La nonviolenza e' in cammino. 1066



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1066 del 27 settembre 2005

Sommario di questo numero:
1. Ottavio Raimondo: Il 23 ottobre rispondiamo si'
2. Fabio Affinito: Liberare il mondo dal pericolo delle armi
3. Ettore Zerbino: Si'
4. Alcuni riferimenti utili per sostenere il si' al disarmo
5. Mohandas Gandhi: La morale
6. Francesco Comina intervista Arturo Paoli
7. Monica Lanfranco colloquia con Rossana Piredda sulle donne e il potere
8. Monica Lanfranco colloquia con Gabriella Trotta sulle donne e il potere
9. Letture: Elena Pulcini, L'individuo senza passioni
10. Letture: Elena Pulcini, Il potere di unire
11. La "Carta" del Movimento Nonviolento
12. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE: OTTAVIO RAIMONDO: IL 23 OTTOBRE RISPONDIAMO SI'
[Ringraziamo padre Ottavio Raimondo, direttore della Emi - Editrice
Missionaria Italiana (per contatti: via di Corticella 181, 40128 Bologna,
tel. 051326027, fax 051327552, e-mail: sermis at emi.it, sito: www.emi.it) per
questo intervento. Ottavio Raimondo, missionario combioniano, e' direttore
della Emi, Editrice Missionaria Italiana, che ha pubblicato innumerevoli
utilissimi libri]

Cio' che maggiormente mi rattrista sono quella infinita' di film e
sceneggiati che presentano le armi da fuoco, come anche la violenza
rappresentata da pugni a non finire, come un mezzo per fare trionfare il
bene, catturare i cattivi, eliminare i nemici.
Se la televisione trasmette scene scabrose in materia sentimentale e
sessuale, le famiglie e le comunita' religiose cambiano frettolosamente
canale. Se la trasmissione presenta scene di violenza dominate dalle armi da
fuoco, ci si ride sopra e si continua imperterriti, come se nulla fosse.
Sappiamo che la filosofia dei signori della guerra, la filosofia di chi usa
le armi da fuoco, e' una filosofia che fa leva su cinque verbi: negare,
distruggere, disorganizzare, dividere, degradare.
Il primo referendum della storia che si svolgera' in Brasile il 23 ottobre,
attraverso l'eliminazione delle armi da fuoco, aprira' l'orizzonte di un
mondo nuovo la cui vita poggera' su pilastri opposti a quelli dei signori
della guerra, sui pilastri dell'affermare, costruire, organizzare, unire e
valorizzare.
Sogno il giorno in cui non ci siano piu' morti e feriti da armi da fuoco.
Sogno il giorno in cui non mi debba piu' succedere, come missionario, di
essere chiamato ad assistere un uomo in fin di vita ferito da un'arma da
fuoco e che accanto al suo giaciglio aveva una pistola di fabbricazione
italiana. Sogno, o meglio ancora, sogniamo un giorno in cui nelle famiglie e
nelle comunita' religiose si spenga la televisione o si cambi canale quando
vengono trasmesse scene di violenza in cui le armi da fuoco sono, con chi le
usa, protagoniste indiscusse.
E per questo continuero' a lavorare e a pubblicare libri anche su questo
tema con la nostra Editrice Missionaria Italiana.

2. 23 OTTOBRE. FABIO AFFINITO: LIBERARE IL MONDO DAL PERICOLO DELLE ARMI
[Ringraziamo Paola Negretti dell'ufficio stampa di Amnesty International
Italia (per contatti: press at amnesty.it) per averci trasmesso questo
intervento di Fabio Affinito. Fabio Affinito fa parte del Coordinamento armi
e trasferimenti militari di Amnesty International Italia]

Il 23 ottobre 2005 i cittadini brasiliani saranno chiamati a decidere
tramite un referendum se vietare la vendita di armi da fuoco ai civili. Si
tratta di un evento importantissimo in quanto e' la prima volta che nel
mondo un tema quale il possesso delle armi diventa oggetto di una
consultazione popolare.
Oltre a detenere il primato di essere il primo paese a porre tale questione
alla cittadinanza, un altro piu' triste record spetta al Brasile: si tratta
della nazione al mondo con il piu' alto numero di morti per armi da fuoco.
Ogni anno nello stato sudamericano si registrano circa 39.000 morti per
ferite da armi da fuoco, il che equivale a dire che muore una persona ogni
quindici minuti. La maggior parte delle vittime sono i giovani, ragazzi tra
i 15 e i 24 anni, fascia nella quale le armi da fuoco sono la principale
causa di morte (fonte: Ministero della Sanita' brasiliano e Onu).
Non va trascurato che in questo massacro una parte e' giocata anche
dall'Italia, dal momento che al secondo posto fra le armi sequestrate dalla
polizia brasiliana figurano le Beretta di produzione italiana.
*
Si arriva a questo referendum dopo una lunga ed efficace campagna di
coinvolgimento della popolazione.
Un primo obiettivo era stato raggiunto nel dicembre del 2003 con
l'approvazione dello Statuto sul disarmo che gia' conteneva norme importanti
circa la vendita di armi e che consentiva la diminuzione del numero di
pistole in circolazione. I sondaggi di opinione prevedono attualmente un
appoggio popolare al referendum tra il 60 e l'80%. Tuttavia la potente lobby
armiera brasiliana, con l'appoggio della Nra statunitense ha annunciato che
fara' la sua parte nella campagna per il no al referendum stanziando la
cifra di un milione di dollari.
Un si' a questo referendum sarebbe un'importantissima pietra miliare, non
solo per il popolo brasiliano, ma a livello globale nella lotta a un mercato
di armi privo di controllo. Dopo due anni di campagna "Control Arms",
promossa da Amnesty International, Iansa e Oxfam, e a pochi mesi dalla
conferenza Onu sul commercio e i trasferimenti di armi, una vittoria in
questo referendum sarebbe un segnale forte del bisogno dei cittadini di
poter vivere in strade, scuole, spazi pubblici ripuliti dal pericolo delle
armi.

