La nonviolenza e' in cammino. 936



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 936 del 21 maggio 2005

Sommario di questo numero:
1. Per la liberazione di Clementina Cantoni
2. Peppe Sini: Un messaggio di saluto al convegno di Palermo del 21-22
maggio
3. L'ordine dei lavori del convegno di Palermo
4. Danilo Dolci: Da chi
5. Benito D'Ippolito: Cantata per Danilo
6. Renate Siebert: Associate per amore
7. Virginia Woolf: Pensieri di pace durante un'incursione aerea
8. Associazione giuriste d'Italia: Sul referendum sulla legge 40
9. Con "Qualevita", all'ascolto di Pietro da Morrone
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'

1. APPELLI. PER LA LIBERAZIONE DI CLEMENTINA CANTONI
[Da Gabriella Gagliardo (per contatti: gabriella.gagliardo at fastwebnet.it) e
da molte altre persone riceviamo il seguente appello che volentieri
diffondiamo. Per maggiori informazioni si veda il sito dell'associazione
Iemanja' (www.ecn.org/reds/donne/donne.html) ed ivi la pagina indipendente
del coordinamento italiano di sostegno all'associazione delle donne afghane
Rawa]

Clementina Cantoni, una giovane cooperante italiana che collabora con "Care
International" e' stata rapita la sera del 16 maggio nel centro di Kabul.
Clementina era a Kabul da tre anni, attiva in un progetto a favore delle
vedove, migliaia in Afghanistan, un paese attraversato da 25 anni di guerra
e in cui per questi lunghi anni l'occupazione e' stata garantita quasi
esclusivamente dall'economia di guerra, dove il tasso di analfabetismo
raggiunge l'87%, dove le donne, usate a pretesto dalla "coalizione contro il
terrorismo" di Bush, sono ancora pesantemente discriminate e non godono di
alcuna sicurezza ne' garanzia.
Noi che da anni lavoriamo a fianco di alcune associazioni di donne afghane
democratiche e laiche conosciamo molto bene le condizioni di grave
insicurezza che vigono nel paese, soprattutto a spese delle donne e dei
civili, condizioni che abbiamo potuto verificare anche personalmente nel
corso delle recenti delegazioni organizzate a marzo e aprile del 2005.
Le donne delle associazioni afghane che sosteniamo, in questi anni non hanno
mai smesso di denunciare, inascoltate, quali fossero le reali condizioni del
paese, ben diverse da quelle propagandate dai governi e dai media
occidentali, in particolare dai paesi che hanno sostenuto la guerra in
Afghanistan.
Il rapimento di Clementina dimostra che l'Afghanistan non e' pacificato e
che non ci sono i presupposti perche' alcun processo di democratizzazione si
realizzi. Infatti:
- il presidente Karzai controlla a malapena il centro di Kabul e molti
ministri del suo governo sono signori della guerra fondamentalisti che
mantengono il potere anche grazie alle loro milizie private;
- Karzai ha recentemente chiesto ai taleban (compreso il mullah Omar) di
riappacificarsi e prendere parte alle prossime elezioni politiche;
- la maggior parte delle province sono controllate sempre da signori della
guerra che, a tutti i livelli, impongono le loro regole;
- l'Afghanistan e' il primo produttore al mondo di papavero da oppio e
questa attivita' copre l'80% del prodotto interno lordo del paese e serve a
finanziare i signori della guerra che tengono sotto controllo il territorio
con la forza delle armi e delle minacce;
- i signori della guerra, alleati degli Usa nella guerra contro i taleban,
sono tuttora finanziati e armati dai governi che fanno parte della
"coalizione contro il terrorismo";
- la ricostruzione non e' di fatto ancora partita, perche' chi ha cacciato i
taleban, di fatto, ha interesse soltanto di affermare il proprio controllo
politico e militare in quest'area di forte interesse che viene chiamata
"grande Medioriente"; la popolazione e i rifugiati continuano a vivere in
povere case di fango, prive di acqua e di luce, mentre a Kabul, con i
proventi del commercio dell'oppio, sorgono come funghi lussuosi alberghi e
centri commerciali;
- la corruzione e' un fenomeno dilagante, soprattutto all'interno delle
istituzioni afghane;
- il processo di disarmo delle milizie dei signori della guerra da parte del
contingente internazionale non e' quasi neppure partito, anzi, i diversi
signori della guerra sono di volta in volta alleati o avversari della
coalizione delle forze occupanti;
- la sharia (legge coranica) e' ancora vigente e i diritti delle donne non
sono considerati; questo e' il piu' grave fallimento della presunta
democratizzazione del paese. Ne sono un esempio la condanna a morte per
lapidazione di Amina, una donna del Badakhshan "rea" di adulterio, lo stupro
e omicidio di tre cooperanti afghane nella provincia di Baghlan e
l'assassinio di una donna nella citta' di Pulikhumri.
In vista delle prossime elezioni le donne delle ong afghane hanno firmato e
sottoposto a Karzai un appello affinche' mantenga le promesse fatte riguardo
alle garanzie minime di sicurezza per le donne afghane; le donne vedono nel
burqa ancora una protezione, le bambine hanno paura ad andare a scuola,
soprattutto fuori Kabul la situazione e' enormemente instabile, nell'ultimo
anno centinaia di donne, in particolare nelle province di Herat e di Farah
si sono suicidate per disperazione.
Chiediamo che ogni sforzo possibile venga messo in atto per la liberazione
di Clementina, ma anche che le condizioni minime di sicurezza vengano
garantite a tutti i civili afghani, donne, uomini e bambini, in questo
momento gravemente minacciati dalle condizioni di insicurezza e miseria in
cui versa il paese, attraverso un processo democratico che sia davvero
espressione della partecipazione delle donne e degli uomini afghane/i.
*
Tra le prime persone e associazioni firmatarie: Coordimanento italiano a
sostegno di Rawa; Donne in Nero; Coordinamento Italiano a sostegno delle
donne afghane; Giuliana Sgrena, giornalista del "Manifesto"); Luisa
Morgantini, presidente della Commissione Sviluppo del Parlamento Europeo;
Luigia Pasi, segreteria nazionale Sin Cobas, Nadia de Mond, Marcia mondiale
delle donne contro le violenze e la poverta'; Lidia Cirillo, Marcia mondiale
delle donne contro le violenze e la poverta'; Monica Perugini, assessora del
Comune di Mantova; redazione di "Guerre & Pace"; Comitato Bastaguerra,
Milano; Sin Cobas; Salaam ragazzi dell'olivo, Comitato di Milano;
Coordinamento pace di Cinisello Balsamo; Socialpress; Istituto per la
cooperazione allo sviluppo di Alessandria; Casa per la pace, Milano; Lega
obiettori di coscienza; Gruppo di azione diretta nonviolenta; Assopace,
Milano; Pace e dintorni; Centro donna L.I.S.A., Roma; Associazione Saraj;
Gruppo pace S. Angelo; Centro Documentazione "Rigoberta Menchu'", Sondrio;
Associazione Italia-Nicaragua, circolo di Sondrio; Associazione 100 idee per
la pace, Siena; Associazione Jemanja', Cologno Monzese; redazione di
"Marea"; Attac Alessandria; Agenzia per la pace, Chiavenna; Confederazione
Cobas; Comitato a difesa e sostegno delle donne afghane, Torino; Deborah
Picchi, Comitato sostegno a Rawa, Firenze; Aldo Agosti, storico
dell'Universita' di Torino; Marina Cassi, giornalista della "Stampa"; Forum
delle donne del Prc; Archivio femminista "Rosa Luxemburg"; Elettra Deiana,
deputata; Imma Barbarossa, segreteria nazionale Prc, Raffaella Chiodo,
Sdebitarsi; Domenico Gallo, magistrato; Arci, Milano; Nerina Benuzzi,
segreteria Camera del Lavoro di Milano; Luisa Di Gaetano, Donne in nero
Roma; Alisa Del Re, Dipartimento studi storici e politici Universita' di
Padova; Luisa Zanotelli, Rovereto; e molte e molti altri.

