La nonviolenza e' in cammino. 913



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 913 del 28 aprile 2005

Sommario di questo numero:
0. Una comunicazione di servizio
1. Riccardo Orioles: 30 aprile 1982
2. Una bibliografia essenziale sul popolo armeno e sul genocidio di cui e'
stato vittima
3. I processi nazisti ai resistenti della "Rosa bianca"
4. Aldo Capitini: La mia opposizione al fascismo
5. Andrea Cozzo: Il "rappel" di Lanza del Vasto, richiamo fisico e mentale
all'attenzione
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'

0. UNA COMUNICAZIONE DI SERVIZIO
Si e' verificato ieri un problema tecnico che ha avuto come conclusiva
spiacevole conseguenza il ritardato e purtroppo reiterato invio del n. 912
del notiziario. Ci scusiamo con le gentili lettrici e i gentili lettori che
avessero ricevuto piu' copie dello stesso.

1. EDITORIALE. RICCARDO ORIOLES: 30 APRILE 1982
[Da "La Catena di San Libero (per contatti: riccardoorioles at libero.it), n.
281 del 25 aprile 2005 riprendiamo questa variazione di Riccardo Orioles da
Simonide di Ceo.
Riccardo Orioles e' giornalista eccellente ed esempio pressoche' unico di
rigore morale e intellettuale (e quindi di limpido impegno civile);
militante antimafia tra i piu' lucidi e coraggiosi, ha preso parte con Pippo
Fava all'esperienza de "I Siciliani", poi e' stato tra i fondatori del
settimanale "Avvenimenti", cura attualmente in rete "Tanto per abbaiare - La
Catena di San Libero", un eccellente notiziario che puo' essere richiesto
gratuitamente scrivendo al suo indirizzo di posta elettronica; ha formato al
giornalismo d'inchiesta e d'impegno civile moltissimi giovani. Per gli
utenti della rete telematica vi e' anche la possibilita' di leggere una
raccolta dei suoi scritti (curata dallo stesso autore) nel libro elettronico
Allonsanfan. Storie di un'altra sinistra. Sempre in rete e' possibile
leggere una sua raccolta di traduzioni di lirici greci, ed altri suoi lavori
di analisi (e lotta) politica e culturale, giornalistici e letterari. Due
ampi profili di Riccardo Orioles sono in due libri di Nando Dalla Chiesa,
Storie (Einaudi, Torino 1990), e Storie eretiche di cittadini perbene
(Einaudi, Torino 1999).
Pio La Torre, dirigente del Partito Comunista Italiano, alla testa delle
lotte contadine, parlamentare della Repubblica, animatore del movimento
pacifista, autore del disegno di legge che dopo la sua morte divenne la
fondamentale legge antimafia; lotto' contro la mafia e per la pace; e' stato
assassinato il 30 aprile 1982. Opere di Pio La Torre: Le ragioni di una
vita. Scritti di Pio La Torre, a cura dell'Istituto Gramsci Siciliano, De
Donato - Il Ciclope, Bari-Palermo 1982. Opere su Pio La Torre: cfr.
Francesco Petruzzella (a cura di), La posta in gioco. Il Pci di fronte alla
mafia, La Zisa, Palermo 1993, particolarmente il terzo volume.
Rosario Di Salvo, di Pio La Torre collaboratore nella lotta per un mondo
giusto e per i diritti di tutti, insieme a Pio La Torre fu assassinato dalla
mafia il 30 aprile 1982.
Simonide di Ceo (nato a Iuli nell'isola di Ceo intorno al 556 a.C.,
scomparso in Sicilia, a Siracusa o Agrigento, intorno al 468 a.C.) e' uno
dei grandi poeti lirici greci, i cui residui frammenti rivelano - al pari
delle tragedie ateniesi del V secolo - come quelle donne e quegli uomini
sapessero tutto del cuore delle persone e del mondo.
Delle varie traduzioni italiane dell'epicedio per i caduti alle Termopili ci
piace qui ricordare quella indimenticabile di Salvatore Quasimodo (nei
Lirici greci, "Corrente", Milano 1940, poi - piu' volte - presso Mondadori;
noi citiamo dall'edizione Mondadori, Milano 1979, p. 105: "Di quelli che
caddero alle Termopili / famosa e' la ventura, bella la sorte / e la tomba
un'ara. Ad essi memoria / e non lamenti; ed elogio il compianto. / Non il
muschio, ne' il tempo che devasta / ogni cosa potra' su questa morte. / Con
gli eroi, sotto la stessa pietra, / abita ora la gloria della Grecia".
Un libro che ricorda uno per uno tutti i "caduti nella lota contro la mafia
e per la democrazia dal 1893 al 1994, la cui lettura vivamente
raccomandiamo, e' quello di Umberto Santino, Sicilia 102, Centro siciliano
di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1995]

Dei morti alle Termopili la sorte
e' bella e fortunato fu il destino,
un altare e' la tomba ed il ricordo
non un lamento ma di lotta un canto.

A questa veste funebre ne' il tempo
ne' l'abbandono toglieran splendore:
vive in questo sepolcro e gli e' compagno
l'onore di Sicilia. Cosi' attesta

Pio, capo comunista. Lo conferma
Rosario che con lui cadde lottando.

2. MEMORIA. UNA BIBLIOGRAFIA SUL POPOLO ARMENO E SUL GENOCIDIO DI CUI E'
STATO VITTIMA
[Dal sito del "Comitato per la foresta dei giusti" (http://gariwo.net)
riprendiamo la seguente bibliografia orientativa]

