La nonviolenza e' in cammino. 1162



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1162 del primo gennaio 2006

Sommario di questo numero:
1. Paolo Bergamaschi: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'...
2. Beppe Pavan: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'...
3. Pasquale Pugliese: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'...
4. Un anno di nonviolenza
5. Maria Grazia Giannichedda: La legge 180 e i compiti dell'ora
6. Maria G. Di Rienzo: La testimonianza di un veterano contro la guerra
7. Elena Buccoliero intervista Daniele Lugli sull'esperienza del Cos a
Ferrara
8. Luisa Muraro: Cinque lettere agli ascoltatori  e alle ascoltatrici di
"Fahrenheit"
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'

1. STRUMENTI DI LAVORO. PAOLO BERGAMASCHI: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA"
PERCHE'...
[Ringraziamo Paolo Bergamaschi (per contatti: pbergamaschi at europarl.eu.int)
per questo intervento. Paolo Bergamaschi e' impegnato nel Movimento
Nonviolento, esperto di politiche della difesa, e' consigliere della
Commissione affari esteri del Parlamento europeo]

Non solo e' indispensabile abbonarsi ad "Azione nonviolenta", bisogna anche
iscriversi e sostenere il Movimento Nonviolento. Un movimento pacifista
senza un punto di riferimento editoriale come "Azione nonviolenta" e'
impensabile. La nonviolenza e' una scelta di vita che ha bisogno di
crescere. Il pacifismo italiano e' ancora purtroppo relegato ad un ruolo
marginale di pura protesta. "Azione nonviolenta" e' il trampolino di lancio
verso quel salto di qualita' necessario per trasformarlo in proposta
credibile e praticabile consapevole dei rischi e lucido sulle cose da fare.
Abbonarsi e' un dovere a cui non ci si puo' sottrarre.

2. STRUMENTI DI LAVORO. BEPPE PAVAN: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA"
PERCHE'...
[Ringraziamo Beppe Pavan (per contatti: carlaebeppe at libero.it) per questo
intervento. Beppe Pavan e' impegnato nella bellissima esperienza nonviolenta
della comunita' di base e del "gruppo uomini" di Pinerolo (preziosa
esperienza di un gruppo di uomini messisi all'ascolto del femminismo con
quella virtu' dell'"attenzione" di cui ci parlava Simone Weil), ed in tante
altre esperienze di pace e di solidarieta']

Continuo ad abbonarmi perche' "nonviolenza" e' una delle modalita' con cui
si incarna, a mio avviso, la "convivialita' di tutte le differenze", che ho
incontrato presto sul mio cammino di uscita dalla cultura patriarcale.
Cambiare in meglio il nostro modo di stare al mondo come uomini passa
proprio dal riconoscere e nominare ogni differenza come titolare del diritto
ad esistere in relazione di convivialita' con tutte le altre.
Perche' cio' sia possibile, le relazioni non possono che essere nonviolente,
rispettose, reciprocamente accoglienti...
Detta cosi', sembra la cosa piu' ovvia del mondo: dovrebbe essere semplice
da realizzare, perche' appare conveniente ed attraente. Invece richiede
consapevolezza e grande coraggio.
Per questo non cessero' di dichiarare la mia riconoscenza alle donne del
femminismo e agli uomini che mi accompagnano e mi sostengono in questo
cammino.
Per questo rinnovo l'abbonamento ad "Azione nonviolenta", anche se non leggo
mai tutto: sono felice di camminare su quello stesso sentiero, in cosi'
buona compagnia.

3. STRUMENTI DI LAVORO. PASQUALE PUGLIESE: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA"
PERCHE'...
[Ringraziamo Pasquale Pugliese (per contatti: puglipas at interfree.it) per
questo intervento. Pasquale Pugliese, educatore presso i Gruppi educativi
territoriali del Comune di Reggio Emilia, dove risiede, laureato in
filosofia con una tesi su Aldo Capitini, e' impegnato nel Movimento
Nonviolento, nella Rete di Lilliput ed in numerose iniziative di pace; e'
stato il principale promotore dell'iniziativa delle "biciclettate
nonviolente"]

Perche' anche per il 2006 mi regalo un abbonamento ad "Azione nonviolenta" e
ne offro qualcuno in dono?
Perche' troppi sono gli scenari, le prassi, le strutture di violenza e molti
sono i centri di produzione di "cultura" violenta che li alimentano. E
percio' e' necessario rinforzare e moltiplicare luoghi, pratiche e contesti
di nonviolenza ed elaborare sempre piu' narrazioni e punti di vista
nonviolenti sul mondo.
"Azione nonviolenta" fa esattamente questo: informazione, formazione e
cultura nonviolenta. E lo fa ininterrottamente da quarant'anni come meglio
le riesce. Non e' infallibile ne' e' un oracolo, ma e' una comunita' in
ricerca che si sforza di costruire e proporre, in maniera dialogica, uno
sguardo ed un'azione nonviolenti in un mondo che rema contro. Ieri
sull'obiezione di coscienza, il Vietnam, gli euromissili, il nucleare
"civile" ecc.; oggi sulla globalizzazione, le guerre "preventive", la fine
del petrolio, la societa' transculturale e le banlieues, le resistenze a
Scansano, a Locri, in Val di Susa e a New Delhi...
Pensate se non ci fosse stata questa piccola, ma rigorosa, presenza
nonviolenta ad accompagnare la storia recente del nostro paese: tutti
saremmo oggi, culturalmente e politicamente, piu' fragili e balbettanti nel
formulare risposte - di pensiero e azione - all'altezza del tempo della
complessita'.
Ma la per(e)sistenza di "Azione nonviolenta" non e' scontata: essa vive,
miracolosamente, solo attraverso l'abbonamento dei suoi lettori. Percio'
anche quest'anno non faro' mancare il mio e spero che molti facciano
altrettanto, regalandosi un abbonamento e offrendone qualcuno in dono.
Con i tempi che corrono, conoscete un regalo e un dono piu' appropriati?

