La nonviolenza e' in cammino. 1225



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1225 del 5 marzo 2006

Sommario di questo numero:
1. Patrizia Moretti: Una lettera aperta
2. Rete italiana per il disarmo: Pistole Beretta in Iraq. Governo e lobby
armiera vogliono nascondere i traffici illeciti
3. Lidia Menapace: Eros e civilta'
4. Luisa Morgantini: Sull'orlo del collasso
5. Paola Canarutto: Ebrei per la pace a Bi'lin
6. Severino Vardacampi: Per Israele e per la Palestina
7. Augusto Cavadi: Occhi di fame. Un incontro notturno
8. Arundhati Roy: Bush in India
9. Stefania Giorgi ricorda Octavia Butler
10. Miriam Tola ricorda Octavia Butler
11. Formazione alla nonviolenza a Baia Domizia
12. Aristarco Bacchettoni: Una dichiarazione di voto
13. La "Carta" del Movimento Nonviolento
14. Per saperne di piu'

1. TESTIMONIANZE. PATRIZIA MORETTI: UNA LETTERA APERTA
[Dal quotidiano "Liberazione" del 24 febbraio 2006. Patrizia Moretti e' la
madre di Federico Aldrovandi, il ragazzo di diciotto anni morto a Ferrara
dopo il fermo e le percosse ricevute da appartenenti alla polizia]

Caro Procuratore Capo,
ho letto ed ascoltato alla televisione le sue parole sul caso nato dalla
morte di mio figlio. Vedo che anche lei come noi lamenta un clima pesante e
mi chiedo a cosa lei faccia riferimento. Ad una scritta apparsa sui muri
gia' da tempo il cui significato si denuncia da se' senza necessita' di
ulteriori commenti? A qualche insulto o minaccia apparsi sul blog da parte
di chi sicuramente non ha a cuore la sorte di Federico o mia?
*
Caro Procuratore,
io, diversamente da lei, sono nata e cresciuta in questa citta', cosi' come
i miei familiari, e credo di conoscerla bene. La gente e' civile, onesta,
composta ed assolutamente estranea a qualunque genere di violenza anche
verbale. E' cosi' per dna generazionale. Questa, tutto sommato, e' una
citta' tranquilla. Ma alla gente di Ferrara ed a coloro che la rappresentano
non si puo' impedire di pensare, di sapere, di valutare.
A chi mi accusa di cercare una verita' precostituita, rispondo di fronte a
Dio e di fronte agli uomini, che la verita' e' una sola e non puo' essere
quella spesso molteplice e contraddittoria delle aule di giustizia. Viste le
sue continue e tempestive esternazioni sul caso che riguarda mio figlio, Le
chiedo di rispondere pubblicamente a queste semplici domande:
- perche' mio figlio e' morto alle 6 del mattino del 25 settembre 2005 a
pochi metri dalla sua casa, mentre noi genitori, che lo stavamo cercando in
tutti gli ospedali, siamo da voi stati informati ben 5 ore piu' tardi?
- Perche' si e' fatto in modo che io non lo vedessi quando era ancora sul
luogo dove aveva trascorso i suoi ultimi momenti della sua troppo breve
vita?
- Perche' quando ripetutamente lo chiamavo sul suo cellulare ed appariva la
scritta "mamma" nessuno rispondeva, mentre quando lo chiamo' mio marito ed
apparve la scritta "Lino" un agente rispose?
- Perche' questo agente, che gia' sapeva perfettamente che stava parlando
col padre di un ragazzo appena morto non gli disse nulla, ma anzi chiuse la
conversazione in modo quantomeno sgarbato e sbrigativo, costringendoci a
tempestare invano di telefonate la Questura per chiedere informazioni sulla
sorte di mio figlio?
- Perche' quella maledetta mattina la Questura forni' ai giornali una
versione dei fatti completamente falsata sostenendo che Federico era morto
per un "malore" in apparenti circostanze non violente, tacendo che nel fatto
ben quattro agenti erano ricorsi alle cure mediche all'Ospedale S. Anna?
- Perche' solo in Parlamento e' stato ammesso il violento uso di manganelli
sul corpo di mio figlio, fino a romperne addirittura due?
- Perche' tanta violenza? Per impedirgli di farsi del male da solo?
- Perche' si e' falsamente sostenuto o comunque lasciato intendere che
Federico fosse ancora vivo all'arrivo dei sanitari, i quali addirittura si
sarebbero opposti alla richiesta di togliergli le manette?
- Perche' si e' chiesto l'intervento della Digos con la motivazione che il
giovane, privo di documenti, indossava abiti che potevano corrispondere alle
persone dedite a frequentare i centri sociali, mentre non si e' voluto
rispondere al telefonino che diceva che lo stava chiamando la mamma?
*
Caro Procuratore,
i perche' non sarebbero finiti, ma li lascero' per ora ai miei legali.
Se per clima si intende fiducia sul vostro operato, questa purtroppo siete
ora voi stessi a dovervela guadagnare di fronte alla collettivita'. Fiducia
che a suo tempo espressi insieme a mio marito in modo chiaro, esplicito e
totale.
Le forze di polizia sono un patrimonio preziosissimo delle comunita' e
meritano assoluto ed incondizionato rispetto. Chi mette in dubbio cio' in
nome di mio figlio, sappia che manca di rispetto alla sua memoria. Cio'
pero' non significa che qualcuno non possa aver sbagliato quella maledetta
notte. Cio' pero' non esime quegli agenti interessati, il questore, e tutti
gli altri dall'obbligo della verita'.
Attendo cortese risposta.
Patrizia Moretti

2. MONDO. RETE ITALIANA PER IL DISARMO: PISTOLE BERETTA IN IRAQ. GOVERNO E
LOBBY ARMIERA VOGLIONO NASCONDERE I TRAFFICI ILLECITI
[Dalla Rete italiana per il disarmo (per contatti: segreteria at disarmo.org)
riceviamo e diffondiamo il seguente comunicato stampa]