- AA. VV., Georgia, Armenia, Azerbaijan, Guide Edt, Lonely Planet, Torino
2001.
- AA. VV., Gli Armeni, Jaca Book, Milano 1986.
- AA. VV., Armin T. Wegner e gli Armeni in Anatolia, 1915. Immagini e
testimonianze, Guerini, Milano 1996.
- AA. VV. , Armenia, una cristianita' al bivio, Cens, Milano 1998.
- AA. VV., Documenti diplomatici italiani sull'Armenia, Commissione per la
pubblicazione dei documenti italiani sull'Armenia, Firenze 1999-2003.
- AA. VV., Revue d'Histoire de la Shoah, Ailleurs, hier, autrement:
connaissance et reconnaissance du genocide des Armeniens, Centre de
Documentation Juive Contemporaine, Paris 2003.
- Flavia Amabile, Marco Tosatti, I baroni di Aleppo, Gamberetti, Roma,1998.
- Flavia Amabile, Marco Tosatti, La vera storia del Mussa Dagh, Guerini,
Milano 2003.
- A. Arslan, L. Pisanello, Husher. Voci italiane di sopravvissuti armeni,
Guerini, Milano 2000.
- A. Arslan, B. L. Zekiyan, A. Ferrari, Dal Caucaso al Veneto, gli Armeni
fra storia e memoria , Adle Ed., Padova 2003.
- Antonia Arslan, La masseria delle allodole, Rizzoli, Milano 2004.
- A. Bakunts, Racconti dal silenzio, Guerini, Milano 2002.
- G. Chaliand, Memoria della mia memoria, Argo, Lecce 2003.
- P. Cuneo, Architettura armena, De Luca, Roma 1988.
- D. Dedeyan (a cura di), Storia degli armeni, Guerini, Milano 2002.
- V. Dadrian, Storia del genocidio armeno, Guerini, Milano 2003.
- A. Ferrari, Le guerre di David Beck, Guerini, Milano 1997.
- A. Ferrari, L'Ararat e la gru, Mimesis, Milano 2003.
- G. Gianighian, Khodorciur, Casa Editrice Armena, Venezia 1992.
- A. Hermet, La Venezia degli armeni. Sedici secoli fra storia e leggenda,
Mursia, Milano 1993.
- E. Hinselrath, La fiaba dell'ultimo pensiero, Rizzoli, Milano 1991.
- G. Impagliazzo, Una finestra sul massacro, Guerini, Milano 2000.
- Hilmar Kaiser, Imperialism, Racism and Development Theories: The
Construction of a Dominant Paradigm on Ottoman Armenians, Gomidas Institute
Books, Princeton 1998.
- Hilmar Kaiser, The Baghdad Railway and the Armenian Genocide, 1915-1916: A
Case Study in German Resistance and Complicity, in Remembrance and Denial:
the Case of the Armenian Genocide, Wayne State University Press, 1999.
- Karekin I (Patriarca della Chiesa armena), Che cos'e' la felicita',
Guerini, Milano 2002.
- Karekin I (Patriarca della Chiesa armena), L'identita' della chiesa
armena, Edb, Bologna 1988.
- H. Kasangian, Otto grammi di piombo, Il Poligrafico, Padova 1996.
- V. Katcha, Il pugnale nel giardino, Sonzogno, Milano 1982.
- Raymond Kevorkian, L'extermination des deportes armeniens ottomans dans
les camps de concentration de Syrie-Mesopotamie (1915-1916), Revue
d'Histoire Armenienne Contemporaine, Tome II, Paris 1998.
- Raymond Kevorkian, La Cilicie (1909-1921). Des massacres d'Adana au mandat
Francais, Revue d'Histoire Armenienne Contemporaine, Tome III, Paris, 1999.
- D. Kherdian, Lontano da casa, Mondadori, Milano 1997.
- Pietro Kuciukian, Terre dimenticate, Editrice Armena di S. Lazzaro,
Venezia 1991.
- Pietro Kuciukian, Nel paese delle pietre urlanti, Editrice Armena di S.
Lazzaro, Venezia 1991.
- Pietro Kuciukian, Le terre di Nairi'. Viaggi in Armenia, Guerini, Milano
1994.
- Pietro Kuciukian, Viaggio tra i cristiani d'oriente. Comunita' armene in
Siria e in Iran, Guerini, Milano 1996.
- Pietro Kuciukian, Dispersi. Viaggio tra le comunita' armene nel mondo,
Guerini, Milano 1998.
- Pietro Kuciukian, Voci nel deserto. Giusti e testimoni per gli armeni,
Guerini, Milano 2000.
- Pietro Kuciukian, Giardino di tenebra. Viaggio in Nagorno Karabagh,
Guerini, Milano 2003.
- Osip Mandel'stam, Viaggio in Armenia, Adelphi, Milano 1996.
- Agopik e Armen Manoukian (a cura di), Documenti di architettura armena,
Politecnico di Milano, Ed. Ares, Voll.1969-1985, Ed. Oemme, voll.1986-1998.
- S. Manoukian, H. Vahramian, Gharabagh. Documenti, Oemme, Milano 1998.
- Claude Mutafian, Metz Yeghern. Breve storia del genocidio degli armeni,
Guerini, Milano 1995.
- A. Riccardi, Mediterraneo (archivi vaticani sul genocidio), Guerini ,
Milano 1997.
- W. Saroyan, Il mio nome e' Aram, Mondadori, Milano 1963.
- W. Saroyan, La commedia umana, Mondadori, Milano 1965.
- W. Saroyan, Il mio cuore e' negli altipiani, Mursia, Milano 1968.
- F. Sidari, La questione armena nella politica delle grandi potenze, Cedam,
Padova 1962.
- B. Sivazliyan, Le leggende del popolo armeno, Arcana, Milano 1988.
- Yves Ternon, La cause armenienne, Ed. du Seuil, Paris 1983.
- Yves Ternon, Enquete sur la negation d'un genocide, Ed. Parentheses,
Marseille 1989.
- Yves Ternon, Gli armeni. 1915-1916: il genocidio dimenticato, Rizzoli,
Milano 2003.
- D. M. Thomas, Ararat, Frassinelli, Milano 1984.
- Daniel Varujan, Il canto del pane, Guerini, Milano 1992.
- Daniel Varujan, Mari di grano e altre poesie armene, Paoline, Milano 1995.
- Franz Werfel, I quaranta giorni del Mussa Dagh, Corbaccio, Milano 2000.
- Boghos Levon Zekiyan, La spiritualita' armena, Studium, Roma 1999.
- Boghos Levon Zekiyan, L'Armenia e gli armeni. Polis lacerata e patria
spirituale: la sfida di una sopravvivenza, Guerini, Milano 2000.

3. MEMORIA. I PROCESSI NAZISTI AI RESISTENTI DELLA "ROSA BIANCA"
[Dal sito www.olokaustos.org riprendiamo il seguente testo che reca anche
alcuni estratti dalle sentenze di condanna a morte pronunciate dal tribunale
nazista contro i resistenti della "Rosa bianca".
Tra il 1942 ed il 1943 un gruppo di studenti ed un professore di Monaco
realizzarono e diffusero una serie di sei volantini clandestini antinazisti.
I primi quattro volantini si aprivano col titolo "Fogli volanti della Rosa
bianca" ed erano diffusi in poche centinaia di copie; gli ultimi due
intitolati "Fogli volanti del movimento di Resistenza in Germania"
ciclostilati in qualche migliaia di copie. Scoperti, furono condannati a
morte e decapitati gli studenti Hans Scholl, Sophie Scholl, Christoph
Probst, Willi Graf, Alexander Schmorell ed il professor Kurt Huber. Opere
sulla Rosa Bianca: Inge Scholl, La Rosa Bianca, La Nuova Italia, Firenze,
1966, rist. 1978 (scritto dalla sorella di Hans e Sophie Scholl, il volume -
la cui traduzione italiana e' parziale - contiene anche i testi dei
volantini diffusi clandestinamente dalla Rosa Bianca); Klaus Vielhaber,
Hubert Hanisch, Anneliese Knoop-Graf (a cura di), Violenza e coscienza.
Willi Graf e la Rosa Bianca, La nuova Europa, Firenze 1978; Paolo Ghezzi, La
Rosa Bianca. Un gruppo di resistenza al nazismo in nome della liberta',
Paoline, Cinisello Balsamo (Mi) 1993; Romano Guardini, La Rosa Bianca,
Morcelliana, Brescia 1994; Paolo Ghezzi, Sophie Scholl e la Rosa Bianca,
Morcelliana, Brescia 2003. Alcune piu' dettagliate notizie biografiche sui
principali appartenenti al movimento di resistenza della "Rosa bianca" sono
nel n. 909 di questo foglio]

