Minime. 99



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 99 del 24 maggio 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Peppe Sini: Di una tragedia e di una farsa ancora
2. Alessandro Zanotelli: Una lettera al presidente del Consiglio dei
ministri
3. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento
4. Massimo Serafini intervista Lea Melandri
5. Massimo Raffaeli presenta 'Fiori nei cannoni" di Amoreno Martellini
6. Riedizioni: Jose' Carlos Mariategui, Sette saggi d'interpretazione della
realta' peruviana
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. PEPPE SINI: DI UNA TRAGEDIA E DI UNA FARSA ANCORA

Coloro - partiti e soprammobili - che nel governo e nel parlamento italiano
hanno ripetutamente deliberato e sostenuto, ed ancor oggi continuano ad
imporre e sostenere, l'illegale, criminale partecipazione militare italiana
alla guerra di Bush in Afghanistan, propongono ora di manifestare insieme
contro la politica di guerra del governo Bush il 9 giugno a Roma.
Se si sono finalmente pentiti della loro scellerata complicita' con quella
guerra, guerra che tuttora continua, complicita' che tuttora persiste,
mutino subito politica: deliberino l'immediata cessazione dell'illegale,
criminale partecipazione militare italiana alla guerra terrorista e
stragista in Afghanistan; deliberino l'immediata cessazione della violazione
del diritto internazionale e della legalita' costituzionale del nostro
paese.
Altrimenti questa loro grottesca pretesa di "manifestare per la pace" mentre
continuano ad essere corresponsabili della guerra e' veramente solo l'ultima
infamia di un ceto politico corrotto e totalitario, corresponsabile ed
alimentatore di stragi e terrorismo.

2. DOCUMENTAZIONE. ALESSANDRO ZANOTELLI: UNA LETTERA AL PRESIDENTE DEL
CONSIGLIO DEI MINISTRI
[Riceviamo e diffondiamo.
Alessandro Zanotelli, missionario comboniano, ha diretto per anni la rivista
"Nigrizia" conducendo inchieste sugli aiuti e sulla vendita delle armi del
governo italiano ai paesi del Sud del mondo, scontrandosi con il potere
politico, economico e militare italiano: rimosso dall'incarico e' tornato in
Africa a condividere per molti anni vita e speranze dei poveri, solo
recentemente e' tornato in Italia; e' direttore responsabile della rivista
"Mosaico di pace" promossa da Pax Christi; e' tra i promotori della "rete di
Lilliput" ed e' una delle voci piu' prestigiose della nonviolenza nel nostro
paese. Tra le opere di Alessandro Zanotelli: La morte promessa. Armi, droga
e fame nel terzo mondo, Publiprint, Trento 1987; Il coraggio dell'utopia,
Publiprint, Trento 1988; I poveri non ci lasceranno dormire, Monti, Saronno
1996; Leggere l'impero. Il potere tra l'Apocalisse e l'Esodo, La meridiana,
Molfetta 1996; Sulle strade di Pasqua, Emi, Bologna 1998; Inno alla vita,
Emi, Bologna 1998; Ti no ses mia nat par noi, Cum, Verona 1998; La
solidarieta' di Dio, Emi, Bologna 2000; R...esistenza e dialogo, Emi,
Bologna 2001; (con Pietro Ingrao), Non ci sto!, Piero Manni, Lecce 2003;
(con Mario Lancisi), Fa' strada ai poveri senza farti strada. Don Milani, il
Vangelo e la poverta' nel mondo d'oggi, Emi, Bologna 2003; Nel cuore del
sistema: quale missione? Emi, Bologna 2003; Korogocho, Feltrinelli, Milano
2003. Opere su Alessandro Zanotelli: Mario Lancisi, Alex Zanotelli. Sfida
alla globalizzazione, Piemme, Casale Monferrato (Al) 2003]

Egregio presidente del Consiglio dei Ministri,
pax et bonum. Le auguro di cuore che questa antica benedizione francescana
che raccoglie quella ebraica dello Shalom (pienezza di vita) diventi il suo
programma di governo. Io avevo tanto sperato che il suo governo avrebbe
riportato l'Italia a essere Paese non piu' in guerra con altri Paesi, come
prevede la Costituzione italiana (art.11). Purtroppo non e' stato cosi'. Ne
prendo atto con rammarico. Devo confessarle che non me lo aspettavo. Non mi
aspettavo la decisione di rimanere in Afghanistan. Una guerra ingiusta
contro un popolo che non ci aveva fatto proprio nulla. Ma soprattutto non mi
aspettavo una politica che mira a rendere l'Italia un Paese armato e a
immetterlo nel complesso militar-industriale mondiale.
