Minime. 29



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 29 del 15 marzo 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Liberte', egalite', fraternite'
2. Enrico Piovesana: Un'operazione militare italo-spagnola in Afghanistan
3. Giovanna Providenti: Carla Lonzi attraverso le pagine del suo diario
4. Murray Bookchin: Per una societa' ecologica
5. A proposito di diritti umani
6. Riletture: Franco Basaglia, Conferenze brasiliane
7. Riletture: Franco Basaglia, L'utopia della realta'
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. LIBERTE', EGALITE', FRATERNITE'
[Daniele Mastrogiacomo, giornalista, e' stato rapito alcuni giorni fa in
Afghanistan]

Liberate Daniele Mastrogiacomo. Non perche' e' un giornalista di un paese
ricco: perche' e' un essere umano.
E liberate il popolo afgano.
*
Cessate di fare la guerra.
Cessate di rapinare, reprimere, uccidere i poveri.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

2. GUERRA. ENRICO PIOVESANA: UN'OPERAZIONE MILITARE ITALO-SPAGNOLA IN
AFGHANISTAN
[Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente
articolo del 14 marzo 2007.
Enrico Piovesana, giornalista, lavora a "Peacereporter.net", per cui segue
la zona dell'Asia centrale e del Caucaso; nel maggio 2004 e' stato in
Afghanistan in qualita' di inviato]

Soldati italiani e spagnoli della Forza di Reazione Rapida (Qrf) - basata ad
Herat e comandata dal generale italiano Antonio Satta - sono impegnati in
un'operazione militare nell'ovest dell'Afghanistan volta a
"impermeabilizzare" la frontiera tra le province occidentali (Farah, Herat,
Ghor e Badghis) e quella meridionale di Helmand, dov'e' in corso l'offensiva
della Nato "Achille".
*
Lo scopo della missione
Stando a quanto dichiarato dal portavoce spagnolo, l'operazione - appena
iniziata e che durera' almeno fino al 10 aprile - ha come scopo quello di
"ridurre le possibilita'" che i talebani "provino a scappare" dall'offensiva
della Nato in Helmand verso "altre regioni del paese, tra cui quelle
occidentali". In sostanza, si tratta di sparare contro i guerriglieri che
tentano di fuggire dalle bombe Nato. Alla missione partecipano truppe
dell'esercito e delle forze di polizia afgane.
*
Le forze italiane coinvolte
Le forze spagnole impegnate nell'operazione sono quelle inquadrate nella
"Quick Reaction Force" di Herat, ovvero la Brigata Cacciatori di Montagna
"Aragon" 1.
Le forze italiane che fanno parte della Qrf - e che quindi parteciperebbero
all'operazione - sono i 90 soldati della Prima Compagnia "Cobra" del 66mo
Reggimento fanteria aeromobile "Trieste" di Forli' (comandata dal capitano
Matteo Luciani, giunta in Afghanistan lo scorso 12 settembre) e i circa 120
soldati delle nostre forze speciali: incursori di Marina del "Comsubin" e
para' del "Col Moschin".
*
Smentite e mezze conferme da Roma
Dopo le iniziali smentite del ministero della Difesa italiano, nel
pomeriggio il sottosegretario alla Difesa Lorenzo Forcieri ha confermato la
partecipazione italiana all'operazione, definendola "un'operazione normale,
condotta secondo le regole che sono state stabilite, per cui teniamo sotto
controllo le vie di comunicazione in modo da impedire che attraverso di esse
ribelli o terroristi inseguiti, possano venire a trovare rifugio in questa
zona". "Non c'e' nulla che il governo vuole nascondere", ha concluso
Forceri.
Ma allora perche' il governo ha parlato solo dopo che la notizia e'
trapelata dalla Spagna. E perche', inizialmente, il ministero della Difesa
aveva seccamente smentito?

3. MEMORIA. GIOVANNA PROVIDENTI: CARLA LONZI ATTRAVERSO LE PAGINE DEL SUO
DIARIO
[Dalla rivista mensile "Noi donne" di marzo 2007 riprendiamo il seguente
articolo (disponibile anche nel sito www.noidonne.org).
