La nonviolenza e' in cammino. 1231



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1231 dell'11 marzo 2006

Sommario di questo numero:
1. Un laboratorio su "Pensiero femminile e nonviolenza di genere"
all'Universita' di Palermo
2. Umberto Eco: Appello agli indecisi
3. Intervista a Terry McGovern sul progetto "Modelli di resistenza"
4. Medici obiettori al porto d'armi
5. Paolo Cacciari presenta "Capitalismo natura socialismo" a cura di
Giovanna Ricoveri
6. Anna Folli presenta "Scritti militanti" di Sibilla Aleramo
7. Carlo Ottino presenta due libri di Jean-Marie Muller ed Enrico Peyretti
8. Nico Accidiosi: Ancora su questa giraffa
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'

1. INIZIATIVE. UN LABORATORIO SU "PENSIERO FEMMINILE E NONVIOLENZA DI
GENERE" ALL'UNIVERSITA' DI PALERMO
[Ringraziamo Valeria Ando' (per contatti: andov at tele2.it) per averci inviato
la seguente bella notizia, e soprattutto per aver fortemente voluto e
concretamente promosso l'iniziativa che ne e' oggetto. Valeria Ando',
docente di Cultura greca all'Universita' di Palermo, e' tra le promotrici ed
animatrici presso quell'ateneo di un gruppo di riflessione e di pratica di
nonviolenza di genere; direttrice del Cisap (Centro interdipartimentale di
ricerche sulle forme di produzione e di trasmissione del sapere nelle
societa' antiche e moderne), tutor del laboratorio su "Pensiero femminile e
nonviolenza di genere", autrice di molti saggi, ha tra l'altro curato
l'edizione di Ippocrate, Natura della donna, Rizzoli, Milano 2000. Opere di
Valeria Ando': (a cura di), Saperi bocciati. Riforma dell'istruzione,
discipline e senso degli studi, Carocci, Roma 2002; con Andrea Cozzo (a cura
di), Pensare all'antica. A chi servono i filosofi?, Carocci, Roma 2002;
L'ape che tesse. Saperi femminili nella Grecia antica, Carocci, Roma 2005]

Il 22 marzo avra' inizio presso la Facolta' di Lettere dell'Universita' di
Palermo un Laboratorio con crediti dal titolo "Pensiero femminile e
nonviolenza di genere", di cui e' tutor Valeria  Ando'.
Il laboratorio, della durata di 25 ore e aperto alla partecipazione di 30
studenti e studentesse, prevede un duplice percorso di approfondimento. Da
un lato intende attraversare il pensiero femminile del '900, dalle grandi
maestre quali Simone Weil, Hannah Arendt, Maria Zambrano, fino alle teoriche
del pensiero della differenza, con lo scopo di evidenziare nodi concettuali
e pratiche politiche che presentano straordinaria consonanza col pensiero
della nonviolenza: saranno pertanto sviluppate le nozioni e le possibili
applicazioni di simbolico materno, empatia, autorita', partire da se',
pratica delle relazioni ecc. Dall'altro lato saranno presentati, da una
prospettiva che tenga conto della differenza di genere, le principali figure
di riferimento della nonviolenza, quali Mohandas K. Gandhi, Martin Luther
King, Aldo Capitini, del cui pensiero si mostreranno i concetti fondamentali
e le proposte di pratica politica. Saranno inoltre richiamate le numerose
azioni nonviolente compiute dalle donne nel corso della storia, specie la
piu' recente.
Il laboratorio ha lo scopo di favorire un primo livello di conoscenza di
queste due forme di pensiero e di pratica, mostrando la ricchezza che deriva
dal loro intreccio, nella speranza di suscitare negli studenti e nelle
studentesse una scelta etica consapevole verso una cultura di pace.

2. APPELLI. UMBERTO ECO: APPELLO AGLI INDECISI
[Dal sito dell'associazione "Liberta' e Giustizia"
(www.libertaegiustizia.it) riprendiamo il seguente appello. Umberto Eco e'
nato ad Alessandria nel 1932, docente universitario, saggista, romanziere,
e' probabilmente il piu' noto intellettuale italiano a livello
internazionale. Tra le opere di Umberto Eco segnaliamo particolarmente Opera
aperta, Apocalittici e integrati, La struttura assente, Trattato di
semiotica generale, Il superuomo di massa (Cooperativa scrittori, poi
Bompiani), Lector in fabula, Semiotica e filosofia del linguaggio (Einaudi),
I limiti dell'interpretazione, La ricerca della lingua perfetta nella
cultura europea (Laterza), Cinque scritti morali, Kant e l'ornitorinco,
tutti editi presso Bompiani (ad eccezione di quelli diversamente segnalati).
Opere su Umberto Eco: Teresa De Lauretis, Umberto Eco, La Nuova Italia,
Firenze 1981; Renato Giovannoli (a cura di), Saggi su "Il nome della rosa",
Bompiani, Milano 1985, 1999; AA. VV., Semiotica: storia, teoria,
interpretazione. Saggi intorno a Umberto Eco, Bompiani, Milano 1992 (con una
utile bibliografia di e su Eco); Roberto Cotroneo, Eco: due o tre cose che
so di lui, Bompiani, Milano 2001]

