La nonviolenza e' in cammino. 1074



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1074 del 5 ottobre 2005

Sommario di questo numero:
1. Donne in nero di Udine: Diciamo si' al referendum brasiliano
2. Francesco Martone: Si'
3. Amedeo Tosi: Si'
4. Fulvio Vassallo Paleologo: Si'
5. Luca Salvi: Si', un mondo senza armi
6. Cindy Sheehan: La domanda
7. Eleonora Cirant intervista Carol Gilligan
8. Luce Irigaray: Alla ricerca di un'altra etica
9. Il 7 ottobre a Ferrara
10. Comincia il 7 ottobre il seminario di Diotima "L'ombra della madre"
11. Sandro Mezzadra: Profughe. L'ultimo volume di "Genesis"
12. La "Carta" del Movimento Nonviolento
13. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. DONNE IN NERO DI UDINE: DICIAMO SI' AL REFERENDUM BRASILIANO
[Ringraziamo le Donne in nero di Udine (per contatti: m.mariolina at libero.it)
per questo intervento. Le "donne in nero" sono una rete internazionale di
donne impegnate per la pace e la nonviolenza, costituiscono da anni una
delle esperienze piu' originali e innovative di impegno contro ogni guerra
ed oppressione]

Diciamo si' al referendum brasiliano del 23 ottobre.
E' un inizio e una speranza.
Un ostacolo posto tra la violenza pensata e agita.
Un contributo forte alla strada difficile e necessaria della nonviolenza.

2. 23 OTTOBRE. FRANCESCO MARTONE: SI'
[Ringraziamo Francesco Martone (per contatti: f.martone at senato.it) per
questo intervento. Francesco Martone, senatore della Repubblica, e' membro
della terza Commissione permanente (affari esteri, emigrazione), segretario
della Commissione straordinaria per i diritti umani, membro del Comitato per
le questioni degli italiani all'estero; laureato in diritto internazionale,
da molti anni impegnato nel mondo non-governativo ed ambientalista, dal 1988
al 1995 ha lavorato per Greenpeace International; membro della delegazione
del governo italiano alla Conferenza di Rio 1992, imbarcato varie volte
sulle navi di Greenpeace, nel Mediterraneo ed in Siberia; ha collaborato con
la Campagna Nord-Sud, Sopravvivenza dei Popoli, Biosfera, Debito, ed e'
socio fondatore di una associazione ambientalista internazionale che lavora
sulle foreste tropicali; per tre anni presidente di Greenpeace Italia, ha
fondato nel 1995 e coordinato per sei anni la Campagna per la riforma della
Banca mondiale; e' stato membro del comitato scientifico della Campagna
"Sdebitarsi", e promotore della rete di Lilliput; e' membro del consiglio
editoriale di "Aprile" e della giunta direttiva di "MegaChip"]

Il 23 ottobre in Brasile tutti i cittadini e le cittadine dovranno
presentarsi alle urne per rispondere si' o no ad una domanda: "il commercio
di armi da fuoco e munizioni deve essere proibito in Brasile?".
Per una cultura di pace e di dialogo "Il 23 ottobre diciamo si' alla vita.
Votiamo epr disarmo!"; e' uno slogan che facciamo nostro.
Nel 2004 in Brasile 38.000 persone sono state uccise da armi da fuoco: una
persona ogni 15 minuti. Il controllo sul possesso delle armi e' il primo
passo per ridurre i crimini violenti, ci sono quindi 38.000 motivi per
votare si'.
La posta in gioco e' enorme: se vincessero i si' potrebbe partire dal
Brasile una spinta al disarmo per tutta l'America Latina ed un esempio per
tutti noi.
*
Le soluzioni concrete esistono, e sono da tempo alla portata dei governi e
della comunita' internazionale. "Control Arms", la campagna di mobilitazione
internazionale per il controllo del commercio di armi, lanciata in Italia
dalla Rete italiana per il disarmo e da Amnesty International, vuole
ottenere la promulgazione di un Trattato Internazionale che regolamenti il
commercio delle armi leggere.
Un'iniziativa sta partendo anche in Senato: insieme a sindacati e
associazioni stiamo preparando una proposta di legge "Iniziative a favore
della riconversione dell'industria bellica in attivita' produttive o di
servizio per uso civile" per iniziare un cammino concreto verso la
costruzione di un futuro di pace.

3. 23 OTTOBRE. AMEDEO TOSI: SI'
[Ringraziamo Amedeo Tosi (per contatti: redazione at grillonews.it) per questo
intervento. Amedeo Tosi, amico della nonviolenza, giornalista pubblicista
veronese, e' direttore del sito www.grillonews.it e dell'omonima newsletter
che promuove la partecipazione dei lettori agli eventi sociali, culturali e
per la pace organizzati, in particolare, nelle province di Verona e Vicenza]

Ho letto, ho visto e ho sbirciato tra le pieghe di un referendum promosso in
un paese lontano, ma vicino - negli intenti e nei contenuti - al sentire e
all'agire di tutte quelle persone che ovunque testimoniano che "la pace e'
nelle nostre mani".
Ho letto che il 23 ottobre i cittadini brasiliani avranno l'opportunita' di
dire se vogliono che nel loro paese il commercio delle armi da fuoco e delle
munizioni venga proibito.
Ho visto chi sono i promotori di questa iniziativa referendaria
(l'associazionismo democratico, imprenditori, sindacati, chiese, movimenti,
personalita' della cultura, dello sport e dello spettacolo, operatori
sociali e sanitari, docenti universitari...), ai quali mi unisco cosi' come
si sono gia' unite migliaia di persone di ogni angolo del pianeta a sostegno
di una Campagna, quella brasiliana per il disarmo, che sarebbe bello vedere
adottata, con la stessa tenacia e carica profetica, ovunque nel mondo,
perche' emana il profumo della proposta di buon senso, per la vita, per la
giustizia, per la nonviolenza, per una cultura nuova.
Ed ho sbirciato anche tra i messaggi propagandistici degli accaniti
oppositori del referendum, tra i quali spiccano quelli dei "pistoleri"
dell'"Associazione nazionale dei proprietari e commercianti di armi",
divulgati con forza in questi giorni per scongiurare l'affermazione di quel
"si'" che per loro significherebbe, questo e' certo, meno profitti per la
catena dei "supermarket armati".
Insomma a finire sotto tiro, stavolta - e per la prima volta - non sono
intere popolazioni inermi o le vittime di quella "(in)giustizia fai-da-te"
che molto dolore ha seminato sulla rossa terra brasiliana, ma tutte le
attivita' eticamente ingiustificabili, da Far West, delle lobbies legate
alla  produzione e al commercio delle armi, al dettaglio o all'ingrosso,
fatturate e vendute a chiunque, compresi i pazzi piu' furiosi del manicomio
internazionale.
Dall'esito della consultazione popolare brasiliana puo' scaturire uno
straordinario e luminoso esempio in grado di tracciare nuovi percorsi di
impegno e di speranza in altre nazioni; rinfrancare quanti sono impegnati a
sanare le piaghe provocate dalla violenza armata; ammonire coloro che
perseguono o giustificano politiche incentrate sull'uso opprimente dei
muscoli e delle armi; ridimensionare la potenza economica dei molteplici
'mercanti di morte' della filiera armata: produttori, commercianti,
mediatori, finanziatori.
Disarmare le nazioni per spezzare la catena culturale che rende "normale e
giustificato" l'uso di tali strumenti di morte e' un percorso fatto di molti
piccoli passi, tutti importanti perche' tesi verso una pacificazione dei
rapporti umani, verso un diverso modo di cercare strategie per la soluzione
dei problemi di giustizia sociale e squilibrio economico. In Brasile oggi,
in Europa e altrove domani.
Si', perche' "la pace e' nelle nostre mani". Anch'io sostengo e promuovo il
si'.

