Minime. 54



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 54 del 9 aprile 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Afghanistan
2. Rete Disarmo: Impennata dell'export di armi nel 2006
3. Luca Galassi intervista Elma Newberry
4. Luisa Morgantini: Bombe atomiche in Italia
5. L'International Women Media Foundation intervista Aferdita Kelmendi
6. A proposito di riforma elettorale
7. Letizia Tomassone ricorda Dietrich Bonhoeffer
8. Il 12 aprile a Roma
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. AFGHANISTAN

Quanti ancora morire ne dovranno
finche' cessi per sempre la guerra?

2. ARMI. RETE DISARMO: IMPENNATA DELL'EXPORT DI ARMI NEL 2006
[Da Riccardo Troisi (per contatti: riccardotroisi at tin.it) riceviamo e
diffondiamo.
Riccardo Troisi e' impegnato nella Rete italiana per il disarmo, nella rete
Lilliput e in molte altre iniziative di pace, solidarieta', nonviolenza.
Giorgio Beretta, caporedattore di "Unimondo", scrive per molte testate
impegnate per la pace, la solidarieta', il disarmo, la nonviolenza; e'
impegnato nella Rete italiana per il disarmo, nella Campagna "banche
armate", nell'Osservatorio sulle armi leggere Opal, ed e' uno dei principali
esperti sul traffico delle armi
Massimo Paolicelli e' presidente dell'Associazione obiettori nonviolenti, da
sempre impegnato nei movimenti pacifisti, nonviolenti, di solidarieta'. Tra
le opere di Massimo Paolicelli: (con Antonio Nanni), Comportamenti di pace,
Cipax, Roma 1990; Agenda dei comportamenti di pace, Icone, Roma 1996; (con
Claudio Di Blasi), Piccoli obiettori crescono, Icone, Roma 1998.
Maurizio Simoncelli (per contatti: simoncelli at tiscali.it), storico, membro
del consiglio direttivo dell'Archivio Disarmo, docente di geopolitica dei
conflitti al master in Educazione alla pace, cooperazione Internazionale,
diritti umani e politiche dell'Unione Europea, nell'Universita' degli studi
di Roma Tre; autore di diversi studi sull'industria militare e sulla
politica della sicurezza. Tra le opere recenti di Maurizio Simoncelli: Armi,
affari, tangenti, Ediesse, Roma 1994; Guerre senza confini. Geopolitica dei
conflitti nell'epoca contemporanea, Ediesse, Roma 2003; (con M. Rusca),
Hydrowar. Geopolitica dell'acqua tra guerra e cooperazione, Ediesse, Roma
2004; (a cura di), Le guerre del silenzio. Alla scoperta dei conflitti e
delle crisi del XXI secolo, Ediesse, Roma 2005.
Chiara Bonaiuti e' ricercatrice sulle questioni del disarmo, opera presso
l'Osservatorio sul commercio delle armi (Oscar) dell'Ires Toscana; e'
autrice di vari studi e ricerche.
Francesco Vignarca e' uno dei piu' apprezzati studiosi ed attivisti per la
pace, impegnato anche come coordinatore nazionale della Rete italiana per il
disarmo (per contatti: e-mail: segreteria at disarmo.org, sito:
www.disarmo.org). Opere di Francesco Vignarca: Li chiamano ancora mercenari,
Altreconomia, Milano 2004; Mercenari S.p.A., Rizzoli, Milano 2004 (seconda
edizione rivista e ampliata del testo precedente)]

