La nonviolenza e' in cammino. 1034



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1034 del 26 agosto 2005

Sommario di questo numero:
1. Alcuni dati sul referendum per la proibizione del commercio delle armi in
Brasile
2. Jan Oberg: Combattere il nuclearismo, terrore supremo
3. Dietrich Fischer: La vera minaccia e' il terrorismo nucleare
4. Renato Solmi: Una breve nota di commento al testo di Dietrich Fischer
5. Paolo Candelari ricorda frere Roger
6. Dacia Maraini: La tua faccia non ha nome
7. Maria Luisa Spaziani: Sanno il volto profondo del rancore
8. Renee Vivien: Il palo della gogna
9. Maria Luigia Casieri: L'educazione fuori dalle gabbie
10. Le desolazioni di Scontentone: Daemmerung
11. La "Carta" del Movimento Nonviolento
12. Per saperne di piu'

1. INIZIATIVE. ALCUNI DATI SUL REFERENDUM PER LA PROIBIZIONE DEL COMMERCIO
DELLE ARMI IN BRASILE
[Ringraziamo Francesco Comina (per contatti: f.comina at ladige.it) per averci
trasmesso la seguente scheda informativa sul referendum contro il commercio
delle armi che si svolgera' in Brasile tra poche settimane, ed esprimiamo
naturalmente il nostro pieno sostegno alla campagna per il si', campagna che
ha bisogno anche del nostro aiuto per contrastare la propaganda della lobby
dei produttori di armi (per maggiori informazioni cfr. l'articolo di Ermanno
Allegri nel n. 1002 di questo notiziario). Invitiamo tutti i nostri lettori
a  mettersi in contatto con Francesco Comina in Italia (f.comina at ladige.it),
e con Ermanno Allegri in Brasile (sito: www.adital.org.br)]

