Minime. 107



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 107 del primo giugno 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Maria G. Di Rienzo: Una lettera a Cindy
2. Doriana Goracci: Cindy, o dell'amore
3. "Statunitensi per la pace e la giustizia": Una lettera che ci chiama
all'azione
4. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento
5. Il 2-3 giugno a Roma
6. Il 23-24 giugno a Matera
7. Giuliano Battiston intervista Frank Kermode
8. Letture: Heinz Hug, Kropotkin e il comunismo anarchico
9. Riletture: Raoul Vaneigem, La scuola e' vostra
10. Riedizioni: Omero, Odissea
11. La "Carta" del Movimento Nonviolento
12. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. MARIA G. DI RIENZO: UNA LETTERA A CINDY
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
questa lettera, che affettuosamente, simpateticamente risponde alla lettera
aperta diffusa il 29 maggio da Cindy Sheehan (che abbiamo pubblicato, nella
traduzione di Maria, in "Nonviolenza. Femminile plurale" n. 104).
Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio;
prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice,
regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche
storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica
dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle
donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei
diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di
Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra
Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne
nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005. Un
piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e' in
"Notizie minime della nonviolenza" n. 81.
Cindy Sheehan ha perso il figlio Casey nella guerra in Iraq; per tutto il
successivo mese di agosto e' stata accampata a Crawford, fuori dal ranch in
cui George Bush stava trascorrendo le vacanze, con l'intenzione di parlargli
per chiedergli conto della morte di suo figlio; intorno alla sua figura e
alla sua testimonianza si e' risvegliato negli Stati Uniti un ampio
movimento contro la guerra; e' stato recentemente pubblicato il suo libro
Not One More Mother's Child (Non un altro figlio di madre), disponibile nel
sito www.koabooks.com; sta per uscire il suo secondo libro: Peace Mom: One
Mom's Journey from Heartache to Activism, per Atria Books; in italiano e'
disponibile: Mamma pace. Contro la guerra, per i nostri figli, Sperling &
Kupfer, Milano 2006]

"Piccola creatura pacifica": e' il significato di "sheehan" in irlandese.
Forse lo sapevi gia', Cindy.
Poiche' io mi interesso molto delle parole, ho l'occasione di scoprire
queste sciocchezze, tipo che i nomi di persona che contengono l'augurio
della pace o il termine pace sono un'infinita', in tutti i linguaggi umani.
In effetti, e' forse la preghiera piu' significativa che si possa fare,
quando una nuova vita si affaccia tra noi: possa tu camminare nella pace, e
amore e gentilezza siano i tuoi voti.
Questa e' una delle cose che io dico sulle testoline dai pochi capelli o
fissando lo sguardo in occhioni dal blu indefinibile che si spalancano sul
mondo.
E quasi di colpo queste creature mi stanno gia' in piedi, vedono una
lucertola e non sapendone il nome strillano eccitate "c'e' un coccodrillo!",
accarezzano pensose le mie gatte e chissa' che segreti bisbigliano nelle
loro pazienti orecchie puntute. Non sono figli miei, ed io non arrivo
nemmeno a sfiorare l'idea del dolore di una madre che ne seppellisce uno, ma
credo di sapere cosa vede, mentre la bara cala nella terra.
Tutte queste piccole cose, cosi' come tu ed altre madri ferite le hanno
raccontate, lacerandosi di nuovo il cuore nel processo: quando ha costruito
la casetta delle bambole per sua sorella, quel giorno in cui non voleva
andare a scuola, quella conversazione sussurrata, piena di risa, che avete
avuto prima di dormire.
Si', sono morti prive di senso, perche' sono avvenute in guerra, e la guerra
in se' ne e' priva.
*
Ma cio' che tu hai fatto perche' la morte di tuo figlio rivestisse un
significato non e' stato inutile, e credo che qualunque figlio o figlia
possa ben provare orgoglio per una madre quale tu sei.
Non hai mancato, non hai perduto. I semi che hai gettato stanno ancora
germogliando e fiorendo. Ti sei curata moltissimo di ogni pianticella che ti
spuntava intorno, hai trattato il mondo con tenerezza infinita, come fosse
un giardino di cui eri responsabile: ora abbi cura di te, amica cara. Il
giardino e' grande, non puo' una sola giardiniera tener dietro a tutto, e'
responsabilita' condivisa, anche da noi, il mantenerlo vivo.
E Cindy, non mi stupisce che tu dica di non essere capita, come se parlassi
un'altra lingua. E' cosi'. Non siamo piu' abituati a sentirla, la nostra
vera lingua, la lingua della carne vivente, del sangue che pulsa, la lingua
dell'odore delle foglie, la lingua del fruscio della sabbia. Siamo assai
imbarazzati a parlarla. E' la lingua-madre, quella che esalta e protegge la
vita. Piu' spesso sono le donne a riuscire a connettersi di nuovo ad essa,
ed a comunicare tramite essa.
Questo e' un altro dei miei "studi sciocchi" di linguistica, nel quale vado
scoprendo che se vi sono diversi "livelli di cortesia" in un idioma le
donne, qualsiasi sia la loro posizione sociale, tendono ad usare il livello
piu' alto. Le donne tendono anche a non usare doppie negazioni, e a dare
intonazioni interrogative anche a frasi che non sono domande.
E perche'? Perche' cio' che sta dietro alla lingua-madre e' l'intenzione di
creare una rete relazionale stabile, non competitiva, serena, sicura, che
lasci spazio. E i linguisti trasecolano, perche' vedono che grazie a questa
"ambientazione pacifica" delle parole le donne sono le maggiori innovatrici
dei linguaggi.
*
La sensibilita' e la forza che hai messo in cio' che hai detto, scritto e
fatto, Cindy, sono doni preziosi per noi tutti, e sono doni a cui tu hai
dato nuova forma. "Piccola creatura pacifica", vorrei tu fossi sicura che
almeno alcuni di noi hanno imparato da te, e vorrebbero continuare ad
imparare. Vorrei soprattutto che tu sentissi che ti siamo immensamente
grati.
Con amore,
Maria G. Di Rienzo

