Voci e volti della nonviolenza. 7



==============================
VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
==============================
Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 7 del 31 gennaio 2006

In questo numero:
1. Elisa Springer
2. Elena Buccoliero intervista Elisa Springer
3. Daniela Pizzagalli intervista Elisa Springer
4. "Azione nonviolenta" ricorda Elisa Springer
5. Et coetera

1. ELISA SPRINGER
Testimone della Shoah, e' scomparsa nel 2004. La sua testimonianza resta.

2. ELENA BUCCOLIERO INTERVISTA ELISA SPRINGER
[Da "Azione nonviolenta" del giugno 2000 (disponibile anche nel sito del
Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org)]

Un cerotto puo' bastare ad occultare la verita'. E' la storia di Elisa
Springer, 82 anni, austriaca di religione ebraica, che per oltre
cinquant'anni ha nascosto il numero di matricola che i nazisti vollero
imprimerle a fuoco, e con esso tutta la sua storia. La donna gentile e
riservata, la donna vibrante e fortissima che, incoraggiata dal figlio, ha
deciso di rendere al mondo la sua esperienza attraverso Auschwitz-Birkenau,
Buchenwald, Bergen-Belsen, Theresien, dapprima con un libro, Il silenzio dei
vivi (Marsilio, 1997), e poi con innumerevoli incontri presso scuole,
comuni, biblioteche e associazioni, perche' l'orrore non venga dimenticato,
affinche' non possa ripetersi.
"Io Elisa Springer oggi sono qui per aprirvi un angolo del mio cuore", si
annuncia in uno dei suoi tanti appuntamenti, mentre la piccola sala zittisce
per l'emozione. "E' questo l'insegnamento che io posso trarre dal mio
dolore: hanno tentato di distruggermi, di cancellarmi dalla vita, e hanno
invece salvato la mia anima, la mia forza e i miei ricordi".
Ci ritroviamo, al termine dell'incontro, per scambiare ancora qualche parola
a partire dalle pagine del Silenzio dei vivi. Con noi, due esperienze
totalmente diverse, una sincera attenzione reciproca, la volonta' di Elisa
Springer di essere testimone.
*
- Elena Buccoliero: Una delle prime cose che colpisce nel libro e' la cura,
la delicatezza con cui racconta nei particolari la sua vita prima del
periodo di internamento.
- Elisa Springer: Vede, io non sono ne' un'oratrice ne' una scrittrice, io
parlo solamente dal cuore al cuore. Cosi', in modo facile, come mi e'
venuto, come so parlare. Man mano che ricordavo ho steso gli appunti, poi li
ha corretti mio figlio perche' il mio italiano non e' perfetto, ed e' uscito
il libro.
*
- Elena Buccoliero: Nel libro scrive: "Dio mi ha concesso di liberarmi dalla
prigionia del passato, attraverso le pagine di questo libro".
- Elisa Springer: Certo. Certo, perche' ho portato per oltre cinquant'anni
tutto dentro. Attraverso la scrittura mi sono liberata di un peso, e adesso
sono gli altri che mi aiutano a portarlo.
*
- Elena Buccoliero: Lei ha mantenuto il silenzio per moltissimo tempo.
Proprio verso tutti?
- Elisa Springer: Con pochissime persone ho solo accennato, ho detto che
sono stata in campo di sterminio ma oltre quello non sono andata, non ho
raccontato quello che veramente ho vissuto.
*
- Elena Buccoliero: Neppure con le persone piu' strette, con suo marito?
- Elisa Springer: No, e le diro' il motivo. Mio marito era molto cattolico e
come lui tutta la sua famiglia. Dove vivo io, non solo a Manduria ma anche
in tutti i paesi vicini, sono l'unica ebrea e i familiari non volevano che
io mi rivelassi per paura di ripercussioni, sia su mio figlio che su di me.
*
- Elena Buccoliero: Temeva di non essere capita?
- Elisa Springer: Si', di non essere capita e anche di essere perseguitata.
Perche' ero ebrea, perche' mio figlio aveva una madre ebrea. Vede, nel
meridione non hanno vissuto la guerra, ne' la Resistenza, i bombardamenti,
niente. E poi io ho taciuto per tanti anni perche' nessuno voleva sapere.
Avrei avuto tanto bisogno di aprirmi, di parlare, di liberarmi di quel
fardello che mi trascinavo dietro, ma mi ridevano in faccia e dicevano: non
e' vero, non ti credo. E quel silenzio significava per me la morte. Oggi
pero' - e' da cinque anni che io faccio questi incontri - trovo un altro
silenzio che e' di attenzione, di commozione. Lo incontro ovunque vado, e mi
ha ridato la vita.
*
- Elena Buccoliero: E' stato suo figlio ad invitarla a parlare.