2. RIFLESSIONE. PEPPE SINI: UN MESSAGGIO DI SALUTO AL CONVEGNO DI PALERMO
DEL 21-22 MAGGIO
Carissime e carissimi,
pur non essendo fisicamente presente a questo nostro convegno vorrei
inviarvi un affettuoso saluto e i migliori auguri di buon lavoro.
E consentitemi anche di rivolgere un trepidante pensiero, che so essere
condiviso da tutte e tutti, a Clementina Cantoni, che vogliamo sia presto
libera; e pensando a lei naturalmente pensiamo anche a tutte le altre
persone vittime delle guerre, delle dittature, dei poteri criminali, del
terrore, dell'oppressione, della violenza.
E poiche' avrei piacere di mandarvi anche un minimo mio contributo ai
lavori, ma non ignoro che un messaggio scritto deve essere assai breve per
poter essere agevolmente ascoltato, mi limito a proporre all'attenzione dei
partecipanti, senza argomentarle affatto, le seguenti sette tesi.
*
1. La nonviolenza e' gia' il cuore della lotta contro la mafia, poiche'
nella storia dei movimenti che contro la mafia si sono battuti e si battono
la scelta della nonviolenza, le tecniche della nonviolenza, il progetto
della nonviolenza, sono stati in vario modo e misura sempre e decisivamente
presenti e operanti.
Ed e' naturale che sia cosi', poiche' sistema di potere mafioso e azione
nonviolenta sono del tutto antitetici, e quindi ogni progresso della
riflessione e dell'azione nonviolenta e' uno scacco per il sistema di potere
mafioso.
*
2. La riflessione e le pratiche dei movimenti delle donne sono il cuore
della nonviolenza e il cuore della lotta antimafia. Cosicche' chiunque si
voglia impegnare nella lotta contro la mafia e chiunque si voglia accostare
alla nonviolenza, e massime chi voglia operare contro la mafia con la scelta
pienamente consapevole della nonviolenza, non puo' non far riferimento al
pensiero e all'agire delle donne e dei movimenti delle donne.
Ed e' naturale che sia cosi', poiche' il sistema di potere mafioso e' una
delle manifestazioni piu' evidenti anche di quella forma di oppressione che
e' il patriarcato, e non si da' lotta contro la mafia, come non si da' lotta
contro la guerra, e contro ogni discriminazione ed ogni totalitarismo, se
non si riconosce il nesso che queste forme di oppressione lega alla
dominazione patriarcale.
*
3. La nonviolenza e' scelta di lotta contro ogni violenza. Certo, essa e'
anche sempre comprensione, comunicazione, riconoscimento di umanita': ma lo
e' proprio specificamente in quanto e' lotta contro ogni violenza. Ed
essendo la mafia un sistema di potere fondato sulla violenza, la nonviolenza
e' sempre e comunque opposizione al potere mafioso. Ne consegue che essa
combatte altresi' contro ogni complicita', ogni collusione, ogni ambiguita',
ogni resa, ogni collaborazionismo coi poteri assassini.
Ed e' naturale che sia cosi', poiche' la nonviolenza e' conflitto; non solo
coscienza e denuncia ma opposizione pugnace ad ogni concrezione di violenza,
di menzogna, di ingiustizia; e' insurrezione e rivolta contro il male e la
morte.
*
4. La nonviolenza sostiene anche senza esitazioni l'impegno delle
istituzioni nella lotta contro la mafia: la nonviolenza invera la legalita'
in quanto essa e' - e sempre dovrebbe essere - difesa dell'oppresso dalla
violenza del potente; la nonviolenza sostiene lo stato di diritto contro la
guerra di tutti contro tutti, l'ordinamento giuridico contro la barbarie, il
sistema democratico contro ogni totalitarismo; la gestione pubblicamente
condivisa di cio' che e' bene di tutti contro la rapina privata che per
l'appunto altri priva di beni essenziali che devono essere comuni. La
nonviolenza rafforza con la sua azione anche le istituzioni: sia fornendo
alle istituzioni valori, strumenti, risorse, esempi; sia criticando e
contrastando cio' che nel corpus legislativo e negli assetti istituzionali
non fosse accettabile alla luce della dignita' umana; sia lottando per avere
leggi ed istituzioni migliori, per cancellare ogni abuso e ogni arbitrio,
per realizzare il potere di tutti, perche' a tutti gli esseri umani siano
riconosciuti tutti i diritti umani.
Ed e' naturale che sia cosi', poiche' la nonviolenza e' anche
giuriscostituente, si fonda sul principio responsabilita', invera e adempie
i principi giuridici in cui si traducono le istanze di giustizia e liberta';
ne' e' giammai "terza parte" o estranea spettatrice nella lotta tra chi
uccide e chi salva le vite, ma sempre si colloca dalla parte delle vittime,
dalla parte del diritto, sempre si batte contro chi uccide.
*
5. La nonviolenza contrasta il sistema di potere mafioso gia' anche
nell'affermare valori e metodi intesi alla piu' vasta solidarieta', la
coerenza tra mezzi e fini, la consapevolezza che una e la stessa e' la lotta
contro il patriarcato, lo sfruttamento, l'inquinamento, la guerra, il
corrompere, il terrorizzare e l'uccidere. La nonviolenza afferma il nesso
che lega un modello di sviluppo equo e solidale, con tecnologie appropriate
e rispettoso della biosfera, la democrazia estesa a tutti gli esseri umani,
la costruzione della pace intesa come relazioni di giustizia e di
solidarieta' fra tutte e tutti, l'umanizzazione dei conflitti, la scelta
della convivenza e della sicurezza per tutte e tutti. E promuove azioni e
tecniche e strumenti e progetti con quei valori e metodi coerenti: come ad
esempio la difesa popolare nonviolenta.
Ed e' naturale che sia cosi', poiche' cosi' come, per dirlo con le esatte
parole di Umberto Santino,  "mafia e' un insieme di organizzazioni
criminali, di cui la piu' importante ma non l'unica e' Cosa Nostra, che
agiscono all'interno di un vasto e ramificato  contesto relazionale,
configurando un sistema di violenza e di illegalita' finalizzato
all'accumulazione del capitale e all'acquisizione e gestione di posizioni di
potere, che si avvale di un codice culturale e gode di un certo consenso
sociale", ebbene, la nonviolenza ad essa si oppone sistemicamente ad un pari
ed anzi superiore livello di complessita', con forza maggiore e
invincibile - la forza della verita': satyagraha -, contrastando la
dominazione del potere violento, oppressivo e distruttivo, in tutte le sue
forme, e in tutti i gangli e fin alle radici.
*
6. La nonviolenza non e' affare di pochi, e non e' affare di pochi la lotta
contro la mafia.
La nonviolenza, la lotta alla mafia, cosi' come la poesia, deve essere fatta
da tutte e tutti.
Ed e' naturale che sia cosi', poiche' tutte e tutti la mafia opprime,
poiche' tutte e tutti la nonviolenza chiama alla lotta per la liberazione
comune.
*
7. La nonviolenza e' una scelta ardua e impegnativa. E quante persone amiche
della nonviolenza sono state assassinate dagli oppressori: Mohandas Gandhi
come Martin Luther King, Marianella Garcia come Chico Mendes, e quante e
quanti altri ancora. Ma insieme puo' essere una scelta facile e gioiosa,
come bere un bicchier d'acqua.
La lotta contro il sistema di potere mafioso e' impegnativa e ardua. E
quante persone impegnate contro la mafia sono state dalla mafia assassinate:
il loro numero e' cosi' grande  che a dire solo qualche nome non riesci. E
tuttavia insieme e' scelta semplice e spontanea - come spiego' una volta per
sempre Paolo Borsellino, come spiego' una volta per sempre Libero Grassi -
se ascolti cio' che ti detta la voce che dal cuore ti chiede di spezzare le
catene e conoscere il fiore vivo.
Ed e' naturale che sia cosi'.
*
Un forte abbraccio dal vostro
Peppe Sini

