La nonviolenza e' in cammino. 1111



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1111 dell'11 novembre 2005

Sommario di questo numero:
1. Maria G. Di Rienzo: Del dolore e della morte
2. Enrico Peyretti: Tre pensieri
3. Ottavio Raimondo presenta "Dalla violenza alla pienezza"
4. Massimo Ortalli: Leggere l'anarchismo (parte terza)
5. Letture: Gustavo Zagrebelsky, Imparare la democrazia
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. MARIA G. DI RIENZO: DEL DOLORE E DELLA MORTE
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici
di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista,
giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto
rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento
di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel
movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta'
e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di
Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti,
Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza
velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli
2005]

"Si stanno rivoltando contro l'occidente e i suoi simboli": con ai piedi le
scarpe Nike o addosso la felpa Lonsdale e in tasca l'ultima versione di
cellulare.
"Vogliono rispetto": e per ottenerlo hanno massacrato di botte i loro
coetanei che protestavano contro la riforma scolastica, colpevoli di essere
"ricchi e fisicamente deboli", e bastonato a morte un pensionato di 61 anni
che non li aveva infastiditi in alcun modo, e sparato addosso a un gendarme
che oggi rischia di perdere una gamba. Quello che si ottiene con questi
sistemi non e' il rispetto, ma la paura, il terrore, la rabbia, il rigetto.
"Le loro parole d'ordine sono onore e vendetta": le ho gia' sentite, e quasi
sempre provenivano da ideologie politiche di destra ("C'e' una violenza che
rende schiavi e una violenza che libera", Benito Mussolini).
"E' colpa delle legge sul velo": non l'ha menzionata nessuno dei casseurs
francesi, ma noi intellettuali di sinistra ne sappiamo sempre una piu' del
diavolo. Ah, ci avessero ascoltato! Noi, naturalmente, non abbiamo bisogno
di ascoltare nessuno: che ce ne importa, a noi, se la maggioranza dei
cittadini francesi originari di paesi musulmani si dichiarano religiosamente
indifferenti? Perche' dovremmo perdere tempo ad ascoltare chi in quei
quartieri ci e' nata e ci vive, come Fadela Amara, che da anni assieme ad
altre donne e ragazze si ribella alla violenza delle periferie? "Le donne e
le ragazze dei quartiers vivono costanti aggressioni: insulti, mani addosso,
schiaffi. Il primo criterio in base a cui vengono giudicate e' il loro
abbigliamento che, secondo il codice locale, deve coprire interamente i loro
corpi. La maggior parte delle ragazze si infagotta in tute da ginnastica e
pantaloni larghi. Per non essere chiamate troie e puttane e non essere
assalite, oltre a conformarsi a questo modo di vestire, le ragazze si sono
abituate a fare lunghi giri per non incrociare i gruppi dei ragazzi. Alcune
portano il velo non perche' siano musulmane, ma perche' sperano di essere
lasciate in pace".
*
Ora, io non respingo nessuna delle analisi sociologiche che devono aiutarci
a capire le origini della rivolta nei sobborghi francesi: i problemi sociali
aumentati a dismisura anche per effetto del peggioramento delle condizioni
economiche generali, il tasso di disoccupazione che in quelle zone e' piu'
del doppio della media nazionale, l'essere discriminati ed esclusi, e non
ultimo il dolore abbacinante della morte di due giovanissimi. E sono del
tutto d'accordo sul fatto che la repressione violenta peggiorera' la
situazione. In effetti, ringraziando il cielo, sino ad ora le forze
dell'ordine francesi hanno tenuto la testa a posto e non hanno risposto con
la brutalita' che potrebbero usare, ne' hanno risposto al fuoco quando
bersagliati da colpi.
Quello che non posso accettare e' la giustificazione della violenza.
Qualcuno mi deve spiegare che "onore" e che "vendetta" sono presenti nel
fatto di trascinare una donna sconosciuta fuori dalla propria auto per i
capelli, e nel pestarla mentre si trova a terra e nel dare fuoco alla sua
automobile.
O che senso "rivoluzionario" ci sia nel prendere a bersaglio asili, ospedali
e macchine di operai.
O che identita' alternativa possa fondarsi sull'odio, finanche quando
quest'ultimo e' speculare a del disprezzo ricevuto.
Possibile che nessuno veda quanto questi sistemi siano funzionali a
cancellare il dialogo, quanto verranno usati come giustificazione per future
legislazioni repressive, per la criminalizzazione di interi gruppi? O per
massicci investimenti in strumenti di controllo sempre piu' letali? ("La
violenza accelera lo sviluppo economico", Engels).
*
Naturalmente mi si rispondera' che la mia argomentazione e' troppo
"semplice", e' troppo facile bollare come violenza distruttiva la violenza
distruttiva: dovrei saper leggere in essa i segni del crollo
dell'universalismo, del rifiuto della societa' occidentale, e magari anche
del fatto che quando le donne non stanno al loro posto i loro figli e
fratelli si arrabbiano e bruciano i quartieri. Figli e fratelli che
nell'usare violenza ripetono ciecamente cio' che i loro "padri simbolici"
(stato, polizie, eserciti) hanno sempre fatto, e in questa ripetizione senza
sbocco affermano di aver trovato la loro "identita'". Ovviamente i padri
sostengono o ripudiano a seconda di quanto da vicino i figli ne hanno
seguito le tracce.
Permettetemi di rivendicare la mia stupida semplicita': del dolore e della
morte inflitti ad un altro essere umano, sia esso un ragazzino delle
periferie, un pensionato, un gendarme, una donna al volante, io so solo dare
le denominazioni "sbagliato", "dannoso", "inutile". E non riesco a cambiare
giudizio a seconda che dall'altra parte, nel ruolo di chi infligge dolore e
morte, ci sia qualcuno che identifico come oppresso o come oppressore. La
ruota che vedo girare e' sempre e desolatamente la stessa.
Cercare di dirsi reciprocamente la verita': ecco la maggior forma di
rispetto che posso offrire a chiunque, compresi i casseurs francesi.
"Perche' essendo qui, e sapendo cio' che so, non posso scegliere altro che
di inventare un modo diverso di vivere. Non posso, pero', farlo da sola. Ed
e' qui che entri in campo tu" (Robin Morgan, Il demone amante, La Tartaruga,
Milano 1998, p. 205).