Le tappe che hanno condotto al referendum
a) Primo passo: approvazione dello Statuto per il disarmo.
E' la legge n.10.826, del 22 dicembre 2003, e' entrata in vigore dopo la
firma del presidente Luiz Inacio Lula da Silva e la pubblicazione nella
gazzetta ufficiale il 23 dicembre 2003.
Il decreto che la regola, n. 5.123 del primo luglio 2004, e' stato
pubblicato ed e' entrato in vigore il 2 luglio 2004. Questo decreto pone
regole piu' ferree alla circolazione di armi, accessori e munizioni, e
irrigidisce il controllo sulla vendita e l'esportazione.
b) Secondo passo: Il disarmo volontario, un precedente importante.
Il 15 luglio 2004 e' stata lanciata una campagna per la consegna volontaria
di armi da fuoco. Prevista, all'inizio, per durare sei mesi, il successo
della campagna (piu' di 400.000 armi sono gia' state consegnate) e' stato
tale che si e' prorogato il periodo fino al 23 ottobre2005, data del
referendum.
In che cosa consiste: il cittadino che consegna la sua arma in posti
prestabiliti (polizia federale, chiese, sindacati...) non deve spiegare
nulla (se era roba rubata, o comprata, o illegale...) e riceve fino a 300
real come compenso.
c) Terzo passo: Il referendum
Il decreto legge che stabilisce il referendum e il quesito refeendario e'
stato approvato dalla Camera Federale il 6 luglio 2005.
Chi vota: i cittadini tra i 18 e 70 anni (obbligatorio). Tra i 16 e 18 anni,
e oltre i 70, il voto e' facoltativo.
Il quesito del referendum: "Il commercio di armi da fuoco e munizioni deve
essere proibito nel Brasile?".
Nell'urna elettronica il n. 1 e' per il no; Il n. 2 per il si'.
Data del referendum: 23 ottobre 2005.
Conseguenze: Se vince il si' il commercio indicato sara' proibito. Se vince
il no, resteranno in vigore tutte le restrizioni sul porto d'armi previste
nello Statuto per il Disarmo.
*
Il relatore della Commissione e' stato il deputato federale Luis Eduardo
Greenhalgh, del Pt (Partito dei Lavoratori) di Sao Paulo, presidente della
Commissione affari costituzionali e giustizia della Camera. Nel n. 7 della
Rivista del Conasems, Commissione nazionale dei segretari municipali della
salute, egli ricorda l'origine dell'attuale proposta referendaria: "A meta'
2004 il Presidente della Camera Joao Paulo Cunha, del Pt, e il Presidente
del Senato, Jose' Sarney, del Pmdb, promossero una commissione mista per
analizzare tutti i progetti di legge passati alla Camera e al Senato che
trattavano dell'uso e della regolamentazione delle armi da fuoco in Brasile.
Il relatore della Commisione fui io, come presidente della Commissione per
gli affari costituzionali e la giustizia della Camera. In soli 15 giorni fu
necessario analizzare settanta progetti di legge in discussione, alcuni dal
1988".
Chi e' il deputato Luis Eduardo Greenhalgh: Fin dagli anni Sessanta come
avvocato difese un grande numero di prigionieri politici durante la
dittatura militare, affrontando per questo persecuzioni e minacce di ogni
tipo. Dal 1974 nel Movimento Democratico Brasiliano (Mdb, il partito non
governativo "concesso" dai militari) fino al 1979. Nel Pt dall'80 (uno dei
fondatori); parlamentare per il Pt nelle legislature '87-'91;  '95-'99;
2003-2007. Per contatti: e-mail: dep.luizeduardogreenhalgh at camara.gov.br
Due fronti parlamentari si fronteggiano in vista del referendum nella
campagna che si svolgera' dal primo al 23 ottobre: uno ha come leader i
deputati Renan Calheiros e Raul Jungmann che sono a favore della proibizione
della vendita e distribuzione di armi; e' il "Fronte per un Brasile senza
armi" con 22 parlamentari (6 di sinistra, 10 di centro e 6 di destra); un
secondo con i deputati Alberto Fraga e Luiz Antonio Flery Filho, che
difendera' lo status quo, con la vendita e il commercio di armi e munizioni;
e' il "Fronte parlamentare per il diritto alla legittima difesa", con 14
parlamentari (5 di centro e 9 di destra).
*
Alcuni dati statistici
Fonti: Iser (Instituto de Estudos da Religiao), Viva Rio e Small Arms
Survey, Desarme, Datasus (Banco de dados do Sistema unico de Saude), DefNet
(Banco de dados On Line de Pessoas com Deficiencia), Dfae-Pcrj (Divisao de
Fiscalizacao de Armas e Explosivos do Rio de Janeiro), Unesco.
*
Dati complessivi
Ci sono in Brasile quase 18 milioni di armi da fuoco in circolazione. Piu'
della meta' non hanno regolare registrazione.
Nella decade 1990-2000 le armi da fuoco hanno causato quasi 266.000 morti,
che e' il 24% di tutte le morti causate da cause esterne (non naturali).
Il Brasile ha il 3% della popolazione mondiale, ma l'8% delle morti per armi
da fuoco.
E' l'unico paese che non e' in guerra in cui si muore piu' per armi (30,1%
delle cause non naturali) che per incidenti stradali (25,9%).
Nel 2004 38.000 persone sono state uccise da armi da fuoco: una persona ogni
15 minuti. Sempre nel 2004 il 40,8% delle lesioni invalidanti di pazienti
che che hanno fatto ricorso ai centri di riabilitazione negli stati di Sao
Paulo, Minas Gerais, Rio Grande do Sul e Pernambuco furono per causa di armi
da fuoco. Nel gruppo dei pazienti tra 12 e 18 anni, le armi sono la causa
del 61% dei casi di lesioni invalidanti.
*
Dati con riferimento ai giovani
Le armi da fuoco sono la prima delle cause di morte di giovani in Brasile.
Ogni giorno tre bambini sono feriti da pallottole in Brasile; due per un
tiro accidentale (involontario).
Nel 1980 il 30% delle morti di giovani in Brasile sono state uccisioni; nel
2002 questa percentuale e' balzata al 54,5%.
Dal 1993 al 2002 gli omicidi tra i giovani tra i 15 e 24 anni sono cresciuti
dell'88,6% a una tasso di crescita del 5,5% all'anno.
I dati sulle morti per arma da fuoco tra i giovani dai 15 ai 28 anni
continuano inalterate (110 omicidi ogni 100.000 abitanti/anno) nonostante
che rispetto all'intera popolazione grazie alla campagna del disarmo
volontario le morti siano diminuite del 7% in Brasile.
*
Dati con riferimento alle donne
Le armi da fuoco sono responsabili del 57,7% delle morti violente tra le
donne nella fascia d'eta' da 10 a 19 anni, del 54% nella fascia tra i 20 e i
29 anni, e del 49,9% tra i 40 e i 49 anni.
*
Armi in casa
Una persona che detiene armi in casa ha il 57% di possibilita' in piu' di
essere assassinata che una persona che non ha armi in casa.
Il 38% delle lesioni da arma da fuoco sono provocate da persone conosciute,
amici o familiari. E nella zona sud di Sao Paulo nel 46% degli omicidi la
vittima e l'autore si conoscevano.
Per ogni tre persone ricoverate in ospedale per lesioni da arma da fuoco,
una e' per incidente involontario.
Ogni giorno muoiono in media quattro brasiliani per suicidio con armi da
fuoco. Lo stato del Rio Grande del Sud, occupa il secondo posto.
*
Per disarmare i criminali
A Rio de Janeiro tra il 1994 e il 2003 del totale di armi da fuoco che la
polizia ha sequestrato l'80% sono pistole. Il 30% di queste erano
regolarmente registrate, cioe' i criminali le avevano rubate a persone che
le avevano in casa, regolarmente registrate.
Nello stato di Sao Paulo ogni anno 11.000 armi legali vengono rubate e
passano nelle mani di criminali.
In tutto il Brasile, solo nel 2003, sono state rubate 40.000 armi legali.
*
Cosa costano le armi alla sanita' pubblica
Nel 2002 la sanita' pubblica ha speso tra 130 e 140 milioni di Real (tra i
45 e 55 milioni di euro) per curare feriti da arma da fuoco.
*
Risultati della campagna per il disarmo volontario
Il 29 luglio 2005 la Campagna per il disarmo volontario aveva raccolto e
ritirato dalla circolazione 400.000 armi.
Nello stato del Parana' questa campagna ha ridotto del 20% il numero degli
omicidi e del 34% i ricoveri ospedalieri per lesioni da arma da fuoco. Solo
nella citta' di Maringa' il numero di assassinii con arma da fuoco e' sceso
del 30%.
Nello stato di Sao Paulo il numero degli omicidi e' diminuito del 18,5% e la
quantita' di armi in circolazione del 24%.
Secondo la polizia federale, in Brasile c'e' stata una diminuzione del
numero di armi legali rubate: da 40.000 nel 2003 a 15.000 nel 2004.
Confrontando i primi sette mesi del 2004 con i primi sette mesi in cui era
in vigore la Campagna (da agosto 2004 a febbraio 2005), le statistiche
mostrano che c'e' stata una riduzioni di ricoveri ospedalieri. Nella citta'
di Rio de Janeiro la riduzione e' stata del 10,5% (da 180 a 160 al mese), e
a Sao Paulo del 7% (da 475 a 442 al mese).
*
Un sondaggio
Interessante una inchiesta di opinione, pubblicata dalla "Folha de Sao
Paulo" il 21 luglio 2005 (e' uno dei giornali di maggior tiratura e, oggi,
apertamente il portavoce della elite brasiliana di destra). L'inchiesta e'
stata realizzata dalla Data-Folha in 134 Municipi e ha ascoltato un campione
di 2.110 persone. La domanda posta e' stata la stessa del referendum: "Il
commercio delle armi da fuoco e munizioni deve essere probito in Brasile?".
l'80% dei brasiliani interpellati dal sondaggio hanno risposto si'; il 17%
no; il 3% non hanno risposto; il 24% degli intervistati non sapevano del
referendum. Dati del sondaggio disaggregati per genere: sono contro la
vendita di armi da fuoco: 85% delle donne e 75% degli uomini. Dati del
sondaggio disaggregati per Regioni: sono contro la vendita di armi da fuoco:
nel Nordest 84% e nel Sud 71%. Dati del sondaggio disaggregati per livello
di scolarita': sono a favore della vendita di armi da fuoco: scuola
dell'obbligo 16%; scuole superiori 17%; universitari 22%.