- Elisa Springer: Si', certo, quando si e' fatto grande ha voluto sapere.
Vedeva quel cerotto sul braccio, mi ha chiesto e io ho spiegato. Mi ha
detto: "Togliti quel cerotto, non sei tu a doverti vergognare, ma gli
altri". Oltre tutto ero vedova - sono ormai 19 anni che mio marito e'
morto - quindi non avevo piu' nessun freno, come dire, mi sono aperta e mi
sono "auto-denunciata".
*
- Elena Buccoliero: Che cosa e' scattato in lei quando ha deciso di parlare?
- Elisa Springer: Mi sono liberata in parte, in gran parte di quel peso. E
volevo liberarmi di quel peso. Ero arrivata gia' a 77 anni, ho pensato: e'
possibile che una storia del genere debba essere sepolta insieme a me? Se
parlo, posso lasciare qualche cosa anche a mio figlio, posso lasciare una
memoria. E poi e' venuto il libro, mai piu' pensando che avrebbe avuto tanto
successo. Oramai siamo alla sedicesima edizione, in tre anni 90.000 volumi,
non e' una cosa da niente. Mi ha dato tanto soddisfazione, mi ha fatto
vedere che la gente vuol sapere, che la gente mi vuole bene, e questo mi ha
ridato la vita. Ho uno scopo, adesso, nella vita. Oltre mio figlio,
naturalmente, ma lui ormai e' uomo.
*
- Elena Buccoliero: Quali reazioni ha avuto dalle persone che non
sospettavano niente?
- Elisa Springer: Reazioni benevole, solo reazioni benevole. Oggi mi amano
tutti e mi spalancano le porte dappertutto.
*
- Elena Buccoliero: In quei primi anni in Puglia, e prima a Milano, ha
vissuto come cattolica?
- Elisa Springer: Certo, i primi anni si'.
*
- Elena Buccoliero: Penso sia stato un peso enorme doversi portare tutto
dentro.
- Elisa Springer: Io mi sono auto-annientata. Io non ero piu' Elisa
Springer, io ero soltanto la signora Sanmarco, e basta. Mi ero annientata e
poi ho vegetato, non vissuto. Si', e' stato... e' stata dura, anche dopo.
*
- Elena Buccoliero: In qualche modo pero' tutte queste cose avranno dovuto
trasparire. Se non nelle parole...
- Elisa Springer: No, sul mio carattere piuttosto. Perche' la sofferenza che
ho subito, prima in campo e poi dopo, quel dover tacere, annientare me
stessa, sono cose che influiscono sulla persona. Io oggi non riesco piu' a
gioire molto, come non riesco piu' a sentire un forte dolore. Certamente,
sono le conseguenze. Ne' riesco piu' ad essere molto espansiva, c'e' sempre
qualcosa che mi trattiene.
*
- Elena Buccoliero: C'e' stato, dopo tutto l'orrore, un momento in cui ha
sentito che era di nuovo a casa?
- Elisa Springer: Veramente a casa, mai. Mi sono sentita veramente a casa da
quando ho cominciato a raccontare. E da quando tengo nel mio soggiorno le
fotografie dei miei che ho avuto molti anni dopo - perche' in campo mi hanno
tolto tutto, anche le fotografie. Le ho riavute da una sorella di mia madre
che e' riuscita a sopravvivere a Shanghai, che poi e' ritornata e mi ha
portato tutte le fotografie di mia madre, dei miei nonni. Mi sentivo perduta
perche' non avevo piu' nemmeno un'immagine. Invece adesso quando sono sola -
e mi piace stare sola, molte volte ne ho il desiderio - posso parlare con i
miei cari.
*
- Elena Buccoliero: Nel Silenzio dei vivi parla di tante, diverse
solitudini.
- Elisa Springer: Si'. Perche' c'e' sempre una solitudine interna.
*
- Elena Buccoliero: Ci sono anche solitudini che le hanno dato molto dolore.
- Elisa Springer: In molti momenti si', certo. Esiste un dolore profondo,
amaro, elevato, eterno e silenzioso. Il dolore profondo di dirsi vivi anche
quando i ricordi sono straziati e si e' avuta comunque la fortuna di vedere
ancora la primavera. Ma oggi e' diverso, oggi io cerco la solitudine per
poter stare sola con i miei pensieri, con i miei ricordi. Mi piace stare
sola.
*
- Elena Buccoliero: Com'e' stato imparare a star sola?
- Elisa Springer: Quando sono tornata non avevo piu' nessuno, si impara a
stare soli anche se non si vuole. Il tempo insegna. Che poi sono stati pochi
mesi, perche' io sono tornata nell'agosto del '45 e nel maggio del '46 ho
conosciuto mio marito. Ma in quei pochi mesi si', c'era una grande
solitudine.
*
- Elena Buccoliero: Si e' innamorata?
- Elisa Springer: Si', diciamo si'. Ho trovato una persona che mi ha
compreso e che mi ha detto, dal primo momento che mi ha incontrata, "non ti