Siamo di fronte a un appuntamento drammatico. Dal 2001 a oggi l'Italia e'
precipitata spaventosamente in basso quanto a rispetto delle leggi e della
Costituzione, quanto a situazione economica e quanto a prestigio
internazionale. Se dovessimo avere altri cinque anni di governo del Polo,
rappresentati di fronte al mondo dai Calderoli e dalle ultime leve (appena
arruolate in Forza Italia) dei piu' impenitenti tra i reduci di Salo', il
declino del nostro Paese sarebbe inarrestabile e non potremmo forse piu'
risollevarci. Quindi l'appuntamento del 9 aprile e' diverso da tutti gli
altri appuntamenti elettorali del passato.
In quelli si trattava di decidere chi avrebbe governato senza sospettare che
un cambio di governo avrebbe messo a repentaglio le istituzioni
democratiche. Ora si tratta invece di salvare queste istituzioni.
In questo frangente i partiti di opposizione cercano, come e' ovvio, di
catturare il voto degli indecisi che nelle scorse elezioni avevano votato
Polo e che si sono sentiti traditi. I partiti fanno il loro dovere, ma
ritengo che rivolgendoci ai soci e ai simpatizzanti di "Liberta' e
Giustizia" occorra fare un altro ragionamento.
Uno dei rischi maggiori di queste elezioni non sono solo gli indecisi che
hanno votato a destra la volta scorsa (i quali si sposteranno secondo
dinamiche difficilmente controllabili, per fede o per pigrizia continueranno
a votare come prima, o rinunceranno a votare). D'altra parte il loro numero,
come mostrano i sondaggi, e' oscillante. Io ritengo che il popolo di
"Liberta' e Giustizia" debba invece impegnarsi non per convincere gli
indecisi di destra ma i delusi della sinistra.
Li conosciamo, sono molti e non e' in questa sede che si possono discutere
le ragioni del loro scontento. Ma e' a costoro che occorre ricordare che, se
si lasceranno trascinare da questo scontento, collaboreranno a lasciare
l'Italia in mano di chi l'ha condotta alla rovina. Non c'e' scontento, per
quanto giustificabile, che possa stare a pari con il timore di una fatale
involuzione della nostra democrazia, con l'indignazione che coglie ogni
sincero democratico di fronte allo scempio che si e' fatto delle leggi,
della divisione dei poteri, del senso stesso dello Stato. E' questo che
ciascuno di noi deve ripetere agli amici incerti e delusi. E' proprio da
loro e dal loro impegno che dipendera' se l'Italia evitera' di essere ancora
per cinque anni territorio di rapina da parte di difensori dei loro privati
interessi.
Se pure questi amici ritengono di nutrire senso critico ed equanimita'
(perche' e' segno di senso critico ed equanimita' - direi di onesta'
intellettuale - saper criticare la propria parte, e neppure il sito di
"Liberta' e Giustizia" si e' sottratto a questo dovere), in questo momento
essi debbono sacrificare i loro sentimenti e unirsi a tutti noi nell'impegno
comune.
E' in questa azione di convincimento che consiste il dovere e la funzione di
quanti hanno partecipato in questi anni alla discussione che 'Liberta' e
Giustizia" ha svolto e fatto svolgere. Ora la nave potrebbe affondare.
Ciascuno deve prendere il proprio posto.

3. RIFLESSIONE. INTERVISTA A TERRY MCGOVERN SUL PROGETTO "MODELLI DI
RESISTENZA"
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
averci messo a disposizione nella sua traduzione la seguente intervista
della redazione di "Whr net" a Terry McGovern del gennaio 2006. Terry
McGovern, avvocatessa, attivista per i diritti umani, figlia di una vittima
della strage dell'11 settembre 2001, si occupa particolarmente delle istanze
legate alla salute delle donne, ed e' la fondatrice di "Models of Resistance
Project" (Progetto "modelli di resistenza")]

