La nonviolenza e' in cammino. 891



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 891 del 6 aprile 2005

Sommario di questo numero:
1. La pace, la Costituzione
2. Enrico Peyretti: Chiesa e pace: governi o coscienze?
3. Flavio Lotti e Grazia Bellini: Il difensore della pace
4. Anna Maffei: Un protagonista del nostro tempo
5. Rossana Rossanda: Un po' di silenzio
6. Luisa Muraro: Altri motivi
7. Sara Sesti: Shirin Ebadi
8. Paola Meneganti: Lisa, Gladys
9. Liliana Moro presenta "Il 'genere' dei libri" di Tiziana Plebani
10. Paolo Andruccioli presenta "Sobrieta'" di Francesco Gesualdi
11. La "Carta" del Movimento Nonviolento
12. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. LA PACE, LA COSTITUZIONE
La clamorosa sconfitta elettorale del blocco governativo guerrafondaio e
golpista.
Che sollievo, finalmente.
E che impegno da adempiere, che seme da far fruttificare.

2. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: CHIESA E PACE: GOVERNI O COSCIENZE?
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questo
intervento.
Enrico Peyretti e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno
dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di
nonviolenza. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere",
Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998;
La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe
Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine
(Verona) 2005; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale
ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte
nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in
appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus,
Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e
una recentissima edizione aggiornata e' nei nn. 791-792 di questo
notiziario; vari suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org,
www.ilfoglio.org. Una piu' ampia bibliografia dei principali scritti di
Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di questo notiziario.
Tonino Bello e' nato ad Alessano nel 1935, vescovo di Molfetta, presidente
nazionale di Pax Christi, e' scomparso nel 1993; costantemente impegnato
dalla parte degli ultimi, promotore di iniziative di solidarieta' con gli
immigrati, per il disarmo, per i diritti dei popoli e la dignita' umana,
ideatore ed animatore di grandi iniziative nonviolente, e' stato un grande
costruttore di pace e profeta di nonviolenza. Opere di Tonino Bello:
segnaliamo particolarmente, tra le molte sue pubblicazioni, I sentieri di
Isaia, La Meridiana, Molfetta 1989; Il vangelo del coraggio, San Paolo,
Cinisello Balsamo (Mi) 1996; e' in corso la pubblicazione di tutte le opere
in Scritti di mons. Antonio Bello, Mezzina, Molfetta 1993 sgg., volumi vari.
Opere su Tonino Bello: cfr. per un avvio Luigi Bettazzi, Don Tonino Bello.
Invito alla lettura, San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2001; la biografia di
Claudio Ragaini, Don Tonino, fratello vescovo, Edizioni Paoline, Milano
1994; Alessandro D'Elia, E liberaci dalla rassegnazione. La teologia della
pace in don Tonino Bello, La Meridiana, Molfetta (Ba) 2000. Nella rete
telematica materiali utili di e su Tonino Bello sono nel sito di Pax
Christi: www.peacelink.it/users/paxchristi, in quello de La Meridiana:
www.lameridiana.it e in molti altri ancora]