4. STRUMENTI DI LAVORO. UN ANNO DI NONVIOLENZA
"Azione nonviolenta" e' la rivista mensile del Movimento Nonviolento fondata
da Aldo Capitini nel 1964, e costituisce un punto di riferimento per tutte
le persone amiche della nonviolenza.
La sede della redazione e' in via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803,
fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org
L'abbonamento annuo e' di 29 euro da versare sul conto corrente postale n.
10250363, oppure tramite bonifico bancario o assegno al conto corrente
bancario n. 18745455 presso BancoPosta, succursale 7, agenzia di Piazza
Bacanal, Verona, ABI 07601, CAB 11700, intestato ad "Azione nonviolenta",
via Spagna 8, 37123 Verona, specificando nella causale: abbonamento ad
"Azione nonviolenta".

5. RIFLESSIONE. MARIA GRAZIA GIANNICHEDDA: LA LEGGE 180 E I COMPITI DELL'ORA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 29 dicembre 2005. Maria Grazia
Giannichedda, acutissima sociologa, e' stata una delle principali
collaboratrici degli indimenticabili Franco Basaglia e Franca Ongaro
Basaglia, la cui lotta per una psichiatria democratica e per la dignita'
umana di tutti gli esseri umani tuttora prosegue]

E' dall'inizio della legislatura che il centrodestra, per dirla con le
parole di oggi del ministro Storace, "vuole mettere mano alla legge 180" ma
finora l'operazione non e' andata in porto. Ci aveva provato per prima
l'onorevole Maria Burani Procaccini di Forza Italia, sostenuta da un
tecnico, lo psichiatra Cantelmi, a cui Storace aveva affidato la
responsabilita' della salute mentale nella Regione Lazio; ci ha riprovato la
stessa parlamentare con l'ausilio del deputato Ce' della Lega Nord,
firmatari di un nuovo testo, anch'esso bloccato in commissione affari
sociali della Camera da pesanti contraddizioni interne al centrodestra,
oltre che dal lavoro dei parlamentari dell'opposizione e dalle critiche
puntuali della maggioranza dei familiari e degli operatori. La marea di
critiche dagli opposti versanti aveva cosi' obbligato la commissione della
Camera ad avviare un'indagine conoscitiva "sull'attuazione del progetto
obiettivo salute mentale", indagine tutt'ora in corso, anche se l'ultima
seduta e' del 12 febbraio 2002.
Qual e' allora la trovata del ministro, visto che quando il centrodestra
dichiara cosa vuol fare della salute mentale neppure al suo interno riesce a
trovare un consenso minimo? Non dire piu' in quale direzione ci si vuol
muovere, con la scusa di avviare "una grande campagna di ascolto", che
dovrebbe verosimilmente ascoltare quegli stessi che i deputati hanno gia'
ascoltato e che hanno detto cio' che il ministro Storace puo' leggere, come
ogni cittadino, nel sito web della Camera. Ma il Parlamento e' una sede
scomoda, ci sono le opposizioni, bisogna ascoltare tutte le campane, occorre
tener conto di dati e fatti e portare almeno qualche argomento, mentre a
colpi di spot elettorali e di comunicati si puo' dire qualunque cosa per
cavalcare un disagio che questo governo ha fatto crescere e che mai e' stato
legato ai diritti affermati dalla "180", ma sempre alle politiche delle
Regioni e delle Aziende sanitarie, che sono oggi la sede vera dei poteri e
sono i luoghi in cui i diritti possono o no diventare servizi per le
persone, culture dell'accoglienza e della convivenza.
E' su questo terreno concreto che il centrosinistra deve spostare il
confronto, facendo il contrario del ministro Storace, indicando cioe'
nettamente in quale direzione intende indirizzare le risorse umane e
finanziarie del servizio pubblico. Da molto tempo non e' piu' vero lo slogan
dei primi anni della riforma psichiatrica - la legge 180 e' buona ma non e'
applicata perche' mancano i servizi. Oggi i servizi ci sono, ancora
insufficienti soprattutto al Sud, ma neppure qui e' piu' questione di
risorse ma di qualita', di modelli organizzativi, di culture degli
operatori. Non basta dire no al manicomio: questo e' ormai senso comune al
punto che persino Storace ribadisce che "non si mette in discussione
l'impalcatura delle legge". Occorre affermare con chiarezza che al posto del
manicomio ci vuol ben altro che una rete di ambulatori con medici che
prescrivono soprattutto o solo psicofarmaci, che lavorano su appuntamento e
non vanno a casa dei pazienti; occorre riconoscere che e' stato uno degli
errori dell'ideologia aziendalistica separare gli interventi di tipo sociale
da quelli sanitari e rincorrere la specializzazione dei servizi e la
frammentazione delle prestazioni.
E' necessario dunque che anche le Regioni storiche del centrosinistra, e
quelle che il centrosinistra ha appena conquistato, intraprendano seriamente
la strada della trasformazione dei servizi di salute mentale e dell'intero
welfare, cercando di fare tesoro delle esperienze di trasformazione di cui
l'Italia e' ricca. Altrimenti il manicomio rinasce, e lo vediamo, e sara'
piu' facile legittimarlo di nuovo nella legge.

6. IRAQ. MARIA G. DI RIENZO: LA TESTIMONIANZA DI UN VETERANO CONTRO LA
GUERRA
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
questo articolo in cui riprende dal sito dell'Ivaw (Veterani dell'Iraq
contro la guerra) la testimonianza di Tomas Young. Maria G. Di Rienzo e' una
delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale
femminista, saggista, giornalista, regista teatrale e commediografa,
formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per
conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sidney
(Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput,
in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e
la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a
cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica
Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo,
Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005]