"Le esportazioni italiane di armi del 2006 segnano un preoccupante primato
degli  ultimi venti anni, una festa per l'industria armiera nazionale e non
pochi grattacapi per il governo Prodi che nel suo programma si era impegnato
ad un  controllo piu' stringente sulle esportazioni di armi". E' quanto
dichiara la "Rete italiana disarmo" a commento dei dati della relazione
della Presidenza del  Consiglio al Parlamento sull'export di armi per l'anno
2006. "Superano infatti i 2,1 miliardi di euro le autorizzazioni
all'esportazioni di  armamento nel 2006 con un'impennata del 61% rispetto al
2005 e sfiorano il miliardo di euro anche le consegne (970,4 milioni)
effettuate nel 2006. Ma brindano anche le banche, che sempre nel 2006 si
sono viste autorizzare operazioni di incassi relativi al solo export di armi
per quasi 1,5 miliardi di euro, altra cifra record, con relativi compensi di
intermediazione per oltre  32,6 milioni di euro".
"Non ci tranquillizzano affatto i destinatari delle esportazioni -  prosegue
La  Rete italiana disarmo - al primo posto ritornano infatti gli Stati Uniti
che, oltre alla flotta di elicotteri presidenziali dell'Agusta, (e' in corso
un'inchiesta negli Usa nei confronti dell'ex deputato repubblicano Curt
Weldon, il principale sponsor politico dell'operazione), acquistano
dall'Italia bombe, siluri, razzi, missili, accessori, navi da guerra,
esplosivi militari ed armi automatiche di tutti i calibri per un totale di
oltre 349,6 milioni di euro. Seguiti a ruota da un paese che nei rapporti di
Human Right Watch e Amnesty  International si distingue per vessazioni nei
confronti delle organizzazioni  per la tutela dei diritti umani: gli Emirati
Arabi Uniti ai quali il Governo ha autorizzato la vendita di armi per 338,2
milioni di euro. Salgono le vendite ai paesi extra Ue e della Nato arrivando
al 44,2% e piu' del 20,2% dei  sistemi d'arma finisce nelle zone calde del
pianeta come Medio Oriente  ed Africa settentrionale a cui sono destinate
armi per un valore  complessivo di 442,8  milioni di euro. Spiccano poi
paesi come la Nigeria che riceve armi per 74,4  milioni di euro e l'India
(66,3 milioni di euro), la Malaysia (51,4 milioni di  euro), il Pakistan
(37,9 milioni di euro) e la Libia (14,9 milioni di euro)".
"Per il secondo anno consecutivo - dichiara Giorgio Beretta, coordinatore
della campagna 'Banche armate' - San Paolo-Imi, con 446 milioni di euro si
conferma come la banca che ha effettuato il maggio volume di transazioni in
appoggio al commercio delle armi. Un dato preoccupante vista la policy
restrittiva che la  banca afferma di aver adottato. Altrettanto preoccupante
e' la ripresa delle operazioni di Banca Intesa che con i 'soli' 163.000 euro
del 2005 sembrava  onorare la decisione di non partecipare al settore, nel
2006 realizza invece incassi per 46 milioni".
"Questa impennata dell'export, affiancata alla manifestata volonta' del
governo di non tenere in considerazione l'ipotesi di riconversione
dell'industria bellica, prevista dalla legge, perche' non conveniente -
commenta Massimo Paolicelli, presidente dell'Associazione obiettori
nonviolenti -, delineano una linea dell'esecutivo preoccupante, in palese
contrasto con il programma presentato agli elettori. Con l'aumento delle
spese militari dell'11%, e l'adesione dell'Italia ai progetti americani del
nuovo caccia JSF ed allo 'scudo stellare' si avvia per l'Italia una
preoccupante e pericolosa corsa al riarmo a spese del contribuente
italiano".
"Altro aspetto allarmante - dichiara Riccardo Troisi della Rete di
Lilliput - e' che mentre il nostro paese riempie gli arsenali di tutto il
mondo, dall'altra parte destina all'aiuto pubblico allo sviluppo a favore
dei paesi poveri solo due miliardi e 900 milioni di euro (dati Ocse-Dac)
ossia lo 0,20% del  Pil, che in realta' e' lo 0,11% sottraendo le risorse
per la cancellazione del debito. Come al solito i poveri del Sud del mondo
sono destinati ad essere vittime della diseguaglianza endemica e della
ferocia delle armi".
"E' urgente mettere a punto una disciplina sui mediatori di armi - e' quanto
afferma Maurizio Simoncelli dell'Archivio Disarmo -, questo aspetto
costituisce una grave lacuna non ancora colmata per frenare i trasferimenti
illeciti a paesi sotto embargo, a gruppi terroristici ed alla criminalita'
organizzata".
"Salutiamo invece positivamente - commenta Chiara Bonaiuti di Oscar
(Osservatorio sul commercio delle armi) - che nel rapporto ci sia un
riferimento esplicito alla volonta' del governo di incontrare le
organizzazioni non governative che si occupano di disarmo. Crediamo che solo
cosi' possa essere valorizzata al meglio la grande anima di trasparenza
presente  nella nostra legislazione".
*
Per ulteriori informazioni: Rete italiana per il disarmo, segreteria:
Francesco Vignarca, tel. 328.3399267, e-mail: segreteria at disarmo.org, sito:
www.disarmo.org; ufficio stampa: Massimo Paolicelli, e-mail:
max at massimopaolicelli.it

3. ESPERIENZE. LUCA GALASSI INTERVISTA ELMA NEWBERRY
[Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo la seguente
intervista dell'8 marzo 2007, li' pubblicata col titolo "La casa della
concordia. L'impegno di una donna per far convivere cattolici e
protestanti".
Luca Galassi, giornalista impegnato per la pace e i diritti umani, e'
inviato di "PeaceReporter".
Elma Newberry e' responsabile dell'Unita' per la coesione tra le comunita'
dell'Housing Executive]

