La nonviolenza e' in cammino. 1058



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1058 del 19 settembre 2005

Sommario di questo numero:
1. Renato Solmi: Dal Brasile un luminoso segnale
2. Franco Borghi: Il 23 ottobre, si'
3. Paolo Bergamaschi: Si'
4. Gabriele De Veris: Si'
5. Alessandro Pizzi: Si'
6. Sosteniamo il si' che salva le vite
7. Enrico Peyretti: Le armi tradiscono, non difendono
8. Elisa Lagrasta: Le armi leggere italiane uccidono in tutto il mondo
9. Simona Beltrami: Eliminare le mine e le munizioni cluster
10. Lisa Clark: Eliminare tutte le armi nucleari
11. Alberto L'Abate ricorda Pio Baldelli
12. La "Carta" del Movimento Nonviolento
13. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. RENATO SOLMI: DAL BRASILE UN LUMINOSO SEGNALE
[Ringraziamo Renato Solmi (per contatti: rsolmi at tin.it) per questo
intervento. Renato Solmi e' stato tra i pilastri della casa editrice
Einaudi, ha introdotto in Italia opere fondamentali della scuola di
Francoforte e del pensiero critico contemporaneo, e' uno dei maestri
autentici e profondi di generazioni di persone impegnate per la democrazia e
la dignita' umana, che attraverso i suoi scritti e le sue traduzioni hanno
costruito tanta parte della propria strumentazione intellettuale]

Ho imparato molto dalle lettere che sono uscite finora sul notiziario di
adesione alla campagna per il divieto del commercio e dell'uso privato delle
armi in Brasile (dove il problema si poneva in termini particolarmente
drammatici; ma l'iniziativa ha un valore di stimolo e di modello esemplare
per tutti).
Anche la campagna per il disarmo deve cominciare dal basso, e cioo' dai
comportamenti individuali e privati, e dai regolamenti in proposito di ogni
singolo stato, se si vuole che possa avere qualche prospettiva di successo
anche al livello della politica internazionale e dei rapporti fra le potenze
grandi e piccole.
E' un passo avanti di straordinaria importanza (specie se, come tutti ci
auguriamo, sara' coronato da successo) sulla via della mobilitazione delle
grandi masse popolari e delle coscienze di tutti contro le tendenze
crescenti a una politica estera irresponsabile e all'impiego della forza a
titolo preventivo per la soluzione di questioni che dovrebbero essere
affrontate in modo completamente diverso (o addirittura per scopi che non
hanno niente a che fare con esse).
Il referendum brasiliano e' un luminoso segnale per tutti quelli che sono
persuasi del fatto che risultati importanti per la pacificazione del mondo
possono essere raggiunti per la via della nonviolenza e della progressiva
eliminazione o riduzione dei rischi che minacciano la vita e il benessere di
tutti gli abitanti del pianeta.

2. EDITORIALE. FRANCO BORGHI: IL 23 OTTOBRE, SI'
[Ringraziamo Franco Borghi (per contatti: franco.borghi at fbitc.it) per questo
intervento. Franco Borghi, amico della nonviolenza, e' intensamente
impegnato nelle iniziative in difesa della Costituzione, per la pace e i
diritti]