I fatti sono sotto gli occhi di tutti:
1. Il suo invito, lo scorso settembre durante la sua visita in Cina di porre
fine all'embargo europeo e italiano per la vendita di armi al colosso
cinese, e' stato per tanti di noi un primo colpo al cuore.
2. La finanziaria di quest'anno ha stanziato 22 miliardi di euro per la
Difesa. Un aumento del 12% rispetto all'ultima finanziaria del governo
Berlusconi. Siamo al settimo posto al mondo per le spese militari.
3. Nella finanziaria di quest'anno l'articolo 113 istituisce "un fondo per
le esigenze di investimento della difesa" cioe' per la ricerca militare. Si
tratta per i prossimi tre anni di qualcosa come quattro miliardi e mezzo di
euro. E' un fatto di estrema gravita'.
4. Il sottosegretario alla difesa, on. Forcieri, ha firmato a Washington lo
scorso febbraio il protocollo di intesa su produzione e sviluppo del caccia
F-35 (Joint Strike Fighter). Se ne costruiranno oltre 4.500 esemplari al
prezzo di 45 milioni di euro cadauno. Per questo progetto l"Italia dovra'
stanziare subito un miliardo di euro.
5. La decisione di ampliare la base americana di Vicenza (aeroporto Dal
Molin) presa dal suo governo contro la forte opposizione della popolazione
vicentina e' molto grave.
6. Il rafforzamento delle basi militari americano e Nato, soprattutto nel
Sud Italia, che diventa la nuova frontiera della guerra al terrorismo. La
base di Sigonella (Sicilia) e' in procinto di essere triplicata, mentre
Napoli diventa la nuova sede del Supremo comando navale americano di pronto
intervento che giochera' tramite il "Comando dell'Africa" (Afri-Com) un
ruolo notevole per il controllo americano del continente nero.
7. La firma, lo scorso febbraio di un memorandum di accordo quadro per fare
entrare il nostro Paese sotto l'ombrello dello "Scudo" antimissile. Un
accordo negato all'inizio dal suo governo e in un secondo tempo, ammesso.
Cosi' l'Italia e la Polonia sono dentro il programma dello scudo antimissile
mentre Grecia e Turchia non lo hanno accettato. Questo spacca ulteriormente
l'Unione Europea e fa infuriare la Russia che grida alla "minaccia".
8. Secondo il rapporto del suo governo presentato in parlamento lo scorso
marzo, l'Italia ha venduto armi per un valore di oltre 2,19 miliardi di euro
con un aumento di vendite del 61% rispetto all'anno precedente. Grossi
affari per le banche armate, ma soprattutto per il suo governo che e' il
maggior azionista delle fabbriche di armi italiane.
Da tutto cio' mi sembra ovvio affermare che il suo governo sta marciando a
piena velocita' verso una militarizzazione del territorio e verso
l'inclusione dell'Italia nel complesso militare-industriale mondiale. Che
questo avvenga proprio sotto un "governo amico" coperto da una "stampa
amica" proprio non riesco ad accettarlo. E piu' grave ancora, mentre
troviamo i soldi per le armi, non li troviamo per la solidarieta'
internazionale (siamo fanalino di coda nella lista Ocse per l'aiuto ai Paesi
impoveriti). E non troviamo neanche 280 milioni di euro per pagare il "Fondo
globale" per la lotta all'Aids, come era stato promesso ai vertici G8.
Presidente, che delusione! Soprattutto che tradimento dei poveri! Le auguro
che l'urlo degli impoveriti che per dodici anni ho ascoltato nel mio corpo
nella baraccopoli di Korogocho giunga al suo orecchio e l'aiuti a cambiare
rotta.