Si trova a Enniskillen, cittadina di 13.000 abitanti dell'Irlanda del Nord,
il primo progetto di case popolari abitate da una comunita' mista
cattolico-protestante.
*
Pacifica convivenza.
L'Housing Executive, l'ente per la casa nord-irlandese, ha speso due milioni
di sterline per creare un quartiere dove le due comunita' potessero
deliberatamente scegliere, alla stipula del contratto, di vivere in
simbiosi. Lontano dai simboli della divisione e del settarismo. Lontano dal
passato di feroce opposizione che ha contraddistinto gli anni bui dei
Troubles, quando l'odio nutriva le giovani generazioni, dall'una e
dall'altra parte, e la violenza ne armava il braccio. Uno dei fautori del
progetto di Enniskillen e' una donna. Si chiama Elma Newberry ed e'
responsabile dell'Unita' per la coesione tra le comunita' dell'Housing
Executive. L'organismo, istituito due anni fa, si occupa di incoraggiare la
convivenza tra le comunita' nell'ambito del processo di pace. "Abbiamo
trasferito numerose famiglie proprio a causa dei Troubles - ha raccontato
Elma a "PeaceReporter" -. Oggi che la violenza, ma non la diffidenza, e'
terminata, dobbiamo costruire le basi per una pacifica convivenza".
*
- Luca Galassi: Da dove partire per costruire il futuro?
- Elma Newberry: Dai simboli della divisione: i murali paramilitari, le
bandiere. Sono stati per decenni l'iconografia dell'appartenenza, il marchio
del territorio di comunita' profondamente polarizzate e segregate. Noi
operiamo con le comunita' affinche' tali rappresentazioni vengano rimosse.
*
- Luca Galassi: Quali problemi avete trovato?
- Elma Newberry: Specialmente nel campo lealista, molti temevano che
cancellare tali emblemi di separazione equivalesse a erodere la loro cultura
e la loro storia. Noi cerchiamo di convincerli a rappresentare la loro
identita' in modo meno aggressivo, tramite negoziati a livello locale.
Lavoriamo inoltre in stretto accordo con altre organizzazioni, come l'Arts
Council, in progetti di ri-decorazione comunitaria, ovvero di realizzazione
di forme espressive che celebrino il presente, anziche' il passato. Abbiamo
investito tre milioni di euro per un progetto di questo tipo, che si e'
rivelato un successo.
*
- Luca Galassi: Cosa e' successo a Enniskillen?
- Elma Newberry: Enniskillen, o meglio, un suo quartiere che si chiama
Carran Crescent, fa parte di un progetto pilota di cui andiamo molto
orgogliosi. Vede, la segregazione comunitaria si esplica specialmente in
aree di edilizia popolare. Al contrario, nel settore privato si verifica una
maggiore integrazione. Le faccio un esempio: negli anni '70, durante i
Troubles, sono state sfollate circa 60.000 persone, un enorme flusso di
persone trasferite per motivi di sicurezza. Ballymurphy e Springmartin erano
due quartieri misti. Oggi il primo e' interamente cattolico, il secondo
protestante. Il 94% delle case popolari in Irlanda del Nord sono
caratterizzate dalla segregazione, una percentuale che raggiunge il 97%
nell'area metropolitana di Belfast. Il Good Friday Agreement, l'accordo di
pace del '98, stabiliva che la popolazione aveva il diritto di scegliere
dove vivere, e di poterlo fare in una maniera pacifica. Lo Housing Executive
ha il compito di coordinare e agevolare tale politica di "vicinato
condiviso" tra le comunita', fornendo la possibilita' alla gente di
scegliere.
*
- Luca Galassi: Quale approccio avete seguito?
- Elma Newberry: Abbiamo commissionato una ricerca alla Queen's University
di Belfast per stabilire gli indicatori che fornissero una fotografia
dell'area prescelta, che vi fosse gia' una storia di buone relazioni tra i
residenti, che vi fossero scarse o nulle manifestazioni di settarismo, come
le bandiere, che il quartiere fosse relativamente piccolo, quindi gestibile.
Abbiamo cercato il sostegno dei consiglieri di zona e appurato che vi
fossero scuole miste nelle vicinanze. Enniskillen si e' rivelata la zona
ideale. Avevamo bisogno di un'area pilota per l'intera comunita'
dell'Irlanda del Nord.
*
- Luca Galassi: A Belfast non era possibile farlo?
- Elma Newberry: A Belfast il 97% delle case sono segregate. Quindi no, non
era possibile. Enniskillen aveva tutte le caratteristiche necessarie per
funzionare. I richiedenti hanno firmato una carta, un documento d'intenti,
in cui si dichiara la loro volonta' - e ribadisco che e' una scelta
volontaria, non imposta - ad accettare la differenza. E accettare la
differenza e' il principio-guida per vivere con la fazione storicamente
avversa. Adesso pero' bisogna aspettare che tale principio trovi la sua
applicazione nella realta'. Il quartiere e' stato "creato" a novembre. Tra
18 mesi, grazie a un funzionario del progetto di "shared future" (futuro
condiviso, ndr) che si occupa di accompagnare i residenti attraverso il
processo di costruzione della convivenza, sapremo se l'iniziativa e' andata
a buon fine. Ma io sono ottimista. Ho incontrato tutte le venti famiglie che
vivono li', e in tutti ho trovato buona volonta' e partecipazione. Non vi
sono solo cattolici e protestanti, ma anche lituani, rumeni o coppie miste.
*
- Luca Galassi: Un'idea trasferibile anche ad altre aree della citta'?
- Elma Newberry: E' quello che speriamo. Carran Crescent e' circondata da
150 case di proprieta' dell'Housing Executive. Vogliamo estendere il
progetto. Parallelamente a Carran Crescent stiamo portando avanti una serie
di consultazioni con i residenti di queste case contigue all'area per
includerli nel progetto di vicinato condiviso.
*
- Luca Galassi: Perche' i prezzi delle case nell'Irlanda del Nord sono
aumentati del 40 per cento dal 2005 al 2006?
- Elma Newberry: Perche' il processo di pace offre nuove prospettive e una
nuova stabilita'. Un esempio molto calzante e' quello di Ballynafeigh, unica
comunita' mista di Belfast che ha resistito ai Troubles. Cio' e' dovuto alle
robuste infrastrutture comunitarie di cui ha potuto disporre nel corso del
tempo. Proprio a causa di questa ricchezza, in quest'area i prezzi delle
case sono saliti enormemente, ceti affluenti sono subentrati e hanno
costretto la classe popolare ad abbandonarla, obbligandola a cercare
altrove, anche nelle aree polarizzate, nuovi alloggi. Anche questo sta
diventando un problema, a Belfast.
*
- Luca Galassi: Oltre alla discriminazione razziale...
- Elma Newberry: Esatto. La comunita' di stranieri, cinesi in primis, ma
anche provenienti dall'Est Europa e dall'Africa, conta ormai cinquemila
membri. Nell'area a sud di Belfast c'e' stato un enorme aumento di crimini a
sfondo razziale. La reazione automatica delle comunita' locali, nutrite da
anni di violenze, e' quella di chiudersi, di "difendersi" dall'arrivo degli
stranieri. Il nostro ruolo non e' quindi solo quello di sviluppare nuovi
progetti e fornire nuove scelte, ma anche garantire sicurezza e pace a chi
sceglie di abitare nelle nostre case. A sud di Belfast abbiamo due
funzionari il cui compito e' quello di migliorare le relazioni
interrazziali, ma soprattutto di insegnare alla gente ad accettare i nuovi
venuti.
*
- Luca Galassi: Operate anche nelle aree-cuscinetto, quelle in cui il
quartiere protestante e quello cattolico si intersecano e sono divise da
muri e zone franche?
- Elma Newberry: Si chiama interfaccia, ed e' un patchwork di case
disseminate lungo tutta la citta', un mosaico attraversato da ben 17 muri,
specialmente nel nord di Belfast, dove spesso si trovano proprieta'
immobiliari vuote, perche' nessuno vuole vivere li'. Noi pensiamo a
rigenerare queste aree, altrimenti destinate a un rapido declino,
specialmente nella comunita' protestante, colpita da un calo della
popolazione non riscontrabile in quella cattolica. Cosi' assistiamo a questo
paradosso: quartieri al nord sovrappopolati da cattolici che hanno fame di
case e quartieri al sud che i protestanti abbandonano perche' nelle aree
dell'interfaccia, ma dove i cattolici non possono andare perche' sono
borderline. Un enorme investimento e' destinato dallo Stato alla
riprogettazione di queste aree. Noi abbiamo un ruolo nel programma di
sviluppo lanciato dal Comune di Belfast per l'interfaccia. 750.000 euro per
creare due consorzi: uno per la comunita', uno per le varie agenzie come la
nostra, e per lavorare insieme, smussando le asperita' e attenuando le
diffidenze. Anche noi, nel nostro piccolo, dobbiamo gestire un conflitto in
una zona costellata di muri.
*
- Luca Galassi: Quando cadranno questi muri?
- Elma Newberry: Se fossi in grado di risponderle forse farei un altro
mestiere. Noi cerchiamo solo di far dialogare e convivere le persone, ma
c'e' bisogno del sostegno della politica. E ancor prima, bisogna che i
politici ascoltino i leader delle comunita'. Sono loro i veri ispiratori del
cambiamento.