Una realta' drammatica
In un intervento di qualche tempo fa, il ministro brasiliano della cultura
Gilberto Gil diceva: "Abbiamo sempre avuto poverta' in Brasile. Ma non c'e'
mai stata tanta violenza come oggi. O il Brasile elimina la violenza o la
violenza eliminera' il Brasile". Si', il Brasile, al di la' dei fin troppo
facili cliche' (samba, carnevale, calcio, telenovelas) e' un continente
(almeno per le sue dimensioni) dolorosamente attraversato da una sanguinosa
violenza endemica. Che si traduce in qualcosa come 40.000 omicidi l'anno
(cui si dovra' aggiungere un numero quasi uguale di tentati omicidi), circa
due terzi dei quali causati da armi leggere. Di queste armi, poi, stando
alle statistiche, dispone almeno un cittadino su dieci.
*
Passi sulla via della pace
Il referendum sul disarmo del prossimo 23 ottobre e' solo uno dei passi che
la societa' brasiliana sta compiendo sulla strada della lotta contro la
violenza e per l'instaurazione di una cultura di pace. Un altro
significativo passo e' stato quello fatto, il 15 luglio dello scorso anno,
con l'avvio della Campagna per la consegna delle armi da fuoco. Tale
campagna e' stata giudicata dall'Unesco una delle migliori strategie di
promozione della pace portate avanti nel mondo, e gli e' valsa
l'assegnazione del Premio Unesco 2004, nella categoria "Diritti umani e
cultura di pace". Il risultato, per quanto apprezzabile, resta tuttavia
insufficiente, considerando che, ormai alle sue ultime battute, registra la
consegna di circa 400.000 armi leggere su oltre 15 milioni in mano alla
popolazione civile.
*
La reazione dei "signori delle armi"
Inutile dire che sul referendum si e' scatenata la reazione della lobby
dell'industria brasiliana delle armi, la Taurus in prima fila (basta dare un
occhiata al suo sito www.taurus.com.br), con la diffusione di previsioni
allarmistiche circa una societa' che la vittoria del si' lascerebbe
inevitabilmente in balia della delinquenza comune. I "signori delle armi",
troppo facilmente e interessatamente dimenticano che la maggior parte degli
omicidi non e' opera di manovali del crimine, ma e' frutto di liti o
aggressioni tra parenti e/o conoscenti, il piu' delle volte occasionate
dall'eccesso di alcool (altra piaga nazionale del Brasile). Di tutte le
morti dovute ad arma da fuoco, meno del 10%  avviene in occasioni di furti e
rapine. Due terzi delle aggressioni nei confronti delle donne hanno per
soggetti i rispettivi mariti o conviventi. L'esito letale di queste, a
seconda delle fasce di eta', e' determinato, in percentuali variabili tra il
50 e il 60%,  dall'uso di armi da fuoco.
*
Cosa comportera' la vittoria del referendum
Con la vittoria del si' al Referendum, la vendita delle armi sara'
consentita esclusivamente alle Forze Armate, alle polizie federali e
statali, alle guardie municipali, alla Presidenza della Repubblica
(l'agenzia preposta ai servizi segreti e alla sicurezza istituzionale), alla
polizia penitenziaria, alle guardie portuali, alle imprese di sicurezza e di
trasporto di valori, oltre alle associazioni sportive di tiro legalmente
costituite.
*
I primi risultati della nuova cultura di pace
E' dimostrato che le leggi per il controllo della vendita di armi
contribuiscono a diminuire i rischi per tutti. Uno studio dell'Unesco,
pubblicato quest'anno, rileva che Australia, Inghilterra e Giappone, dove e'
stato proibito il commercio di armi, sono tra i paesi del mondo in cui meno
si uccide. Ma, anche qui, in Brasile, la Campagna nazionale per il disarmo
comincia a mostrare i suoi primi effetti positivi. Rilevamenti effettuati
dal Ministero della Giustizia e della Sanita' mostrano che nei primi sette
mesi della Campagna (messi a confronto con i primi sette mesi del 2004) i
ricoveri ospedalieri per ferite da armi da fuoco sono diminuiti del 10%,
nella Baixada Fluminense (una regione tra le piu' violente del Paese) e del
7% a Sao Paulo.  E' ancora poco, pochissimo, naturalmente. Ma e' gia'
qualcosa, dato che la legge non e' stata ancora approvata.
*
E' necessaria una rivoluzione culturale
La legge sul disarmo potra' aiutare a raggiungere obiettivi rilevanti, solo
se accompagnata da una riflessione seria e di piu' ampio respiro, capace di
tradursi in coscienza nuova e in legislazione e pratiche sociali che
modifichino in profondita' gli squilibri esistenti a livello economico, in
primo luogo, ma anche razziale (il che puo' sembrare paradossale per una
popolazione in grande misura meticcia come quella brasiliana), e di genere
(il machismo e la sua violenza). Tutte le istituzioni e le agenzie educative
(scuole, chiese, religioni, e il variegato mondo dell'associazionismo) sono
chiamate a collaborare per rispondere alla sfida che pone la costruzione di
una societa' giusta e solidale, dove ci sia posto per tutti. E una vita
degna di essere vissuta.
*
I comandamenti della Pace solidale
Sono quelli suggeriti dalla Campagna della fraternita' di quest'anno e che
intendono favorire questo cambiamento di mentalita' e di societa'
all'insegna della nonviolenza e della pace:
- sapersi mettere al posto dell'altro;
- non rispondere alla violenza con la violenza;
- promuovere il dialogo;
- interessarsi alla comunita';
- scoprire e valorizzare cio' che di positivo c'e' nelle persone;
- associarsi, unire le forze;
- preoccuparsi delle cause dei problemi;
- conoscere e usare i mezzi legali;
- non tacere di fronte all'ingiustizia.
*
Il 23 ottobre si' alla legge brasiliana sul disarmo.

3. 23 OTTOBRE. PAOLO BERGAMASCHI: SI'
[Ringraziamo Paolo Bergamaschi (per contatti: pbergamaschi at europarl.eu.int)
per questo intervento. Paolo Bergamaschi e' impegnato nel Movimento
Nonviolento, esperto di politiche della difesa, e' consigliere della
Commissione affari esteri del Parlamento europeo]

Il dialogo fra americani ed europei sulla sicurezza da tempo incontra molti
ostacoli. Questo e' vero a tutti i livelli perche' la concezione dei primi
su questo tema si scontra con quella degli altri. D'altronde, se cosi' con
fosse, non si spiegherebbe la scelta europea di produrre una propria
strategia di sicurezza per marcare le differenze con la dottrina di
sicurezza dell'amministrazione Bush.
Il disarmo e' ancora un obiettivo strategico dei paesi europei ma non lo e'
per gli americani che includono le forniture militari nel pacchetto generale
degli aiuti e dell'assistenza ai paesi terzi.
Sono, ancora, gli americani che si oppongono ad un trattato internazionale
sul commercio delle armi leggere. Per la cultura di quel paese vige il motto
"piu' armi piu' sicurezza", sia nelle relazioni internazionali che in quelle
interpersonali. Il cittadino americano ritiene un diritto costituzionale la
detenzione di armi da fuoco. Negli Stati Uniti ne circolano quasi 300
milioni, all'incirca una per abitante. Con i risultati che tutti hanno
davanti agli occhi messi spietatamente a nudo dal film di Michael Moore
"Bowling for Colombine". Questo modello, figlio della cultura della
frontiera conquistata e presidiata palmo a palmo, e' stato esportato e si e'
affermato anche negli altri paesi del continente americano. Ma da allora i
tempi sono cambiati e per gli europei questo modello e' anacronistico e
pericoloso.
Un mondo civile non ha bisogno di armi. Ma intanto il disarmo e' scomparso
dall'agenda internazionale...
Anche per questo e' cosi' importante l'iniziativa brasiliana.

4. 23 OTTOBRE. GABRIELE DE VERIS: SI'
[Ringraziamo Gabriele De Veris (per contatti: gdeveris at tiscali.it) per
questo intervento. Gabriele De Veris e' una delle figure piu' conosciute e
stimate dell'impegno per la pace e la nonviolenza in Italia; vive e lavora a
Perugia come bibliotecario; capo scout, obiettore di coscienza, si occupa da
molti anni di educazione alla pace e nonviolenza; collabora con varie
associazioni, e in particolare con la Tavola della pace per l'organizzazione
della marcia Perugia-Assisi; attualmente sta anche organizzando un centro di
documentazione su pace e nonviolenza]

Bloccare la vendita di armi e' un atto di follia politica o di sana
concretezza? Scelgo la concretezza che guarda alla vita e alle innumerevoli
morti causate dalle armi; e mi auguro che anche in Europa si scelga il
coraggio concreto di riempire i granai e vuotare gli arsenali.