Il primo processo ai membri della Rosa Bianca si tenne lunedi'  22 febbraio
1943 alle ore 10 nell'aula 216 della "Corte del Popolo" di Monaco.
Presiedeva la corte Roland Freisler, il "giudice macellaio" che condurra' il
processo contro gli attentatori di Hitler del luglio 1944. Quest'uomo -
nazista sino in fondo all'anima - non conduceva in realta' un processo ma un
"rito" di pubblica umiliazione e distruzione morale degli imputati.
Dinanzi a lui comparvero Hans e Sophie Scholl e Christoph Probst. Riguardo
alle accuse mossegli Sophie dichiaro': "Cio' che abbiamo scritto e detto noi
lo pensiamo profondamente".
Dopo solo tre ore e mezza di processo, alle 13,30, Freisler pronunzio' la
condanna a morte per tutti e tre gli imputati. Alle 17,00 i tre amici
vennero ghigliottinati.
Coloro che assistettero all'esecuzione ricordarono la calma e la serenita'
di Sophie Scholl.
*
Anche il secondo processo si tenne a Monaco di Baviera sotto la presidenza
di Roland Freisler.
Come il primo anche questo fu un processo brevissimo: dalle ore 9,00 alle
13,00. Gli imputati erano quattordici. Tra di essi il professor Kurt Huber,
Alexander Schmorell e Willi Graf. L'accusa contro di loro - oltre alla
distribuzione, accusa comune a tutti gli imputati - era la realizzazione dei
volantini.
Nelle primissime ore del pomeriggio Roland Freisler pronunzio' la condanna a
morte per Huber, Schmorell e Graf.
Altri dieci imputati vennero condannati a pene detentive ed uno assolto.
Pochi giorni dopo il primo processo il ministro della propaganda Goebbels
aveva scritto a Freisler: "Signor giudice, mi e' stato riferito che la
popolazione di Monaco ha accettato con qualche difficolta' la sentenza
pronunziata". Freisler, nel secondo processo, capi' l'ordine e si limito' a
"solo" tre condanne a morte.
*
Il terzo processo si tenne a Monaco di Baviera il 13 luglio 1943. Davanti
alla corte comparvero il libraio Josef Soehngen accusato di aver messo a
disposizione il retrobottega del suo esercizio per la compilazione e
duplicazione dei volantini.
Insieme con lui venne giudicato l'architetto Manfred Eickemeyer accusato di
aver ospitato in casa sua le riunioni del gruppo.
Sedevano sul banco degli imputati anche Harald Dohrn - cognato di Christoph
Probst -  e il pittore William Geyer.
Soehngen venne condannato a sei mesi mentre gli altri imputati vennero
assolti.
*
Il quarto processo si tenne a Donauworth il 13 ottobre 1944 contro Hans
Leipelt, la sua amica Marie-Luise Jahn e altri cinque imputati. Leipelt e
Jahn non avevano mai avuto contatti diretti con il gruppo della "Rosa
Bianca" ma erano entrati in possesso del sesto volantino, l'avevano copiato
e distribuito.
Oltre a cio' avevano cercato di raccogliere denaro in favore della vedova
del professor Huber che, dopo l'esecuzione del marito, era ridotta in
miseria.
Gli accusati comparivano dinanzi al tribunale grazie ad una indagine
condotta dalla Gestapo di Amburgo. Gli investigatori nazisti avevano
scoperto alcuni gruppi clandestini di oppositori per la maggior parte
composti da studenti e operativi intorno all'Universita' della citta'.
All'interno di questi gruppi circolavano anche manifestini della "Rosa
Bianca".
Hans Leipelt venne condannato a morte e ghigliottinato, Marie-Luise Jahn
venne condannata a dodici anni di prigione. Altri tre accusati vennero
condannati a pene detentive e due assolti.
*
Anche altre persone morirono in connessione con questo processo. Alcune
persone arrestate dalla Gestapo non vennero mai giudicate ma spinte al
suicidio, altre morirono per le torture subite o furono uccise verso la fine
della guerra.
Tra queste vittime vi erano altri studenti: Frederick Geussebhainer, Kurt
Ledien, Kaethe Leipelt, Reinhold Mayer, Margarethe Mrosek e Greta Rothe.
*
Altri processi si tennero il 17, 19 e 20 aprile 1945 terminando con diverse
condanne a pene detentive e alla condanna a morte di Heinz Kucharski che,
tuttavia, riusci' a fuggire dalla propria cella durante un bombardamento
aereo.
*
Estratto dalla sentenza a carico di Hans Scholl, Sophie Scholl e Christoph
Probst a seguito del processo celebratosi il 22 febbraio 1943
"In nome del popolo tedesco
Nella causa contro
1. Hans Fritz Scholl, Monaco, nato a Ingersheim il 22 settembre 1918,
2. Sophie Magdalena Scholl, Monaco, nata a Forchtenberg il 9 maggio 1921,
3. Christoph Hermann Probst, di Aldrans da Innsbruck, nato a Murnau il 6
novembre 1919,
attualmente in custodia investigativa con l'accusa di assistenza sediziosa
al nemico, preparazione a commettere alto tradimento e indebolimento della
sicurezza armata della nazione,
la Corte del Popolo, Prima Sezione, a seguito del processo celebratosi il 22
febbraio 1943, alla presenza dei seguenti funzionari: Presidente della Corte
del Popolo, Dr. Freisler, Direttore del Dipartimento Giudiziario Regionale
[Bavarese] Stier, Capogruppo SS Breithaupt, Capogruppo SA Bunge, Segretario
di Stato e Capogruppo SA Koeglmaier, e, in rappresentanza del Procuratore
Generale della Corte Suprema del Reich, il Procuratore Generale del Reich
Weyersberg,
Accertato che:
gli accusati hanno, in tempo di guerra e per mezzo di volantini, incitato al
sabotaggio dello sforzo bellico e degli armamenti, e al rovesciamento dello
stile di vita nazionalsocialista del nostro popolo, hanno propagandato idee
disfattiste e hanno diffamato il Fuehrer in modo assai volgare, prestando
cosi' aiuto al nemico del Reich e indebolendo la sicurezza armata della
nazione.
Per questi motivi essi devono essere puniti con la morte.
Il loro onore e i loro diritti di cittadini sono revocati per sempre".
*
Estratto dalla sentenza a carico di Wilhelm Graf, Alexander Schmorell, Kurt
Huber e altri associati alla "Rosa bianca" a seguito del processo
celebratosi il 19 aprile 1943
"In nome del popolo tedesco
Nella causa contro
1. Alexander Schmorell, Monaco, nato il 16 settembre 1917, a Orenburg
(Russia);
2. Kurt Huber, Monaco, nato il 24 ottobre 1893, a Chur (Svizzera);
3. Wilhelm Graf, Monaco, nato il 2 gennaio 1918, a Kuchenheim;
4. Hans Hirzel, Ulm, nato il 30 ottobre 1924, a Untersteinbach (Stoccarda);
5. Susanne Hirzel, Stoccarda, nata il 7 agosto 1921, a Untersteinbach;
6. Franz Joseph Mueller, Ulm, nato l'8 settembre 1924, a Ulm;
7. Heinrich Guter, Ulm, nato l'11 gennaio 1925, a Ulm;
8. Eugen Grimminger, Stoccarda, nato il 29 luglio 1892, a Crailsheim;
9. Dr. Heinrich Philipp Bollinger, Freiburg, nato il 23 aprile 1916, a
Saarbruecken;
10. Helmut Karl Theodore August Bauer, Freiburg, nato il 19 giugno 1919, a
Saarbruecken;
11. Dr. Falk Erich Walter Harnack, Chemnitz, nato il 2 marzo 1913, a
Stoccarda;
12. Gisela Scheriling, Monaco, nata il 9 febbraio 1922, a Poessneck
(Turingia);
13. Katharina Schueddekopf, Monaco, nata l'8 febbraio 1916, a Magdeburgo;
14. Traute Lafrenz, Monaco, nata il 3 maggio 1919, ad Amburgo;
attualmente in custodia investigativa con l'accusa - tra le altre - di aver
fornito aiuto al nemico,
la Corte del Popolo, Prima Sezione, a seguito del processo celebratosi il 19
aprile 1943, alla presenza dei funzionari: Presidente della Corte del
Popolo, Dr. Freisler, Direttore del Dipartimento Giudiziario Regionale
[Bavarese] Stier, Tenente Generale delle Waffen-SS Breithaupt, Capogruppo SA
Bunge, Segretario di Stato e Capogruppo SA Koeglmaier, e, in rappresentanza
del Procuratore Generale della Corte Suprema del Reich, il Primo Procuratore
Generale del Reich Weyersberg,
Accertato che:
Alexander Schmorell, Kurt Huber e Wilhelm Graf, in tempo di guerra hanno
diffuso volantini inneggianti al sabotaggio dello sforzo bellico e degli
armamenti, e al rovesciamento dello stile di vita nazionalsocialista del
nostro popolo, hanno propagandato idee disfattiste e hanno diffamato il
Fuehrer in modo assai volgare, prestando cosi' aiuto al nemico del Reich e
indebolendo la sicurezza armata della nazione. Per questi motivi essi devono
essere puniti con la morte. Il loro onore e i loro diritti di cittadini sono
revocati per sempre.
Eugen Grimminger ha fornito del denaro a una persona colpevole di alto
tradimento, prestando in tal modo aiuto al nemico. E' certo che egli non
fosse consapevole che, cosi' facendo, avrebbe aiutato il nemico del Reich.
Tuttavia, egli era al corrente del fatto che questa persona avrebbe potuto
utilizzare il denaro per derubare il nostro popolo del proprio stile di vita
nazionalsocialista. Per essersi reso complice di alto tradimento, egli viene
condannato a dieci anni di carcere e alla perdita dello stato di
onorabilita' per dieci anni.
Heinrich Bollinger e Helmut Bauer erano a conoscenza di un complotto
sedizioso, ma non l'hanno denunciato. Inoltre hanno ascoltato notiziari
trasmessi da radio straniere, concernenti la guerra e avvenimenti interni
alla Germania. Per questo vengono condannati a sette anni di carcere e alla
perdita dell'onore di cittadini per un periodo di sette anni.
Hans Hirzel e Franz Mueller - entrambi ragazzi immaturi sviati da nemici
dello stato - hanno collaborato alla diffusione di propaganda sediziosa
contro il nazionalsocialismo. Per questa azione sono condannati a cinque
anni di carcere.
Heinrich Guter era a conoscenza di intenti propagandistici di questo genere,
ma ha omesso di denunciarli. Per questo motivo viene condannato a diciotto
mesi di carcere.
Gisela Schertling, Katharina Schueddekopf e Traute Lafrenz hanno commesso lo
stesso crimine. Trattandosi di ragazze, sono condannate a un anno di
carcere.
Susanne Hirzel ha collaborato alla distribuzione di volantini sediziosi. E'
certo che ella non fosse al corrente della natura sediziosa dei volantini
stessi, ma e' colpevole in quanto, nella sua credulita' e buona fede, ella
ha omesso di accertarsi al riguardo. Viene condannata a sei mesi di carcere.
Per tutti gli accusati condannati al carcere, la Corte del Popolo
applichera' uno sconto di pena pari al periodo gia' trascorso in fermo di
polizia o custodia investigativa.
Falk Harnack ha ugualmente omesso di denunciare le attivita' sediziose di
cui era a conoscenza. Ma il suo caso fa registrare circostanze talmente
particolari che ci vediamo impossibilitati a punirlo. Egli, pertanto, viene
rimesso in liberta'".