- Whr net: Qual e' stata la forza motrice dietro al "Models of Resistance
Project", cosa ti ha spinto in quella direzione?
- Terry McGovern: Ho lavorato per molti anni, come avvocata, con le donne
affette da Hiv e ho scoperto che le iniziative piu' riuscite erano spesso il
risultato dello sforzo delle donne direttamente investite dal problema. Il
cambiamento sovente avviene quando le donne sieropositive si uniscono ad
altri attivisti e chiamano il governo ad un confronto. Le donne creano
autonomamente soluzioni a cio' che devono affrontare e hanno successo nel
lavoro politico. Molte organizzazioni che si occupano di sostegno e
prevenzione non vedono questa forza.
All'inizio dell'epidemia, quando le donne sieropositive venivano invitate
agli incontri, mentre gli uomini stavano attorno al tavolo a discutere
questioni sostanziali, la partecipazione delle donne si limitava al racconto
delle loro storie di sofferenza: il descrivere come si erano infettate, o la
morte dei loro bimbi.
Io trovavo questo molto disturbante, e riflettevo sul fatto che bisognava
riequilibrare lo sbilanciamento di potere che vedevo. Ma prima che il
cambiamento avvenisse c'era necessita' di condividere saperi e informazioni
con le donne sieropositive. Io feci questo lavoro, e appresi anche che le
vittime, in particolar modo le vittime di sesso femminile, sono trattate in
modo abbastanza uniforme dalle persone e dai media, ovvero solo come
narratrici di dolore.
Sviluppammo un programma di training per le donne affette da Hiv che
riguardava le leggi e le politiche vigenti, e le vedemmo raggiungere, nel
contesto statunitense, piu' risultati di quelli che credevamo possibili. Fu
questo che in origine mi rese consapevole della forza di queste donne, ma
capii anche che era necessario dare un colpo alla "narrazione della
vittima", di modo che le donne fossero percepite come persone capaci di dare
un contributo sostanziale.
Alcuni anni dopo, mia madre fu uccisa nel disastro delle Due Torri, e da
avvocata per i diritti altrui divenni io stessa "vittima". Scoprii che per
sopravvivere usavo alcune delle tecniche che le mie amiche sieropositive mi
avevano insegnato nel corso degli anni.
Dopo l'11 settembre ho visto un gran numero di donne, che non si erano mai
interessate di politica precedentemente, seccarsi di essere intervistate
solo su come erano morti i loro cari, mentre erano arrabbiatissime per il
modo terribile in cui venivano trattate, o perche' i membri della loro
famiglia non potevano ottenere i visti d'ingresso nel paese per venirle a
trovare.
Nel marasma patriottico che e' seguito, molte donne sopravvissute hanno
invece sviluppato la percezione che il governo sapeva cio' che stava per
accadere e che avrebbe dovuto intraprendere azioni diverse, proteggere i
loro cari, e certamente avrebbe potuto trattarle meglio dopo l'accaduto.
Furono infatti per lo piu' le donne a chiedere l'istituzione di una
commissione sui fatti dell'11 settembre. Questo accadde in un contesto che
definirei di patriottismo selvaggio, dove da un lato la gente ti diceva che
non potevi sfidare il governo perche' eravamo sotto attacco, e dall'altro la
sinistra ti diceva che non dovevi sorprenderti, viste le cose orribili che
gli Usa fanno in giro per il mondo.
In questo scenario, le famiglie degli scomparsi si sentivano sfruttate dal
governo mentre venivano lasciate ad arrangiarsi da sole, e molte erano
famiglie di immigrati, di gente di colore.
Nel mezzo di questa confusione, ci fu un gruppo, in maggioranza di donne,
che chiese una commissione di indagine. Io partecipai agli stadi finali di
questo processo e vidi all'opera, di nuovo, le stesse tecniche: le donne che
sedevano e dicevano "Oggi niente interviste sul nostro dolore, rifiuteremo
di discutere i dettagli della morte dei nostri cari. Invece faremo noi delle
domande, sulla responsabilita' dei fatti, e chiederemo, per esempio, perche'
Condoleezza Rice e' andata in televisione a dire che la cosa era del tutto
inaspettata, ed ora ci dicono che da un anno avevano allarmi e
segnalazioni".
Vedendo all'opera questa forza, mi sono interessata ancora di piu' allo
studio del fenomeno: le vittime che chiedono siano accertate le
responsabilita', che chiedono giustizia, in un contesto di violenza
fondamentalista o politica. Ero interessata al fatto che le donne
sopravvissute si organizzavano e facevano richieste, non solo in ambito
legale: in effetti, chiedendo responsabilita', esse chiedevano un
cambiamento politico di notevole portata. Cominciai a domandarmi come
funzionava, se il fenomeno avveniva all'interno della cornice dei diritti
umani, eccetera.
*
- Whr net: Spiegami meglio la relazione fra potere e vittimizzazione.
- Terry McGovern: Quando cominciai a guardare con attenzione, vidi numerosi
esempi di donne che guidavano gruppi e che avevano canalizzato la loro
vittimizzazione non appena ne avevano avuto l'opportunita'. Le donne usavano
i media per chiedere giustizia. In tutto il mondo cercavano di narrare
qualcosa di piu' che l'orrore di cui avevano fatto esperienza. Ci sono un
mucchio di esempi in cui le donne hanno detto di non voler essere solo le
testimoni di cio' che e' accaduto a loro o ad altri, vogliono parlare del
contesto piu' ampio, della giustizia.
Generalmente la gente salta questo tipo di narrazione, ed il fenomeno e'
ancora scarsamente studiato. Ovviamente il tutto e' complicato dai privilegi
relativi alla razza ed allo status socioeconomico, e dalla continua
violenza; ma ci sono tratti comuni e sistemi che possono transitare da un
gruppo a un altro, i gruppi possono imparare l'uno dall'altro.
*
- Whr net: Cosa pensi della rappresentazione delle vittime fatta dalle Ong o
dai gruppi per i diritti umani, e' diversa?
- Terry McGovern: I media del mainstream ci bombardano con immagini di
dolore e sofferenza, dobbiamo cominciare a chiederci se stanno diventando
semplice intrattenimento. Le tv e i giornali sono pieni di immagini di
genocidi, lo tsunami, l'11 settembre, e finisci per chiederti se questo ha
ancora un impatto sulle persone. Certamente, nel contesto statunitense, tu
puoi fare centinaia di interviste di cui finiranno in televisione (purche'
non siano in diretta), solo gli aspetti del dolore e della sofferenza. Sono
rimasta sorpresa quando ho tentato di porre in luce l'evidenza di gruppi che
domandano giustizia in Ruanda o in Sri Lanka, e ho visto che era molto
difficile persino per chi si occupa di diritti umani accettare e mostrare
che queste vittime hanno un'agenda, che chiedono risposte sul perche' e'
accaduto cio' che e' accaduto. Tutto quello che trovavo era la
rappresentazione della narrazione e della testimonianza della vittima.
Naturalmente c'e' bisogno che le vittime diano testimonianza, ma pochi
riconoscono che c'e' bisogno che queste stesse vittime partecipino alla
discussione delle istanze sostanziali, relative al problema. C'e' invece la