3. 23 OTTOBRE. ETTORE ZERBINO: SI'
[Ringraziamo Ettore Zerbino (per contatti: ettore.zerbino at poste.it) per
questo intervento. Ettore Zerbino, psichiatra, docente universitario, gia'
coordinatore del gruppo medici della sezione italiana di Amnesty
International, ha fondato nel 1999 l'associazione Medici contro la tortura;
e' impegnato in molte iniziative per la pace e i diritti umani e dei popoli]

Le realta' della societa' civile brasiliana laiche e religiose si sono
trovate per la prima volta di fronte ad un compito di testimonianza e di
lotta politica che, si puo' dire, supera in urgenza tutti gli altri. Il
Brasile e' un luogo di grande incontrollabile violenza. Lo e' soprattutto
perche' il commercio delle armi (s'intende, quelle "leggere", il cui
traffico viene giustificato come "difesa personale"...) avviene praticamente
senza regole.
Un referendum per introdurre una regolamentazione abolizionista e' ormai
prossimo (23 ottobre 2005, per informazioni cfr. il sito:
www.referendosim.com.br e le e-mail: f.comina at ladige.it e
ermanno at adital.com.br) ed avverra' in un clima di scontro diretto delle
coscienze contro l'ingente peso economico degli interessi dei trafficanti.
L'opinione pubblica mondiale, sollecitata dalla forza morale della campagna
"Controllarmi" per il disarmo e la difesa dei diritti umani (cfr.
www.disarmo.org) deve farsi sentire a fianco delle forze sane del Brasile.
*
Intanto sono in atto le grandi manifestazioni brasiliane che denunciano gli
enormi pericoli delle armi in casa. Si assiste alle prime conversioni:
semplici atti di coraggio civile con rinuncia-consegna delle armi. E' un
cammino inedito, un concreto percorso di pace, un'occasione unica per un
disarmo che e' inseparabilmente predicato e praticato.
Scrivono i promotori della solidarieta' italiana col referendum brasiliano:
"Contro la propaganda della morte le nostre sorelle ed i nostri fratelli
costruttrici e costruttori di pace in Brasile stanno cercando di promuovere
informazione e coscientizzazione, di chiamare ogni persona a un gesto di
liberta', di verita', di solidarieta', a recarsi alle urne e votare si' al
diritto alla vita, si' al ripudio delle armi assassine (e quindi anche: si'
alla pace tra i popoli come tra le persone, si' alla gestione umana,
ragionevole, civile - nonviolenta - dei conflitti); le nostre sorelle e i
nostri fratelli in Brasile con le loro limitate risorse e con le loro
immense ragioni, con i pochi mezzi di cui dispongono e con il coraggio
sconfinato che gia' li ha sostenuti nella lotta contro la dittatura, contro
il regime della violenza, sono ora impegnate e impegnati perche' in questo
referendum vinca l'umanita' vivente: queste sorelle e questi fratelli
dobbiamo ringraziarli e aiutarli, poiche' si stanno battendo anche per il
nostro diritto alla vita. Non solo ringraziarli: aiutarli dobbiamo.
Contribuendo a diffondere informazione e sensibilizzazione, mettendo a
disposizione risorse, esprimendo solidarieta' concreta e operante".

4. MATERIALI. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI PER SOSTENERE IL SI' AL DISARMO
Segnaliamo ancora una volta che per promuovere iniziative in Italia per
sostenere la campagna per il "si'" al referendum brasiliano si  puo'
contattare Francesco Comina in Italia (e-mail: f.comina at ladige.it) e padre
Ermanno Allegri in Brasile (e-mail: ermanno at adital.com.br, sito:
www.adital.com.br). Alcuni altri riferimenti utili in Italia: il Centro per
la pace del Comune di Bolzano (tel. 0471402382, e-mail:
welapax at hotmail.com); la Rete italiana per il disarmo (e-mail:
segreteria at disarmo.org); il Centro di ricerca per la pace di Viterbo che
cura il notiziario "La nonviolenza e' in cammino" (e-mail: nbawac at tin.it)
che ogni giorno propone interventi e materiali.
Utilissime informazioni sul referendum brasiliano sono nel fondamentale sito
www.referendosim.com.br (in lingua portoghese-brasiliana).
*
Tutti gli interventi a sostegno del si' al referendum brasiliano per
proibire il commercio delle armi da fuoco e delle munizioni ospitati su
questo foglio compaiono anche in una apposita pagina web del sito di
Peacelink (www.peacelink.it), curata da Giacomo Alessandroni:
http://italy.peacelink.org/pace/articles/art_12631.html
Nel sito di Peacelink e' anche possibile consultare tutti i fascicoli de "La
nonviolenza e' in cammino" a partire dal dicembre 2004 alla pagina web:
http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html
*
Alcuni utili contatti in Brasile:
Adital: pelapaz2 at adital.com.br
"Forum comunitario di lotta alla violenza" di Bahia: fccv at ufba.br
Instituto "Gota de Orvalho" di Sao Paulo: gotadeorvalho at gmail.com
Instituto Sou da Paz: sp at referendosim.com.br
*
Alcuni siti particolarmente utili
a) in Brasile:
www.referendosim.org.br
www.adital.com.br
www.desarme.org
www.soudapaz.org.br
www.vivario.org.br
b) in Italia:
www.amnesty.it
www.archiviodisarmo.it
www.controlarms.org
www.disarmo.org
www.disarmonline.org
www.ildialogo.org
www.nonviolenti.org
www.paxchristi.it
www.peacelink.it
www.retelilliput.net
*
Invitiamo nuovamente tutte le persone che ci leggono sia ad inviarci
interventi a sostegno del si' al referendum brasiliano per abolire il
commercio delle armi, sia a scrivere a giornali, riviste, siti, mass-media,
a istituzioni, movimenti, associazioni, a persone amiche, per diffondere
l'informazione e la sensibilizzazione sul referendum brasiliano, e chiamare
tutte le persone di volonta' buona ad esprimere sostegno alle sorelle e ai
fratelli che in Brasile sono impegnati a far vincere il si' al diritto a
vivere, il si' al disarmo, il si' alla civilta' umana, il si' alla gestione
nonviolenta dei conflitti, il si' alla pace fra tutti gli esseri umani, il
si' alla convivenza di tutte e tutti sull'unica terra che abbiamo.