4. 23 OTTOBRE. FULVIO VASSALLO PALEOLOGO: SI'
[Ringraziamo Fulvio Vassallo Paleologo (per contatti: fulvassa at tin.it) per
questo intervento. Fulvio Vassallo Paleologo, docente all'Universita' di
Palermo, membro dell'Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione
(Asgi), impegnato altresi' nell'Ics, Consorzio italiano di solidarieta', e'
uno degli intellettuali piu' lucidamente impegnati nel contrastare il
razzismo e nel difendere i diritti umani, la democrazia e la legalita'
costituzionale nel nostro paese]

Il traffico di armi e la liberalizzazione totale di questo mercato
costituiscono una delle ragioni che alimentano i conflitti in numerosi paesi
dai quali sono costretti a fuggire profughi richiedenti asilo. La
disponibilita' di armi nel mercato globale rende possibile la costituzione
di veri e propri eserciti privati che strumentalizzano la diffrenza etnica o
religiosa per accaparrarsi le risorse, in accordo spesso con i grandi gruppi
economici mondiali, e mantenere le popolazioni in condizioni di miseria e
terrore.
Sono queste le cose che raccontano migliaia di richiedenti asilo quando
giungono in Europa, e bloccando il commercio di armi diamo voce anche a
loro, che di quel commercio sono le prime vittime. Vittime nel loro paese,
ma anche vittime quando giungono in Europa e vengono trattati come
"clandestini", quindi potenziali criminali o terroristi.
Piuttosto che misure illusorie di contrasto che hanno come solo risultato
l'aumento delle vittime - dalle coste del Marocco, alla Sicilia, alle isole
greche e turche, ormai il Mediterraneo e' un mare insanguinato -, occorre
bloccare l'armamento, oltre che degli eserciti, delle bande criminali che
costringono alla fuga milioni di persone dai loro villaggi, dalle loro case,
verso un destino ignoto e spesso ancora piu' tragico per gli sbarramenti
posti in essere dalla "fortezza Europa" e dai paesi di transito che
speculano sulla pelle dei migranti.

5. 23 OTTOBRE. LUCA SALVI: SI', UN MONDO SENZA ARMI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del primo ottobre 2005. Luca Salvi (per
contatti: lucasalvi at msw.it) fa parte del gruppo di iniziativa territoriale
della Banca Etica a Verona; e' impegnato in molte iniziative per la pace, la
giustizia, i diritti umani]

Il 23 ottobre prossimo i cittadini brasiliani saranno chiamati a decidere
tramite un referendum se vietare la vendita di armi da fuoco ai civili. Si
tratta di un evento importantissimo in quanto e' la prima volta al mondo che
un tema quale il possesso delle armi diventa oggetto di una consultazione
popolare. Il Brasile e' il paese al mondo con il piu' alto numero di morti
per armi da fuoco. Ogni anno nello stato sudamericano si registrano circa
39.000 morti per ferite da armi da fuoco, ovvero muore una persona ogni
quindici minuti. Il referendum rappresenta la tappa finale di una grande
campagna per il disarmo promossa da Lula, cui i mass-media non hanno dato
finora il giusto rilievo: il governo brasiliano infatti, dopo una lunga e
efficace campagna di coinvolgimento della popolazione, ha acquistato e
ritirato dalla circolazione oltre 400.000 armi da fuoco con una
significativa riduzione delle morti violente nell'ultimo anno.
Il referendum rappresenta un evento storico: un si' a questo referendum
sarebbe un'importantissima pietra miliare, non solo per il popolo
brasiliano, ma a livello globale nella lotta a un mercato di armi privo di
controllo. A pochi mesi dalla conferenza Onu sul commercio delle armi, la
vittoria del si' sarebbe un segnale forte del bisogno dei cittadini di poter
vivere in strade, scuole, spazi pubblici ripuliti dal pericolo delle armi.
Come vorrei che anche su questo referendum anche in Italia come gia' in
Brasile... ci si pronunciasse e mobilitasse, perche' ne va della vita di
milioni di persone in tutto il mondo. Per questo invito tutte le persone di
buona volonta' a diffondere questa notizia e ad esprimere sostegno a coloro
che in Brasile sono impegnati a far vincere il si' alla vita, a un mondo
senz'armi, alla gestione nonviolenta dei conflitti, alla pace fra tutti gli
esseri umani.
Per sostenere la campagna per il si' al referendum brasiliano, si puo'
contattare Francesco Comina in Italia (f.comina at ladige.it) e padre Ermanno
Allegri in Brasile (www.adital.org.br).

6. TESTIMONIANZE. CINDY SHEEHAN: LA DOMANDA
[Dal quotidiano "Liberazione" del 29 settembre 2005. Cindy Sheehan ha perso
il figlio Casey in Iraq; per tutto il mese di agosto e' stata accampata a
Crawford, fuori dal ranch in cui George Bush stava trascorrendo le vacanze,
con l'intenzione di parlargli per chiedergli conto della morte di suo
figlio]