Giovanna Providenti (per contatti: g.providenti at uniroma3.it) e' ricercatrice
nel campo dei peace studies e women's and gender studies presso
l'Universita' Roma Tre, saggista, si occupa di nonviolenza, studi sulla pace
e di genere, con particolare attenzione alla prospettiva pedagogica. Ha due
figli. Partecipa  al Circolo Bateson di Roma. Scrive per la rivista "Noi
donne". Ha curato il volume Spostando mattoni a mani nude. Per pensare le
differenze, Franco Angeli, Milano 2003, e il volume La nonviolenza delle
donne, "Quaderni satyagraha", Firenze-Pisa 2006; ha pubblicato numerosi
saggi su rivista e in volume, tra cui: Cristianesimo sociale, democrazia e
nonviolenza in Jane Addams, in "Rassegna di Teologia", n. 45, dicembre 2004;
Imparare ad amare la madre leggendo romanzi. Riflessioni sul femminile nella
formazione, in M. Durst (a cura di), Identita' femminili in formazione.
Generazioni e genealogie delle memorie, Franco Angeli, Milano 2005;
L'educazione come progetto di pace. Maria Montessori e Jane Addams, in
Attualita' di Maria Montessori, Franco Angeli, Milano 2004. Scrive anche
racconti e ha in cantiere un libro dal titolo Donne per, sulle figure di
Jane Addams, Mirra Alfassa e Maria Montessori.
Carla Lonzi e' stata un'acutissima intellettuale femminista, nata a Firenze
nel 1931 e deceduta a Milano nel 1982, critica d'arte, fondatrice del gruppo
di Rivolta Femminile. Opere di Carla Lonzi: Sputiamo su Hegel, Scritti di
Rivolta Femminile, Milano 1974, poi Gammalibri, Milano 1982; Taci, anzi
parla. Diario di una femminista, Scritti di Rivolta Femminile, Milano 1978;
Scacco ragionato, Scritti di Rivolta Femminile, Milano 1985. Opere su Carla
Lonzi: Maria Luisa Boccia, L'io in rivolta. Vissuto e pensiero di Carla
Lonzi, La Tartaruga, Milano 1990]

Per parlare della fondatrice del femminismo italiano - Carla Lonzi
(1931-1982) - alle lettrici di "Noidonne" posso permettermi il lusso di
tralasciare i dettagli della sua biografia ed andare al dunque di quello che
mi preme dire a proposito di lei: la tensione di vita, intensita' e
autenticita' del suo percorso di liberazione fatto di molti e sofferti
"passaggi di esperienza".
Dal 1972 al 1977 Carla scrive un diario (da lei stessa pubblicato nel 1978)
in cui giorno dopo giorno annota il dramma quotidiano della propria vita,
non per "far quadrare il cerchio" quanto per dare corpo all'espressione di
se'. Per dirla con le sue parole: "le donne osano mostrare il risultato del
loro pensiero, ma non il dramma della propria vita. Neppure a se stesse. A
me invece interessa in che modo, attraverso quali passaggi di esperienza,
quali gesti, tono, decisioni, conflitti, si arriva a quelle conclusioni".
Tutta "la tensione della propria vita" e' stata protesa a sperimentare
percorsi di liberazione possibili, mettendosi in gioco interamente. Percorsi
narrati nelle pagine del diario per comprenderne meglio il senso e, se
necessario, modificarne il tragitto: non rinunciando mai a "mettere in
scacco i propri pensieri uno a uno", come scriveva all'inizio del suo
percorso femminista nella poesia che avrebbe poi dato il titolo alla
raccolta poetica: Scacco ragionato.
La sua esperienza di affrancazione personale, che cammina di pari passo
all'"avventura di capirci qualcosa", e' continua, inesauribile e mai
scontata, perche' sempre in contatto con la concretezza, e con l'imprevisto,
della vita. Contatto che le ha permesso di stare su "un altro piano", e di
accorgersi dei limiti di ogni ideologia, e della complessita' di una
liberazione femminista, che prenda corpo dalla autentica messa in
discussione dei miti patriarcali, a partire dai condizionamenti (o
ambizioni) presenti in noi stesse e dalla difficolta' a liberarcene.