2. RIFLESSIONE. JAN OBERG: COMBATTERE IL NUCLEARISMO, TERRORE SUPREMO
[Ringraziamo Renato Solmi (per contatti: rsolmi at tin.it) per averci messo a
disposizione la sua traduzione di questo testo di Jan Oberg estratto dal n.
225 del notiziario della Transnational Foundation for Peace and Future
Research (in sigla: Tff; sito: www.transnational.org) che ne detiene i
diritti di copia. Jan Oberg (per contatti: oberg at transnational.org), danese,
nato nel 1951, illustre cattedratico universitario, e' uno dei piu'
importanti peace-researcher a livello internazionale e una figura di
riflerimento della nonviolenza in cammino. Tra le sue molte opere: Myth
About Our Security, To Develop Security and Secure Development, Winning
Peace, e il recente Predictable Fiasco. The Conflict with Iraq and Denmark
as an Occupying Power]

Sganciare bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki e' stato un esempio di
terrorismo bello e buono. Le dottrine nucleari di oggi e la dottrina del
modo di combattere una guerra nucleare dell'amministrazione Bush in
particolare sono espressioni di una filosofia terroristica. Persone
innocenti sono prese come bersaglio oggi e potrebbero essere uccise domani
al fine di conseguire un obbiettivo politico.
Per 50 anni centinaia di milioni di civili sono stati tenuti come ostaggio
da minuscole elites nucleariste che non hanno mai avuto il coraggio di
indire un referendum sull'esistenza di armi nucleari.
I cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'Onu sono stati
terroristi. Insieme a membri piu' recenti del (malvagio) club nucleare, come
l'India, il Pakistan e Israele, essi credono che la proliferazione delle
armi nucleari (e non la loro esistenza) sia il problema da risolvere. Ma e'
il loro rifiuto di aderire al Trattato di non proliferazione e di abolire
del tutto le armi nucleari che costituisce il problema essenziale. E' fin
troppo facile capire che, finche' alcuni stati possiedono armi nucleari,
altri vorranno possederle a loro volta.
Nel comunicato stampa 225 [vedi il testo seguente, di Dietrich Fischer] il
socio della "Tff" Dietrich Fischer afferma sinteticamente: Il doppio
standard ("le armi nucleari vanno bene per noi, ma non sono adatte per voi")
e' stupido e non persuadera' mai nessuno. Credere che la tecnologia delle
armi nucleari possa essere tenuta segreta per sempre e', d'altra parte,
ingenuo.
Oggi i cittadini, i media e gli uomini politici sono profondamente
preoccupati dall'idea che possa svilupparsi un terrorismo nucleare privato
ad opera di piccoli gruppi. Ma una "guerra al terrore" che non cerchi - con
la massima urgenza - di abolire il megaterrorismo degli stati nucleari e'
autodistruttiva, fallace e totalmente sciocca.
Dobbiamo combattere il nuclearismo, il terrore finale. Con la serie di
articoli che inizia oggi la "Tff" si propone di contribuire a intensificare
questa lotta.
Come cittadini sparsi in tutto il mondo dobbiamo creare una massa critica e
fare in modo che le armi nucleari se ne vadano prima che i terroristi
nucleari, nella loro megalomania, ci facciano sloggiare tutti quanti da
esso.

3. RIFLESSIONE. DIETRICH FISCHER: LA VERA MINACCIA E' IL TERRORISMO NUCLEARE
[Ringraziamo Renato Solmi (per contatti: rsolmi at tin.it) per averci messo a
disposizione la sua traduzione di questo testo del 26 luglio 2005 di
Dietrich Fischer estratto dal n. 225 del notiziario della Transnational
Foundation for Peace and Future Research (in sigla: Tff; sito:
www.transnational.org) che ne detiene i diritti di copia. Dietrich Fischer,
associato della Transnational Foundation for Peace and Future Research, e'
direttore accademico del Centro per gli studi sulla pace dell'Universita'
Europea a Stadtschlaining in Austria, e condirettore di Transcend,
prestigiosa rete per la pace e lo sviluppo]