2. EDITORIALE. ENRICO PEYRETTI: TRE PENSIERI
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questo
intervento. Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di
questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno
di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha
fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il
foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel
Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian
Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro
Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo
comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione
col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento
Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora
a varie prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del
"non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto
il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la
guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei
Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; e' disponibile nella rete telematica la
sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia
storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente
edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il
principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha
curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte riproposta anche su
questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari suoi interventi sono
anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla pagina web
http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu' ampia
bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15
novembre 2003 di questo notiziario]

9 novembre 2005: oggi e' l'anniversario del Muro di Berlino. Non fu una
"caduta", come si continua a dire. Non fu per fatiscenza o terremoto, ma per
sollevazione popolare nonviolenta. La storia ufficiale continua a non
conoscere questa categoria di fatti storici. Si puo' vedere
http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti articolo n. 6. Non
conosco analisi migliore sulla fine del Muro di Berlino di quella fatta da
Giovanni Salio in Il potere della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, 1995.
Quel giorno stesso, eravamo in tanti ad un seminario con Norberto Bobbio,
nel Centro Studi Piero Godetti, di Torino. Arrivata la notizia, fu esultanza
generale. Ma Bobbio taceva, scuro in volto. Interrogato, rispose:
"Aspettate. Potrebbe essere la guerra". Vedeva giusto. Fu l'inizio della
nuova eta' delle guerre calde, dopo la fine della Guerra Fredda. Fu l'inizio
del "decennio perduto", come dira' Gorbaciov. Fu il tradimento della pace
possibile nel diritto internazionale delle Nazioni Unite, se fosse stato
rispettato. Fu l'emergere dei localismi violenti. Fu l'occasione colta dalla
volonta' di potenza per rilegittimare la guerra di potenza. Ricordo che
Bobbio, qualche anno prima, in un convegno, avvertiva: "L'equilibrio del
terrore bipolare e' pericoloso, ma un monopolarismo sarebbe peggiore".
*
Nel tempo delle idee deboli, io sono per le idee forti. Non l'ideologia
micidiale del privatismo antisociale, non il dogma violento
dell'antropologia competitiva, celebrato dalla imperiosa dottrina ufficiale
del pensiero unico. E' questa l'ideologia totale, che impera oggi, nel tempo
della presunta fine delle ideologie. Idee "forti" sono state i totalitarismi
del Novecento. Ma di quale forza? Non era forza la loro, ma violenza sulle
menti e sulla vita. La forza e' costruttiva, la violenza e' distruttiva. La
forza difende, la violenza offende. Senza questa distinzione, siamo confusi.
Una lettura riduttiva delle esperienze storiche del Novecento identifica la
forza delle idee con la violenza totalitaria, e cosi' contribuisce ad
occultare le grandi violenze ideologiche in atto oggi. La nonviolenza
positiva, attiva, gandhiana, e' un'idea forte, ed e' libera persuasione,
umile fede, consapevolezza della possibilita' di errore (il "fallibilismo"
gandhiano, i suoi "esperimenti con la verita'"), ricerca del dialogo
correttivo e arricchente, accettazione del conflitto e sua gestione non
offensiva ma costruttiva. Il "principio nonviolenza" (Jean-Marie Muller) e'
la sola idea e pratica storica che oggi puo' guidare l'umanita' a "uscire
dalla barbarie" (Giuliano Pontara), a salvarsi dalle presenti altissime
violenze ideologiche, economiche, militari a cui il debolismo nichilista fa
strada.
*
Le religioni sono piu' durature delle filosofie. Queste durano poco, sono
continuamente contestate, corrette, integrate, superate. Le religioni
mutano, si', e devono mutare, ma permangono, ciascuna nella sua visione
tipica dell'esistenza e del suo senso. Le filosofie pensano spesso di potere
stringere la realta' e la sua verita' in un discorso dimostrativo. Le
argomentazioni possono convincere, solo i valori persuadono. Nelle religioni
c'e' un maggiore deposito antico e nuovo di sapienza, proposto a chi puo' e
vuole comprendere, non per una evidenza cogente, ma per una adesione
simpatetica e vitale, piu' libera e profonda. Le religioni (parlo dello
spirito religioso, non delle organizzazioni) restano intuitive,
contemplative, hanno minori pretese, e cosi' si avvicinano con piu' profonda
intelligenza alla realta' e alla verita'. Le filosofie producono maestri, le
religioni testimoni. La gerarchia hegeliana tra religione e filosofia e', in
realta', da invertire. La tecnica, poi, pensiero e potere sommo del nostro
tempo, offre strumenti per la vita, ma non sa dire nulla sulla vita. Il suo
pregio e' facilitare l'azione. Il suo pericolo e' dare occasioni alla
volonta' di potenza, che e' il maggior nemico della vita e della sua
dignita'.

3. LIBRI. OTTAVIO RAIMONDO PRESENTA "DALLA VIOLENZA ALLA PIENEZZA"
[Ringraziamo padre Ottavio Raimondo, direttore della Emi - Editrice
Missionaria Italiana (per contatti: via di Corticella 181, 40128 Bologna,
tel. 051326027, fax 051327552, e-mail: sermis at emi.it, sito: www.emi.it) per
questo intervento. Ottavio Raimondo, missionario comboniano, e' direttore
della Emi, Editrice Missionaria Italiana, che ha pubblicato innumerevoli
utilissimi libri]

Il potere trasformante della nonviolenza attiva
"Dalla violenza alla pienezza" e' un percorso di studio in dieci tappe e un
programma d'azione che esplora la nonviolenza in quanto processo creativo,
potente ed efficace per affrontare e risolvere i conflitti nelle nostre vite
e nella vita del mondo. Basandosi sulle esperienze di Gesu', Gandhi, Martin
Luther King, Shelley Douglass e molti altri, questo programma offre alle
chiese, alle comunita' o ai gruppi un insieme di risorse per approfondire il
percorso dalla paura alla liberta', dalla disperazione alla speranza, dalla
violenza alla pienezza.
*
Affrontare la violenza
Che ci piaccia o no, la maggior parte di noi e' iscritta a qualche scuola di
violenza.