"Muoversi su un altro piano: questo e' il punto su cui difficilmente
arriveremo ad essere capite, ma e' essenziale che non manchiamo di
insistervi". Solo ponendosi su un altro piano e' possibile far perdere alla
cultura patriarcale "la certezza della sua opera". L'altro piano e' quello
che va oltre la polemica diretta, la contrapposizione, e che privilegi
percorsi di autenticita', "smantellando i miti e trovando dentro se stessa
la propria integrita'": "ci vuole piu' forza a mostrarsi spogliate che a
barricarsi dietro la parola consacrata; ci vuole forza ad avere il coraggio
della semplicita'".
Nel diario le "fasi di esperienza" trapelano senza filtri, in uno sforzo
costante di "vedere le cose come stanno". Lei stessa ne parla come "una
specie di vergogna quotidiana, privatissima... non spedivo la maggior parte
delle lettere in cui parlavo di me... perche' incepparmi anche li' era
angosciante, come angosciante era accorgermi che gira e gira finivo per
volere e sapere parlare solo di me. Scoprire questo bisogno irrefrenabile mi
umiliava...". E al tempo stesso ne afferma la validita': "Il diario, la
presa di coscienza rende tutti uguali. Tutti fragili, tutti ugualmente
intelligenti e stupidi, ingannati, ingannabili, umiliati dalla scoperta del
trave nel proprio occhio. Nessuno sfugge a questo. Nel diario Hegel e io
siamo uguali. Anche Cristo che, sudando sangue dice 'L'anima mia e' triste
fino alla morte' e soffre perche' gli amici lo lasciano solo nell'imminenza
del martirio, e' uno come me".
Questa identificazione con Cristo e con Hegel (di cui Lonzi e' attenta
lettrice e su cui ha scritto il saggio Sputiamo su Hegel) non e' un atto di
presunzione intellettuale bensi' la conseguenza di processi continui di
approfondimento, smascheramento e ricerca di se', consapevole dell'inganno
che si puo' celare dietro ogni risposta trovata. In Armande sono io,
pubblicato postumo, scriveva: "nella vita ci sento di questi momenti in cui
sei costretta a spogliarti non solo dei vestiti, come a dire di un'identita'
piu' convenzionale e sociale, fino a restare nuda, ma poi anche quella
nudita' va sostituita con un'epidermide piu' fresca, piu' sensibile, meno
coriacea. Ti rinnovi anche all'interno della tua identita' piu' vera".
*
Ecco perche' Carla preferiva usare il termine liberazione che, a differenza
di liberta', implica l'idea del processo, dell'aspirazione, che non si
accontenta del primo obiettivo raggiunto. "Quello che manca - scriveva nel
diario - e' proprio l'autocoscienza e il passare attraverso tante fasi.
Ognuno sembra incarognirsi in una che diventa sua tipica".
E ancora, paragonandosi poeticamente a Teresa d'Avila scriveva nel diario,
il 6 febbraio 1974: "Mi ritrovo nei tormenti/ interiori senza perche'/ nei
patimenti e nei dubbi/ generati dall'anima stessa/ via via che cresce./ Lei
si chiedeva/ Proviene da Dio o dal Demonio?/ E io: Sono me stessa?/ Si
ammalava moriva/ di quella pena poi risorgeva/ e sgrammaticatissima/ ne
scriveva" (p. 550).
Lo scrivere sgrammaticatissimo e' una scrittura non dettata da fini
artistici ma da una esigenza di autenticita' da cui si sviluppa il desiderio
di stare in relazioni piu' significative, avendo scoperto dell'altro/a
qualcosa di inaspettato.
Si accorge che per realizzare la propria presenza nel mondo non le basta
"realizzarsi", sentirsi riconosciuta: vuole stare in relazioni di
autenticita' e reciprocita' con altri esseri umani.
Ed e' ancora il diario a registrare il dialogo, tra lei e coloro con cui
sceglie di interloquire.