"Un tipico esempio di triangolazione che coinvolge la Beretta, una delle
ditte produttrici di pistole piu' conosciute al mondo, sulla quale il
Governo sembra intenzionato a mettere tutto a tacere. Chiediamo che la
Procura di Brescia possa concludere senza impedimenti l'inchiesta
riguardante le armi della ditta bresciana sequestrate alla guerriglia in
Iraq e che il prossimo Governo giunga al piu' presto ad una legislazione
rigorosa sull'esportazione di armi leggere anche per corpi di polizia, ad
uso sportivo e civile e sugli intermediari del settore". Cosi' la Rete
italiana per il disarmo commenta le anticipazioni alla stampa del numero del
settimanale "L'Espresso" in edicola.
Dall'inchiesta dell'"Espresso" si apprende che le pistole Beretta ritrovate
dal contingente statunitense nei depositi della guerriglia irachena
provengono proprio dalla famosa ditta di Gardone Valtrompia che le avrebbe
vendute alla "Super Vision International ltd", una sigla inglese
sconosciuta. La Procura di Brescia sta indagando sulla vicenda, ma una norma
inserita dal Governo nel recente decreto sulle Olimpiadi di Torino potrebbe
cancellare l'inchiesta, salvando cosi' l'azienda guidata da Ugo Gussalli
Beretta, amico personale del premier Berlusconi e della famiglia Bush.
"Questa vicenda dimostra ancora una volta le falle sui controlli del nostro
Paese all'esportazione di armi leggere" - commenta la Rete italiana per il
disarmo. Nel febbraio 2003 il Ministero dell'Interno infatti aveva ceduto
alla fabbrica bresciana 44.926 pistole Beretta 92S che la ditta di Gardone
Valtrompia ha risistemato nonostante dal 2002 non avesse piu' la licenza per
riparare armi e, per aggirare le richieste di chiarimenti del Ministero
dell'Interno, l'azienda bresciana ha chiesto e ottenuto dalla prefettura di
Brescia il permesso di vendere parte delle armi ad una celebre ditta
britannica, ma di fatto tutte le pistole erano gia' state pagate da un'altra
ditta: la sconosciuta "Super Vision International ltd". Nel febbraio scorso
la Beretta aveva affermato di voler collaborare "nella massima trasparenza"
con la Procura di Brescia per quanto riguarda l'indagine in corso sulle armi
dell'azienda ritrovate in Iraq.
"Chiediamo al mondo politico e all'informazione di tenere alta l'attenzione
sulla vicenda affinche' l'indagine non venga messa a tacere e si giunga
presto a individuare i responsabili" - conclude il comunicato della Rete
italiana per il disarmo. "Siamo inoltre esterrefatti che un Decreto sulle
Olimpiadi possa essere usato per intervenire  su una normativa cosi'
delicata come quella del commercio delle armi".
*
L'articolo de "L'Espresso" puo' essere consultato nel sito
www.espressonline.it
*
Per informazioni sulle iniziative della Rete: Rete italiana per il disarmo
c/o Pax Christi International, piazza San Calisto 16, Roma, tel. 3283399267,
e-mail: segreteria at disarmo.org, sito: www.disarmo.org

3. RIFLESSIONE. LIDIA MENAPACE: EROS E CIVILTA'
[Dal quotidiano "Liberazione" del 22 febbraio 2006. Lidia Menapace (per
contatti: lidiamenapace at aliceposta.it) e' nata a Novara nel 1924, partecipa
alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica
amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra
le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti
della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior parte degli
scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e
riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. Il
futurismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; L'ermetismo.
Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; (a cura di), Per un movimento
politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia
Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza
sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara
Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il
papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna,
Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001; (con Fausto
Bertinotti e Marco Revelli), Nonviolenza, Fazi, Roma 2004]

Se si vuole essere attenti a quanto dice Ratzinger, anzi in questo caso papa
Benedetto XVI (perche' parla in quanto papa e non in quanto re assoluto
dello stato della citta' del Vaticano), e ci si domanda: che cosa e' una
sessualita' "secondo natura", per rispondere in modo da non ricominciare a
dire che l'omosessualita' e' una perversione o una malattia, tesi ambedue
respinte dalla scienza e anche dall'Oms, per poco che si sappia che cosa e'
natura, si puo' dire che sessualita' secondo natura e' un genere di rapporto
tra organismi di diverso genere che riproduce la specie. Questa definizione
vale per tutti i viventi, ha specificita' per le varie forme della vita ecc.
Comunque, se ci fermiamo ai mammiferi (stranamente definiti al maschile,
anche se mammelle utili le hanno solo le femmine mammifere, appunto) e' un
rapporto tra un mammifero e una mammifera attraverso gli organi genitali.
Ma gli umani, tra tutti i mammiferi (per quanto ne sappiamo), hanno perso
circa diecimila anni fa un indicatore "naturale" specifico della
riproduzione, cioe' l'estro delle femmine: non e' stata una diabolica
invenzione di scienziati cattivi, nemmeno una malizia di noi femministe,
bensi', a quanto se ne sa, un evento "naturale".
Da quando comunque le femmine umane non hanno piu' l'estro, nella specie
umana la riproduzione non e' piu' governata dall'istinto e dal fatto che la
femmina quando e' feconda emette odori suoni movenze ecc. che eccitano i
maschi della stessa specie (che in ogni altro momento lasciano tranquille le
femmine e non si accorgono nemmeno di loro). Nella specie umana quel segnale
non c'e' piu' e il rapporto sessuale puo' esercitarsi in ogni momento, per
"natura".
Cio' significa che nella specie umana la sessualita' non e' mai o non piu'
da circa diecimila anni una attivita' appoggiata a "leggi" naturali, come
sarebbe la gravita', bensi' una attivita' libera. Essa continua a rispondere
all'imperativo di riprodurre la specie, ma questo non e' ne' il solo ne' il
suo principale fine, dato che non vi e' piu' obbligo biologico bensi'
scelta, gusto, desiderio, piacere anche nel mettere al mondo bambini e
bambine.
Nella specie umana la sessualita' attiene al piacere e alla sua
sperirmentazione, che la Bibbia chiama "conoscenza". Si ricordera' che Maria
all'angelo che le dice che avra' un figlio non risponde: "Non sono mai stata
a letto con nessuno", ma invece di usare l'eufemismo del letto usa quello
molto profondo "non conosco l'uomo".
Il piacere che e' legato al rapporto tra sessi (in qualsiasi forma libera)
e' una importantissima componente degli esseri umani e delle essere umane e
ha prodotto sessualita', sensualita', desiderio, passione, erotismo,
amicizia, amicizia amorosa, una serie infinita di affettivita' e di
relazioni non offensive ne' legate solo all'utile.
Il massimo frutto del piacere senza altri fini e' l'arte, che non ci sarebbe
se tra gli umani la sessualita' fosse ancora "naturale" come se la immagina
Benedetto XVI, cioe' come quella tra animali: violento scontro tra maschi
che competono per accaparrarsi il maggior numero di femmine feconde. Non vi
sembra che guerra e competizione economica assomiglino molto a tale
sessualita' e questo spieghi l'alleanza tra capitalismo e patriarcato?
Arrivano parole selvagge dalle sedi del potere religioso assoluto (che non
ha niente a che fare con la fede sincera, beninteso), arcaiche, indegne di
ascolto. Naturalmente pericolose, e da rifiutare con secco piacere.