3. L'ORDINE DEI LAVORI DEL CONVEGNO DI PALERMO
Il 21-22 maggio 2005 a Palermo, presso il Convento dei Frati Minori di Baida
(via Convento 43, Baida - Palermo, tel. 091223595), si svolge il convegno
sul tema "Superare il sistema mafioso. Il contributo della nonviolenza".
Il convegno e' promosso da: Gruppo-laboratorio "Percorsi nonviolenti per il
superamento del sistema mafioso"; Seminario Nonviolenza; Quaderni
Satyagraha; Mosaico di Pace; Centro Siciliano di Documentazione G.
Impastato; Arci Sicilia; Libera; Dipartimento di Studi "Politica, Diritto e
Societa'" e Facolta' di Lettere e Filosofia dell'Universita' di Palermo;
Corso di Laurea in Scienze per la Pace dell'Universita' di Pisa.
*
Programma
Sabato 21 maggio 2005
Sessione mattutina: Analisi
Moderatore: A. Cavadi, Scuola di Formazione Etico-Politica G. Falcone.
Ore 9: Saluti degli enti promotori.
Ore 9,30: relazioni: V. Sanfilippo, Movimento dell'Arca: "Nonviolenza e
mafia: alcune indicazioni di percorso"; U. Santino, presidente Centro
Siciliano di Documentazione G. Impastato, Palermo: "Nonviolenza, mafia,
antimafia"; G. Scardaccione, Universita' di Chieti: "Il modello riparativo
di giustizia: la sfida 'impossibile' dell'applicazione ai reati di mafia";
N. Salio, Centro Studi D. Sereno Regis, Torino: "Politiche di lotta
nonviolenta contro i poteri senza volto"; don L. Ciotti, presidente Libera:
"L'antimafia ripensata. Nonviolenza ed associazionismo".
Ore 12: dibattito.
Ore13,30: pranzo.
Sessione pomeridiana: Esperienze
Ore 15,30-19: Gruppi di lavoro: "Pratiche di mediazione e di giustizia
rigenerativa", introduce: M. Cannito, esperta di 'giustizia rigenerativa' di
Witness for Peace di Washington; "Pratiche di resistenza civile", introduce:
G. Abbagnato, Libera-Palermo; "Difesa popolare nonviolenta, servizio civile,
contrasto alla mafia", introducono: A. Cozzo, Universita' di Palermo, e N.
Salio, Centro Studi D. Sereno Regis, Torino; "Ruolo delle donne", introduce:
A. Puglisi, Centro Siciliano di Documentazione G. Impastato; "Strategie
educative", introducono: A. Cavadi, Scuola di Formazione Etico-Politica G.
Falcone, e S. Rampulla, Seminario Nonviolenza, Palermo; "Comunita' religiose
e mafia", introduce: don F. M. Stabile, storico della Chiesa; "Percorsi di
accompagnamento per vittime, testimoni, dissociati", introduce: don R.
Bruno, cappellano del Carcere di Lecce; "Un'esperienza di Teatro
dell'Oppresso", conduce: S. Di Vita, esperto di Teatro dell'Oppresso.
Ore 20: cena.
Ore 21: serata conviviale con musica e danze, a cura di L. Tedesco,
musicista, Movimento dell'Arca.
*
Domenica 22 maggio 2005
Sessione conclusiva: Prospettive
Moderatore: A. Foti, presidente Arci Sicilia.
Ore 9,30: sintesi dei gruppi di lavoro.
Ore 11,30: Ipotesi per un programma di lavoro: interventi di R. Altieri,
direttore Quaderni Satyagraha, Universita' di Pisa; A. Cozzo, Universita' di
Palermo; G. Fiandaca, Universita' di Palermo; E. Villa, Libera-Palermo.
Ore 13: chiusura dei lavori.
*
Iscrizioni e segreteria del convegno: e-mail: v.sanfi at virgilio.it, tel.
0916259789, fax: 091348997. Altre e-mail di riferimento: acozzo at unipa.it,
csdgi at tin.it