Sono stata arrestata davanti alla Casa Bianca.
Marciavamo da Lafayette Park verso i cancelli della Casa Bianca. Io, mia
sorella, alcuni rappresentanti di "Gold Star Families for Peace" e alcuni
membri dell'associazione "Military Families" (famigliari dei militari).
Chiedevamo di poter incontrare il presidente. Volevamo fargli una semplice
domanda: "Presidente, quale e' la nobile causa per cui e' stato uciso mio
figlio?". La nostra richiesta e' stata respinta. Non hanno neanche
consegnato agli uffici della Casa Bianca le lettere e le fotografie dei
nostri ragazzi morti in guerra.
Noi ora sappiamo perche' George Bush non vuole incontrare i parenti dei
soldati che lui ha fattomorire. Prima di tutto perche' non sopporta le
persone che la pensano in modo diverso da lui. Poi perche' lui sa che non
potrebbe dare nessuna risposta alla nostra domanda: non esiste alcuna Nobile
Causa per l'invasione e l'occupazione dell'Iraq.
*
Dopo che ci hanno rifiutato l'incontro, ci siamo seduti, rifiutandoci di
muoverci sino a quando George Bush non fosse venuto fuori a parlare con noi.
E' stato un momento piacevole mentre ci intrattenevamo cantando vecchie
canzoni religiose e di protesta. Ho appeso una fotografia di Casey - mio
figlio morto in Iraq - ad uno dei cancelli, e a quanto mi dicono anche
questo e' contrario alla legge.
Dopo che ci hanno intimato per tre volte di alzarci e di scendere dal
marciapiede, ci hanno arrestato.
Trovo molto curioso che la persona che risiede nella nostra Casa Bianca
abbia giurato di difendere e proteggere la Costituzione degli Stati Uniti
d'America. La persona che oggi e' presidente alla Casa Bianca non ha alcuna
conoscenza della Costituzione. Ha invaso e continua ad occupare paesi
sovrani senza che ci sia stata da parte del Congresso alcuna dichiarazione
di guerra. Ha violato numerosi trattati per poter invadere l'Iraq. Per non
parlare delle torture che vengono praticate nelle prigioni militari in
questi giorni. Tutte queste sono violazioni della Costituzione. Il Patriot
Act, come tutte le norme che ci vietano di riunirci pacificamente, sono
serie violazioni del Bill of Rights.
*
Essere arrestati non e' un grande evento. La nostra protesta era per
qualcosa di molto piu' serio che "stare seduti sui marciapiedi": la tragica
e inutile morte di decine di migliaia di iracheni e di americani (sia in
Iraq che qui in America) i quali sarebbero vivi se non fosse per i criminali
che risiedono e lavorano oggi alla Casa Bianca...
La multa per aver "manifestato senza permesso" e' di 75 dollari. Sono certa
che non la paghero'. Dovro' acomparire in tribunale il 16 novembre. C'e
nessun avvocato la' fuori che voglia aiutarmi a sfidare una legge
incostituzionale?

7. RIFLESSIONE. ELEONORA CIRANT INTERVISTA CAROL GILLIGAN
[Dal quotidiano "Liberazione" del 27 settembre 2005.
Eleonora Cirant e' impegnata nella Libera universita' delle donne di Milano,
nell'Unione femminile nazionale, ed in altre rilevanti esperienze dei
movimenti femministi di cui e' anche acuta studiosa.
Carol Gilligan, docente di psicologia alla New York University, e' una delle
piu' influenti pensatrici femministe contemporanee. Tra le opere di Carol
Gilligan: Con voce di donna, 1982, tr. it. Feltrinelli, Milano 1987; La
nascita del piacere, 2002, tr. it. Einaudi, Torino 2003. Opere su Carol
Gilligan: Bianca Beccalli, Chiara Martucci (a cura di), Con voci diverse. Un
confronto sul pensiero di Carol Gilligan, La Tartaruga, Milano 2005]