5. 23 OTTOBRE. ALESSANDRO PIZZI: SI'
[Ringraziamo Alessandro Pizzi (per contatti: alexpizzi at virgilio.it) per
questo intervento. Alessandro Pizzi, gia' apprezzatissimo sindaco di Soriano
nel Cimino (Vt), citta' in cui il suo rigore morale e la sua competenza
amministrativa sono diventati proverbiali, ha preso parte a molte iniziative
di pace, di solidarieta', ambientaliste, per i diritti umani e la
nonviolenza, tra cui l'azione diretta nonviolenta in Congo con i "Beati i
costruttori di pace"; ha promosso il corso di educazione alla pace presso il
liceo scientifico di Orte (l'istituto scolastico dove insegna)]

Voglio esprimere la mia solidarieta' alle sorelle e ai fratelli brasiliani
che hanno indetto il referendum impegnandomi a far conoscere l'iniziativa in
tutte le occasioni pubbliche in cui saro' impegnato. Ho gia' annunciato
l'iniziativa in occasione di un incontro pubblico tenuto a Soriano nel
Cimino sabato scorso.
Mi auguro che anche in Italia venga avviata una riflessione con il
coinvolgimento dei cittadini sulla produzione e sul commercio delle armi.
Ho ancora in mente l'accorato appello alla riconversione dell'industria
bellica che un esponente della Societa' Civile di Butembo rivolse a noi
occidentali partecipanti all'iniziativa dei Beati i costruttori di pace
nella Repubblica democratica del Congo nel 2001.

6. MATERIALI. SOSTENIAMO IL SI' CHE SALVA LE VITE
Ricordiamo ancora che per promuovere iniziative in Italia per sostenere la
campagna per il "si'" al referendum brasiliano si  puo' contattare Francesco
Comina in Italia (e-mail: f.comina at ladige.it) e padre Ermanno Allegri in
Brasile (e-mail: ermanno at adital.com.br, sito: www.adital.com.br).
Utilissime informazioni sul referendum brasiliano sono nel fondamentale sito
www.referendosim.com.br (in lingua portoghese-brasiliana).
Tutti gli interventi a sostegno del si' al referendum brasiliano per
proibire il commercio delle armi da fuoco e delle munizioni ospitati su
questo foglio compaiono anche in una apposita pagina web del sito di
Peacelink (www.peacelink.it), curata da Giacomo Alessandroni:
http://italy.peacelink.org/pace/articles/art_12631.html
Nel sito di Peacelink e' anche possibile consultare tutti i fascicoli di
questo foglio a partire dal dicembre 2004 alla pagina web:
http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html
Invitiamo nuovamente tutte le persone che ci leggono sia ad inviarci
interventi a sostegno del si' al referendum brasiliano per abolire il
commercio delle armi, sia a scrivere a giornali, riviste, siti, mass-media,
a istituzioni, movimenti, associazioni, a persone amiche, per diffondere
l'informazione e la sensibilizzazione sul referendum brasiliano, e chiamare
tutte le persone di volonta' buona ad esprimere sostegno alle sorelle e ai
fratelli che in Brasile sono impegnati a far vincere il si' al diritto a
vivere, il si' al disarmo, il si' alla civilta' umana, il si' alla gestione
nonviolenta dei conflitti, il si' alla pace fra tutti gli esseri umani, il
si' alla convivenza di tutte e tutti sull'unica terra che abbiamo.

7. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: LE ARMI TRADISCONO, NON DIFENDONO
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per averci
messo a  disposizione questo testo scritto durante un convegno sulla
riconversione dell'industria armiera il 15 luglio 2005. Enrico Peyretti
(1935) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei
maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza;
ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e
diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora
regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno
Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e'
membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace
delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista
"Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro
Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e
del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie
prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non
uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il
Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la
guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei
Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; e' disponibile nella rete telematica la
sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia
storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente
edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il
principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha
curato la traduzione italiana), e una recente edizione aggiornata e' nei nn.
791-792 di questo notiziario; vari suoi interventi sono anche nei siti:
www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla pagina web
http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu' ampia
bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15
novembre 2003 di questo notiziario]

Le armi tradiscono, non difendono

Se la difesa della vita e dei diritti umani
si realizza in definitiva dando la morte
a chi minaccia o si teme che minacci
allora fabbricare armi, strumento della morte artificiale,
e' un valore per la vita e per i diritti umani.
Ma poiche' ogni guerra e ogni difesa armata - ormai e' storicamente
provato -
produce piu' offesa generale alla vita, che non difesa e vita,
e "produce piu' malvagi di quanti ne toglie di mezzo" (Kant);
e poiche' l'enorme produzione militare
non solo non difende dal maggiore pericolo attuale
- che e' la guerra privatizzata, personalizzata
frutto ultimo del diritto alla guerra preteso dagli stati -
ma provoca e rafforza l'arma invisibile e invincibile del terrorismo
da qualunque parte venga e contro chiunque sia diretto,
e inferocisce le relazioni sociali,
ridotte dall'ideologia della sicurezza impaurita
ad imitare e riprodurre i modi della delinquenza,
allora la liberazione dalla guerra,
oltre che primaria liberazione dallo spirito bellico,
deve essere anche liberazione dalle armi;
allora la premessa necessaria
alla riconversione del lavoro umano
dal produrre morte al produrre vita
- che e' l'unico senso del lavoro -
non sara' pensabile ne' realizzabile
senza la mutazione culturale
da una cultura della difesa bellica, armata, omicida, assurda,
controproducente
ad una cultura della difesa sociale, civile, non armata, nonviolenta
positiva e attiva.
Poiche' il complesso militar-industriale e' in realta'
un complesso militar-industriale-scientifico-culturale-morale-filosofico
allora, il lavoro storico, morale, filosofico, culturale, educativo
e' la premessa indispensabile al mutamento politico-strategico,
e' la premessa indispensabile alla conversione del lavoro umano
dal crimine alla socialita'
dalla vergogna alla dignita'
dalla barbarie attuale alla civilta' in via di umanizzazione
dal fallimento attuale alla fiducia e costruzione
della possibilita' di convivenza umana.
Il programma umano non e', come si fa oggi, produrre tanta morte
con qualche ricaduta tecnica utile alla vita
ma lavorare per la vita, nonostante i suoi limiti nella morte,
limiti riducibili indefinitamente
perche' la vita senza morte
- che non sappiamo immaginare
che la stoltezza cerca mediante la stessa morte
ma che sapienze popolari e religioni da sempre attendono e sperano -
comincia col non uccidere, col non fabbricare la morte.