4. MAESTRI. DANILO DOLCI: DA CHI
[Da Danilo Dolci, Esperienze e riflessioni, Laterza, Roma-Bari 1974, p. 233.
Danilo Dolci e' nato a Sesana (Trieste) nel 1924, arrestato a Genova nel '43
dai nazifascisti riesce a fuggire; nel '50 partecipa all'esperienza di
Nomadelfia a Fossoli; dal '52 si trasferisce nella Sicilia occidentale
(Trappeto, Partinico) in cui promuove indimenticabili lotte nonviolente
contro la mafia e il sottosviluppo, per i diritti, il lavoro e la dignita'.
Subisce persecuzioni e processi. Sociologo, educatore, e' tra le figure di
massimo rilievo della nonviolenza nel mondo. E' scomparso sul finire del
1997. Di seguito riportiamo una sintetica ma accurata notizia biografica
scritta da Giuseppe Barone (comparsa col titolo "Costruire il cambiamento"
ad apertura del libriccino di scritti di Danilo, Girando per case e
botteghe, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2002): "Danilo Dolci nasce il
28 giugno 1924 a Sesana, in provincia di Trieste. Nel 1952, dopo aver
lavorato per due anni nella Nomadelfia di don Zeno Saltini, si trasferisce a
Trappeto, a meta' strada tra Palermo e Trapani, in una delle terre piu'
povere e dimenticate del paese. Il 14 ottobre dello stesso anno da' inizio
al primo dei suoi numerosi digiuni, sul letto di un bambino morto per la
denutrizione. La protesta viene interrotta solo quando le autorita' si
impegnano pubblicamente a eseguire alcuni interventi urgenti, come la
costruzione di una fogna. Nel 1955 esce per i tipi di Laterza Banditi a
Partinico, che fa conoscere all'opinione pubblica italiana e mondiale le
disperate condizioni di vita nella Sicilia occidentale. Sono anni di lavoro
intenso, talvolta frenetico: le iniziative si susseguono incalzanti. Il 2
febbraio 1956 ha luogo lo "sciopero alla rovescia", con centinaia di
disoccupati - subito fermati dalla polizia - impegnati a riattivare una
strada comunale abbandonata. Con i soldi del Premio Lenin per la Pace (1958)
si costituisce il "Centro studi e iniziative per la piena occupazione".
Centinaia e centinaia di volontari giungono in Sicilia per consolidare
questo straordinario fronte civile, "continuazione della Resistenza, senza
sparare". Si intensifica, intanto, l'attivita' di studio e di denuncia del
fenomeno mafioso e dei suoi rapporti col sistema politico, fino alle
accuse - gravi e circostanziate - rivolte a esponenti di primo piano della
vita politica siciliana e nazionale, incluso l'allora ministro Bernardo
Mattarella (si veda la documentazione raccolta in Spreco, Einaudi, Torino
1960 e Chi gioca solo, Einaudi, Torino 1966). Ma mentre si moltiplicano gli
attestati di stima e solidarieta', in Italia e all'estero (da Norberto
Bobbio a Aldo Capitini, da Italo Calvino a Carlo Levi, da Aldous Huxley a
Jean Piaget, da Bertrand Russell a Erich Fromm), per tanti avversari Dolci
e' solo un pericoloso sovversivo, da ostacolare, denigrare, sottoporre a
processo, incarcerare. Ma quello che e' davvero rivoluzionario e' il suo
metodo di lavoro: Dolci non si atteggia a guru, non propina verita'
preconfezionate, non pretende di insegnare come e cosa pensare, fare. E'
convinto che nessun vero cambiamento possa prescindere dal coinvolgimento,
dalla partecipazione diretta degli interessati. La sua idea di progresso non
nega, al contrario valorizza, la cultura e le competenze locali. Diversi
libri documentano le riunioni di quegli anni, in cui ciascuno si interroga,
impara a confrontarsi con gli altri, ad ascoltare e ascoltarsi, a scegliere
e pianificare. La maieutica cessa di essere una parola dal sapore antico
sepolta in polverosi tomi di filosofia e torna, rinnovata, a concretarsi
nell'estremo angolo occidentale della Sicilia. E' proprio nel corso di
alcune riunioni con contadini e pescatori che prende corpo l'idea di
costruire la diga sul fiume Jato, indispensabile per dare un futuro
economico alla zona e per sottrarre un'arma importante alla mafia, che
faceva del controllo delle modeste risorse idriche disponibili uno strumento
di dominio sui cittadini. Ancora una volta, pero', la richiesta di acqua per
tutti, di "acqua democratica", incontrera' ostacoli d'ogni tipo: saranno
necessarie lunghe battaglie, incisive mobilitazioni popolari, nuovi digiuni,
per veder realizzato il progetto. Oggi la diga esiste (e altre ne sono sorte
successivamente in tutta la Sicilia), e ha modificato la storia di decine di
migliaia di persone: una terra prima aridissima e' ora coltivabile;
l'irrigazione ha consentito la nascita e lo sviluppo di numerose aziende e
cooperative, divenendo occasione di cambiamento economico, sociale, civile.
Negli anni Settanta, naturale prosecuzione del lavoro precedente, cresce
l'attenzione alla qualita' dello sviluppo: il Centro promuove iniziative per
valorizzare l'artigianato e l'espressione artistica locali. L'impegno
educativo assume un ruolo centrale: viene approfondito lo studio, sempre
connesso all'effettiva sperimentazione, della struttura maieutica, tentando
di comprenderne appieno le potenzialita'. Col contributo di esperti
internazionali si avvia l'esperienza del Centro Educativo di Mirto,
frequentato da centinaia di bambini. Il lavoro di ricerca, condotto con
numerosi collaboratori, si fa sempre piu' intenso: muovendo dalla
distinzione tra trasmettere e comunicare e tra potere e dominio, Dolci
evidenzia i rischi di involuzione democratica delle nostre societa' connessi
al procedere della massificazione, all'emarginazione di ogni area di
effettivo dissenso, al controllo sociale esercitato attraverso la diffusione
capillare dei mass-media; attento al punto di vista della "scienza della
complessita'" e alle nuove scoperte in campo biologico, propone
"all'educatore che e' in ognuno al mondo" una rifondazione dei rapporti, a
tutti i livelli, basata sulla nonviolenza, sulla maieutica, sul "reciproco
adattamento creativo" (tra i tanti titoli che raccolgono gli esiti piu'
recenti del pensiero di Dolci, mi limito qui a segnalare Nessi fra
esperienza etica e politica, Lacaita, Manduria 1993; La struttura maieutica
e l'evolverci, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1996; e Comunicare, legge
della vita, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1997). Quando la mattina del 30
dicembre 1997, al termine di una lunga e dolorosa malattia, un infarto lo
spegne, Danilo Dolci e' ancora impegnato, con tutte le energie residue, nel
portare avanti un lavoro al quale ha dedicato ogni giorno della sua vita".
Tra le molte opere di Danilo Dolci, per un percorso minimo di accostamento
segnaliamo almeno le seguenti: una antologia degli scritti di intervento e
di analisi e' Esperienze e riflessioni, Laterza, Bari 1974; tra i libri di
poesia: Creatura di creature, Feltrinelli, Milano 1979; tra i libri di
riflessione piu' recenti: Dal trasmettere al comunicare, Sonda, Torino 1988;
La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Firenze 1996. Tra le
opere su Danilo Dolci: Giuseppe Fontanelli, Dolci, La Nuova Italia, Firenze
1984; Adriana Chemello, La parola maieutica, Vallecchi, Firenze 1988
(sull'opera poetica di Dolci); Antonino Mangano, Danilo Dolci educatore,
Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1992; Giuseppe
Barone, La forza della nonviolenza. Bibliografia e profilo critico di Danilo
Dolci, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2000, 2004]