Le lezioni non si limitano a un orario particolare, a un momento speciale
della giornata. Nessuno ci chiede se le vogliamo frequentare. Non sono
richieste pagelle, ne' una buona media di voti. La violenza si insegna
ovunque, e' una scuola aperta a tutti. I nostri maestri sono i media, con il
loro flusso di immagini e messaggi violenti, e i valori della nostra
societa': il consumismo, l'individualismo cinico, il senso di superiorita'.
A volte riceviamo lezioni extra in famiglia o nell'ambiente di lavoro.
Partecipiamo a speciali seminari di studio quando il nostro paese entra in
guerra o quando la violenza dilaga nelle strade. Consapevolmente o no, siamo
continuamente istruiti nella logica e nella pratica della violenza
psicologica, verbale, fisica o strutturale.
Che cosa impariamo a questa scuola? Prima di tutto ci insegnano che il mondo
e' un posto pericoloso e che gli esseri umani sono violenti per natura.
Questo e' vero in particolare per i nostri nemici, che sono i piu' violenti,
al di la' di ogni possibilita' di redenzione o cambiamento. Messi di fronte
a questi crudi fatti, impariamo la seconda lezione: il solo modo di
affrontare la violenza e' adattarvisi, fuggirla o usare violenza a nostra
volta. La televisione, la famiglia, la politica del governo ci insegnano
questi metodi, che poi mettiamo in pratica nella vita reale. Di fronte ad
ogni conflitto ricorriamo a questi tre "copioni" scendendo a patti con la
violenza, fuggendola, o tirando un pugno fisico o verbale.
La grande illusione della violenza e' che risolvera' i nostri problemi una
volta per tutte. Purtroppo, spesso i conflitti non finiscono quando si usa
la violenza; generalmente continuano a covare sotto la cenere o ad
aumentare.
L'ultima e definitiva lezione della scuola della violenza e' che la violenza
si nutre di se stessa e non puo' finire; c'e' sempre un resto di
risentimento e d'ingiustizia. Qual e' la risposta della nostra societa' a
questa spirale di violenza? Piu' violenza. Da questo punto di vista, essere
umani significa diventare cronicamente sospettosi nei confronti di un mondo
popolato di reali o potenziali nemici, nel quale la rabbia repressa e il
male sono sempre in fermento.
Il mondo puo' essere pericoloso, e certamente affrontiamo conflitti per
tutta la vita. Ma siamo davvero condannati a un ciclo senza fine di
ritorsione e sopraffazione? Le risposte tradizionali alla violenza spesso
peggiorano le situazioni perche' non affrontano le cause profonde e perdono
di vista l'interezza delle parti in conflitto. Quelle risposte sono
fondamentalmente inaffidabili e inefficaci. E ci impediscono di vedere che
cos'e' realmente la violenza: un comportamento emotivo, verbale o fisico che
domina, sminuisce o distrugge noi stessi e gli altri.
La violenza oltrepassa i confini senza chiedere permesso. La violenza
sconvolge le relazioni autentiche. La violenza ci separa dagli altri.
Cancella la persona e profana l'immagine di Dio. E' un processo di
sottomissione economica, di genere, razziale, sociale o culturale. Per
diventare veramente umani e adorare fedelmente il Dio-Amore bisogna superare
questa violenza, trasformando gli schemi distruttivi in un sacro viaggio
dalla paura alla liberta', dalla disperazione alla speranza, dalla violenza
alla pienezza.
*
L'alternativa nonviolenta
Gesu', Gandhi, Dorothy Day, Martin Luther King e molti altri hanno affermato
con le loro vite un'alternativa al sistema della violenza. Hanno predicato e
praticato la nonviolenza attiva come metodo per risolvere i conflitti in
maniera veramente umana ed efficace, per diventare realmente umani e per
essere fedeli al Dio nonviolento.
Alla radice della violenza in noi stessi, negli altri, nella cultura, ci
sono le nostre ferite. La nonviolenza attiva le guarda in faccia. Cio'
significa individuare e, gradualmente, trasformare i nostri "copioni"
personali e sociali che ci legano al guinzaglio della violenza. Ma la
nonviolenza attiva scende ancora piu' in profondita': ci mette in contatto
con la sacralita' che si nasconde al di sotto delle nostre ferite. Questa
sacralita' e' la presenza di Dio che desidera la nostra pienezza. Li' vive
il nostro vero io, li' riceviamo in dono la vera ricchezza, la nostra
autenticita', la capacita' di compassione. E' questo il centro spirituale
dove diveniamo piu' coscienti, ritroviamo l'equilibrio e recuperiamo la
nostra umanita'.
Guardando in faccia le nostre ferite e riconoscendo la nostra sacralita', la
nonviolenza attiva ci prepara ad affrontare i conflitti nella nostra vita e
nella vita del mondo, in modo da saper vedere le ferite e la sacralita' di
coloro contro i quali lottiamo. Cosi' diventiamo capaci di:
- uscire dai nostri abituali copioni e lasciare che il nostro vero io sia
pienamente presente;
- interrompere creativamente il circolo violento della ritorsione;
- riconoscere e proteggere l'umanita' dei nostri avversari come la nostra;
- individuare e lottare in modo nonviolento per raggiungere un accordo che
rispetti entrambe le parti.
*
Dalla violenza alla pienezza: un manuale di nonviolenza attiva
"Dalla violenza alla pienezza" e' un percorso di studio in dieci tappe e un
programma d'azione che esplora la spiritualita' e la pratica della
nonviolenza attiva. Realizzato dal Centro francescano per la nonviolenza
"Pace e bene", questo programma offre un approfondimento teologico della
nonviolenza e un insieme di tecniche utilizzabili nella vita di tutti i
giorni. Chiese locali, assistenti religiosi di universita' americane,
congregazioni cattoliche maschili e femminili, e i gruppi di Pax Christi
degli Stati Uniti hanno utilizzato questo percorso.
Attraverso esposizioni di casi, riflessioni per piccoli gruppi, brani
biblici, letture, e la stesura di un diario della nonviolenza, i/le
partecipanti imparano a usare la nonviolenza attiva nella loro vita. Il
percorso mette in evidenza che:
- la nonviolenza e' un atto di fede nel Dio di amore e giustizia;
- gli esseri umani sono chiamati ad amare e ad essere amati;
- la realta' e' relazione: siamo chiamati a trasformare tutto cio' che
divide gli esseri umani da se stessi, dagli altri e dalla Terra;
- la nonviolenza attiva e' una maniera efficace di interrompere la spirale
ritorsiva della violenza e di creare alternative per un mondo piu' umano.