tendenza a concentrarsi su dettagli orribili, in particolar modo per quel
che riguarda la violenza sessuale.
Filmati di questo tipo vengono spesso usati per raccogliere fondi. A me
disturbava il fatto che potevo trovare ore e ore di filmati in cui le donne
descrivevano stupri e torture, ma nulla su che cosa queste donne avessero
ottenuto. Per esempio, c'e' un gruppo in Ruanda che si chiama "Avega", e' un
gruppo di vedove. Queste donne hanno costruito un villaggio per i bambini
sieropositivi, hanno chiesto accesso ai trattamenti sanitari, ed hanno
contestato i tribunali quando hanno visto che i giudici ridicolizzavano le
vittime di stupro. Sono politicamente assai determinate, eppure ogni
reportage che le riguarda non fa che descrivere le violenze che hanno
subito, c'e' veramente poco delle tecniche che hanno usato, e di quello che
hanno raggiunto.
*
- Whr net: Quali altre cose vorresti condividere con le organizzazioni che
lavorano per i diritti umani, che si interessano della loro violazione e dei
sopravvissuti?
- Terry McGovern: Quando parli di questi argomenti, un bel po' di volte
quello che va perduto e' il potere dei sopravvissuti, la credibilita' che
possiedono. Le uniche a poter sfidare Bush dopo l'11 settembre e l'orgia di
patriottismo negli Usa, erano proprio le vedove. Un certo tipo di
credibilita' muove verso il cambiamento molto di piu' della mera narrazione
di cio' che e' accaduto. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, quello che
la gente ci sente dire e' solo il semplice racconto della violazione dei
diritti umani. Questa e' una parte della questione: non ci si sente bene a
non essere piu' una persona intera, ma solo un narratore di sofferenza, ma
la cosa piu' importante e' essere capaci di vedere cosa siamo in grado di
ottenere se ci muoviamo oltre la narrazione del dolore.
*
- Whr net: Stai dicendo che la sinistra ha perso un'opportunita' dopo l'11
settembre?
- Terry McGovern: Penso di si', perche' erano cosi' impegnati a rispondere
sulle invasioni dell'Afghanistan e dell'Iraq che non hanno visto come
l'amministrazione Bush stava sfruttando e impoverendo le famiglie delle
vittime. La sinistra ci ha sostenuti solo quando abbiamo cominciato ad avere
un po' di successo con la commissione d'indagine, ma pensa a cosa sarebbe
potrebbe accadere se, in situazioni simili, i gruppi per i diritti umani
invece di guardare ai sopravvissuti solo come narratori fornissero loro un
po' di assistenza tecnica.
Le donne non avevano alcuna informazione tecnica su quel tipo di
commissioni, o sulle differenti opzioni che avrebbero potuto chiedere al
governo. Una cosa che e' venuta fuori dall'incontro internazionale che
abbiamo tenuto lo scorso ottobre a Bangkok, era il bisogno di condividere le
informazioni: le donne del Ruanda, dello Sri Lanka, e degli Usa si
scambiavano informazioni su cosa aveva funzionato, e in quali contesti le
donne avevano raggiunto i maggiori successi.
*
- Whr net: Parlaci un po' del meeting di Bangkok.
- Terry McGovern: Prima di tutto bisogna chiarire che, ovviamente, ci sono
gruppi di vittime che non cercano giustizia sociale o riforme, alcuni stanno
cercando vendetta. Noi volevamo identificare e lavorare con gruppi di donne
che erano state vittime di violenza politica ed avevano usato la loro
esperienza per chiedere giustizia o prevenire ulteriori violenze. Ci sono
molte differenze fra i gruppi di vittime, ma alcune cose sono universali.
Una sembra essere un vero senso dell'umorismo: so che suona strano se pensi
alla rappresentazione della vittima, all'essere relegate in un ruolo fisso,
eccetera, eppure era familiare a tutte. Per me e' stato magnifico essere
circondata da queste donne che avevano perso cosi' tanto, ed erano ancora
cosi' resistenti. Perseverano, fanno piani. Il fatto che questo fenomeno si
verifichi in cosi' tanti paesi e' una cosa che da' speranza. Non penso sia
un generatore di speranza il vedere una donna dopo l'altra che descrive
violenze orribili, senza che possa anche raccontare com'e' sopravvissuta, e
cosa e' stata capace di ottenere in termini di dare vita ad organizzazioni o
ricevere risposte. Udire le storie di queste donne, ed imparare cosa aveva
funzionato e cosa no nelle loro esperienze e' stata una fonte di grande
ispirazione.
Ci sono state un bel mucchio di discussioni sui conflitti che nascono con i
gruppi per i diritti umani, ed una delle cose piu' potenti che sono uscite
dall'incontro fu questa dichiarazione delle donne: "Se vuoi le nostre
storie, allora noi abbiamo il diritto di partecipare in qualche modo alla
pianificazione di quel che fai".
Abbiamo anche parlato di come sviluppare una carta dei diritti delle
"vittime" (e abbiamo usato la parola proprio fra virgolette), in cui si
attesti come non sia accettabile usare e basta le nostre immagini nel
dolore: vogliamo prendere la parola. Ci sono queste donne in tutto il mondo
che hanno sopportato cose orribili, sanno ancora ridere, e non si sono mai
arrese. Io penso che questo sia un messaggio importante che va troppo spesso
perduto, se non cominciamo a guardare anche a questi modelli.
*
- Whr net: Quali sono i prossimi passi del "Models of Resistance Project"? E
se le donne che leggono questo testo ne sono ispirate, come possono
partecipare?
- Terry McGovern: A breve faremo circolare gli atti dell'incontro del 25
ottobre 2005. Le coorganizzatrici del meeting erano le organizzazioni di
donne Awid, Crea e Wluml. E' probabile che si tenga un altro incontro, per
fare piani e mettere insieme gli esempi di resistenza che sono stati usati
in tutto il mondo. E' difficile raccogliere fondi, perche' il fenomeno della
vittima che guida il cambiamento non e' molto riconosciuto. Ho parecchia
esperienza con le fondazioni, che mi hanno sempre ridotta a narratrice di
dolore, e quando gli esponevo la mia proposta rispondevano come se io stessi
suggerendo di formare gruppi terapeutici, invece di gruppi per l'analisi
strategica. Io vedo quello che stiamo facendo come l'inizio di un movimento
piu' ampio, in cui le persone cominciano ad apprendere le une dalle altre, a
conoscersi, e quindi a sviluppare una voce che sappia negoziare con la
comunita' che si occupa di diritti umani. C'e' tutto un linguaggio sulla
partecipazione e l'agenda, in tale comunita', che penso possa entrare in
contatto diretto con le proposte del "Models of Resistance Project". Ci
servira' ad aprire un dialogo: riconoscete questo fenomeno? Come possiamo
cominciare a vedere le vittime/sopravvissuti in una luce diversa, e come
queste persone sono significative? Un altro aspetto importante di cui
dobbiamo discutere e' quello che non ha funzionato, i piani che sono
falliti, la cooptazione delle vittime da parte di sistemi e governi.
Quest'ultimo lato della questione e' complesso, ma dobbiamo discuterne.
Parlare e' l'inizio del processo.