8. DOCUMENTAZIONE. ELISA LAGRASTA: LE ARMI LEGGERE ITALIANE UCCIDONO IN
TUTTO IL MONDO
[Da "Azione nonviolenta" n.8-9 di agosto-settembre 2005 (sito:
www.nonviolenti.org). Elisa Lagrasta, master in educazione alla pace,
cooperazione internazionale, diritti umani e politiche dell'Unione Europea,
e' ricercatrice presso l'istituto di ricerche internazionali "Archivio
Disarmo". Tra le opere di Elisa Lagrasta: Le armi del Belpaese. L'Italia e
il commercio internazionale di armi leggere, Ediesse, Roma 2005]

Secondo una stima delle Nazioni Unite sono oggi in circolazione nel mondo
oltre 650 milioni di armi leggere e di piccolo calibro. Gli Stati Uniti ne
sono il principale esportatore (oltre 700 milioni di dollari nel 2001, in
base ai dati del Comtrade dell'Onu), l'Italia il secondo (circa 300 milioni
di dollari) (1). Il commercio mondiale di queste armi non e' sottoposto a
controllo e ogni anno muoiono 200.000 persone tra omicidi e suicidi; altre
subiscono le conseguenze della poverta' diffusa (2), dell'abuso dei diritti
umani, della violenza nei conflitti armati che provoca annualmente 300.000
vittime, il 90% delle quali civili.
Dal 1990 in Italia e' in vigore la legge 185 che regola i trasferimenti di
armi militari e, nonostante successive modifiche che ne hanno in parte
limitato l'iniziale rigidita', inserisce criteri precisi in base ai quali
effettuare le esportazioni. Viene infatti vietata la vendita di armi
militari a paesi in stato di conflitto armato, a paesi sottoposti a embargo
dell'Onu, dell'Unione Europea o dell'Osce (3), a paesi i cui governi sono
colpevoli di accertate gravi violazioni dei diritti umani o paesi che,
ricevendo aiuti economici dall'Italia - in base alla legge 49 del 1987 -
destinano al bilancio militare risorse eccedenti le proprie esigenze di
difesa. Questi limiti imposti dalla normativa e la prevista relazione
annuale tenuta dal Presidente del Consiglio in Parlamento sottopongono le
armi leggere ad uso militare (pistole mitragliatrici, mitragliatori, fucili
d'assalto, mortai, lanciarazzi, lanciamissili...) ad un buon regime di
controllo, sia pur compromesso dalla costante pressione dei produttori di
armi.
*
Le piccole armi ad uso civile invece (pistole, revolver, fucili, carabine e
materiale esplosivo) non sono sottoposte ad una normativa altrettanto
rigorosa. Concepite per la caccia, lo sport e la difesa personale godono di
una ben maggiore liberta' di movimento: se infatti all'interno del
territorio italiano la loro vendita, detenzione ed uso sono severamente
regolamentati dalla legge 110 del 1975, la stessa normativa si rivela
drammaticamente inefficiente per quanto riguarda le esportazioni. Le armi
civili possono circolare liberamente e raggiungere senza troppe difficolta'
anche teatri di guerra e di violenza diffusa.
Le armi leggere e di piccolo calibro sono le armi piu' utilizzate negli
odierni conflitti intra-statali, dove in genere non si scontrano eserciti
nazionali ma gruppi armati, truppe ribelli, paramilitari.
Nell'impossibilita' economica di accedere ai grandi sistemi d'arma, questi
militanti - spesso attraverso la vendita sul mercato nero delle ricchezze
naturali del territorio da essi controllato (legname, diamanti, metalli
preziosi) - ripiegano sulle armi piccole e leggere: economiche, durature, di
facile utilizzo e manutenzione anche da parte dei bambini soldato, diventano
cosi' le macchine di morte ideali nella guerriglia tra fazioni. Inoltre note
pistole di produzione italiana vengono date in dotazione a diverse forze di
polizia nel mondo, le quali spesso non eccellono per conformita' ai principi
in materia di diritti umani e abusano del potere loro concesso.
*
In base ai dati dell'Istat (4), dal 1999 al 2003 l'Italia ha esportato 1
miliardo e 568 milioni di euro di armi ad uso civile (armi comuni da sparo,
relative parti e munizioni, esplosivi) con una vendita annua che oscilla tra
i 280 milioni di euro del 1999 e i 355 milioni del 2001. Se si esaminano
anche tutte le esportazioni di armi ad uso militare sottoposte alla legge
185/90 (il cui ammontare nei cinque anni di riferimento e' di 3,1 miliardi
di euro) (5) risulta che i trasferimenti di armi civili rappresentano il 33%
del valore di tutte le esportazioni di armi effettuate dall'Italia nel
quinquennio.
Le esportazioni di armi civili di produzione italiana effettuate dal 1999 al
2003 sono costituite da pistole, fucili e relativi accessori per oltre 1
miliardo di euro, da munizioni per circa 480 milioni e da esplosivi per
quasi 50 milioni. I principali importatori sono gli Stati Uniti (verso cui
si e' diretto il 38% di tutte le esportazioni) e i paesi dell'Unione Europea
(che insieme raggiungono un altro 38%), seguiti dal gruppo dei paesi europei
non appartenenti all'Unione (6,5% dei trasferimenti), dall'Africa
Settentrionale e Medio Oriente (5,5%) e dall'Asia (5%). Mercati minori sono
rappresentati dall'America centro-meridionale (che detiene un 3,5% delle
esportazioni), dall'Oceania (1,5%) e infine dall'Africa centro-meridionale
(1%).
*
Dietro a queste percentuali si nascondono casi di violazioni dei diritti
umani e delle liberta' fondamentali, conflitti armati, violenza diffusa,
embarghi d'armi. Tra gli esempi piu' eclatanti c'e' la Federazione Russa, il
cui governo e' in aperto conflitto con i separatisti ceceni ed e' stato
ripetutamente richiamato dal Consiglio Europeo per l'asprezza dei metodi di
repressione utilizzati, e tuttavia ha potuto importare dall'Italia oltre 14
milioni di euro di armi di piccolo calibro. Israele, colpevole di gravi
violazioni dei diritti umani nei territori occupati, ne ha importate poco
meno di 8 milioni di euro, di cui 6 milioni di euro di pistole e fucili tra
il 1999 e il 2001 e 1 milione di esplosivi nel corso del solo 2003. Algeria,
Colombia, Filippine, India che da anni cercano di reprimere con la forza la
conflittualita' interna ai loro territori generata da fazioni rivali e da
gruppi armati che non riconoscono il governo centrale, hanno importato
dall'Italia rispettivamente 3,8, 2,6, 4,4 e 3,7 milioni di euro di pistole,
fucili e munizioni. Armenia, Azerbaijan, Etiopia, Angola, Sierra Leone,
Cina, Afghanistan (6) sottoposti a embargo dall'Onu o dall'Unione Europea
hanno potuto importare diversi quantitativi di armi civili (7), senza che si
possa stabilire con certezza a chi siano state destinate e che uso ne venga
fatto (8). A questi si aggiungono i 30 milioni di euro di munizioni vendute
alla Malaysia, segnalata nei rapporti annuali sui diritti umani del
Consiglio Europeo (9) per l'eccessivo uso della forza da parte della polizia
locale. Difficile la situazione in materia di diritti umani anche in
Indonesia, Sri Lanka, Pakistan, Congo, Sudafrica, e ancora in Brasile,
Argentina, Messico, Ecuador, come pure in Turchia, Bosnia-Erzegovina, Cipro,
Ucraina, tutti importatori medio-grandi di armi leggere italiane (10).
La proliferazione incontrollata delle armi e' un problema globale, che
riguarda tutti e richiede un coinvolgimento internazionale. Servono maggiori
controlli, normative rigide e giuridicamente vincolanti, come quella
promossa recentemente da Amnesty International, Oxfam e Iansa e sostenuta da
numerose altre ong - anche italiane - per l'adozione in sede Onu di un
trattato internazionale sul commercio delle armi che inserisca precisi
limiti ai trasferimenti di armi. Occorre tutelare la sicurezza e la vita
umana: milioni di persone nel mondo devono essere liberate dall'incubo della
violenza armata.
*
Note
1. Si veda il sito http://unstats.un.org/unsd/comtrade
2. Diversi governi, soprattutto nelle aree piu' arretrate del pianeta,
destinano risorse per la difesa sottraendo fondi allo sviluppo economico e
sociale del paese. Coloro che maggiormente subiscono le conseguenze di
queste scelte politico-strategiche sono le popolazioni civili.
3. Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa
4. I dati sono disponibili sul sito www.coeweb.istat.it
5. Si veda www.disarmonline.it
6. Per Angola, Afghanistan e Sierra Leone l'embargo vincolante Onu e'
limitato ai gruppi armati ribelli (rispettivamente Unita, Talebani e Ruf).
Tuttavia e' impossibile conoscere l'esatta destinazione delle armi esportate
verso il paese e non si puo' escludere che, attraverso canali piu' o meno
illeciti, esse siano arrivate ai ribelli.
7. In particolare si segnalano i 26.000 euro di materiale esplosivo venduto
alla Sierra Leone nel 2001, i 600.000 euro di armi e munizioni vendute alla
Cina e i 947.000 euro di pistole esportate in Afghanistan nel corso del
2003.
8. L'impossibilita' di determinare con precisione la destinazione finale di
queste merci (nonche' la fabbrica produttrice) e' dovuta alla riservatezza
degli stessi dati dell'Istat: vengono infatti indicati soltanto il paese
importatore, il mese e l'anno di uscita dal territorio nazionale, e
l'importo totale in euro per categoria di merce.
9. Cfr. Council of the European Union, Eu Annual Report on Human Rights,
anni 2001 e 2002, disponibile sul sito http://ue.eu.int
10. Cfr. Lagrasta E., Le armi del Belpaese. L'Italia e il commercio
internazionale di armi leggere, Ediesse, Roma 2005.