Sono solo un povero missionario comboniano.
padre Alex Zanotelli
Napoli, 27 aprile 2007

3. PROPOSTA. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Si puo' destinare la quota del 5 per mille dell'imposta sul reddito delle
persone fisiche, relativa al periodo di imposta 2006, apponendo la firma
nell'apposito spazio della dichiarazione dei redditi destinato a "sostegno
delle organizzazioni non lucrative di utilita' sociale" e indicando il
codice fiscale del Movimento Nonviolento: 93100500235; coloro che si fanno
compilare la dichiarazione dei redditi dal commercialista, o dal Caf, o da
qualsiasi altro ente preposto - sindacato, patronato, Cud, ecc. - devono
dire esplicitamente che intendono destinare il 5 per mille al Movimento
Nonviolento, e fornirne il codice fiscale, poi il modulo va consegnato in
banca o alla posta.
Per ulteriori informazioni e per contattare direttamente il Movimento
Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212,
e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

4. RIFLESSIONE. MASSIMO SERAFINI INTERVISTA LEA MELANDRI
[Dal sito della Libera universia' delle donne di Milano
(www.universitadelledonne.it) riprendiamo la seguente intervista apparsa sul
mensile "Aprile" nel numero di maggio 2007.
Massimo Serafini, laureato in scienze politiche, e' stato tra i fondatori
del "Manifesto", membro della segreteria nazionale del Pdup; deputato per
due legislature per il Pci e il Pds, ricoprendo incarichi nelle commissioni
industria e ambiente; dal 1992 e' membro della segreteria nazionale di
Legambiente di cui e' attualmente il responsabile energia; e' portavoce del
Contratto mondiale per l'energia.
Lea Melandri, nata nel 1941, acutissima intellettuale, fine saggista,
redattrice della rivista "L'erba voglio" (1971-1975), direttrice della
rivista "Lapis", e' impegnata nel movimento femminista e nella riflessione
teorica delle donne. Opere di Lea Melandri: segnaliamo particolarmente
L'infamia originaria, L'erba voglio, Milano 1977, Manifestolibri, Roma 1997;
Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli, Milano 1988, Bollati Boringhieri,
Torino 2002; Lo strabismo della memoria, La Tartaruga, Milano 1991; La mappa
del cuore, Rubbettino, Soveria Mannelli 1992; Migliaia di foglietti, Moby
Dick 1996; Una visceralita' indicibile, Franco Angeli, Milano 2000; Le
passioni del corpo, Bollati Boringhieri, Torino 2001. Dal sito
www.universitadelledonne.it riprendiamo la seguente scheda: "Lea Melandri ha
insegnato in vari ordini di scuole e nei corsi per adulti. Attualmente tiene
corsi presso l'Associazione per una Libera Universita' delle Donne di
Milano, di cui e' stata promotrice insieme ad altre fin dal 1987. E' stata
redattrice, insieme allo psicanalista Elvio Fachinelli, della rivista L'erba
voglio (1971-1978), di cui ha curato l'antologia: L'erba voglio. Il
desiderio dissidente, Baldini & Castoldi 1998. Ha preso parte attiva al
movimento delle donne negli anni '70 e di questa ricerca sulla problematica
dei sessi, che continua fino ad oggi, sono testimonianza le pubblicazioni:
L'infamia originaria, edizioni L'erba voglio 1977 (Manifestolibri 1997);
Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli 1988 ( ristampato da Bollati
Boringhieri, 2002); Lo strabismo della memoria, La Tartaruga edizioni 1991;
La mappa del cuore, Rubbettino 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996;
Una visceralita' indicibile. La pratica dell'inconscio nel movimento delle
donne degli anni Settanta, Fondazione Badaracco, Franco Angeli editore 2000;
Le passioni del corpo. La vicenda dei sessi tra origine e storia, Bollati
Boringhieri 2001. Ha tenuto rubriche di posta su diversi giornali: 'Ragazza
In', 'Noi donne', 'Extra Manifesto', 'L'Unita''. Collaboratrice della
rivista 'Carnet' e di altre testate, ha diretto, dal 1987 al 1997, la
rivista 'Lapis. Percorsi della riflessione femminile', di cui ha curato,
insieme ad altre, l'antologia Lapis. Sezione aurea di una rivista,
Manifestolibri 1998. Nel sito dell'Universita' delle donne scrive per le
rubriche 'Pensiamoci' e 'Femminismi'"]

- Massimo Serafini: Parto dal tuo personale percorso femminista. Tu hai
sempre connotato la tua scelta e pratica femminista di una forte carica
antistituzionale e diciamo scarsamente interessata ai processi politici,
compresi quelli della sinistra. Mi sembra che oggi guardi con piu'
attenzione alla questione della rappresentanza e di come effettivamente
esercitarla.