Tomas Young, venticinquenne di Kansas City (Missouri), pensava fosse suo
dovere arruolarsi nell'esercito dopo i fatti dell'11 settembre. Voleva che i
terroristi che avevano ucciso 2.750 persone nelle Torri Gemelle fossero
puniti. Ma alla sua prima missione in Iraq, e senza aver sparato un solo
colpo, e' rimasto paralizzato dal petto in giu' dopo essere stato ferito in
un agguato.
La sua rabbia nel sapere che non potra' mai piu' camminare e' diventata la
rabbia per essere stato mandato, assieme a migliaia di altri, a combattere
una guerra immorale per conto di George Bush. Tomas e' oggi un attivo membro
dell'Ivaw. "Pensavo che arruolarmi fosse in qualche modo una compensazione
per cio' che ci era accaduto. Credevo davvero che il nostro scopo fosse
trovare Osama bin Laden e al-Qaida. E adesso i nostri morti sono oltre 2.100
ed i morti iracheni oltre 100.000. E' molto di piu' di quanto abbiamo
perduto l'11 settembre. Cio' che e' accaduto e accade in Iraq e' sbagliato".
Tomas e' costretto su una sedia a rotelle ed e' amareggiato che a metterlo
in questa situazione siano state le bugie che il suo governo gli ha detto.
La sua frustrazione cresce nel vedere che Bush non sta ascoltando l'opinione
pubblica americana, e non intende ritirare le truppe: "Il presidente
continua a fornire una ragione dopo l'altra, e una dopo l'altra si rivelano
tutte false. Mi sembra di vedere me stesso quando combinavo qualche
marachella da bambino. Mia madre scopriva che la mia prima scusa era una
bugia, e allora io ne tiravo fuori una seconda e una terza, fino a che
ammettevo la mia colpa e mi prendevo un castigo. La mia opposizione alla
guerra e' nata non appena sono arrivato in Iraq nel marzo 2004. Vedevo i
fuochi del petrolio che bruciava e li indicavo ai miei commilitoni: ecco
perche' siamo qua, ragazzi, dicevo, non abbiamo niente a che fare con la
difesa della liberta'".
Il giorno che ha cambiato la sua vita per sempre fu il 4 aprile 2004. Tomas
era ammassato con gli altri soldati in un camion che non riusciva a
contenerli tutti. Lo spazio era cosi' esiguo che Tomas stava con le gambe
ripiegate e la schiena sul fondo del mezzo. "Avremmo dovuto avere protezione
da un convoglio e mezzi armati ai lati, ma non fu cosi'. Si supponeva che
avremmo risposto al fuoco se attaccati, ma non c'era spazio per raggiungere
le armi e mirare, anche se avessimo voluto farlo. Quando aprirono il fuoco
contro di noi fu come se tirassero a dei pesci in un barile. La pallottola
che mi ha colpito sotto la scapola ha tranciato la spina dorsale,
paralizzandomi immediatamente. Non sentivo piu' le mani. Ho tentato di
gridare, ma dalla gola e' uscito solo un sospiro. Il secondo colpo, quello
al ginocchio, l'ho appena avvertito. Negli ospedali in Kuwait, in Germania
ed infine a Washington mi hanno tenuto quasi sempre sotto sedativi e ricordo
poco. Il momento in cui fui di nuovo conscio e' quello in cui rividi mia
madre, Cathy Smith. Va bene, forse sono un cocco di mamma, ma quando l'ho
vista non ho potuto fare a meno di piangere e piangere. Da dopo il
duemillesimo soldato morto in Iraq (il sergente George Alexander,
trentaquattrenne - ndt -) sono determinato a fare tutto cio' che posso
perche' nessun altro muoia".
Tomas e sua moglie Brie, di 24 anni, ora tentano di guardare al futuro, e
pensano a un intervento di fecondazione assistita per avere un figlio. Ma
l'amarezza rimane: "Sarei meno arrabbiato se non fossi consapevole che
abbiamo dato inizio ad una guerra immorale: cosi', quello che mi e' successo
e' piu' duro da accettare. Bush ci ha trascinati in questo impiccio. Adesso
deve tirarcene fuori".

7. MEMORIA. ELENA BUCCOLIERO INTERVISTA DANIELE LUGLI SULL'ESPERIENZA DEL
COS A FERRARA
[Da "Azione nonviolenta" di ottobre 2005 (disponibile anche nel sito:
www.nonviolenti.org) riprendiamo questa testimonianza sull'esperienza del
Centro di orientamento sociale (Cos) a Ferrara nell'immediato dopoguerra,
apparsa col titolo "Ascoltare e parlare per partecipare dal basso alle
scelte della politica".
Elena Buccoliero (per contatti: e.buccoliero at comune.fe.it), nata a Ferrara
nel 1970, collabora ad "Azione nonviolenta" e fa parte del comitato di
coordinamento del Movimento Nonviolento; lavora per Promeco, un ufficio del
Comune e dell'azienda Usl di Ferrara dove si occupa di adolescenti con
particolare attenzione al bullismo e al consumo di sostanze, e con
iniziative rivolte sia ai ragazzi, sia agli adulti; a Ferrara, insieme ad
altri amici, anima la Scuola della nonviolenza. E' autrice di diverse
pubblicazioni, tra cui il recente (con Marco Maggi), Bullismo, bullismi,
Franco Angeli, Milano 2005. Un piu' ampio profilo biobibliografico di Elena
Buccoliero e' nel n. 836 di questo notiziario.
Daniele Lugli (per contatti: daniele.lugli at libero.it) e' il segretario
nazionale del Movimento Nonviolento, figura storica della nonviolenza,
unisce a una lunga e limpida esperienza di impegno sociale e politico anche
una profonda e sottile competenza in ambito giuridico ed amministrativo, ed
e' persona di squisita gentilezza e saggezza grande]