4. APPELLI. MEDICI OBIETTORI AL PORTO D'ARMI
[Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo il
seguente appello. Si possono ritenere ingenue, inappropriate e discutibili
alcune formulazioni qui adottate (ad esempio vi sono motivi ben piu'
sostanziali e decisivi per propugnare l'abolizione della caccia; e a maggior
ragione per l'abolizione tout court della produzione e del commercio delle
armi), ma ci sembra che la proposta di una obiezione da parte dei medici al
rilascio del certificato d'idoneita' per il porto d'armi sia ben degna di
essere presa in considerazione e sostenuta, e possa contribuire a una piu'
complessiva riflessione e iniziativa disarmista che riteniamo assolutamente
necessaria e urgente]

Il Comitato medico-scientifico dell'Avi (Associazione vegetariana italiana)
rivolge un appello a tutti i medici affinche' neghino il certificato di
idoneita' per il porto d'armi a tutti coloro che lo richiedono e che non ne
necessitano per attivita' lavorative.
L'Associazione vegetariana italiana e' nata nel 1952 sotto il segno della
nonviolenza. Aldo Capitini ne e' stato il fondatore e ha voluto dare a
questa associazione un impulso che va ben oltre la scelta di non cibarsi di
violenza e di sofferenza. Pochi conoscono la scelta vegetariana come parte
di un disegno che vede nella nonviolenza la sua origine e il suo sviluppo.
Noi vegetariani abbiamo una lunga storia di lotte per i diritti civili, per
l'ambiente e per il riconoscimento del diritto alla vita di chi ha avuto la
sola colpa di nascere nonumano.
Fedeli alla tradizione della nonviolenza e del rispetto di tutti gli esseri
viventi i membri del Comitato medico-scientifico dell'Associazione
vegetariana italiana si fanno promotori di un'iniziativa che vuole
coinvolgere tutti i colleghi in un impegno di civilta', di amore e di
rispetto.
Rivolgiamo questo appello a tutti i medici e proponiamo loro di farsi
promotori e sottoscrivere la campagna Obiezione di coscienza al rilascio di
certificati per il porto d'armi.
In una percentuale elevata di casi chi ha un'arma, la utilizza per scopi
diversi da quello per cui la possiede. Molti utilizzano il fucile per
uccidere gli altri animali in nome di uno sport chiamato caccia e a volte
l'arma da difesa diventa arma di offesa rivolta verso il coniuge, il figlio,
il parente, il vicino, scatenando tragedie orrende.
Da un punto di vista numerico, con riferimento ai dati del 2001 si e'
calcolato che si verifica un incidente mortale sul lavoro circa ogni
3.500.000 giornate lavorative e almeno un incidente mortale di caccia ogni
550.000 giornate di caccia. Dal rapporto fra tali cifre risulta che le morti
per caccia sono sei volte e mezzo in piu' rispetto a quelle sul lavoro.
Se ancora confrontiamo il dato sulla caccia rispetto agli incidenti d'auto,
dove vi e' un incidente mortale ogni 634.658 "giornate di guida", si vede
che la caccia ha una frequenza del 15% in piu' di incidenti mortali.
Ogni giorno i giornali riportano notizie di omicidi e suicidi con armi
regolarmente denunciate.
Tutti noi siamo consapevoli di quanto possa essere pericoloso avere un'arma
e di come, in particolari momenti, i possessori possano essere indotti a
utilizzarla in modo improprio. Chi la possiede per "difesa" molte volte la
usa per offesa. Chi la usa per uno "sport" chiamato caccia e uccide ogni
stagione poveri innocenti esseri viventi puo' usarla anche verso un presunto
ladro o verso la moglie, il vicino o chissa' chi altro. Decine di migliaia
di persone innocenti ogni anno muoiono in Europa e nel mondo per mano di
uomini che, con il porto d'armi rilasciato da noi medici, hanno la licenza
di uccidere.
La responsabilita' che ha un medico quando rilascia questi certificati e'
evidente.
Per questo motivo vi chiediamo di farvi promotori di questa iniziativa che
potrebbe sconvolgere il mercato delle armi e la cultura della violenza che
e' insita in chi possiede un'arma.
Dichiariamoci obiettori al rilascio del certificato per il porto d'armi.
E' un gesto semplice, ma al tempo stesso potente: rifiutare il certificato
di idoneita' per il porto d'armi a tutti coloro che lo richiedono e che non
ne necessitano per attivita' lavorative (come ad esempio polizia, guardie
giurate, eccetera).
Chiediamo l'adesione a questa iniziativa a tutti: dai movimenti pacifisti,
ai movimenti cattolici per la vita, dal Papa, al Presidente della
Repubblica, dai partiti, agli uomini di cultura, alle donne e agli uomini
che vogliono la pace.
Forse da questo piccolo gesto, che ognuno di noi medici puo' e deve fare,
puo' nascere qualcosa di piu' grande che dia veramente una svolta ai
movimenti per la pace di qualunque colore essi siano.
Questo invito e' rivolto soprattutto ai medici di famiglia, ma tutti i
medici possono e devono aderire anche se non sono parte attiva nel rilascio
del porto d'armi.
*
Medici primi firmatari: Riccardo Trespidi, Ciro Aurigemma, Luciana Baroni,
Stefano Cagno, Gabriele Peroni, Leonardo Pinelli, Luciano Proietti.
Con l'adesione di: Associazione PeaceLink, Movimento Nonviolento.

5. LIBRI. PAOLO CACCIARI PRESENTA "CAPITALISMO NATURA SOCIALISMO" A CURA DI
GIOVANNA RICOVERI
[Dal quotidiano "Liberazione" del 25 febbraio 2006.
Paolo Cacciari, impegnato da sempre nella sinistra critica, militante per la
pace e i diritti, per anni assessore alle politiche giovanili, all'ambiente
e alla pace del Comune di Venezia, e' stato tra i promotori del convegno
"Agire la nonviolenza" svoltosi a Venezia nel 2004.
Giovanna Ricoveri (per contatti: g.ricoveri at libero.it), direttrice
responsabile e principale animatrice della rivista "CNS Capitalismo Natura
Socialismo - Ecologia Politica", intellettuale della sinistra critica,
economista, collaboratrice di James O'Connor, particolarmente impegnata sui
temi dell'ecologia e della critica del modello di sviluppo dominante, e' tra
le studiose e militanti piu' rilevanti della riflessione e dell'impegno
ecologista. Tra le opere di Giovanna Ricoveri: (a cura di), Capitalismo
Natura Socialismo, Jaca Book, Milano 2006]

Deve aver avuto non poche difficolta' Giovanna Ricoveri a selezionare i
pezzi (47) di vari autori [inclusi nel volume antologico a cura di Giovanna
Ricoveri, Capitalismo Natura Socialismo, Jaca Book, Milano 2006, pp. 281,
euro 18] scegliendoli tra quelli pubblicati nel corso di quindici anni della
rivista "Cns. Capitalismo Natura Socialismo". Ma lo ha saputo fare
benissimo. La rivista "Capitalismo Natura Socialismo", pur costituendo una
miniera inesauribile di idee, di proposte di ricerca, di approfondimenti in
piu' direzioni utili a chiunque voglia capire l'ecologia politica, e pur
dovendo attraversare alti e bassi editoriali (tre editori e periodi di
pubblicazioni solo telematiche), ha mantenuto un filo rosso capace di
guidare il pensiero critico all'economia politica nel tempo della
globalizzazione neoliberista.
Il volume contiene autori e articoli importanti: James O'Connor, Giorgio
Nebbia, Laura Conti, Martinez-Alier, tra i cofondatori. E poi: Sachs,
Langer, Bettini, Latouche, Mike Davis, Vandana Shiva, Mary Mallor, Jose'
Carlos Escudero, Michael Renner, Marinella Correggia, Giovenale, Franco
Ferrarotti, Franco Russo, Angelo Tartaglia, Pier Paolo Poggio e altri
ancora. Una carrellata ben organizzata in vari capitoli tematici (energia e
clima, acqua, cibo e agricoltura, Nord e Sud, tecnologia, citta', conflitti
e strategie di movimento, idee per l'alternativa) che consente al lettore di
avere una dimensione esauriente della complessita' della questione
ambientale e della sua irriducibilita' dentro le compatibilita'
dell'economia di mercato.
Ma la cosa che giustifica la fatica della Ricoveri, e che rende questo
volume semplicemente indispensabile per chiunque condivida il bisogno di una
sistemazione teorica ad un'idea di alternativa, e' la straordinaria
attualita' delle analisi contenute e che il tempo passato ha confermato e
reso ancora piu' pressanti. Il quadro teorico che la rivista e' andata
delineando, a partire dalle sue tesi iniziali, e lo svolgersi dei movimenti
sociali, sia in occidente che nel sud del mondo, hanno dimostrato di avere
forti relazioni tra loro. La stessa idea del network internazionale con le
riviste gemelle americane, francesi e spagnole si puo' dire che anticipi,
prepari e accompagni la nascita dei Social Forum. Ritengo che "Cns" sia un
pezzo costituente della nuova cultura dei movimenti. Importante soprattutto
per attrezzare la sinistra del movimento operaio - che negli anni
dell'inizio della rivista si trovava di fronte al bivio del crollo
dell'Urss - ad intraprendere la strada della ricerca "oltre Marx" e della
rifondazione di pratiche politiche-sociali capaci di affrontare il "pensiero
unico", la potenza imperiale del capitale e quella militare degli Usa che
portera' alla "guerra permanente preventiva"...
Ma quali sono le novita' che "Cns" ha portato? O'Connor, assieme a Nebbia,
Commoner e Bettini, hanno il grande merito di saper leggere la crisi
ambientale nella contraddizione strutturale tra capitale e lavoro.
L'ecomarxismo conferisce radicalita' e politicita' all'ambientalismo,
liberandolo dall'opportunistico "ne' di destra ne' di sinistra".
L'ecofemminismo di Shiva allarga la dimensione dello scontro alla concezione
patriarcale, scientista dell'Illuminismo occidentale. Latouche e Davis (ma
prima di loro, in Italia, Ernesto Bladucci, Claudio Napoleoni, Piero
Barcellona) estendono la critica all'industrialismo, al produttivismo, alla
cosificazione dell'umano.
Infine i movimenti, a cui O'Connor ("Cns" n. 6 del 1992), dieci anni prima
di Porto Alegre, guardava cosi': "Cio' che intendo dire e' che la teoria
marxiana del capitale puo' fare da sfondo e delimitare i confini della
ricerca, ma grande rilievo pratico e teorico va dato alle lotte della
societa' civile contro la capitalizzazione della terra e del lavoro (oggi
Marcello Cini ci ha spiegato che si tratta della mercificazione di ogni
forma vivente e della stessa conoscenza, ndr), e questo approccio ci porta
al 'post-marxismo' e a una lettura nuova dei movimenti sociali e della
teoria della democrazia radicale".
"Cns" e' nata ed e' stata una rivista militante, di frontiera, che ha
sfidato in diverse direzioni soprattutto gli scienziati sociali e gli
economisti. In questa direzione la strada da compiere sembra ancora lunga.
Il manifesto del '72 di Georgescu-Roegen per "Un'economia dal volto umano",
riproposto nelle conclusioni, e' di una attualita' disarmante, una sfida
aperta. Il volume antologico della Ricoveri ci fa scoprire una rivista
capace anche di sistematizzare in un quadro coerente, articolato e ben
argomentato la critica piu' radicale alla societa' dominata dal capitalismo
di mercato: quella che deriva dai limiti naturali, fisici e biologici
dell'ecosfera e che obbliga il genere umano ad acquisire una coscienza
planetaria, solidale, sostenibile. Finalmente un volume che rimane.