4. ITALIA. LUISA MORGANTINI: BOMBE ATOMICHE IN ITALIA
[Da Luisa Morgantini (per contatti: tel. 0669950217, cell. 3483921465,
e-mail: luisa.morgantini at europarl.europa.eu) riceviamo e diffondiamo.
Luisa Morgantini, parlamentare europea, presidente della delegazione del
Parlamento Europeo al Consiglio legislativo palestinese, fa parte delle
Donne in nero e dell'Associazione per la pace; il seguente profilo di Luisa
Morgantini abbiamo ripreso dal sito www.luisamorgantini.net: "Luisa
Morgantini e' nata a Villadossola (No) il 5 novembre 1940. Dal 1960 al 1966
ha lavorato presso l'istituto Nazionale di Assistenza a Bologna occupandosi
di servizi sociali e previdenziali. Dal 1967 al 1968 ha frequentato in
Inghilterra il Ruskin College di Oxford dove ha studiato sociologia,
relazioni industriali ed economia. Dal 1969 al 1971 ha lavorato presso la
societa' Umanitaria di Milano nel settore dell'educazione degli adulti. Dal
1970 e fino al 1999 ha fatto la sindacalista nei metalmeccanici nel
sindacato unitario della Flm. Eletta nella segreteria di Milano - prima
donna nella storia del sindacato metalmeccanico - ha seguito la formazione
sindacale e la contrattazione per il settore delle telecomunicazioni,
impiegati e tecnici. Dal 1986 e' stata responsabile del dipartimento
relazioni internazionali del sindacato metalmeccanico Flm - Fim Cisl, ha
rappresentato il sindacato italiano nell'esecutivo della Federazione europea
dei metalmeccanici (Fem) e nel Consiglio della Federazione sindacale
mondiale dei metalmeccanici (Fism). Dal novembre del 1980 al settembre del
1981, in seguito al terremoto in Irpinia, in rappresentanza del sindacato,
ha vissuto a Teora contribuendo alla ricostruzione del tessuto sociale. Ha
fondato con un gruppo di donne di Teora una cooperativa di produzione, "La
meta' del cielo", che e' tuttora esistente. Dal 1979 ha seguito molti
progetti di solidarieta' e cooperazione non governativa con vari paesi, tra
cui Nicaragua, Brasile, Sud Africa, Mozambico, Eritrea, Palestina,
Afghanistan, Algeria, Peru'. Si e' misurata in luoghi di conflitto entro e
oltre i confini, praticando in ogni luogo anche la specificita' dell' essere
donna, nel riconoscimento dei diritti di ciascun essere umano: nelle
rivendicazioni sindacali, con le donne contro la mafia, contro l'apartheid
in Sud Africa, con uomini e donne palestinesi e israeliane per il diritto
dei palestinesi ad un loro stato in coesistenza con lo stato israeliano, con
il popolo kurdo, nella ex Yugoslavia, contro la guerra e i bombardamenti
della Nato, per i diritti degli albanesi del Kosovo all'autonomia, per la
cura e l'accoglienza a tutte le vittime della guerra. Attiva nel campo dei
diritti umani, si e' battuta per il loro rispetto in Cina, Vietnam e Siria,
e per l'abolizione della pena di morte. Dal 1982 si occupa di questioni
riguardanti il Medio Oriente ed in modo specifico del conflitto
Palestina-Israele. Dal 1988 ha contribuito alla ricostruzione di relazioni e
networks tra pacifisti israeliani e palestinesi. In particolare con
associazioni di donne israeliane e palestinesi e dei paesi del bacino del
Mediterraneo (ex Yugoslavia, Albania, Algeria, Marocco, Tunisia). Nel
dicembre 1995 ha ricevuto il Premio per la pace dalle Donne per la pace e
dalle Donne in nero israeliane. Attiva nel movimento per la pace e la
nonviolenza e' stata portavoce dell'Associazione per la pace. E' tra le
fondatrici delle Donne in nero italiane e delle rete internazionale di Donne
contro la guerra. Attualmente e' deputata al Parlamento Europeo... In Italia
continua la sua opera assieme alle Donne in nero e all'Associazione per la
pace". Opere di Luisa Morgantini: Oltre la danza macabra, Nutrimenti, Roma
2004]