Porsi come interlocutore e interlocutrice per come si e', senza costruirsi
muraglie intorno, presuppone un lavoro non indifferente di personale
individuazione (che e' diverso della costruzione perche' si svolge
dall'interno). Tale lavoro risulta essere gia' in stato avanzato nel diario
pubblicato di Carla Lonzi, avendo alle spalle anni e anni di presa di
coscienza di se', compiuta dapprima attraverso la scrittura privata, le
poesie, e poi attraverso la partecipazione attiva al femminismo, le prese di
posizione autonome e originali e un instancabile lavoro di autocoscienza
personale e collettiva svolta con le amiche del gruppo di Rivolta Femminile,
di cui Carla e' stata fondatrice.
*
Io credo valga la pena non lasciare che Carla Lonzi rimanga solo un nome
noto a tutto il femminismo, ma di cui poche hanno letto i suoi testi (anche
perche' e' cosi' difficile reperirli).
Cosi' come sono persuasa che la produzione privata di donne come lei vada
valorizzata. Non e' possibile ridurre ad un istante fermo cio' che invece
sta in un processo in continuo movimento e cambiamento, tra persuasioni,
paure, emozioni, riflessioni, ripensamenti: "con tutte le complicazioni e
amplificazioni nervose", diceva Carla.
Certo, per conoscere tali esperienze c'e' sempre la possibilita' di
sperimentarle in prima persona: passaggio dopo passaggio, per arrivare "al
miliardesimo attimo" in cui toccando questa terra posso "sentire l'oro",
come e' capitato a lei.
Le modalita' e i contenuti saranno solo nostri, da Carla potremmo imparare
la "tensione di vita", "l'intensita'". E alcuni piccoli suggerimenti
pratici: al risveglio ogni mattina trascrivere i sogni sul proprio diario, e
poi magari rileggerli dopo mesi, o anni; scrivere lettere ad amici e amiche,
anche senza spedirle, per fare emergere quello che e' mancato, i non detti,
i fraintendimenti della relazione; e poi osservarsi dentro con molta
attenzione e, soprattutto, poco giudizio.
Sarebbe bello potere leggere di piu' Carla Lonzi: fare nuovi edizioni dei
suoi testi pubblicati e conoscere cosa resta di inedito. Sarebbe un grande
dono per tantissime donne di oggi, assetate di autenticita' come lei.
E potrebbe essere un'occasione per imparare a non fraintenderla, cogliendo
di lei sia la sua "porzione di luce" sia la sua "porzione di cecita'".
Scriveva nel diario il 3 febbraio 1974: "nei miei scritti c'erano dignita',
castigatezza, commozione oltre che sdegno e dolore che ne facevano un
amalgama particolare, non un atteggiamento ideologico e strafottente. Pero'
non so quanti saranno ad accorgersene".
Io ci sto provando... ad accorgermi di lei.
E, attraverso lei, passando da me, a imparare a esigere relazioni umane
autentiche.

4. RIFLESSIONE. MURRAY BOOKCHIN: PER UNA SOCIETA' ECOLOGICA
[Dalla rivista mensile diretta da Goffredo Fofi "Lo straniero", n. 81, marzo
2007 (disponibile anche nel sito: www.lostraniero.net) riprendiamo i
seguenti due estratti dal libro di Murray Bookchin, Per una societa'
ecologica (nella traduzione di Roberto Ambrosoli). Il testo e' preceduto
dalla nota redazionale che qui trascriviamo: "La stampa italiana ha ignorato
del tutto la scomparsa di Murray Bookchin (New York 1921 - Burlington 2006),
scienziato, filosofo, militante politico, grande ecologista. Figlio di
immigrati russi, fu comunista in gioventu' staccandosi dal partito nel 1939
in seguito al patto tra Molotov e Ribbentrop, cioe' tra Stalin e Hitler, e
divento' socialista libertario. Fu attivo organizzatore di lotte nel settore
dell'automobile, prima di mettersi a scrivere saggi e pamphlet con vari
pseudonimi, in inglese e in tedesco, e di prendere parte attiva nella storia
della controcultura e della nuova sinistra negli Usa. Tra i suoi libri editi
in italiano, una minima parte di quelli che ha scritto, vanno ricordati I
limiti della citta' (Feltrinelli, 1975) e presso Eleuthera L'ecologia della
liberta', il suo saggio piu' importante, e Per una societa' ecologica, da
cui abbiamo tratto i due brani che seguono e che fu scritto su suggerimento
di Amedeo Bertolo e Rossella Di Leo, responsabili della casa editrice
milanese, e pubblicato nel 1989, e infine Democrazia diretta. Va anche
ricordato L'idea dell'ecologia sociale (Ila Palma). Il discorso ecologico ha
trovato in Bookchin la sua elaborazione piu' serrata e insieme piu' aperta,
all'interno di una idea di rivoluzione assolutamente moderna e di una piu'
vasta riflessione filosofica sulla dialettica della natura. Dal 1974 era uno
dei principali animatori dell'Institute for Social Ecology di Plainfield,
nel Vermont, da lui fondato assieme all'antropologo culturale Daniel
Chodorkoff. Bookchin e' stato molto spesso in Italia per conferenze e
convegni".