2. RIFLESSIONE. DORIANA GORACCI: CINDY, O DELL'AMORE
[Ringraziamo Doriana Goracci (per contatti: dorianagoracci at hotmail.it) per
questo intervento.
Doriana Goracci e' impegnata nel movimento delle Donne in nero e in molte
altre esperienze di pace e di solidarieta']

Avevo conosciuto Cindy Sheehan con internet, era arrivato il suo messaggio
di dolore e di rabbia con la velocita' della rete. Ne ero stata trafitta
come tante  nel mondo.
Anch'io sono contro la guerra, totalmente. Anch'io sono madre. C'era una
differenza, lei il figlio lo aveva perso. La sua protesta e la sua lotta
avevano una marcia in piu' e quel di piu', che aveva significato l'infinita
perdita, lo ammetto mi era parso un magico antidoto per sedare quella paura
atavica della perdita, della morte.
Per  motivi diversi ma sempre dolorosamente uguali nella sottrazione, dal
2001, da Genova dove ho camminato per tre giorni, iniziai quella ricerca
negli altri e in me di lotta all'omerta', alla menzogna accomodante; e senza
sosta ho fatto piccole e grandi scelte di vita, mi sono data e ho preso,
conoscenza e memoria, speranza e riflessione, energia ed amarezza.
Conobbi nel 2002 in piazza Alimonda a Genova, un anno dopo, la madre di
Carlo Giuliani; conobbi nel luglio 2006 la madre di Federico Aldrovandi
sempre la' a Genova. Cindy era in mezzo dal 2004, quando perse il figlio
Casey, cosi' lontana e cosi' vicina. Sapevo come tutti delle sue lotte
estenuanti, della sua capacita' e della sua ostinazione, lei, antipolitica
per eccellenza, chiara come nessuna, toccante senza nessuna sbavatura.
In queste manciate di anni, stasera mi si affolla la mente delle migliaia di
donne senza nome che hanno perso la vita, il loro compagno, i figli, le
persone piu' care. Mi si affolla la mente dei ricordi di quelle che ho avuto
la fortuna di incontrare, che avevano un volto reale, madri della pace,
donne curde, palestinesi, afgane, africane, turche, argentine, filippine,
indiane, americane, cubane, venezuelane, israeliane, francesi, inglesi,
spagnole, greche, tedesche, italiane e ancora e ancora...
Non ho viaggiato per il mondo, sono stata a Parigi e ad Atene per due Social
forum, sono stata a Bruxelles una volta, per manifestare contro la
Bolkenstein, sono stata in Italia, nel mio paese, ho ascoltato le voci che
mi arrivavano per la strada, al mercato, al lavoro, nella vita, ho letto i
giornali, ho letto la posta in rete, ho guardato le immagini che oggi
neanche arrivano piu' delle guerre quotidiane.
Le emozioni di queste donne sono state come le maree, alte e basse, flussi
e riflussi, fragori di violenze e di sorrisi, silenzi sommessi di calme
piatte e rantoli di risacca, forza inaudita delle tempeste, carezze di onde
che arrivano stanche, ma arrivavano, sempre.
*
Oggi e' arrivata tradotta anche la lettera di addio di Cindy. Se ne va. Esce
fuori dal sistema, come lei lo definisce. Si e' usata, e' stata usata, da
tutte e da tutti.
Sembra rimanere tra le righe dei comunicati e delle notizie, solo la sua
"pazzia", quella folle lucida forza che l'ha spinta alla sfida dei signori
della guerra. Ha scoperto di avere tanti amici e tanti nemici, ha scoperto
le carte, il trucco di chi pensa possa contenere e mercificare il dolore di
una donna.
Ho saputo della sua decisione da un messaggio di un uomo, che trova nella
sua lettera tante questioni comuni all'Italia, sono ore che aspetto un
comunicato femminile, femminista, per ora non c'e'. Ci sara' magari nella
notte, domani, nei prossimi giorni. Per ora ci sono io, che come una scema,
continuo a scrivere e chiedo come far giungere a lei, a Cindy tutta la
gratitudine per quello che ha insegnato, per quello che ci ha fatto sognare,
per quello che ha reso possibile.
Cindy ha messo a nudo tutta la corruzione e la devastazione del sistema
globale, del paese-mondo dove i nemici sono anche amici, dove si gioca a
mercante in fiera con la pace e la guerra; Cindy ha corso come un uragano,
capace di correre e sparire.
Ma Cindy, passando, non ha fatto del male a nessuno, e' solo stanca e passa
il testimone.
Grazie per averci fatto partecipi della tua vita e di non aver avuto paura.
Ti definiranno una pazza, lo sei, sei malata d'amore, come solo una donna sa
esserlo.