5. MAESTRI. MOHANDAS GANDHI: LA MORALE
[Da Mohandas K. Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino
1973, 1996, p. 354 (e' un frammento da un articolo pubblicato su "Harijan"
del 7 luglio 1947). Mohandas K. Gandhi e' stato della nonviolenza il piu'
grande e profondo pensatore e operatore, cercatore e scopritore; e il
fondatore della nonviolenza come proposta d'intervento politico e sociale e
principio d'organizzazione sociale e politica, come progetto di liberazione
e di convivenza. Nato a Portbandar in India nel 1869, studi legali a Londra,
avvocato, nel 1893 in Sud Africa, qui divenne il leader della lotta contro
la discriminazione degli immigrati indiani ed elaboro' le tecniche della
nonviolenza. Nel 1915 torno' in India e divenne uno dei leader del Partito
del Congresso che si batteva per la liberazione dal colonialismo britannico.
Guido' grandi lotte politiche e sociali affinando sempre piu' la
teoria-prassi nonviolenta e sviluppando precise proposte di organizzazione
economica e sociale in direzione solidale ed egualitaria. Fu assassinato il
30 gennaio del 1948. Sono tanti i meriti ed e' tale la grandezza di
quest'uomo che una volta di piu' occorre ricordare che non va  mitizzato, e
che quindi non vanno occultati limiti, contraddizioni, ed alcuni aspetti
discutibili - che pure vi sono - della sua figura, della sua riflessione,
della sua opera. Opere di Gandhi:  essendo Gandhi un organizzatore, un
giornalista, un politico, un avvocato, un uomo d'azione, oltre che una
natura profondamente religiosa, i suoi scritti devono sempre essere
contestualizzati per non fraintenderli; Gandhi considerava la sua
riflessione in continuo sviluppo, e alla sua autobiografia diede
significativamente il titolo Storia dei miei esperimenti con la verita'. In
italiano l'antologia migliore e' Teoria e pratica della nonviolenza,
Einaudi; si vedano anche: La forza della verita', vol. I, Sonda; Villaggio e
autonomia, Lef; l'autobiografia tradotta col titolo La mia vita per la
liberta', Newton Compton; La resistenza nonviolenta, Newton Compton;
Civilta' occidentale e rinascita dell'India, Movimento Nonviolento; La cura
della natura, Lef; Una guerra senza violenza, Lef. Altri volumi sono stati
pubblicati da Comunita': la nota e discutibile raccolta di frammenti Antiche
come le montagne; da Sellerio: Tempio di verita'; da Newton Compton: e tra
essi segnaliamo particolarmente Il mio credo, il mio pensiero, e La voce
della verita'. Altri volumi ancora sono stati pubblicati dagli stessi e da
altri editori. I materiali della drammatica polemica tra Gandhi, Martin
Buber e Judah L. Magnes sono stati pubblicati sotto il titolo complessivo
Devono gli ebrei farsi massacrare?, in "Micromega" n. 2 del 1991 (e per un
acuto commento si veda il saggio in proposito nel libro di Giuliano Pontara,
Guerre, disobbedienza civile, nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino
1996). Opere su Gandhi: tra le biografie cfr. B. R. Nanda, Gandhi il
mahatma, Mondadori; il recente accurato lavoro di Judith M. Brown, Gandhi,
Il Mulino; il recentissimo libro di Yogesh Chadha, Gandhi, Mondadori. Tra
gli studi cfr. Johan Galtung, Gandhi oggi, Edizioni Gruppo Abele; Icilio
Vecchiotti, Che cosa ha veramente detto Gandhi, Ubaldini; ed i volumi di
Gianni Sofri: Gandhi e Tolstoj, Il Mulino (in collaborazione con Pier Cesare
Bori); Gandhi in Italia, Il Mulino; Gandhi e l'India, Giunti. Cfr. inoltre:
Dennis Dalton, Gandhi, il Mahatma. Il potere della nonviolenza, Ecig. Una
importante testimonianza e' quella di Vinoba, Gandhi, la via del maestro,
Paoline. Per la bibliografia cfr. anche Gabriele Rossi (a cura di), Mahatma
Gandhi; materiali esistenti nelle biblioteche di Bologna, Comune di Bologna.
Altri libri particolarmente utili disponibili in italiano sono quelli di
Lanza del Vasto, William L. Shirer, Ignatius Jesudasan, George Woodcock,
Giorgio Borsa, Enrica Collotti Pischel, Louis Fischer. Un'agile introduzione
e' quella di Ernesto Balducci, Gandhi, Edizioni cultura della pace. Una
interessante sintesi e' quella di Giulio Girardi, Riscoprire Gandhi,
Anterem]

La morale che si puo' legittimamente trarre dalla spaventosa tragedia della
bomba atomica e' che una bomba non puo' essere distrutta da un'altra bomba,
come la violenza non puo' essere eliminata dalla violenza. Il genere umano
puo' liberarsi dalla violenza soltanto ricorrendo alla nonviolenza.