Dopo la morte del Papa, metto a disposizione un brano di un mio lavoro
inedito su Tonino Bello (1935-1993), vescovo della pace nonviolenta, nel
quale si pone un problema serio: la chiesa deve chiedere di non fare la
guerra solo ai governanti, o non anche alle coscienze delle singole persone
che la guerra la fanno, in un ruolo o l'altro? Deve trattare solo coi
potenti, o non anche sollecitare, con rispetto della loro responsabile
liberta', le coscienze personali, a non collaborare alla violenza e
all'ingiustizia? Deve o no rischiare di provocare una disobbedienza civile,
eversiva del sistema di guerra? La chiesa delle origini, fino a prima di
Costantino, sfido' l'impero romano. Qualche papa medievale, su problemi
diversi dalla guerra, spinse i cristiani a disobbedire all'imperatore,
minandone il potere, e lo costrinse a piegarsi. Il problema si pone oggi.
Conviene riflettere con serieta' e attenzione.
*
Tonino Bello e' in prima fila, nel 1991 (prima guerra del Golfo) con enorme
pena interiore, con mille instancabili iniziative, nell'impegno totale per
la pace, che fa onore in quel momento alla Chiesa, ma c'e' una cosa che lo
distingue: in una lettera ai parlamentari dell'inizio di gennaio 1991
prospetta come extrema ratio cio' che nessuna autorita' morale - salvo Oscar
Romero, nell'ultimo suo appello ai militari a disobbedire agli ordini di
morte - ha detto, ne' allora ne' poi: la possibilita' di "dover esortare
direttamente i soldati, nel caso deprecabile di guerra, a riconsiderare
secondo la propria coscienza l'enorme gravita' morale dell'uso delle armi"
(Scritti di monsignor Antonio Bello, ed. Mezzina, Molfetta 1997, vol. 4,
Scritti di pace, p. 223). Lo leggiamo anche nel Vangelo: "Come mai non
sapete capire questo tempo? Perche' non giudicate da voi stessi cio' che e'
giusto?" (Luca 12, 56-57).
E' vero che poi, scoppiata la guerra, Tonino Bello non rivolse in generale
questo appello alle coscienze dei soldati che la combattevano. Ma quel suo
avvertimento resta indicativo di quello che sarebbe il modo piu' proprio al
magistero morale della chiesa, se la chiesa e' una fraternita' di coscienze
in ascolto di Dio, e non uno dei poteri del mondo, di opporsi alla guerra e
indicare la pace.
Solitamente l'appello morale pratico contro la guerra da parte di vescovi e
papi e' rivolto alla buona volonta' dei responsabili politici, dei
governanti, non alle coscienze dei cittadini e dei soldati chiamati ad
eseguire le politiche di guerra. Perche'? Timore di interferire coi poteri
politici? Non c'e' sempre questo timore. E non c'e' un uguale timore di
entrare d'autorita' nella vita intima e spesso difficile delle persone, con
l'imporre alle coscienze obblighi di etica sessuale dettagliatamente
definiti in tutto il loro peso, e non solo proporre indicazioni di valori.
Sembra, davanti a questo fatto, che il magistero morale della chiesa
cattolica sia piu' delicato coi poteri forti che con le persone deboli e
alle prese con difficolta' a volte drammatiche, che pesano per lo piu' sulle
donne.
*
Tonino Bello, dunque, poneva nel 1991 il problema della guerra e della pace
a quell'istanza suprema che e' la coscienza personale, certo non isolata ma
responsabilmente decisiva. Questo e' eversivo. Craxi e il "Giornale" di
Montanelli rispondono con l'irrisione e l'insulto. Il deputato repubblicano
Gaetano Gorgoni, conterraneo di don Tonino, cita il Qohelet per dargli del
pazzo. Ma Tonino Bello ripete, ancora piu' chiaramente, in una intervista
televisiva, che se un pilota non puo', in coscienza, bombardare i civili,
deve avere il coraggio di disertare. Dell'ammiraglio Buracchia, privato del
comando della spedizione navale italiana nel Golfo perche' ha dichiarato che
"la guerra si poteva evitare", dice con ammirazione: "Ha dato voce e
liberta' alla sua coscienza" (Claudio Ragaini, Don Tonino, fratello vescovo,
Edizioni Paoline, quinta edizione, Milano 2003, p. 118, 119, 122, 123).
Ma il consiglio permanente della Cei, per bocca di Ruini, prende le
distanze: "Le scelte politiche non ci competono". Come se la guerra fosse
una scelta politica, e non invece l'uccisione, oltre che di vite umane,
anche della politica umana. Cosi' altri vescovi, come Biffi (di Bologna) e
Saldarini (di Torino), dicono in sostanza: pace si', pacifismo no. Questa
posizione, oltre che una facile scappatoia verbale, appare soprattutto
preoccupata di non dare dispiaceri al governo e all'impero, e rivela una
enorme debolezza morale: essa e' vittima dell'errore di pensare il pacifismo
unicamente come rinuncia per vilta' alla lotta giusta, ma questo senso della
parola e' superato dalla attuale cultura della pace e dalla realta' dei
movimenti seri per la pace, ispirati largamente alla nonviolenza attiva,
piu' profonda e ampia di un limitato pacifismo negativo. Inoltre, dire si'
alla pace e no al pacifismo, vuol dire mantenersi la possibilita' della
guerra! Ma, come ha detto Teresa Sarti, di Emergency: "Finche' la guerra
sara' tra le opzioni possibili, la guerra ci sara'".
Anche nell'episcopato pugliese Tonino Bello incontra posizioni differenti
dalle sue. La maggiore amarezza gli viene dagli ambienti ufficiali della
citta', dalla Democrazia Cristiana, da alcuni settori del suo clero, anche
da una parte del consiglio pastorale (composto di preti e laici), che non
capiscono ne' condividono le sue posizioni radicali contro la guerra e
l'intervento italiano (C. Ragaini, op. cit., pp. 124-127). "La cosa che piu'
mi fa soffrire - commenta il vescovo Tonino - e' di vedermi delegittimato
nella mia funzione di pastore. Se un vescovo non puo' appellarsi alla
coscienza, cosa gli resta? Decidere dei colori dei paramenti?" (Cfr.
Ragaini, op. cit, p. 128). Appellarsi alla coscienza e' il compito primo del
vescovo, per don Tonino Bello. Il quale, nella sofferenza, sa sollevare il
proprio animo con una battuta.
*
Nel 2003, prima della guerra oggi in corso in Iraq, la piu' ingiustificabile
e illegale delle guerre, se mai alcune si potessero giustificare, una suora
clarissa da un convento di clausura italiano, fece circolare sulla posta
elettronica un appello al Papa Giovanni Paolo II, che stava parlando con
energia profetica contro la guerra, perche', appunto, facesse un passo di
piu', si rivolgesse alle coscienze di chi la guerra la fa, non solo di chi
la decide, esortandoli, con rispetto della loro liberta' e responsabilita',
a considerare il dovere di negare collaborazione al male, obiettando,
disobbedendo civilmente, cioe' accettando di pagarne le conseguenze. Ci fu
nella rete un'ampia circolazione e molte adesioni a questo appello. Siamo
quasi certi che l'appello arrivo' "in alto", come si suol dire, ma non ci fu
alcun segno di risposta o di considerazione. Avranno avuto le loro ragioni.
Ma quella piccola clarissa intraprendente non ha piu' scritto in rete.
Recentemente ho saputo da altri che e' stata assai rimproverata,
"tartassata" per i suoi interventi, da diverse parti, anche parecchio in su.
Don Tonino la conforterebbe.