Le quattro bombe terroristiche che sono esplose a Londra il 7 luglio hanno
provocato lutti e sofferenze immense. Questo crimine e' stato giustamente
oggetto di condanne pressoche' universali. La violenza non risolve alcun
problema, e, al contrario, non fa che aggravarli.
E tuttavia bisogna dire che questa tragedia non fa che adombrare, per il
futuro, l'avvento di catastrofi molto peggiori, se il mondo in cui viviamo
continua nel suo corso attuale.
*
Le insidie del nuclearismo
Finche' le grandi potenze insistono a mantenere le armi di cui sono in
possesso, pretendendo di averne bisogno per garantire la propria sicurezza,
non possono aspettarsi di impedire ad altri paesi o organizzazioni
terroristiche di procurarsi questo genere di armi, e, un giorno o l'altro,
di farne uso.
La bomba atomica sganciata su Hiroshima ha ucciso piu' di 200.000 persone.
Le bombe nucleari di oggi sono di gran lunga piu' potenti di essa. Se anche
un solo ordigno nucleare fosse stato fatto esplodere su un'automobile
parcheggiata o in un battello sul Tamigi, il centro di Londra sarebbe stato
cosparso di rovine fumanti e radioattive, e oltre un milione di persone
avrebbero potuto rimanere uccise sull'istante, e un multiplo di questa cifra
sarebbero destinate a perire lentamente in seguito alle malattie causate
dalle radiazioni.
Il doppio standard secondo il quale "le armi nucleari vanno bene per noi, ma
non sono adatte per voi" e' intrinsecamente idiota e incapace di convincere
nessuno. Credere che la tecnologia della produzione di armi nucleari possa
essere tenuta segreta per sempre significa dar prova della massima
ingenuita'.
Quelli che continuano a credere nella favola della "teoria della
dissuasione" farebbero meglio a destarsi, e cioe' ad aprire gli occhi, alla
realta' dell'epoca dei bombardieri suicidi. Chiunque sia convinto di finire
direttamente in paradiso se si fa saltare per aria non puo' essere
"dissuaso" dalla minaccia di una rappresaglia orripilante.
I governi che ordinano di far piovere tonnellate di bombe sull'Iraq e
sull'Afghanistan non dovrebbero stupirsi di avere impiantato idee analoghe
nelle menti di imitatori zelanti. Osama bin Laden, a suo tempo, ha
beneficiato di sostegni e di addestramenti finanziati a cura della Cia.
Richard Falk, che e' da tempo professore di diritto internazionale presso
l'universita' di Princeton, ha giustamente fatto notare che "i piu' grandi
utopisti sono quelli che si autodefiniscono 'realisti', dal momento che
credono erroneamente di poter sopravvivere all'eta' nucleare con la politica
di sempre. I veri realisti sono quelli che si rendono conto della necessita'
di un cambiamento".
*
Quattro cambiamenti che dobbiamo operare
Quali cambiamenti dobbiamo operare se vogliamo che l'umanita' sopravviva?
Dobbiamo smettere di credere che i problemi a cui ci troviamo di fronte si
possano risolvere con l'impiego di una forza militare offensiva. Cio' non fa
che incoraggiare altri a ripagarci della stessa moneta.
L'adozione di misure di polizia per fermare l'azione di criminali, e la
difesa contro un attacco esterno, sono legittime e giustificate, ma non gli
interventi militari in altri paesi, fatta eccezione per le operazioni di
"peacekeeping" disposte dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu per porre
termine a un genocidio o a disastri di carattere umanitario.
Trentasette anni dopo aver firmato il Trattato di non proliferazione
nucleare, e' tempo che le potenze nucleari adempiano agli impegni da loro
assunti di procedere a un disarmo nucleare.
Abbiamo bisogno di vivere in un mondo di gran lunga piu' aperto, dove tutte
le armi nucleari siano distrutte in modo verificabile, e dove la
fabbricazione di nuove armi dello stesso tipo non possa essere tenuta
nascosta.
L'Agenzia internazionale per l'energia atomica (l'Aiea) puo' ispezionare,
attualmente, solo i siti che i paesi che ne fanno parte sottopongono
volontariamente alla sua supervisione. Se una persona sospettata di
contrabbando di armi potesse dire a una guardia confinaria: "Controlli pure
sotto il mio sedile, ma non apra il portabagagli", e' chiaro che
un'"ispezione" di questo genere sarebbe priva di senso. L'Aiea deve avere la
facolta' di ispezionare qualunque impianto nucleare sospetto, in qualunque
luogo del mondo, senza alcun preavviso, dal momento che, altrimenti, sarebbe
impossibile prevenire la diffusione di armi nucleari.
I governi che sono ora in possesso di armi nucleari obbiettano a queste
ispezioni di carattere intrusivo che si tratterebbe di una "violazione della
loro sovranita'". Ma anche molti passeggeri di aerei protestavano, a tutta
prima, contro la richiesta di ispezionare i loro bagagli alla ricerca di
armi da fuoco o di esplosivi, quando quelle ispezioni furono introdotte dopo
una serie di sequestri calamitosi. Oggi i passeggeri si rendono conto del
fatto che quelle ispezioni proteggono la loro propria sicurezza.
Quelli che non hanno nulla da nascondere non hanno nulla da temere. Prima o
poi i governi finiranno per addivenire alla stessa conclusione. La questione
in predicato e' solo se cio' avverra' prima o dopo che sia fatta esplodere
la prima bomba nucleare di natura terroristica.
Dobbiamo rivolgerci alle cause di fondo del terrorismo, e cioe' ai conflitti
irrisolti che suppurano, se cosi' si puo' dire, da parecchio tempo.
Specialmente in situazioni caratterizzate da rapporti di forza asimmetrici,
la parte piu' debole puo' essere tentata di ricorrere ad attacchi isolati e
imprevedibili contro i bersagli vulnerabili di un antagonista piu' potente,
come negli anni '70 le Brigate Rosse in Italia, la Raf (Rote Armee Fraktion)
nella Germania occidentale e l'Ira (Irish Republican Army) in Gran Bretagna.
Piu' di recente le Tigri Tamil hanno fatto esplodere bombe in luoghi
pubblici nel quadro della loro lotta contro l'esercito e il governo
militarmente superiori dello Sri Lanka. Oggi, poi, in Iraq, le autobombe
esplodono quasi quotidianamente.
Va da se' che líuccisione di civili con bombe sganciate dall'aria, invece di
essere trasportate in automobili o zaini a spalla, rappresenta anch'essa una
forma di "terrorismo di stato" che non puo' fare a meno di stimolare una
resistenza popolare violenta, che e' poi usata, a sua volta, come
giustificazione per l'intensificazione della caccia ai terroristi, e cosi'
via, in un circolo vizioso senza fine.
L'incontro fra il presidente Franklin Delano Roosevelt e il re Ibn Saud
dell'Arabia Saudita che ebbe luogo in Egitto sull'incrociatore americano
Quincy il 14 febbraio 1945, e in cui Roosevelt si impegno' ad appoggiare la
famiglia reale saudita contro l'opposizione interna in cambio di un accesso
garantito alle risorse petrolifere della regione, puo' spiegare, almeno in
parte, perche' 15 dei 19 attentatori suicidi dell'11 settembre 2001 a New
York e a Washington fossero cittadini sauditi.
Le esportazioni di armi a regimi oppressivi e dittatoriali producono
inevitabilmente, come risultato, uno stato d'animo di insoddisfazione fra
coloro che soffrono sotto di essi.
Il conflitto mediorientale, dove i palestinesi hanno vissuto per generazioni
in campi di rifugiati e soffrono di un tasso particolarmente elevato di
disoccupazione, e' un terreno naturale di cultura di attentatori suicidi.
Su un piano piu' generale, un sistema economico mondiale in cui oltre
100.000 persone, per lo piu' bambini, muoiono ogni giorno, senza alcuna
necessita', di fame o di malattie potenzialmente prevenibili, mentre nei
paesi ricchi si verifica un'enorme quantita' di consumo vistoso e di
sprechi, non puo' fare a meno di alimentare il malcontento degli
interessati.
Il fatto che gli Stati Uniti abbiano intrapreso, dalla seconda guerra
mondiale in poi, 67 interventi militari all'estero, in cui sono stati
uccisi, secondo stime plausibili, 12 milioni di persone (tre milioni solo
nel Vietnam), non ha contribuito a renderli simpatici in molte parti del
mondo.
Al terrorismo non si puo' porre fine uccidendo i terroristi. Agendo a questo
modo non si puo' ottenere altro effetto che non sia quello di mandare in
collera i loro ammiratori e di provocarli a cercare di vendicarsi. E'
necessario correggere e raddrizzare le cause di lagnanze e di grandi
ingiustizie che inducono la gente a sacrificare la propria vita allo scopo
di vendicarle.
L'Occidente deve entrare in dialogo con quelli che combattono contro di
esso, allo scopo di rimuovere le motivazioni che inducono a ricorrere alla
violenza, inclusa la violenza indiscriminata contro cittadini innocenti. Nel
conflitto in corso nell'Irlanda settentrionale la violenza e' cessata quando
il governo britannico ha acconsentito a dialogare coi suoi avversari, invece
di contare esclusivamente sull'esercito per mettere a tacere le proteste
dell'opposizione.
E' del pari importante darsi da fare, con tutti i mezzi disponibili, per
trasformare i conflitti in controversie pacifiche prima che essi esplodano
in violenza aperta.
Questa e' un'abilita' che puo' essere insegnata ed appresa. Per esempio,
Johan Galtung, considerato da molti come un pioniere, o come un fondatore,
nel campo della "peace research", e' stato capace di porre termine a un
conflitto di lunga data sui confini tra Ecuador e Peru', nel corso del quale
i due stati avevano combattuto quattro guerre successive, suggerendo di
trasformare il territorio oggetto delle loro contese in una "zona
binazionale provvista di un parco naturale", amministrata in comune dai due
paesi. Questo intervento di carattere pacifico non e' costato quasi nulla
rispetto a cio' che sarebbe costata un'operazione di "peacekeeping" di
carattere militare.
Abbiamo bisogno di un'organizzazione apposita dell'Onu per la mediazione dei
conflitti, dotata di centinaia di mediatori ben addestrati che possano
contribuire a impedire che i conflitti, e cioe' i contrasti esistenti,
possano degenerare in forme violente. Questo e' un investimento di
bassissimo costo, ben degno di essere effettuato, in quella che si potrebbe
chiamare l'arte della sopravvivenza umana, se lo si confronta col trilione
di dollari che il mondo spende ogni anno allo scopo di armare milioni di
soldati, che non fanno che rendere il mondo collettivamente meno sicuro (e
cioe' meno sicuro per l'umanita' nel suo insieme).
Se restiamo ostinatamente legati a modi di pensare obsoleti, come quello
secondo il quale ci possiamo rendere sicuri minacciando altri, andremo
incontro all'estinzione come specie umana, al pari di altre specie che non
sono riuscite ad adattarsi alle nuove condizioni che si erano venute a
creare.
*
E' realistico cercare di liberarsi delle armi nucleari
E' una prospettiva realistica quella di liberarsi di tutte le armi nucleari?
Certamente piu' realistica, a nostro avviso, che quella di aspettare che
esse vengano usate, sia deliberatamente che per mero accidente.
Alcuni hanno sostenuto che non possiamo disinventare le armi nucleari e che
percio' dovremmo rassegnarci a vivere insieme ad esse per tutto il tempo in
cui la civilta' continuera' ad esistere. A cio' si puo' obbiettare che
nessuno ha disinventato il cannibalismo, ma che abbiamo semplicemente
appreso ad aborrire quell'antica pratica.
Non possiamo apprendere ad aborrire ugualmente l'incinerazione di intere
citta' per mezzo di bombe nucleari?