6. RIFLESSIONE. FRANCESCO COMINA INTERVISTA ARTURO PAOLI
[Ringraziamo Francesco Comina (per contatti: f.comina at ladige.it) per averci
messo a disposizione questa sua intervista apparsa sul quotidiano "L'Adige"
del 26 settembre 2005.
Francesco Comina e' il principale punto di riferimento in Italia della
campagna di sostegno al si' al referendum brasiliano per proibire il
commercio delle armi. Giornalista e saggista, pacifista nonviolento, e'
impegnato nel movimento di Pax Christi; nato a Bolzano nel 1967, laureatosi
con una tesi su Raimon (Raimundo) Panikkar, collabora a varie riviste. Opere
di Francesco Comina: Non giuro a Hitler, Edizioni San Paolo, Cinisello
Balsamo (Mi) 2000; (con Marcelo Barros), Il sapore della liberta', La
meridiana, Molfetta (Ba) 2005; ha contribuito al libro di AA. VV., Le
periferie della memoria, Anppia - Movimento Nonviolento, Torino-Verona; e a
AA. VV., Giubileo purificato, Emi, Bologna.
Arturo Paoli, religioso, costruttore di pace, saggista, e' una delle figure
piu' vive della solidarieta' operosa e della nonviolenza in cammino; su di
lui dal sito www.giovaniemissione.it riprendiamo la seguente scheda: "Arturo
Paoli e' nato a Lucca nel 1912. Si laurea in lettere classiche a Pisa ed e'
ordinato sacerdote nel 1940. Tra il '43 e il '44 partecipa alla Resistenza.
Nel 1949 viene nominato assistente nazionale della Giac (Gioventu'
Cattolica) mentre era alla presidenza Carlo Carretto. Assistente nazionale
dell'Azione Cattolica negli anni '50, fu costretto alle dimissioni per le
sue posizioni in contrasto con la gerarchia. Autore di numerose opere che
potrebbero andare sotto il titolo di "spiritualita' della relazione", ha
scritto fra gli anni '80 e i '90 la sua puntuale "Lettera dall'America
Latina" ai lettori di "Nigrizia" (www.nigrizia.it). Nel 1954 riceve l'ordine
di imbarcarsi come cappellano su una nave argentina destinata agli
emigranti. Durante questi viaggi conosce i Piccoli Fratelli di Charles de
Foucauld ed entra nella loro congregazione. Terminato il noviziato svolge il
lavoro di magazziniere nel porto di Orano (Algeria) e poi nelle miniere di
Monterangiu in Sardegna. Nel 1960 si reca in America Latina per avviare una
nuova fondazione: qui vive con i boscaioli della foresta argentina. Quando
il clima politico peronista si fa pesante, subisce una campagna
denigratoria: il suo nome e' nell'elenco di quelli che devono essere
soppressi. Nel 1974 si trasferisce in Venezuela; anche qui il suo lavoro e'
di impegno pastorale e di promozione sociale. Nel 1983 comincia a
soggiornare in Brasile, dove, dopo la dittatura militare, prende vita una
chiesa che e' tra le piu' vive dell'America Latina. In Brasile ha fondato
"Afa" (Associazione fraternita' alleanza), che e' una comunita' di laici
impegnati in alcuni progetti di aiuto alle famiglie delle favelas: progetto
Latte, Educazione, Salute, Donna, Informatizzazione. Nel 1999 lo Stato
d'Israele gli conferisce la nomina a "Giusto tra le Nazioni" per aver
aiutato e salvato alcuni ebrei nel 1944 all'epoca delle persecuzioni
naziste. Il suo nome sara' scritto per sempre nel muro d'onore del Giardino
dei Giusti dello Yad Vashem a Gerusalemme. Attualmente vive a Foz de Iguacu,
nel barrio di Boa Esperanza. Da quarant'anni Arturo Paoli condivide la sua
vita con i poveri, senza per questo rinunciare all'attivita' di
conferenziere e animatore: collabora con diverse riviste ("Rocca",
"Nigrizia", "Il Regno", "Jesus") e ha scritto una trentina di opere". Tra le
opere di Arturo Paoli: Gesu' amore, 1960, Borla 1970; Dialogo della
liberazione, 1969; La costruzione del Regno, Cittadella, Assisi 1971;
Conversione, Cittadella, Assisi 1974; Il grido della terra,1976; Camminando
si apre cammino, Gribaudi, Torino 1977; Cercando liberta', Gribaudi, Torino
1980; Tentando fraternita', Gribaudi, Torino 1981; Facendo verita',
Gribaudi, Torino 1984; Le palme cantano speranza, Morcelliana, Brescia 1984;
Testimoni della speranza, Morcelliana, Brescia 1989; Il silenzio, pienezza
della parola, Cittadella, Assisi 1991, 1994, 2002; La radice dell'uomo,
Morcelliana, Brescia; Camminando s'apre cammino, Cittadella, Assisi 1994; Il
sacerdote e la donna, Marsilio, Venezia 1996; Progetto Gesu': una societa'
fraterna, Cittadella, Assisi 1997; Quel che muore, quel che nasce, Sperling
& Kupfer, Milano 2001; Un incontro difficile, Cittadella, Assisi 2001; con
Remo Cacitti e Bruno Maggioni, La poverta', In dialogo, 2001; La gioia di
essere liberi, Edizioni Messaggero di Padova, Padova 2002; Della mistica
discorde, La meridiana, Molfetta (Ba) 2002]

