Nonviolenza. Femminile plurale. 107



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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 107 del 9 giugno 2007, edizione straordinaria

In questo numero:
Maria G. Di Rienzo: Zakia, Sahar

LUTTI. MARIA G. DI RIENZO: ZAKIA, SAHAR
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
questo intervento.
Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio;
prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice,
regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche
storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica
dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle
donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei
diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di
Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra
Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne
nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005. Un
piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e' in
"Notizie minime della nonviolenza" n. 81]

Pare che siano stati una mezza dozzina di uomini di Hezb-e Islami, un gruppo
di guerriglieri che combattono le forze straniere in Afghanistan senza
essere collegati ai talebani. Almeno, cosi' sostiene il direttore delle
operazioni antiterrorismo Abdul Manan Farahi. Non ha voluto speculare sui
motivi dell'omicidio con la stampa: "e' una questione troppo delicata", ha
detto. I testimoni dicono di averne visti entrare tre, in casa della
giornalista ed insegnante afgana Zakia Zaki, trentacinquenne. Zakia dormiva
con i piu' piccoli dei suoi sei figli, uno di venti mesi e l'altro di tre
anni: le hanno scaricato addosso setti colpi, sette pallottole, alla testa
ed al petto. Bisognava assicurarsi che morisse, questa donna che non solo
continuava a parlare contro i signori della guerra dai microfoni di "Radio
Pace" dal 2001, ma che aveva osato far sentire la sua voce anche prima,
sotto il dominio talebano, e che aveva contrastato i mujahedin narrando i
loro crimini di guerra.
"Credeva nella liberta' di espressione.", ha detto di Zakia il presidente
dell'Associazione indipendente dei giornalisti afgani, Rahimullah Samander,
"Questo e' il motivo per cui e' stata uccisa".
*
La settimana prima (il 31 maggio) un'altra giornalista, ventiduenne, e'
stata uccisa: il padre ne incolpa due parenti maschi, e qualcuno dice che si
tratti invece di un pretendente respinto. Il giorno ancora precedente tre
donne ed un uomo, afgani, che lavoravano per l'ong Action Aid sono morti a
fucilate nella stessa maniera. La mattanza e il caos si stanno diffondendo
in zone considerate "sicure" dagli eserciti stranieri presenti in
Afghanistan: insorgenti talebani, criminali comuni, guerriglieri islamisti
negli ultimi due mesi hanno attaccato dodici volte con successo i convogli
umanitari delle Nazioni Unite. Il cibo e l'acqua verranno rivenduti al
mercato clandestino, in un paese in cui il 25% degli abitanti dipendono
totalmente dagli aiuti alimentari per sopravvivere e l'87% non hanno accesso
diretto ad acqua "sicura" da bere.
Nel frattempo, per dare una mano, l'Iran sta espellendo i profughi afgani
presenti sul suo territorio. La Commissione delle Nazioni Unite sui
rifugiati ha chiesto che perlomeno lo faccia in maniera umana, perche' i
centomila buttati fuori nel maggio scorso hanno sofferto di abusi, violenze,
furti e separazione forzata dai propri familiari. Ci sono 920.000 profughi
afgani registrati in Iran, e circa un milione di "illegali": il governo
prevede di espellerne appunto un milione entro la primavera del prossimo
anno. "E' per proteggere gli impieghi degli iraniani", hanno dichiarato i
funzionari governativi iraniani. Un padano qualsiasi, da noi, non avrebbe
saputo mentire meglio. Il Pakistan, da par suo, progetta di rimpatriarne tre
milioni, e di chiudere tutti i campi profughi entro il 2009. Non occorre
essere analisti politici, per immaginare l'impatto che questo avra' su un
paese sempre piu' devastato.
*
Zakia che credeva nella liberta' di parola e' morta nella provincia di
Parvan, Sahar al-Haidari e' morta nello stesso modo, ieri, a Mosul.
Giornalista, quarantacinquenne, lavorava per l'agenzia di stampa
indipendente "Voci dell'Iraq", la seconda dipendente dell'agenzia ad essere
ammazzata in poco piu' di una settimana. Zakia aveva sei figli, Sahar ne
aveva quattro. Quest'ultima aveva rifiutato un'offerta di lavoro che
l'avrebbe ricongiunta alla sua famiglia, rifugiata in Siria, il mese scorso:
voleva continuare a testimoniare la sofferenza del suo popolo. "Era una
delle giornaliste piu' coraggiose del paese.", dicono i suoi colleghi.
I bimbi di Zakia Zaki che dormivano con lei sono fisicamente incolumi.
Quelli di Sahar sono al sicuro, distanti. Come dicevano i generali argentini
durante la "sporca guerra", non combattiamo mica contro i bambini. Gli
ammazziamo le madri, ma e' per il loro bene.

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Numero 107 del 9 giugno 2007, edizione straordinaria

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