*
La struttura del percorso dalla violenza alla pienezza
Ci sono molti modi per iniziare il cammino spirituale della trasformazione
nonviolenta. Il programma "Dalla violenza alla pienezza" - dieci incontri di
due ore ciascuno - viene offerto come quadro di riferimento per esplorare la
spiritualita' e la pratica della nonviolenza attiva. Ciascun incontro
generalmente include:
- una preghiera o meditazione d'apertura (sono forniti esempi - voi potete
formulare una vostra preghiera o meditazione);
- riflessioni su questioni o esperienze personali che hanno suscitato la
nostra attenzione dopo l'incontro precedente;
- riflessioni per piccoli gruppi sulle nostre esperienze di vita;
- discussione dell'argomento dell'incontro e relative letture;
- un gioco di ruolo;
- riflessione sulla lettura principale (che si trova sempre alla fine
dell'incontro);
- condivisione di brani dai "diari della nonviolenza" dei/delle
partecipanti. Tenere un diario della nonviolenza e' un buon metodo per
riflettere sui temi, sui ricordi e sulle domande che emergono durante il
percorso. Si tratta di diari riservati, ma se le persone si sentono a loro
agio nel gruppo le si puo' incoraggiare a condividerne dei brani.
*
Note per il facilitatore/la facilitatrice
- Questo manuale fornisce al facilitatore/alla facilitatrice un programma
consigliato per ciascun incontro di due ore. Ogni "capitolo" si apre con uno
schema che presenta gli argomenti da trattare durante la riunione. Questa
"scaletta" suggerisce i tempi per sviluppare ciascun punto; ma spesso gli
argomenti suscitano molte discussioni e in tal caso vi invitiamo a
modificare lo schema. In generale abbiamo fornito piu' materiali di quanti
possano essere utilizzati in due ore. Cio' vi permette di scegliere tra
varie possibilita' per realizzare gli schemi degli incontri. Inoltre, alla
fine di quasi tutti i "capitoli" trovate dei materiali integrativi; potete
usarne alcuni al posto dello schema standard o utilizzarli in incontri
futuri se il gruppo desidera proseguire il percorso anche oltre la decima
tappa.
- Ciascun incontro include commenti, preghiere, esposizioni di casi e
istruzioni per i/le partecipanti. Sentitevi liberi/e di utilizzarli nella
forma in cui sono stampati o di riformularli con parole vostre;
- Il facilitatore/la facilitatrice deve leggere e ripassare i materiali
prima dell'incontro;
- Chiedete ai/alle partecipanti di prepararsi all'incontro successivo
leggendo tutti i relativi materiali: lo schema della sessione, i materiali
supplementari, le letture;
- In molti incontri vi serviranno cartelloni e pennarelli per scrivere le
idee che emergono dalle discussioni del gruppo;
- Questo libro e' concepito per permettere di condividere la facilitazione
degli incontri. Se lo ritenete opportuno, incoraggiate i/le partecipanti a
facilitare uno o piu' incontri;
- Vi invitiamo a utilizzare musica durante gli incontri;
- I/le partecipanti sono incoraggiati/e a guardare film e documentari sulla
nonviolenza tra un incontro e l'altro;
- Il gruppo che ha realizzato questo manuale e' disponibile a rispondere a
tutte le domande riguardo alla facilitazione del programma. Contattateci in
piena liberta'
*
Ringraziamenti
Nel 1993 Ken Butigan ha realizzato un progetto pilota per il percorso Dalla
violenza alla pienezza, scrivendo il programma originale. Nel 1994, Patricia
Bruno, Op, e' entrata a far parte del progetto. Insieme hanno elaborato la
forma e i contenuti delle parti del presente volume. Sulla base di questo
processo creativo e interattivo, Ken ha scritto il libro, mentre Patricia ha
contribuito alla sua redazione e revisione. Lei ha scelto anche quattro
letture. Inoltre, Patricia ha svolto un ruolo fondamentale nella creazione e
promozione di questo libro, partecipando alla direzione del progetto per tre
anni.
Questo programma si ispira direttamente al pensiero e all'opera dell'intera
comunita' del Centro francescano per la nonviolenza "Pace e bene", che
include Alain Richard, Ofm, Rosemary Linch, Osf, Louis Vitale, Ofm, Michele
Fischer, Sc, Mary Litell, Osf, Peter Ediger, Julia Occhiogrosso e Mary
Morton. Gran parte della struttura e dei contenuti del percorso e' emersa da
una serie di ritiri di sette giorni che "Pace e bene" organizza dal 1992.
Ringraziamo in particolare Cynthia Okayama Dopke e Christine Wilcox per aver
battuto a macchina il manoscritto.
Infine, desideriamo ringraziare le donne e gli uomini che in gran numero si
sono impegnate/i in tante iniziative di nonviolenza attiva. E' il loro
esempio di fede, di amore e di impegno appassionato a sostenere il nostro
esperimento in corso sulla via per diventare piu' profondamente umani.

4. DOCUMENTAZIONE. MASSIMO ORTALLI: LEGGERE L'ANARCHISMO (PARTE TERZA)
[Dal sito di "A. rivista anarchica" (www.arivista.org) riprendiamo questa
ampia bibliografia ragionata apparsa come inserto di "A. rivista anarchica",
anno XXXV, n. 311 (7/2005), ottobre 2005, ma disponibile anche in edizione a
stampa a se'.
"A. rivista anarchica" e' una delle migliori riviste mensili di politica e
cultura disponibili in Italia; esce regolarmente nove volte l'anno dal
febbraio 1971; non esce nei mesi di gennaio, agosto e settembre; e' in
vendita per abbonamento, in numerose librerie e presso centri sociali,
circoli anarchici, botteghe, ecc.. E' possibile richiederne una
copia/saggio. Per qualsiasi informazione, compresa la lista completa dei
vari materiali prodotti dalla rivista (dossier "Gli anarchici contro il
fascismo", letture di Bakunin, Kropotkin, Malatesta e Proudhon, volantoni
della serie anti-globalizzazione, poster di Malatesta 1921, i nostri
dossier, cd e dvd di/su Fabrizio De Andre', dossier su Franco Serantini,
lista di oltre cento cd, mc, ecc. della "Musica per 'A'", ecc.) contattare
la redazione per fax, e-mail o in segreteria telefonica. Una copia di "A"
costa 3 euro, l'abbonamento annuo 30 euro, quello estero 40 euro,
l'abbonamento sostenitore da 100 euro in su. Per contatti: Editrice A, cas.
post. 17120, I - 20170 Milano, tel. (+39) 022896627, fax (+39) 0228001271,
e-mail: arivista at tin.it, sito: www.arivista.org, conto corrente postale
12552204, conto corrente bancario n. 107397 presso Banca Popolare Etica,
filiale di Milano (abi 05018, cab. 01600). Per effettuare un bonifico, le
banche richiedono spesso le coordinate: quelle nazionali (BBAN) sono H 05018
01600 00000107397 e quelle internazionali (IBAN) sono IT10 H050 1801 6000
0000 0107 397.