4. RIFLESSIONE. RENATO SOLMI: UNA BREVE NOTA DI COMMENTO AL TESTO DI
DIETRICH FISCHER
[Ringraziamo Renato Solmi (per contatti: rsolmi at tin.it) per questo
intervento. Renato Solmi e' stato tra i pilastri della casa editrice
Einaudi, ha introdotto in Italia opere fondamentali della scuola di
Francoforte e del pensiero critico contemporaneo, e' uno dei maestri
autentici e profondi di generazioni di persone impegnate per la democrazia e
la dignita' umana, che attraverso i suoi scritti e le sue traduzioni hanno
costruito tanta parte della propria strumentazione intellettuale]

Spero che mi si perdonera' se sento il bisogno di evidenziare ulteriormente,
con una breve postilla, la struttura intrinseca di questo scritto, che
l'autore ha gia' messo bene in risalto con la quadripartizione della parte
centrale del testo, ma che potrebbe anche sfuggire al lettore disattento,
come spesso accade nelle scuole anche alle esposizioni piu' chiare e piu'
lineari, che i migliori autori di manuali scolastici non mancano di
corredare di diciture in margine o di sintesi successive (perche' il loro
senso si imprima attraverso una serie di messe a fuoco successive nell'animo
dei ragazzi). Purtroppo il mestiere esercitato per trent'anni lascia tracce
indelebili sull'animo degli operatori...
*
Il primo dei cambiamenti da effettuare e' quello di smettere di credere che
i problemi a cui ci troviamo di fronte nell'epoca nucleare possano essere
risolti con l'uso della forza. Cio' implica la rinuncia a qualsiasi
intervento militare all'estero che non sia imposto come indispensabile da
circostanze del tutto eccezionali (come un genocidio in atto o grandi
calamita' di carattere umanitario). In casi di questo genere si dovrebbe
realizzare l'unanimita' nel Consiglio di Sicurezza, cio' che invece, come e'
noto, non e' avvenuto in quello dell'Iraq.
Trentasette anni dopo la firma del trattato di non proliferazione nucleare
le grandi potenze dotate di armi nucleari non hanno tenuto fede al loro
impegno di procedere a un disarmo sostanziale in questo campo. Il solo modo
possibile di impedire che sempre nuovi paesi accedano al possesso di armi
nucleari e' quello di avviare al piu' presto un processo di disarmo
universale controllato in questo campo. Si tratta, cioe', di muoversi in una
direzione completamente diversa da quella in cui si e' incamminata
l'amministrazione Bush negli Stati Uniti, insieme ai governi (sempre meno
numerosi) che hanno creduto di doversi accodare ad essa.
*
Il terzo punto e' quello della necessita' di fronteggiare le cause profonde
del terrorismo, che sono rappresentate, per l'appunto, da questo doppio
standard, e, piu' in generale, da un sistema economico di sfruttamento e di
dissipazione che trova in esso la sua tutela e la sua garanzia, ma, nello
stesso tempo, una contraddizione di fondo che non puo' mancare di venire
alla luce prima o poi.
La conseguenza pratica da tirare da questa constatazione (siamo sempre
nell'ambito del terzo punto in questione) e' che le potenze occidentali
devono dialogare con quelli che si battono contro di esse e rimuovere le
motivazioni che li spingono a ricorrere alla violenza. Un esempio positivo
in questo senso puo' essere fornito dal modo in cui e' stata avviata a
soluzione, dopo decenni di conflitti ininterrotti, la questione irlandese.
*
Il quarto punto sviluppa questo tema, e cioe' quello della necessita' di
trasformare i conflitti in contrasti suscettibili di soluzioni pacifiche
prima che essi si sviluppino in forme di violenza aperta.
Dietrich Fischer cita un esempio poco noto ma significativo, e cioe' la
soluzione del problema rappresentato dalle zone di confine fra Ecuador e
Peru', che avevano dato luogo a frequenti guerre, e che e' stato
disinnescato, senza altri inconvenienti, dall'intervento mediatore
dell'organizzazione guidata da Galtung.
*
E' fin troppo chiaro che tutti questi aspetti della questione sono
strettamente connessi fra loro, e che possono essere affrontati in modo
corretto solo dal punto di vista della nonviolenza creatrice, la cui
funzione provvidenziale e benefica e' messa in piena luce proprio dalle
aporie apparentemente insolubili della questione nucleare.