3. RIFLESSIONE. FLAVIO LOTTI E GRAZIA BELLINI: IL DIFENSORE DELLA PACE
[Dalla Tavola della pace (per contatti: e-mail: segreteria at perlapace.it,
sito: www.tavoladellapace.it) riceviamo e  diffondiamo. Flavio Lotti e
Grazia Bellini sono coordinatori nazionali della Tavola della pace, la
principale rete pacifista italiana che raccoglie innumerevoli movimenti ed
istituzioni, e promuove periodicamente la marcia Perugia-Assisi]

E' stato il difensore della pace. Il piu' grande. Il piu' umile. Il piu'
deciso e il piu' sincero. In un tempo in cui l'ingiustizia si e' fatta
sempre piu' grande e la guerra piu' estesa, Giovanni Paolo II ha
strenuamente difeso la pace come principio, come obiettivo e come mezzo.
Lo ha fatto difendendo la vita, i diritti e la dignita' umana, sempre,
comunque e dovunque. Lo ha fatto respingendo ogni ricorso alla violenza e
scongiurando uno scontro di civilta'. Lo ha fatto opponendosi a tutti i
pesanti tentativi di rilegittimare la guerra di cui ha proclamato non solo
l'immoralita' ma anche l'inutilita': "la guerra non e' mai inevitabile. Con
la guerra tutto e' perduto. Con la pace tutto e' possibile". Lo ha fatto
ribadendo il primato del diritto sulla forza. Lo ha fatto proclamando ad
Assisi, insieme ai rappresentanti di tutte le religioni, "Mai piu' guerra.
Mai piu' terrorismo. Mai piu' violenza".
Giovanni Paolo II, il difensore della pace, ci e' sempre stato vicino. Anche
quando ci precedeva per le strade del mondo non ci ha mai mancato di un
pensiero. Impossibile contare tutte le volte che ci ha sostenuto dicendo
"Beati i costruttori di pace". Impossibile dimenticare la benedizione che
per ben due volte ha esteso agli organizzatori e ai partecipanti della
marcia per la pace Perugia-Assisi.
Con lui abbiamo imparato che costruire la pace e' un impegno permanente e
una responsabilita' di tutti. Con lui abbiamo imparato a vincere la paura e
lo sgomento che ci assale quando facciamo i conti con la sofferenza,
l'indifferenza e i pericoli che ci circondano.
A lui rinnoviamo la nostra promessa di impegno umile e determinato.
Affronteremo il tempo presente e quelli che verranno un po' piu' soli
attingendo senza stancarci ai suoi messaggi, ai suoi insegnamenti e alle sue
splendide lezioni di vita.