De senectute
"Cercate, cercate ancora, non rassegnatevi mai, continuate a cercare...".
- Francesco Comina: Giunto alla soglia dei 94 anni di eta', dopo una vita
passata a girare fra l'Italia, l'Africa, l'America Latina, non ti sei ancora
stancato di cercare il senso della storia? Non e' forse venuto il momento di
voltarsi indietro e di guardare il viaggio trascorso?
- Arturo Paoli: A 94 anni di eta' posso dire una cosa, che forse puo'
apparire stonata. Ho come la sensazione che la vecchiaia sia un momento
molto bello della vita perche' e' caratterizzato dalla leggerezza, ossia
dall'essere liberati da tanti pesi che uno si porta dietro. Io sono una
persona che ha avuto il privilegio di viaggiare molto. Posso definirmi un
nomade. Ho girato tutti i paesi dell'America Latina e anche qui in Italia
non ho una permanenza fissa. Non sento, insomma, la stanchezza del
cambiamento fra una parte e l'altra del mondo. Mi sembra di stare fermo, di
non muovermi.
Una di queste mattine, aspettando la luce ho avuto come una immagine che
tutta l'umanita' e avvolta sotto una grande tenda che ci protegge, una tenda
azzurra, tenerissima si staglia sull'orizzonte dell'uomo. Spariscono le
differenze di luogo, di clima, di cultura. Questo ho sentito come una
riprova del fatto che non siamo mai soli, che l'individuo, in un certo
senso, non esiste perche' siamo tutti parte di una grande famiglia. Avere
ogni tanto questa immagine, questa pacificazione, e' cio' che aiuta la
nostra speranza. Io so che verra' la morte, ma tutto cio' non mi inquieta
perche' emerge questa tenerezza che avvolge il mondo e rende bella
l'esistenza.
*
Lo scandalo
- Francesco Comina: Correva l'anno 1960 quando il transatlantico, che ti
portava in America Latina attracco' in Argentina. Da quel giorno la tua vita
si e' addossata lo scandalo dell'ingiustizia e della miseria rappresentata
dai favelados, gli abitanti delle favelas. Quello scandalo ti ha fatto
gridare innumerevoli volta la rabbia di vedere l'occidente responsabile
dell'impoverimento del sud. Ma la forbice fra primo e quarto mondo si
allarga.
- Arturo Paoli: La grande conquista della modernita' e' quella di aver fatto
una diagnosi precisa della poverta' e di aver capito che essa non e'
qualcosa di endemico e di invincibile. Noi oggi sappiamo che la poverta' e'
il frutto di certi meccanismi di tipo economico per cui non possiamo trovare
scuse per dire che uno e' povero perche' non ha cultura, perche' e'
sfortunato e via dicendo. Io ho parlato con grandi economisti a Washington e
in altri centri del potere e ho capito che essi sono coscienti che il
funzionamento del sistema globale produce necessariamente una grande
quantita' di poveri. Ma come giustificano loro questa situazione? Questi
scienziati affermano che in ogni scoperta c'e' un inconveniente, che ci sono
sempre delle vittime e che poi, una volta superati gli ostacoli della
ricerca, la macchina si regolarizza in modo che tali vittime non ci siano
piu'. Ma tutto questo e' falso. Il funzionamento della macchina non e'
assolutamente rimediabile. Il sistema capitalistico e' sbagliato, errato,
perche' produce ricchezza, che viene moltiplicata e affinata da strumenti
tecnici, al costo di sofferenze enormi e soprattutto attraverso la guerra e
il dissesto ambientale. Il progetto della Fao, nato per conoscere
globalmente la produzione degli alimenti, si e' rovesciato ed ha preso la
direzione del centro. Il sistema capitalistico non fa che centralizzare i
beni della terra spogliando sempre di piu' una quantita' di umanita', che
arranca sulle colline dei rifiuti nelle discariche metropolitane.
*
Il maneggio della guerra
- Francesco Comina: Tutto questo discorso ci proietta nel cuore freddo della
guerra, che tu consideri il rovesciamento dell'etica, il ribaltamento di
ogni discorso di carattere umano. E lo scandalo continua.
- Arturo Paoli: Ma sai cosa mi inquieta di piu'? Sai cosa non mi fa dormire
la notte? Quello che ci dovrebbe interrogare fortemente tanto da farci male
per la contraddizione che porta con se', e' che il centro delle due guerre
mondiali che si sono combattute nel '900 e' stata l'Europa cristiana. Il
maneggio della guerra mondiale e' qui, intorno a noi, dentro di noi. Le
sofferenze dell'Africa, dell'Asia, dell'America Latina hanno la loro causa
qui, dove noi poggiamo i piedi.
E allora perche' il cristianesimo, che e' predicazione di pace e di
fraternita', e' diventato il centro delle guerre e delle discordie? Io credo
perche', come diceva Chesterton, noi abbiamo delle idee impazzite. Tutto
l'invito alla fraternita' e alla pace lo abbiamo vissuto come un qualcosa di
esterno a noi. Io invece credo che la pace inizi dal cuore dell'uomo. Il
cambiamento di pensiero che ci fa capire che noi non siamo unicamente
pensiero e che non siamo solo individui e' la scoperta dell'alterita', della
responsabilita' globale. In questo senso la globalizzazione ci da una mano
perche' diabolicamente - sempre Chesterton diceva che il diavolo e' la
scimmia di Dio - ci si e' accorti che c'e' un piccolo villaggio unico, che
l'umanita' e' una, e che invece di usare questa scoperta in maniera positiva
la usa in maniera negativa perche' serve solo per aiutare lo sfruttamento di
altri. Ma la solidarieta', la pace, la riconciliazione non sono ne' virtu',
ne' esercizi di fabbricazione razionale, sono fatti reali perche' noi sono
uniti gli uni agli altri. Ogni relazione che io instauro con la persona
umana, anche di tipo sessuale, affettiva, commerciale non e' mai neutra
perche' - come diceva Teilhard de Chardin - o mi fa cadere in avanti o mi fa
cadere indietro. E dunque le guerre, i conflitti, non sono altro che il
confluire dell'egoismo umano.
*
Chiesa e potere
- Francesco Comina: Come mai la chiesa molto spesso fa silenzio di fronte
agli sconvolgimenti politici, economici, culturali e si ritira sovente
lasciando libero spazio alle contraddizioni del nostro mondo, mentre parla
molto sui temi morali, sessuali con chiare invadenze di tipo politico?
- Arturo Paoli: La chiesa e' l'inculturazione del vangelo della stessa
persona di Gesu' nel mondo occidentale, e quindi di un mondo che aveva gia'
raggiunto un livello di altezza di pensiero notevole con Platone, con tutto
il mondo greco, ma che col tempo ha dimostrato la sua negativita'. Il mondo
greco ha portato il pensiero umano all'esplorazione di valori e di concetti,
di idee permanenti ed eterne. Nell'indirizzo del pensiero occidentale greco
c'e' sempre stata la tendenza di fuggire dai limiti, dal contingente,
dall'empirico e trovare i grandi concetti regolatori della vita al di fuori
della vita stessa. E qui sono nati i grandi sistemi dell'occidente, prima di
tutto la colonizzazione, ossia l'idea che bisogna portare la fede, la
dottrina nel mondo. Non si e' pensato di portare l'esistenza di Gesu', ma
questa sintesi catechistica per imporla agli altri. La chiesa e' diventata
centro di potere perche' si e' concentrata nella costruzione di questi
grandi sistemi per poterli affermare al mondo. Ha pensato di imporre la
verita' di Cristo. Ma Cristo ha detto un'altra cosa, ossia ha detto "la
verita' vi fara' liberi". La chiesa da secoli e' ferma sulla forma
oggettiva, trascendente, del pensiero capace di trovare delle verita'
assolute, eterne, immobili, valide per tutti i tempi. Io credo che la via
mestra sara' una conversione del mondo a partire dai laici, ossia da coloro
che hanno negato questo tipo di verita'. Credo che ci possano aiutare piu' i
filosofi laici dei teologi.
*
Guevara, Camara, Mendes
- Francesco Comina: Il tuo libro "Dialoghi sulla liberazione" del 1960 ha
aperto la strada della teologia della liberazione. La tua lezione ha formato
molti personaggi, che oggi sono considerati personaggi simbolo in America
Latina. Cosa rimane oggi di questa lezione?
- Arturo Paoli: Io credo che la teologia della liberazione abbia indicato un
cammino che sara' l'unico cammino che potranno percorrere i teologi se
vorranno fare un discorso su Dio che sia capace di essere recepito e accolto
dalle nuove generazioni. Ma ci sono stati soprattutto tanti martiri che sono
morti per difendere la giustizia e il diritto dei poveri alla terra, alla
vita. Sono laici e religiosi. Quello che ha mosso Che Guevara alla lotta per
la Bolivia era certamente un'esigenza di difendere i contadini, i poveri,
gli oppressi. Pensiamo anche ai grandi vescovi come Helder Camara in
Brasile, Oscar Romero in Salvador, Juan Gerardi in Guatemala. Pensiamo a
Chico Mendes. innumerevoli figure di persone che hanno dato la vita per
difendere gli oppressi. La fede non e' solo difesa della dottrina, ma
soprattutto difesa dei diritti degli altri. Io penso che l'America Latina
stia passando un momento di grande sofferenza. La sua rinascita e' legata
inevitabilmente al tramonto del potere degli americani. Quando il progetto
americano rivelera' la sua caduta, beh, allora cio' conseguira' la rinascita
dell'America Latina ora divenuta una colonia degli Stati Uniti.