- Lea Melandri: Io vengo, come molte altre femministe italiane,
dall'esperienza del movimento politico di donne nato negli anni '70 con una
forte carica  di radicalita' e di originalita' proprio nel modo di intendere
la politica. Politica considerata nel suo atto fondativo, la nascita della
polis, come costruzione di un protagonista unico, gli uomini, e che assume
l'inclusione attraverso l'esclusione di meta' dell'umanita'. Quindi la sfida
del femminismo degli anni '70 aveva una forte carica anti-istituzionale, nel
senso che partiva dalla messa in discussione della politica partendo proprio
dal luogo che la politica considerava altro da se'. Cosi' come per la
politica era altro tutto cio' che la donna ha da sempre rappresentato,
materialmente e simbolicamente: il corpo, la continuita' della vita. Il
femminismo nasceva contro questa "infamia originaria" (senza attribuire una
sorta di malvagita' consapevole) come atto di rottura anche rispetto alla
sinistra rivoluzionaria che voleva un cambiamento radicale della societa'
senza prevedere un cambiamento nei rapporti con le donne. La riduzione della
donna a corpo, sessualita', e' la premessa della riduzione a gruppo sociale,
privato di identita' e diritti. Il femminismo ha inteso restituire e
riconoscere politicita' (quindi riportare alla politica, alla cultura e alla
storia) a tutta quell'enorme materialita' di rapporti, cominciando dalle
problematiche del corpo. Questa radicalita' allora voleva dire delle
pratiche precise: l'autocoscienza, la pratica dell'inconscio ecc. Cioe' un
tipo di narrazione e riflessione che andava a scavare nella storia personale
considerandola il fulcro da dove partire per poter cambiare alla radice le
vicende dell'umano: il nascere, il lavoro, la sessualita', la morte. Se la
politica e' stata sin dall'inizio una biopolitica, vale a dire il controllo
della politica sulla vita, oggi questo aspetto e' innegabilmente sotto gli
occhi di tutti. Nascere, morire, invecchiare, sono oggetto dei poteri della
vita pubblica.
*
- Massimo Serafini: Mi ricostruisci meglio il tuo percorso?
- Lea Melandri: Io devo dire sono nata in una famiglia contadina, in un
territorio storicamente comunista e sono cresciuta con la convinzione che i
comunisti non avevano l'anima (nel senso che tutto cio' che atteneva alle
relazioni interpersonali in qualche modo occorreva ricercarlo negli
oratori). Andata a Milano, insegnante nella scuola, ho incrociato un
movimento che si interrogava sul disagio e sulle  sofferenze personali. Gli
anni '60 rappresentarono per tante donne uno straordinario coinvolgimento e
anche un appassionarsi alla politica, proprio perche' il femminismo la
ridefiniva alla radice. Tutto cio' incrocio' la mia riflessione e la mia
vita. Oggi, nelle rivisitazioni storiche si tende ad appiattire il movimento
femminista a determinate conquiste politiche e sociali, come il divorzio e
l'aborto. Non e' stato solo questo. La pratica dell'autocoscienza andava ad
affrontare la zona piu' impolitica per eccellenza. L'aspetto piu'
interessante e laico di quegli anni era la ricerca dell'autonomia nel modo
di sentire e di pensare delle donne. Il '75, anno delle grandi
manifestazioni per l'aborto, vide la sinistra salutare l'uscita allo
scoperto del movimento delle donne (come se fino ad allora fossimo state
nelle caverne) e il suo diventare movimento politico nel senso di politica
riconoscibile. Ma anche in quel caso non fu cosi', il dibattito sull'aborto
fu uno scavare in profondita', una ricerca che scavava nel nostro intimo,
nei nostri rapporti.  Certo ci fu un rapporto con le donne comuniste sul
tema della differenza femminile. Ma quello fu solo una parte. L'indicazione
della ricerca di nessi tra privato e pubblico, tra corpo e politica, c'era,
ma non era facile trovare i nessi. Era la rivoluzione! Non si trattava  solo
della presenza paritaria (che non chiedevamo) ma il ripensamento di tutte le
forme della politica. Perche' oggi c'e' piu' attenzione alla questione della
rappresentanza e ai processi politici? Una novita' c'e' stata e riguarda gli
interventi molto pesanti da parte della chiesa che mettono in discussione
conquiste decisive del femminismo (la liberta' di decidere della maternita',
la sepoltura dei feti, i ritmi della sperimentazione biotecnologica sulla
riproduzione). Per questo, nel novembre del 2005, una semplice mail mandata
da Assunta Sarlo ha fatto riunire duemila donne alla Camera del lavoro di