4. MONDO. LUISA MORGANTINI: SULL'ORLO DEL COLLASSO
[Ringraziamo Luisa Morgantini (per contatti: lmorgantini at europarl.eu.int)
per questo intervento del 28 febbraio 2006. Luisa Morgantini, parlamentare
europea, presidente della delegazione del Parlamento Europeo al Consiglio
legislativo palestinese, fa parte delle Donne in nero e dell'Associazione
per la pace; il seguente profilo di Luisa Morgantini abbiamo ripreso dal
sito www.luisamorgantini.net: "Luisa Morgantini e' nata a Villadossola (No)
il 5 novembre 1940. Dal 1960 al 1966 ha lavorato presso l'istituto Nazionale
di Assistenza a Bologna occupandosi di servizi sociali e previdenziali. Dal
1967 al 1968 ha frequentato in Inghilterra il Ruskin College di Oxford dove
ha studiato sociologia, relazioni industriali ed economia. Dal 1969 al 1971
ha lavorato presso la societa' Umanitaria di Milano nel settore
dell'educazione degli adulti. Dal 1970 e fino al 1999 ha fatto la
sindacalista nei metalmeccanici nel sindacato unitario della Flm. Eletta
nella segreteria di Milano - prima donna nella storia del sindacato
metalmeccanico - ha seguito la formazione sindacale e la contrattazione per
il settore delle telecomunicazioni, impiegati e tecnici. Dal 1986 e' stata
responsabile del dipartimento relazioni internazionali del sindacato
metalmeccanico Flm - Fim Cisl, ha rappresentato il sindacato italiano
nell'esecutivo della Federazione europea dei metalmeccanici (Fem) e nel
Consiglio della Federazione sindacale mondiale dei metalmeccanici (Fism).
Dal novembre del 1980 al settembre del 1981, in seguito al terremoto in
Irpinia, in rappresentanza del sindacato, ha vissuto a Teora contribuendo
alla ricostruzione del tessuto sociale. Ha fondato con un gruppo di donne di
Teora una cooperativa di produzione, "La meta' del cielo", che e' tuttora
esistente. Dal 1979 ha seguito molti progetti di solidarieta' e cooperazione
non governativa con vari paesi, tra cui Nicaragua, Brasile, Sud Africa,
Mozambico, Eritrea, Palestina, Afghanistan, Algeria, Peru'. Si e' misurata
in luoghi di conflitto entro e oltre i confini, praticando in ogni luogo
anche la specificita' dell' essere donna, nel riconoscimento dei diritti di
ciascun essere umano: nelle rivendicazioni sindacali, con le donne contro la
mafia, contro l'apartheid in Sud Africa, con uomini e donne palestinesi e
israeliane per il diritto dei palestinesi ad un loro stato in coesistenza
con lo stato israeliano, con il popolo kurdo, nella ex Yugoslavia, contro la
guerra e i bombardamenti della Nato, per i diritti degli albanesi del Kosovo
all'autonomia, per la cura e l'accoglienza a tutte le vittime della guerra.
Attiva nel campo dei diritti umani, si e' battuta per il loro rispetto in
Cina, Vietnam e Siria, e per l'abolizione della pena di morte. Dal 1982 si
occupa di questioni riguardanti il Medio Oriente ed in modo specifico del
conflitto Palestina-Israele. Dal 1988 ha contribuito alla ricostruzione di
relazioni e networks tra pacifisti israeliani e palestinesi. In particolare
con associazioni di donne israeliane e palestinesi e dei paesi del bacino
del Mediterraneo (ex Yugoslavia, Albania, Algeria, Marocco, Tunisia). Nel
dicembre 1995 ha ricevuto il Premio per la pace dalle Donne per la pace e
dalle Donne in nero israeliane. Attiva nel movimento per la pace e la
nonviolenza e' stata portavoce dell'Associazione per la pace. E' tra le
fondatrici delle Donne in nero italiane e delle rete internazionale di Donne
contro la guerra. Attualmente e' deputata al Parlamento Europeo... In Italia
continua la sua opera assieme alle Donne in nero e all'Associazione per la
pace". Opere di Luisa Morgantini: Oltre la danza macabra, Nutrimenti, Roma
2004]

La Palestina e' sull'orlo di un collasso finanziario. Non possiamo far finta
di non vedere. Mentre tutti i media parlano ancora di "blocco" dei fondi da
parte di Israele nei confronti dell'Anp e in realta' si tratta di un vero e
proprio furto di denaro, in quanto i soldi che il governo israeliano ha
bloccato come ritorsione per la vittoria di Hamas alle ultime elezioni - tra
l'altro tenutesi in un clima democratico e di legalita' attestato dagli
osservatori internazionali ed europei - rappresentano le rimesse fiscali
mensili che di diritto e secondo gli Accordi di Oslo e il Protocollo
economico di Parigi (1994), spettano legittimamente all'Anp.
Un altro grido di allarme e' stato lanciato dall'inviato internazionale
James Wolfensohn. L'ex direttore della Banca mondiale ha avvertito il
Quartetto dei mediatori internazionali (Russia, Usa, Onu e Ue) che entro due
settimane le finanze dell'Anp rischiano il collasso: nel mese di febbraio
per le casse palestinesi si e' aperto un buco di 100 milioni di dollari a
causa della decisione di Israele di sospendere il trasferimento all'Anp dei
fondi provenienti dai doganali, riscossi dalle autorita' israeliane per
conto dell'amministrazione palestinese, con l'impegno di riversare il denaro
all'Anp il primo di ogni mese.
Per Wolfensohn l'Anp avra' bisogno di una cifra tra i 60 e gli 80 milioni di
dollari gia' dalla prossima settimana per poter pagare gli stipendi di
febbraio dei 140.000 dipendenti palestinesi e qualora non dovesse riuscirvi
potrebbe salire ulteriormente la tensione nella popolazione.
Da parte sua l'Unione Europea ha lanciato, pur con i suoi limiti,  un
messaggio chiaro all'Anp, alla comunita' internazionale e ad Israele
annunciando lo stanziamento di un pacchetto di 120 milioni di euro per
venire incontro alle esigenze primarie dei Palestinesi. Gesto considerato
positivo anche da rappresentanti di Hamas.
Ora sarebbe non solo importante politicamente che Israele sbloccasse il
trasferimento dei proventi doganali nei confronti dei palestinesi, come
ribadito anche dal commissario Ue alle relazioni esterne Benita Ferrero
Waldner, ma soprattutto sarebbe un primo passo verso il rispetto della
legalita' internazionale, ripetutamente violata da Israele con la sua
politica di occupazione e di costruzione del muro.
Quei soldi appartengono di diritto all'Autorita' nazionale palestinese e il
fatto che vengano raccolti ai transiti di frontiera da Israele, che per di
piu' ne trattiene una percentuale per finanziare i costi delle operazioni,
rappresenta la prova evidente dello stato di occupazione in cui si trova la
Palestina e delle politiche di punizione collettiva praticate dal Governo
israeliano.
La politica unilaterale di Israele e' nociva alla stabilita' di tutta l'area
e alle prospettive di pace; ne e' una prova la chiusura del check point di
Karni, l'arteria principale per il trasporto dei beni commerciali per e
dalla Striscia di Gaza, chiusura che in sole tre settimane ha causato una
perdita di 10,5 milioni di dollari per le gia' deboli finanze palestinesi e
un'accelerazione della strategia di divisione del sistema stradale
palestinese e israeliano all'interno della West Bank.
L'Unione europea, non puo' sottostare ai ricatti del governo israeliano,
Hamas ha finora dimostrato di voler restare nel gioco democratico e di non
compiere attentati, non cosi' si comporta il governo israaliano che ogni
giorno continua a uccidere civili palestinesi.
Non isolare la Palestina, attivarsi affinche' Hamas continui il cessate il
fuoco e, come chiesto dal presidente Mahomoud Abbas riconosca gli impegni
assunti dall'Autorita' palestinese, ma contemporaneamente si faccia
pressione su Israele per tornare al tavolo dei negoziati  e cessi
l'annessione di territori palestinesi: e' l'unica strada possibile se
l'Unione Europea crede non solo a parole ad una pace giusta e sostenibile in
Palestina e Israele.