lascero' piu' sola. Adesso ci saro' io".
*
- Elena Buccoliero: La Liberazione avviene poche ore prima del suo risveglio
da tre settimane di coma.
- Elisa Springer: Infatti. Siamo stati liberati l'8 maggio del '45 e io mi
sono svegliata il 9 maggio. Eravamo gia' liberi, insomma, il momento della
gioia io non l'ho vissuto. E dopo tutto anche quando mi sono svegliata si',
non avevo piu' febbre, ero fuori pericolo, pero' ero appena uscita da un
coma profondo. Sono stata portata all'ospedaletto del campo di Theresien,
li' mi hanno trattata molto bene, mi sono vista per la prima volta in un
lettino di ferro smaltato bianco, con un materasso, con lenzuola, coperte, e
ho capito che qualcosa era cambiato. Con tanto affetto, circondata dagli
infermieri che mi hanno fatto mangiare, mi hanno tirata su... Senza
medicine. Non c'era piu' bisogno di medicine, ero gia' fuori pericolo. Tutto
da sola. E' la mano di Dio, non si puo' dire altro.
*
- Elena Buccoliero: Sto pensando a persone che hanno vissuto la sua
esperienza ma non ce l'hanno fatta.
- Elisa Springer: Ma, vede, molte si sono anche lasciate andare. Quello che
ho potuto fare io, da parte mia, e' stato non arrendermi mai. Anche se il
mangiare era pessimo, immangiabile, io l'ho buttato giu' perche' capivo che,
non mangiando, sarei morta subito. E poi non ribellarsi mai, perche'
ribellarsi significava essere eliminati, cercare di ubbidire subito ai
comandi... Mi ha aiutata la conoscenza della lingua tedesca, perche' loro i
comandi li davano soltanto nella loro lingua e pretendevano che tutti
capissero. Quando ho potuto, per quelli che mi stavano a fianco, ho cercato
di tradurre in inglese, o in italiano, ma a chi non capiva, non ubbidiva
subito, le frustate non le toglieva nessuno. Minimo, le frustate. E insomma,
io queste cose le ho potute evitare perche' capivo il tedesco. E poi con me
c'era la mia amica Hedy.
*
- Elena Buccoliero: Ho pensato molto a quanto dev'essere stato importante
che ci fosse Hedy.
- Elisa Springer: Certo, perche' tutte e due abbiamo detto: cerchiamo di
sopravvivere. Per esempio, ci siamo divise il pasto. Ci dicevamo: Hai molta
fame? Se lei diceva si', io le cedevo la meta' del mio rancio, se io dicevo
si', me lo dava lei. Ecco, questo abbiamo potuto fare, aiutarci finche' si
poteva. Lei aveva un marito e un figlio per i quali voleva tornare, io
pensavo che mia madre fosse ancora in vita, non sapevo, allora, che fosse
stata eliminata.
*
- Elena Buccoliero: Nelle pagine che seguono la Liberazione, lei parla della
"paura di essere viva".
- Elisa Springer: Beh, perche' c'era sempre la paura che quei tempi
potessero ritornare. Questa e' una paura che ti resta. Sempre. Io preferisco
non vedere nemmeno il telegiornale per il timore di qualche notizia, di
qualche striscione negli stadi... sono cose che mi spaventano molto. Mi
auguro che quei tempi non tornino piu', pero' si vive sempre nella paura.
*
- Elena Buccoliero: La cronaca rimanda segnali inquietanti, dai gruppi
giovanili, alla politica.
- Elisa Springer: E' sempre una pugnalata al cuore. Mi ha fatto male la
faccenda di Haider in Austria, mi ha fatto male il processo ad Irving, come
mi fanno male le trasmissioni in Rai, le partite di calcio, quando vedo gli
striscioni con simboli nazisti. E' questione che, specialmente tra i
giovani, oggi si e' perduta la fede. In molti non c'e' piu' posto nel cuore
per Dio, mentre noi tutti siamo sempre nel cuore di Dio. Dio ci ha creato
tutti uguali, per lui siamo tutti figli, ma in quante persone nel cuore c'e'
ancora posto per Dio? Finche' l'uomo non capira' che bisogna amare e non
odiare, purtroppo queste cose succederanno sempre. L'unica cosa, mi auguro
che non si arrivi piu' alle cose di allora. Perche' io dico sempre, io
rispetto tutte le opinioni e tutte le tendenze purche' non diventino
violenza.
*
- Elena Buccoliero: E c'e' ancora chi si ostina a negare tutto...
- Elisa Springer: Molto spesso sento dire: tutti i film che si vedono, tutto
quello che si sente, e' vero? E' vero e non e' abbastanza. Non si puo'
descrivere quello che noi provavamo aspettando e vivendo la morte minuto per
minuto.
*
- Elena Buccoliero: Lei parla anche di come ha riconosciuto a se stessa il
"diritto di essere viva".
