
Nell'incontro immediato dell'Io con il Tu, si apre lo spazio dell'amore.
Amore che e' da distinguere dal sentimento: "I sentimenti sono 'posseduti',
l'amore fluisce. I sentimenti dimorano nell'uomo; ma l'uomo dimora nel suo
amore. (...) L'amore non e' attaccato all'io, come se per l'amore il tu non
fosse che il 'contenuto', l'oggetto; l'amore e' tra l'io e il tu. (...)
L'amore e' responsabilita' di un io per un tu".
Nonostante tutto cio', comunque, sei realista nel valutare l'instabilita' e
il cambiamento interni alla stessa relazione: "Nel fatto che ogni tu nel
mondo debba diventare un esso, sta la sublime malinconia della nostra sorte.
Per quanto il tu fosse presente in modo esclusivo nella relazione immediata,
appena essa ha smesso di operare, o e' stata interrotta da un mezzo, il tu
diventa oggetto tra gli oggetti, forse un oggetto rilevante, e tuttavia
sempre uno di essi, determinato e limitato".
D'altronde in un altro punto aggiungi che il singolo Esso puo' ridiventare
in ogni momento Tu, quando si instaura un nuovo circolo di relazione. "Ogni
relazione reale nel mondo si compie nello scambio di attualita' e latenza,
ogni isolato tu deve trasformarsi nella crisalide dell'esso, per poter di
nuovo mettere le ali. Ma nella pura relazione la latenza e' soltanto il
prendere fiato dell'attualita', in cui il tu rimane presente".
Vivere nella relazione Io-Tu esige presenza, esige l'esserci qui e ora. Ma
non si puo' vivere nel mero presente: si rimarrebbe consumati. Allo stesso
modo nessun uomo puo' vivere senza Esso, ma chi vive solo con l'Esso, vive
solo e, in fin dei conti, non e' un uomo.
Oltretutto, tu non limiti al solo piano interumano la relazione che si
sviluppa dall'Io al Tu, perche' per te e' chiaro che in ogni Tu noi ci
appelliamo all'Eterno. Dove si realizza in modo autentico la relazione
Io-Tu, la' c'e' relazione, incontro con Dio. La rivelazione di Dio dunque, e
ancora di piu' Dio stesso e' presente con il Tu in quanto Tu presente. Per
questo a rigore non si puo' parlare di ricerca di Dio: "perche' non c'e'
nulla in cui non lo si possa trovare". Percio' non c'e' un luogo
specificamente dedicato a Dio, ne' un determinato tempo apposta per lui: ne'
spazio ne' tempo lo santificano. Qui ripeti l'idea gia' pronunciata prima:
Dio non e' emarginato in un angolo di essere, ne' in un ambito religioso: e'
presente in tutta la normalita' della vita quotidiana. Nella relazione tra
gli uomini trovi il simbolo piu' adatto per mostrare la relazione con Dio,
perche' qui accade il vero appello, la vera risposta. "Non si compie la
parola di colui che vuol parlare con gli uomini", hai detto una volta, "se
egli non parla con Dio; e si smarrisce la parola di colui che vuol parlare
con Dio, se egli non parla con gli uomini". Nonostante cio', occorre
distinguere il Tu della persona di fronte dal Tu eterno: quest'ultimo non
conosce ne' misura ne' limite, non potra' mai diventare un Esso, e' di per
se' totalmente Tu - e' per questo che non si puo' fare esperienza del Tu
eterno come se fosse un oggetto fra i tanti. E pero' noi spesso cadiamo
nell'errore di ridurre il Tu eterno a un Esso, oggettivandolo in una
credenza religiosa o in un culto.
Se io ora ti chiedessi su che cosa si basa la relazione Io-Tu e che cosa si
debba fare affinche' il dialogo si mantenga nella direzione dell'Io-Tu e non
in quella dell'Io-Esso, tu risponderesti che bisogna volgersi verso l'altro.
Il rivolgersi del corpo e dell'anima fa si' che una persona si renda
presente nella sua disponibilita' - e questo rivolgersi e' la premessa
fondamentale per il dialogo, per l'incontro. Quando mi rivolgo a un Tu,
allora accedo alla relazione Io-Tu. Questo pero' vale fintanto che mi
rivolgo al Tu in un dialogo autentico, perche' un dialogo e' in grado anche
di adulterarsi e degenerare da se'. Tu parli di tre modalita' di dialogo:
"Quello autentico - non importa se parlato o silenzioso - in cui ciascuno
dei partecipanti intende l'altro o gli altri nella loro esistenza e
particolarita' e si rivolge loro con l'intenzione di far nascere tra loro
una vivente reciprocita'; quello tecnico, proposto solo dal bisogno
dell'intesa oggettiva; e il monologo travestito da dialogo, in cui due o
piu' uomini riuniti in un luogo, in modo stranamente contorto e indiretto,
parlano solo con se stessi e tuttavia si credono sottratti alla pena del
dover contare solo su di se'".
L'atteggiamento fondamentale del monologo non e' il distogliersi opposto al
rivolgersi, ma e' - come dici tu - il ripiegamento, nel quale ci si sottrae
all'appello dell'altro, al Tu dell'altro, al suo essere, alla sua anima,
usando l'incontro, l'esserci, il Tu dell'altro solo come una proiezione di
se' e una propria esperienza.
(Parte prima - segue)