5. MEMORIA. PAOLO CANDELARI RICORDA FRERE ROGER
[Ringraziamo Paolo Candelari (per contatti: paolocand at libero.it) per questo
intervento.
Paolo Candelari, presidente del Movimento Internazionale della
Riconciliazione, e' una delle piu' conosciute e stimate figure della
nonviolenza in Italia. Il Movimento Internazionale della Riconciliazione (in
sigla: Mir in Italia, Ifor - International Fellowship of Reconciliation - a
livello internazionale) e' uno dei principali e piu' autorevoli movimenti
nonviolenti.
Roger Schutz, per tutti "frere Roger", una delle grandi figure della
nonviolenza del XX secolo, nato nel 1905, fondatore della Comunita' di
Taize', infaticabile animatore dell'incontro ecumenico e della solidarieta'
con gli oppressi, e' stato ucciso alcuni giorni fa]

Mentre mi trovavo in vacanza vengo raggiunto dalla terribile notizia della
morte, anzi, dell'assassinio di frere Roger Schutz, priore e fondatore della
comunita' di Taize'.
Tale notizia mi getta nell'angoscia, sia perche' sento la sua perdita come
quella di una guida spirituale a cui tanto devo della mia formazione
cristiana e sociale, sia per il modo con cui e' avvenuta, con tanta
somiglianza con quella di Gandhi.
Andai a Taize' per la prima volta nel 1972; avevo 18 anni, la' trovai una
fonte inesauribile per il mio impegno per la giustizia e per la mia vita di
fede; era in corso la preparazione del concilio dei giovani, e il tema di
quell'anno era "lotta e contemplazione".
Per me, impegnato nelle lotte sociali e studentesche di quegli anni e nel
contestare un certo modo di vivere il cristianesimo "borghese", radicale
nelle scelte politiche ma altrettanto radicalmente contrario alla violenza,
che, soprattutto, non riuscivo a capacitarmi dell'antagonismo di fatto tra
movimento operaio e studentesco e chiesa, fu una vera illuminazione: trovai
allora forza nella fede per l'impegno nel sociale.
Ascoltai sempre Frere Roger, con la sua voce profonda, dolce e convinta,
come si ascolta un maestro.
Lessi i suoi libri, pagine di diario dei suoi mille e mille incontri con i
giovani, e soprattutto le sue lettere aperte, e ho sempre trovato in lui un
faro che mi ha illuminato fino ad oggi.
*
Egli e' sempre vissuto per accogliere gli altri, a cominciare da quando, nel
1940, fondo' la comunita' proprio per nascondere e salvare i profughi e i
fuggitivi nell'epoca buia dell'occupazione nazista.
La sua fede profonda (ricordo quando in un colloquio, un sacerdote chiese
notizie della madre morente, lui rispose con un sorriso: "si sta avvicinando
alla resurrezione"), la sua semplicita', la sua discrezione (non ha mai
"bucato il video" ma ha raggiunto tante coscienze), la sua coerenza, mi
hanno sempre colpito, e ne fanno un santo del XX secolo.
E non hanno colpito solo me.
Quanti giovani sono passati dalla collina di Taize', proprio grazie a questo
suo accogliere tutti senza chiedere da dove venissero ne' dove andassero. E
di questi quanti hanno trovato fede, forza e coraggio.
E quanto e' diffusa la spiritualita' di Taize' con gruppi di preghiera
sparsi in tutto il mondo (e tra questi quello di Torino, grazie al quale io
stesso ho riscoperto la bellezza della preghiera).
Cosi' poco presente nelle pagine dei giornali, rifuggendo da quella
visibilita' mediatica che molti oggi rincorrono disposti per essa ai piu'
bassi compromessi; sempre rifiutando di costituire un movimento o
congregazione che fosse, perche' lo Spirito deve soffiare dove vuole senza
strutture o gerarchie che cerchino di imbrigliarlo; Taize', la felice
intuizione di frere Roger, ha in realta' inciso nella storia politica e
sociale, nelle chiese e nelle societa'. E questo, non temo di esagerare, e'
un vero miracolo.
*
E anche noi del Movimento internazionale della riconciliazione siamo a lui
debitori.
Non e' stata la sua un'intera vita dedicata alla riconciliazione ed alla
nonviolenza?
Quel suo "lotta e contemplazione per divenire uomini di comunione" non
racchiude per intero il nostro programma?
Addio caro frere Roger, tu hai raggiunto lo scopo della tua vita, quel
Cristo Risorto, che hai "presentato" col sorriso e la gioia a tanti giovani,
dopo esserti fatto simile a Lui, anche col martirio.
A noi non rimane che pensarti abbracciato al Risorto e ti preghiamo di
chiederGli di donarci la forza per proseguire nelle strade della
riconciliazione e della speranza che ci hai indicato.
E una preghiera vorrei elevare anche per chi ha compiuto un gesto cosi'
tremendo: che possa pentirsi e scoprire il perdono che Dio offre a tutti
noi, come frere Roger ci ha sempre insegnato.

6. POESIA E VERITA'. DACIA MARAINI: LA TUA FACCIA NON HA NOME
[Da Francesca Pansa, Marianna Bucchich (a cura di), Poesie d'amore.
L'assenza, il desiderio, Newton Compton, Roma 1986, 1994, p. 180. Dacia
Maraini, nata a Firenze nel 1936, scrittrice, intellettuale femminista, e'
una delle figure piu' prestigiose della cultura democratica italiana. Tra le
opere di Dacia Maraini: L'eta' del malessere (1963); Crudelta' all'aria
aperta (1966); Memorie di una ladra (1973); Donne mie (1974); Fare teatro
(1974); Donne in guerra (1975); (con Piera Degli Esposti), Storia di Piera
(1980); Isolina (1985); La lunga vita di Marianna Ucria (1990); Bagheria
(1993)]

La tua faccia non ha nome
la tua voce non ha suono
il tuo treno non ha numero
il tuo viaggio non ha orari
ma io so che verrai
con quella faccia
con quella voce
con quel treno
alla fine del tuo lungo viaggio.

7. POESIA E VERITA'. MARIA LUISA SPAZIANI: SANNO IL VOLTO PROFONDO DEL
RANCORE
[Da Maria Luisa Spaziani, Poesie 1954-1996, Mondadori, Milano 2000, p. 255.
Maria Luisa Spaziani e' nata a Torino nel 1942 e vive a Roma da molti anni;
docente universitaria di letteratura francese, presidente del "Premio
internazionale Eugenio Montale", e' una delle piu' intense voci poetiche
italiane del secondo Novecento]

Sanno il volto profondo del rancore
gli uomini che vivono da frutto
e mai furono fiore?