Massimo Ortalli (per contatti: massimo.ortalli at acantho.it), storico,
saggista, studioso e militante del movimento libertario, e' impegnato
nell'Archivio storico della Federazione anarchica italiana di Imola]

Astensionismo e federalismo
Astensionismo e federalismo sono temi quanto mai cari agli anarchici, ma il
fatto che siano ormai profondamente sedimentati nel loro sentire spiega come
mai in questi anni la nostra editoria se ne sia curata poco.
Sull'astensionismo segnalo, di Massimo Varengo, Astensione. Arma
rivoluzionaria contro governo e parlamento (Livorno, Sempre Avanti, 1994).
L'autore, consapevole dell'importanza ricoperta dalla pratica astensionista,
affronta, con competenza "militante", aspetti e conseguenze del rifiuto
della delega, integrando il suo saggio con una ricca appendice documentaria.
Sul federalismo segnalo una sorta di piccolo manuale ad opera di Gigi Di
Lembo, Il federalismo libertario e anarchico in Italia dal Risorgimento alla
seconda guerra mondiale (Livorno, Sempre Avanti, 1994).
Per chi non avesse ancora chiara la differenza abissale che intercorre fra
il federalismo escludente di bassa lega e quello ugualitario e solidale
dell'anarchismo, figlio di Cattaneo e Pisacane, questa lettura si rende
davvero indispensabile. Restando in tema di federalismo e Lega Nord,
segnalo, di Maria Matteo, Marco Rossi e Cosimo Scarinzi, Le armi della Lega.
Razzismo, xenofobia e populismo in Val Padana (Livorno, Sempre Avanti,
1998). Uscito quasi un decennio fa, il testo conserva ancora la sua
attualita' per la chiarezza e l'efficacia con cui denuncia l'estremismo
razzista dei "padani", sostanziale puntello di quel potere statale che
questi beceri individui affermano, invece, di voler combattere.
*
Sindacalismo rivoluzionario
E veniamo ora al sindacalismo, al mondo del lavoro e alla necessita' di
costruire un'organizzazione orizzontale e non verticistica con i lavoratori
piu' coscienti. Il movimento anarchico ha sempre marciato a fianco degli
sfruttati, nella consapevolezza che l'eliminazione dello sfruttamento e'
premessa indispensabile e necessaria per realizzare una societa' liberata.
Ecco allora il significativo Il sindacalismo autogestionario. L'Usi dalle
origini ad oggi, di Gianfranco Careri (Roma, Unione Sindacale Italiana,
1991), che ricostruisce la storia dell'Unione Sindacale Italiana, il
sindacato anarchico autogestito che ha vissuto, soprattutto nel primo
dopoguerra, una stagione di grandi lotte, consensi e successi. L'autore, per
anni segretario generale di questo sindacato, ma anche militante di base,
offre una rara testimonianza specifica su una delle organizzazioni piu'
interessanti del panorama libertario. Di Maurizio Antonioli, il piu'
competente storico dei movimenti sindacali, va ricordato Azione diretta e
organizzazione operaia. Sindacalismo rivoluzionario e anarchismo tra la fine
dell'Ottocento e il fascismo (Manduria, Lacaita, 1990), dove si affrontano
gli intensi e continui rapporti intercorsi fra avanguardie sindacali e
movimento anarchico, a smentita del vieto luogo comune sull'individualismo e
sul presunto disinteresse degli anarchici per la lotta di classe e
sindacale.
Le edizioni Zero in Condotta hanno poi pubblicato i vecchi ma sempre
interessanti articoli che Alibrando Giovannetti scriveva sul giornale
americano "Il Proletario" negli anni Venti. Il sindacalismo rivoluzionario
in Italia. L'azione diretta, le lotte e le conquiste proletarie (Milano,
2004) offre la puntigliosa ricostruzione degli avvenimenti legati alla
"rivoluzione mancata" del primo dopoguerra, consentendo una riflessione
quanto mai attuale sulle strategie di lotta dei movimenti sindacali e
rivoluzionari.
*
Una scelta ecologista
Anche nel campo ecologista e dello sviluppo urbano sostenibile, non mancano
interessanti contributi, stimolati soprattutto dalla linea editoriale scelta
da Eleuthera.
Attenta a queste tematiche, l'editrice ha creato una vera e propria collana
saggistica, con caratteristiche di alta qualita' scientifica e di facile
fruibilita', anche per i non addetti ai lavori. Innanzitutto va segnalata la
seconda edizione di uno dei "testi sacri" di Murray Bookchin, Democrazia
diretta. Idee per un municipalismo libertario (Milano, Eleuthera, 2000),
ispiratore di quel concetto di cittadinanza, intesa come "partecipazione
attiva e diretta dei cittadini alla politica", che ha stimolato la
riflessione e l'azione del movimento anarchico in questi ultimi anni.
Di Franco Buncuga sono le Conversazioni con Giancarlo De Carlo. Architettura
e liberta' (Milano, Eleuthera, 2000), la penetrante testimonianza lasciataci
dal grande urbanista da poco scomparso, attento intellettuale libertario
vicino al movimento nel secondo dopoguerra, che ha sempre improntato il suo
lavoro alla realizzazione di progetti di forte impegno sociale.
Colin Ward, in Acqua e comunita'. Crisi idrica e responsabilita' sociale
(Milano, Eleuthera, 2003), affronta uno fra i problemi piu' drammatici del
prossimo futuro, quello della conclamata scarsita' delle risorse idriche.