3. RIFLESSIONE. "STATUNITENSI PER LA PACE E LA GIUSTIZIA": UNA LETTERA CHE
CI CHIAMA ALL'AZIONE
[Dal comitato "Statunitensi per la pace e la giustizia - U.S. Citizens for
Peace & Justice" di Roma (per contatti: e-mail: info at peaceandjustice.it,
sito: www.peaceandjustice.it) riceviamo e diffondiamo]

Come cittadini statunitensi apprendiamo con profondo dispiacere la notizia
della "lettera di dimissioni" di Cindy Sheehan dal movimento contro la
guerra. Abbiamo avuto occasione di conoscerla durante i suoi viaggi in
Italia e l'abbiamo seguita e sostenuta, anche se da lontano, nel suo impegno
contro questa guerra ignobile e nella sua lotta per promuovere un vero
cambiamento nel nostro paese.
Con il suo messaggio chiaro e semplice, ma altrettanto forte, Cindy ha
portato la gente comune a scendere nelle strade. Ha dato coraggio ai
familiari dei militari e ai militari stessi di rompere il muro di silenzio.
Per piu' di due anni ha viaggiato attraverso tutti gli Stati Uniti e in
tutto il mondo portando il suo messaggio di pace. Ha partecipato a
innumerevoli incontri, dibattiti, fiaccolate, proteste, manifestazioni e
atti di disobbidienza civile. Il tutto con il dolore di una madre che ha
perso il figlio in Iraq.
E' del tutto comprensibile, dunque, la sua stanchezza. Come anche la sua
delusione di fronte ad un Congresso a maggioranza democratica che continua a
finanziare una guerra che e' gia' costata le vite di tanti statunitensi e
tantissimi iracheni, che non rispetta la volonta' della gente che l'ha
votato, che cede alle politiche di un presidente che sta solo al 28% nei
sondaggi.
Ci dispiace della decisione di Cindy, ma siamo comunque consapevoli e
riconoscenti del suo contributo al movimento. L'importanza di quanto da lei
fatto e' testimoniata in numerosi siti, blog, forum e mailing list inondati
da messaggi di sostegno e di gratitudine, anche da tutto il mondo, insieme
alle promesse di continuare a portare avanti il suo lavoro con maggiore
determinazione.
Ed e' quello che anche noi staunitensi di Roma intendiamo fare. Perche'
siamo convinti che cambiare si puo'. E' tutto merito del movimento pacifista
il recente voto alla Camera statunitense per il ritiro dall'Iraq entro 90
giorni, che non e' passato ma ha visto ben 169 democratici e 2 repubblicani
votare a favore. Inoltre il voto che ha tanto deluso Cindy Sheehan, e tutti
noi, sul finanziamento per continuare la guerra, ha comunque visto 140
deputati e 14 senatori votare contro. Sono risultati inimmaginabili un anno
fa.
La sfida continua, e il lavoro che ci aspetta e' lungo e duro. Ci vorra'
tanto impegno e percio' dobbiamo valorizzare ogni vittoria per poter tirar
avanti. Vogliamo prendere la lettera di Cindy, per quanto triste, non come
una sconfitta ma come una chiamata all'azione. Cindy ha gia' dato tanto.
Come dice lei stessa alla fine della sua lettera, ora tocca a noi.
Statunitensi per la pace e la giustizia, Roma