9. DISARMO. SIMONA BELTRAMI: ELIMINARE LE MINE E LE MUNIZIONI CLUSTER
[Da "Azione nonviolenta" n. 8-9 di agosto-settembre 2005 (sito:
www.nonviolenti.org). Simona Beltrami e' coordinatrice nazionale della
Campagna italiana contro le mine dal 2003 e rappresenta la Campagna
all'interno della Coalizione contro le munizioni cluster]

Una storia, una delle tante che ci sono arrivate dall'Iraq insanguinato da
un anno e mezzo di guerra e "dopoguerra", illustra le insidie che le
munizioni cluster rappresentano per le popolazioni civili.
E' la storia di Rowand, una bambina di nove mesi dilaniata da una
submunizione inesplosa urtata mentre camminava gattoni nel posto
teoricamente piu' sicuro per un bambino della sua eta': il soggiorno di casa
sua. L'ordigno, abbastanza piccolo da essere raccolto e trasportato da dei
ragazzini, e abbastanza curioso da attrarre la loro attenzione, era stato
portato a casa da alcuni cuginetti poco piu' grandi di Rowand ed era rimasto
in agguato, sotto il tavolo, per ore, forse giorni, prima di esplodere.
Come le mine, le submunizioni cluster inesplose sono armi indiscriminate,
che possono esplodere tanto all'urto di un carro armato quanto al tocco
leggero di una mano infantile. Ma ancor peggio delle mine, sono del tutto
imprevedibili ed instabili, ed armate con cariche esplosive potentissime,
alla cui detonazione raramente si sopravvive.
Come le mine, mettono quindi a serio repentaglio la vita ed i diritti umani
fondamentali delle popolazioni colpite: non solo quello alla salute e
all'integrita' fisica, ma anche quello alla liberta' di movimento,
all'accesso alle risorse, a godere di un livello di vita dignitoso. Come le
mine, infatti, con la loro presenza erigono barriere insormontabili alla
ricostruzione postbellica, allo sviluppo, alla ripresa delle attivita'
economiche, al rientro dei rifugiati, al superamento dei traumi inflitti
dalla guerra ed al consolidamento della pace, tenendo intere societa'
ostaggio di un clima di terrore quotidiano.
Che le dimensioni del problema a livello planetario siano ancora
relativamente limitate dipende solo dal fatto che finora questo tipo di armi
e' stato utilizzato solo in una manciata di paesi: una loro piu' ampia
diffusione, e peggio ancora la cessione di stock antiquati e inaffidabili
agli eserciti di paesi coinvolti in conflitti interni o regionali,
causerebbe una tragedia umanitaria di proporzioni superiori a quella
prodotta dall'uso delle mine.
*
Nello stesso spirito che ha animato la mobilitazione mondiale per la messa
al bando delle mine antipersona, quindi, si e' andato creando a livello
internazionale un movimento, sostenuto da organizzazioni non governative,
associazioni e dal Comitato internazionale della Croce Rossa, per fermare la
proliferazione di queste armi dagli effetti devastanti prima che sia troppo
tardi. Questo movimento ha trovato la sua articolazione formale nella
creazione, nel novembre 2003, della Coalizione contro le munizioni cluster
(Cluster Munition Coalition - Cmc) che raccoglie piu' di 90 distinte realta'
su una piattaforma minima comune che prevede:
1. Una moratoria a livello mondiale su uso, produzione e commercio delle
munizioni cluster almeno finche' non siano stati risolti i gravi problemi
umanitari che comportano;
2. Un incremento delle risorse destinate ad assistere individui e comunita'
colpiti dalle submunizioni cluster ed altri tipi di residuati bellici
esplosivi;
3. L'accettazione, da parte di quanti fanno uso di questo tipo di munizioni,
di una speciale responsabilita' per la bonifica, le attivita' tese a
informare la popolazione locale del rischio, e l'assistenza alle vittime.
Raggiungere questi obiettivi non sara' facile. Molti eserciti hanno
dimostrato di apprezzare i vantaggi militari ed il favorevole rapporto
costi-benefici offerti dall'uso di queste munizioni e di non essere pronti a
rinunciarvi tanto facilmente. La strada sara' lunga e probabilmente passera'
per tappe intermedie come la proclamazione di moratorie unilaterali a
livello nazionale, l'eliminazione dagli arsenali dei modelli piu'
notoriamente imprecisi ed inaffidabili, ed il dialogo con i comandi militari
preoccupati dal canto loro per l'impatto delle munizioni cluster "amiche"
sulle proprie truppe.

10. DISARMO: LISA CLARK: ELIMINARE TUTTE LE ARMI NUCLEARI
[Da "Azione nonviolenta" n. 8-9 di agosto-settembre 2005 (sito:
www.nonviolenti.org). Lisa Clark (per contatti: lisa.clark at libero.it), amica
della nonviolenza, e' impegnata nell'esperienza dei "Beati i costruttori di
pace" e della "Rete di Lilliput", ed ha preso parte a molte iniziative di
formazione e di intervento nonviolento]

"Prima di tutto ricordate la vostra umanita'". Suonava cosi' l'accorato