Drammatico per le politiche di rapina e di sconsiderato sfruttamento
praticate ovunque dai poteri che condizionano i destini del mondo, il
problema potrebbe trovare risposte razionali e praticabili nelle semplici
soluzioni prospettate dallo studioso anglosassone.
Sempre a testimonianza dell'attenzione con la quale Eleuthera segue queste
tematiche, e' stato pubblicato, nel 2003, La citta' imprevista. Il dissenso
nell'uso dello spazio urbano, di Paolo Cottino, un giovane esperto di
pianificazione del territorio, che contribuisce, con questo tassello,
all'illustrazione di un'ipotesi di migliore vivibilita' quotidiana non
utopistica ma realizzabile e supportata da esempi concreti. Della stessa
casa editrice, Progettare per abitare (Milano, 2003), di Adriano Paolella,
al quale si deve inoltre Abitare i luoghi (Pisa, Bfs, 2004).
*
Pedagogia libertaria
"Lasciate che i bambini vengano a me" disse chi era consapevole del valore
dell'educazione nella formazione delle coscienze degli adulti. Anche per
bilanciare e contrastare gli strumenti educativi autoritari e coercitivi del
potere, gli anarchici hanno posto particolare attenzione al problema
educativo, cercando strade che portassero alla formazione di coscienze
libere e consapevoli.
Della grande ricchezza e varieta' delle esperienze pedagogiche promosse
dagli anarchici, e dell'importanza che e' sempre stata attribuita
all'insegnamento, inteso come formazione libera e libertaria del fanciullo,
tratta Francesco Codello nel suo recente La buona educazione. Esperienze
libertarie e teorie anarchiche in Europa da Godwin a Neill (Milano, Angeli,
2005): un ricco e documentato studio sulle esperienze educative che hanno
visto all'opera pensatori e maestri libertari e che mostra i tentativi, a
volte falliti ma sempre generosi e intelligenti, di sottrarre l'educazione
dei giovani alla chiesa e allo stato.
Dell'esperienza forse piu' famosa, anche per la drammatica sorte del suo
promotore, tratta Giuliana Iurlano in Da Barcellona a Stelton. Ferrer e il
Movimento delle Scuole Moderne in Spagna e negli Stati Uniti (Milano, M&B,
2000), un importante studio su Francisco Ferrer, sulla formulazione della
sua teoria e della sua pratica pedagogica, profondamente innovativa rispetto
ai tempi e caratterizzata da fortissime tensioni razionaliste e libertarie.
Talmente libertarie da causare la morte per fucilazione del suo
protagonista - fortemente voluta dai preti - nella Spagna del 1911.
Di un altro grande pedagogista libertario scrive Sabrina Pulvirenti in Paul
Robin (Catania, Coop. Univ. Editrice Catanese di Magistero, 1999), un testo
interessante non solo perche' ricostruisce l'esistenza di un personaggio
centrale nell'esperienza pedagogica libertaria, ma anche perche' e' l'unico
pubblicato in Italia su questo personaggio vissuto a cavallo fra Ottocento e
Novecento, molto noto e apprezzato in Francia.
Eleuthera ha ricordato Lamberto Borghi, il piu' grande pedagogista italiano,
pubblicando nel 2000 La citta' e la scuola, un'antologia di testi
fondamentali usciti sulla rivista "Scuola e citta'" dai primi anni '50 fino
agli anni '90, curata da Goffredo Fofi, a cui si deve anche la prefazione.
Va poi segnalato, di Rino Ermini, Per una pedagogia libertaria (Livorno,
Sempre Avanti, 1998), un breve studio sulla possibilita' di dare un senso
libertario e di trasformazione radicale all'insegnamento, una proposta e
un'ipotesi indirizzate al sensibile e attento mondo degli insegnanti e un
invito a infondere contenuti rivoluzionari anche dietro l'apparenza della
normalita'.
Infine, di Filippo Trasatti, Lessico minimo di pedagogia libertaria (Milano,
Eleuthera, 2004), nel quale l'autore offre una prospettiva di lettura delle
idee-forza dell'educazione libertaria per come si sono espresse negli anni.
Passando dalla teoria alla pratica, va segnalato Gli anarchici di Clivio e
la Scuola moderna razionalista, a cura di Amerigo Sassi (Varese, Macchione,
1998), testo che ripercorre, anche con l'aiuto di numerose fotografie, la
storia di una delle piu' originali esperienze pedagogiche messe in atto agli
inizi del Novecento dagli anarchici: in questo caso, significativamente, nel
bianco Varesotto.
*
Per una critica radicale
Veniamo, ora, alla critica radicale della societa' e alla prospettiva di una
trasformazione profonda, in grado di coniugare le tensioni utopistiche del
pensiero libertario con prospettive oggettivamente praticabili. Curata da
Salvo Vaccaro nel 1999, Eleuthera propone Il pianeta unico. Processi di
globalizzazione, una raccolta di testi sul processo di globalizzazione
apparentemente inarrestabile, rispetto al quale, pero', gli autori
contrappongono l'idea che questo sia ancora in divenire e che, pertanto, sia
possibile creare spazi alternativi e liberati. Sempre in contrapposizione
all'idea che "questo" progresso sia ineluttabile, interviene piu' volte John
Zerzan, sia con Ammazzare il tempo, sia con Futuro primitivo (Torino,
Nautilus, 1995 e 2001). Si tratta di due testi esemplari di questo originale
teorico del primitivismo, molto seguito negli Usa, che prospetta una
societa' "altra", nella quale sia abolito lo scambio a favore del dono e del
gioco, dove sia possibile emanciparsi dalla tecnocrazia, e dove la
liberazione dallo sfruttamento coincida con l'esaltazione della creativita'
degli individui. Sotto lo pseudonimo di Odoteo e Crisso, e' stato pubblicato
Barbari. L'insorgenza disordinata (Pont St. Martin, NN, 2002). Gli autori,
critici delle argomentazioni pseudo-rivoluzionarie oggi a' la page e attenti
alle loro implicazioni, propongono questo efficace e irriverente
ribaltamento libertario dell'ultimo best seller di Toni Negri, Impero,
rilevando la sottile ambiguita' del teorico della "moltitudine" e
l'altrettanto sottile esaltazione del capitalismo e del suo ruolo.