8. POESIA E VERITA'. RENEE VIVIEN: IL PALO DELLA GOGNA
[Da Guido Davico Bonino, Paola Mastrocola (a cura di), L'altro sguardo.
Antologia delle poetesse del Novecento, Mondadori, Milano 1996, pp. 86-87
(traduzione di Paola Mastrocola). Renee Vivien, pseudonimo di Pauline Tarn
(1877-1909), poetessa di vibratile sensibilita' e viaggiatrice inesausta,
cosmopolita e perennemente all'ascolto della voce della lirica greca - che
e' la voce dell'umanita' quando sapeva vedere oltre che guardare, e cogliere
il palpitare della vita, e sciogliere in canto la gioia e il dolore]

Per lungo tempo, fui inchiodata al palo della gogna,
e donne, vedendomi sofrire, hanno riso.

Poi uomini hanno preso con le mani una melma
che fini' per infangare le mie tempie e la mia guancia.

Le lacrime salivano dentro di me, ondose come flutti,
ma l'orgoglio mi ha fatto soffocare i singhiozzi.

Io li vedevo cosi', come attraverso un sogno
spaventoso, il cui orrore s'irrita e si prolunga.

Era una piazza pubblica e tutti erano venuti,
e le donne gettavano risate ingenue.

Si lanciavano tra loro frutti insieme a canti folli,
e il vento mi portava il rumore delle loro parole.

Ho sentito invadermi la collera e l'orrore.
Silenziosamente, ho imparato a odiarli.

Gli insulti sferzavano, come fruste d'ortica.
Qando infine mi hanno schiodata, me ne sono andata.

Me ne sono andata secondando i venti. E da allora
il mio viso e' simile alla faccia dei morti.

9. RIFLESSIONE. MARIA LUIGIA CASIERI: L'EDUCAZIONE FUORI DALLE GABBIE
[Ringraziamo Maria Luigia Casieri per questo intervento. Maria Luigia
Casieri (per contatti: nbawac at tin.it), nata a Portici (Na) nel 1961, insegna
nella scuola dell'infanzia ed e' una delle principali animatrici del "Centro
di ricerca per la pace" di Viterbo. Ha organizzato a Viterbo insieme ad
altri il "Tribunale per i diritti del malato"; assistente sociale, ha svolto
un'esperienza in Germania nell'ambito dei servizi di assistenza per gli
emigrati italiani; rientrata in Italia si e' impegnata nel settore
educativo; per dieci anni ha prestato servizio di volontariato in una
casa-famiglia per l'assistenza ai minori; dal 1987 e' insegnante di ruolo
nella scuola per l'infanzia; ha preso parte a varie iniziative di pace, di
solidarieta', per i diritti; ha tenuto relazioni a convegni e corsi di
aggiornamento, e contribuito a varie pubblicazioni. Opere di Maria Luigia
Casieri: Il contributo di Emilia Ferreiro alla comprensione dei processi di
apprendimento della lingua scritta, 5 voll., Viterbo 2004]