I prepotenti, gli sfruttatori, i veri fuorilegge, difficilmente possono
resistere nelle loro posizioni se non sono sostenuti e difesi da chi si
vende loro.

5. MEMORIA. BENITO D'IPPOLITO: CANTATA PER DANILO
[Riproponiamo ancora una volta questa cantata scritta qualche anno fa dal
nostro collaboratore Benito D'Ippolito]

Giunse Danilo da molto lontano
in questo paese senza speranza
ma la speranza c'era, solo mancava
Danilo per trovarcela nel cuore.

Giunse Danilo armato di niente
per vincere i signori potentissimi
ma non cosi' potenti erano poi,
solo occorreva che venisse Danilo.

Giunse Danilo e volle essere uno
di noi, come noi, senza apparecchi
ma ci voleva di essere Danilo
per averne la tenacia, che rompe la pietra.

Giunse Danilo e le conobbe tutte
le nostre sventure, la fame e la galera.
Ma fu cosi' che Danilo ci raggiunse
e resuscito' in noi la nostra forza.

Giunse Danilo inventando cose nuove
che erano quelle che sempre erano nostre:
il digiuno, la pazienza, l'ascolto per consiglio
e dopo la verifica in comune, il comune deliberare e il fare.

Giunse Danilo, e piu' non se ne ando'.
Quando mori' resto' con noi per sempre.

6. RIFLESSIONE. RENATE SIEBERT: ASSOCIATE PER AMORE
[Da Renate Siebert, La mafia, la morte e il ricordo, Rubbettino, Soveria
Mannelli 1995, p. 39. Renate Siebert, sociologa di origine tedesca, nata a
Kassel nel 1942, allieva di Theodor W. Adorno, vive e lavora nell'Italia
meridionale, dove insegna Sociologia del mutamento presso l'Universita' di
Calabria. Opere di Renate Siebert: oltre a Frantz Fanon e la teoria dei
rapporti tra colonialismo e alienazione, Feltrinelli, Milano 1970, e ad
Interferenze, Feltrinelli, Milano 1979 (in collaborazione con Laura Balbo),
tra le opere recenti segnaliamo: E' femmina pero' e' bella, Rosenberg &
Sellier, Torino 1991; Le donne, la mafia, Il Saggiatore, Milano 1994, poi
Est, Milano 1997; La mafia, la morte e il ricordo, Rubbettino, Soveria
Mannelli 1995; Mafia e quotidianita', Il Saggiatore, Milano 1996; Andare
ancora al cuore delle ferite, La Tartaruga, Milano 1997 (intervista ad Assia
Djebar); Cenerentola non abita piu' qui, Rosenberg & Sellier, Torino 1999;
(a cura di), Relazioni pericolose, Rubbettino, Soveria Mannelli 2000; Il
razzismo. Il riconoscimento negato, Carocci, Roma 2003]

Le donne colpite nei loro affetti dalla prepotente violenza mafiosa, in modo
diverso secondo i propri modi di essere e le proprie radici culturali, hanno
elaborato forme di resistenza civile e di denuncia, sia con gesti che con
parole; si sono "associate per amore".

7. MAESTRE. VIRGINIA WOOLF: PENSIERI DI PACE DURANTE UN'INCURSIONE AEREA
[Dal sito dell'Universita' delle donne di Milano
(www.universitadelledonne.it) riprendiamo il seguente testo, scritto
nell'agosto 1940 per una raccolta statunitense di saggi su argomenti di
attualita' riguardanti la donna; pubblicato in Virginia Woolf, Per le strade
di Londra, Il Saggiatore, Milano 1963. Virginia Woolf, scrittrice tra le
piu' grandi del Novecento, nacque a Londra nel 1882, promotrice di
esperienze culturali ed editoriali di grande rilievo, oltre alle sue opere
letterarie scrisse saggi di cui alcuni fondamentali per una cultura della
pace. Mori' suicida nel 1941. E' uno dei punti di riferimento della
riflessione dei movimenti delle donne, di liberazione, per la pace. Opere di
Virginia Woolf: le sue opere sono state tradotte da vari editori,
un'edizione di Tutti i romanzi  (in due volumi, comprendenti La crociera,
Notte e giorno, La camera di Jacob, La signora Dalloway, Gita al faro,
Orlando, Le onde, Gli anni, Tra un atto e l'altro) e' stata qualche anno fa
pubblicata in una collana ultraeconomica dalla Newton Compton di Roma. Tra i
saggi due sono particolarmente importanti per una cultura della pace: Una
stanza tutta per se', Newton Compton, Roma 1993; Le tre ghinee, Feltrinelli,
Milano 1987. Numerosissime sono le opere su Virginia Woolf: segnaliamo
almeno Quentin Bell, Virginia Woolf, Garzanti, Milano 1974; Mirella Mancioli
Billi, Virginia Woolf, La Nuova Italia, Firenze 1975; Paola Zaccaria,
Virginia Woolf, Dedalo, Bari 1980. segnaliamo anche almeno le pagine di
Erich Auerbach, "Il calzerotto marrone", in Mimesis, Einaudi, Torino 1977]