4. PROPOSTA. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Si puo' destinare la quota del 5 per mille dell'imposta sul reddito delle
persone fisiche, relativa al periodo di imposta 2006, apponendo la firma
nell'apposito spazio della dichiarazione dei redditi destinato a "sostegno
delle organizzazioni non lucrative di utilita' sociale" e indicando il
codice fiscale del Movimento Nonviolento: 93100500235; coloro che si fanno
compilare la dichiarazione dei redditi dal commercialista, o dal Caf, o da
qualsiasi altro ente preposto - sindacato, patronato, Cud, ecc. - devono
dire esplicitamente che intendono destinare il 5 per mille al Movimento
Nonviolento, e fornirne il codice fiscale, poi il modulo va consegnato in
banca o alla posta.
Per ulteriori informazioni e per contattare direttamente il Movimento
Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212,
e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

5. INCONTRI. IL 2-3 GIUGNO A ROMA
[Da Andrea Spila (per contatti: andrea.spila at gmail.com) riceviamo e
diffondiamo.
Andrea Spila, dottore in filosofia, dottore di ricerca in pedagogia
sperimentale, traduttore, interprete, web writer, formatore, insegnante,
fondatore della societa' di traduzioni AlfaBeta, e' fondatore
dell'associazione internazionale "Traduttori per la pace / Translators for
Peace" di cui dal marzo 2004 e' presidente]

I "Traduttori per la pace", in collaborazione con il progetto Turning the
Tide di "Quaker Peace and Social Witness" e con "360 gradi Sud", organizzano
un weekend interamente dedicato alla nonviolenza come strumento di
trasformazione sociale. Il weekend si articolera' in due appuntamenti.
*
Sabato 2 giugno, ore 18,30-20,30: presentazione del video "Nonviolence for a
change" tradotto e sottotitolato in italiano dai "Traduttori per la pace".
Alla presentazione saranno presenti attivisti di gruppi romani che
parteciperanno al dibattito insieme a Denise Drake di Turning the Tide.
*
Domenica 3 giugno (dalle ore 10 alle 17): workshop sulla nonviolenza attiva
tenuto da Denise Drake, formatrice inglese del programma Turning the Tide di
"Quakers Peace and Social Witness". Al workshop sono invitati a partecipare
rappresentanti di diverse realta' impegnate in campagne nonviolente.
*
Turning the Tide (Ttt) esplora e promuove la consapevolezza e l'uso della
nonviolenza attiva come strumento di trasformazione positiva tramite la
condivisione e lo sviluppo da parte degli attivisti della societa' civile di
conoscenze teoriche e pratiche sui temi della pace e della giustizia.
Ttt ha collaborato con molte organizzazioni, tra cui: Trident Ploughshares,
Fellowship of Reconciliation England, Manchester Environmental Resource
Centre initiative (Merci), Christian Campaign for Nuclear Disarmament, Peace
Brigades International, European Peace University (Austria), Ecumenical
Accompaniment Programme for Palestine and Israel (Eappi), Donne in Nero,
Women to Women for Peace, Iona Community.
*
Si prevede una quota di partecipazione volontaria.
Gli incontri si svolgono presso "360 gradi Sud", via A. Toscani 11-13, Roma,
tel. 0645494816, e-mail: info at 360gradisud.it, sito: www.360gradisud.it
Per iscriversi al workshop del 3 giugno, contattare Andrea Spila
("Traduttori per la pace") all'indirizzo e-mail: andrea.spila at gmail.com,
cell. 3487957699.

6. INCONTRI. IL 23-24 GIUGNO A MATERA
[Da: Luigi Pirelli (per contatti: l.pirelli at acsys.it) riceviamo e
diffondiamo.
Luigi Pirelli e' impegnato nell'esperienza del gruppo di lavoro tematico
sulla nonviolenza e i conflitti della Rete Lilliput, nell'esperienza delle
Critical Mass (per la mobilita' ciclistica di contro alla violenta e
onnidistruttiva mobilita' automobilistica), ed in molte iniziative di pace,
per i diritti umani e per la difesa della biosfera]