4. MAESTRI. ALDO CAPITINI: LA MIA OPPOSlZlONE AL FASCISMO
[Dal sito www.aldocapitini.it riprendiamo il seguente articolo di Aldo
Capitini originariamente apparso su "Il ponte", anno XVI, N.1, gennaio 1960.
Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato,
docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la
nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande
pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini:
la miglior antologia degli scritti e' (a cura di Giovanni Cacioppo e vari
collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che
contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale -
ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca -
bibliografia degli scritti di Capitini); recentemente e' stato ripubblicato
il saggio Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989; una
raccolta di scritti autobiografici, Opposizione e liberazione, Linea
d'ombra, Milano 1991, nuova edizione presso L'ancora del Mediterraneo,
Napoli 2003; e gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996;
segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri,
Edizioni Associate, Roma 1991; e la recentissima antologia degli scritti Le
ragioni della nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004. Presso la redazione di
"Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito:
www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi
ed opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui i
fondamentali Elementi di un'esperienza religiosa, 1937, e Il potere di
tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di
opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza,
Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi,
Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo
Capitini, Perugia 1998. Opere su Aldo Capitini: oltre alle introduzioni alle
singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le
pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci,
Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini,
Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni
cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La
pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb,
Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi
dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi)
1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia
intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998; AA.
VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume monografico de "Il
ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante, La realta'
liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia
1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001; cfr.
anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi, Intellettuali nel
Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; per una bibliografia della critica
cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito citato; numerosi utilissimi
materiali di e su Aldo Capitini sono nel sito dell'Associazione nazionale
amici di Aldo Capitini: www.aldocapitini.it, altri materiali nel sito
www.cosinrete.it; una assai utile mostra e un altrettanto utile dvd su Aldo
Capitini possono essere richiesti scrivendo a Luciano Capitini:
capitps at libero.it, o anche a Lanfranco Mencaroni: l.mencaroni at libero.it, o
anche al Movimento Nonviolento: tel. 0458009803, e-mail:
azionenonviolenta at sis.it]