Trovo a dir poco angoscioso che 50 bombe atomiche siano attualmente ospitate
nella base Nato di Aviano e altre 40 nella base italiana di Ghedi, vicino
Brescia.
E' grazie alla splendida inchiesta "Quelle imbarazzanti 90 atomiche in
giardino" condotta dai giornalisti di "Rainews 24" che si porta alla luce il
tema inquietante della presenza di ordigni nucleari su suolo italiano.
Le armi atomiche oltre ad essere pericolose e devastanti, sono chiaramente
in contrasto con il Trattato di non proliferazione nucleare sottoscritto e
ratificato dall'Italia.
Il governo italiano e' chiamato, dunque, a rispondere del rispetto della
legalita' e dei trattati internazionali, esercitando in ogni modo il
controllo sul territorio e il pieno esercizio di sovranita' nazionale nel
bene del Paese e di tutti i cittadini.
In Europa, la Grecia ha gia' votato all'unanimita' una risoluzione
presentata da alcuni parlamentari che chiedevano lo smantellamento di
qualsiasi arsenale atomico presente sul territorio nazionale, liberandosene
rapidamente. Anche in Belgio il parlamento ha chiesto al governo di prendere
una decisione simile.
L'Italia ha il diritto e il dovere, in qualita' di Paese non nucleare, di
fare altrettanto e di assicurare la piena verita' e trasparenza sulla
questione.
E' tempo che i cittadini vengano a conoscenza dei pericoli connessi alla
presenza di armi atomiche nelle basi militari presenti in Italia.
Esprimo quindi il mio totale appoggio ai cinque abitanti di Aviano che hanno
citato in giudizio il governo degli Stati Uniti, ai cittadini di Ghedi che
si stanno organizzando per un maggiore controllo del territorio, al lavoro
di tutti quei giornalisti che aiutano a far luce sulla presenza illegale di
ordigni nucleari nel nostro Paese, e mi auguro che ci sara' un crescente
coinvolgimento dei movimenti sociali e pacifisti.
L'Italia e l'Europa non possono dimenticare eventi tragici come Hiroshima e
Nagasaki.
Come possiamo chiedere ad altri Paesi di non ricorrere all'utilizzo del
nucleare quando noi stessi abbiamo ordigni pronti all'uso sul nostro
territorio e gli Stati Uniti continuano ad aumentare il proprio arsenale
atomico?
Credo, al contrario, che sia sempre piu' urgente interrogarsi sull'uso, la
vendita e la detenzione di ordigni atomici e avviarsi pragmaticamente verso
una totale non proliferazione.

5. ESPERIENZE. L'INTERNATIONAL WOMEN MEDIA FOUNDATION INTERVISTA AFERDITA
KELMENDI
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
averci messo a disposizione nella sua traduzione la seguente intervista.
Aferdita Kelmendi, giornalista, ha ricevuto il "Premio per il coraggio nel
giornalismo" dell'International Women Media Foundation (Iwmf) nel 1999.
Aferdita e' la direttrice di "Radio/Tv 21", che trasmette 24 ore al giorno
da Pristina, in Kosovo. L'Iwmf l'ha di recente intervistata per sapere come
vanno oggi le cose e perche' Aferdita sta diventando famosa grazie al fatto
che adotta e promuove le tecniche per la risoluzione nonviolenta dei
conflitti nelle sue interviste]