- Elisa Springer: Io mi sono sempre affidata nelle mani di Dio, sempre. E
Dio mi terra' in vita finche' vorra' Lui, finche' crede Lui che io possa
ancora servire sulla terra. Quando dira' basta, mi chiamera'.
*
- Elena Buccoliero: Nel libro lei incontra spesso l'indifferenza degli
altri, prima nei campi e poi quando esce, ancora.
- Elisa Springer: Si', ma l'indifferenza c'e' stata per parecchio tempo. Non
so se la gente aveva paura o se era proprio che non voleva sentire piu'...
non lo so, il perche' non lo so nemmeno io, non le potrei rispondere
perche'. Come non potrei dire perche' tutto questo odio verso gli ebrei.
Vede, io fino al '38 non mi sono mai sentita una ebrea. Io ero una vera e
propria ragazza viennese, nata cresciuta pasciuta a Vienna, figlia di
genitori viennesi. Mi sono sempre sentita una ragazza viennese, di religione
ebraica. Non c'era mai stata differenza tra me e le mie compagne di scuola,
niente. Poi nel marzo, da un giorno all'altro, loro non potevano piu'
essermi amiche.
*
- Elena Buccoliero: Qual e' stata la ferita piu' grande?
- Elisa Springer: Le ferite sono tante, sa? La morte dei miei, per iniziare.
Quella mia, personale, e' stato il momento della sauna, perche' la' e'
avvenuta la vera e propria spersonalizzazione. Ci sputavano in faccia, ci
davano del tu. Eravamo davanti ai guardiani, uomini e donne che ci
spingevano con la canna del fucile. Doverci spogliare davanti a loro, essere
scherniti, quella era la cosa piu' tremenda. Per quanto, tutto era orribile,
qualsiasi cosa. Questo essere trattati come e peggio delle bestie. Eravamo
solo numeri, o pezzi, come dicevano loro.
*
- Elena Buccoliero: Penso che mantenere con se stessi la propria dignita'
sia stato...
- Elisa Springer: Difficile. E' difficile, e' duro. Anche dopo, sono ricordi
che non se ne vanno mai.
*
- Elena Buccoliero: Lei ha cercato di dimenticare tutto?
- Elisa Springer: No. Non si puo' dimenticare. Non e' possibile dimenticare.
Perche' io faccio continuamente dei confronti. Non e' possibile dimenticare,
io la mattina mi sveglio e mi vedo in un letto, e penso al tavolaccio dove
dormivo allora. No, non e' possibile dimenticare, ce l'hai sempre il quadro
di Auschwitz. Specialmente di Auschwitz perche' e' stato il campo piu'
brutto, piu' grande, 43 chilometri quadrati. Ti ricordi ogni cosa, ogni
piccola cosa. E se io ancora, a 82 anni suonati, giro tutta l'Italia e
qualche volta anche all'estero - non e' facile, si perdono le proprie
abitudini e si soffre - lo faccio volentieri perche' voglio tener viva la
memoria.
*
- Elena Buccoliero: Che cosa le ha dato la forza di continuare, dopo?
- Elisa Springer: Ho avuto la certezza che la vita e' un grande dono e vale
comunque sempre la pena di essere vissuta. Poi mi ha aiutato il fatto di
conoscere mio marito a Milano, e malgrado tutte le sofferenze sono riuscita
a mettere al mondo un figlio sano. Mi chiedono: ha un solo figlio? Si', ed
e' stato un miracolo averlo. Lui mi ha dato la forza, dovevo andare avanti,
avevo un bambino, un dovere. Oggi mi sento il dovere di trasmettere amore
agli altri. E' difficile raccontare la Shoah. L'infinito dolore che l'uomo
ha saputo infliggere all'uomo, negazione di ogni senso umano e divino.
Tuttavia della Shoah si deve parlare. Di questo dolore che col tempo diventa
sentimento forte, diventa amore da donare agli altri.
*
- Elena Buccoliero: Una voce incessante per ricordare quello che e'
avvenuto.
- Elisa Springer: Per molto tempo la nostra dignita' silenziosa ha dato
senso alla nostra esistenza. Oggi la gridiamo e la doniamo alla coscienza
delle giovani generazioni, perche' dia un senso alla speranza e perche'
abbia un senso la nostra sofferenza. Oggi la raccontiamo per ricordare i
martiri, perche' non muoiano una seconda volta. E' questo l'impegno e il
coraggio che io chiedo ai giovani che incontro: non abbiate paura della
memoria ma custodite attraverso essa il vostro domani, date dignita' alla
vita restituendo l'uomo all'uomo. Non abbiate paura del vostro presente, non
barattate la vostra dignita'. Non barattate la vostra anima con il nulla che
a volte vi circonda cercando di impossessarsi delle vostre debolezze e
confinandovi invece in nuovi recinti e nuovi lager. Siate voi la luce e la
forza della mia speranza.