Per finire citiamo, di David Goodway, Conversazioni con Colin Ward. Lo
sguardo anarchico (Milano, Eleuthera, 2003), una sorta di libro-intervista
nel quale l'autore, docente di storia sociale all'universita' di Leeds,
evidenzia nell'anarchismo anglosassone di Colin Ward, insegnante,
pubblicista e filosofo, la peculiare espressione dell'anarchismo pragmatico
di un osservatore attento a cogliere "il seme dell'anarchia reale" nelle
cose che vengono fatte e nel modo in cui vengono fatte.
*
Sebben che siamo donne
Termino questo excursus sulle tematiche dell'anarchismo segnalando i testi
usciti in quest'ultimo decennio, dedicati ad approfondire la conoscenza del
ruolo femminile nel movimento libertario, sia come presenza militante sia
come apporto di idee.
Due sono le biografie al femminile uscite in questi anni. La prima e' di
Emma Goldman, Vivendo la mia vita, di cui Zero in condotta ha pubblicato,
nel 1993, il quarto e ultimo volume (dopo i tre usciti per La Salamandra
negli anni Settanta). Da questa straordinaria autobiografia dell'anarchica
russo-americana di origine ebraica esce un quadro suggestivo, non solo delle
vicende dell'autrice, ma anche degli avvenimenti piu' importanti della prima
meta' del Novecento dei quali "red Emma" fu protagonista. Rudolf Rocker e'
autore di Zensl Elfinger Muehsam. Una libertaria in lotta contro i
totalitarismi (Ragusa, La Fiaccola, 2002), in cui narra la drammatica
parabola di vita di questa limpida militante libertaria, compagna di Erich
Muehsam ucciso in un lager nazista, e lei stessa drammaticamente passata per
i gulag sovietici, a dimostrazione di quanto sia stata irriducibile l'etica
anarchica rispetto ai totalitarismi che insanguinarono il secolo passato.
Spartaco ha poi pubblicato, di Mary Wollstonecraft, Tempo di rivoluzioni.
Sui diritti degli uomini e delle donne (Santa Maria Capua Vetere, 2004), con
una bella introduzione della Goldman sul pensiero di questa antesignana del
femminismo, moglie di William Godwin e vissuta ai tempi della Rivoluzione
francese.
Di tutt'altro tenore, ma sempre legato alle tematiche femminili, e' il testo
di Chiara Gazzola e Laura Siddi, Il desiderio, il controllo e l'eresia.
Approcci critici alla bioetica (Ragusa, La Fiaccola, 2003). Scritto a
quattro mani, ma frutto di un ricco dibattito tutto fra donne, svoltosi al
XVIII meeting anticlericale, il saggio offre un'inedita e interessante
possibilita' di confronto con quanto il pensiero anarchico puo' dire su
problemi quali la bioetica, la fecondazione assistita e la sperimentazione
dei farmaci su donne e bambini.
*
Al cinema
Se, come visto, non sono poche le opere relative agli aspetti politici e
militanti dell'anarchismo, altrettante sono quelle che fanno riferimento
alle frequenti e felici "contaminazioni" con il mondo della cultura. E non
c'e' alcun ambito artistico che non registri lavori interessanti e
innovativi.
Iniziando dal cinema, da segnalare sono soprattutto i lavori di Pino
Bertelli, critico anticonformista dal forte afflato libertario. Luis Bunuel
il fascino discreto dell'anarchia (Pisa, BFS, 1996) traccia un profilo della
vita e dell'opera di questo grande regista spagnolo, tanto surrealista sul
piano dell'estetica quanto sovversivo su quello dell'impegno politico;
Cinema e anarchia. Nell'eta' della falsificazione e del conformismo sociale
(1992-1998) (Ragusa, La Fiaccola, 1998) raccoglie una serie di scritti e
recensioni apparsi su varie testate; e infine Glauber Rocha. Cinema in
utopia. Dall'estetica della fame all'estetica della liberta' (Ragusa, La
Fiaccola, 2002) e' un interessante lavoro sul regista brasiliano e sulla
grande tradizione "innovativa" del Cinema Novo del paese sudamericano. Da
citare, infine, Il cinema libera la testa. Elogio della ribellione nella
macchina/cinema, di Fratel Luther Blissett (Ragusa, La Fiaccola, 2004).
Arricchito dalla prefazione di Guy Debord e dall'introduzione di Raoul
Vaneigem, e' un trattato sulla ribellione libertaria nella storia del
cinema, con particolare attenzione alle opere di Vigo, Bunuel, Rocha,
Truffaut e Pasolini.
*
Arti figurative
Nel campo delle arti figurative, ricordo lo studio di Eva Civolani, La
sovversione estetica. Arte e pensiero libertario tra Ottocento e Novecento
(Milano, Eleuthera, 2000), dove sono messi in luce i numerosi e felici
momenti di contatto tra le correnti artistiche piu' sovversive, dal dadaismo
al simbolismo, dal futurismo al surrealismo, e la "forma piu' estrema di
sovversione sociale", l'anarchismo.
Curato sempre da Eva Civolani e da Antonietta Gabellini e' Mio caro Lucien.
Lettere al figlio su arte e anarchia di Camille Pissarro (Milano, Eleuthera,
1998), che raccoglie la copiosa corrispondenza intercorsa fra il grande
pittore impressionista e il figlio, ricca di riferimenti non solo ai
problemi legati all'estetica pittorica, ma anche ai grandi temi politici e
sociali a cui partecipo' Pissarro, come dimostra la collaborazione a
numerose pubblicazioni libertarie e la splendida raccolta di disegni
Turpitudes sociales.
Ricco di spunti e' Baj Bakunin, Ascona. Atti del convegno 1996 (Lugano, La
Baronata, 2000), testo che raccoglie gli atti di un convegno interessante e
per tutti i gusti, che si tenne in Svizzera in occasione dell'inaugurazione
dello "smonumento" a Bakunin, e si svolse nel solco della migliore
tradizione patafisica di cui il pittore milanese era maestro. Ancora di Baj
e Paul Virilio, Discorso sull'orrore dell'arte (Milano, Eleuthera, 2002),
stimolante confronto e dialogo fra l'artista e l'urbanista francese, che
vede i due interrogarsi reciprocamente sulla percezione dell'arte e dei
luoghi che la ospitano e la espongono.
Nel 2000, per le edizioni del Centro Internazionale della Grafica di
Venezia, e' apparso un curioso opuscolo di Alberto Ciampi, Forma e forme. I
colori dell'anarchia nelle pubblicazioni periodiche, dove l'autore,
indagando sulle forme artistiche coniugate all'anarchia, analizza l'uso del
colore, e i suoi significati non detti, nelle pubblicazioni anarchiche.