Da piu' di trent'anni Carol Gilligan ascolta la voce delle donne, parole
chiare sulla filigrana di silenzi e censure. Giovane ricercatrice di
psicologia, si accorse che gli studi sullo sviluppo del soggetto morale
erano condotti solo su soggetti maschili. Scombino' i parametri, ascoltando
le voci di donne che avevano abortito. Segui' la traccia, indago' piu' a
fondo, esploro' infanzia e adolescenza nel momento di passaggio
dell'"iniziazione al genere", quando cioe' i maschi imparano a fare "i
maschi" e le femmine "le femmine", interiorizzando i modelli di
comportamento del patriarcato.
"Poiche' pone alcuni uomini sopra ad altri uomini e subordina le donne, il
patriarcato e' un ordine di dominio. Ma dividendo alcuni uomini da altri, e
tutti gli uomini dalle donne, dividendo i padri dalle madri e le figlie dai
figli, il patriarcato crea una spaccatura nella psiche, dividendo ciascuno
da una parte di se stesso", scrive Gilligan in un volume che contiene, tra
gli altri interventi, una sorta di autobiografia politica (Con voci diverse,
a cura di Bianca Beccalli e Chiara Martucci, La Tartaruga, Milano 2005).
*
- Eleonora Cirant: Se ci guardiamo intorno il paesaggio e' desolante. Da un
lato, l'insistenza della gerachia della Chiesa affinche' le donne si
identifichino nel ruolo "naturale" di madre/moglie dedita alla cura.
Dall'altro, i messaggi delle fiction che raggiungono l'immaginario di piu'
donne che qualsiasi documento politico, come le sensuali protagoniste di
"Sex and the city", rigorosamente single, metodiche nel separare il sesso
dall'amore. Pare che noi donne ci troviamo schiacciate in una falsa
alternativa tra modelli di femminilita' dicotomici. Cosa ne pensa?
- Carol Gilligan: In entrambi questi modelli non c'e' nessun cambiamento
rispetto al paradigma dominante. Dividere l'individuo dalla famiglia, il
sesso dall'amore, fa parte del vecchio schema che produce individui scissi.
Negli Stati Uniti c'e' la stessa pressione per il ritorno ai valori della
famiglia tradizionale. I conservatori dimenticano che proprio in famiglia le
donne subiscono maggiore violenza. L'incidenza dell'incesto tra le mura
domestiche e' molto alta. Di fronte a due modelli dicotomici, alcune donne
scelgono di fare quello che gli uomini generalmente fanno, pochi uomini
scelgono quel che fanno ora le donne. Non c'e' liberta' in questo, perche' i
modelli rimangono inalterati. Le donne sono "libere" di dividere il sesso
dall'amore, ma, ancora oggi, il problema e' parlare d'amore. Le mie
studentesse riescono a parlare di sesso ma non di amore perche' hanno
difficolta' a pensare alla possibilita' di avere un relazione, specialmente
con un uomo, se non rinunciando ad essere se stesse. La liberazione vera
consiste nell'affermazione di un nuovo paradigma sia per le donne che per
gli uomini. Abbiamo realizzato tanti cambiamenti rispetto al modello della
famiglia e al ruolo della donna ed ora la reazione e' molto forte. Si tende
a tornare ai modelli tradizionali proprio perche' sono sfidati.
*
- Eleonora Cirant: E nel rapporto d'amore tra donne?
- Carol Gilligan: La cosa e' piu' complicata, ma interessante da analizzare.
Il fatto e' che anche i rapporti tra donne sono all'interno della societa' e
del paradigma patriarcale. E' tabu' parlare della violenza all'interno delle
coppie lesbiche. E' una realta' taciuta, come se fra donne non potesse
esserci violenza.
*
- Eleonora Cirant: Le donne che fanno politica nei partiti, anche quelli di
sinistra, denunciano le relazioni gerarchiche. Ma la necessita' di far
sentire la propria voce e di incidere nelle scelte politiche e' logorante e
induce molte donne a tenersi fuori dai partiti. Qual e' l'alternativa? Cosa
ne pensa di un partito delle donne?
- Carol Gilligan: Nei partiti, nelle universita', nel mondo del lavoro...
logorante e' la parola esatta. Chi non si identifica nel vecchio paradigma
lo trova stupido e si chiede: perche' devo adeguarmi? La questione del
partito delle donne e' cruciale. Negli Stati Uniti se ne parla molto. Piu'
di cinquecento donne da tutto il mondo si sono riunite in un recente
convegno ponendosi la domanda: e' arrivato il momento di porci il problema
del potere. Come? Le donne presenti, consapevoli di tutte le diversita'
(etniche, sessuali, ecc.) partivano dal presupposto che il vecchio paradigma
e' stupido e inefficace. Si e' parlato della possibilita' di fondare un
partito delle donne, aperto a donne e uomini che rifiutano il vecchio
paradigma. Il punto e' come avere legittimita', data la persistenza di
vecchi pregiudizi: le donne non sono capaci, sono emotive, non fanno le cose
seriamente... Dal punto di vista psicologico, il problema e' autorizzarsi a
pensare che si puo' esercitare il potere in un modo diverso da come e'
sempre stato fatto. E' difficile il passaggio politico ad un partito delle
donne senza un numero sufficiente di individui che attuano dentro di se'
questo cambiamento. Le alternative sono ridicolizzate e private di
legittimita'.
*
- Eleonora Cirant: Quali sono i canali per favorire questo passaggio?
- Carol Gilligan: La trasformazione deve partire dall'interno, non puo'
essere qualcosa che viene dall'esterno. Studi psicologici e neurologici
hanno dimostrato l'esistenza della capacita' umana di comprensione, ascolto
e interconnessione. Bambini e bambine sentono chiaramente cosa stia
accadendo intorno a loro, se c'e' amore o violenza. L'educazione ha un ruolo
fondamentale perche' interviene dicendo: questa non e' violenza, e' amore;
la guerra non e' violenza ma e' utile... eccetera. Cosi' si impara a
soffocare la propria capacita' di ascolto e comprensione, e si e' educati a
mentire. Spesso le donne guardano alla fiction come strumento per avere la
verita', in realta' cercano un canale per confermare che quello che provano
e' reale. Educazione e cultura popolare sono canali importanti e andrebbero
utilizzati per favorire cio' che e' gia' dentro di noi, donne e uomini,
quanto a capacita' di relazionarci.
*
- Eleonora Cirant: Lei ha scritto che le donne sono portatrici di un'etica
della cura. In che modo questo approccio ci e' utile nel parlare delle
tecnologie riproduttive? Le donne che le utilizzano sono spesso accusate di
egoismo.
- Carol Gilligan: La relazione non puo' essere oblativa, cioe' non puo'
escluderti, tu stessa ne sei compresa. Essere senza se stesse significa non
poter essere in relazione. Io critico quando l'etica della cura viene
ricondotta a modelli di femminilita' oblativa. Nella femminilita' e nella
mascolinita' patriarcali, l'uomo e' concentrato su di se' e perde di vista
la relazione con gli altri, la donna viceversa e' concentrata sugli altri e
perde di vista se stessa. In entrambi i casi, l'uno e l'altra perdono la
capacita' di essere in relazione. Le tecnologie riproduttive permettono alla
donne azioni prima impossibili per motivi economici o biologici, come avere
figli dopo i 40 anni oppure utilizzando lo sperma senza avere relazione con
un uomo. Gli uomini hanno sempre fatto queste cose. Ora che anche le donne
hanno questa possibilita', le accusano di essere egoiste.

8. RIFLESSIONE. LUCE IRIGARAY: ALLA RICERCA DI UN'ALTRA ETICA
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it)
riprendiamo il seguente articolo apparso sul quotidiano "La Repubblica" del
16 settembre 2005. Luce Irigaray, nata in Belgio, direttrice di ricerca al
Cnrs a Parigi, e' tra le piu' influenti pensatrici degli ultimi decenni.
Opere di Luce Irigaray: Speculum. L'altra donna, Feltrinelli, Milano 1975;
Questo sesso che non e' un sesso, Feltrinelli, Milano 1978;  Amante marina.
Friedrich Nietzsche, Feltrinelli, Milano 1981; Passioni elementari,
Feltrinelli, Milano 1983; Etica della differenza sessuale, Feltrinelli,
Milano 1985; Sessi e genealogie, La Tartaruga, Milano 1987; Il tempo della
differenza, Editori Riuniti, Roma 1989; Parlare non e' mai neutro, Editori
Riuniti, Roma 1991; Io, tu, noi, Bollati Boringhieri, Torino 1992; Amo a te,
Bollati Boringhieri, Torino 1993; Essere due, Bollati Boringhieri, Torino
1994; La democrazia comincia a due, Bollati Boringhieri, Torino 1994;
L'oblio dell'aria, Bollati Boringhieri, Torino 1996]