7. RIFLESSIONE. MONICA LANFRANCO COLLOQUIA CON ROSSANA PIREDDA SULLE DONNE E
IL POTERE
[Ringraziamo Monica Lanfranco (per contatti: mochena at tn.village.it) per
averci messo a disposizione questa sua intervista pubblicata sul quotidiano
"Liberazione".
Monica Lanfranco, giornalista professionista, nata a Genova il 19 marzo
1959, vive a Genova; collabora con le testate delle donne "DWpress" e "Il
paese delle donne"; ha fondato il trimestrale "Marea"; dirige il semestrale
di formazione e cultura "IT - Interpretazioni tendenziose"; dal 1988 al 1994
ha curato l'Agendaottomarzo, libro/agenda che veniva accluso in edicola con
il quotidiano "l'Unita'"; collabora con il quotidiano "Liberazione", i
mensili "Il Gambero Rosso" e "Cucina e Salute"; e'' socia fondatrice della
societa' di formazione Chance. Nel 1988 ha scritto per l'editore PromoA
Donne di sport; nel 1994 ha scritto per l'editore Solfanelli Parole per
giovani donne - 18 femministe parlano alle ragazze d'oggi, ristampato in due
edizioni. Per Solfanelli cura una collana di autrici di fantasy e
fantascienza. Ha curato dal 1990 al 1996 l'ufficio stampa per il network
europeo di donne "Women in decision making". Nel 1995 ha curato il libro
Valvarenna: nonne madri figlie: un matriarcato imperfetto nelle foto di fine
secolo (Microarts). Nel 1996 ha scritto con Silvia Neonato, Lotte da orbi:
1970 una rivolta (Erga): si tratta del primo testo di storia sociale e
politica scritto anche in braille e disponibile in floppy disk utilizzabile
anche dai non vedenti e rintracciabile anche in Internet. Nel 1996 ha
scritto Storie di nascita: il segreto della partoriente (La Clessidra).
Recentemente ha pubblicato due importanti volumi curati in collaborazione
con Maria G. Di Rienzo: Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli
2003; Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra
Moenia, Napoli 2005. Cura e conduce corsi di formazione per gruppi di donne
strutturati (politici, sindacali, scolastici) sulla storia del movimento
delle donne e sulla comunicazione.
Rossana Piredda e' stata assessora nel Comune di Atzara (Nuoro)]

Rossana Piredda e' prima di tutto una donna sarda, e poi una donna sarda e
comunista: una categoria dello spirito, piu' che geografica. Il suo paesino
e' uno schizzo di case nel mezzo della brulla e primordiale provincia di
Nuoro, dal nome spigoloso: Atzara. Fino al maggio 2005, per una legislatura,
Atzara e' stata un paese governato da "rifondaroli"; poi il sogno si e'
interrotto, le solite immancabili beghe a sinistra hanno lavorato bene, e
cosi' Rossana non e' piu' assessora. Non si perde d'animo; nel tempo di vita
recuperato non svolgendo piu' funzioni amministrative si nutre di Gramsci,
nato a pochi chilometri da li', e di comandante Marcos. La prende con
filosofia, tesse la politica dal suo piccolo negozio di alimentari,
preparando, se sara' possibile, uno sbarco ad Atzara per Natale di banchetti
del commercio equo e solidale. Ovviamente con in testa il caffe' zapatista.
*
- Monica Lanfranco: Cominciamo proprio da Audre Lord e la sua frase:"Non
possiamo smantellare la casa del padrone con i suoi attrezzi". Sei d'accordo
con lei? E cosa ti evoca questa affermazione?
- Rossana Piredda: Conosco questa frase da poco tempo ma la condivido,
perche' per anni abbiamo provato a cambiare le cose imponendone altre, ma
forse si e' perso di vista il fatto che per poter cambiare bisogna che
ognuna e ognuno di noi si fermi ad ascoltare, provi a modificare, parlando e
sensibilizzando se stessi e gli altri su cio' che e' giusto e non e' giusto;
e' la cosa piu' difficile da fare perche' ci apre molte contraddizioni sia
personali che politiche, ma se non siamo capaci di confrontarci non saremo
neppure capaci di mediazione e di dialogo.
*
- Monica Lanfranco: Pur con alcune eccezioni sembra che anche le donne con
le migliori intenzioni, una volta arrivate ai vertici del potere, si
uniformino ad esso, diventando una fotocopia dell'agire maschile. Dove sta
il problema: nella politica o nelle donne?
- Rossana Piredda: Non ho molta familiarita' con la parola "potere", in un
certo senso mi opprime, ma e' innegabile che molte donne che arrivano ai
vertici e hanno poteri decisionali assumono atteggiamenti che molto tolgono
a quelle sensibilita' che sono tipiche delle donne. Nella societa' degli
anni '80, quando il finto benessere dell'era Craxi faceva sentire tutti e
tutte giovani rampanti, ci fu l'ascesa di un modello di donna in carriera
che non aveva niente a che vedere con le lotte femministe degli anni '70:
quel modello per certi aspetti resiste ancora, magari oggi piu' che
avvocatesse o primarie di ospedali le giovani aspirano a diventare modelle o
"veline", non tutte per fortuna, pero' l'ambizione prevalente e' questa. Io
in un certo senso mi sono sentita "orfana" dopo la fine dell'ondata