Murray Bookchin, pensatore e militante libertario americano, e' stato tra i
principali punti di riferimento della "ecologia sociale"; nato a New York
nel 1921, figlio di emigrati russi (la nonna materna era una rivoluzionaria
populista), ha fatto l'operaio metalmeccanico, il sindacalista, lo
scrittore, il docente universitario; e' deceduto sul finire di luglio 2006.
Tra le opere di Murray Bookchin: I limiti della citta', Feltrinelli, Milano
1975; Post-scarcity anarchism, La Salamandra, Milano 1979; L'ecologia della
liberta', Eleuthera, Milano 1988 (terza edizione); Per una societa'
ecologica, Eleuthera, Milano 1989; Filosofia dell'ecologia sociale, Ila
Palma, Palermo 1993; Democrazia diretta, Eleuthera, Milano 1993. Un'ampia
scheda biografica e un'ampia bibliografia di Bookchin sono nel n. 1438 de
"La nonviolenza e' in cammino"]

Le idee fondamentali che ho sviluppato in quasi tutti i miei scritti sono
riconducibili al concetto che la maggior parte dei nostri problemi ecologici
ha Ie sue radici in problemi sociali e che l'attuale disarmonia tra umanita'
e natura puo' essere ricondotta essenzialmente ai conflitti sociali. Non
credo che si possa giungere a un equilibrio tra umanita' e natura se non si
trova un nuovo equilibrio - basato sulla liberta' dal dominio e dalla
gerarchia - in seno alla societa'. Per l'appunto, ho chiamato "ecologica"
questa nuova societa' ipotizzata e ho definito il mio pensiero come ecologia
sociale. L'ecologia sociale non e' ne' ecologia "umana" ne' ecologia
"profonda", termini e concezioni che tendono a deviare la nostra attenzione
dagli aspetti sociali dell'attuale crisi ecologica. E' necessario affrontare
onestamente il fatto che, se non trasformiamo la societa' in senso
libertario, gli atteggiamenti e le istituzioni che ci spingono follemente
verso il disastro ecologico continueranno a operare, nonostante tutti gli
sforzi che si possono dedicare a riformare il sistema sociale dominante.
Quel che ritengo della massima importanza e' di mostrare che l'ecologia
sociale e' un corpus teorico coerente, che cerca non solo di spiegare il
perche' dell'attuale sfascio ecologico ma anche di trovare un terreno
comune, una base unificante per le tematiche ambientaliste, femministe,
classiste, urbane e rurali. Fu dal nascente dominio di esseri umani su altri
esseri umani, cominciato tanto tempo fa - prima ancora che emergessero le
classi economiche e lo Stato - che si sviluppo' l'idea del dominio sulla
natura (in realta' non ci e' possibile dominare la natura piu' di quanto ci
si possa sollevare tirandosi per le stringhe). Quello che si andava
affermando nell'ambito sociale era invece dominio reale: dominio dei vecchi
sui giovani nelle gerontocrazie, degli uomini sulle donne nel patriarcato,
di un gruppo etnico su un altro gruppo etnico nelle gerarchie razziali,
della citta' sulla campagna nelle civilta' urbane... Tutte queste forme di
dominio hanno un'origine e una natura comune: sono sistemi di
comando-obbedienza basati su istituzioni gerarchiche.