Si svolgera' a Matera sabato 23 e domenica 24 giugno 2007 un training di
formazione all'azione diretta nonviolenta.
Di cosa si tratta: in sintesi, e con un esempio, le proteste contro le
scorie a Scanzano sono state una azione diretta nonviolenta e popolare.
Il training e' un'opportunita' per conoscere e sperimentare metodi per la
preparazione di un'azione diretta nonviolenta in piccoli e grandi gruppi.
Un'opportunita' per sperimentare modalita' per prendere decisioni
consensuali in gruppo e in situazioni critiche. Una vera e propria
simulazione nella quale i partecipanti si confrontano con se stessi e con
gli altri.
Il trainer e' Emiliano Piredda del corso di laurea Operatori di pace,
mediazione e gestione dei conflitti dell'Universita' di Firenze.
Il training si svolgera' a Matera ospitati nei locali dell'associazione
Tolba' (www.associazionetolba.org) confiscati tre anni fa alla mafia, in
piazza San Pietro Caveoso. Il training avra' come scenario l'ambiente
naturale e urbano che fa' di Matera patrimonio dell'umanita' secondo
l'Unesco.
Tempi: sabato 23 giugno dalle ore 9 alle ore 13 (suscettibile di modifiche);
domenica 24 giugno dalle ore 9 fino alle ore 17 con pausa pranzo.
Chi ha bisogno di ospitalita' lo specifichi nella domanda di iscrizione.
Come quota di partecipazione bastano 20 euro a persona. Il numero massimo
dei partecipanti previsto e' di 20.
Per informazioni e iscrizione: scrivere una e-mail o telefonare a Gino
Pirelli, tel. 3291239345, e-mail: l.pirelli at acsys.it
*
L'iniziativa si svolgera' in concomitanza di alcuni eventi che si
svolgeranno a Matera come:
- le Giornate del rifugiato dal 20 al 23 giugno che vedranno dibattiti,
proiezioni di film e training sulla condizione di rifugiato. I training si
svolgeranno nel pomeriggio del 23 tenuti dagli operatori della Campagna
italiana contro le mine;
- domenica 24 sera installazione fisico-sonora del Teatro dei Sassi a
partire dal tramonto all'alba sulla Murgia di fronte alla gravina di Matera;
- escursioni e performance, videoinstallazioni a conclusione di laboratori
sul riuso e riciclo svolti in vari paesi lucani;
- lunedi' 2 luglio, festa patronale della Madonna della Bruna;
- sabato 7 e domenica 8 Luglio ad Altamura, a 18 km da Matera, si terra'
"Save the conflict", training di salvataggio dei conflitti.

7. PROFILI. GIULIANO BATTISTON INTERVISTA FRANK KERMODE
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 24 maggio 2007.
Giuliano Battiston, giornalista, ricercatore, saggista, docente, e'
ricercatore di "Mediawatch" e tutor presso la Scuola di giornalismo della
Fondazione Basso di Roma.
Frank Kermode (Isola di Man, 1919) e' uno dei piu' influenti critici
letterari viventi. Dalla medesima fonte di questa intervista riprendiamo la
seguente scheda: "Nato nel 1919 sull'isola di Man, Frank Kermode ha dovuto
interrompere i suoi studi all'Universita' di Liverpool durante la seconda
guerra mondiale, quando venne arruolato nella Royal Navy. Ha insegnato
letteratura inglese moderna presso lo University College dal 1967 al 1974,
anno in cui si e' trasferito alla Cambridge University. Docente anche presso
diverse universita' americane, Kermode ha lavorato, insieme a Melvin Lasky,
come direttore della rivista anglo-americana 'Encounter' dal 1958 al 1967,
rassegnando le dimissioni dopo aver scoperto che la Cia, attraverso il
Congress for Cultural Freedom, finanziava segretamente il giornale.
Conosciuto in Italia soprattutto per Il senso della fine. Studi sulla teoria
del romanzo (nuova edizione, Sansoni 2004) e per l'attenzione cha ha rivolto
all'opera di Shakespeare, di cui e' uno dei piu' autorevoli interpreti, e'
tra i maggiori critici contemporanei. Tra i suoi numerosi lavori, Romantic
Image (1957, nuova versione 2002), Wallace Stevens (1968, nuova edizione
1989), The Art of Telling: Essays on Fiction (1983), Il classico (Lerici,
1980), Forme di attenzione (Il Mulino, 1989), Il segreto della Parola (Il
Mulino, 1993)"]