- Iwmf: Allora, cos'e' accaduto da quando hai vinto il premio?
- Aferdita Kelmendi: Moltissime cose. Dopo il 1999, dopo aver ricevuto il
premio, sono tornata a Pristina, dove tutto andava rimesso in piedi partendo
da zero. Cominciavamo a lavorare in una situazione in cui non c'era energia
elettrica, non c'era fornitura idrica, e le linee telefoniche non erano
ancora state ristabilite. La situazione, dopo che la guerra e' passata, e'
cosi'. Solo dopo un anno, nel 2000, abbiamo lanciato il primo programma
televisivo. All'inizio riuscivamo a trasmettere solo per due ore. Oggi
trasmettiamo 24 ore al giorno, via radio o via televisione. Guardando
indietro posso dire che ci sono volute molte lotte, e abbiamo dovuto
affrontare molte sfide per sostenere la societa' civile, per lavorare con
essa nel periodo post-conflitto, non solo come giornaliste, ma come esseri
umani. Capisci, volevamo dare una mano ai nostri ascoltatori, discutere con
loro, e a volte dovevamo chieder loro di essere pazienti. Non eravamo solo
una radio o una tv, ma pure un luogo in cui le persone potevano trovare
degli amici. Questo lo abbiamo fatto usando le tecniche per la risoluzione
del conflitto. Non era facile stare accanto a persone arrabbiate, non era
facile parlare con persone che avevano perso per intero le loro famiglie.
*
- Iwmf: Puoi spiegarci meglio come usi queste tecniche?
- Aferdita Kelmendi: In effetti non e' il modo usuale di fare programmi
televisivi. Per esempio, abbiamo questo programma speciale durante le ultime
quattro ore della giornata, ogni giorno. Portiamo le persone a sedere
insieme, politici compresi, per discutere delle istanze sociali e dei
problemi fra minoranze e maggioranze. Usare le tecniche di risoluzione del
conflitto e' assai importante in una societa' che esce da un trauma. Non
stiamo usando le tecniche del giornalismo progressista, per dire. Abbiamo
visto che usando quelle per la risoluzione nonviolenta del conflitto i
risultati sono ben diversi. Le persone sono piu' rilassate, e le loro
risposte sono piu' complete, ed ottieni qualcosa di piu' di quel che
otterresti ad essere aggressiva. Abbiamo usato entrambi i metodi e abbiamo
constatato che otteniamo di piu' con le tecniche nonviolente. Riusciamo a
portare tre parti diverse alla tavola rotonda, a discutere. Non ci sono
baruffe, ma discussioni dall'alto livello qualitativo, a cui i sostenitori
delle diverse parti possono intervenire telefonando: e anche quando fanno
domande provocatorie non sono mai aggressivi. Questo tipo di tv sta creando
un ambiente favorevole al discutere i problemi della societa' ed a
risolverli in modo condiviso.
*
- Iwmf: Facci un esempio.
- Aferdita Kelmendi: Ad esempio, durante le campagne elettorali i politici
si battono aspramente l'uno contro l'altro, e nella zona in cui noi viviamo
questa cosa e' molto aggressiva. Ma se chi li ospita in tv comincia ad usare
le tecniche per la risoluzione del conflitto subito la modalita' di
discussione cambia.
*
- Iwmf: Ma allora, quando un politico dice all'altro "Tu hai fatto questo" e
l'altro risponde "E tu hai fatto quello", tu come entri nella situazione?
- Aferdita Kelmendi: Ci entri con molta calma e sottolinei un altro aspetto:
l'interesse comune. Dici: "Fatemi capire, qual e' l'interesse comune?".
L'interesse comune e' l'interesse della societa' tutta, dei cittadini.
*
- Iwmf: Potresti dire qualcosa del tipo: "Parliamo di cio' che serve alle
persone. Parliamo dei nostri interessi come societa'".
- Aferdita Kelmendi: Esattamente. Poiche' io li ospito, io sono la gente. Io
sono la parte che vede, la parte interessata. Sono la persona che dovra'
votarli. Percio' dico: "Bene, signori. Io sono a tutti gli effetti la
persona che deve votarvi. Percio', cosa mi state offrendo? A cosa posso
credere? Ma se continuate ad aggredirvi l'un l'altro, se continuate in
questo modo, non potro' credere a nulla".
*
- Iwmf: Giochi piu' il ruolo dell'attivista che quello della giornalista,
insomma.
- Aferdita Kelmendi: E' solo una diversa filosofia del giornalismo, perche'
abbiamo visto che se mantenevamo un giornalismo di tipo aggressivo non
avremmo risolto alcun problema. Usando queste tecniche giochiamo il ruolo
della societa', degli spettatori.
*
- Iwmf: "Radio/Tv 21" trasmette 24 ore al giorno, vero?
- Aferdita Kelmendi: Si', radio e tv. Adesso raggiungiamo ogni angolo del
Kosovo e l'Europa via satellite. Dal prossimo settembre potremo essere
ricevuti anche negli Usa e in Canada.
*
- Iwmf: Che differenza ha fatto, nella tua vita, vincere il "Premio per il
coraggio nel giornalismo"?
- Aferdita Kelmendi: Mi ha portato ancora piu' coraggio. Penso che la
differenza sia stata proprio questa. Piu' coraggio. So di non essere sola, e
che quando ne ho bisogno posso alzare il ricevitore del telefono e dirvi:
"Okay, ho bisogno di un po' piu' coraggio, oggi". Moralmente e' un grande
sostegno, sapere che il mondo non e' poi cosi' grande da impedirti di
raggiungere qualcuno quando ne hai bisogno.

6. RIFLESSIONE. A PROPOSITO DI RIFORMA ELETTORALE

A proposito di rifoma elettorale su questo vorremmo che si ponesse
attenzione: che occorre finalmente inverare nelle istituzioni pubbliche
elettive la democrazia, fin qui tragicamente dimidiata; che occorre qui e
adesso che finalmente vi sia una pari presenza di donne e di uomini.
Istituzioni in cui sono presenti quasi solo maschi, non sono istituzioni
realmente rappresentative di un'umanita' che si compone di due generi.
Istituzioni occupate da maschi in una societa' maschilista non sono
democratiche, ma corrive alla violenza che si concretizza nell'oppressione
di genere.
In una societa' in cui cosi' feroce e pervasiva e' la violenza maschilista,
ebbene, le istituzioni democratiche, gli ordinamenti giuridici, quella
violenza devono contrastare: ed a tal fine questo passo occorre qui e
adesso, una pari presenza di donne e di uomini nelle pubbliche assemblee
elettive tutte: dal consiglio comunale al parlamento europeo.
*
Riflessioni e proposte assai utili sono formulate negli appelli e nelle
iniziative di "50 e 50" (la campagna dell'Unione donne in Italia - la
storica Udi - per la democrazia paritaria, si veda il sito www.50e50.it) e
di "Usciamo dal silenzio" (l'appello e il movimento di donne che ha
suscitato una viva mobilitazione contro la violenza di genere nel nostro
paese, si veda il sito www.usciamodalsilenzio.org). Un dibattito sulla
riforma elettorale che non tenga conto della voce e delle proposte -
dell'esistenza, infine - delle donne e' un dibattito interno a una cultura e
a un potere oppressivi e antidemocratici; e una democrazia rappresentativa
che e' rappresentativa solo a meta' non e' una democrazia, ma un'altra cosa.

7. MEMORIA. LETIZIA TOMASSONE RICORDA DIETRICH BONHOEFFER
[Dal sito dell'Accademia apuana della pace (www.aadp.it) riprendiamo il
seguente intervento.
Letizia Tomassone (per contatti: ltomassone at chiesavaldese.org), pastora
valdese, gia' impegnata nell'esperienza di Agape, e' una delle figure piu'
prestigiose dell'impegno per la pace, di solidarieta', per i diritti umani.
Dietrich Bonhoeffer, nato a Breslavia nel 1906, pastore e teologo, fu ucciso
dai nazisti il 9 aprile del 1945; non e' solo un eroe della Resistenza, e'
uno dei pensatori fondamentali del Novecento. Opere di Dietrich Bonhoeffer:
Resistenza e resa (lettere e scritti dal carcere), Paoline, Cinisello
Balsamo (Mi) 1988; Etica, Bompiani, Milano 1969; presso la Queriniana di
Brescia sono stati pubblicati molti degli scritti di Bonhoeffer (tra cui
ovviamente anche Sanctorum Communio, Atto ed essere, Sequela, La vita
comune); e' in corso presso la Queriniana l'edizione italiana dell'edizione
critica delle opere di Bonhoeffer. Opere su Dietrich Bonhoeffer: Eberhard
Bethge, Dietrich Bonhoeffer, amicizia e resistenza, Claudiana, Torino 1995;
Italo Mancini, Bonhoeffer, Morcelliana, Brescia 1995; AA. VV., Rileggere
Bonhoeffer, "Hermeneutica" 1996, Morcelliana, Brescia 1996; Ruggieri (a cura
di), Dietrich Bonhoeffer, la fede concreta, Il Mulino, Bologna 1996; AA.
VV., Dietrich Bonhoeffer: un pensiero per il futuro, "Testimonianze" n.
443-444, settembre-dicembre 2005]