Le implicazioni ecologiche di questi sistemi sono piu' rilevanti ancora
delle loro determinazioni economiche, in quanto comportano la distruzione di
valori ecologici quali la complementarita', il mutuo appoggio, il senso del
limite, un profondo sentimento comunitario e una concezione organica fondata
sull'unita' nella diversita'. Questi valori e le istituzioni in cui si sono
incarnati sono ora sostituiti dalla competizione, dall'egoismo, dalla
crescita illimitata, dall'anomia e da una razionalita' puramente
strumentale, vale a dire dalla convinzione che la ragione non e' altro che
uno "strumento", una "destrezza" nell'adeguare i mezzi ai fini e non un
carattere inerente a una realta' ordinata e comprensibile. Questo vasto
insieme di categorie "moderne", che gioca un ruolo alienante sia nelle
nostre interrelazioni umane sia nel nostro rapporto collettivo con la
natura, trova la sua espressione piu' nefasta nel capitalismo - sia il
capitalismo privato all'Ovest sia il capitalismo burocratico all'Est - cioe'
in un sistema di "crescere-o-morire" (vale a dire di accumulazione senza
fine di capitale come funzione di sopravvivenza in un mercato
concorrenziale), che minaccia di distruggere tutta la biosfera a meno che
non venga sostituito da un nuovo assetto sociale radicalmente diverso.
Una tale trasformazione sociale non implica semplicemente l'istituzione di
nuove relazioni economiche relative al possesso o al controllo della
proprieta'. Essa comporta l'acquisizione di una nuova sensibilita'
antiautoritaria, lo sviluppo di nuove tecnologie che armonizzino il nostro
rapporto con la natura, di nuove comunita' urbane che vivano in equilibrio
con la campagna, di nuovi rapporti sociali basati sull'assistenza e sulla
responsabilita' reciproca, di nuove forme di sviluppo qualitativo
sostitutive di una crescita quantitativa fine a se stessa. Come queste idee
siano tra loro interconnesse e siano alla base di recenti movimenti sociali
come quello ecologico, quello femminista e quello comunitario, e come esse
consentano anche un nuovo approccio a movimenti tradizionali legati a
problemi come la miseria, lo sfruttamento economico, il dominio di classe,
il razzismo e l'imperialismo... tutta questa tematica attraversa il presente
libro, sviluppata in una prospettiva ecologica.
Se il movimento ecologico, alla cui nascita negli Stati Uniti ho contribuito
una trentina d'anni fa, si ritraesse dall'arena sociale, alla ricerca di una
vita privata "sana", o se ingenuamente si volgesse a una pura pratica
elettorale, alla ricerca di influenza e potere, la perdita per tutti noi
sarebbe irreparabile. Ho visto i cosiddetti "verdi" europei fare continui
compromessi con il sistema sociale dominante, allo scopo di acquisire
"potere"... con l'unico risultato d'essere progressivamente assorbiti da
quello stesso potere che cercavano di trasformare. Il pensiero ecologico
puo' oggi fornire la piu' rilevante sintesi d'idee che si sia vista dopo
l'Illuminismo. Puo' aprire prospettive per una pratica che possa veramente
cambiare l'intero paesaggio sociale dei nostri tempi. Lo stile "militante"
che i lettori troveranno in questo libro nasce da un preoccupato senso
d'urgenza. E' urgente e di vitale importanza non lasciare che un modo
ecologico di pensiero e il movimento che ne puo' derivare finisca con il
degenerare in nuove forme di politica statal-nazionale e in tornei
partitici, da un lato, e/o in variopinte mode mistiche e spiritualistiche
portatrici di quietismo e passivita' sociale, dall'altro.
C'e' una via, che non e' ne' quella della politica convenzionale - cioe' la
politica statuale - ne' quella del quietismo mistico: e' la politica
diretta, la politica "di base", fondata sulla mobilitazione comunitaria e
sul federalismo municipale, un federalismo che puo' mettere in crisi la
centralizzazione statalistica e la concentrazione capitalistica che segnano
in modo nefasto la nostra epoca. E di questo mi occupo nella parte finale
del libro.
La verita' non e' mai stata semplice, unidimensionale. Spesso e' un sottile
filo rosso, per cosi' dire, che attraversa un labirinto di errori in cui
facilmente cadiamo se ci manca una visione chiara e coerente della realta'.