In questo momento sto rileggendo il capitolo della Fenomenologia dello
spirito in cui Hegel tratta della famiglia. E sono sorpresa dal numero di
parole o preoccupazioni attorno a me che toccano, da un lato o dall'altro,
l'argomento. Talvolta e' difficile sottrarmi alla domanda se cio' accada per
caso o per qualche fenomeno telepatico. A meno che una razionalita' piu'
alta sia qui all'opera: quella della storia. Per oggi, mi fermero' a questa
ipotesi ma, forse, per togliere alla storia il potere che Hegel le affidava
in quanto dipendente da una certa concezione della famiglia.
Non c'e' dubbio che un certo tipo di famiglia era necessario allo
svolgimento della storia come lo pensava Hegel. Ma questo modello storico e'
ormai in crisi, prima di tutto a livello della cellula di base della
comunita', ma non solo. Ora attraverso il fallimento dell'organizzazione
familiare tradizionale e' la stessa storia che e' chiamata in causa come
luogo di sviluppo dell'umanita'. E le diverse strategie parziali usate per
tentare di ristabilire l'ordine familiare non sono piu' in grado di
restaurare l'unita' della famiglia. Penso, per esempio, all'accento posto
oggi sulla procreazione, sulla necessita' di un ambito familiare
rassicurante, o su un necessario ritorno a una moralita' piu' rigorosa. Ma
nessun naturalismo, affettivita' semplice o moralismo puo' ristabilire
l'unita' familiare com'era. E le famiglie allargate, le diverse famiglie
politiche o religiose, non possono nemmeno sostituire questa cellula
familiare dove la legge umana e la legge divina erano allo stesso tempo
divise fra l'uomo e la donna e riunite tramite il culto dei morti, come
scriveva Hegel. Questo momento della storia e' dietro di noi.
E non c'e' da rimpiangerlo. Ne' da pensare che con questo l'umanita' stia
svanendo. Una tappa del suo divenire e', speriamo, finita; un capitolo della
storia patriarcale sta, me lo auguro, scomparendo, quali che siano le
regressioni o i sussulti che osserviamo. In tale epoca, la famiglia non era
fondata su un legame di desiderio e di amore reciproci ma corrispondeva a un
tutto poco differenziato unificato attraverso la procreazione, la genealogia
o filiazione, l'autorita' paterna e il possesso di beni. In simile unita'
familiare, la persona alienava la sua singolarita' a beneficio di una
naturalita' non coltivata sottoposta al potere dello Stato e alla
trasmissione e acquisizione di un patrimonio, materiale e culturale. Solo il
pater familias godeva di diritti civili in quanto faceva da ponte fra la
famiglia e lo Stato. La donna e i figli rimanevano in qualche modo degli
schiavi perche' sprovvisti di diritti civili propri. L'origine della parola
"famiglia" d'altronde e' il termine latino famulus che significa: servitore,
servo.
*
Di una simile concezione della famiglia molti non ne vogliono piu' sapere.
Per prime le donne, che rifiutano di essere ridotte a una semplice terra
riproduttrice, che rivendicano il diritto alla parola, al desiderio, alla
liberta', all'anima si potrebbe dire. Le donne che vogliono co-creare con
l'uomo attraverso una condivisione di corpo e di parola e non solo
accogliere passivamente il seme corporale o spirituale dell'uomo. I figli,
poi, che criticano l'autorita' dei genitori, le regole e norme patriarcali e
che, tutt'al piu', accettano i genitori come amici e confidenti.
Si puo' parlare anche dell'evoluzione del rapporto con il patrimonio e dei
legami sociali, che chiama in causa il ruolo del denaro ma anche del
famulus, in un senso attuale del capitalismo, come sostegno dell'unita'
familiare. E pure del multiculturalismo che sfida la famiglia come luogo di
alleanza tra proprieta', nomi, culture, diritti gia' complici, che disturba
un'intimita' costruita fra medesimi a partire da abitudini e costumi
ereditati da antenati.
Si puo' capire che la famiglia occidentale ormai esploda. Una volta di piu'
non vale la pena di lamentarsi per questo, ma non possiamo fermarci a subire
le conseguenze di questa esplosione e frammentazione: i conflitti fra uomini
e donne e fra legge civile e religiosa, il peso paralizzante di una storia
che non si muove piu', le prerogative dei morti rispetto ai vivi spesso
senza che un culto sia loro reso, salvo che attraverso la vendetta, la
disperazione dei figli in cerca di aiuto nella droga, nel viaggio senza
fine, nel godimento senza felicita'. Si tratta di superare un'epoca della
storia di cui la famiglia tradizionale era il nucleo e il sostegno per
proseguire il divenire dell'umanita'.
Non possiamo regredire alla naturalita' dell'istinto riscattato dalla
procreazione. Dobbiamo sviluppare un'altra relazione con il desiderio, una
coltivazione della carne come possibilita' di amarci senza sottomissione
dell'uno all'altro. C'e' da stupirsi che la religione dell'incarnazione, che
ha dominato lo sviluppo della nostra tradizione, non si sia preoccupata di
una cultura della carne tranne che nell'arte. La famiglia, se la chiamiamo
ancora cosi', potrebbe rappresentare un luogo e un tempo dedicati alla
coltivazione e alla condivisione della carne, di cui la procreazione sarebbe
il frutto ma non il riscatto, l'alibi e perfino l'ostacolo. Un altro errore
della famiglia tradizionale e' di avere privilegiato la genealogia a scapito
del genere, cioe' di avere usato la parola greca genos solo per esprimere la
generazione.
*
Nei nostri tempi, la "famiglia" potrebbe anche essere un luogo di
apprendimento della convivenza multiculturale piuttosto che di integrazione
dello straniero nella nostra Storia passata.
A parer mio, la famiglia come era non e' da restaurare, nemmeno da
perpetuare attraverso i suoi diversi surrogati. La famiglia e' da rifondare
non come luogo di sopravvivenza o di riproduzione ma come luogo dove una
storia ancora viva si muove verso un compimento piu' umano e divino grazie
al lavoro del desiderio e dell'amore di quelli che tentano di condividere
corpi e anime per la creazione di una nuova umanita'.