Non e' facile elevarsi su quel patriottismo scolastico che ci coglie proprio
nel momento, dai dieci ai quindici anni, in cui cerchiamo un impiego
esaltante delle nostre energie, una tensione attiva e appoggiata a miti ed
eroi.
Quaranta anni successivi di esperienza in mezzo ad una storia
movimentatissima ci hanno ben insegnato due cose: che la devozione alla
patria deve essere messa in rapporto e mediata con ideali piu' alti e
universali; che la nazione e' una vera societa' solo in quanto risolve i
problemi delle moltitudini lavoratrici nei diritti e nei doveri, nel potere,
nella cultura, in tutte le liberta' concretamente e responsabilmente
utilizzabili.
Quella "patria" che la scuola ci insegno', che era del Foscolo e del
Carducci, e diventava del D'Annunzio e del Marinetti, non poteva essere il
centro di tutti gli interessi; e percio' potei essere nazionalista tra i
dieci e i quindici anni, ma non poi restarlo quando vidi la guerra in
rapporto, meno con la nazione, e piu' con l'umanita' sofferente e divisa;
quando dalla letteratura vociana e di avaguardia salii (da autodidatta e
piu' tardi che i coetanei) alla piu' strenua, vigorosa, e anche filologica
classicita', vista nei testi latini, greci e biblici, come valori originali;
quando portai la riflessione politica, precoce ma intorbidata dall'attivismo
nazionalistico, ad apprezzare i diritti della liberta' e l'apertura al
socialismo come cose fondamentali, insopprimibili per qualsiasi motivo.
Umanitario e moralista, tutto preso dalla ricostruzione della mia cultura
(eseguita tardi ma con consapevolezza) e anche dal dolore fisico, il
dopoguerra 1918-'22 mi trovo' del tutto estraneo al fascismo, anche se avevo
coetanei che vi erano attivissimi: non sentii affatto l'impulso ad
accompagnarmi con loro. Anzi, mi permettevo nella mia indipendenza, di
leggere la "Rivoluzione liberale", di offrire lieto il mio letto ad un
assessore socialista cercato dagli squadristi, e la mattina della "Marcia su
Roma" sentii bene che non dovevo andarci, perche' era contro la liberta'.
Certo, per chi e' stato, purtroppo (e purtroppo dura ancora), educato a quel
tal patriottismo scolastico, per chi non ha potuto nell'adolescenza non
assorbire del dannunzianesimo e del marinettismo, qualche volta il fascismo
poteva sembrare un qualche cosa di energico, di impegnato a far qualche
cosa; e comprendo percio' le esitazioni e le cadute di tanti miei coetanei,
che hanno come me press'a poco gli anni del secolo.
Se io fui preservato e salvato per opera di quell'evangelismo
umanitario-moralistico e indipendente, per cui non ero diventato ne'
cattolico (pur essendo teista) ne' fascista, e preferii rinunciare alla
politica attiva, a cui pur da ragazzo tendevo, scegliendo un lavoro di
studio, di poesia, di filosofia, di ricerca religiosa; tanti altri, anche
per il fatto di essere stati in guerra (io ero stato escluso perche'
riformato), lungo il binario del patriottismo, del combattentismo, dello
squadrismo, videro nel fascismo la realizzazione di tutto.
Queste mie parole sono percio' un invito a diffidare del patriottismo
scolastico, che puo' portare a tanto e a giustificare tanti delitti, e un
proposito di lavorare per un'educazione ben diversa. Questa e' dunque la
prima esperienza che ho vissuto in pieno: ho potuto contrastare al fascismo
fin dal principio perche' mi ero venuto liberando (se non perfettamente) dal
patriottismo scolastico; esso fu uno degli elementi principalmente
responsabili dell'adesione di tanti al fascismo.
*
Ed ora vengo alla seconda esperienza fondamentale. Si capisce che mentre il
fascismo si svolgeva, quasi insensibile com'ero alla soddisfazione
"patriottica", mi trovavo contrario alla politica estera ed interna. Per
l'estero io ero press'a poco un federalista, e mi pareva che un'unione
dell'Italia, Francia, Germania (circa centocinquanta milioni di persone)
avrebbe costituito una forza viva e civile, anche se l'Inghilterra fosse
voluta rimanere per suo conto; ma ci voleva uno spirito comune, che, invece,
il nazionalismo fece rovinare. Ebbi sempre un certo rispetto per la Societa'
delle Nazioni; e mi pareva che l'Italia avesse avuto molto col Trattato di
Versailles, malgrado le strida dei nazionalisti. Approvavo il lavoro di
Amendola e degli altri per un patto con gli Jugoslavi, che ci avrebbe
risparmiato tante tragedie e tante vergogne.
Per la politica interna la Milizia in mano a Mussolini, il delitto
Matteotti, la dittatura e il fastidio, a me lettore e raccoglitore di vari
giornali, che dava la lettura di giornali eguali, l'avversione che sentivo
per il saccheggio e la distruzione e l'abolizione di tutto cio' che era
stata la vita politica di una volta, le Camere del lavoro, le varie sedi dei
partiti, le logge massoniche; mi tenevano staccato dal fascismo.
Sapevo degli arresti, delle persecuzioni. Dov'era piu' quel bel fermento di
idee, quella vivacita' di spirito di riforme che avevo vissuto dal '18 al
'24? Quanti libri liberi, riviste ("Conscientia" per esempio, che conservavo
come preziosa), erano finiti! L'Italia che avrebbe dovuto riformarsi in
tutto, era ora affidata ad un governo reazionario e militarista! E io
ricordavo il mio entusiasmo per le amministrazioni socialiste: come seguivo
quella di Milano, quella di Perugia, mia citta'!
Non ero iscritto a nessun partito, non partecipavo nemmeno, preso da altro,
alla dialettica politica, ma le amministrazioni socialiste mi parevano una
cosa preziosa, con quegli uomini presi da un ideale, umili di condizione, e
"diversi", la' impegnati ad amministrare per tutti.
Sicche' ero contrario al regime, e la seconda esperienza fondamentale lo
confermo': fu la Conciliazione del febbraio del '29.
Non ero piu' cattolico dall'eta' di tredici anni, ma ero tornato ad un
sentimento religioso sul finire della guerra, e lo studio successivo, anche
filosofico e storico sulle origini del cristianesimo, di la' dalle leggende
e dai dogmi mi aveva concretato un teismo di tipo morale.
Guardando il fascismo, vedevo che lo avevano sostenuto in modo decisivo due
forze: la monarchia che aveva portato con se' (piu' o meno) l'esercito e la
burocrazia; l'alta cultura (quella parte vittima del patriottismo
scolastico) che aveva portato con se' molto della scuola. C'era una terza
forza: la Chiesa di Roma. Se essa avesse voluto, avrebbe fatto cadere,
dispiegando una ferma non collaborazione, il fascismo in una settimana.
Invece aveva dato aiuti continui. Si venne alla Conciliazione tra il governo
fascista e il Vaticano.
La religione tradizionale istituzionale cattolica, che aveva educato gli
italiani per secoli, non li aveva affatto preparati a capire, dal '19 al
'24, quanto male fosse nel fascismo; ed ora si alleava in un modo profondo,
visibile, perfino con frasi grottesche, con prestazione di favori
disgustose, con reciproci omaggi di potenti, che deridevano alla " scuola
liberale " e ai "conati socialisti", come cose oramai vinte! Se c'e' una
cosa che noi dobbiamo al periodo fascista, e' di aver chiarito per sempre
che la religione e' una cosa diversa dall'istituzione romana.
Perche' noi abbiamo avuto da fanciulli un certo imbevimento di idee e di
riti cattolici, che sono rimasti la', nel fondo nostro; ed anche se si e'
studiato, e si sanno bene le ragioni storiche, filosofiche, sociali, anche
religiose, per cui non si puo' essere cattolici, tuttavia ascoltando suonare
le campane, vedendo l'edificio chiesa, incontrando il sacerdote, uno
potrebbe sempre sentire un certo fascino.
Ebbene, se si pensa che quelle campane, quell'edificio, quell'uomo possono
significare una cerimonia, un'espressione di adesione al fascismo, basta
questo per insegnare che bisogna controllare le proprie emozioni, non farsi
prendere da quei fatti che sono "esteriori" rispetto alla doverosita' e
purezza della coscienza.
La Chiesa romana credette di ottenere cose positive nel sostenere il
fascismo, realmente le ottenne. Ma per me quello fu un insegnamento intimo
che vale piu' di ogni altra cosa. Non aver visto il male che c'era nel
fascismo, non aver capito a quale tragedia conduceva l'Italia e l'Europa,
aver ottenuto da un potere brigantesco sorto uccidendo la liberta', la
giustizia, il controllo civico, la correttezza internazionale; non sono
errori che ad individui si possono perdonare, come si deve perdonare tutto,
ma sono segni precisi di inadeguatezza di un'istituzione, ancora una volta
alleata di tiranni.