E' questo sottile filo rosso che ho cercato di seguire. Ed e' questo filo
che il lettore o la lettrice deve cercare e seguire fino alla fine, con la
sua propria capacita' di guardare oltre il presente stato delle cose. Per il
resto il libro parla da se'.
*
Lo sviluppo del capitalismo inglese nel XVIII secolo, e la sua vittoria nel
XIX, hanno alterato radicalmente tali prospettive. Per la prima volta, la
competizione veniva vista come "salutare", il commercio come "libero",
l'accumulo di ricchezza come prova di "parsimonia", e l'egoismo come prova
di un interesse per se stesso che ha lavorato come "mano nascosta" al
servizio del "bene pubblico". Concetti come "salute", "liberta'",
"parsimonia" e "bene pubblico" sarebbero serviti a giustificare l'espansione
illimitata e il saccheggio spudorato della natura, e degli esseri umani.
Durante la rivoluzione industriale i proletari inglesi non hanno sofferto
meno delle grandi mandrie di bisonti sterminati nelle praterie americane. I
valori e le comunita' umane non sono stati oggetto di minor violenza che gli
ecosistemi animali e vegetali distrutti nelle foreste dell'Africa e
dell'America Latina. Parlare del saccheggio perpetrato dall'"umanita'" ai
danni della natura significa mistificare la realta' della selvaggia
spoliazione perpetrata da uomini ai danni di altri uomini, cosi'
efficacemente descritta nei romanzi di Dickens e di Zola. Il capitalismo ha
separato da se stessa la specie umana altrettanto brutalmente e crudelmente
di quanto abbia separato la societa' dalla natura.
La competizione ha cominciato cosi' a permeare di se' ogni aspetto della
societa', non limitandosi a mettere i capitalisti l'uno contro l'altro per
il controllo del mercato. Ha messo i compratori contro i venditori, il
bisogno contro l'avidita', l'individuo contro l'individuo ai livelli piu'
elementari dei rapporti umani. Sul mercato, ogni persona affronta le altre
con un ringhio, anche tra i lavoratori ciascuno dei quali cerca per ragioni
di semplice sopravvivenza di avere la meglio sull'altro.
Nessun moralismo, nessun pietismo puo' cambiare il fatto che la rivalita',
ai livelli financo molecolari della societa', e' una regola borghese di
esistenza, nel senso piu' stretto del termine "esistenza". Accumulare per
togliere, far fuori o comunque assorbire il concorrente e' una condizione
essenziaIe all'esistenza in un assetto economico capitalistico.
Che anche la natura sia una vittima di questa furia sociale competitiva,
accumulativa ed espansiva, dovrebbe essere ovvio, se non fosse che esiste
una forte tendenza a farne risalire le origini alla tecnologia e
all'industria come tali. Che la tecnologia moderna esalti certi fondamentali
fattori economici, cioe' lo sviluppo inteso come regola di vita in
un'economia competitiva e la mercificazione dell'umanita' e della natura, e'
un fatto evidente. Ma la tecnologia e l'industria come tali non trasformano
ogni ecosistema, specie, porzione di suolo, corso d'acqua, e anche gli
oceani e l'aria, in un mero oggetto di sfruttamento. Essi non monetizzano
ne' danno un prezzo a tutto cio' che puo' essere sfruttato nell'ambito della
lotta competitiva per la sopravvivenza e lo sviluppo. Parlare di "limiti di
crescita" in seno a un'economia di mercato capitalistica non ha alcun senso,
cosi' come non ne ha parlare di limiti della guerra in una societa'
guerriera. Gli scrupoli morali cui oggi danno voce tanti ambientalisti
sapientoni sono tanto ingenui quanto quelli delle multinazionali sono
fasulli. Il capitalismo non puo' essere "persuaso" a porre un freno al suo
sviluppo, cosi' come non si puo' "persuadere" un essere umano a smettere di
respirare. I tentativi di realizzare un capitalismo "verde", o "ecologico",
sono condannati all'insuccesso a causa della natura stessa del sistema, che
e' un sistema di crescita continua.