I tedeschi sono passati sopra questa casa ieri sera e la sera prima. Eccoli
un'altra volta. E' una strana esperienza, questa di stare sdraiata nel buio
e ascoltare il ronzio di un calabrone che in qualsiasi momento puo' pungerci
mortalmente. E' un rumore che non permette di pensare freddamente e
coerentemente alla pace. Eppure e' un rumore che dovrebbe costringerci -
assai piu' che non gli inni e le preghiere - a pensare alla pace. Poiche' se
non riusciamo, a forza di pensare, a infondere esistenza a questa pace,
continueremo per sempre a giacere - non questo corpo in questo letto bensi'
milioni di corpi non ancora nati - nello stesso buio, ascoltando lo stesso
rumore di morte sulla testa. Facciamo tutto il possibile per creare il solo
rifugio antiaereo efficace, mentre la' sul colle sparano i cannoni e i
riflettori tastano le nuvole; e qua e la', a volte vicino, a volte lontano,
cade una bomba.
Lassu' in cielo combattono giovani inglesi contro giovani tedeschi. I
difensori sono uomini, gli attaccanti sono uomini. Alla donna inglese non
vengono consegnate armi, ne' per combattere il nemico ne' per difendersi.
Ella deve giacere disarmata, questa sera. Eppure se ella crede che quel
combattimento lassu' in cielo e' una lotta da parte degli inglesi per
proteggere la liberta', da parte dei tedeschi per distruggere la liberta',
ella deve lottare, con tutte le sue forze, dalla parte degli inglesi. Ma
come puo' lottare per la liberta' senza armi? Fabbricandole, oppure
fabbricando vestiti e alimenti. Ma c'e' un altro modo di lottare senza armi
per la liberta'. Possiamo lottare con la mente; fabbricare delle idee, le
quali possano aiutare quel giovane inglese che combatte lassu' in cielo a
vincere il nemico.
Ma perche' le idee siano efficaci, dobbiamo essere in grado di accendere la
loro miccia. Dobbiamo metterle in azione. E quel calabrone in cielo mi
sveglia un altro calabrone nella mente. Ce n'era uno questa mattina, che
ronzava nel "Times"; era la voce di una donna che protestava: "Le donne non
possono dire una parola sulle questioni politiche". Non c'e' nessuna donna
nel Governo; ne' in nessun posto di responsabilita'. Tutti i fabbricanti di
idee, in grado di attuare queste loro idee, sono uomini. Ecco un pensiero
che soffoca il pensiero, e incoraggia invece l'irresponsabilita'. Perche'
non sprofondare allora la testa nel cuscino, otturarsi le orecchie e
abbandonare questa futile attivita' di fabbricare idee? Poiche' ci sono
altri tavoli, oltre ai tavoli dei militari, e i tavoli delle conferenze.
Potrebbe darsi che se noi rinunciamo al pensiero privato, al pensiero del
tavolo da te', perche' esso ci sembra inutile, stiamo privando quel giovane
inglese di un'arma che potrebbe essergli utile. Non stiamo esagerando la
nostra incapacita', solo perche' la nostra capacita' ci espone forse
all'insulto, al disprezzo? "Non cessero' di lottare mentalmente", scrisse
Blake. Lottare mentalmente significa pensare contro la corrente, e non a
favore di essa.
E quella corrente scorre veloce e violenta. Straripa in parole dagli
altoparlanti e dai politici. Ogni giorno ci dicono che siamo un popolo
libero il quale combatte per difendere la liberta'. Quella e' la corrente
che ha trascinato nei suoi turbini quel giovane aviatore fino al cielo, e
che lo fa girare incessantemente tra le nuvole. Quaggiu', protetti da un
tetto, con una maschera antigas sotto le mani, e' nostro dovere sgonfiare
questi palloni d'aria e scoprire qualche germe di verita'. Non e' vero che
siamo liberi. Questa sera siamo tutti e due prigionieri: lui nella sua
macchina con un'arma accanto, noi sdraiati nel buio con una maschera antigas
accanto.
Se fossimo liberi saremmo all'aperto, a ballare, o in un teatro, o seduti
davanti alla finestra, conversando. Che cosa ce lo impedisce? "Hitler!"
esclamano unanimi gli altoparlanti. Chi e' Hitler? Che cosa e' Hitler?
L'aggressivita', la tirannia, l'amore forsennato del potere, rispondono.
Distruggetelo, e sarete liberi.
*
Ora sulla mia testa gli aerei rombano come se segassero il ramo di un
albero. Gira e gira, segando e segando quel ramo proprio sopra la mia casa.
E nel cervello un altro suono comincia ad aprirsi, anch'esso segando, una
galleria. "Le donne capaci" - cosi' diceva Lady Astor nel "Times" di questa
mattina - "vengono ostacolate in tutte le carriere a causa dell'inconscio
hitlerismo nel cuore dell'uomo". E' vero, siamo ostacolate. E questa sera
siamo tutti prigionieri: gli inglesi nei loro aerei, le inglesi nei loro
letti. Ma se lui smette un attimo di pensare, possono ucciderlo; e anche
noi. Pertanto, pensiamo per lui. Cerchiamo di fare conscio l'inconscio
hitlerismo che ci opprime. E' il desiderio di aggressione; il desiderio di
rendere schiavi. Perfino nel buio possiamo vederlo chiaramente. Vediamo le
vetrine dei negozi illuminati a giorno, e le donne che guardano; donne
incipriate; donne travestite; donne dalle labbra rosse e dalle unghie rosse.
Sono schiave che cercano di rendere schiavi gli altri. Se potessimo
liberarci dalla schiavitu', avremo liberato gli uomini dalla tirannia. Gli
Hitler sono generati dagli schiavi.
*
Cade una bomba. Tutte le finestre tremano. I cannoni antiaerei entrano in
azione. La', sull'alto del colle, sotto una rete con pezzi appiccicati di
stoffa verde e bruna, imitando i colori delle foglie d'autunno, si
nascondono i cannoni. Ora sparano tutti insieme. Il giornale radio delle