4. RIFLESSIONE. ANNA MAFFEI: UN PROTAGONISTA DEL NOSTRO TEMPO
[Dal sito della bella rivista "Il Dialogo" (www.ildialogo.org) riprendiamo
questa dichiarazione di Anna Maffei, presidente dell'Unione Cristiana
Evangelica Battista d'Italia (in sigla: Ucebi; per contatti: ucebit at tin.it),
sulla morte di Giovanni Paolo II. Anna Maffei, presidente dell'Ucebi,
appartiene alla tradizione nonviolenta espressa dal pastore battista e
martire per la pace Martin Luther King]

E' difficile dire in poche battute qualcosa che abbia un senso compiuto sul
lungo pontificato di Giovanni Paolo II. D'altra parte, in quanto massimo
rappresentante di uno dei rami principali del cristianesimo occidentale,
cercare di elaborare una valutazione del suo ministero sobria e, quanto piu'
possibile, rispondente alla verita' storica dei fatti non e' operazione
priva di valore.
Credo in primo luogo che questo papa sia stato prima di tutto molto abile
nella gestione di se stesso come personaggio pubblico. Ha offerto la sua
immagine generosamente, in Italia direi quasi ossessivamente, ad una
macchina dell'informazione che negli ultimi decenni ha puntato sempre piu'
sull'individuazione e gestione di forti figure mediatiche capaci di
catalizzare l'attenzione delle masse. Il papa ha scelto di essere, da questo
punto di vista fino all'ultimo giorno, una grande star televisiva. E anche
la sua malattia e la sua morte sono state un immenso evento mediatico, un
fenomeno che ha mosso e ha commosso incredibilmente masse enormi di persone.
Il papa ha, a mio parere, fatto questa scelta sin dall'inizio del suo
pontificato per due ragioni, in primo luogo per proporsi con il linguaggio
di oggi ai cattolici di tutto il mondo come un'inconfondibile icona di
unita' e una voce autorevole nella quale identificarsi, e in secondo luogo
per far crescere l'influenza del cattolicesimo in ambito politico,
soprattutto in chiave anticomunista, ma non solo, ovviamente. Per far questo
il papa si e' espresso pubblicamente praticamente su ogni argomento.
Su alcune questioni, come evangelici italiani, abbiamo anche molto
apprezzato le sue posizioni. Mi riferisco ai suoi richiami al rispetto dei
diritti umani, alla lotta alla poverta' e al rifiuto della guerra come mezzo
per risolvere i conflitti. Su questo ultimo fronte, particolarmente dopo
l'11 settembre, le sue pubbliche affermazioni hanno contribuito a
ridimensionare, presso le comunita' islamiche, l'identificazione tout court
fra il cristianesimo e i concetti da guerra santa espressi
dall'amministrazione Bush. Questo ritengo sia stato il suo contributo
maggiore alla pace e l'aspetto, direi, piu' profetico del suo pontificato.
Sul fronte interno papa Wojtyla e' stato invece un grande normalizzatore.
Scorrendo dal 1978 ad oggi le dichiarazioni teologiche, i resoconti di
commissariamenti, epurazioni, sospensioni dall'insegnamento della teologia,
le nomine di nuovi prelati e considerando, infine, le scelte delle persone
da lui beatificate e santificate (ben 456 santi e 1.289 beati, piu' che
tutti i papi degli ultimi quattrocento anni) emerge un papato molto
conservatore e fortemente ostile a qualsiasi processo di modernizzazione e
trasformazione della Chiesa Cattolica. Teologi della liberazione
latinoamericani quali Gustavo Gutierrez o Leonardo Boff, vescovi come Helder
Camara, Oscar Romero, Samuel Ruiz sono stati sottoposti a provvedimenti
disciplinari o emarginati. E sono solo i nomi piu' noti. In molte occasioni
il papa e la Congregazione della fede del cardinale Ratzinger hanno
stigmatizzato proposte o idee innovative e messo a tacere gli individui, i
movimenti o le istituzioni che le elaboravano. Massima chiusura su
contraccezione, comunione ai divorziati, matrimonio dei preti. Per non
parlare dell'ordinazione sacerdotale delle donne da precludere, secondo la
lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis (1994), "in modo definitivo".
Sul fronte delle relazioni ecumeniche e di dialogo interreligioso rimane
l'impressione di un comportamento non esente da ambiguita'. Da una parte la
professione pubblica di apertura ecumenica e la promozione di incontri a
carattere interreligioso, alcuni anche molto significativi, dall'altra la
messa al bando di pratiche di ospitalita' eucaristica e la riproposizione
della centralita' romana e di vecchie dottrine come quella relativa alle
indulgenze, come accaduto nel corso del giubileo del 2000.
Emerge il quadro di un protagonista del nostro tempo, un pellegrino tenace e
instancabile, un uomo che ha usato il suo innegabile carisma fino al punto
di alimentare un pericoloso culto della personalita'. Indubbiamente un
cristiano che ha contribuito ad avvicinare alla fede cattolica, di forte
stampo mariano, moltissime persone, fra questi tanti giovani. Ma Karol
Wojtyla e' stata anche, senza dubbio, una figura che si e' tenuta stretta
alla tradizione senza concedere nulla o quasi ai fermenti di cambiamento che
pure ci sono nella chiesa dalle tante stanze. Ma nonostante questo un papa
moderno capace nella societa' disorientata e disgregata di oggi, di
rispondere all'esigenza da parte di tanti di avere delle forti figure di
riferimento. Come, da questo punto di vista, sono moderne (o postmoderne) le
spinte fondamentaliste di una parte del protestantesimo americano, che, non
a caso, su alcune questioni, particolarmente nel campo etico, con Giovanni
Paolo II e' andato spesso molto d'accordo, pur senza mai riconoscerlo
apertamente.