In effetti, i concetti piu' fondamentali dell'ecologia, come l'attenzione
all'equilibrio, lo sviluppo armonioso verso una maggiore differenziazione, e
infine l'evoluzione verso una maggiore soggettivita' e consapevolezza, si
contrappongono radicalmente a un'economia che omogeneizza citta', natura e
individuo, e che mette gli esseri umani gli uni contro gli altri e contro
natura, con una ferocia che finira' per distruggere il pianeta. Per
generazioni i pensatori di sinistra hanno detto la loro circa i "limiti
intrinseci" del sistema capitalistico, i meccanismi "interni" che
l'avrebbero portato inevitabimente all'autodistruzione. Marx si e'
guadagnato il plauso di schiere infinite di autori per aver previsto che il
capitalismo sarebbe crollato e sarebbe stato sostituito dal socialismo, in
seguito a una crisi cronica che avrebbe comportato perdita di profitto,
stagnazione economica e lotta di classe da parte di un proletariato sempre
piu' impoverito. Osservando oggi gli immensi squilibri biogeochimici che
hanno aperto buchi nello strato di ozono dell'atmosfera e innalzato la
temperatura del nostro pianeta in seguito all'"effetto serra", tali Iimiti
appaiono chiaramente di natura ecologica. Quale che possa essere il destino
del capitalismo come sistema con i suoi specifici "limiti interni" sul piano
economico, possiamo comunque affermare apertamente che esso ha dei limiti
esterni sul piano ecologico.
Certo, il capitalismo incarna totalmente la nozione bakuniniana di "male",
senza peraltro essere "socialmente necessario". Dopo il sistema
capitalistico non ci sono altre "svolte" della storia. Esso segna il termine
del percorso di un lungo sviluppo sociale in cui il male ha permeato di se'
il bene e l'irrazionalita' ha prevalso sulla razionalita'. Per la societa' e
il mondo naturale, in effetti, il capitalismo costituisce un punto di
negativita' assoluta. Non e' possibile migliorarlo, ricostruirlo o
rinnovarlo, semplicemente aggiungendo al termine un prefisso di moda
("eco-capitalismo"). L'unica alternativa possibile e' distruggerlo, perche'
esso incarna tutte le malattie della societa', patriarcato, sfruttamento,
statalizzazione, egoismo, militarismo, sviluppo fine a se stesso, che hanno
afflitto la "civilta'" e inquinato tutte le sue conquiste.

5. LE ULTIME COSE. A PROPOSITO DI DIRITTI UMANI

Quando verranno aboliti i campi di concentramento per gli immigrati in
Italia?
Quando cessera' l'Italia di partecipare a guerre terroriste e stragiste?

6. RILETTURE. FRANCO BASAGLIA: CONFERENZE BRASILIANE
Franco Basaglia, Conferenze brasiliane, Raffaello Cortina Editore, Milano
2000, pp. XXII + 266, lire 26.000. A cura di Franca Ongaro Basaglia e Maria
Grazia Giannichedda, la trascrizione delle conferenze (ma si tratta
piuttosto di colloqui corali, di assemblee aperte) tenute da Franco Basaglia
nel 1979 a San Paolo, Rio de Janeiro e Belo Horizonte, con note introduttive
delle curatrici e una postfazione sui movimenti per la salute mentale in
Brasile dagli anni Ottanta di Fernanda Nicacio, Paulo Amarante, Denise Dias
Barros.

7. RILETTURE. FRANCO BASAGLIA: L'UTOPIA DELLA REALTA'
Franco Basaglia, L'utopia della realta', Einaudi, Torino 2005, pp. LVIII +
332, euro 22. A cura di Franca Ongaro Basaglia e con un'ampia introduzione
di Maria Grazia Giannichedda, un'essenziale antologia degli scritti di
Franco Basaglia, che a diciassette dei circa sessanta saggi gia' raccolti
nella fondamentale ed insostituibile edizione degli Scritti (2 volumi,
Einaudi, Torino 1981-1982, a cura di Franca Ongaro Basaglia) aggiunge il fin
qui inedito in italiano saggio a quattro mani di Franca e Franco "Condotte
perturbate" scritto nel 1978 per l'Encyclopedie de la Pleiade.

8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell’ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell’uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

9. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 29 del 15 marzo 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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