5. TESTIMONIANZE. PAOLA CANARUTTO: EBREI PER LA PACE A BI'LIN
[Dal quotidiano "Il manifesto" del primo marzo 2006. Paola Canarutto fa
parte della rete "Ebrei per una pace giusta"]

Bi'lin e' un villaggio agricolo, a cui la "barriera di separazione" confisca
meta' del terreno coltivato. Il motivo ufficiale addotto dalle autorita'
israeliane e' che la "barriera" viene costruita per motivi di sicurezza, ma
il movente reale e' quello di impadronirsi di terra per la colonia ebraica
ortodossa di Modi'in Illit. Gli abitanti del villaggio lottano da diversi
mesi in modo nonviolento, e la rete Ejjp (European Jews for a Just Peace),
una confederazione di gruppi ebraici di dieci paesi europei, ha deciso di
dimostrare loro solidarieta'.
E' cosi' che, la mattina del 16, siamo partiti in aereo per Tel Aviv, per
tenere la nostra riunione del comitato esecutivo nel municipio di Bi'lin. Ma
le cose non sono andate lisce. All'aeroporto Ben Gurion, il nostro
segretario, Dan Judelson, e' stato fermato ed interrogato per cinque ore,
per aver dichiarato di far parte di un gruppo ebraico per la pace, che
intendeva parlare con ebrei e palestinesi. L'agente gli ha chiesto: "Perche'
un buon ebreo vuole parlare con palestinesi?". Cosi' pure e' stata fermata
per cinque ore l'anziana Paula Abrahams, il cui "reato" e' l'aver sposato un
palestinese. Peggior sorte ha avuto Houria, figlia di madre ebrea e moglie
di un ebreo (il cui cognome e' riportato sul passaporto), per il fatto di
avere padre musulmano e nome arabo (Houria in arabo significa liberta'): e'
stata trattenuta all'aeroporto per dieci ore e interrogata per nove, da
sette agenti diversi. Per liberarli sono dovuti intervenire un avvocato e la
bravissima giornalista israeliana Amira Hass.
A Bi'lin abbiamo manifestato con gli abitanti contro il Muro (Dror Feiler,
il presidente di Ejjp, ha suonato il sassofono davanti ai soldati in assetto
di guerra, che non sapevano bene come reagire a tale insolito
comportamento). Il giorno dopo ci siamo uniti al migliaio di israeliani che
e' andato a piantare ulivi nelle zone in cui erano stati divelti dai coloni.
I palestinesi erano felici della nostra dimostrazione di solidarieta',
benche' almeno in una zona gli ulivi siano stati dopo pochi minuti
nuovamente divelti dai medesimi coloni.
Siamo transitati diverse volte, a piedi e in auto, dall'orrido posto di
blocco al Muro di Qalandya: due alti muri concentrici, interrotti da
torrette, e in cima ai quali c'e' il filo spinato: l'unico commento
possibile e' che ai costruttori del Muro manca ogni memoria storica di quel
che hanno subito gli ebrei in Europa, poco piu' di sessanta anni or sono. Si
passa in corridoi senza contatto con i soldati, che impongono ordini dagli
altoparlanti; sbarre parallele rotanti permettono loro di fermare il
transito dei pedoni ogni qualvolta lo desiderano. "Come galline in un
pollaio", ha commentato una di noi, che si e' trovata bloccata. E Houria, a
cui all'aeroporto non era stato apposto il timbro di ingresso sul
passaporto, e' stata di nuovo fermata dai soldati: mancando il timbro, a
Gerusalemme Est, che Israele ha annesso, e' "illegale". Ma non vi e'
controllo routinario delle borse, ne' delle auto: che i controlli siano "per
la sicurezza", come sostengono gli israeliani, lascia quindi alquanto a
dubitare.
All'universita' palestinese di Al Quds i dipendenti sono in sciopero bianco
da tre settimane, in quanto non sono pagati da due mesi; la situazione sul
versante paghe e' la stessa all'ospedale Makassed, a Gerusalemme Est (che
ora i pazienti trovano difficile raggiungere: Gerusalemme Est e' separata
dal resto della Cisgiordania dal Muro, e i palestinesi che non hanno la
carta blu dei residenti a Gerusalemme devono chiedere ogni volta un permesso
della durata di 24 ore allo Shabak, la polizia israeliana, per poter
passare). Abbiamo visto la miseria in cui vivono i palestinesi cisgiordani
(e nella Striscia di Gaza la situazione e' ancora peggiore) - questo ancora
prima che si manifestino le conseguenze della confisca degli introiti
doganali e dell'Iva palestinesi, voluta dal governo israeliano per punire
gli abitanti del voto a Hamas.
Dopo decenni di occupazione israeliana, le strade in Cisgiordania sono in
condizioni pessime, cio' che non puo' che rallentare l'economia. Le
confische di terra e di acqua, aggravate dalla distruzione degli olivi,
impedisce l'attivita' agricola, e le centinaia di posti di blocco
(all'interno della Cisgiordania medesima, onde difendere le colonie e le
strade che le collegano) impediscono a chiunque di recarsi al lavoro, se
questo non e' prossimo all'abitazione; la conseguenza e' la fame.
Nel campo profughi di Jenin, Dror e Jonathan Stanczak hanno inaugurato il
Teatro della Liberta', ispirato al teatro di "Arna's Children", distrutto
nell'invasione israeliana di Jenin nel 2002. Altri di noi hanno partecipato
alla conferenza sui metodi nonviolenti di lotta, tenuta a Bi'lin il 20 e il
21; fra i temi trattati, c'e' stato quello di come opporsi alla costruzione
di linee tranviarie da Gerusalemme Ovest alle colonie (per la prima delle
quali, Pisgat Zeev, si progetta una connessione in atto gia' fra due anni):
e' un sistema per consolidare l'annessione di terre palestinesi, rendendo
cosi' la nascita di uno stato di Palestina sempre piu' improbabile (se con
il termine Stato non si vogliono indicare bantustans disconnessi fra di loro
dalle colonie e dalle strade che le collegano).
Abbiamo avuto modo di incontrare diversi gruppi israeliani che, in modi
diversi, combattono l'occupazione: i giovanissimi anarchici, Ta'ayush, i
Rabbini per i diritti umani, l'Alternative Information Center (l'unica
organizzazione in cui israeliani e palestinesi sono allo stesso livello,
condiretta da Michel Warschawski e Majed Nassar), l'Icahad (International
Committee against House Demolitions), Machsom Watch (le donne che ai posti
di blocco cercano di ridurre la violenza dei soldati), Bat Shalom,
l'Arcobaleno democratico mizrahi (degli ebrei di origine africana,
discriminati da decenni nello Stato di Israele). Alla conferenza a Bi'lin ci
e' stato riferito che la grande maggioranza dei partecipanti erano ebrei,
come pure che sono ebrei la maggior parte degli aderenti allo Ism,
l'International Solidarity Movement. Questo fa ben sperare per il futuro,
benche' attualmente la stupefazione di noi tutti sia che, in queste
condizioni, la maggioranza dei palestinesi riesca a sopravvivere senza
emigrare. Un'opzione apertamente auspicata in Israele dal partito di destra
Moledet, ma portata avanti da tutti i partiti al governo.