Da qualche anno a questa parte sono tanti i segnali di un bisogno di
partecipazione, e da parte dei cittadini che vogliono intervenire sulle
decisioni che li riguardano, e da parte delle istituzioni che si riconoscono
inefficaci se perdono il confronto. Ci e' sembrato interessante e fertile
raccontare l'esperienza dei Centri di orientamento sociale (in sigla: Cos),
che di tutto questo sono in certo qual modo anticipatori.
*
- Elena Buccoliero: Che cos'e' il Cos?
- Daniele Lugli: Cos vuol dire Centri di Orientamento Sociale. E' una
creatura di Aldo Capitini, fondatore del Movimento Nonviolento, all'indomani
della liberazione di Perugia, un'esperienza che prende l'avvio nel luglio
del '44 e si diffonde in tutta la provincia di Perugia e nell'Italia
centrale.
*
- Elena Buccoliero: Con quali presupposti nasce?
- Daniele Lugli: I Cos sono libere assemblee dove tutti possono intervenire.
Hanno come motto "Ascoltare e parlare, non l'uno senza l'altro". Assemblee
frequenti, inizialmente due alla settimana, si assestano su un incontro
settimanale. I temi vanno dai problemi amministrativi e politici locali,
nazionali e mondiali, ad ogni tema sociale, culturale, tecnico, religioso.
L'eterogeneita', rilevata come un limite, e' difesa da Capitini, secondo il
quale e' bene si parli di "patate e ideali".
*
- Elena Buccoliero: "Patate e ideali" sembra un buon motto anche per gli
interessi della nonviolenza, sempre in bilico tra ideale - religioso,
filosofico - e prassi sociale e politica. Eppure nel pensiero comune di
nonviolenza si parla di fronte alla guerra. Che cosa c'entra con questo
un'assemblea amministrativa?
- Daniele Lugli: Nei Cos Capitini vede il luogo ideale per la crescita e
l'approfondimento di pensiero e pratica della nonviolenza. Nella sua
concezione la nonviolenza e' prima di tutto "apertura all'esistenza, alla
liberta', allo sviluppo del vivente". La sua prima manifestazione e' in
questo stare assieme, aperti l'uno verso l'altro, curando nella liberta' uno
sviluppo comune. Nelle assemblee settimanali i cittadini chiamano gli
amministratori, i tecnici, i responsabili ad esporre e rispondere del loro
operato. Questo costruisce la competenza dei cittadini a conoscere,
consigliare, decidere. E' il rovescio della chiamata populista a
"partecipare" a scelte gia' effettuate, a fare il tifo.
Per Capitini Cos in ogni parrocchia, in ogni quartiere, in ogni fabbrica, in
ogni aggregato dovevano sostituire le adunate oceaniche del fascismo e i
grandiosi comizi dei partiti popolari nell'immediato dopoguerra. Ha molto a
che fare dunque con la nonviolenza che e' potere di tutti e di ciascuno.
*
- Elena Buccoliero: Ferrara, la tua citta', ha avuto un Cos importante.
- Daniele Lugli: Molto importante. Quando Silvano Balboni torna dalla
Svizzera nell'estate del '45 prende contatti con Capitini e con Pio
Baldelli, allora il piu' stretto collaboratore nelle iniziative dei Cos, per
importare l'esperienza a Ferrara. Prende l'avvio il 4 marzo del '46, dopo
una faticosa gestazione, il Cos locale. La sua attivita' e' molto varia e
costante, non salta una settimana. La partecipazione e' sempre sostenuta. I
temi vanno dalle difficolta' del vivere quotidiano - il cattivo
funzionamento delle ambulanze, il costo del mangime per i polli - ai temi
della ricostruzione - la riapertura del teatro comunale, il piano
regolatore - fino ad argomenti quali il divorzio e l'obiezione di coscienza,
che dovranno attendere quasi un trentennio per essere affrontati a livello
nazionale. E' sempre il Cos a promuovere ben dodici incontri consecutivi sul
problema religioso, dal dicembre '46 al marzo '47, con una presenza media di
duecento persone e sedici relatori.
Tanta attenzione per la religione non inganni, a Ferrara lo slogan "patate e
ideali" trova piena applicazione. Uno dei primi temi affrontati, e peraltro
non risolti, e': Perche' elettricisti ed idraulici non vengono mai quando li
chiami e costano troppo?
*
- Elena Buccoliero: Come funzionava un incontro?
- Daniele Lugli: C'era un tavolo e un campanello. Nel frattempo fuori la
gente si scannava, erano gli anni tra il '46 e il '48, tempi di scontri
anche cruenti. Nel Cos non c'e' mai stato un problema di ordine pubblico, e'
sempre bastato il campanello.
*
- Elena Buccoliero: C'erano delle regole?
- Daniele Lugli: I problemi all'ordine del giorno vengono definiti una volta
per l'altra. La gente siede attorno ad un tavolo, oppure a semicerchio.
L'animatore ha il campanello per regolare la discussione, mentre un
segretario verbalizza e invia i resoconti ai giornali locali, che
generalmente ne danno notizia, aprendo nuove possibilita' di confronto.
La serata inizia con una esposizione sul tema, che spesso e' affidata
anticipatamente ad un partecipante o ad uno o piu' "esperti" invitati ad
intervenire. Segue la discussione.
Il tema puo' dirsi esaurito dopo una o in piu' sedute, quando l'assemblea e'
soddisfatta. Del divorzio, ad esempio, a Ferrara si parla per tre settimane.
Questo Cos discute gli argomenti dell'Assemblea Costituente, mentre se ne
parla a livello nazionale, e gli orientamenti espressi a livello locale su
questioni di interesse generale come il divorzio o l'obiezione di coscienza
vengono inviati alla Costituente, anticipando di anni gli orientamenti
nazionali.
*
- Elena Buccoliero: Una sala gremita di duecento persone e' entusiasmante ed
incredibile pensando alla normale frequenza delle iniziative che attualmente
vengono promosse a livello cittadino. Quale legame vedi tra il Cos e il
bisogno attuale di partecipazione?
- Daniele Lugli: Il Cos non aveva poteri che non derivassero dalla sua
intrinseca autorevolezza, dalla competenza che riusciva ad esprimere. La sua
diffusione ed approfondimento, che non si ebbero compiutamente per