3. DANIELA PIZZAGALLI INTERVISTA ELISA SPRINGER
[Dal quotidiano "Avvenire" del 28 maggio 2003]

Non avranno una grande visibilita' sui mass-media, ma i prodigi di chi si
batte dalla parte della solidarieta' e della tolleranza sono davvero
incredibili, se una minuta ottantacinquenne come Elisa Springer riesce a
percorrere instancabilmente l'Italia riempiendo le sale con il suo racconto
di ebrea sopravvissuta ai campi di sterminio, per promuovere quei valori che
nei lager si e' inutilmente cercato di cancellare dalla faccia della terra:
amore, rispetto, comprensione, perdono.
Dopo aver sepolto in cuore per cinquant'anni l'orribile esperienza vissuta
dal 1943 al '45, Elisa Springer, viennese di nascita ma trapiantata in
Puglia per matrimonio, nel 1997 ha finalmente riversato in un libro, Il
silenzio dei vivi, la mortifera furia dei ricordi che la imprigionavano in
un tunnel di depressione. Il successo del libro ha dato il via a
un'ininterrotta sequela di incontri soprattutto con studenti: da questa
nuova, vivificante esperienza e' nato un secondo libro, L'eco del silenzio,
pubblicato da Marsilio per iniziativa e con la collaborazione di Mario
Bernardi.
"E' stato mio figlio Silvio a sbloccare il peso nascosto che stava
soffocandomi - ci dice Elisa, venuta a Milano per la presentazione del
libro -. Condotto dal suo amore filiale e dalla competenza di medico, ha
capito che avevo bisogno di raccontare anche nei dettagli piu' orrendi le
atrocita' che avevo vissuto, e mi ha spinto a scrivere il primo libro,
assistendomi nella stesura. Questo secondo libro e' dedicato a lui, che non
c'e' piu', fulminato due anni fa da un infarto".
L'eco del silenzio ha come sottotitolo: "La Shoah raccontata ai giovani",
perche' proprio ai giovani Elisa Springer predilige rivolgersi, sperando di
indirizzarli con il suo esempio a una scelta di pace e fratellanza: "Fra le
tante lettere che ricevo ogni giorno, ho riportato in questo libro le piu'
significative, come quella di un giovane naziskin che e' tornato da una
visita ad Auschwitz completamente cambiato, tanto che ha sentito il bisogno
di scrivermi chiedendomi scusa per tutte quelle sofferenze".
Nel primo libro Elisa Springer non aveva potuto inserire il suo personale
ricordo di Anna Frank: "Quando mio figlio a scuola ha letto il Diario di
Anna Frank, mi sono resa conto che lei e sua sorella erano nella mia stessa
baracca a Bergen Belsen: abbiamo spesso parlato insieme, cercava
ansiosamente almeno un mozzicone di matita per poter scrivere qualcosa su
quello che ci stava succedendo; l'editore pero' volle togliere questo
riferimento, perche' non potevo fornire nessuna prova di aver conosciuto
Anna Frank, e questo poteva inficiare la credibilita' dell'intero libro. Ma
poi mio figlio ha condotto un'accurata ricerca, ritrovando i documenti che
provano la contemporaneita' della nostra presenza nello stesso campo, anzi
si e' appurato che fummo trasferite da Auschwitz a Bergen Belsen sullo
stesso convoglio".
Nel libro racconta anche i suoi incontri con i grandi della fede, come
Giovanni Paolo II, insieme al quale ha ripetuto questa sola parola,
Auschwitz, nella sua pronuncia polacca: Oswiecim; e con madre Teresa di
Calcutta, incontrata qualche anno fa all'Arsenale della pace. Le targhe e i
riconoscimenti meritati in questi anni da Elisa Springer saranno raccolti,
insieme ai documenti, alle lettere, ai disegni, ai quadri, in un Museo della
pace intitolato al suo nome, che sara' inaugurato quest'anno a Matera.