Tra i piu' noti e influenti critici letterari della seconda meta' del '900,
Frank Kermode ha attraversato, con atteggiamento piu' o meno partecipe,
molte delle correnti e delle mode teoriche che, soprattutto a partire dagli
anni '60 del secolo scorso, hanno alimentato vivaci discussioni e tormentate
diatribe sul ruolo, i metodi e i limiti della critica letteraria. A uno
sguardo retrospettivo la sua infaticabile attivita' di studioso, docente e
collaboratore della "London Review of Books" e della "New York Review of
Books", sembra portare solidi argomenti contro la piu' volte decretata crisi
della critica letteraria, disegnando un percorso intellettuale
straordinariamente coerente. Pur essendo interessato agli apporti
metodologici e concettuali provenienti da tendenze ermeneutiche estranee
alla tradizione critica inglese, della cui contaminazione si e' fatto
diretto promotore negli anni '70, Frank Kermode e' rimasto consapevolmente
ancorato a un'idea dell'interpretazione letteraria condizionata dall'esegesi
biblica: una interpretazione intesa anzitutto come un "medium attraverso il
quale far sopravvivere il suo oggetto"; o, in altri termini, come una
continua oscillazione tra il genio dell'artista e quello dell'interprete, al
quale spetta il compito di vigilare per mantenere in vita la "modernita'
senza tempo" dell'opera d'arte.
L'attenzione riservata al carattere elusivo del linguaggio (continuamente
sfidato dall'attivita' ermeneutica) e al segreto che le parole portano con
se' (un segreto che puo' illuminare solo per un istante lo sguardo
dell'interprete, "prima che le porte della delusione si richiudano
definitivamente su di noi") si e' sempre accompagnata, in Kermode, al
coraggioso tentativo di rispondere a quelle domande che filosofi
dell'estetica, critici e artisti continuano a porsi ostinatamente:
"attraverso quali mezzi attribuiamo valore alle opere d'arte, e in che modo
le nostre valutazioni condizionano il nostro modo di prestarvi attenzione?".
Estraneo, per disposizione personale ancor prima che per convinzione
teorica, alla presunzione di chi pretende di trovare una risposta definitiva
a tali quesiti, convinto della necessita' dell'interpretazione e insieme
consapevole delle sue aporie, Frank Kermode continua a sostenere che,
seppure il desiderio di comprensione del mondo e dei testi puo' essere
illusorio, "dobbiamo vivere come se le cose stessero altrimenti". Di
passaggio a Roma, dove ha partecipato al convegno su "Shakespeare e
l'Italia", che si conclude oggi, lo abbiamo incontrato all'Accademia dei
Lincei, per porgli alcune domande sul ruolo della critica e sulla sua
attivita' di studioso.
*
Giuliano Battiston: Lei e' considerato il piu' importante critico letterario
inglese vivente, e gode di una straordinaria reputazione a livello mondiale.
Sembra proprio la persona giusta alla quale chiedere quale sia il compito
dei critici oggi, e se debbano continuare a rispondere, innanzitutto, a
quello che lei ha definito come "il dovere dell'interpretazione".
- Frank Kermode: Il dovere dell'interpretazione e' senz'altro un elemento
importante, ma ritengo sia solo il punto di partenza della questione, che
mette in gioco innanzitutto il particolare talento individuale di un
critico, piuttosto che la tecnica ermeneutica. Certo, sembrerebbe che per
essere in grado di scrivere dei buoni romanzi o delle buone opere teatrali
sia necessario un talento superiore a quello che serve a un critico; ma non
e' cosi' perche' senza doti critiche non si riesce a capire come lavora
l'immaginazione creativa: spiegarne il funzionamento e' cio' che la critica
dovrebbe fare. In altri termini, colui che interpreta dovrebbe operare una
sorta di "doppiaggio" dell'autore, senza che questo, ovviamente, lo porti a
predersi la liberta' di dire qualunque cosa, evitando di verificare se la
sua interpretazione si accordi o meno con il pensiero dell'autore. Per parte
mia, penso che sia importante ottenere il massimo di senso possibile da ogni
oggetto interpretato, ma che sia altrettanto importante essere consapevoli
di quali sono i limiti da non oltrepassare, attenersi ai vincoli autoimposti
dalla stessa attivita' interpretativa. Molta critica deve la sua debolezza
proprio alla incapacita' di riconoscere i limiti dell'interpretazione, quei
limiti che d'altra parte operano in ogni lingua. Prendiamo Roland Barthes:
e' stato un grande critico, eppure a volte ha detto troppo, soprattutto nei
suoi ultimi saggi si ha l'impressione che abbia provato a ricavare troppo
"senso".
*
Giuliano Battiston: Nel corso della sua lunga carriera lei ha assistito
all'affermarsi di molte metodologie critiche, cosi' come alla loro
scomparsa. Nel libro There are Kermodians, Edward Mendelson, che insegna
alla Columbia University, dice di lei: "Nessuna teoria gli e' aliena, ma non
e' schiavo di nessuna". E' questo il ritratto ideale di un critico, secondo
lei?
- Frank Kermode: Piu' che altro penso che questa sia la giusta maniera di
comportarsi in ogni serio atto di interpretazione. E' un modo di intendere
la critica molto distante, per esempio, da quello di tanti interpreti di
Shakespeare, i quali, preoccupati di spiegare quale fosse, allora, il
significato di una determinata parola, riducono il loro lavoro a una
semplice interpretazione lessicale. Ogni argomento, ovviamente, puo' essere
esaminato partendo da diversi angoli visuali. Proprio l'altro giorno stavo
leggendo una raccolta di saggi su Wallace Stevens nella maggior parte dei
quali si sostiene che il poeta americano dovrebbe essere avvicinato
attraverso Hegel, piuttosto che attraverso Santayana. Non mi sembra un buon
metodo, perche' evita il vero problema, che e' quello dell'interpretazione.
Non a caso, del resto, perche' Stevens e' un poeta difficile, dunque puo'