9. INCONTRI. IL 7 OTTOBRE A FERRARA
[Da Elena Buccoliero (per contatti: e.buccoliero at comune.fe.it) riceviamo e
diffondiamo.
Elena Buccoliero (Ferrara 1970) collabora ad "Azione nonviolenta" e fa parte
del comitato di coordinamento del Movimento Nonviolento; lavora per Promeco,
un ufficio del Comune e dell'azienda Usl di Ferrara dove si occupa di
adolescenti con particolare attenzione al bullismo e al consumo di sostanze,
e con iniziative rivolte sia ai ragazzi, sia agli adulti; a Ferrara, insieme
ad altri amici, anima la Scuola della nonviolenza. E' autrice di diverse
pubblicazioni, tra cui il recente (con Marco Maggi), Bullismo, bullismi,
Franco Angeli, Milano 2005. Un piu' ampio profilo biobibliografico di Elena
Buccoliero e' nel n. 836 di questo notiziario.
Riccardo Dello Sbarba, nato a Volterra (Pisa) nel 1954, residente a Bolzano
dal 1988, docente di ruolo, giornalista professionista. Giornalista al
"Manifesto" e a "Pace e guerra", ha lavorato anche dal 1988 al 1992 al
quotidiano "Alto Adige", dal 1993 al 2001 nel settimanale "ff"; dal 2001 al
2003 e' direttore editoriale del quotidiano "Il mattino"; e' tuttora
editorialista per l'"Adige" di Trento. Membro del consiglio di
amministrazione della Fondazione Langer, ha curato il volume: Alexander
Langer, Scritti sul Sudtirolo - Aufsaetze zu Suedtirol. Gia' amministratore
su nomina della Regione Toscana del Parco Naturale di S. Rossore, Migliarino
e Massaciuccoli (1986-1988); e' attualmente consigliere provinciale di
Bolzano.
Alexander Langer e' nato a Sterzing (Vipiteno, Bz) nel 1946, e si e' tolto
la vita nella campagna fiorentina nel 1995. Promotore di infinite iniziative
per la pace, la convivenza, i diritti, l'ambiente. Per una sommaria
descrizione della vita cosi' intensa e delle scelte cosi' generose di Langer
rimandiamo ad una sua presentazione autobiografica che e' stata pubblicata
col titolo Minima personalia sulla rivista "Belfagor" nel 1986 (poi ripresa
in La scelta della convivenza). Opere di Alexander Langer: Vie di pace.
Rapporto dall'Europa, Arcobaleno, Bolzano 1992; dopo la sua scomparsa sono
state pubblicate alcune belle raccolte di interventi: La scelta della
convivenza, Edizioni e/o, Roma 1995; Il viaggiatore leggero. Scritti
1961-1995, Sellerio, Palermo 1996; Scritti sul Sudtirolo, Alpha&Beta,
Bolzano 1996; Die Mehrheit der Minderheiten, Wagenbach, Berlin 1996; Piu'
lenti, piu' dolci, piu' profondi, suppl. a "Notizie Verdi", Roma 1998; The
Importance of Mediators, Bridge Builders, Wall Vaulters and Frontier
Crossers, Fondazione Alexander Langer Stiftung - Una Citta', Bolzano-Forli'
2005; Fare la pace. Scritti su "Azione nonviolenta" 1984-1995, Cierre -
Movimento Nonviolento, Verona, 2005; Lettere dall'Italia, Editoriale Diario,
Milano 2005. Opere su Alexander Langer: Roberto Dall'Olio, Entro il limite.
La resistenza mite di Alex Langer, La meridiana, Molfetta 2000; AA. VV., Una
vita piu' semplice. Biografia e parole di Alexander Langer, Terre di mezzo -
Altreconomia, Milano 2005. Si sta ancora procedendo alla raccolta di tutti
gli scritti e gli interventi (Langer non fu scrittore da tavolino, ma
generoso suscitatore di iniziative e quindi la grandissima parte dei suoi
interventi e' assai variamente dispersa). Si vedano comunque almeno i
fascicoli monografici di "Azione nonviolenta" di luglio-agosto 1996, e di
giugno 2005; l'opuscolo di presentazione de La Fondazione Alexander Langer -
Stiftung, suppl. a "Una citta'", Forli' (per richieste: tel. 054321422; fax
054330421, e-mail: unacitta at unacitta.it, sito: www.unacitta.it), ed il nuovo
fascicolo edito dalla Fondazione nel maggio 2000; una nuova edizione ancora
e' del 2004 (per richieste: tel. e fax 00390471977691, e-mail:
info at alexanderlanger.org, sito: www.alexanderlanger.org); la Casa per la
nonviolenza di Verona ha pubblicato un cd-rom su Alex Langer (per
informazioni: tel. 0458009803; fax 0458009212; e-mail:
azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org). Indirizzi utili:
Fondazione Alexander Langer Stiftung, via Portici 49 Lauben, 39100
Bolzano-Bozen, tel. e fax 00390471977691; e-mail: info at alexanderlanger.org,
sito: www.alexanderlanger.org]

Il Movimento Nonviolento, Legambiente, il Gruppo Ferrara Terzo Mondo, Pax
Christi, Commercio alternativo, con il patrocinio del Comune di Ferrara
(Progetto Ferrara citta' per la pace) promuovono il ciclo di incontri
"Scuola della nonviolenza", anno scolastico 2005-2006.
Venerdi' 7 ottobre 2005, incontro con Riccardo Dello Sbarba, esperto di
mediazione culturale, sul tema " Un decalogo necessario verso la convivenza
interetnica".
*
La convivenza interetnica e' certamente una sfida per il nostro tempo, anche
nella piccola Ferrara che conosce da alcuni anni un incremento nella
presenza di persone di diversi paesi. Un maestro indiscusso nella
riflessione sulla diversita' culturale e' stato certamente Alexander Langer,
ed e' proprio a questo aspetto della sua opera che e' dedicato l'incontro
proposto dalla Scuola della nonviolenza, venerdi' 7 ottobre alle ore 21
presso il Centro di documentazione a lui intitolato.
La serata rientra nel ciclo di appuntamenti sulla figura di Alexander Langer
"Con tutto il carico di radicalita' e speranza", introdotto nella serata di
venerdi' 30 settembre con la visione di un documentario a tema.
Venerdi' 7 ottobre, in questo primo appuntamento, sara' ospite a Ferrara
Riccardo Dello Sbarba, insegnante, giornalista, esperto di mediazione
culturale, ambientalista e diretto collaboratore di Alexander Langer. Dello
Sbarba ha curato la pubblicazione di un'importante opera bilingue:
"Alexander Langer, Scritti sul Sudtirolo - Aufsaetze zu Suedtirol", e per la
sua competenza, alla quale unisce l'impegno nel Consiglio provinciale di
Bolzano e nel Consiglio Regionale del Trentino-Alto Adige, e' sembrato
particolarmente adatto a proporre il tema della serata.
L'incontro si propone di riprendere ed attualizzare il "Decalogo necessario
verso la convivenza interetnica" scritto da Langer con grande acutezza ed
intelligenza. All'argomento, che non ha perso di attualita', l'autore ha
infatti dedicato grande attenzione e scritti penetranti.
La Scuola della nonviolenza di Ferrara e' promossa congiuntamente da
Movimento Nonviolento, Pax Christi, Legambiente, Gruppo Ferrara Terzo Mondo
e Commercio alternativo.
L'incontro e' aperto a tutti gli interessati e si terra', come l'intero
ciclo, presso la sede del Centro di documentazione "Alexander Langer", in
viale Cavour 142, alle ore 21.

10. INCONTRI. COMINCIA IL 7 OTTOBRE IL SEMINARIO DI DIOTIMA "L'OMBRA DELLA
MADRE"
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it)
riprendiamo e  diffondiamo. La comunita' filosofica femminile di "Diotima"
e' una delle piu' rilevanti esperienze di pensiero degli ultimi decenni]