l'indifferenza quando non l'ostilita' dei maggiori partiti, miravano proprio
a garantire una partecipazione dal basso che evitasse la delega acritica o,
peggio, l'appropriazione della politica da parte dei partiti, con gli esiti
che Capitini aveva indicato chiaramente all'indomani della liberazione, e
che abbiamo visto precipitare circa quant'anni dopo.
Anche ora la partecipazione alla quale ci si richiama e' spesso puro
maquillage di una politica che resta in mano a gruppi sempre piu' ristretti
e fuori da ogni controllo.
*
- Elena Buccoliero: C'e' pero' un secondo tema, che e' quello del desiderio
di partecipare. Ai Cos andavano in duecento, un evento difficilmente
ripetibile oggi in una piccola citta'.
- Daniele Lugli: E' un momento che non va idealizzato. Il Cos era la
possibilita' di una democrazia profonda che non e' stata colta. Ogni tanto
riaffiora questo spirito, lo abbiamo visto nelle assemblee diffuse che hanno
caratterizzato ad esempio i momenti migliori del '68, pero' accompagnato da
ubriacature e sogni di onnipotenza dai quali invece il continuo richiamo
della nonviolenza al rapporto fini-mezzi avrebbe dovuto tenere lontani.
*
- Elena Buccoliero: Hai parlato di competenza nella partecipazione. In
questo momento e' difficile pensare a questioni che non siano complesse, e
sulle quali si possa parlare a ragion veduta senza un approfondimento molto
serio.
- Daniele Lugli: Nel Cos era centrale il valore della discussione, e
discutere vuol dire, secondo Capitini, "scuotere gli argomenti per saggiare
la loro consistenza". Il primo passo e' l'incontro e l'ascolto reciproco, ed
e' formativo. Chi partecipa sa di essere ignorante, e' li' proprio per
acquisire una maggiore conoscenza. Questo processo conduce all'acquisizione
di una maggiore competenza tecnica ed amministrativa che deve essere diffusa
e aiuta a colmare la separazione tra tecnici, politici, decisori e popolo.
*
- Elena Buccoliero: Agenda 21, bilancio partecipato, Rete di Lilliput... In
qualcuna di queste esperienze ritrovi qualcosa dello spirito originario dei
Cos?
- Daniele Lugli: Certamente ritrovo l'esigenza che e' stata alla base dei
Cos: la consapevolezza dei limiti della democrazia cosiddetta
rappresentativa nella quale viviamo. Mi pare che per tutte queste iniziative
si ponga lo stesso problema di autorevolezza che si e' posto per i Cos,
quanto cioe' vi investano in concreto le forze che li promuovono affinche'
l'esperienza si radichi e i partecipanti la vivano come propria, necessaria
ed importante.
*
- Elena Buccoliero: una sottolineatura interessante. Spesso sembra invece
che l'autorevolezza derivi dallo spazio mediatico ottenuto. Ai tempi del Cos
la tv non c'era, forse questo era un vantaggio...
- Daniele Lugli: Attraverso la televisione passa un pressante invito al
conformismo, all'accettazione dell'esistente, al riconoscimento di tutta la
cosiddetta realta' cosi' come e' presentata. Poco e' lo spazio residuo per
lo spirito critico, che e' l'anima e la finalita' dell'esperienza dei Cos.
Oggi una "aggiunta" agli strumenti di formazione, conoscenza, partecipazione
nello spirito dei Cos dovrebbe fare i conti con questo ulteriore ostacolo.
*
- Elena Buccoliero: L'associazione Amici di Aldo Capitini promuove un "Cos
in rete" nella rete telematica. Lo spazio virtuale puo' essere un luogo di
discussione?
- Daniele Lugli: E' una opportunita' che non va trascurata, valutando bene
anche qui la forza e le distorsioni che il mezzo comporta. Secondo Capitini
l'essenza dei Cos sta in questo: "due persone parlano ad alta voce di
qualsiasi problema, e in modo aperto, cioe' in modo che altri possano
anch'essi intervenire e parlare". I forum orientati alla ricerca delle
migliori soluzioni ai problemi, e non al prevalere di una tesi precostituita
su un'altra, sono certamente nello spirito dei Cos.
*
- Elena Buccoliero: Pensi che sarebbe possibile avviare un Cos oggi? Sarebbe
attuale, necessario...?
- Daniele Lugli: Trovo che nelle pratiche consiliari, assembleari, di
organizzazioni politiche, sociali, culturali, vi siano elementi di Cos ogni
volta che si mira alla costruzione di una piu' larga conoscenza e
consapevolezza dei problemi e non a estorcere con mille modi diversi il
consenso necessario.
*
- Elena Buccoliero: Parlare di discussione spontanea pero' sembra quasi
troppo facile. Deve pur esserci una differenza tra il Cos e il bar dove,
ugualmente, ci si confronta.
- Daniele Lugli: Il Cos non e' un passatempo, e' un impegno. Era per
Capitini addirittura "strumento di tramutazione, di distacco dalla realta'
vecchia... prefigurazione della comunita' aperta, che non ripete se stessa,
il proprio passato, la tradizione, le abitudini, ma si apre continuamente al
nuovo". E' un fermento di mutamento e di apertura. Oggi il mondo cambia
molto in fretta e le forze politiche sembrano confrontarsi su chi garantisca
la miglior protezione rispetto al cambiamento piuttosto che l'impegno ad
esserne protagonisti.
*
- Elena Buccoliero: In un processo di questo tipo, ieri come oggi, quali
potrebbero essere gli anticorpi necessari per ridurre i rischi di
degenerazione che sempre esistono in tutte le formazioni sociali?
- Daniele Lugli: Il Cos non e' un'associazione, e' un luogo di formazione e
di crescita della democrazia, quindi si rinnova costantemente. E' un luogo
che non fa parte del potere ed esiste solo in quanto e' partecipato, perche'
se l'assemblea non viene frequentata, il Cos non e'.
Nelle parole di Capitini il Cos "non delibera: propone, sollecita, escogita,
chiarisce". La sua finalita' e' trovare ogni volta la soluzione migliore ai
problemi che esamina ma non e' nelle sue mani applicarla. Nei presupposti
c'e' che se tanta piu' gente conosce le cose, le cose andranno meglio.