Milano. Era un segnale. Il vaso era colmo e ha portato alla grande
manifestazione di Milano che non nasceva dall'interno del femminismo, non
aveva la presenza maggioritaria delle donne del femminismo (oggi impegnate
in altri luoghi, come le universita') ma di donne che avevano alle spalle
una maggiore esperienza nell'impegno sociale e politico. Questa
manifestazione ha poi avuto un seguito a Milano nell'assemblea permanente
che vede una presenza ogni volta di oltre duecento donne e una ripresa di
gruppi e associazioni di impegno politico. La novita' di questa ripresa di
movimento e' una attenzione alla vita pubblica e all'impegno piu'
direttamente politico. Non e' la mia storia, anzi a volte mi sembra di
parlare una lingua straniera, ma penso che oggi le teorie e le pratiche di
un tempo, sulle tematiche del corpo, abbiamo molto da dire soprattutto se
individuano i nessi con la politica, la quale se non riesce ad avere una
opinione sulla famiglia, il corpo, la sessualita', e' destinata a sparire ed
a lasciare campo libero alla chiesa e a tutte le ideologie di destra. In
queste assemblee di donne quindi c'e' attenzione alla vita pubblica. Per
chiarire bene, non si tratta di una battaglia del tipo "allargamento e
maggiore democraticita'", insomma non e' un discorso di cittadinanza
incompleta e da completare e neanche un discorso di democrazia paritaria,
come principio elementare di civilta'. Anche perche' fare solo questo tipo
di discorso vorrebbe dire  avallare il fatto che le istituzioni della
politica e in generale tutto quello che ha creato la vita pubblica e' un
terreno neutro e che si tratta solo di aggiustare alcuni parametri. Questo
impegno sulla presenza 50 e 50, lanciato dall'Udi, ha l'ambizione di
interpretare la crisi della politica. Non e' un caso che laddove la crisi
intacca l'ordine naturale la sinistra non ha una parola propria, perche' non
esiste una visione e un disegno laico della sinistra su questi temi. Anche
la sinistra ha  pensato che tutta una serie di vicende dell'umano
rientrassero, tutto sommato, nella natura stessa dell'umano e che dunque non
fossero modificabili. Apro una parentesi: a mio avviso il pensiero della
differenza ha in qualche modo stemperato la conflittualita'. La
conflittualita' non e' l'odio tra i sessi, la conflittualita' e' l'interesse
reciproco. Quando viene meno la conflittualita' bisogna preoccuparsi. Il
femminismo ha continuato a produrre cultura, riflessione, ma e' come se
fosse rimasto clandestino.. Quando c'e' stato il dibattito sulla legge 40 ho
scoperto che nessuno aveva visto e letto niente di quanto prodotto per
quaranta anni dalle donne. Eppure il movimento femminista e' l'unico
sopravvissuto alla stagione degli anni '70. Ma non ha intaccato la cultura.
Evidentemente c'e' stata una perdita di quella conflittualita' che nel
privato ha prodotto dei cambiamenti, nei costumi, nella famiglia, etc. Nel
pubblico no.
*
- Massimo Serafini: Questa proposta del 50 e 50 in ogni luogo dove si decide
e' solo una versione radicale della politica delle quote, che ha prodotto
piu' captazione che liberazione o ci sono in questa rivendicazione elementi
nuovi?
- Lea Melandri: Il rischio c'e' e se non ci fosse la speranza di riavviare
un nuovo corso io non mi appassionerei. Penso quindi che questo obiettivo
vada riproposto con la radicalita' di cui parlavo prima. Possiamo andare
incontro ad una sconfitta, ma a livello simbolico e culturale sicuramente
apre un discorso nuovo ed e' un discorso che in questo momento di crisi dei
partiti e della politica mette in evidenza questo peccato originario della
politica (per esempio in tutto il tema della riproduzione che si sposta nei
laboratori mette in evidenza la contesa per il potere riproduttivo) e ci da'
una chance in piu' e puo' essere anche l'occasione di una ripresa. La
politica puo' ripensare le sue forme a partire da cio' che si e' tenuta
dentro cancellandolo. Il problema delle quote risponde a una logica tutta
interna al sistema. Le donne sono state messe dentro come categoria debole
da proteggere. E' chiaro che finche' l'impianto di potere resta questo c'e'
solo la coptazione. Millenni di schiavitu' non producono liberta'. La
proposta del 50 e 50, al contrario, chiede alla politica di deporre la
maschera della neutralita'. Io credo che questo sia un momento in cui anche
la politica sente il bisogno di questo cambiamento.