femminista, perche' essendo giovane avevo condiviso con entusiasmo quelle
idee, quelle rivendicazioni che ribaltavano tutto cio' che fino ad allora
era stato indicato dalla famiglia, dalla morale cattolica. Non era solo una
ventata rivoluzionaria, era un grido di liberta'. Credo che molte donne
hanno dimenticato tutto cio', il silenzio ha ridimensionato le conquiste, a
volte quando sento delle donne raccontarsi, nella semplicita' della vita
quotidiana, mi chiedo se siamo davvero nel 2005. Bisognerebbe cominciare a
cambiare la parola "potere", magari con un sinonimo piu' neutro che non
condizioni in modo negativo il senso che questa parola racchiude: come
'decidere" , "pensare e agire per un bene comune".
*
- Monica Lanfranco: Si puo' cambiare la politica, e il mondo, senza prendere
il potere, come sostiene Halloway?
- Rossana Piredda: Non ho titolo di studio cosi' elevato per essere in grado
di fare un'analisi politica e sociale in profondita', ho solo la mia
esperienza e la mia umanita'. Credo che sia possibile ma si tratta di un
lavoro talmente lungo che non sara' la mia generazione a vederne il
risultato. E' molto difficile, in una societa' come quella attuale, dove
neppure il fallimento delle politiche neoliberiste e' servito a far cambiare
rotta alla politica, attivarsi per costruire il "nuovo mondo possibile",
bisogna rimettere in discussione il fatto che solo l'avere "potere" fa
effettuare i cambiamenti, e non credo che neppure i partiti piu' a sinistra
in Italia, in Europa, e nel mondo s'interroghino molto sul tema. Non so se
si puo' cambiare il mondo senza prendere il potere: quello che invece penso,
con piu' certezza, e' che non possono essere i mercati a decidere sull'agire
politico e a dettarne le regole, e' la politica che deve mantenere il suo
ruolo decisionale. Gia' questo cambierebbe qualcosa.
*
- Monica Lanfranco: Sei stata attiva nella politica istituzionale, puoi
raccontare i punti di forza e quelli di debolezza della tua esperienza?
- Rossana Piredda: L'esperienza di assessora e' stata notevole dal punto di
vista umano e quindi per me fortemente politica, faccio fatica a scindere le
due cose: mi sono trovata in un terreno difficile perche' non avevo nessuna
conoscenza tecnica di come si amministra un Comune. Ho cercato di essere
quella che sono, ho cercato di condividere la mia esperienza di cittadina
con gli altri compagni e compagne del Consiglio Comunale e con loro tentare
un approccio diverso con la gente. In questo senso penso che ci siamo
riusciti, sono stati anni di un "Comune Aperto" ed e' stata una scelta di
gruppo quella di ascoltare, di essere tra la gente.
La contraddizione e' che proprio questo e' stato il nostro punto di forza ma
anche la nostra debolezza, perche' nella politica come la si intende ora e'
l'immagine quella che piu' conta, l'apparire, l'apporre il proprio nome a
caratteri cubitali al bene comune. Credo che la perdita di consenso abbia
molto a che fare con questo stile piu' pacato: in epoca mediatica
berlusconiana si fatica a farsi sentire se non si urla.
*
- Monica Lanfranco: Quali possono essere gli alleati, e quali invece i
peggiori ostacoli alla realizzazione di una diversa qualita' della politica
per le donne?
- Rossana Piredda: Il primo ostacolo e' che ci sono poche donne in politica
e quindi prevale una visione maschilista, siamo tornate molto indietro
rispetto alle conquiste del movimento femminista: la Legge 40 e' stato
l'esempio piu' nefasto di come ancora si decida sul corpo e sulla mente
delle donne. Gli alleati possono essere tutti indistintamente: se si
avviasse una "alfabetizzazione" sulle questioni di genere, sulla ricchezza
delle diversita', diventerebbe naturale un miglioramento della qualita'
della politica non solo verso le donne. Ascoltare vuol dire imparare,
conoscere, agire politico vuol dire interpretare questi saperi e
trasformarli per creare migliori condizioni di vita. E' un'utopia?
*
- Monica Lanfranco: Supponiamo che tu sia arrivata ad una posizione di primo
piano nella politica, e puoi scegliere cosa fare: le tue prime cinque azioni
di governo da realizzare subito.
- Rossana Piredda: L'abolizione della legge 40 sulla fecondazione assistita,
il mantenimento di tutte quelle conquiste fatte dalle donne, oggi purtroppo
rimesse in discussione. Un sistema sanitario dove le donne e gli uomini
malati non siano considerati numeri di cartelle cliniche o costi sociali ma
esseri umani in difficolta'. La tutela dei minori e una scuola in cui si
studino le questioni di genere. Abolizione dei "Centri di permanenza
temporanea" per gli emigrati. Via tutti i soldati dall'Iraq e
dall'Afghanistan e farei dell'articolo 11 della nostra Costituzione
("L'Italia ripudia la guerra") il punto prevalente per un percorso di pace,
l'ha fatto Zapatero, perche' non lo puo' fare una donna?