6. RIFLESSIONE. SEVERINO VARDACAMPI: PER ISRAELE E PER LA PALESTINA

Giustamente il popolo palestinese rivendica il suo diritto a uno stato
sovrano, indipendente, dotato di continuita' territoriale, ove vivere in
liberta' e sicurezza.
E giustamente il popolo israeliano rivendica lo stesso diritto a vivere in
liberta' e sicurezza nel suo stato.
Entrambi i popoli si sentono minacciati e oppressi: il popolo palestinese
dalla brutale occupazione militare israeliana; il popolo israeliano dal
terrorismo, dai regimi degli stati confinanti, dalle ideologie in Medio
Oriente dominanti abbeveratesi all'eredita' hitleriana.
Il popolo palestinese ancora non ha veduto riconosciuto il suo diritto a un
proprio stato; il popolo israeliano continua a sentire che il suo stato e'
costantemente minacciato di distruzione.
Non si puo' essere solidali con il popolo palestnese se non si e' solidali
con il popolo israeliano, e viceversa.
Non ci si puo' impegnare perche' nasca lo stato palestinese se non ci si
impegna anche per difendere l'esistenza dello stato di Israele, e viceversa.
L'unica via e' la convivenza, il riconoscimento reciproco, l'impegno comune
per la pace e la giustizia.
E a questo fine tutti i paesi del mondo dovrebbero impegnarsi: l'Europa in
particolare, su cui pesa la vergogna del colonialismo, del razzismo, dei
pogrom e della Shoah.
Aiutare due popoli e due stati; favorire la pace e la convivenza;
contrastare ogni oppressione, ogni razzismo; riconoscere che una e'
l'umanita'; opporsi a tutte le uccisioni.

7. RIFLESSIONE. AUGUSTO CAVADI: OCCHI DI FAME. UN INCONTRO NOTTURNO
[Ringraziamo Augusto Cavadi (per contatti: acavadi at lycos.com) per averci
messo a disposizione il seguente articolo, apparso nell'edizione di Palermo
del quotidiano "La Repubblica" il 28 febbraio 2005. Augusto Cavadi,
prestigioso intellettuale ed educatore, collaboratore del Centro siciliano
di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo, e' impegnato nel
movimento antimafia e nelle esperienze di risanamento a Palermo, collabora a
varie qualificate riviste che si occupano di problematiche educative e che
partecipano dell'impegno contro la mafia. Opere di Augusto Cavadi: Per
meditare. Itinerari alla ricerca della consapevolezza, Gribaudi, Torino
1988; Con occhi nuovi. Risposte possibili a questioni inevitabili,
Augustinus, Palermo 1989; Fare teologia a Palermo, Augustinus, Palermo 1990;
Pregare senza confini, Paoline, Milano 1990; trad. portoghese 1999; Ciascuno
nella sua lingua. Tracce per un'altra preghiera, Augustinus, Palermo 1991;
Pregare con il cosmo, Paoline, Milano 1992, trad. portoghese 1999; Le nuove
frontiere dell'impegno sociale, politico, ecclesiale, Paoline, Milano 1992;
Liberarsi dal dominio mafioso. Che cosa puo' fare ciascuno di noi qui e
subito, Dehoniane, Bologna 1993, nuova edizione aggiornata e ampliata
Dehoniane, Bologna 2003; Il vangelo e la lupara. Materiali su chiese e
mafia, 2 voll., Dehoniane, Bologna 1994; A scuola di antimafia. Materiali di
studio, criteri educativi, esperienze didattiche, Centro siciliano di
documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Essere profeti oggi. La
dimensione profetica dell'esperienza cristiana, Dehoniane, Bologna 1997;
trad. spagnola 1999; Jacques Maritain fra moderno e post-moderno, Edisco,
Torino 1998; Volontari a Palermo. Indicazioni per chi fa o vuol fare
l'operatore sociale, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe
Impastato", Palermo 1998, seconda ed.; voce "Pedagogia" nel cd- rom di AA.
VV., La Mafia. 150 anni di storia e storie, Cliomedia Officina, Torino 1998,
ed. inglese 1999; Ripartire dalle radici. Naufragio della politica e
indicazioni dall'etica, Cittadella, Assisi, 2000; Le ideologie del
Novecento, Rubbettino, Soveria Mannelli 2001; Volontariato in crisi?
Diagnosi e terapia, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2003; Gente bella, Il
pozzo di Giacobbe, Trapani 2004; Strappare una generazione alla mafia, DG
Editore, Trapani 2005. Vari suoi contributi sono apparsi sulle migliori
riviste antimafia di Palermo. Indirizzi utili: segnaliamo il sito:
http://www.neomedia.it/personal/augustocavadi (con bibliografia completa)]

"Qualche sera fa, poco dopo le 23, mi incamminavo dalla stazione per corso
Tukory. Andavo verso il mercato di Ballaro' per riprendere l'automobile
posteggiatavi la mattina". L'e-mail e' di Luca Dai, un giovane
settentrionale che da qualche tempo svolge attivita' sociale fra Partinico
(presso un'associazione ispirata a Danilo Dolci) e Palermo (presso un centro
sociale all'Albergheria).
"La strada e' desolata, passano poche macchine" - continua il breve
racconto. E prosegue: "Con la coda dell'occhio scorgo avanzare verso me una
persona con passo piu' veloce del mio. Penso: ma da dove e' sbucato questo?
Chissa' dove andra' cosi' di fretta? Proprio sotto alla pensilina,
sopraggiunge, mi raggiunge, mi scosto per farlo passare: certo che va
proprio di fretta! Mi tocca una spalla... mi volto... nella mano destra
tiene una lama, me la mostra e mi dice in dialetto siciliano con un tono non
troppo alto: dammi tutto, tira fuori tutto, dammi il telefonino! Lo guardo
negli occhi... posso assicurare di aver visto gli occhi della fame! Occhi di
fame ha una statura piu' piccola della mia, il cappuccio della felpa sopra
la testa; il coltello lo ha gia' nascosto! Non ho paura in questo momento,
sono sorpreso, gli dico che di soldi non ne ho! Occhi di fame ha una faccia
buona, ma insiste: muoviti! Fai in fretta e non alzare la voce che ci
sentono! Allora gli dico: guarda che te li darei ma non li ho, perche' non
mi vuoi credere? Non lavoro! Sono un volontario... vivo con 400 euro al
mese! Apro il giubbotto, prendo il portafogli dalla tasca interna, lo apro:
ho solo questi! Ecco questo e' tutto quello che ho: 5 euro! Occhi di fame:
dammi il telefonino! Vedi che sto rischiando tre anni per 5 euro? Ascolta,
gli dico, vengo dal Nord, faccio il volontario. Lui mi guarda fisso negli
occhi per la seconda volta... mi da' la mano, mi abbraccia, mi bacia e
sussurra: scusa! Occhi di fame sparisce nella notte palermitana e lascia in
me un gran senso di vuoto e dispiacere... Cerco di capire... mi viene da
condannare il suo atto... e' comunque violento... ma cerco di capire. Forse
devo pensarci ancora, ma una cosa e' certa: Occhi di fame non e' cattivo!
Sono veramente rammaricato per la sua condizione. Fino a quando?".
*
Il messaggio telematico finisce qui. Che faccio? Lo spedisco nel cestino
dove confluiscono le altre decine di e-mail giornaliere o lo strappo, per
qualche ora ancora, all'oblio? Domani i quotidiani siciliani parleranno
degli scippi, delle piccole rapine, dei furti sempre piu' miserabili
effettivamente consumati. (A Palermo un disgraziato e' stato arrestato
mentre cercava di rompere la vetrina di una libreria del centro storico. Il
giorno prima, a Trapani, ad un mio amico libraio hanno scassinato il negozio
e sottratto un registratore di cassa inservibile perche' matricolato: per
poco piu' di cento euro...). Ma di quell'unico tentativo abortito - abortito
perche' Occhi di fame non e' stato abbastanza duro, abbastanza
"professionale" - non ne parlera' nessuno. Le statistiche non conosceranno
il ravvedimento improvviso, e imprevisto, del ragazzo di quartiere che non
e' riuscito neppure come ladro. E i benpensanti - tra cui gli elettori che,
grazie alla cortese mediazione del movimento autonomista di Lombardo,
agevoleranno il ritorno in parlamento dei leghisti di Bossi - resteranno
della convinzione che si tratti (non anche, ma esclusivamente) di varare
provvedimenti repressivi concernenti l'ordine pubblico. Senza sospettare
neppure quante omissioni individuali, e quante latitanze istituzionali,
presuppone la disperazione di Occhi di fame.
A Luca e ai suoi compagni d'avventura ho chiesto se episodi come questo li
convincessero a mollare tutto, a ritornare dalle loro parti. Mi hanno
risposto, un po' stupiti, che proprio incontri di questo genere danno un
senso al loro impegno: "Se ci sono delle piccole luci, come potremmo
rischiare di spegnerle?".