Dietrich Bonhoeffer (1906-1945) pastore evangelico tedesco imprigionato e
ucciso dal regime nazista per aver creato, insieme ad altri, un fronte di
opposizione e Resistenza all'interno della chiesa luterana tedesca: questo
fronte si chiamo' "Chiesa confessante" (cioe' che confessa Gesu' Cristo come
unico Signore, e non riconosce autorita' simile al Fuehrer). La Chiesa
confessante si espresse con alcuni sinodi clandestini di cui il piu'
importante fu quello di Barmen, 1934, in cui si affermo' l'autonomia della
chiesa dalla dittatura dello Stato (che voleva imporre vescovi nominati
dallo Stato e l'applicazione del paragrafo ariano anche all'interno della
chiesa). Bonhoeffer fu tra i professori del seminario clandestino della
Chiesa confessante, che formava pastori per le chiese che vivevano nella
Resistenza.
Di lui si e' celebrato nel 2006 il centenario dalla nascita.
La sua figura ha costituito un punto di riferimento importante per tutta la
teologia, protestante e cattolica, del dopoguerra. Nei due anni in cui
rimase in carcere scrisse infatti delle lettere in cui sviluppava intuizioni
su come stavano cambiando la societa' e la fede (Resistenza e resa. Lettere
e scritti dal carcere, Paoline, Cinisello Balsamo 1988). Le due assemblee
ecumeniche europee (Basilea 1989 e Graz 1997) che hanno raccolto per la
prima volta da Cinquecento anni le tre confessioni cristiane divise, hanno
preso spunto dalla sua proposta di "un grande concilio ecumenico per la
pace", lanciata nel 1934.
In particolare Bonhoeffer critica l'idea di un cristianesimo che si occupa
soprattutto dell'aldila', o di un "Dio tappabuchi" che viene usato solo per
spiegare cio' che gli esseri umani non sanno spiegare (la morte, la colpa, i
limiti della scienza...).
"Dio non e' un tappabuchi; Dio non deve essere riconosciuto solamente ai
limiti delle nostre possibilita', ma al centro della vita; Dio vuole essere
riconosciuto nella vita, e non solamente nel morire; nella salute e nella
forza, e non solamente nella sofferenza; nell'agire, e non solamente nel
peccato" (Resistenza e resa, p. 383). "Io vorrei parlare di Dio non ai
limiti ma al centro, non nelle debolezze, ma nella forza, non dunque in
relazione alla morte e alla colpa, ma nella vita e nel bene dell'uomo... La
Chiesa non sta la' dove vengono meno le capacita' umane, ai limiti, ma sta
al centro del villaggio" (Idem, p. 351).
Egli sviluppa inoltre l'idea che la chiesa debba stare in silenzio dopo aver
speso in modo cosi' ambiguo le sue parole per sostenere il potere. Il
silenzio e l'ascolto daranno vita a una chiesa capace di ritrovare le
parole, nella sequela della croce, e non nella ricerca del successo mondano.
"Verra' il giorno in cui degli uomini e delle donne saranno chiamati
nuovamente a pronunciare la parola di Dio in modo tale che il mondo ne sara'
cambiato e rinnovato. Sara' un linguaggio nuovo, forse completamente
non-religioso, ma capace di liberare e redimere, come il linguaggio di
Gesu', tanto che gli uomini ne saranno spaventati e tuttavia vinti dalla sua
potenza, il linguaggio di una nuova giustizia e di una nuova verita', il
linguaggio che annuncia la pace di Dio con gli esseri umani e la vicinanza
del suo Regno" (Idem, pp. 363-364).
La sua riflessione ha lasciato un segno importante, anche perche'
accompagnata dalla capacita' di agire per la giustizia sentendo che stare in
questa lotta quasi senza speranza contro il regime nazista era come prendere
sul serio "le sofferenze di Dio nel mondo: allora si veglia con Cristo nel
Getsemani".