6. LIBRI. ANNA FOLLI PRESENTA "SCRITTI MILITANTI" DI SIBILLA ALERAMO
[Da "Noi donne" di marzo 2006 (disponibile anche nel sito:
www.noidonne.org).
Anna Folli insegna letteratura moderna e contemporanea all'Universita' di
Ferrara; si e' occupata in particolare di letteratura femminile, pubblicando
Penne leggere, uno studio sulle scrittrici dell'Ottocento e del Novecento
(Guerini e Associati 2000); oltre alla riproposta di alcune opere di Ada
Negri e Neera, ha curato il carteggio di Corrado Govoni con Eleonora Duse
(Pura fiamma di poesia, Bulzoni 1984), di Clemente Rebora con Sibilla
Aleramo (Per veemente amore lucente, Scheiwiller 1987), di Giosue Carducci
con Annie Vivanti (Addio caro orco. Lettere e ricordi 1889-1906,
Feltrinelli, 2004).
Sibilla Aleramo, pseudonimo di Rina Faccio, scrittrice italiana (Alessandria
1876 - Roma 1960). Ebbe una vita molto intensa con profondi e molteplici
legami di affinita' intellettuale e sentimentale; fortemente impegnata su
posizioni socialiste e femministe. Opere di Sibilla Aleramo: fondamentale e'
ovviamente il romanzo autobiografico Una donna (1906); per i versi cfr.
almeno Selva d'amore (1947), e ora Tutte le poesie, Mondadori, Milano 2004.
Per la saggistica cfr. la raccolta di scritti: La donna e il femminismo,
Editori Riuniti, Roma. Opere su Sibilla Aleramo: per un avvio cfr. AA. VV.,
Sibilla Aleramo. Coscienza e scrittura, Feltrinelli, Milano 1986]

Il Sessantesimo anniversario dell'Udi di Ferrara e' stato festeggiato da
Universita' e Istituto di Storia contemporanea, Comune e Provincia, con la
partecipazione davvero speciale di Dacia Maraini (5-6 dicembre 2005). Per
l'occasione sono stati raccolti in una plaquette ((Sibilla Aleramo, Scritti
militanti. 'Noi Donne' 1945-1957, Archivio Udi Ferrara, quaderno 13,
dicembre 2005, pp. 80) gli scritti militanti di una donna preziosa,
illustre, e molto amata: Sibilla Aleramo (1876-1960).
Ci sono le sue collaborazioni a "Noi Donne" (dal 1945 al 1957); molte belle
fotografie che ci ricordano il suo fascino leggendario; schizzi del volto
che ispiro' allo scultore Leonardo Bistolfi il profilo muliebre della
monetina da venti centesimi; un'intervista, alcune poesie, e due cartelle
inedite dal manoscritto del Diario riprodotte per la cortesia dell'editore
Carlo Feltrinelli. Ma se dovessi scegliere, allora vorrei conservare le
pagine con cui la commemoro' Fausta Cialente, amica sororale, tanto piu'
giuste ed emozionate di quelle preparate anni dopo per introdurre il Diario
di una donna (1978). Non direi che siano state raccolte. Oggi Sibilla e'
ancora tra noi - destino raro in Italia per una scrittrice - per merito
dell'impegno e della passione di tante nonche', piaccia o non piaccia, del
film di Michele Placido, Un viaggio chiamato amore, ispirato al carteggio
col poeta Dino Campana e al romanzo autobiografico che la rese celebre
all'inizio del secolo: Una donna (anzi: Una Donna, come sempre scriveva
lei).
*
Torino 3 novembre 1906, tra poco cent'anni. E' una vita straordinaria, che
ci porta indietro a una Milano di tardo Ottocento, poi a una cittaduzza
delle Marche, e da li' ancora a Milano e a Roma e via via nei luoghi del
vagabondaggio estetico del '900. Firenze, la Corsica, Sorrento, Parigi,
Napoli, Capri, le Alpi. La guerra e l'invasione tedesca, paura e fame, le
morti. L'iscrizione al Partito comunista, la fede in un avvenire radioso,
ancora viaggi nei paesi dell'Est. Malinconia, solitudine e poverta', la
poesia che l'abbandona, le grandi letture che le fanno compagnia, la
scrittura minuta di tutti i giorni che la sorregge. E sempre le carte,
migliaia e migliaia, una montagna di carte ad attestare un destino
eccezionale. Incontri, amori, epistolari: eccezionali. Anche il manoscritto
del Diario non scherza: 5.520 cartelle. Dalla ricognizione in vista
dell'edizione integrale (Feltrinelli 2007) affiorano scenari oscurati, come
quello dei quindici anni di militanza comunista, consapevole e sistematica.
A reggere tanta vastita' temporale ci sono le ricorrenze, gli anniversari,
le date.
Date di mia vita e' il titolo dell'ultima poesia che Sibilla riesce a
scrivere, nell'aprile 1956, alla vigilia degli ottant'anni e nel
cinquantesimo anniversario di Una donna.
Leggiamone alcuni passi, e che sia di buon auspicio per un centenario
memorabile.
*
Date di mia vita