Per finire con le arti figurative in senso lato, veniamo a un testo piu'
propriamente militante, quello curato da Massimiliano Giorgi, Gli anarchici
non archiviano (Carrara, Germinal, 2002). Si tratta del catalogo dei
manifesti conservati presso il Circolo culturale anarchico di Carrara, molti
dei quali stampati dalla Cooperativa Tipolitografica ed esposti nella mostra
tenutasi nella citta' del marmo. Una cavalcata sorprendente e stimolante
lungo trent'anni di comunicazione "gridata" dai muri italiani, che consente
di cogliere con immediatezza i modi e i settori d'intervento degli
anarchici.
*
A teatro
In campo teatrale, cominciamo con Dal cabaret alle barricate (Milano,
Eleuthera, 1999), un'antologia dei feroci testi satirici di Erich Muehsam,
il geniale intellettuale ebreo tedesco impegnato nella lotta contro il
totalitarismo nazista, torturato e ucciso in uno dei primi campi di
concentramento tedeschi nei quali Hitler rinchiuse i suoi oppositori
politici. Un testo sorprendente e coinvolgente, capace di attrarre il
lettore per il suo irriverente anticonformismo.
Venendo ai nostri giorni, ricordo, di Cristina Valenti, Intervista con
Judith Malina. L'arte, l'anarchia, il Living Theatre (Milano, Eleuthera,
1995), la lunga e intensa conversazione fra la studiosa di teatro e una
delle massime icone del teatro rivoluzionario del Novecento. Attraverso il
dialogo fra le due donne, appassionato e ricco di momenti emozionanti, si
ricompone la storia di una delle piu' importanti avventure artistiche e
intellettuali del Novecento, quella del Living Theatre, sempre a cavallo fra
la provocazione artistica e il forte impegno sociale e nonviolento.
Non su, ma di Judith Malina, Love and politics (Roma, Stampa Alternativa,
1998), un Millelire curato da Cristina Valenti che raccoglie alcune delle
piu' belle poesie della fondatrice, con Julian Beck, del mitico Living
Theatre, tenacemente ispirate al progetto di costruzione della Bella
Rivoluzione Anarchica Nonviolenta. Sul Living Theatre, da segnalare Quattro
spettacoli del Living Theatre (Lecce, Manni, 2000), un testo bilingue che
raccoglie gli ultimi lavori del regista e drammaturgo Hanon Reznikov, tra
cui Il metodo zero e Anarchia.
Si parla ancora di Living Theatre, ma anche di Gori, Brecht e Peter Brook,
in Maschera e rivoluzione. Visioni di un teatro di ricerca, a cura di
Fernando Mastropasqua (Pisa, Bfs, 1999), testo che ospita i saggi di vari
studiosi interessati alle numerose esperienze "rivoluzionarie" espresse in
campo teatrale.
*
Musica e canti
Dal teatro alla musica, quella popolare e militante delle canzoni di lotta,
e quella dei colti e sofisticati cantautori dalla impronta libertaria.
Iniziamo con Il canto anarchico in Italia nell'Ottocento e nel Novecento di
Santo Catanuto e Franco Schirone (Milano, Zero in condotta, 2001), frutto
della tenace e lunga ricerca condotta dai due compagni della Federazione
anarchica milanese, che vede raccolti, per la prima volta e in modo
pressoche' completo, tutti i testi e quasi tutte le partiture delle canzoni,
delle strofe, dei brani musicali della tradizione anarchica e libertaria,
dalle origini ottocentesche fino a oggi. Ogni pezzo e' opportunamente
accompagnato da un apparato documentario, mentre l'introduzione illustra
metodi e finalita' della ricerca.
Praticamente in sedicesimo, rispetto al precedente, e' il Nuovo canzoniere
dei ribelli di Donato Landini (Livorno, Sempre avanti, 1996), un'antologia
ragionata, anche dal punto di vista musicale, di alcuni dei testi piu'
famosi della tradizione libertaria.
Nel cuore della bestia. Storie personali nel mondo della musica bastarda
(Milano, Zero in condotta, 1996) e' opera di un artista, Stefano Giaccone, e
di un conoscitore della "musica bastarda" senza uguali, Marco Pandin, ai
quali si deve un'intelligente raccolta dei materiali prodotti dal variegato
e affollatissimo universo delle autoproduzioni, sempre vicino, per tematiche
e comportamenti, a quello libertario.
Dicevamo dei cantanti autori dalla spiccata sensibilita' libertaria. Su
Fabrizio De Andre' segnalo, in questa bibliografia, solo De Andre' e Napoli.
Storia d'amore e d'anarchia di Federico Vacalebre (Milano, Sperling &
Kupfer, 2002) e Gli occhi della memoria di Romano Giuffrida (Milano,
Eleuthera, 2002) perche', fra i tanti titoli usciti dopo la sua morte,
evidenziano piu' di altri l'impronta fortemente libera e libertaria
dell'ispirazione artistica del cantautore.
Di Mauro Macario sono i saggi dedicati a Leo Ferre', l'arte della rivolta
(Milano, Selene, 2003), un piacevole testo in cui si colgono l'amore e
l'ammirazione per il grande poeta e chansonnier anarchico che ha composto
alcune delle nostre canzoni-poesie piu' belle di questi decenni, e Il
cantore dell'immaginario (Milano, Eleuthera 2000), che vede raccolte alcune
delle sue opere piu' significative.
(Parte terza - Segue)

5. LETTURE. GUSTAVO ZAGREBELSKY: IMPARARE LA DEMOCRAZIA
Gustavo Zagrebelsky, Imparare la democrazia, Gruppo editoriale L'Espresso,
suppl. a "La Repubblica", Roma 2005, pp. 224, euro 6,90. Con una
introduzione di Eugenio Scalfari e una vastissima appendice (con estratti da
opere di Aristofane, Gennaro Carillo, Erodoto, Cicerone, Charles-Louis de
Montesquieu, Norberto Bobbio, Alexis de Tocqueville, Hannah Arendt, George
Orwell, Bertolt Brecht oltre che dell'autore), un acuto, magistrale saggio
dell'illustre giurista.

6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

7. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1111 dell'11 novembre 2005

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