L'organizzazione disciplinare della conoscenza, il requisito di
scintificita' della ricerca, il concetto di evoluzione dei saperi frutto
della ricerca e, in primis, della ricerca scientifica, la distinzione tra
scienze umane e scienze della natura sono concetti che vanno problematizzati
e rispetto ai quali l'analisi e le conclusioni, provvisorie, che se ne
traggono impattano piu' o meno esplicitamente sulle scelte di indirizzo che
qualificano il sistema di istruzione e formazione di una determinata
societa'.
Di fatto le discipline, nella loro attuale configurazione, sono determinate
da un oggetto di studio, ovvero da un proprio campo di indagine definito in
riferimento alla specificita' che ciascuna e' in grado di rivendicare
rispetto ad altri campi di indagine, nonche' da un insieme di strategie
procedurali, metodologie di indagine e strumenti di ricerca.
Una tale definizione necessita di essere letta in una prospettiva dinamica e
storicamente connotata, quale frutto e precipitato delle forme e dei modi e
dei processi, in continua trasformazione, attraverso cui si sono costruite
nel tempo le conoscenze di concreti gruppi umani.
La conoscenza che abbiamo del mondo si e' quindi storicamente strutturata
attraverso l'organizzazione in sistemi simbolico-culturali definitisi e
articolatisi in approcci disciplinari che, pur non essendo in se' necessari
ne' universali, si sono imposti come dominanti anche perche' potenti
strumenti euristici, efficaci dal punto di vista dell'influenza di
trasformazione delle condizioni di vita, economici e coerenti.
Diversi gruppi umani e in diversi tempi hanno notoriamente elaborato diverse
modalita' di organizzazione dei saperi e diversi sistemi concettuali, che
tuttavia non sono stati in grado di universalizzarsi.
Nono solo quindi diversi scenari sarebbero stati possibili (come bene
evidenzia il recente testo di Bocchi e Ceruti su globalizzazione e
educazione), ma lo stesso scenario attuale e' caratterizzato da una relativa
fluidita', per cui incessantemente gli "oggetti di studio" si ridefiniscono
e si intrecciano, si modificano gli strumenti di indagine e gli assetti
metodologici, si approfondiscono le ipotesi interpretative e
metainterpretative.
*
All'interno di questa cornice acquisisce spessore il problema delle
relazioni tra strutture della mente e strutture delle discipline.
Non si tratta quindi soltanto di trasmettere un corpus di saperi concettuali
e procedurali per conservarlo e incrementarlo con l'apporto delle nuove
generazioni, quanto di comprendere il ruolo formativo e strutturante
dell'assetto culturale, definibile come attuale patrimonio del genere umano.
Si pone qui il problema dello sviluppo individuale e delle categorie
interpretative dell'evoluzione infantile in riferimento almeno a due aspetti
individuabili come fondamentali e relativi alle modalita' di acquisizione
della conoscenza e al ruolo del contesto socio-culturale nel processo di
crescita della persona.
Ineludibili al riguardo sono almeno due riferimenti. Il primo e' a Piaget,
che nel porsi il problema epistemologico di fondare sperimentalmente i
processi di acquisizione della conoscenza trovo' nella genesi infantile dei
concetti le caratteristiche della loro progressiva strutturazione logica.
Citiamo per tutti, a questo riguardo, gli esiti che ottenne nelle ricerche
di ambito matematico, che conseguirono dal versante psicologico gli stessi
esiti che dal versante logico andavano elaborando i gruppi di matematici
nell'individuare i fondamenti della disciplina. Mentre questo risultato
portava Piaget a ipotizzare una sorta di isomorfismo delle strutture logiche
e psicologiche, richiede probabilmente un ulteriore approfondimento del
problema, grazie al riferimento alle ricerche bruneriane che consentono di
considerare il condiviso tessuto culturale, anche nell'articolazione del suo
impianto disciplinare, come mediatore dello sviluppo psicologico.
L'apporto bruneriano e, in specie, il contributo rintracciabile nel suo
testo La mente a piu' dimensioni, grazie al concetto di conoscenza come
costruzione di mondi possibili, riporta l'analisi nel cuore del problema
della conoscenza, intesa che sia in modo plurale o unitario, del suo
fondamento, della sua evoluzione.
*
Qui si pongono un grumo di categorie interpretative che tra loro si
intrecciano pur derivando da diversi ambiti di riflessione.
In primo luogo va collocata la dinamica tra soggetto e oggetto della
conoscenza.
Nella stessa elaborazione piagetiana il soggetto costruisce le proprie
strutture cognitive al tempo stesso in cui costruisce il proprio oggetto di
conoscenza che non esiste in quanto "dato" ma in quanto organizzato sulla
base di costruzioni teoriche.
Del resto l'affermazione della non datita' del reale e del reciproco rimando
costitutivo tra oggetto e soggetto ha radici filosofiche che da Kant
all'idealismo approdano all'ermeneutica, sebbene attraverso diversi e
incomparabili sistemi concettuali.
Una seconda categoria interpretativa del problema della conoscenza puo'
farsi derivare dall'ambito della riflessione linguistica. In particolare,
individuiamo come snodo di passaggio il problema del valore di verita' delle
asserzioni linguistiche come definito nel Wittgenstein del Tractatus che si
chiude con l'affermazione che di cio' di cui nulla si puo' affermare e' bene
tacere, con cui intende risolvere l'attribuzione di senso solo limitatamente
alle asserzioni scientificamente fondate.
Ebbene, il Wittgenstein delle Ricerche Filosofiche, attraverso la teoria
degli usi linguistici, recupera e valorizza una sfera del significato, che
costituisce parte consistente del vivere umano e del suo esprimersi
linguisticamente.
*
Approfondendo lo scandaglio e' ineludibile affrontare il problema del
fondamento di verita' di una teoria scientifica. Il principio popperiano
della provvisoria accettabilita' delle teorie che, e fintanto che, non siano
state falsificate sebbene sottoposte ad un intenzionale processo di
falsificazione, risulta ridefinito e, in un certo senso, scardinato dalla
riflessione di Feyerabend che nega ogni fondamento ontologico alla verita',
ma mentre argomenta l'esigenza di un rimando alla metafisica, esclude sia la
verifica che la falsificazione empirica dalla natura fondativa della
conoscenza. La realta' esterna e' concepita come indeterminata e
sostanzialmente inconoscibile: oggetto di conoscenza sono i mondi costruiti
da narrazioni e sistemi concettuali, ne' stabili ne' definitivi.
Questa riflessione aggetta sulla riflessione elaborata anche nell'ambito
delle cosiddette scienze esatte: non solo e' possibile accennare in questo
contesto alla teoria della relativita', al mutare delle geometrie e per
l'appunto al loro essere plurale, in funzione dei diversi sistemi di
riferimento. La stessa fisica quantistica sembra negare l'esistenza di un
mondo reale indipendente dal pensiero e dall'azione dell'uomo.
*
Infine, da una prospettiva nuovamente filosofica e' possibile definire
l'epoca presente come l'epoca della postmodernita' e pertanto caratterizzata
dall'infrangersi dell'illusione della storia come progresso.
Questa reinterpretazione storica, non  piu' in termini evolutivi, attraversa
trasversalmente una pluralita' di discipline: la storia, che si rivela non
piu' il frutto di una concatenazione finalistica quanto lo scenario per
l'irruzione di casualita' e involuzioni, di contrasti e perdite (sia in
termini di estinzioni che di oppressioni); la storia della scrittura, non
piu' interpretata come evoluzione dal concreto all'astratto e quindi
dall'iniziale sistema pittografico al piu' astratto sistema alfabetico;
l'ecologia, ambito in cui l'incremento delle conoscenze scientifiche e delle
potenzialita' tecniche di trasformazione dell'ambiente naturale ha portato
ad esiti catastrofici.
Dei tre ambiti citati a titolo esemplificativo, non a caso due e l'ultimo in
particolare, comportano una precisazione che definisce un ulteriore ambito
problematico. Si tratta del costituirsi di discipline di frontiera, di
discipline in cui si definisce un nuovo campo di ricerca che richiede
l'interagire di una pluralita' di discipline e l'inevitabile modificarsi del
loro statuto, fecondate dal reciproco incontro.
*
La sfida della complessita', ad un tempo portato dello statuto debole del
fondamento del sapere, dei processi di mondializzazione dell'economia, dei
mercati, delle informazioni, e dei processi di interdipendenza derivanti dal
potenziamento dei saperi e delle tecniche, rende la separazione rigida tra
discipline non piu' adeguata a trovare risposte ai problemi emergenti in
sede pratica come speculativa.
La sfida della complessita' pertanto riporta alla centralita' del problema
morale, che coniughi l'incertezza del pensiero debole con l'appello del
volto dell'altro e con il "principio responsabilita'".
La sfida della complessita' interpella la formazione a restituire quella
sapienza talvolta espropriata dalla pluralita' dei saperi; a saper costruire
quei nessi capaci di dare senso a informazioni disaggregate inadatte in se'
a contribuire alla costruzione di un orizzonte culturale, a cogliere quelle
interdipendenze che consentano di vedere oltre l'albero anche la foresta.

10. LE DESOLAZIONI DI SCONTENTONE: DAEMMERUNG
[Continuiamo a farci del male, caro il mio Scontentone]

La guerra terroristica in corso con le sue terroristiche ricadute su scala
planetaria, l'aids che sta decimando un continente, il flagello della fame e
della distruzione della biosfera, l'Europa che da un decennio ha riaperto i
campi di concentramento, la superpotenza americana nelle mani del dottor
Stranamore, un'orda di razzisti, neofascisti e giulivi conviventi con la
mafia al governo, e questi stanno a fare le primarie.

11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

12. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1034 del 26 agosto 2005

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