nove ci dira': "Questa sera sono stati abbattuti quarantaquattro aerei
nemici, dieci dei quali dal fuoco antiaereo". E una delle condizioni della
pace, dicono gli altoparlanti, sara' il disarmo. Non ci saranno piu' armi,
ne' esercito, ne' marina, ne' forza aerea nell'avvenire. I giovani non
saranno piu' addestrati a combattere con le armi. Quello sveglia un altro
calabrone nelle camere del cervello, un'altra citazione: "Combattere contro
un nemico reale, meritare eterno onore e gloria uccidendo dei perfetti
sconosciuti, e tornare a casa con il petto coperto di medaglie e di
decorazioni, quello era il colmo delle mie speranze... A questo era stata
dedicata, finora, tutta la mia vita, la mia educazione, la mia preparazione,
tutto...".
Queste sono le parole di un giovane inglese combattente nell'ultima guerra.
Davanti a queste parole, possono credere onestamente i pensatori
dell'accennata corrente che scrivendo "disarmo" su un pezzo di carta in una
conferenza di ministri, avranno fatto tutto cio' che si doveva fare? Otello
non avra' piu' occupazione, ma egli sara' sempre Otello. Quel giovane
aviatore in cielo non e' spinto soltanto dalle voci degli altoparlanti; e'
spinto anche dalle voci che ascolta in se', antichi istinti, istinti
incoraggiati e nutriti dall'educazione e dalla tradizione. Glieli dobbiamo
forse rimproverare? Si potrebbe forse sopprimere l'istinto materno, perche'
cosi' ha voluto un gruppo di politici? Supponiamo che fra le condizioni di
pace ci fosse questa, imperativa: "L'esercizio della maternita' sara'
ristretto a una classe ridotta di donne accuratamente selezionate", forse
sarebbe accettata? Piuttosto diremmo: "L'istinto materno e' la gloria della
donna. A questo e' stata dedicata finora la mia vita, la mia educazione, la
mia preparazione, tutto...". Ma se fosse necessario, per il benessere
dell'umanita', per la pace del mondo, che l'esercizio della maternita'
venisse ristretto, e l'istinto materno messo a tacere, forse le donne non si
rifiuterebbero. Gli uomini le aiuterebbero. Onorerebbero queste donne per il
loro rifiuto di generare. Aprirebbero altre possibilita' al loro potere
creativo. E anche questo deve essere parte della nostra lotta per la
liberta'. Dobbiamo aiutare i giovani inglesi a togliere dai loro cuori
l'amore delle medaglie e delle decorazioni. Dobbiamo creare attivita' piu'
onorevoli per coloro i quali cercano di dominare in se stessi l'istinto
combattivo, l'inconscio hitlerismo. Dobbiamo compensare l'uomo per la
perdita delle sue armi.
*
Il rumore di sega sulle nostre teste aumenta. Tutti i riflettori puntano in
alto, verso un punto sito esattamente sopra questo tetto. In qualunque
momento puo' cadere una bomba in questa stanza. Uno due tre quattro cinque
sei... passano i secondi. La bomba non e' caduta. Ma durante quei secondi di
attesa, l'attivita' del pensiero e' cessata. E anche e' cessato ogni
sentimento, tranne un opaco timore. Un chiodo fissava tutto l'essere a
un'asse di legno duro. L'emozione della paura e dell'odio e' pertanto
sterile, non fertile. Non appena la paura scompare, la mente affiora di
nuovo e istintivamente cerca di rivivere creando. Siccome la stanza e' al
buio, puo' creare soltanto con la memoria. Si protende verso il ricordo di
altri agosti, a Bayreuth, ascoltando Wagner; a Roma, passeggiando per la
campagna romana; a Londra. Ritornano le voci degli amici; frammenti di
poesia. Ognuno di questi pensieri, anche nella memoria, era assai piu'
positivo, rinfrescante, consolatore e creativo di quanto non lo fosse
quell'opaco spavento, fatto di paura e di odio. Percio', se vogliamo
compensare quel giovane della perdita della sua gloria e della sua arma, gli
dobbiamo aprire l'accesso ai sentimenti creativi. Dobbiamo fabbricare
felicita'. Dobbiamo liberarlo dalla macchina. Dobbiamo tirarlo fuori dalla
sua prigione, all'aperto. Ma a che cosa serve liberare il giovane inglese,
se il giovane tedesco e il giovane italiano rimangono schiavi?
*
I riflettori, ondeggiando sulla pianura hanno trovato finalmente l'aereo. Da
questa finestra si puo' vedere un piccolo insetto argentato che gira e si
contorce nella luce. I cannoni sparano e sparano. Poi smettono.
Probabilmente l'attaccante e' stato colpito, dietro il colle. L'altro
giorno, uno dei piloti riusci' ad atterrare in un campo qui vicino. In un
inglese abbastanza tollerabile, disse ai suoi catturatori: "Come sono
contento che la lotta sia finita!". Poi un inglese gli diede una sigaretta,
e una inglese gli offri' una tazza di te'. Questo starebbe a dimostrare che
se si riesce a liberare l'uomo dalla macchina, il seme non cade in un suolo
completamente sterile. Il seme puo' essere ancora fertile.
*
Finalmente tutti i cannoni hanno smesso di sparare. Tutti i riflettori si
sono spenti. Il buio naturale della notte d'estate ritorna. Si sentono
nuovamente gli innocenti rumori della campagna. Una mela cade per terra. Un
gufo grida, spostandosi da un albero all'altro. E qualche parola quasi
dimenticata di un vecchio scrittore inglese mi viene in mente: "I cacciatori
si sono alzati in America...". Mandiamo dunque queste note frammentarie ai
cacciatori che si sono alzati in America, agli uomini e alle donne il cui
sonno non e' stato ancora interrotto dal rumore della mitragliatrice, con la
speranza che vengano ripensate, generosamente e caritatevolmente, e forse
rimaneggiate fino a diventare qualcosa di utile. E adesso, in questa meta'
buia del mondo, a dormire.