8. MONDO. ARUNDHATI ROY: BUSH IN INDIA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 2 marzo 2006. Arundhati Roy, scrittrice
indiana, impegnata contro il riarmo, in difesa dell'ambiente e per i diritti
delle persone e dei popoli. Opere di Arundhati Roy: il romanzo Il Dio delle
piccole cose, Guanda, Parma 1997, Superpocket, Milano 2000; i saggi di
testimonianza e denuncia raccolti ne La fine delle illusioni, Guanda, Parma
1999, Tea, Milano 2001, poi recuperati nella piu' ampia raccolta di saggi di
intervento civile, Guerra e' pace, Guanda, Parma 2002; Guida all'impero per
la gente comune, Guanda, Parma 2003; Ahisma [sic, refuso tipografico per
Ahimsa]. Scritti su impero e guerra, Datanews, Roma 2003; cfr. inoltre
L'impero e il vuoto. Conversazioni con David Barsamian, Guanda, Parma 2004]

Nel suo trionfalistico tour in India e in Pakistan, dove spera di rivolgersi
con gesti imperiosi a persone che considera potenziali soggetti, il
presidente George W. Bush ha un itinerario che sta diventando sempre piu'
curioso.
Per il pit stop del 2 marzo a New Delhi, il governo indiano ha tentato in
ogni modo di averlo per un discorso al nostro parlamento. Un numero non
irrilevante di deputati pero' ha minacciato interruzioni e proteste, cosi'
il Piano Uno e' stato messo da parte. Il Piano Due era un discorso pubblico
di Bush dagli spalti dello splendido Red Fort, luogo da cui il primo
ministro indiano tradizionalmente tiene il discorso nell'anniversario
dell'Indipendenza. Ma il Red Fort, circondato dalla popolazione in
maggioranza musulmana di Old Delhi, e' considerato un incubo dal punto di
vista della sicurezza. Cosi' ecco il Piano Tre: il presidente George Bush
parlera' dal Purana Qila, o Vecchio Forte. Ironico, vero, che l'unico luogo
pubblico sicuro per un uomo tanto entusiasta della modernita' indiana sia un
forte medioevale in rovina?
Poiche' il Purana Qila ospita anche lo Zoo di Delhi, l'uditorio di George
Bush saranno alcune centinaia di animali in gabbia e una lista controllata e
aprovata di esseri umani pure in gabbia, che in India stanno nella categoria
di "personalita' eminenti". Sono per lo piu' gente ricca che vive nel nostro
povero paese come animali in cattivita', incarcerati dalla loro stessa
ricchezza, chiusi nelle loro gabbie dorate per proteggersi dalla minaccia
delle moltitudini volgari e indisciplinate che per secoli hanno
sistematicamente espropriato. Cosi' cosa succedera' a George Bush? Lo
applaudiranno i gorilla? I gibboni storceranno la bocca? I cervi dalle corna
scure sogghigneranno? Gli scimpanze' faranno rumori osceni? Urleranno le
civette? I leoni sbadiglieranno, le giraffe sbatteranno le belle
sopracciglia? I coccodrilli riconosceranno un'anima gemella? Le quaglie,
ringrazieranno dio che Bush non e' accompagnato da Dick Cheney, il compagno
di caccia dalla pessima mira? E gli amministratori delegati, saranno
d'accordo?
Ah, e poi il 2 marzo Bush sara' portato in visita al memoriale di Gandhi a
Rajghat. Non che sia il primo criminale di guerra a essere invitato dal
governo indiano a deporre fiori a Rajghat (proprio di recente abbiamo avuto
il dittatore birmano, generale Than Shwe, che non e' una mammoletta). Ma
quando Bush mettera' i suoi fiori su quella famosa lastra di pietra
rilucente, milioni di indiani avranno un sussulto. Sara' come se avesse
versato una pinta di sangue alla memoria di Gandhi. Preferiremmo davvero che
non lo facesse. Non e' in nostro potere fermare la visita di Bush. E' in
nostro potere protestare, e lo faremo. Il governo indiano, la polizia e la
stampa padronale faranno di tutto per minimizzare l'importanza della nostra
indignazione. Ma nulla di cio' che i giornali diranno puo' cambiare il fatto
che in tutta l'India, dalle citta' piu' grandi ai piu' piccoli villaggi, in
luoghi pubblici e in case private, George W. Bush, presidente degli Stati
Uniti, incarnazione dei peggiori incubi mondiali, non e' benvenuto.