*
- Massimo Serafini: Di cambiamenti in politica ce ne sono molti: e' partita
la costituente del partito democratico e contemporaneamente un tentativo di
riorganizzare la sinistra in un unico soggetto. Cosa ti aspetti da questi
processi, pensi che aprano spazi alle problematiche di genere e al tentativo
delle donne di irrompere nella crisi della politica? e soprattutto pensi
possa in tempi brevi costruire una risposta di massa sulla questione dei
diritti e della laicita'?
- Lea Melandri: Si parla tanto di rifondazione, di nuovo corso della
politica e devo dire che qualche segnale l'ho visto nella conferenza di
programma a Carrara del Prc. Li' ho visto muoversi qualcosa, un aprirsi di
un piccolo spazio in cui anche il discorso della democrazia paritaria
prendeva una forma nuova, e non di mero equilibrio della rappresentanza di
genere. Una novita' che ha visto uomini e donne in una plenaria ascoltare
discorsi che interrogavano loro stessi e la politica. Spero che questi
segnali si estendano e percorrano questo cantiere della sinistra. Non e' che
le donne manchino in assoluto nella vita pubblica, ma quello che pensano,
che producono, e' come se non avesse peso. La violenza sulle donne in
famiglia e' correlata con questa sordita' verso quanto prodotto dal pensiero
delle donne e sono un correlato di questa insignificanza delle donne nella
vita pubblica. In Italia si dice abbiamo una percentuale bassissima di donne
nelle istituzioni ed e' vero, ma e' anche vero che il nostro e' stato il
movimento femminista piu' radicale del mondo. Il fatto di aver pensato che
per scalzare alcuni apparati di potere della vita pubblica fosse necessario
andare alle fondamenta addirittura dell'inconscio e' stato rivoluzionario.
E' una radicalita' che vogliamo mantenere. E oggi e' la politica, in
particolare quella di sinistra, che ha bisogno di noi, dei nostri saperi. Lo
ribadisco, la crisi della politica e' tale che non si puo' piu' prescindere
dal costruire un'idea sui temi che sono stati tradizionalmente fuori dalla
politica. Ricostruire la sinistra senza assumere questa radicalita' non
porta a nulla.

5. LIBRI. MASSIMO RAFFAELI PRESENTA "FIORI NEI CANNONI" DI AMORENO
MARTELLINI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 3 maggio 2007.
Massimo Raffaeli scrive di critica letteraria sul quotidiano "Il manifesto"
e su vari periodici.
Amoreno Martellini insegna Storia contemporanea all'Universita' di Urbino;
fa parte del coordinamento scientifico delle riviste "Storia e problemi
contemporanei" e "Proposte e ricerche"; si e' occupato a lungo di storia
dell'emigrazione, pubblicando saggi e monografie in Italia e all'estero, e
ha partecipato con due saggi alla Storia dell'emigrazione italiana
pubblicata da Donzelli. Opere di Amoreno Martellini: Fra Sunnyside e la
Nueva Marca. Materiali e modelli per una storia dell'emigrazione marchigiana
fino alla grande guerra, Franco Angeli, 1999. (con Luca Garbini e Giorgio
Pedrocco), Storia di una diversita'. Chiaravalle tra Settecento e Novecento,
L'Orecchio di Van Gogh, 2000; I candidati al milione. Circoli affaristici ed
emigrazione d'elite in America latina alla fine del XIX secolo, Edizioni
Lavoro, 2000; (con Luca Garbini), Un paese di carta. Fonti per una storia di
Chiaravalle nella prima meta' del Novecento, L'Orecchio di Van Gogh, 2004;
Fiori nei cannoni. Nonviolenza e antimilitarismo nell'Italia del Novecento,
Donzelli, 2006]

Proprio nell'epoca delle guerre giuste e sante che il movimento pacifista ha
denunciate e, nei limiti del suo possibile, contrastate, e' accaduto piu' vo
lte a Pietro Ingrao di ricordare come dall'agenda delle sinistre sia venuto
meno ogni riferimento esplicito al disarmo e percio' a una coerente
posizione antimilitarista. Segno chiaro dei tempi, cui risponde con dovizia
di documenti e acume interpretativo un bel libro di Amoreno Martellini,
Fiori nei cannoni. Nonviolenza e antimilitarismo nell'Italia del Novecento
(prefazione di Goffredo Fofi, Donzelli, pp. 226, euro 24,50). La sua lettura
va raccomandata anche perche' non era facile, in una articolazione periodica
che va dall'immediato dopoguerra al 1972 (l'anno in cui il parlamento
approvo' la peraltro controversa legge sull'obiezione di coscienza), tenere
insieme nozioni che il senso comune tende ambiguamente a sovrapporre
(nonviolenza, pacifismo, obiezione di coscienza, resistenza passiva,
antimilitarismo), come non era agevole scandirne gli sviluppi nonche' le
differenti e talora contrastanti declinazioni.