sollecitare l'interprete a "fuggire", o a prendere delle scorciatoie, o a
deviare parlando di altro piuttosto che delle sue poesie.
*
Giuliano Battiston: In un articolo su Shakespeare, scritto per la "London
Review of Books", lei si lamenta del fatto che, sempre di piu', la critica
tende a trattare i testi letterari come semplici fonti storiche, come
sintomi di un'epoca. E suggerisce, a mo' di antidoto, una maggiore
attenzione alle parole. Com'e' possibile trovare un equilibrio tra
l'attenzione alle determinazioni storiche e quella al linguaggio?
- Frank Kermode: Con le dovute cautele potremmo individuare un modello per
il trattamento storico delle questioni lessicali nel lavoro di William
Empson, che, non estromettendo considerazioni di ordine storico, prende una
parola, come "senso", oppure come "onesto" (in Otello), e la sottomette a
una sorta di radiografia temporale, e non solo. Le osservazioni di Empson
sull'Otello sono capaci di trasformare la nostra lettura, perche' proprio a
partire dalla complessita' e dalle ambiguita' di una sola parola e' in grado
di cogliere elementi che agli altri sfuggono. In molti casi e' geniale, in
altri banale, ma il suo lavoro e' sicuramente molto interessante; cosi' come
lo e' quello di Kenneth Burke, che, come lui, aveva un carattere difficile.
Ho avuto modo di collaborare con Empson, e il fatto che non mi trovassi
sempre d'accordo con quel che diceva ha trasformato il nostro rapporto in
una guerra continua. Cio' non toglie che il suo metodo ha avuto un enorme
impatto sulla critica inglese del XX secolo, e questo grazie al suo genio
interpretativo. L'influenza dei critici, d'altronde, non deve farci
dimenticare la facilita' con la quale li liquidiamo. Mi ricordo che diversi
anni fa venni all'Universita' "La Sapienza" per una grande celebrazione in
onore dei settanta anni di Northrop Frye. Allora veniva venerato come un
eroe. E oggi? Lo abbiamo dimenticato, nessuno lo nomina piu'. Lo stesso si
puo' dire di personaggi del calibro di Cleanth Brooks, anche lui
abbandonato, o del grande Matthew Arnold, le cui interpretazioni poetiche
nessuno cita piu'. Qui in Italia e' accaduto qualcosa di simile a Croce: ho
avuto modo di nominarlo in questi giorni, ma non tutti hanno gradito il
fatto che ricordassi come abbia costituito a lungo un punto di riferimento
essenziale, per poi cadere nel dimenticatoio. Quella del critico e' una
categoria molto debole, per questo credo che le cose che ho scritto siano
tutt'altro che immortali.
*
Giuliano Battiston: Molti ritengono che la critica francese abbia guadagnato
attenzione nel panorama inglese grazie ai suoi studi, e in particolare a un
famoso seminario da lei organizzato. Ci racconta qualcosa di quella
esperienza?
- Frank Kermode: Fu durante gli anni in cui insegnavo allo University
College di Londra che organizzammo questo seminario al quale parteciparono
persone provenienti da Parigi, Oxford e Cambridge. Il seminario era stato
pensato per gli studenti, ma finirono per interessarsene persino i giornali,
che mandarono i loro inviati a vedere cosa succedeva. Tra i relatori c'erano
Barthes, Foucault, Derrida, Lacan. Effettivamente fu un grande periodo, in
cui si discussero molte di quelle idee che allora sembravano nuove e tanto
eccitanti.
*
Giuliano Battiston: E oggi, invece, in che modo guarda a quell'esperienza e,
soprattutto, che valore attribuisce alle teorie che in quegli anni
cominciavano a riscuotere successo, non solo in Inghilterra ma anche negli
Stati Uniti?
- Frank Kermode: Nutrivo un interesse profondo per quel tipo di teorie, poi
pero' avvenne una rottura graduale, cominciai lentamente a perdere
interesse. Ricordo che anche a Yale c'era un piccolo gruppo di persone tra
cui Geoffrey Hartman, Harold Bloom, Paul De Man, Hillis Miller, un gruppo
molto compatto e fortemente orientato verso la teoria, che pero' alla fine
si divise. Dopo la morte di Paul De Man, quando si scopri' che da giovane
aveva collaborato al giornale "Le Soir", completamente "nazificato", si
apri' anche una questione politica. Sebbene lo condanni per non essersi
rifiutato di collaborare scrivendo su temi antisemiti, penso tuttavia che
sia stupido declassarlo in quanto critico. Per tornare alla sua domanda,
c'e' stato effettivamente un periodo durante il quale moltissimi critici
importanti si occupavano di questioni teoriche, e grazie anche al fatto che
nei dipartimenti di inglese delle Universita' americane venne stanziato un
budget speciale per questa linea di studi, e' una tradizione ancora viva,
sebbene impersonata da autori meno conosciuti.
*
Giuliano Battiston: Lei si e' occupato a fondo dei processi attraverso i
quali si forma il canone letterario. Nel corso di alcune lezioni che ha
tenuto nel 2001 a Berkeley, poi pubblicate, ha cercato di dimostrare come
concorrano alla formazione del canone sia il piacere che il cambiamento che
la fortuna. Ce lo spiega meglio?
- Frank Kermode: Le conferenze sarebbero dovute essere tre, perche' avrei
voluto seguire la struttura del poema di Wallace Stevens che preferisco,
Notes Toward a Supreme Fiction, composto di tre sezioni: "Deve essere
astratto", "Deve cambiare", e "Deve dare piacere". Poi, pero', il
riferimento a Stevens e' venuto meno e mi sono fermato alle prime due
lezioni, che, a dire il vero, considero pessime.
*
Giuliano Battiston: Uno dei suoi libri piu' noti, a suo tempo motore di un
dibattito molto ampio sui rapporti tra tempo e finzione, e' Il senso della
fine, nel quale sostiene che gli intrecci narativi umanizzano il tempo,
dandogli una forma. E' un saggio che le e' ancora caro?
- Frank Kermode: E' un lavoro del 1965, da allora sono passati piu' di
quarant'anni e ho deciso di rinunciare a difendere quel libro. Il suo
successo, secondo me, sta soprattutto nel titolo, che d'altronde non ho
scelto io.