9. LUTTI. STEFANIA GIORGI RICORDA OCTAVIA BUTLER
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 28 febbraio 2006.
Stefania Giorgi e' giornalista e saggista, da anni animatrice delle pagine
culturali del quotidiano "Il manifesto", ha scritto molti articoli, densi e
illuminanti, su temi civili e morali, e in particolare di bioetica, di
difesa intransigente della dignita' umana, quindi dal punto di vista del
pensiero delle donne. Opere di Stefania Giorgi: (a cura di, con Simona
Bonsignori, Ida Dominijannii), Si puo', Manifestolibri, Roma 2005.
Octavia Butler (Pasadena 1947 - Seattle 2006) e' stata un grande scrittrice
femminista di speculative fiction]

Octavia Estelle Butler, la prima afroamericana a conquistare un posto di
rilievo nella science fiction, e' morta a Seattle per un ictus. Era nata il
22 giugno 1947 a Pasadena, in California, figlia di un lustrascarpe che
mori' quando lei era ancora bambina. Affetta da dislessia, Butler comincio'
a scrivere a dieci anni per sfuggire alla solitudine e alla noia, e ben
presto si dedico' completamente alla fantascienza.
Tra la fine degli anni '60 e l'inizio dei '70, insieme ad altre scrittrici
come James Tiptree Jr. (alias Alice B. Sheldon), Joanna Russ, Vonda
McIntyre, Suzy McKee Charnas, Ursula K. Le Guin, Kate Wilhelm, Elizabeth
Lynn, Nalo Hopkins, ha contribuito a irrompere in un genere precluso alle
donne, cambiandone profondamente trame, finalita' e stile. Perche', come
sosteneva Joanna Russ, la fantascienza fino ad allora era stata un club con
questo motto: "Vietato l'ingresso alle donne e ai membri delle minoranze".
E Butler ha infranto la doppia gabbia del dominio, di sesso (maschile) e di
razza (bianca). I suoi primi racconti cominciarono a uscire alla meta' degli
anni '70, ma la consacrazione arrivo' solo nel 1984, quando con il romanzo
Bloodchild (Legami di sangue, Le Lettere, 2005) vinse il premio Hugo,
prestigioso riconoscimento per la letteratura fantascientifica; e nel 1998
il premio Nebula, con La parabola dei talenti (Fanucci, 2000).
Butler amava definirsi "confortevolmente asociale, una eremita nel centro di
Los Angeles, pessimista, femminista, uno strano miscuglio di pigrizia e
ambizione, di perplessita' e sicurezza". Nei suoi romanzi racconta di
conflitti razziali e di conflitti tra i sessi, descrive le difficolta' delle
minoranze e dei diversi, alieni e terrestri, proiettando questi temi in un
futuro segnato da cataclismi climatici, con una umanita' imbarbarita alle
prese con fame, fanatismi religiosi, droghe potentissime e annichilenti,
virus mortali.
Tra le sue opere piu' importanti, il ciclo di Patternmaster e la trilogia
della Xenogenesi. La saga dei Patternisti, pubblicata tra il 1976 e il 1984,
narra di una stirpe di telepati, geneticamente selezionata da uno stregone
nubiano immortale, grazie a pratiche dove scienza e magia si fondono. Una
storia che si dipana dal XVI secolo (quando lo stregone nubiano ha gia' 3700
anni) arrivando sino a un indefinibile futuro. Nel Ciclo della Xenogenesi,
iniziato con Dawn (1987), la razza umana ha quasi distrutto la Terra ed e'
sull'orlo dell'estinzione. Gli unici superstiti vivono in animazione sospesa
sulle astronavi degli Oankali, strane creature a tre sessi. Giunti nel
nostro sistema solare gli alieni decidono di risvegliare alcuni umani per
generare un ibrido umano-alieno con il quale ripopolare la Terra. Trama che
offre a Butler l'opportunita' per riflettere sulla riproduzione e i rapporti
tra "diversi". Per questa attenzione alle nuove frontiere della corporeita'
e all'ingegneria genetica come una pratica rivoluzionaria, il suo nome e'
stato talvolta associato alle tendenze cyberpunk, al filone della biopunk
fiction.
Ma Butler resta soprattutto un'esponente della fantascienza femminista piu'
radicale. Ne e' testimonianza la figura di Lauren Oya Olamina, giovane nera,
protagonista di La parabola dei talenti e poi di La parabola del seminatore
(Fanucci, 2006). In un mondo (occidentale/patriarcale) al declino, la
possibile salvezza di una umanita' imbarbarita e ridotta allo stremo, di
un'America lacerata da conflitti religiosi che partono dalla presidenza
degli Stati Uniti, e' nelle mani di questa giovane visionaria che soffre di
una inconsueta malattia originata da una malformazione genetica: una
iperempatia che la rende sensibile al dolore degli altri. Profetica guida
verso una terra promessa che sa unire la fede al pragmatismo, il rispetto
dei valori umani al coraggio della scelta. La civilta' occidentale giunta al
suo capolinea, puo' forse salvarsi a patto di affidarsi a una donna che
conosce il dolore di chi la circonda, capace di prendere in mano il proprio
destino.

10. LUTTI. MIRIAM TOLA RICORDA OCTAVIA BUTLER
[Dal quotidiano "Liberazione" del 28 febbraio 2006. Miriam Tola e'
giornalista, saggista, operatrice culturale]