Fu li', su questa esperienza che l'opposizione al fascismo si fece piu'
profonda, e divenne in me religiosa; sia nel senso che cercai piu' radicale
forza per l'opposizione negli spiriti religiosi-puri, in Cristo, Buddha, S.
Francesco, Gandhi, di la' dall'istituzionalismo tradizionale che tradiva
quell'autenticita'; sia nel senso che mi apparve chiarissimo che la
liberazione vera dal fascismo stesse in una riforma religiosa, riprendendo e
portando al culmine i tentativi che erano stati spenti dall'autoritarismo
ecclesiastico congiunto con l'indifferenza generale italiana per tali cose.
Vidi chiaro che tutto era collegato nel negativo, e tutto poteva essere
collegato nel positivo. Mi approfondii nella nonviolenza. Imparai il valore
della noncollaborazione (anzi lo acquistai pagandolo, perche' rifiutai
l'iscrizione al partito, e persi il posto che avevo); feci il sogno che gli
italiani si liberassero dal fascismo noncollaborando, senza odio e strage
dei fascisti, secondo il metodo di Gandhi, rivoluzione di sacrificio che li
avrebbe purificati di tante scorie, e li avrebbe rinnovati, resi degni
d'essere, cosi' si', tra i primi popoli nel nuovo orizzonte del secolo
ventesimo.
Divenni vegetariano, perche' vedevo che Mussolini portava gli italiani alla
guerra, e pensai che se si imparava a non uccidere nemmeno gli animali, si
sarebbe sentita maggiore avversione nell'uccidere gli uomini.
*
Nel lavoro di suscitamento e collegamento antifascista, svolto da me dal
1932 al 1942, sta la terza esperienza fondamentale: il ritrovamento del
popolo e la saldatura con lui per la lotta contro il fascismo. Figlio di
persone del popolo, vissuto in poverta' e in disagi, con parenti tutti
operai o contadini, i miei studi (vincendo un posto gratuito universitario
nella Scuola normale superiore di Pisa) ed anche i primi amici non mi
avevano veramente messo a contatto con la classe lavoratrice nella sua
qualita' sociale e politica.
Anche se da ragazzo ascoltavo con commozione le musiche di campagna che il
primo maggio sonavano di lontano l'Inno dei lavoratori, di la' dal velo
della pioggia primaverile, non conoscevo bene il socialismo. Avevo visto dal
mio libraio le edizione delle opere di Marx e di Engels annerite dagli
incendi devastatori dei fascisti milanesi alla redazione dell'"Avanti!", ma,
preso da altro lavoro, non le avevo studiate.
Accertai veramente la profondita' e l'ampiezza del mondo socialista nel
periodo fascista, quando le possibilita' di trovare documentazioni e libri
(lo sappiano i giovani di ora, che se vogliono possono andare da un libraio
e acquistare cio' che cercano) erano di tanto diminuite, ma c'era, insieme,
il modo di ritrovare i vecchi socialisti e comunisti, che erano rimasti
saldi nella loro fede, veramente "fede" "sostanza di cose sperate ed
argomento delle non parventi", malgrado le botte, gli sfregi, la poverta',
le prigioni, le derisioni degli ideali e dei loro rappresentanti uccisi
("con Matteotti faremo i salsicciotti") e sebbene vedessero che le persone
"dotte" erano per Mussolini e il regime.
Ritrovare queste persone, unirsi con loro di la' dalle differenze su un
punto o l'altro dell'ideologia, festeggiare insieme il primo maggio magari
in una soffitta o in un magazzino di legname, andare insieme in campagna una
domenica (che per il popolo e' sempre qualche cosa di bello), e talvolta
anche in prigione: nella lotta contro il fascismo si formo' questa unione,
che non fu soltanto di persone e di aiuto reciproco, ma fu studio,
approfondimento, constatazione degli interessi comuni dei lavoratori e degli
intellettuali contro i padroni del denaro e del potere: si apriva cosi
l'orizzonte del mondo, l'incontro di Occidente e Oriente in nome di una
civilta' nuova, non piu' individualistica ne' totalitaria.
*
Questo io debbo al fascismo, ma in quanto ebbi, direi la Grazia, o interni
scrupoli o ideali che mi portarono all'opposizione. Opponendomi al fascismo,
non per cose di superficie o di persone o di barzellette, ma pensando
seriamente nelle sue ragioni, nella sua sostanza, nel suo esperimento e
impegno, non solo me ne purificavo completamente per cio' che potesse
essercene in me, ma accertavo le direzioni di un lavoro positivo e di una
persuasione interiore che dovevo continuare a svolgere anche dopo.
Il fascismo aveva unito in un insieme tutto cio' contro cui dovevo lottare
per profonda convinzione, e non per caso, per un un male che mi avesse
fatto, per un'avversione o invidia verso persone, o perche' avessi trovato
in casa o presso maestri autorevoli un impulso antifascista. Nulla di questo
ebbi, ed anche percio' ad un'attiva opposizione con propaganda non passai
che lentamente e dopo circa un decennio.
Posso assicurare i giovani di oggi che il mio rifiuto fu dopo aver sentito
le premesse del fascismo proprio nell'animo adolescente, e dopo averle
consumate; sicche' i fascisti mi apparvero dei ritardatari. Ero arrivato al
punto in cui non potevo accettare:
1, il nazionalismo che esasperava un riferimento nazionale e guerriero a
tutti i valori, proprio quando ero convinto che la guerra avrebbe indebolito
l'Europa, e che la nazione dovesse trovare precisi nessi con le altre;
2, l'imperialismo colonialistico, che, oltre a portare l'Italia fuori dalla
sua influenza in Europa, nei Balcani e a freno della Germania, era un metodo
arretrato, per la fine del colonialismo nel mondo;
3, il centralismo assolutistico e burocratico con quel far discendere tutto
dall'alto (per giunta corrotto), mentre io ero decentralista, regionalista,
per l'educazione democratica di tutti all'amministrazione e al controllo;
4, il totalitarismo, con la soppressione di ogni apporto di idee e di
correnti diverse, si' che quando parlavo ai giovanissimi della vecchia
possibilita' di scegliersi a vent'anni un partito, che aveva sue sedi e sua
stampa, sembrava che parlassi di un sogno, di un regno felice sconosciuto;
5, il prepotere poliziesco, per cui uno doveva sempre temere parlando ad
alta voce, conversando con ignoti, scrivendo una lettera, facendo un
telefonata;
6, quel gusto dannunziano e quell'esaltazione della violenza, del manganello
come argomento, dello spaccare le teste, del pugnale, delle bombe a mano, e,
infine, l'orribile persecuzione contro gli ebrei;
7, quel finto rivoluzionarismo attivista e irrazionale sopra un sostanziale
conservatorismo, difesa dei proprietari, di cio' che era vecchio e perfino
anteriore alla rivoluzione francese;
8, quell'alleanza con il conservatorismo della chiesa, della parrocchia,
delle gerarchie ecclesiastiche, prendendo della religione i riti e il lato
reazionario, affratellandosi con i gesuiti, perseguitando gli ex-sacerdoti;
9, quel corporativismo con una insostenibile parita' tra capitale e lavoro
che si risolveva in una prigione per moltitudini lavoratrici alla merce' dei
padroni in gambali ed orbace;
10, quel rilievo forzato e malsano di un solo tipo di cultura e di
educazione, quella fascista, e il traviamento degli adolescenti, mentre ero
convinto che della libera produzione e circolazione delle varie forme di
cultura una societa' nazionale ha bisogno come del pane;
11, quell'ostentazione di Littoria e altre poche cose fatte, dilapidando
immensi capitali, invece di affrontare il rinnovamento del Mezzogiorno e
delle Isole;
12, l'onnipotenza di un uomo, di cui era facile vedere quotidianamente la
grossolanita', la mutevolezza, l'egotismo, l'iniziativa brigantesca, la
leggerezza nell'affrontare cose serie, gli errori e la irragionevolezza
impersuadibile, mentre ero convinto che il governo di un paese deve il piu'
possibile lasciare operare le altre forze e trarne consigli e
collaborazione, ed essere anonimo, grigio anche, perche' lo splendore stia
nei valori puri della liberta', della giustizia, dell'onesta', della
produzione culturale e religiosa, non nelle persone, che in uniforme o no,
nel governo o a capo dello Stato, sono semplicemente al servizio di quei
valori.
*
Percio' il fascismo, nel problema dell'Italia di educarsi a popolo onesto,
libero, competente, corretto, collaborante, mi parve un potenziamento del
peggio e del fondo della nostra storia infelice, una malattia latente
nell'organismo e venuta fuori, l'ostacolo che doveva, per il bene comune,
essere rimosso, non in un modo semplicemente materiale, ma prendendo precisa
e attiva coscienza delle ragioni per cui era sbagliato, e trasformando in
questo lavoro se' e persuadendo gli altri italiani.