4. "AZIONE NONVIOLENTA" RICORDA ELISA SPRINGER
[Da "Azione nonviolenta" dell'ottobre 2004 (disponibile anche nel sito del
Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org)]

Un ricordo di Elena Buccoliero
Elisa Springer e' morta il 19 settembre scorso all'eta' di 86 anni.
Austriaca, ormai italiana di adozione, era sopravvissuta all'inferno di
Auschwitz e, solo dopo un lunghissimo silenzio durato oltre cinquant'anni,
aveva deciso di raccontare la sua storia. Decisiva nella sua scelta di
apertura era stata la gentile pressione del figlio Silvio che aveva dedicato
parte del suo tempo ad affiancarla nella ricerca e nella testimonianza.
Abbiamo avuto l'occasione di ospitarli entrambi per la presentazione del
primo libro di Elisa, Il silenzio dei vivi, edito da Marsilio, cui ha fatto
seguito L'eco del silenzio. La Shoah raccontata ai giovani, per lo stesso
editore. Ricordo il suo sorriso, la leggera pressione sul mio braccio
richiesto quasi per vezzo o per un affetto spontaneo, e la fermezza, la
dignita', la forza con la quale camminava al mio fianco. Luminosa, intera,
senza cedimenti, trasmetteva una consapevolezza sobria e senza odio
duramente scavata dagli anni.
Elisa Springer era fermamente convinta che il male passato, anche il piu'
atroce, debba essere compreso - innanzitutto compreso, prima che odiato,
esecrato, vendicato... - e che solo cosi' si possa sperare di non vederlo
riprodursi nel presente. Per questo negli ultimi anni aveva ripreso la sua
peregrinazione di scuola in scuola, di citta' in citta', anche dopo la
scomparsa del figlio e nonostante la malattia. Vogliamo ricordarla con le
parole che lei stessa usava per presentarsi ai giovani che la ascoltavano.
*
Una testimonianza di Elisa Springer
Il 2 agosto del 1944 sono stata, insieme ad altri, prelevata dal carcere di
Milano e caricata su un treno a destinazione sconosciuta. Quando il 6 agosto
sono arrivata ad Auschwitz - perche' tanto e' durato il viaggio - non avrei
mai immaginato che un giorno sarei stata in grado di raccontare la mia
storia e tanto meno di scriverla in un libro. Pensavo che la mia vita
sarebbe finita li', ad Auschwitz, dove ho lasciato la mia gioventu', i miei
sogni, le mie speranze. Avrei voluto volare in alto ma mi hanno tagliato le
ali, la' ho lasciato il mio aspetto fisico e anche i miei sentimenti umani,
perche' ad Auschwitz era proibito nutrire sentimenti umani.
Eravamo soltanto numeri, o per meglio dire, pezzi, come ci definivano loro,
pezzi da sfruttare al massimo e poi gettare nelle camere a gas.
Descrivere la vita nel campo non e' possibile. Non ci sono vocabolari
sufficienti. Tutto quello che si vede nei filmati io l'ho vissuto, io quei
cadaveri li ho scavalcati tutti i giorni. Qualche volta alla mattina ho
ancora paura di svegliarmi e di trovarmi un cadavere a fianco. E' importante
dire questo perche' molto spesso sento dire: tutti i film che si vedono,
tutto quello che si legge, e' vero?
E' vero e non e' abbastanza. Non si puo' descrivere quello che noi provavamo
aspettando e vivendo la morte minuto per minuto. Non sapevamo mai quanto
tempo potevamo ancora sopravvivere. Da un momento all'altro si sentiva il
fischietto, veniva il dottor Mengele a perquisire il reparto. Lui ci faceva
uscire dalla baracca nude, ci guardava davanti a dietro e bastava un
foruncolo un pochettino piu' infiammato per essere eliminate.
Ho detto che non era concesso nutrire sentimenti umani. Ad Auschwitz gli
appelli duravano, secondo il tempo atmosferico, dalle due alle dodici ore.
Se il tempo era bello potevano bastare anche due ore, ma se faceva freddo
d'inverno, o molto caldo d'estate, o se pioveva - e pioveva quasi sempre -
ci lasciavano all'aperto, dritte, con le braccia lungo il corpo, obbligate a
guardare al di sopra delle teste dei guardiani oppure a terra, perche' non
eravamo degne di guardarli in faccia.
Un giorno durante uno di questi lunghi appelli la compagna accanto a me ha
rischiato di svenire e io, soltanto per avere fatto il gesto di sorreggerla,
sono stata chiamata fuori dalla fila, il tedesco si e' assentato per un po'
ed e' tornato con un ferro rovente con il quale, a monito, davanti a tutti,
mi ha fatto una bruciatura nella parte posteriore della coscia destra, dove
e' ancora ben visibile la cicatrice.
Ma le ferite del corpo, le ferite fisiche, col tempo si cicatrizzano e a