Il nuovo "grande seminario" di Diotima, sul tema "L'ombra della madre", si
terra' a partire da venerdi' 7 ottobre, dalle ore 17 alle 19, con il
seguente calendario:
- 7 ottobre, ore 17, Chiara Zamboni: Ne' una ne' due: l'enigma di un eccesso
nello spazio pubblico.
-14 ottobre, ore 17, Diana Sartori: Dove passa la linea d'ombra.
- 21 ottobre, ore 17, Maria Luisa Boccia: L'ombra e l'eclissi. Riflessioni
sulla fecondazione assistita dopo il referendum.
- 28 ottobre, ore 17,20 Luisa Muraro: L'ordine simbolico della madre.
Ripensamenti.
- 4 novembre, ore 17, Anna Maria Piussi: Non fare ombra alla madre.
- 11 novembre, ore 17, Cristina Faccincani: Paradossi del materno.
- 18 novembre, ore 17, Delfina Lusiardi: Demetra e il figlio della Regina.
- 25 novembre, ore 17, Wanda Tommasi: In gioco.
Gli incontri saranno in aula T8, alla facolta' di Lettere e Lingue
dell'universita' di Verona, via S. Francesco 22.
Si noti che l'unico cambiamento riguarda l'orario e l'aula della lezione di
Luisa Muraro che verra' tenuta in aula T3, sempre alla facolta' di Lettere e
lingue, alle 17,20, Polo Zanotto.
*
Il percorso del grande seminario di quest'anno ha radice nella riflessione
di Diotima sul negativo. In particolare nel testo di Diana Sartori, che
riflette su cosa significhi il negativo in rapporto alla madre.
Ci siamo dette iniziando: ci sono molti conflitti tra donne, che non trovano
conciliazione ne' una possibilita' di significazione politica. Almeno per
ora. Cerchiamo di lavorare su questo lato oscuro dei rapporti tra donne, per
vedere di coglierne il senso. Essi hanno forse a che fare con quella
dimensione enigmatica del rapporto con la madre, che non ha possibilita' di
trovare una mediazione? Quella che rimane come inerte rispetto al simbolico,
eppure viva e inquietante? Inquietante proprio nel senso che mette
movimento. Inquietante, anche nel senso che mette paura. Alle donne in modo
diverso che per gli uomini.
La paura per le donne deriva dalla angoscia della ritorsione della madre
dentro di noi, del suo giudizio, della sua potenza nel nostro intimo.
Una strategia involontaria per darsi delle difese nei confronti di questa
paura puo' essere l'idealizzazione dell'altra donna: metterla sul
piedistallo dell'ammirazione; non entrare in rapporto con la paura che essa
ci provoca e la parte di odio che la stessa ammirazione cova
sotterraneamente. Un'altra strategia puo' essere quella di appoggiarci alle
regole maschili dell'agire pubblico.
Per gli uomini l'angoscia e' di altro genere. Puo' essere che il loro dare
regole cosi' fitte agli spazi pubblici rappresenti un modo per difendersi da
questa angoscia nei confronti della madre onnipotente dentro di loro. Ma
spetta agli uomini dare una risposta a questo interrogativo.
E' vero che in genere si dice che gli uomini riconoscano facilmente la
madre, ma ad un livello molto solido di formazione del simbolico e dell'io.
Ma sopra, sotto questo livello?
Il procedere che ci ha guidato nell'affrontare questo impensato dell'ombra
della madre e' stato quello di non arrivare velocemente a discorsi
adoperabili immediatamente, ad una nuova sintesi, ma starci vicino,
accompagnarlo per vedere cosa avviene di esso dentro e fuori di noi. Nel
mondo e nella nostra esperienza.
In particolare il seminario vuole indagare quali siano gli effetti possibili
di questo accompagnare l'enigma della madre vivendolo creativamente nello
spazio pubblico. Non si tratta di dare altre regole o di creare un nuovo
ethos, bensi' di schiudere la realta' ad un nuovo sguardo politico. Si apre
allora lo spazio pubblico alla sua verita' in quel momento preciso in cui si
e', senza averlo preordinato in soluzioni pensate precedentemente.
Nella prospettiva di questo seminario il dibattito sul referendum sulla
procreazione assistita che si e' svolto in giugno e' risultato uno scacco.
L'occasione di mostrare l'enigma del materno in tutta la sua dirompenza
personale e politica non e' stato colta dalle donne. Il dibattito sul
referendum ha portato ad un addomesticamento della potenza materna. C'e'
stata la cancellazione della voce della madre nella scrittura del diritto e
da parte delle donne un ammutolire.
Tale dibattito fa inevitabilmente da sfondo alla proposta del seminario di
quest'anno.
Si puo' leggere, per seguire questo filo, Diana Sartori, La tentazione del
bene, in Aa. Vv., Diotima. La magica forza del negativo (Liguori); Luce
Irigaray, Quando le nostre labbra si parlano, in Questo sesso che non e' un
sesso, (Feltrinelli); Luce Irigaray, Il corpo a corpo con la madre, in Sessi
e genealogie, (La Tartaruga); Maria Luisa Boccia e Grazia Zuffa, L'eclissi
della madre. Fecondazione artificiale, tecniche, fantasie e norme,
(Pratiche); Barbara Duden, Il corpo della donna come luogo pubblico,
(Bollati Boringhieri); Luisa Muraro, L'ordine simbolico della madre,
(Editori Riuniti).

11. RIVISTE. SANDRO MEZZADRA: PROFUGHE. L'ULTIMO VOLUME DI "GENESIS"
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 2 ottobre 2005. Sandro Mezzadra insegna
storia del pensiero politico contemporaneo e studi coloniali e postcoloniali
al'Universita' di Bologna, e' membro della redazione di "Filosofia politica"
e di "Scienza & Politica"; i suoi principali argomenti di ricerca sono la
storia delle scienze dello Stato e del diritto in Germania tra Otto e
Novecento, la storia del marxismo, la teoria critica della politica:
globalizzazione, cittadinanza, movimenti migratori, studi postcoloniali.
Pubblicazioni principali: von Treitschke, La liberta', Torino 1997 (cura e
introduzione); La costituzione del sociale. Il pensiero politico e giuridico
di Hugo Preuss, Bologna 1999; Diritto di fuga. Migrazioni, cittadinanza,
globalizzazione, Verona 2001; Marx, Antologia di scritti politici, Roma 2002
(cura e introduzione, con Maurizio Ricciardi); Marshall, Cittadinanza e
classe sociale, Roma-Bari 2002 (cura e introduzione)]