appello del premio Nobel per la pace sir Joseph Rotblat alle delegazioni
governative riunite nella sala dell'Assemblea Generale all'Onu il 4 maggio
scorso. Rotblat, 97 anni, tutta una vita spesa per mettere al bando le armi
nucleari e la guerra stessa, era troppo vecchio e malato per dirglielo di
persona. E Janet Bloomfield ha letto ai delegati la lettera inviata loro
dall'unico firmatario dell'Appello Russell-Einstein (1955) ancora in vita,
affinche' si ricordassero di essere parte di quella umanita' la cui
sopravvivenza e' minacciata dalle armi nucleari. "Ecco, quindi, il problema
che abbiamo davanti e che vi poniamo. Un dilemma terribile, che ci pone
un'alternativa netta, ed al quale non possiamo sfuggire. Sceglieremo di
decretare la fine della specie umana? Oppure l'umanita' rinuncera' alla
guerra?".
*
"Abolition Now!" e' una rete di migliaia di associazioni, movimenti,
campagne che si impegna affinche' le armi nucleari vengano finalmente messe
al bando. Insieme ad attivisti da tutto il mondo, parlamentari, giuristi,
sindaci ed amministratori locali il coordinamento riesce ad informare e a
favorire la partecipazione condivisa alle iniziative. La rete internazionale
permette di conoscersi e di capire le sensibilita' diverse.
Sempre il 4 maggio ha preso la parola anche Tony De Brum, delle Isole
Marshall: ha raccontato come, quando era bambino, ha vissuto i terribili
anni delle sperimentazioni nucleari nell'atollo dove viveva. "Nei 12 anni in
cui gli Stati Uniti hanno eseguito test nucleari nelle nostre isole hanno
fatto esplodere cosi' tanti ordigni da diffondere tanta radioattivita'
quanta ne avrebbero sprigionata una bomba e mezzo di quelle sganciate su
Hiroshima ogni giorno per 12 anni di seguito".
*
Con l'entrata in vigore del Trattato di non-proliferazione nucleare (in
sigla: Npt) nel 1970 in molti pensarono che l'umanita' avesse vinto e che si
fosse davvero scelto di rinunciare al nucleare. E infatti nei 30 anni che
seguirono furono senz'altro maggiori i successi dei fallimenti. Tutti gli
Stati del mondo, tranne tre, accettarono il duplice impegno dell'Npt: per le
potenze nucleari, quello di arrivare a smantellare il proprio arsenale
nucleare; per tutti gli altri, quello di non dotarsi mai di armi nucleari.
Alcuni Stati, come Sudafrica e Kazakhstan, che avevano gia' la capacita'
nucleare, smantellarono e distrussero i propri arsenali pur di firmare e
ratificare l'Npt.
*
Ma negli ultimi anni in modo inizialmente subdolo, poi sempre piu'
sfrontato, il nucleare militare e' stato riabilitato. Il presidente Bush ha
revocato nel 2002, nel documento strategico Nuclear Posture Review,
l'impegno assunto da tutti i suoi predecessori dal 1945 in poi, e cioe'
quello a non usare mai un'arma nucleare per colpire per primi. Poi ha
assegnato finanziamenti alla ricerca per nuove armi atomiche piu' piccole,
maneggevoli, e quindi "piu' utilizzabili". Sono solo alcuni dei nuovi eventi
che cambiano la scena internazionale. Con la menzogna della armi di
distruzione di massa in Iraq, l'amministrazione Usa ha anche impartito la
peggior lezione agli stati minacciati: senza la presenza di armi di
sterminio si rischia l'aggressione e l'invasione. E questo spiega la sfida
lanciata al resto del mondo dalla Corea del nord e dall'Iran. Nell'atmosfera
generale di proliferazione, anche la Russia sta progettando una nuova
generazione di sottomarini nucleari, la Gran Bretagna sta pensando
all'ammodernamento della sua flotta di micidiali Trident, e cosi' via.
*
Ma non tutti gli eventi degli ultimi anni sono negativi. Oltre alla
costituzione di "Abolition Now!" si e' consolidata anche la "Campagna dei
sindaci per la pace", lanciata dai sindaci di Hiroshima e Nagasaki. Tutta
una serie di paesi membri delle Nazioni Unite, i membri della New Agenda
Coalition, continuano senza sosta a proporre documenti, accordi,
convenzioni, che sottolineano l'impegno assunto dalle potenze nucleari a
procedere verso un disarmo totale, con distruzione degli arsenali.
Sollecitata dalla comunita' internazionale la Corte internazionale di
giustizia ha dichiarato illegali ed immorali le armi atomiche. Un numero
sempre crescente di paesi si sono costituiti in Zone libere da armi
nucleari. I giuristi internazionali hanno elaborato una Convenzione per
l'eliminazione delle armi nucleari, come quelle che gia' esistono per le
armi chimiche e biologiche.
*
Ricordiamoci, come ci chiede Rotblat, della nostra comune umanita'.
Impariamo dagli Hibakusha, i sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki, a non
stancarci mai, anche quando non vediamo risultati immediati. E impegniamoci
affinche', entro il 2020, il pianeta sia finalmente liberato dalle armi
atomiche, e i morti di Hiroshima e Nagasaki possano finalmente riposare in
pace.