Date remote di mia vita
quest'anno in cuore mi danzano
Dieci /cinquanta / ottanta
cinquant'anni dal mio primo libro
dieci anni che al partito son legata
ottanta gli anni dall'estate in cui nacqui
date di mia vita in cuore danzano
Dieci / cinquanta / ottanta
fiere se pur soffuse di tenerezza
e quasi incredula e' la piu' remota
se ben tanto reale
ottant'anni ottant'anni gremiti e grevi
vicende e visioni vicende e visioni
benigna di doni la natura
e tragica sin dalla fanciullezza la sorte...

7. LIBRI. CARLO OTTINO PRESENTA DUE LIBRI DI JEAN-MARIE MULLER ED ENRICO
PEYRETTI
[Da "Laicita'", trimestrale del Comitato torinese per la laicita' della
scuola, anno XVII, n. 4, dicembre 2005.
Carlo Ottino, intellettuale torinese di forte impegno civile, e' direttore
di "Laicita'" e partecipe di molte esperienze educative, culturali e di
promozione dei diritti umani, dalla Fnism (Federazione nazionale insegnanti)
ad Amnesty International.
Jean-Marie Muller, filosofo francese, nato nel 1939 a Vesoul, docente,
ricercatore, e' tra i più importanti studiosi del pacifismo e delle
alternative nonviolente, oltre che attivo militante nonviolento. E'
direttore degli studi presso l'Institut de Recherche sur la Resolution
non-violente des Conflits (Irnc). In gioventu' ufficiale della riserva, fece
obiezione di coscienza dopo avere studiato Gandhi. Ha condotto azioni
nonviolente contro il commercio delle armi e gli esperimenti nucleari
francesi. Nel 1971 fondo' il Man (Mouvement pour une Alternative
Non-violente). Nel 1987 convinse i principali leader dell'opposizione
democratica polacca che un potere totalitario, perfettamente armato per
schiacciare ogni rivolta violenta, si trova largamente spiazzato nel far
fronte alla resistenza nonviolenta di tutto un popolo che si sia liberato
dalla paura. Tra le opere di Jean-Marie Muller: Strategia della nonviolenza,
Marsilio, Venezia 1975; Il vangelo della nonviolenza, Lanterna, Genova 1977;
Significato della nonviolenza, Movimento Nonviolento, Torino 1980; Momenti e
metodi dell'azione nonviolenta, Movimento Nonviolento, Perugia 1981; Lessico
della nonviolenza, Satyagraha, Torino 1992; Simone Weil. L'esigenza della
nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1994; Desobeir a' Vichy, Presses
Universitaires de Nancy, Nancy 1994; Vincere la guerra, Edizioni Gruppo
Abele, Torino 1999; Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004; Dictionnaire
de la non-violence, Les Editions du Relie', Gordes 2005.
Enrico Peyretti (1935) (per contatti: e.pey at libero.it) e' uno dei principali
collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura
e dell'impegno di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e
filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il
mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore
per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede
dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato
scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita'
piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha",
edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la
Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale
della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le sue
opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989;
Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace,
Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999;
Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005;
Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa
Verucchio (Rimini) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua
fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica
delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a
stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio
nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la
traduzione italiana), e che e stata piu' volte riproposta anche su questo
foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari suoi interventi sono anche
nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla pagina web
http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu' ampia
bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15
novembre 2003 di questo notiziario]