Grandi intellettuali novecenteschi, da Hannah Arendt a Edward Said, hanno
intravisto nel profugo la figura emblematica del proprio tempo.
Non si puo' dire che il legislatore italiano abbia prestato molta attenzione
a queste riflessioni, se e' vero che nel nostro paese ancora manca
un'organica legge sull'asilo, pur prevista esplicitamente dalla
Costituzione. Anche gli studiosi, del resto, hanno teso fino a pochi anni fa
a considerare il tema tutto sommato marginale, rivolgendovi un'attenzione
frammentaria.
Nulla di paragonabile, in Italia, a quel fermento di ricerche
antropologiche, storiche, politologiche, sociologiche e giuridiche che nel
mondo anglosassone ha condotto al consolidamento anche accademico di un
ambito interdisciplinare ormai noto come refugee studies. Sullo sfondo delle
molte crisi che si sono determinate negli ultimi anni attorno ai movimenti
dei profughi (basti pensare, per quel che ci riguarda, alla vicenda della
Cap Anamur), le cose stanno tuttavia cominciando a cambiare. Mentre i
lavori, pur molto diversi, di Giorgio Agamben e di Enzo Traverso hanno
contribuito ad affermare la centralita' per cosi' dire filosofica della
figura del profugo, non sono mancate negli ultimi anni ricerche sul campo
(come ad esempio quella di Federico Rahola sui campi profughi per le
minoranze etniche nel Kosovo "pacificato" dalla Nato) ne' imprese editoriali
di ampio respiro, ultima in ordine di tempo il numero dedicato quest'anno al
tema dall'annuario di "Antropologia" pubblicato da Meltemi.
*
Fin dal titolo, Profughe, l'ultimo fascicolo di "Genesis", la rivista della
Societa' italiana delle storiche, si caratterizza tuttavia per la
peculiarita' del punto di vista di genere assunto nell'indagare il tema.
E consente di mettere immediatamente in evidenza un paradosso finora poco
notato nel dibattito italiano: mentre la protezione giuridica del rifugiato,
come mostra nel suo saggio Giulia Binazzi, continua a essere costruita
attorno a un'immagine maschile, le dilaganti retoriche - e pratiche -
umanitarie finiscono per assumere la profuga come propria icona, come
vittima perfetta da rappresentare in manifesti di organizzazioni non
governative o in servizi televisivi.
Si tratta di una tendenza, come nota Silvia Salvatici, la curatrice del
numero, che ha investito gli stessi refugee studies anglosassoni, e che
risulta tutt'altro che neutra: la conversione dell'umano nell'umanitario
opera una vera e propria depoliticizzazione delle complesse questioni poste
dai movimenti dei rifugiati, conduce a privilegiare l'erogazione
dell'assistenza, in una prospettiva di mera salvaguardia della vita, sulla
mobilitazione per i diritti, a configurare i rifugiati e soprattutto le
rifugiate, nelle parole di Salvatici, come "soggetti deboli, inevitabile
conseguenza di crisi temporanee, portatori appunto di bisogni piu' che di
diritti".
La critica di questa tendenza costituisce il filo conduttore seguito dai
quattro contributi raccolti nel numero di "Genesis", che si presenta in
questo senso come un lavoro collettivo. Il punto di vista di genere e la
rivendicazione, pur in una prospettiva necessariamente aperta alla
contaminazione disciplinare, della necessita' di reintrodurre lo spessore
storico negli studi sui rifugiati convergono nel portare alla luce la
dimensione irriducibilmente politica del tema indagato: eccezioni rispetto
all'"ordine nazionale delle cose", i profughi in generale ne subiscono la
tirannia; mentre sembrano alludere alla possibilita' e alla necessita' di un
cosmopolitismo radicale, finiscono spesso per vivere imprigionati in quello
che Maria Chiara Patuelli, nel suo saggio sulle profughe nella Serbia degli
anni Novanta, definisce il "cerchio magico della nazione". In piu' le
profughe, che della nazione in quanto donne dovrebbero essere le
"riproduttrici biologiche e culturali" sono sottoposte a un'ulteriore
tensione: "quasi depositarie dell''essenza' stessa della nazione", scrive
Patuelli, "diventano fondamentali nel rafforzarne e ridisegnarne i confini".
*
Quella del rifugiato e della rifugiata e' del resto costruita come una
condizione necessariamente transitoria: gia' nella prima ricerca
commissionata sul tema dalle Nazioni Unite, del 1951, si legge che, quando
non e' possibile il suo ritorno in patria, il rifugiato cessa di essere tale
con l'acquisizione di una nuova nazionalita'. L'esperienza di rifugiati e
rifugiate diviene in questa prospettiva - che e' stata seguita ad esempio da
Aihwa Ong nella sua importante ricerca sui rifugiati cambogiani negli Usa,
recentemente edita in Italia da Cortina con il titolo Da rifugiati a
cittadini - una straordinaria cartina di tornasole che consente di far
emergere, attraverso lo studio dei dispositivi e delle tecniche di
nazionalizzazione che contraddistinguono quell'esperienza, i tratti di una
vera e propria pedagogia della cittadinanza.
Le profughe mizrahim (ebree trasferitesi dai paesi arabi in Israele dopo il
'48) al centro del saggio di Marcella Simoni sono cosi' ad esempio
sottoposte, attraverso l'educazione, l'istruzione, la sanita', a un vero e
proprio processo di de-arabizzazione: e le norme che presiedono a questo
processo fanno emergere il carattere mascolino dell'ebreo immaginato dal
sionismo, di contro al carattere femminile attribuito all'ebreo della
diaspora.
Altrettanto significativo, da questo punto di vista, e' il caso
dell'operazione "Cigno baltico", con cui il governo britannico organizza nel
1946 l'impiego di profughe provenienti dai paesi baltici come personale di
servizio nei sanatori inglesi. Il contributo di Silvia Salvatici mostra bene
come le donne baltiche, lavoratrici e libere da impegni familiari, facciano
emergere per contrapposizione il modello di una cittadina britannica
immaginata, negli anni cruciali dell'edificazione del sistema di welfare da
parte del governo laburista di Attlee, come casalinga, moglie e madre: le
strategie adottate per l'impiego delle profughe si intrecciano cosi' "con i
processi che presiedono alla costruzione socio-culturale dei generi, delle
classi, delle etnie".
L'operazione "Cigno Baltico", del resto, fu una sorta di progetto pilota, a
partire dal quale fu lanciato l'anno successivo un piu' vasto programma
mirato all'occupazione dei profughi residenti nei campi tedeschi nelle
industrie, nelle miniere e nelle aziende agricole britanniche. Si tratta di
un programma che influenzo' durevolmente le politiche migratorie
britanniche, e le cui tracce potrebbero essere agevolmente seguite,
nonostante i molti elementi di discontinuita', fino a oggi.
Emerge qui allora, sia pure per vie traverse, un'ulteriore questione che,
come del resto Salvatici sottolinea nella presentazione del fascicolo,
dovrebbe essere oggi al centro degli studi sui rifugiati: ovvero la
crescente difficolta' di tracciare una linea di demarcazione assoluta tra
profughi e migranti. La specificita' della condizione del profugo, e a
maggiore ragione della profuga, va cosi' quotidianamente affermata
nell'interpretazione delle norme giuridiche (e Giulia Binazzi da' nel suo
contributo a questo numero di "Genesis" ottimi esempi di che cosa questo
significhi nel caso delle profughe), senza smarrire tuttavia la
consapevolezza del fatto che l'esperienza della fuga e quella della
migrazione tendono sempre piu' a sovrapporsi, sia sotto il profilo delle
motivazioni soggettive sia sotto quello delle condizioni oggettive.

12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

13. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1074 del 5 ottobre 2005

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