8. RIFLESSIONE. LUISA MURARO: CINQUE LETTERE AGLI ASCOLTATORI E ALLE
ASCOLTATRICI DI "FAHRENHEIT"
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it)
riprendiamo le seguenti "lettere" di Luisa Muraro lette alla trasmissione
radiofonica di Rai 3 "Fahrenheit". Luisa Muraro, una delle piu' influenti
pensatrici viventi, ha insegnato all'Universita' di Verona, fa parte della
comunita' filosofica femminile di "Diotima"; dal sito delle sue "Lezioni sul
femminismo" riportiamo la seguente scheda biobibliografica: "Luisa Muraro,
sesta di undici figli, sei sorelle e cinque fratelli, e' nata nel 1940 a
Montecchio Maggiore (Vicenza), in una regione allora povera. Si e' laureata
in filosofia all'Universita' Cattolica di Milano e la', su invito di Gustavo
Bontadini, ha iniziato una carriera accademica presto interrotta dal
Sessantotto. Passata ad insegnare nella scuola dell'obbligo, dal 1976 lavora
nel dipartimento di filosofia dell'Universita' di Verona. Ha partecipato al
progetto conosciuto come Erba Voglio, di Elvio Fachinelli. Poco dopo
coinvolta nel movimento femminista dal gruppo "Demau" di Lia Cigarini e
Daniela Pellegrini e' rimasta fedele al femminismo delle origini, che poi
sara' chiamato femminismo della differenza, al quale si ispira buona parte
della sua produzione successiva: La Signora del gioco (Feltrinelli, Milano
1976), Maglia o uncinetto (1981, ristampato nel 1998 dalla Manifestolibri),
Guglielma e Maifreda (La Tartaruga, Milano 1985), L'ordine simbolico della
madre (Editori Riuniti, Roma 1991), Lingua materna scienza divina (D'Auria,
Napoli 1995), La folla nel cuore (Pratiche, Milano 2000). Con altre, ha dato
vita alla Libreria delle Donne di Milano (1975), che pubblica la rivista
trimestrale "Via Dogana" e il foglio "Sottosopra", ed alla comunita'
filosofica Diotima (1984), di cui sono finora usciti sei volumi collettanei
(da Il pensiero della differenza sessuale, La Tartaruga, Milano 1987, a Il
profumo della maestra, Liguori, Napoli 1999). E' diventata madre nel 1966 e
nonna nel 1997"]