5. RIFLESSIONE. ANDREA COZZO: IL "RAPPEL" DI LANZA DEL VASTO, RICHIAMO
FISICO E MENTALE ALL'ATTENZIONE
[Ringraziamo Andrea Cozzo (per contatti: acozzo at unipa.it) per averci messo a
disposizione questo suo articolo apparso su "Arca Notizie", n. 1,
gennaio-marzo 2005.
Andrea Cozzo e' docente universitario di cultura greca, studioso e amico
della nonviolenza, promotore dell'attivita' didattica e di ricerca su pace e
nonviolenza nell'ateneo palermitano, tiene da anni seminari e laboratori
sulla gestione nonviolenta dei conflitti, ha pubblicato molti articoli sulle
riviste dei movimenti nonviolenti, fa parte del comitato scientifico dei
prestigiosi "Quaderni Satyagraha". Tra le sue opere recenti: Se fossimo come
la terra. Nietzsche e la saggezza della complessita', Annali della Facolta'
di Lettere e filosofia di Palermo. Studi e ricerche, Palermo 1995; Dialoghi
attraverso i Greci. Idee per lo studio dei classici in una societa' piu'
libera, Gelka, Palermo 1997; (a cura di), Guerra, cultura e nonviolenza,
"Seminario Nonviolenza", Palermo 1999; Manuale di lotta nonviolenta al
potere del sapere (per studenti e docenti delle facoltà di lettere e
filosofia), "Seminario Nonviolenza", Palermo 2000; Tra comunita' e violenza.
Conoscenza, logos e razionalita' nella Grecia antica, Carocci, Roma 2001;
Saggio sul saggio scientifico per le facolta' umanistiche. Ovvero
caratteristiche di un genere letterario accademico (in cinque movimenti),
"Seminario Nonviolenza", Palermo 2001; Filosofia e comunicazione.
Musicalita' della filosofia antica, in V. Ando', A. Cozzo (a cura di),
Pensare all'antica. A chi servono i filosofi?, Carocci, Roma 2002, pp.
87-99; Sapere e potere presso i moderni e presso i Greci antichi. Una
ricerca per lo studio come se servisse a qualcosa, Carocci, Roma 2002;
Lottare contro la riforma del sistema scolastico-universitario. Contro che
cosa, di preciso? E soprattutto per che cosa?, in V. Ando' (a cura di),
Saperi bocciati. Riforma dell'istruzione, discipline e senso degli studi,
Carocci, Roma 2002, pp. 37-50; Scienza, conoscenza e istruzione in Lanza del
Vasto, in "Quaderni Satyagraha", n. 2, 2002, pp. 155-168; Dopo l'11
settembre, la nonviolenza, in "Segno" n. 232, febbraio 2002, pp. 21-28;
Conflittualita' nonviolenta. Filosofia e pratiche di lotta comunicativa,
Edizioni Mimesis, Milano 2004.
Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto ("Shantidas" e' il nome che gli attribui'
Gandhi) e' una delle figure piu' grandi della nonviolenza; nato nel 1901 a
San Vito dei Normanni da madre belga e padre siciliano, studi a Parigi e
Pisa. Viaggia e medita. Nel 1937 incontra Gandhi nel suo ashram. Tornato in
Europa fonda la "Comunita' dell'Arca", un ordine religioso e un'esperienza
comunitaria nonviolenta, artigianale, rurale, ecumenica. Promuove e
partecipa a numerose iniziative per la pace e la giustizia. E' deceduto in
Spagna nel 1981. Tra le opere di Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto
segnaliamo particolarmente: Pellegrinaggio alle sorgenti, Vinoba o il nuovo
pellegrinaggio, Che cos'e' la nonviolenza, L'arca aveva una vigna per vela,
Introduzione alla vita interiore, tutti presso Jaca Book, Milano (che ha
pubblicato anche altri libri di Lanza del Vasto); Principi e precetti del
ritorno all'evidenza, Gribaudi; Lezioni di vita, Libreria Editrice
Fiorentina, Firenze; In fuoco e spirito, La Meridiana, Molfetta (Ba). Le
comunita' dell'Arca - cosi' come gruppi e persone amiche di questa
esperienza - sono diffuse in vari paesi e proseguono la riflessione e
l'esperienza del fondatore; per informazioni e contatti:
digilander.libero.it/arcadilanzadelvasto/ e anche (in francese)
www.canva.org]