Storico dell'eta' contemporanea, Martellini muove dalla conoscenza di prima
mano dell'archivio di Edmondo Marcucci, scrittore poligrafo, allievo di
Ernesto Buonaiuti, infine strettissimo collaboratore di Aldo Capitini che
nel necrologio del suo amico (il cui ricco Fondo e' oggi nella Biblioteca
civica di Jesi) disse a chiare lettere di "uomo raro per dottrina, lealta' e
cortesia". E' quest'ultima la tipica fisionomia degli individui - testimoni
e dunque martiri per etimologia - che intramano la prima parte della vicenda
raccontata da Martellini. Sono uomini persuasi, dopo l'epoca dei
totalitarismi, dopo Auschwitz e Hiroshima, della necessita' di sottrarsi
tanto alla logica degli armamenti quanto al vicendevole alibi
dell'autodifesa, ma sono uomini isolati e schiacciati, comunque, dai campi
convergenti della guerra fredda e di un contenzioso ideologico che ora ne
ipoteca la testimonianza, distorcendola e/o rimuovendola, ora invece ne
isola la voce fino ad ammutolirla: certamente Capitini e la sua cerchia, a
lungo clamante nel deserto, ma anche, a titolo diverso, i protofederalisti
Gino Luzzatto e Altiero Spinelli, La Pira e padre Balducci, Velio Spano e i
Partigiani della pace, nonche' alcune avanguardie di donne cattoliche e
comuniste.
Ma le due principali organizzazioni di massa del paese per lo piu' tacciono
o distolgono sguardo e attenzione: i democristiani temono sul fianco destro
gli umori dell'esercito e una pax cattolica ancora militarista; a sinistra,
i comunisti continuano a difendere la leva di massa come obbligo democratico
e antielitario nel momento in cui plaudono all'Armata Rossa e ai suoi
brutali interventi in Polonia e Ungheria. Sono infatti gli anni in cui i
tribunali militari italiani spediscono in galera, nella sostanziale
indifferenza dell'opinione pubblica, i renitenti alla leva ma anche Danilo
Dolci e i critici cinematografici Guido Aristarco e Renzo Renzi entrambi rei
di vilipendio alle forze armate. Gia' allo scoppio della guerra in Corea
aveva scritto, presago, don Primo Mazzolari: "Ora mi riprende la paura della
morte irrazionale. Ce ne andremo come mosche da questo mondo, senza sapere
se per la liberta' o l'asservimento, per l'avvento del proletariato o per la
difesa del capitalismo. La menzogna ci soffoca. Se amassimo un po' meno
svisceratamente la pace, la verita', la liberta', la giustizia, il
progresso, la civilta', la produzione...; se avessimo un po' piu' di pieta'
per l'uomo; se a costo di parere - lo siamo! - barbari del tutto osassimo
gridare: Viva l'atomica! Viva la guerra!, potremmo forse aver vergogna di
noi stessi e divenire 'veri figlioli di pace'. Cosi' invece non siamo che
luridi mercanti di pace su ogni parallelo del globo".