Lunedi' 14 novembre 2005
Care ascoltatrici e ascoltatori,
devo parlare di guerra, fintanto che c'e' guerra bisogna parlarne, anche se
una avrebbe voglia di parlare d'altro. Il ministro Martino a Bagdad mi fa
ridere con la sua retorica "siamo l'Italia che non scappa", gli italiani
sono un popolo complessivamente intelligente e quando occorre, scappiamo. Ma
e' facile ridere di questa retorica virile, io sono una donna e non ne ho
bisogno. E soprattutto non c'e' tanto da ridere, sotto le sue parole c'e' un
imbroglio, quello della missione di pace. Ricordo che in Libano l'esercito
italiano ha fatto bene la sua missione di pace, ma questa volta e' diverso,
per tante ragioni fra cui che non si tratta veramente di una missione di
pace ma di un appoggio militare, tant'e' che il ministro stesso parla in
funzione della lotta al terrorismo e di problemi militari.
La guerra dell'Iraq, brutta come tutte le guerre, ha una sua speciale
bruttura: nata con l'imbroglio delle armi di distruzione di massa e della
complicita' dell'Iraq con al Quaeda (era tutto falso), richiede fatalmente
una crescente copertura di discorsi falsi e di ragionamenti fasulli.
Cito le parole dell'on. Emma Bonino, in un'intervista a "Repubblica": "mi
sembra che la posizione dei dirigenti del centrosinistra - sulla presenza di
militari italiani in Iraq - sia molto piu' responsabile: sono in ballo il
destino di milioni di iracheni e siccome nessuno sta la' per occupare,
l'eventuale ritiro si deve negoziare e concordare con il legittimo governo e
ovviamente con gli alleati". L'intervista continua piu' o meno su questo
tono, di responsabilita' che abbiamo verso la popolazione di quel paese, di
amore della pace e di progressi della democrazia, e via dicendo, in un
linguaggio sensato e ragionevole che mi pare come un lenzuolo steso sopra un
cadavere in decomposizione.
Con "cadavere in decomposizione" mi riferisco, primo, al fatto che la
situazione in Medio Oriente non migliora, anzi si deteriora. Nel commando di
kamikaze che ha fatto strage di civili ad Amman, c'era una coppia, marito e
moglie, lui morto, lei fortunosamente salvatasi, di cui parlano i giornali
oggi: quei due venivano dall'Iraq sunnita, sconvolto dall'invasione
angloamericana, e tutto indica che era una coppia di persone semplici,
ordinarie, che mai e poi mai sarebbero finite nelle sgrinfie della
propaganda e dell'organizzazione di Al Quaeda, se non era per la
irresponsabile decisione della Casa Bianca e del governo di Tony Blair di
portare in Iraq lo sconvolgimento che sappiamo.
Secondo, con "cadavere in putrefazione" mi riferisco a quello che sta
capitando da noi, alla nostra civilta' occidentale. E cioe' che siamo
tornati indietro di due secoli, l'uso della tortura esce dalla
clandestinita' e dalla vergogna per diventare uno strumento politico ammesso
e raccomandato. Un esponente del governo di Bush, cito dai giornali di oggi,
"ha spiegato a chiare lettere alla televisione Cnn che la Casa Bianca non
intende impegnarsi per rinunciare all'uso della tortura". Dichiarazioni
fatte in risposta ad articoli di denuncia apparsi sui settimanali "Time" e
"Newsweek". Terribile. Non occorrono molte riflessioni per rendersi conto
che un simile discorso, fatto da un funzionario del governo (il consigliere
per la sicurezza Stephen Hadley) in televisione, equivale ad
un'autorizzazione generalizzata alla crudelta' e alla ferocia nei rapporti
tra esseri umani. Ecco che cosa sta capitando: le potenze occidentali
parlano di esportare la democrazia nei paesi islamici. Fino a ieri
l'obiezione era: non si puo' esportare la democrazia, sicuramente non si
puo' con la guerra. Adesso l'obiezione sta diventando questa: ma di che cosa
parliamo, quale democrazia, c'e' una democrazia?
Vi saluto, vi do appuntamento a domani, vi ringrazio di avermi seguita e
ringrazio quelli che vorranno aiutarmi a conoscere di piu' e a pensare
meglio.
*
Martedi' 15 novembre
Care ascoltatrici e ascoltatori,
parlando di guerra, ieri, sapevo che graffiavo e mi graffiavo. La politica
internazionale e' finita dentro ad un enorme groviglio di spine. Ma bisogna
continuare a pensare, a parlare, e ad ascoltare. Io non ho detto "si deve
fare cosi' o cola'". Io dico solo: non copriamo la realta'. Quando la
realta' e' brutta, la tentazione sarebbe quella di credere alla propaganda e
di illudersi. In politica io non faccio il grillo parlante, quello che tento
di fare e' disfare gli schieramenti e aprire qualche passaggio, perche', se
possibile, ci passi un po' di liberta' di pensiero e un po' di signoria.
Oggi cerchero' di farlo per quel che riguarda la Chiesa cattolica.
Sicuramente sapete le ultime notizie: prese di posizione contro la pillola
abortiva che alcune regioni stanno introducendo nel loro sistema sanitario,
e' l'ennesimo intervento della gerarchia cattolica, anche questo contro,
come quello contro i Pacs. Esasperazione da una parte, inneggiamenti
dall'altra. C'e' troppo schieramento, tra quelli che non ne vogliono sapere
degli interventi dell'autorita' religiosa e il fronte contrapposto di quelli
che strumentalizzano questi interventi ai loro scopi. E' fondamentale uscire
da questa tenaglia, lo dico per amore della verita' ma anche per la nostra
indipendenza, la nostra signoria di pensiero. Non lasciamoci arruolare
dentro a schieramenti. Ma come si fa? Primo, rendersi conto che l'autorita'
religiosa non e' di destra piuttosto che di sinistra, pensiamo alla pace,
per esempio, Giovanni Paolo II ha usato le sue ultime forze per predicare la
pace ai paesi che si preparavano ad attaccare militarmente l'Iraq di Saddam
Hussein. Intervento prezioso, fautore di simpatia la dove stava nascendo
l'odio. Pensiamo ai diritti dei lavoratori: nel conflitto capitale-lavoro,
il lavoro ha un titolo in piu', quello della dignita' umana, insegna
l'autorita' religiosa. Benedetto XVI ha appena fatto un intervento per dire:
la Chiesa cattolica non vuole privilegi. Guardate che questo intervento del
papa equivale a un altola' a quei prelati che si sono alleati con la destra
integralista. Orecchio fine, insomma. Secondo, ricordiamoci che la chiesa
non si riduce alla gerarchia, anzi la piu' vera e grande chiesa sono i
semplici fedeli, i cosiddetti laici. Ruini che interviene su Prodi nella
questione dei Pacs, ha sbagliato anche dal punto di vista religioso, perche'
si e' arrogato una competenza che appartiene a Prodi, in quanto laico
impegnato in politica. Una cosa e' la dottrina, una cosa e' la mediazione
nel contesto.
La questione dell'aborto e' diversa da quella dei Pacs, non e' una questione
di diritti, come certi credono e dicono. Si puo' parlare di un diritto delle
donne alla salute riproduttiva, certamente, salute messa a repentaglio da
una sessualita' maschile troppo spesso insicura, meccanica e violenta.
Percio', la dottrina morale della Chiesa sull'aborto, riguarda soprattutto
gli uomini. Quanto alla traduzione di questa dottrina nella realta'
contingente, qui c'e' la competenza primaria della donna che puo' diventare
madre.
Questa e' solo una lettera, non posso dilungarmi, e poi neanche voglio, chi
mi ha ascoltata fin qui ha la sua da dire e da pensare, io ho pensato un
frammento.
A domani, e grazie dei vostri segnali, mi aiutano piu' di quello che potete
pensare.
*
Mercoledi' 16 novembre 2005
Cari ascoltatori, care ascoltatrici,
sono contenta di poter dire: mi sono sbagliata. Lunedi' vi ho detto che in
Medio Oriente la situazione non migliora. Ieri e' arrivata invece una buona
notizia: l'Autorita' palestinese e Israele, con la mediazione degli Usa,
hanno trovato un accordo e finalmente si e' aperto il valico di Rafah tra
l'Egitto e la Striscia di Gaza, che vuol dire per i palestinesi poter
muoversi e commerciare con l'Egitto. E' stata autorizzata inoltre, sempre a
questo scopo, la costruzione del porto di Gaza. Lo dico con le parole di
Condoleeza Rice, che ha fatto da mediatrice: "L'accordo e' volto a dare al