L'altro da se' e' un mostruoso alieno high tech con cui fare l'amore.
Chissa' se Octavia Butler avrebbe apprezzato questa sintesi in forma di
slogan delle narrative femministe della metamorfosi tecnologica. La
scrittrice e' morta venerdi' al Northwest Hospital di Seattle, a causa di un
ictus ad appena 58 anni. E' stata l'autrice afroamericana di fantascienza
piu' apprezzata dentro e fuori la vasta comunita' science-fiction, "una
delle piu' importanti dai tempi di Mary Shelley" ha sottolineato il suo
amico scrittore Steven Barnes. La notizia, prima circolata in una serie di
blog - tra cui l'autorevole Boingboing.net -, ha trovato conferma ufficiale
solo ieri. In Italia la "gran dama della fantascienza", come era stata
soprannominata, e' nota per i romanzi La parabola dei talenti e La parabola
del seminatore (entrambi pubblicati da Fanucci), e Sopravvissuta
(Mondadori).
*
"Sono un'asociale, un'eremita nel cuore di Seattle, quando non mi freno
tendo ad essere molto pessimista, sono anche un'ex battista, una donna nera
e femminista, una strana combinazione di ambizione, pigrizia, insicurezza,
certezze e desideri": parlava cosi' di se' Octavia Butler. Nata nel 1947 a
Pasadena, California, Butler era cresciuta con la madre, una colf vedova. A
dieci anni era gia' troppo alta per la sua eta' e amava trascorrere la
maggior parte del suo tempo sui libri. A catapultarla nelle dimensioni
parallele della fantascienza fu, curiosamente, la visione del film Devil
Girl from Mars, b-movie di David McDonald. La messa in scena dei personaggi
femminili era cosi' stereotipata da spingerla a pensare di poter fare di
meglio. Nel 1970 salto' su un autobus verso il Michigan, diretta ad un
seminario di autori di fantascienza. Un anno dopo la sua storia breve
Crossover comparve nell'antologia Clarion. Inizio' cosi' un percorso
narrativo di 35 anni, in cui questioni di genere e razza si sono intrecciate
di continuo con la consapevolezza dolorosa delle relazioni di potere, della
violenza del contatto tra il se' e l'altro.
Nel 1976 ha pubblicato il primo volume della serie Patternist, racconto di
un futuro dominato da un network di uomini dai poteri telepatici. Tre anni
dopo usci' Kindred, tra le sua creazioni letterarie piu' note, in Italia col
titolo Legami di sangue (edizioni Le lettere). Protagonista e' Dana, una
giovane di colore che, il giorno del suo ventiseiesimo compleanno, si
smaterializza davanti agli occhi increduli del marito e ricompare nelle
piantagioni americane della Guerra Civile. E' solo il primo di una serie di
viaggi nel passato, compiuti per proteggere l'antenato Rufus, uno schiavista
bianco.
*
Negli stessi anni esplodeva il movimento femminista. Octavia Butler, insieme
a Joanna Russ, Ursula LeGuin e un manipolo di altre seguirono la strada
aperta da Mary Shelley con Frankenstein, scoprendo che giocare con i "toys
for the boys" poteva rivelarsi divertente. Dichiararono cosi' aperta la
sfida nella fantascienza, un genere letterario in cui, tradizionalmente, gli
uomini erano protagonisti di avventurose conquiste spaziali e strabilianti
scoperte tecnologiche, mentre le donne apparivano come personaggi passivi,
placide casalinghe, ingenue fidanzate degli scienziati o, al limite,
incarnazioni da incubo delle fobie maschili per la vagina dentata.
La fantascienza femminista faceva breccia in un immaginario tecnologico in
cui l'inclinazione maschile per il militarismo imperialista, l'espansionismo
tecnologico, il mito della frontiera spaziale avevano gia' da tempo
cominciato a sfaldarsi - pensiamo a James Ballard, Philip K. Dick e gli
autori della new wave - insieme alle forme tradizionali della scrittura. Le
scrittrici femministe scoprirono che le convenzioni e le figure tipiche
della fantascienza come i viaggi nel tempo, il contatto con specie aliene,
gli universi paralleli, offrivano loro un grande spazio di liberta' e la
possibilita' di attivare un radicale processo di sovversione dall'interno.
"Le donne stanno scrivendo cose che gli scrittori maschi di fantascienza non
pensavano che potessero essere mai scritte; ci stanno facendo riesaminare
idee e formule che ritenevamo immutabili" ammise all'epoca lo scrittore
della new wave Harlan Ellison.
Nella trilogia degli anni Ottanta Xenogenesis, Butler si concentro' sulla
difficile interazione tra due specie planetarie differenti: gli umani,
arrivati allo stadio terminale in seguito all'olocausto nucleare, e gli
oankali, razza aliena il cui nome significa "trafficanti di geni". L'istinto
li obbligava ad uno scambio genetico con nuovi partner, specie animali e
vegetali scoperti nel corso del loro vagabondaggio cosmico. Nel primo libro
Ultima genesi del 1987, Lilith Iyapo, una donna di colore sopravvissuta alla
catastrofe nucleare, viene inserita in una famiglia queer di oankali formata
da un maschio, una femmina e un ooloi, essere di genere neutro necessario
per la riproduzione. Attraverso il complesso metodo alieno, Lilith da' vita
alla prima creatura - un maschio - frutto della dolorosa contaminazione tra
alieni e umani.
*
Dalla posizione eccentrica di donna di colore, Butler ha esplorato i nessi
profondi tra mascolinita' e controllo della tecnologia, ha forzato i confini
labili tra cio' che e' umano e cio' che non lo e', fino a far emergere le
potenzialita' di relazioni tra il se' e l'altro, non dominate dalla paura e
dalla diffidenza. Secondo Donna J. Haraway, l'autrice del "Manifesto
Cyborg", le speculazioni visionarie di Octavia "hanno a che fare con la
resistenza all'imperativo di ricreare la sacra immagine del medesimo".
Octavia Butler, insieme ad un manipolo di altri narratori (tra cui anche
Samuel Delany, nero e gay) sono stati, come ha scritto Haraway, "i teorici
dei cyborg, perche' hanno esplorato cosa significhi avere un corpo nei mondi
ad alta tecnologia".

11. INCONTRI. FORMAZIONE ALLA NONVIOLENZA A BAIA DOMIZIA
[Dalla Societa' italiana di scienze psicosociali per la pace (per contatti:
sispace at tiscali.it) riceviamo e volentieri diffondiamo]

La Societa' italiana di scienze psicosociali per la pace promuove alcune
esperienze residenziali di formazione alla nonviolenza a Baia Domizia
(Caserta).
La proposta nasce dalla esigenza di confrontarsi su quanto la nonviolenza
oggi propone, con particolare sguardo alla attivazione di gruppi di impegno
sociale.
Il lavoro formativo verra' articolato in gruppi-training e seminari, secondo
il programma di seguito specificato. Ogni corso ha durata di 4 giorni, con
inizio il giovedi' alle 18 e partenza la domenica dopo il pranzo.
I gruppi-training sono condotti da Antonella Sapio in collaborazione con
padre Alex Zanotelli (aprile-maggio) e Monica Lanfranco (giugno).
Le attivita' di primo livello formativo prevedono seminari e gruppi-training
di base, introduttivi alla teoria e alla pratica della nonviolenza. La
proposta di secondo livello formativo e' riservata a coloro che abbiano gia'
praticato in precedenza corsi residenziali di formazione alla nonviolenza.
Per ogni gruppo-training sono previste al massimo 10 persone.
Il gruppo-training di aprile (primo livello formativo) e' preferibilmente
rivolto a giovani adulti, in eta' compresa tra i 25 e i 35 anni; le restanti
attivita' sono aperte a tutti.
*
Programma (per ogni corso):
Giovedi: ore 17: arrivo; 18- 19: accoglienza del gruppo e introduzione al
training; 19,30: cena; 21: raccoglimento.
Venerdi' - sabato- domenica (mattina): ore 7,30: sveglia; 8: colazione;
8,30: lettura; 9-12,30: gruppo-training; 13: pranzo; 15: lettura; 16-19:
gruppo-training; 19,30: cena; 21: seminario o filmato. Il programma resta
invariato per la mattina di domenica, con conclusione dopo pranzo.
*
Calendario
Marzo (I livello): 16-19 (A. Sapio).
Aprile (I livello - riservato a giovani adulti): 20-23  (A. Sapio, A.
Zanotelli).
Maggio (II livello): 18-21 (A. Sapio, A. Zanotelli).
Giugno (I livello): 15-18 (A. Sapio, M. Lanfranco).
*
Per informazioni: Evelina Savini (cell. 3405158655).

12. CONTROEDITORIALE. ARISTARCO BACCHETTONI: UNA DICHIARAZIONE DI VOTO
[Ringraziamo il nostro buon amico Aristarco Bacchettoni per questo
intervento]

Voglio dirlo in forma piana, in parole semplici.
Alle prossime elezioni politiche andro' a votare contro i delinquenti che
usano del potere politico per depenalizzare i reati che hanno commesso in
precedenza e procacciarsi cosi' l'impunita'; andro' a votare contro i
ministri razzisti e istigatori all'omicidio; andro' a votare contro i
rappresentanti e i manutengoli della mafia in parlamento; andro' a votare
per difendere la legalita' costituzionale e lo stato di diritto.
Andro' a votare contro il regime della corruzione e dell'eversione.

13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

14. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1225 del 5 marzo 2006

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