8. RIFLESSIONE. MONICA LANFRANCO COLLOQUIA CON GABRIELLA TROTTA SULLE DONNE
E IL POTERE
[Ringraziamo Monica Lanfranco (per contatti: mochena at tn.village.it) per
averci messo a disposizione questa sua intervista pubblicata sul quotidiano
"Liberazione" del 10 settembre 2005.
Gabriella Trotta vive e lavora a Genova, dove e' impegnata in varie
iniziative di solidarieta', di pace, per i diritti]

"Oggi piu' che mai sono convinta che gli attrezzi del padrone e' meglio non
toccarli e probabilmente sono fonte di malattia infettiva. Ci sono donne che
non ne conoscono altri e si destreggiano nell'uso meglio di molti uomini: ma
a chi e a che serve se non a loro stesse?". Gabriella Trotta, detta Lella,
e' una donna che raramente si perde d'animo in politica, e non e' poco in
una citta' come Genova dove spesso la sinistra ha dato dimostrazioni di non
essere capace di esprimere il meglio di se'. Lella, diessina con alle spalle
un passato di robusta attivita' femminista, e' stata una tra le prime e le
poche nel suo partito, nei giorni immediatamente successivi al 21 luglio
2001, a denunciare la mattanza. Lavorando nel piu' grande ospedale della
citta', il San Martino, vide di tutto. Tessitrice di rapporti tra le donne
dentro e fuori le istituzioni e' paziente e solare, e qualche pezzo genetico
anarchico e irriverente lo ha passato alla figliola, che non a caso si e'
laureata in Spagna all'universita' dove si formano i clown e gli uomini e
donne dello spettacolo di piazza.
*
- Monica Lanfranco: Cominciamo proprio da Audre Lorde e la sua frase: sei
d'accordo con lei? e cosa ti evoca questa affermazione?
- Gabriella Trotta: In linea di massima si', concordo in contrapposizione
con la visione del "fine giustifica i mezzi" insito nel tradizionale modello
politico. La differenza e' il nostro valore aggiunto, la possibilita' di
vedere il mondo da un'ottica diversa ci permette di "non porgere l'altra
guancia" ma di spostarci piu' in la', quando e' possibile evitando di
entrare nella spirale del potere per il potere. Purtroppo stiamo assistendo
ad un imbarbarimento della politica: colpi di maggioranza, attenzione ai
poteri forti, gerarchie ecclesiastiche, lobbies, su temi che dovrebbero
vedere una forte condivisione sociale, politica e etica. La manomissione
della Costituzione, con la riscrittura di parti importanti ed il mancato
rispetto dell'applicazione dell'art.11, la legge sulla procreazione
medicalmente assistita che impone unica morale, unica etica, unica scienza
passando sul corpo delle donne, la legge 30 sul mercato del lavoro che crea
nuove poverta' e nuovi disagi (in particolare per le giovani donne) con i
lavori non garantiti, le nuove poverta'. Tanti altri sono i casi e i punti
dolenti, ma la questione morale ci deve far ripensare ad una nuova etica
pubblica condivisa.
*
- Monica Lanfranco: Pur con alcune eccezioni sembra che anche le donne con
le migliori intenzioni, una volta arrivate ai vertici del potere, si
uniformino ad esso, diventando una fotocopia dell'agire maschile. Dove sta
il problema: nella politica o nelle donne?
- Gabriella Trotta: Fortunatamente non e' sempre cosi', ma e' vero che
l'essere donna non ci vaccina dalla spirale politica. Come esistono
sensibilita' diverse. In linea di massima e' il sistema di potere che impone
un modello maschile. La prima prova e' quantitativa: meno del 10 % di donne
in parlamento, quasi assenti dai vertici dei partiti, poche sindache,
assessore o ruoli chiave. Il problema e' anche formativo: come cresce una
classe dirigente politica se i modelli sono questi? Certo e' possibile
uscire dagli schemi, come ha fatto Zapatero che ha fatto, da subito, una
serie di scelte innovative e avanzate, necessarie ma non scontate nella
cattolicissima Spagna. Dalla presenza paritaria nel governo alle scelte di
civilta' e rispetto delle scelte di orientamento sessuale dei cittadini, al
no alla guerra in Iraq, si e' posto all'avanguardia degli altri paesi del
Mediterraneo.
*
- Monica Lanfranco: Si puo' cambiare la politica, e il mondo, senza prendere
il potere, come sostiene Halloway?
- Gabriella Trotta: Riuscissimo a trovare nuovi modelli di partecipazione:
si'. Diciamo che dopo il referendum sulla procreazione medicalmente
assistita, che ritenevo un importante mezzo di democrazia diretta, sono
diventata meno ottimista. In realta' la politica deve tornare ad essere di
tutti, anche se i modelli partecipativi sembrano in crisi. Cio' che mi
preoccupa e' la mancanza di solidarieta' e di attenzione agli altri che si
riflette anche in un disinteresse verso la politica. Ma il disinteresse
"spontaneo" finisce per fare il gioco di chi vuole continuare cosi'.
*
- Monica Lanfranco: Sei stata attiva nella politica istituzionale (o in
gruppi di donne extra-istituzioni) a vari livelli, puoi raccontare i punti
di forza e quelli di debolezza della tua esperienza?
- Gabriella Trotta: La mia prima esperienza politica e' stata in un gruppo
femminista genovese, uno dei rari aperti agli uomini (solo due...), ed ho
sempre continuato a lavorare sulle politiche femminili perche' ci sono
ancora troppe disparita' e ineguaglianze, e perche' credo che noi possiamo
dare un valore aggiunto al far politica. E' possibile creare un modello
partecipativo femminile, meno autoritario e autoreferenziale. Mi convince la
voglia di mettersi in discussione tra donne, mentre ho sempre manifestato
intolleranza. alle forme di organizzazione della politica tradizionale, per
quanto ne faccia parte attiva. Le forme di coscienza critica spesso non sono
tollerate nelle organizzazioni. Io credo che il fine ultimo di ogni essere
umano e', o dovrebbe essere, la ricerca della felicita' e siccome siamo
esseri sociali, la felicita' passa attraverso la capacita' di convivere con
gli altri e la capacita' di avere una organizzazione sociale che aiuti a
realizzare questo obiettivi: far politica dovrebbe essere il percorso
organizzativo per questo obiettivo.
*
- Monica Lanfranco: Quali possono essere gli alleati, e quali invece i
peggiori ostacoli alla realizzazione di una diversa qualita' della politica
per le donne?
- Gabriella Trotta: Gli alleati, oltre alle donne stesse, li troviamo per
strada sui singoli temi, sulle nostre campagne. In linea di massima le
persone intelligenti che non hanno paura di mettere in discussione il
proprio ruolo sociale, familiare, lavorativo. Gli ostacoli: le donne che
subiscono il fascino del potere.
*
- Monica Lanfranco: Fossi al governo, quali i cinque punti dei primi cento
giorni?
- Gabriella Trotta: 1) L'immediato ritiro delle truppe italiane da scenari
di guerra e l'esercizio del ripudio di ogni forma di guerra, previsto dalla
Costituzione. Lo smantellamento delle basi militari dal territorio italiano
ed europeo. 2) La creazione di un sistema di sicurezza sociale che svolga
davvero una funzione di rete: salute, servizi sociali, servizi per anziani,
handicap, tutela dei disoccupati. 3) Diritto di cittadinanza ed eliminazione
delle disuguaglianze. Ogni cittadina e cittadino presente sul territorio
italiano deve avere pari dignita', diritti e opportunita'. Dalle pari
opportunita' tra uomo e donna, alle pari opportunita' di cittadinanza.
Questo vale anche per tutti i rapporti con la pubblica amministrazione,
l'accesso ai servizi, ecc. 4) L'Italia e' una Repubblica fondata sul lavoro
e non sul liberismo sfrenato e sulla speculazione: ridiamo dignita' al
lavoro di tutte e di tutti eliminando le forme introdotte dalla legge 30,
condizioni pagate in particolare dai giovani e tra questi in particolare
dalle donne. Alla paura della capacita' economica e industriale dei paesi
emergenti come Cina e India, si puo' rispondere solo con la globalizzazione
dei diritti fondamentali. 5) Innovazione tecnologica, ricerca e sviluppo del
lavoro investendo sulle e sui giovani. Naturalmente con particolare
attenzione alla ricerca di fonti rinnovabili d'energia. Intanto qualche
valutazione sull'olio di colza al posto del gasolio si potrebbe fare gia'
adesso. Visto il costo del petrolio e la dipendenza assoluta in cui ci
troviamo.

9. LETTURE. ELENA PULCINI: L'INDIVIDUO SENZA PASSIONI
Elena Pulcini, L'individuo senza passioni. Individualismo moderno e perdita
del legame sociale, Bollati Boringheri, Torino 2001, pp. 230, euro 20,66.
Dall'homo oeconomicus, all'homo democraticus, all'homo reciprocus:
dall'individuo della solitudine e degli artigli (della guerra di tutti
contro tutti, del coro degli uomini vuoti), alla passione del dono e
all'individuo comunitario (non sintesi totalitaria che chiude ed esclude, ma
infinita apertura all'altro). Una monografia di profonda potenza
ermeneutica. L'autrice e' docente di filosofia sociale all'Universita' di
Firenze.

10. LETTURE. ELENA PULCINI: IL POTERE DI UNIRE
Elena Pulcini, Il potere di unire. Femminile, desiderio, cura, Bollati
Boringhieri, Torino 2003, pp. XXXIV + 194, euro 18. "Una serie di saggi
scritti nell'arco di una qundicina d'anni e tutti accomunati da
quell'oggetto inquieto e tuttora sfuggente che e' il problema del 'soggetto'
ripensato alla luce della 'differenza' femminile". Una riflessione ad un
tempo straordinariamente compatta e articolata, in cui la vastita' dei
riferimenti convocati a convivio si coniuga a un grande nitore di sguardo,
rigore di pensiero, esattezza di voce. Un libro che vivamente raccomandiamo.

11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

12. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1066 del 27 settembre 2005

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