volte pure spariscono. Le ferite che rimangono per sempre sono quelle
morali. E loro facevano di tutto per farci morire prima moralmente e poi
fisicamente.
Io ho taciuto per tanti anni perche' nessuno voleva sapere. Avrei avuto
tanto bisogno di aprirmi, di parlare, di liberarmi di quel fardello che mi
trascinavo dietro, ma mi ridevano in faccia, non mi credevano. Per me quel
silenzio significava la morte.
Oggi, in tanti anni di conferenze, visite nelle scuole, ovunque io vado
incontro un altro silenzio che e' come il vostro, questo silenzio di che mi
ha ridato la vita e di cui vi sono infinitamente grata.
Esiste un dolore profondo, amaro, elevato, eterno e silenzioso. Il dolore di
coloro che hanno sofferto e che soffrono, che hanno subito e subiscono le
atrocita' della guerra. Di coloro che muoiono e di quelli, invece, che
vivono con la morte nel cuore. Il dolore profondo di dirsi vivi anche quando
i ricordi sono straziati e si e' avuta comunque la fortuna di vedere ancora
la primavera.
Il dolore di chi, come me, e' sopravvissuto a quel grande massacro chiamato
Shoah, l'orrido abisso dove gli uomini hanno cercato di sradicare per sempre
un popolo. Inferno indicibile, dove neppure i resti di donne, uomini, vecchi
e bambini potevano essere sepolti dalla terra. Quel fumo attraverso i
camini, quel fumo salito fino ad oscurare il cielo.
Piu' di cinquant'anni fa i gemiti delle vittime sono riecheggiati
dappertutto e il mondo civile ha avuto un fremito. Immenso oceano di lacrime
e di dolore, correvano i treni piombati carichi di disperazione. Inghiottiti
da Auschwitz e da Buchenwald, Dachau, Treblinka, Mauthausen e tanti, tanti
altri. Buchi neri nella storia dell'umanita'.
Nei campi di sterminio tutto era difficile, tremendamente difficile. Era
difficile vivere e quasi impossibile restare in vita. L'unica cosa facile
era morire, e la morte era padrona. E la cosa triste, terribilmente triste,
e' che queste cose oggi ancora, in quasi tutto il mondo, si stanno
ripetendo.
Io Elisa Springer oggi sono qui per aprirvi un angolo del mio cuore. E'
questo l'insegnamento che io posso trarre dal mio dolore: hanno tentato di
distruggermi, di cancellarmi dalla vita, e hanno invece salvato la mia
anima, la mia forza e i miei ricordi. Ecco perche' il Dio ammirabile, il
nostro unico Dio, ha avuto pieta' di me facendomi vivere quando gli uomini
mi negavano la vita. Ed e' quel Dio di amore e di speranza che ha scritto il
mio libro, che vuole essere un messaggio d'amore, un grido disperato di
speranza che vuole scuotere le coscienze, perche' siamo tutti quanti figli
di un unico Dio e apparteniamo tutti quanti alla stessa razza, quella umana.
La nostra dignita' umana si ribella alla negazione delle nefandezze di un
mondo che non ha il coraggio di guardarsi dentro e di ammettere la propria
vergogna. La nostra dignita' silenziosa ha dato senso alla nostra esistenza.
Oggi la gridiamo e la doniamo alla coscienza delle giovani generazioni,
perche' dia un senso alla speranza e perche' abbia un senso la nostra
sofferenza. Oggi la raccontiamo per ricordare i martiri, perche' non muoiano
una seconda volta. Quei martiri che passarono attraverso inferni di
sofferenza e degradazioni, quei martiri anonimi dei campi di concentramento,
quegli eroi che nessuno ha cantato, sono il simbolo dell'umanita' che lotta
per venire alla luce. Solo svegliando il coraggio delle coscienze si potra'
rendere giustizia e dignita' ai morti nei lager e a tutti quei morti che non
hanno memoria. E' questo l'impegno e il coraggio che io chiedo: non abbiate
paura della memoria ma custodite attraverso essa il vostro domani, date
dignita' alla vita e restituite l'uomo all'uomo. Non abbiate paura del
vostro presente, non barattate la vostra dignita'. Non barattate la vostra
anima con il nulla che a volte vi circonda cercando di impossessarsi delle
vostre debolezze e confinandovi invece in nuovi recinti e in nuovi lager.
Siate voi la luce e la forza della mia speranza.
Vedete, in tutte le esperienze, anche in quelle piu' negative, c'e' pur
sempre qualcosa di positivo. La mia triste esperienza mi ha insegnato che
bisogna sempre affrontare la vita, che e' il dono grande che il Signore ci
ha fatto. Poi un giorno tutti quanti dobbiamo affrontare lo stesso tragitto,
e io sarei contenta se potessimo farlo tenendoci tutti quanti per mano.