popolo palestinese liberta' di viaggiare, di commerciare, di vivere una vita
normale". Si tratta di un accordo fragile, la strada resta tutta in salita e
lunga, ma c'e' una novita' positiva che il portavoce palestinese ha
sottolineato: "la sua applicazione e' garantita internazionalmente". Da chi?
Da un gruppo di ispettori europei guidati da un italiano, il generale dei
carabinieri Pietro Pistolese, piu' volte inviato in Palestina in missioni
internazionali.
Certi commentatori hanno aggiunto che questo accordo non deve limitare il
diritto di Israele a difendersi. Capisco quello che intendono, eppure trovo
che questo modo di parlare sia ambiguo, come se ci fosse un contrasto fra la
sicurezza di Israele, da una parte, e gli accordi per migliorare i rapporti
con la Palestina, dall'altra. Chiaramente, vale il contrario: la vera
sicurezza del popolo israeliano e' affidata alla coesistenza pacifica con la
nazione palestinese, fino alla possibilita' di una reciproca fiducia.
Fiducia che gia' esiste, va detto, tra singole persone, con il favore di
progetti particolari, come la cura dei bambini, il commercio dei tessuti, la
formazione culturale e artistica... Una vicinanza senza parole, senza
fiducia, senza attenzione reciproca, e' tristissima, oltre che fonte di
paura e insicurezza, ripenso a quel magnifico film, "Private" di Saverio
Costanzo, che non fa prediche ma proprio come opera d'arte ci insegna a
superare la logica degli schieramenti.
La settimana scorsa, a Ravenna, in un dibattito sul tema del bene, qualcuno
del pubblico mi chiese: quale risposta al terrorismo? Gli ho risposto:
l'unica che vedo e' voler bene e imparare a farsi voler bene, forse non e'
risolutiva ma in tal caso ho idea che non ci sia risposta. Il problema e' di
spezzare il circolo vizioso dell'odio, della violenza e della paura.
Mandela, in Sudafrica, ci ha mostrato che la politica del voler bene, cioe'
dell'avere fiducia e cominciare a parlarsi, e' realistica.
*
Giovedi' 17 novembre 2005
Care ascoltatrici e ascoltatori,
per anni i giornali e la televisione si sono attaccati alla storia di un
bambino di tre anni ucciso forse dalla sua mamma. La vicenda, cominciata con
la morte di quel bambino nell'inverno di quattro anni fa, e' un enigma che
non si lascia consumare. Non faccio nomi, non scendo nei particolari, non mi
metto a fare ipotesi, perche' non e' di quel fatto che voglio parlare
direttamente, ma di noi, consumatori di notizie di cronaca, e di quelle
centinaia di persone che si sono messe in fila ieri per l'apertura del
processo di appello, a Torino.
E' facile dire: e' tutto un reality show, ma e' cosi' veramente? Io non lo
penso, e neanche penso che l'attrazione per questa vicenda e per i fatti di
cronaca nera in genere, sia pura morbosita'.
La cronaca sono le cose che capitano; tutto il resto (politica, cultura,
sport...) in qualche modo e' costruito, preparato, prevedibile, la cronaca
invece no, e' sorprendente, e' inedita. La cronaca affonda direttamente
nelle viscere della realta' che io chiamo la contingenza del reale. Io
arrivo a pensare che quello che ci attira nei fatti di cronaca, e' proprio
quello che non e' spettacolo, cioe' quello che la televisione non puo' dare,
quello che si nasconde alla vista, la verita' segreta delle cose. La spinta,
forse, e' di arrivare a questo segreto per poi ridurlo a spettacolo e
consumarlo a sua volta come tutto il resto. Forse invece no, forse abbiamo
bisogno di stare in presenza di quello che non si mostra, di quello che non
si capisce.
Trovo positivamente significativo che a Torino, tra quella gente che voleva
assistere al processo, non c'era unanimismo nel giudizio dei fatti e della
loro protagonista. Ci vuole poco, sapete, per trasformare una folla in una
massa fanatica e unanime... il merito, in questo caso almeno, va, in primo
luogo, al linguaggio tenuto dalla giustizia. La giustizia sta facendo il suo
corso, come si dice, ma con misura, con discrezione... Mi viene quasi da
dire: con la consapevolezza di mettere i piedi in un terreno che non e' il
suo, cioe' nel rapporto di una donna con il suo bambino. Anche la richiesta
di una nuova perizia psichiatrica, avanzata dal procuratore generale, va in
questo senso di una giustizia che vuole legittimamente fare un passo
indietro. Il rapporto di una donna con le sue creature e' vecchio come
l'umanita', eppure, nel suo fondo, resta enigmatico, e questo, nella cultura
del nostro paese, e' qualcosa che si continua a sentire e sapere. All'estero
ci prendono in giro per il mammismo, ma io dico: e' cultura, e' civilta', e
puo' avere i suoi risvolti oscuri e terribili. Questa consapevolezza e'
l'altro fattore che ha contribuito alla misura tenuta nei confronti della
vicenda di quella donna accusata di avere ucciso il suo bambino. Qualcuno
che ha mancato di gusto e di misura c'e' stato, ma non i giudici, e non noi
del grande pubblico (avete capito che io non mi metto sopra nessuno).
A domani, per il nostro ultimo appuntamento.
*
Venerdi' 18 novembre 2005
Carissime e carissimi ascoltatori di questo programma,
nei cinema sta arrivando un film premiato a Venezia, Mary, del regista
italoamericano Abel Ferrara. E' dedicato alla figura di Maria Maddalena, non
cosi' come la conosciamo dalla nostra tradizione cristiana occidentale (come
prostituta pentita e penitente) ma come ce la presenta la teologia
femminista che ha valorizzato la Maddalena del Vangelo di Giovanni e il
Vangelo apocrifo di Maria. Attenzione che apocrifo non vuole dire falso e
quando dico teologia femminista, mi riferisco a studiose, cattoliche e
riformate (da noi, valdesi) con le carte in regola dal punto di vista
scientifico e religioso. La Maria Maddalena del film e' dunque la discepola
che prima fra tutti ha visto Gesu' risorto e che Gesu' incarica di
annunciare la sua resurrezione, facendo cosi' di lei la prima apostola. Nel
Vangelo apocrifo, questo e' il suo messaggio: "Non piangete e non siate
tristi", un messaggio di consolazione e di gioia.
Non ho ancora visto il film di Abel Ferrara, so che lui ha fatto esplicito
riferimento al pensiero femminista, non posso sapere quanto fedelmente abbia
saputo riprenderlo. Il cinema di argomento religioso e' una delle cose piu'
raramente riuscite che io conosca. Sappiamo che ai nostri giorni c'e' un
ritorno del sacro e della religione, non mi fermo a vedere il perche' e il
percome. Mi interessa dire questo: la perdita del senso religioso che
caratterizza la modernita', non e' stato un guadagno, lo dice perfino
Leopardi che non era un bigotto.
Ma e' facile, facilissimo, che andiamo dietro alla moda del sacro, e
manchiamo l'appuntamento con la cosa importante. Quali sono i pericoli che
corriamo, in Italia? La strumentalizzazione politica della religione, in
primis. E' una cosa non nuova ma in crescita, da cui le persone veramente
religiose sanno che devono difendersi, come la diocesi di Trento che ha
risposto "no grazie" ad un politico politicante che metteva a disposizione
parecchi soldi per un convegno di argomento religioso. Il secondo pericolo
e' l'ignoranza, l'Italia e' un paese la cui ignoranza religiosa stupisce gli
stranieri. Una volta si notava meno ma adesso che tutti vogliono parlare di
religione, c'e' da ridere... Durante il conclave, ricordo un conduttore di
programma che parlava dello spirito santo con un fervore superato solo dalle
sciocchezze che riusciva a dire. Morale della favola, se andate a vedere il
film Mary, passate anche da una libreria e chiedete il Vangelo di Maria, e'
pubblicato in italiano, da solo o con gli altri vangeli apocrifi, sono poche
pagine, intense, non facili ma a tratti luminose. Scusate la lezione, sono
una professoressa...
Qui ci salutiamo, grazie dell'ascolto e dei commenti, sono Luisa Muraro.

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

10. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1162 del primo gennaio 2006

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