2. ET COETERA

Holger Banse, pastore e biblista, e' stato parroco della chiesa protestante
tedesca di Milano dal 1989 al 1995, e' ora parroco a Hamm-Sieg, in
Renania-Palatinato.
*
Martin Buber, filosofo, educatore, scrittore e straordinario uomo di pace,
e' nato a Vienna nel 1878 ed e' deceduto a Gerusalemme nel 1965. Per almeno
tre ragioni Martin Buber e' uno dei nostri maestri piu' grandi: per essere
il grande filosofo del principio dialogico, che pone alla base del nostro
esserci la relazione io-tu; per essere il grande uomo di pace che sempre
oppose la civilta' e la comprensione alla violenza e alla chiusura; per
essere il grande amorevole ricercatore delle tradizioni e delle memorie dei
pii, degli umili e dei dimenticati. Opere di Martin Buber: tra le sue opere
segnaliamo Il principio dialogico, Comunita', Milano 1958, San Paolo
Edizioni, Cinisello Balsamo (Milano) 1993 (contiene anche il saggio Ich und
Du); Il problema dell'uomo, Patron, Bologna 1972, Ldc, Leumann (Torino)
1983, Marietti, Genova 2004; Sentieri in utopia, Comunita', Milano 1967;
Immagini del bene e del male, Comunita', Milano 1965, Gribaudi, Torino 2006;
L'eclissi di Dio, Comunita', Milano 1965, , Mondadori, Milano 1990,
Passigli, Firenze 2001; Sette discorsi sull'ebraismo, Israel, Firenze 1923,
Carucci, Assisi-Roma 1976; Israele. Un popolo e un paese, Garzanti, Milano
1964; Gog e Magog, Bompiani, Milano 1964; La leggenda del Baal-Schem,
Israel, Firenze 1925, Gribaudi, Torino 1995; I racconti dei chassidim,
Longanesi, Milano 1962, 1978, Garzanti, Milano 1979; La regalita' di Dio,
Marietti, Casale Monferrato 1989; La fede dei profeti, Marietti, Casale
Monferrato 1985; Mose', Marietti, Casale Monferrato 1983. Confessioni
estatiche, Adelphi, 1987; Sion, storia di un'idea, Marietti, 1987; Il
cammino dell'uomo secondo l'insegnamento chassidico, Qiqajon, 1990; Profezia
e politica. Sette saggi, Citta' Nuova, 1996; Discorsi sull'ebraismo,
Gribaudi, Torino 1996; Incontro. Frammenti autobiografici, Citta' Nuova,
1998; (con Elie Wiesel), Elia, Gribaudi, Torino 1998; Le storie di Rabbi
Nachman, Tea, 1999, Guanda, 2004; Due tipi di fede. Fede ebraica e fede
cristiana, San Paolo Edizioni, Cinisello Balsamo (Milano) 1999; La
modernita' della parola. Lettere scelte (1918-1938), La Giuntina, Firenze
2000; Racconti di angeli e demoni , Gribaudi, Torino 2000; Beato l'uomo che
ha trovato la saggezza. Meditazioni per ogni giorno, Gribaudi, Torino 2001;
Il cammino del giusto. Riflessioni su alcuni salmi, Gribaudi, Torino 2002;
L'uomo tra il bene e il male, Gribaudi, Torino 2003; Daniel. Cinque dialoghi
estatici, La Giuntina, Firenze 2003; La passione credente dell'ebreo,
Morcelliana, Brescia 2007; Cfr. anche, con Franz Rosenzweig, Prigioniero di
Dio, Studium, Roma 1989; e il dibattito con Gandhi, in M. K. Gandhi, M.
Buber, J. L. Magnes, Devono gli Ebrei farsi massacrare?, in "MicroMega" n. 2
del 1991 (pp. 137-184). Opere su Martin Buber: per un'introduzione cfr.
Clara Levi Coen, Martin Buber, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di
Fiesole (Firenze) 1991.

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 84 del 23 luglio 2007

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