11. MEMORIA. ALBERTO L'ABATE: RICORDA PIO BALDELLI
[Ringraziamo Alberto L'Abate (per contatti: labate at unifi.it) per averci
messo a disposizione questa sua commemorazione che comparira' su una rivista
dell'Universita' di Firenze.
Alberto L'Abate e' nato a Brindisi nel 1931, docente universitario,
promotore del corso di laurea in "Operazioni di pace, gestione e mediazione
dei conflitti" dell'Universita' di Firenze, amico di Aldo Capitini, e'
impegnato nel Movimento Nonviolento, nella Peace Research, nell'attivita' di
addestramento alla nonviolenza, nelle attivita' della diplomazia non
ufficiale per prevenire i conflitti; ha collaborato alle iniziative di
Danilo Dolci e preso parte a numerose iniziative nonviolente; come
ricercatore e programmatore socio-sanitario e' stato anche un esperto
dell'Onu, del Consiglio d'Europa e dell'Organizzazione Mondiale della
Sanita'; ha promosso e condotto l'esperienza dell'ambasciata di pace a
Pristina, ed e' impegnato nella "Campagna Kossovo per la nonviolenza e la
riconciliazione". E' portavoce dei "Berretti Bianchi". Tra le opere di
Alberto L'Abate: segnaliamo almeno Addestramento alla nonviolenza,
Satyagraha, Torino 1985; Consenso, conflitto e mutamento sociale, Angeli,
Milano 1990; Prevenire la guerra nel Kossovo, La Meridiana, Molfetta 1997;
Kossovo: una guerra annunciata, La Meridiana, Molfetta 1999; Giovani e pace,
Pangea, Torino 2001.
Pio Baldelli, nato a Perugia, docente universitario a Firenze di teoria e
tecnica delle comunicazioni di massa, e' deceduto nello scorso luglio
all'eta' di 82 anni; amico della nonviolenza, collaboratore di Aldo
Capitini, educatore, giornalista ed acuto studioso della comunicazione, di
cinema e dei mass-media, parlamentare, autore di fondamentali libri, e'
stato un intellettuale critico di rigoroso impegno civile.
Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato,
docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la
nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande
pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini:
la miglior antologia degli scritti e' (a cura di Giovanni Cacioppo e vari
collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che
contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale -
ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca -
bibliografia degli scritti di Capitini); recentemente e' stato ripubblicato
il saggio Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989; una
raccolta di scritti autobiografici, Opposizione e liberazione, Linea
d'ombra, Milano 1991, nuova edizione presso L'ancora del Mediterraneo,
Napoli 2003; e gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996;
segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri,
Edizioni Associate, Roma 1991; e la recentissima antologia degli scritti Le
ragioni della nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004. Presso la redazione di
"Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito:
www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi
ed opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui i
fondamentali Elementi di un'esperienza religiosa, 1937, e Il potere di
tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di
opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza,
Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi,
Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo
Capitini, Perugia 1998. Opere su Aldo Capitini: oltre alle introduzioni alle
singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le
pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci,
Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini,
Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni
cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La
pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb,
Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi
dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi)
1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia
intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998,
2003; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume monografico
de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante, La realta'
liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia
1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001; Federica
Curzi, Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini, Cittadella,
Assisi 2004; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi,
Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; per una
bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito
citato; numerosi utilissimi materiali di e su Aldo Capitini sono nel sito
dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini: www.aldocapitini.it,
altri materiali nel sito www.cosinrete.it; una assai utile mostra e un
altrettanto utile dvd su Aldo Capitini possono essere richiesti scrivendo a
Luciano Capitini: capitps at libero.it, o anche a Lanfranco Mencaroni:
l.mencaroni at libero.it, o anche al Movimento Nonviolento: tel. 0458009803,
e-mail: azionenonviolenta at sis.it]