8. RIFLESSIONE. ASSOCIAZIONE GIURISTE D'ITALIA: SUL REFERENDUM SULLA LEGGE
40
[Dal sito dell'Universita' delle donne di Milano
(www.universitadelledonne.it) riprendiamo il seguente intervento
dell'Associazione giuriste d'Italia - in siga: Giudit - (per contatti:
e-mail: giudit at giudit.it, sito: www.giudit.it)]

La legge 40/2004 e' una legge autoritaria e disumana. Impedisce a molte di
realizzare il loro desiderio di maternita'. Gia' sta costringendo singole
donne e coppie ad andare all'estero per interventi di inseminazione
cosiddetta eterologa o per altri interventi di procreazione assistita
vietati dalla nostra legge e consentiti invece in altri Paesi. Ma solo chi
ha i mezzi finanziari per affrontare questi costosi soggiorni puo'
permetterselo; per altre/i, tutto cio' e' impossibile. Autoritarismo,
negazione dell'autodeterminazione delle donne e discriminazione vanno di
pari passo, in un disegno eticamente e socialmente reazionario. Il principio
di laicita' dello Stato non consente ingerenze nelle scelte fondamentali
della vita.
Come donne il nostro giudizio e' netto: di questa legge non c'e' niente da
salvare. Come giuriste siamo inoltre convinte che la legge e', sotto vari
aspetti, contraria alla Costituzione.
L'autodeterminazione e' un principio fondamentale dell'ordinamento,
riconducibile a un complesso di norme costituzionali, in primo luogo l'art.
2 che sancisce il rispetto dei diritti inviolabili della persona, e l'art.
13 che contiene la garanzia della liberta' personale, da intendersi anche
come garanzia dell'habeas corpus femminile, cioe' della signoria delle donne
sull'uso del corpo a fini procreativi.
Questa legge, al contrario, prevede una regolamentazione feroce del corpo
femminile. Impone divieti e limiti che espongono a gravi rischi la salute
delle donne, e riducono drasticamente le potenzialita' insite nella liberta'
procreativa. Come tutti i diritti inviolabili, l'autodeterminazione deve
considerarsi sottratta alle decisioni di maggioranza.
Questa legge e' un attacco evidente e senza precedenti
all'autodeterminazione, e, almeno nelle intenzioni dei suoi sostenitori,
dovrebbe preludere a una modifica della legge 194 sull'aborto. Voteremo
"si'" ai referendum, anche se non li abbiamo promossi, e anche se alcune di
noi non li avrebbero voluti. Non da ora, abbiamo sostenuto che, quando si
tratta di autodeterminazione delle donne, nessuna maggioranza, ne'
parlamentare ne' popolare, puo' legittimamente legiferare per limitarla o
annullarla.
Tuttavia voteremo quattro "si'" con convinzione, perche' i referendum, pur
essendo espressione di un'agenda politica scandita senza un reale ascolto di
quanto detto e pensato dalle donne, sono diventati il simbolo della
resistenza contro l'attacco ad un nostro libero e responsabile esercizio di
signoria sull'uso del corpo a fini procreativi, nonche' momento di coagulo
di tutte le forze progressiste contrarie a questa legge.
In concreto, la vittoria dei "si'" eliminera' alcuni tra gli aspetti piu'
odiosi della legge, tra cui il divieto della inseminazione eterologa, la
limitazione dell'uso delle tecniche ai casi di sterilita', il divieto di
produrre piu' di tre embrioni e l'obbligo di impianto.
Ma il nostro impegno di donne giuriste non potra' dirsi concluso anche nel
caso di esito positivo del referendum abrogativo parziale. Restera' infatti
la limitazione dell'accesso alle tecniche alla coppia eterosessuale, che
stabilisce un unico modello di genitorialita'.
Resteranno anche tutte le altre norme di divieto, che hanno la finalita' di
porre limiti alle scelte individuali, e dal punto di vista culturale sono
espressione di un bisogno di controllo volto a tacitare il senso di
incertezza e a mettere paletti a tutto cio' che e' frutto della diversita'
dei percorsi individuali.
Sbaglia, ha sempre sbagliato, chi parla di "far west" procreativo. A parte
qualche eccezione - da cui nessuna legge potra' mai metterci al riparo - le
donne hanno sempre affrontato le scelte procreative con senso di
responsabilita'. Come abbiamo detto a proposito dell'aborto, nessuno,
neanche lo Stato, puo' sostituirsi alla scelta della donna interessata.
Nessuno potra' mai decidere meglio di lei stessa se, e come, essere madre.
La legge non deve porre limiti ne' regolamentare l'accesso alle tecniche di
riproduzione assistita. Per questa ragione l'unica decisione politica
accettabile e coerente era ed e' l'abrogazione totale della legge. Riteniamo
tuttavia che la vittoria dei "si'" rendera' di fatto inapplicabile la legge,
e obblighera' il Parlamento a un ripensamento complessivo della materia.
Vogliamo lavorare, insieme con altre associazioni e movimenti che
condividono questa impostazione, alla costruzione di una proposta normativa
che si astenga dal regolare aspetti connessi con l'autodeterminazione - in
particolare l'accesso alle tecniche - e si limiti a prevedere norme volte a
prevenire l'uso speculativo delle tecniche di procreazione assistita e a
garantire la salute delle donne, attraverso il controllo sui centri che
effettuano gli interventi di procreazione assistita.

9. RIVISTE. CON "QUALEVITA", ALL'ASCOLTO DI PIETRO DA MORRONE
Abbonarsi a "Qualevita" e' un modo per sostenere la nonviolenza. All'ascolto
di Pietro da Morrone.
*
"Non si puo' ammazzare a fin di bene. A fin di bene si puo' soltanto fare il
bene, amare, aiutarci l'un l'altro, perdonarci" (cosi' il personaggio di
Pier Celestino, in Ignazio Silone, L'avventura d'un povero cristiano,
Mondadori, Milano 1968, ora anche in Idem, Romanzi e saggi, Mondadori,
Milano 1999, vol. II, p. 724).
*
"Qualevita" e' il bel bimestrale di riflessione e informazione nonviolenta
che insieme ad "Azione nonviolenta", "Mosaico di pace", "Quaderni
satyagraha" e poche altre riviste e' una delle voci piu' qualificate della
nonviolenza nel nostro paese. Ma e' anche una casa editrice che pubblica
libri appassionanti e utilissimi, e che ogni anno mette a disposizione con
l'agenza-diario "Giorni nonviolenti" uno degli strumenti di lavoro migliori
di cui disponiamo.
Abbonarsi a "Qualevita", regalare a una persona amica un abbonamento a
"Qualevita", e' un'azione buona e feconda.
Per informazioni e contatti: Edizioni Qualevita, via Michelangelo 2, 67030
Torre dei Nolfi (Aq), tel. 3495843946, o anche 0864460006, o ancora
086446448; e-mail: sudest at iol.it o anche qualevita3 at tele2.it; sito:
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Per abbonamenti alla rivista bimestrale "Qualevita": abbonamento annuo: euro
13, da versare sul ccp 10750677, intestato a "Qualevita", via Michelangelo
2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), specificando nella causale "abbonamento a
'Qualevita'".

10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

11. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 936 del 21 maggio 2005

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