5. ET COETERA
Elisa Springer (Vienna 1918 - Matera 2004), testimone e studiosa della
Shoah, nata da un famiglia di commercianti ebrei di origine ungherese,
catturata dai nazisti a Milano nel 1944 e deportata nei lager di Auschwitz,
Bergen-Belsen e Terezin, sopravvissuta e tornata in Italia nell'autunno del
1945, visse poi a Manduria. Opere di Elisa Springer: Il silenzio dei vivi,
Marsilio, Venezia 1997; L'eco del silenzio. La Shoah raccontata ai giovani,
Marsilio, Venezia 2003.
Elena Buccoliero, nata a Ferrara nel 1970, collabora ad "Azione nonviolenta"
e fa parte del comitato di coordinamento del Movimento Nonviolento; lavora
per Promeco, un ufficio del Comune e dell'azienda Usl di Ferrara dove si
occupa di adolescenti con particolare attenzione al bullismo e al consumo di
sostanze, e con iniziative rivolte sia ai ragazzi, sia agli adulti; a
Ferrara, insieme ad altri amici, anima la Scuola della nonviolenza. E'
autrice di diverse pubblicazioni, tra cui il recente (con Marco Maggi),
Bullismo, bullismi, Franco Angeli, Milano 2005. Un piu' ampio profilo
biobibliografico di Elena Buccoliero e' nel n. 836 de "La nonviolenza e' in
cammino".
Daniela Pizzagalli e' nata a Milano dove vive e lavora; psicologa e
giornalista, svolge attivita' di critica letteraria e storica su quotidiani
e periodici. Opere di Daniela Pizzagalli: Tra due dinastie, Camunia, 1988;
Bernabo' Visconti, Rusconi, 1994; L'amica. Clara Maffei e il suo salotto nel
Risorgimento, Mondadori, 1996; La dama con l'ermellino. Vita e passioni di
Cecilia Gallerani nella Milano di Ludovico, Rizzoli, 1999; La signora di
Milano. Vita e passioni di Bianca Maria Visconti, Rizzoli, 2000; La signora
del Rinascimento. Vita e splendori di Isabella d'Este alla corte di Mantova,
Rizzoli, 2001; La regina di Roma. Vita e misteri di Cristina di Svezia
nell'Italia barocca, Rizzoli, 2002; La signora della pittura. Vita di
Sofonisba di Anguissola, gentildonna e artista nel Rinascimento, Rizzoli,
2003; La signora della poesia. Vita e passioni di Veronica Gambara, artista
del Rinascimento, Rizzoli, 2004.

==============================
VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
==============================
Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 7 del 31 gennaio 2006

Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe

Per non riceverlo piu':
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe

In alternativa e' possibile andare sulla pagina web
http://web.peacelink.it/mailing_admin.html
quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su
"subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).

L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing
list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica
alla pagina web:
http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004
possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web:
http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html

L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la
redazione e': nbawac at tin.it