8. INCONTRI. IL 12 APRILE A ROMA
[Da Maria Palazzesi (per contatti: m.palaz at libero.it) riceviamo e
diffondiamo.
Maria Palazzesi e' responsabile per la cultura della Casa Internazionale
delle donne (www.casainternazionaledelledonne.org).
Lea Melandri, nata nel 1941, acutissima intellettuale, fine saggista,
redattrice della rivista "L'erba voglio" (1971-1975), direttrice della
rivista "Lapis", e' impegnata nel movimento femminista e nella riflessione
teorica delle donne. Opere di Lea Melandri: segnaliamo particolarmente
L'infamia originaria, L'erba voglio, Milano 1977, Manifestolibri, Roma 1997;
Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli, Milano 1988, Bollati Boringhieri,
Torino 2002; Lo strabismo della memoria, La Tartaruga, Milano 1991; La mappa
del cuore, Rubbettino, Soveria Mannelli 1992; Migliaia di foglietti, Moby
Dick 1996; Una visceralita' indicibile, Franco Angeli, Milano 2000; Le
passioni del corpo, Bollati Boringhieri, Torino 2001. Dal sito
www.universitadelledonne.it riprendiamo la seguente scheda: "Lea Melandri ha
insegnato in vari ordini di scuole e nei corsi per adulti. Attualmente tiene
corsi presso l'Associazione per una Libera Universita' delle Donne di
Milano, di cui e' stata promotrice insieme ad altre fin dal 1987. E' stata
redattrice, insieme allo psicanalista Elvio Fachinelli, della rivista L'erba
voglio (1971-1978), di cui ha curato l'antologia: L'erba voglio. Il
desiderio dissidente, Baldini & Castoldi 1998. Ha preso parte attiva al
movimento delle donne negli anni '70 e di questa ricerca sulla problematica
dei sessi, che continua fino ad oggi, sono testimonianza le pubblicazioni:
L'infamia originaria, edizioni L'erba voglio 1977 (Manifestolibri 1997);
Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli 1988 ( ristampato da Bollati
Boringhieri, 2002); Lo strabismo della memoria, La Tartaruga edizioni 1991;
La mappa del cuore, Rubbettino 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996;
Una visceralita' indicibile. La pratica dell'inconscio nel movimento delle
donne degli anni Settanta, Fondazione Badaracco, Franco Angeli editore 2000;
Le passioni del corpo. La vicenda dei sessi tra origine e storia, Bollati
Boringhieri 2001. Ha tenuto rubriche di posta su diversi giornali: 'Ragazza
In', 'Noi donne', 'Extra Manifesto', 'L'Unita''. Collaboratrice della
rivista 'Carnet' e di altre testate, ha diretto, dal 1987 al 1997, la
rivista 'Lapis. Percorsi della riflessione femminile', di cui ha curato,
insieme ad altre, l'antologia Lapis. Sezione aurea di una rivista,
Manifestolibri 1998. Nel sito dell'Universita' delle donne scrive per le
rubriche 'Pensiamoci' e 'Femminismi'".
Stefano Ciccone, coordinatore del Parco scientifico dell'Universita' degli
studi di Roma "Tor Vergata", intellettuale e militante della sinistra
critica, e' da sempre impegnato per la pace e i diritti umani, e in una
profonda e acuta riflessione individuale e collettiva sull'identita'
sessuata e nell'analisi critica e trasformazione nonviolenta dei modelli e
delle culture del maschile all'ascolto del pensiero e delle prassi dei
movimenti delle donne; e' uno dei promotori dell'appello "La violenza contro
le donne ci riguarda".
Anna Maria Crispino e' nata a Napoli, ma vive e lavora a Roma; giornalista,
si occupa prevalentemente di questioni internazionali; ha ideato la rivista
"Leggendaria - Libri, letture, linguaggi" che dirige dal 1987; e' tra le
socie fondatrici - e attualmente presidente - della Societa' Italiana delle
Letterate.
Rosi Braidotti, nata in Italia, cresciuta in Australia, Rosi Braidotti ha
studiato a Parigi e oggi vive e insegna in Olanda, presso l'Universita' di
Utrecht, dove e' docente di Women's Studies e dirige la Netherlands Research
School of Women's Studies; e' coordinatrice di "Athena", il progetto di
scambi e ricerche di Women's Studies nell'ambito del programma "Socrates"
della Commissione dell'Unione Europea. Opere di Rosi Braidotti in edizione
italiana: (con Patrizia Magli e Nancy Huston), Le donne e i segni, Il Lavoro
Editoriale, 1985, Transeuropa, 1988; Dissonanze. Le donne e la filosofia
contemporanea, La Tartaruga, Milano 1994; Soggetto nomade. Femminismo e
crisi della modernita', Donzelli, Roma 1995; Madri, mostri, macchine,
Manifestolibri, Roma 1996, 2005; Per un femminismo nomade, Stampa
Alternativa, Viterbo 1996;Nuovi soggetti nomadi. Transizioni e identita'
postnazionaliste, Luca Sossella, 2002; In metamorfosi. Verso una teoria
materialistica del divenire, Feltrinelli, Milano 2003]

La Casa internazionale delle donne ha promosso un ciclo di incontri sul tema
"Singolari differenze. Differenze generi diversita': luoghi e spazi della
molteplicita'. Per un buon uso delle parole".
Un percorso di approfondimento e di studio articolato in piu' moduli
integrati e ispirati alla logica di lavoro di laboratorio, che permetta di
partire dall'esperienza e singolare e plurale per restarle fedele quale
luogo di  molteplicita' in continuo fare/farsi e disfare/disfarsi. Bello,
brutto, eccesso, mostruosita', singolare, plurale trovano nuovi spazi di
dislocazione, che nella politica femminista della differenza sessuale e
nella costruzione di una sessualita' a partire dall'esperienza dei corpi,
innanzitutto il proprio, hanno avuto origine. La distinzione tra corpo
biologico e corpo parlante ed il primato di quest'ultimo sul primo stanno
alla base di una rivoluzione di pensiero e di pratiche gia' rese operative,
disconoscere la quale non puo' che contribuire a produrre arretramenti
culturali e politici del vivere in comune.
*
Giovedi' 12 aprile 2007, ore 18,30, sala Simonetta Tosi, Casa internazionale
delle donne, via della lungara 19, Roma: quinta lettura. Lea Melandri,
Stefano Ciccone e altri leggono Il linguaggio delle relazioni, n. 6/2006
della rivista "Pedagogika".
*
Incontro successivo: giovedi' 19 aprile, ore 18,30: Approfondimenti. Anna
Maria Crispino: Il futuro che e' gia' presente: ragionando di madri, di
mostri e di macchine con Rosi Braidotti.
*
Per informazioni: Casa internazionale delle donne, via della lungara 19,
Roma, tel. 0668193001 - 3476207940.

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell’ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell’uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

10. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 54 del 9 aprile 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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