Il 19 giugno 2005 e' spirato a Firenze il collega Pio Baldelli , gia docente
all'Universita' di Firenze di Teoria e tecniche delle comunicazioni di
massa.
Alcuni giornali ne hanno parlato, ma ricordando soprattutto la sua direzione
del giornale "Lotta Continua" ed i processi contro di lui per articoli
pubblicati da quel  giornale sul caso Calabresi. Senza voler assolutamente
avvalorare le tesi che hanno portato i giudici a condannare Sofri ed i suoi
compagni per quel crimine, l'immagine di Pio che e' emersa da tali articoli
rischia di essere quella di una persona amica della violenza. Questo non
risponde per niente alla figura reale di Pio Baldelli che per anni ha
collaborato con Aldo Capitini e che alla nonviolenza del suo maestro si e'
sempre ispirato.
Pio, infatti, ricordava sempre, con molto piacere, la sua lunga amicizia
con Aldo Capitini, e l'avere ripetutamente suonato, al posto suo, la campana
del comune di Perugia, nella casa del padre di Capitini, campanaro comunale,
dove Aldo si era ritirato dopo aver dovuto lasciare, per il suo rifiuto a
prendere la tessera del partito fascista, il posto di docente e di
segretario della Scuola Normale di Pisa, nella quale si era laureato.
Ecco come  Capitini ricorda Pio: "Nel 1943 conobbi un giovane perugino, Pio
Baldelli, che poi vidi spessissimo (mi veniva a trovare anche in campagna
dove ero rifugiato nel periodo nazista), e fu stretto collaboratore,  dopo
la Liberazione, nell'attivita' del COS [Centro di Orientamento Sociale] di
Perugia". Scrive sempre Capitini: 'Un mio amico e coadiutore  nella
direzione dei COS, Pio Baldelli, si prese l'incarico di fare... una
presentazione critica di ogni programma [dei vari partiti costituitisi dopo
la Liberazione], stimolando in questo modo i rappresentanti dei partiti ad
ampie difese" (vedi "Azione Nonviolenta", luglio 2005).
Baldelli continua in seguito a collaborare con Aldo curando, come referente
organizzativo,  la diffusione dei COS a livello nazionale, accompagnando
Aldo, nel 1960, ad incontrare don Milani e la sua scuola alternativa, e
contribuendo  alla nascita di un semplice foglio, il "Giornale Scuola" che
metteva insieme gli insegnamenti dei COS e della scuola milaniana (ne
usciranno solo quattro numeri).
Pio partecipera' inoltre al piccolo gruppo di lavoro che mette a punto
l'idea della prima Marcia per la pace Perugia-Assisi (24 settembre 1961), e
collaborera', dal 1964 al 1967,  come membro del comitato di redazione e
come  autore di alcuni importanti articoli, al giornale "Il potere e' di
tutti" fondato da Aldo Capitini. Cosi' scrive Aldo, nel presentare gli scopi
di questo giornale: "per stimolare la partecipazione di tutta la popolazione
ai problemi della vita pubblica, politici, amministrativi, economici,
culturali e sociali, ed aiutare la formazione ed il funzionamento di tutti
quegli organismi democratici necessari per concretare questa partecipazione:
in primo luogo i Centri di Orientamento Sociale" (Ibid.).
*
E sara' questa la vera vocazione ed il lavoro di Baldelli in tutta la sua
vita successiva, quella di contribuire all'ideale capitiniano di una
societa' fondata sulla nonviolenza e sul "potere di tutti".
A Firenze, mettendo insieme la sua attivita' di docente dell'uso dei
mass-media, in particolare del cinema e dei documentari, e la sua attivita'
di  stimolatore alla partecipazione dal basso, collaborera' ad una
importante esperienza di edilizia popolare partecipativa.
Infatti, attraverso un lavoro di videoripresa, nelle abitazioni stesse degli
abitanti, delle discussioni fatte in un quartiere di case minime per la
progettazione di abitazioni fatte "a propria misuraî" ed attraverso la
discussione di un primo progetto redatto da alcuni architetti sulla base di
questi incontri, contribuira' alla progettazione del nuovo quartiere di case
popolari.
Purtroppo, per ragioni di bilancio, il progetto cosi' elaborato verra' in
seguito modificato, nella fase esecutiva, tanto da non far piu' sentire,
agli abitanti, il quartiere costruito come "proprio", come era nelle
intenzioni  di Pio e dei primi architetti. Ma questo non inficia il lavoro e
le intenzioni di Baldelli.
*
Questo e', del resto, successo anche ad altri nonviolenti, compreso lo
stesso Capitini, per i COS. Questi organismi, diffusisi in molte citta'
d'Italia, verranno in seguito ad estinguersi per l'opposizione, da parte di
tutti i partiti piu' grandi, al controllo dal basso che Capitini cercava di
mettere in pratica attraverso questo strumento.
Purtroppo, almeno finora, chi e' al potere, anche se solo a livello locale,
non ama essere controllato dal basso. Per questo la realizzazione delle idee
di Aldo e di Pio necessitano ancora di quella "rivoluzione nonviolenta",
predicata da Aldo Capitini ed anche da un altro suo allievo,  Danilo Dolci;
una rivoluzione che gli amici gandhiani chiamano "rivoluzione totale", in
quanto presuppone il cambiamento non solo delle strutture sociali ma anche
delle idee e dei comportamenti delle singole persone, e di tutta la loro
cultura (in cui attualmente prevale ancora   l'esaltazione della guerra e
dell'uso della violenza e delle forze armate), cambiamento cui sia Aldo che
Danilo e Pio hanno dato un contributo importante.

12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

13. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1058 del 19 settembre 2005

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