8. LETTURE. HEINZ HUG: KROPOTKIN E IL COMUNISMO ANARCHICO
Heinz Hug, Kropotkin e il comunismo anarchico, Massari Editore, Bolsena
(Viterbo) 2005, pp. 144, euro 7. Una utile monografia sul grande pensatore
anarchico (1842-1921). Con una prefazione all'edizione italiana di Moritz
Grasenack. Per richieste alla casa editrice: Massari Editore, casella
postale 144, 01023 Bolsena (Vt), e-mail: erre.emme at enjoy.it, sito:
www.enjoy.it/erre-emme

9. RILETTURE. RAOUL VANEIGEM: LA SCUOLA E' VOSTRA
Raoul Vaneigem, La scuola e' vostra. Dedicato agli studenti, Marco Tropea
Editore, Milano 1996, pp. 96, lire 10.000. Un libriccino prezioso che
studenti e insegnanti dovrebbero leggere, meditare, usare. Dell'autore di
quel Trattato di saper vivere ad uso delle giovani generazioni, del '67, che
fu - con pochi altri - una sorta di livre de chevet dei giovani che diedero
vita al movimento del '68. Con una nota di Domenico Starnone.

10. RIEDIZIONI. OMERO: ODISSEA
Omero, Odissea, Mondadori, Milano 1991, 2007, pp. L + 830, euro 12,90 (in
supplemento a vari periodici Mondadori). Testo a fronte, traduzione di G.
Aurelio Privitera, con due saggi di Italo Calvino e Alfred Heubeck, indici a
cura di Donato Loscalzo. Ha scritto da qualche parte Borges che esistono tre
o quattro miti fondamentali che noi infinitamente torniamo a narrare: uno di
questi e' il ritorno (e la vendetta - che talora e' la stessa cosa), e
l'Odissea ne e' l'archetipo. Mi chiedo se chi oggi legge questo libro puo'
sentirvi ancora risuonare quella meraviglia e quella concretezza - quella
verita' vissuta, infine - che ancora io ragazzino (paesano, in un mondo di
poche automobili, in una casa senza televisione e senza telefono) potevo
trovarci, e quindi ancora vi trovo ogni volta che a queste pagine, a questi
canti torno. Anni dopo venne lo studio del greco ed altra, diversa lettura;
ma quella primiera meraviglia resta inestinguibile, e salvifica. E da allora
per molte terre e molte acque sono stato anch'io tratto, e se nell'Odisseo
dell'Odissea riesco a leggere altro da quello dell'Iliade e del Filottete, e
da quel canto dell'Inferno dantesco che indicibilmente mi tormenta e
commuove, e dai versi di Kavafis e da quelli di Roversi per Dalla, tutti
ugualmente mi sono preziosi questi Ulissi e mi scaldano il nero lago del
cuore. Che il viaggio sia un ritorno e' un'idea ben greca, ma nella canonica
contrapposizione di Ulisse ad Abramo sovente ci parve invece che le due
figure tendano a sovrapporsi, a coincidere, e che anche questo ci dica
qualcosa, qualcosa di profondo, di doloroso, di luminoso, di vero.
Invecchio, e sempre piu' spesso deserto e labirinto mi si rivelano una sola
regione, una sola ragione, e ancora so che questo viaggio e' terribile e
maraviglioso, e che nel fare il tuo cammino tu devi recare aiuto e sollievo
a chi incontri, che e' gia' tanto amara la vita.

11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

12. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 107 del primo giugno 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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