"Rappel" significa "richiamo". E' un esercizio che - suggerisce Shantidas -
puo', per chi si sente oppresso dalla fretta, contentarsi di cinque minuti:
"anzi cinque minuti sono forse troppi; tagliamoli in cinque: cinque volte un
minuto durante la giornata, due la mattina, una a mezzogiorno, due la sera"
(1). Un minuto, o due, per far che? "Or dunque, distendetevi; per un minuto
fermatevi. Deponete l'arnese, mettetevi in verticale. Respirate a pieni
polmoni. Ritirate i vostri sensi all'interno. Restate sospesi davanti al
buio e al vuoto interiore. E anche se non succede niente, avrete rotto la
catena, quella della precipitazione. Ripetete: 'Mi richiamo, mi riprendo', e
basta. Ditelo a voi stessi, ma soprattutto fatelo. Raccoglietevi, come si
dice cosi' bene: raccogliersi e' radunare tutti i pezzi di se' sparsi e
attaccati qua e la'. Rispondete come Abramo a Dio che lo chiamava 'Eccomi
presente'. Si tratta quindi di restare presenti a se stessi e a Dio per
circa un minuto".
Tutto in queste parole e' pregnante, tanto che esse risuonano significative
in tutte le lingue, come avviene ogni volta che e' lo spirito a soffiare.
Richiamo e' la ripresa di se stessi attraverso l'interruzione dell'azione e
il respiro che, come lo yoga insegna, solo la postura eretta consente che
avvenga lento e profondo; e poi affidarsi al vuoto. Non e' detto che avvenga
nulla di speciale; anzi, proprio non avviene. Ma se si raggiunge il vero
vuoto dei pensieri, allontanando con calma e senza rabbia quelli che
sopravvengono, allora il vuoto e il pieno, come dice  Buddha, coincidono.
Cos'e' questa coincidenza tra vuoto e pieno, o quell'essere "presente a se
stesso e a Dio"? Per me che non sono seguace di alcuna fede religiosa si
tratta dell'entrata, per cosi' dire, nell'orizzonte del tutto. Il richiamo
quindi e' al rapporto che ciascuno, che se ne avveda o no, ha con ogni cosa
del mondo (e' necessario ricordare l'"effetto butterfly", la teoria per cui
il battito d'ali di una farfalla in Brasile contribuisce a determinare un
ciclone in Australia, per convincersene?); il "richiamo" e' richiamo al
valore di cio' che si sta facendo, perche' l'azione smetta di essere
semplicemente tecnica ed acquisti senso in una dimensione piu' vasta: so
perche' sto facendo questo, a che cosa esso serve fatto in questo
particolare modo, come (e, ancor prima, se) aiuta a fare andare bene il
mondo e cosi' di seguito. Il richiamo e' la consapevolezza del senso che
hanno le cose che facciamo, dell'aspetto etico (o contrario all'etica) di
ogni nostra azione; esso ci richiama alla nostra responsabilità nei
confronti del mondo: che non possiamo mai dire "ho fatto questo perche'
qualcuno mi ha detto di farlo", ma piuttosto "sto facendo questo perche' io
ho scelto responsabilmente di farlo". Oppure, "poiche' non mi pare un atto
buono, ho scelto di non farlo".
I Greci antichi lo mettevano in atto attraverso la formula "conosci te
stesso" a cui invitava Apollo, il dio della saggezza e del limite di se', il
dio della coscienza della condizione umana che permette il corretto rapporto
col tutto e che e' fratello e figura complementare a Dioniso, il dio
dell'uscita da se' e dell'entrata nel tutto - e l'insieme di questi due
comportamenti e' forse quello che i taoisti chiamano "essere nel flusso" -;
oppure attraverso il rapporto etimologico che instauravano tra l'essere
saggio (phronein, pepnymenos) e i polmoni (phrenes) e il respirare (pnein);
oppure ancora, come avveniva presso i Pitagorici, attraverso l'atto di
rimemorazione che permette all'anima (soffio) di concentrarsi per viaggiare
fuori dal corpo: il respiro individuale che si fa tutt'uno con l'aria
respirata, il passaggio dall'"io respiro" al "c'e' un respiro che e' unico
per tutto il mondo". Non e' quello che, con le parole di Mumon, il maestro
zen, significa diventare "porta senza porta"?
I non credenti, almeno per quel che personalmente mi riguarda, praticano il
richiamo chiamandolo semplicemente "attenzione" o "consapevolezza"; ma cio'
non vuol dire che pronunciare queste parole significhi anche saperle mettere
in pratica. Per farlo, ritengo, e' importante non solo l'elemento mentale
ma, come emerge dalle varie "testimonianze" fin qui prodotte - da quella di
Shantidas alle ultime ritrovate nell'antica Grecia e nel buddhismo zen -,
anche quello fisico. Non si tratta infatti solo di un atteggiamento del
pensiero ma anche di un atteggiamento del corpo, di una postura, mediati
nella loro relazione dal respiro, che e' soffio, spirito come suggerisce il
latino. Siamo davanti ad un esercizio spirituale, cioe' non appannaggio di
un credo religioso, ma possibile ad ogni essere che respira ed ha qualche
capacita' di pensare il suo respiro. Il richiamo, insomma, e', per come io
lo sento, il raccordo del nodo alla rete, e se non alla rete nella sua
interezza (che e' cosa difficile e forse sovrumana) almeno ad un certo
numero di maglie; e' l'orientamento dell'azione rispetto ai valori; e'
l'osservazione dell'eticita' dello scopo e dei mezzi. E' il chiedersi, ed il
tenersi viva sempre sotto pelle (2), la domanda "cosa sto facendo, a quale
fine, in che modo, con quali effetti (pur indipendenti dalla mia
intenzione)?".
*
Note
1. Lanza del Vasto, Lezioni di vita, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze
1980, p. 34 (dalla stessa pagina e dalla seguente sono tratte anche le altre
citazioni che seguono nel corso del testo).
2. Come dice ancora Shantidas, nella pagina gia' citata, "se vogliamo non
soltanto ricordare noi stessi alla coscienza, ma ricordare che dobbiamo
ricordarci ogni tanto, dovremo esercitarci ad un richiamo latente e
continuo".

6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

7. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 913 del 28 aprile 2005

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http://web.peacelink.it/mailing_admin.html
quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su
"subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).