Qualcosa del genere, fermentando nel passaggio di fase agli anni Sessanta,
deve avere fecondato la stagione che culmina nelle controculture del
Sessantotto dopo essersi avviata con la prima marcia Perugia-Assisi (24
settembre 1961) che e' il vero lascito testamentario di Aldo Capitini. Di
li' esce la bandiera iridata della pace che ancora sventola su tanti balconi
(va detto, un poco stinta), cosi' come in quell'ambito si legge la lettera
ai cappellani militari scritta con tagliente nettezza da don Lorenzo Milani,
la quale anticipa di poco l'anti-leva di massa della contestazione
studentesca e operaia, l'impegno per il Vietnam nel cui slogan piu' diffuso
("Guerra no, guerriglia si'") appunto si legavano e si contraddicevano
l'antica eredita' del pacifismo disarmato con gli impulsi di un
antimilitarismo a tutti gli effetti militante (contraddizione, quest'ultima,
che oggi non si percepisce a occhio nudo ma continua a premere, talora a
dividere e ferire, dentro la rinnovata costellazione pacifista).
*
Se paragonato ad esempio alla conquista dello Statuto dei lavoratori,
l'esito della contestazione pacifista e/o antimilitarista, cioe' la legge
del '72 che ammette l'obiezione di coscienza senza emanciparla tuttavia
dalla giurisdizione militare, esso e' davvero modesto e per certi versi
desolante: alla sostanziale astensione dei comunisti (il senatore Ugo
Pecchioli, in aula, volle elevare l'ennesimo peana alla leva di massa come
si trattasse ancora delle Brigate Garibaldi) corrisposero le avare
concessioni di un governo piu' di sempre preoccupato dai rumores
dell'esercito, a un anno appena dal tentato golpe di Junio Valerio Borghese,
e dagli orientamenti di un ceto medio, cattolico e tradizionalista, che
allora si chiamava maggioranza silenziosa: il ministro della difesa Mario
Tanassi (socialdemocratico e non democristiano, come detto per errore a p.
195) non si astenne dal concluderne che "non esiste indipendenza, non esiste
liberta', non esiste possibilita' di sviluppare le condizioni di vita per il
nostro futuro, senza che la patria abbia la sua sicurezza".
Con tali parole si chiude di fatto la complessa vicenda ricostruita da
Martellini, non senza uno scorcio prospettico che, nell'epilogo, allude
all'attuale situazione, quando gli attori e i termini del contenzioso
secolare si confondono e spesso si stravolgono, mentre le stesse insegne di
nonviolenza, pacifismo, antimilitarismo patiscono, nella vulgata mediatica,
sia una rozza banalizzazione (laddove "pacifista" riassumerebbe tutta quanta
la gamma) sia soprattutto una smaccata contraffazione ("pacifista" sarebbe
l'antiamericano e antiisraeliano tout court ovvero il complice dissimulato
del terrorista). Nota infatti lo studioso: "Mai nessuno aveva pensato di
poter negare l'essenza stessa del loro linguaggio che consisteva nel ripudio
della violenza e della guerra come strumento di risoluzione delle
controversie. Allo stesso modo era stato chiaro che all'esercito spettava il
compito di fare la guerra e il monopolio dell'esercizio della violenza in
nome dello Stato: magari per una guerra giusta, magari per una guerra che
sarebbe stata l'ultima e foriera di pace stabile, ma pur sempre una guerra.
Da questo momento in avanti, invece, le acque vennero confuse e ai militari
spediti in zone di guerra spetto' il compito di difendere la pace, mentre
addosso ai pacifisti rimase un'appiccicosa etichetta che denunciava la loro
collusione con gli ambienti della violenza politica". Triste storia,
appunto, che di noi continua a parlare.

6. RIEDIZIONI. JOSE' CARLOS MARIATEGUI: SETTE SAGGI D'INTERPRETAZIONE DELLA
REALTA' PERUVIANA
Jose' Carlos Mariategui, Sette saggi d'interpretazione della realta'
peruviana, Massari Editore, Bolsena (Viterbo) 2006, pp. 360, euro 14. Una
nuova edizione italiana dei classici Siete ensayos nella traduzione di Laura
Bordignon e con un'introduzione di Adolfo Sanchez Vasquez, che si affianca a
quella einaudiana del '72 curata da Robert Paris (che includeva anche vari
altri scritti) e a quella (parziale) curata da Ignazio Delogu nella sua
antologia di Mariategui per gli Editori Riuniti del 1973. Per richieste alla
casa editrice: Massari Editore, casella postale 144, 01023 Bolsena (Vt),
e-mail: erre.emme at enjoy.it, sito: www.enjoy.it/erre-emme

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

8. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 99 del 24 maggio 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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