Filosofo francese, direttore degli studi presso l'Institut de recherche sur
la resolution non-violente des conflicts, Jean-Marie Muller giunge con
questo libro (Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza. Una filosofia
della pace, trad. di Enrico Peyretti, Ed. plus, Pisa 2004, pp. 335, euro 15)
al pubblico italiano, come esplicitamente in apertura di prefazione nota
Roberto Mancini, "grazie alla traduzione competente e amorevole di Enrico
Peyretti, il quale ha saputo riconoscere per primo il valore e l'utilita'
della riflessione mulleriana per la cultura del nostro paese" (p. 11).
Si tratta di opera di notevole ampiezza, articolata in quindici capitoli con
una rapida conclusione, nella quale l'impianto abbastanza palesemente
filosofico s'intreccia in maniera efficace con la ricchezza dei riferimenti
storici, giuridici, politici e soprattutto etici, che muovono dal
riconoscimento dell'inevitabile conflittualita' dei rapporti umani per
impostare e trattare in termini di dialettica costruttiva le complesse
relazioni concettuali e pratiche tra violenza e nonviolenza.
In sintesi, la trattazione, che mantiene una sua complessiva apprezzabile
coerenza, puo' essere distinta, a prescindere appunto dalle considerazioni
conclusive, in due parti sostanziali, la prima e piu' estesa delle quali
riguardante la dialettica di violenza-nonviolenza, la seconda concernente in
misura emblematica la figura e l'azione di Gandhi, con il concetto di
Satyagraha (fermezza o forza della verita' o dell'amore) e con l'opportuna
sottolineatura del suo significato di realismo razionale ed etico-politico
al di la' del contesto o dell'apparenza religiosa cui molte volte si e' data
preminenza.
Circa il primo aspetto, considerato che "la violenza e la nonviolenza sono
guardate e giudicate attraverso il prisma deformante dell'ideologia della
violenz"ª (p. 94), l'analisi dell'autore intende fondamentalmente
demistificare questa ideologia per il tramite di successivi e collegati
momenti riflessivi soprattutto attenti alle relazioni tra violenza e
conflitti e tra violenza e forza (essendo la prima abuso della seconda che
necessariamente e "virtuosamente" se ne differenzia); al debordare della
violenza strutturale (espressione di Johan Galtung) indicante "la violenza
generata dalle strutture politiche, economiche o sociali che creano delle
situazioni di oppressione, di sfruttamento o di alienazione" (p. 47); e
pertanto alla fenomenologia della "violenza istituzionalizzata" dello e
nello Stato con le conseguenze di vario tipo incidenti sulla struttura e
sulla convivenza politica: donde, tra l'altro, la sintomatica esclusione di
ogni concezione organicistica, apparendo totalizzanti (dunque non
democratici e forieri di violenza), partendo dalla stessa nozione roussoiana
di "volonta' generale", i concetti di popolo e di Stato sovrano (p. 143) e
la ricorrente generalizzazione del principio maggioritario (p. 168).
Su tali premesse, di cui appare non sottovalutabile il carattere fortemente
assertorio, non pochi sarebbero, e non soltanto filosofici, gli argomenti da
considerare e discutere: ci limitiamo qui a riprenderne i non secondari
aspetti politici, implicanti tra l'altro l'interconnessione tra nonviolenza
e democrazia fondata sulla cittadinanza e sull'esercizio della cittadinanza
"che da' all'esistenza dell'individuo la dimensione pubblica" (p. 164); per
cui - in termini di societas e non di mera communitas - "cio' che
costituisce la citta' politica e' uno spazio pubblico in cui gli uomini, che
si sono riconosciuti eguali e pari, scambiano liberamente le loro parole
allo scopo di prendere insieme le decisioni che impegnano il loro avvenire
comune" (p. 161). Si tratta di prospettive che - laicamente, dal nostro
punto di vista - rivendicano lo Stato di diritto istituzionalmente "altro" a
fronte di ogni tentazione di Stato forte, il necessario primato della
politica rispetto all'economia, il rifiuto delle ideologie discriminanti o
escludenti fino agli estremi del razzismo e della xenofobia, la tensione in
termini di moralita' ed efficacia verso una progrediente (e non facile)
coerenza tra mezzi e fini, e - in ordine a queste prospettive - il
perseguimento di forme adeguate di educazione nonviolenta dovendosi
considerare la scuola come "il luogo privilegiato dove si distruggono i
pregiudizi discriminatori verso gli 'altri'" (p. 197) e dunque (nostra
esigenza costante in funzione del concetto costituzionale oggi degenerato di
scuola democratica, pubblica e laica) il luogo di educazione alla
cittadinanza.
Molto accurata e sempre passibile di ulteriori aggiornamenti, merita infine
positiva segnalazione l'appendice a cura del traduttore comprendente (pp.
307-335) una selezionata "Bibliografia storica delle lotte nonarmate e
nonviolente", che chiude l'edizione italiana di Muller qui esaminata.
*
Ma, in particolare, i contenuti e la stessa impostazione di questa
Bibliografia hanno trovato di recente nuovi e variamente noti elementi di
relativa prosecuzione o di mirato sviluppo nell'agile volumetto di Peyretti
(Enrico Peyretti, Dov'e' la vittoria? Piccola antologia aperta sulla miseria
e la fallacia del vincere, Il Segno dei Gabrielli Editori, Nogarine di
S.Pietro in Cariano - Verona - 2005, pp. 112, euro 10) che qui segnaliamo in
concomitanza: "una raccolta di testi autorevoli - com'e' presentata
dall'autore medesimo nell'introduzione (p. 21) - accompagnati da note e
pensieri" suoi, "sulla vacuita' della vittoria in guerra e nei rapporti
quotidiani", senza pretendere di trasformarsi in un'antologia sulla guerra,
"ma soltanto su quell'aspetto della guerra e della rivalita', creduto e
spacciato come un successo della vita e della ragione, che e' la pretesa
vittoria di uno sull'altro dei due (o piu') contendenti armati e duri".
In tale ottica il libro organizza i diversi contributi (115, per
l'esattezza) di citazioni originali o di commenti e brani dell'autore in
cinque sezioni: Voci antiche; Voci moderne (1500-1900); Voci del Novecento
prima del 1945; Voci del Novecento dopo il 1945; Voci del 2000. Scelta
abbastanza comprensibile e, volendo, accettabile, se peraltro - dati gli
intendimenti rivolti (forse piu' che nelle precedenti edizioni della
raccolta) alla sensibilizzazione e alla formazione dei lettori, giovani e
meno giovani, in termini di possibile impegno attuale - si accetta la
sproporzione quantitativa che, rispetto alle prime tre parti, conferisce
ampiezza decisiva alla quarta e alla quinta.
Numerosi richiami vengono fatti allo stesso pensiero di Muller, mentre, pur
nel quadro in qualche modo soggettivo che questo tipo di raccolte di testi e
opinioni non puo' del tutto evitare, appare oltretutto rilevante la
preoccupazione di spaziare tra culture e orientamenti anche religiosi
differenti nel panorama prevalente di quanto l'Occidente ha ricevuto (non
sempre, pero', assimilato) da tempi e luoghi diversi e talvolta lontani.
Il senso ultimo si potrebbe probabilmente reperire nell'ultimo brevissimo
brano: "Dov'e' dunque la vittoria? E' la' dove nessuno trionfa su un altro
ma tutti insieme su cio' che divide" (p. 108). Il che resta ribadito nella
conclusione, non a caso definita "provvisoria", ove l'autore non manca di
affidare a chi legge, quasi come messaggio aperto (p. 110), "la ricerca
dell'affermazione della nostra umanita' sul disumano che e' in noi".

8. RIFLESSIONE. NICO ACCIDIOSI: ANCORA SU QUESTA GIRAFFA
[Ringraziamo il nostro buon amico Laconico Accidiosi per questo intervento,
il cui anacondesco titolo originale era "Ancora di questa giraffa che
chiamiamo nonviolenza e che scriviamo con l'inchiostro verde fatti avvertiti
da secolari (nel senso di braccio secolare) esperienze"]

La nonviolenza non e' un canone di autori, ma un insieme di pratiche
storiche di liberazione e di solidarieta', di riconoscimento e di
condivisione, e l'autocoscienza che ad esse s'intreccia (e illumina e
alimenta questo cammino comune, questa comune ricerca, la nostra comune
lotta, di tutte e tutti la dignita', e il preservare dalla catastrofe
quest'unico fragile e intricatissimo mondo che abbiamo e di cui siamo
parte).

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

10. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1231 dell'11 marzo 2006

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