5. RIFLESSIONE. ROSSANA ROSSANDA: UN PO' DI SILENZIO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 3 aprile 2005. Rossana Rossanda e' nata a
Pola nel 1924, allieva del filosofo Antonio Banfi, antifascista, dirigente
del Pci (fino alla radiazione nel 1969 per aver dato vita alla rivista "Il
Manifesto" su posizioni di sinistra), in rapporto con le figure piu' vive
della cultura contemporanea, fondatrice del "Manifesto" (rivista prima, poi
quotidiano) su cui tuttora scrive. Impegnata da sempre nei movimenti,
interviene costantemente sugli eventi di piu' drammatica attualita' e sui
temi politici, culturali, morali piu' urgenti. Opere di Rossana Rossanda: Le
altre, Bompiani, Milano 1979; Un viaggio inutile, o della politica come
educazione sentimentale, Bompiani, Milano 1981; Anche per me. Donna,
persona, memoria, dal 1973 al 1986, Feltrinelli, Milano 1987; con Pietro
Ingrao et alii, Appuntamenti di fine secolo, Manifestolibri, Roma 1995; con
Filippo Gentiloni, La vita breve. Morte, resurrezione, immortalita',
Pratiche, Parma 1996; Note a margine, Bollati Boringhieri, Torino 1996. Ma
la maggior parte del lavoro intellettuale, della testimonianza storica e
morale, e della riflessione e proposta culturale e politica di Rossana
Rossanda e' tuttora dispersa in articoli, saggi e interventi pubblicati in
giornali e riviste]

Che la terra gli sia leggera, piu' di quanto lo sono stati i media.
Giovanni Paolo II si e' spento, dopo giorni di patimento mentre l'Italia era
sommersa da un mare di parole, immagini rubate, indiscrezioni. Un indecente
voyeurismo. L'ultima fotografia del suo volto sfigurato nell'inutile
tentativo di parlare alla folla ha campeggiato sulle prime pagine. Chi lo
diceva morto, chi lo sentiva parlare in italiano e in tedesco, chi lo
assicurava vigile e chi in coma. Se avessero potuto tenere le telecamere a
mezzo metro dal letto e captare in audio l'ultimo respiro, lo avrebbero
fatto. I soliti vescovi da tv non erano inginocchiati a pregare, stavano
negli studi della Rai o di Mediaset a invitare alla preghiera gli altri. In
un crescendo alimentato dai soliti conduttori siamo stati informati che
piangevano e pregavano tutti i cattolici, anzi tutte le chiese cristiane,
tutto l'ebraismo, tutti i musulmani; ci mancavano solo i sentimenti dei
buddisti. Il presidente della Repubblica della quale sono anch'io cittadina,
ha partecipato alle messe di veglia e fatto dichiarazioni un tempo
impensabili per uno stato laico e che non mi rappresentano.
Non so se questa spettacolarizzazione sia stata da lui desiderata o se sia
frutto della curia e dei personaggi che lo circondavano. Certo Karol Wojtyla
ha accettato e cercato tutti i media - per introdurre la Chiesa nel terzo
millennio, ci dicono i vaticanisti - e alla fine e' stato vittima delle loro
smoderatezze, che nessuno ormai ignora. Cosi' sono scomparse dalle prime
pagine e dai telegiornali tutte le altre notizie, a meno che riguardassero
la Formula 1.
E forse questa massificazione di una religione facile ha guidato buona parte
di quelli che da sabato hanno riempito piazza san Pietro per poter dire,
come il nonno al tempo delle battaglie, "anche io c'ero", allo spegnersi
delle luci delle due famose finestre.
Come rimproverali? Non e' questo che mette a disagio chi, non credente,
considera il cristianesimo un grande evento dell'umanita'. E' l'uso che se
ne sta facendo. Perche' parlare di via crucis per un vecchio che stava
morendo di pesanti malattie, come capita a milioni di altri al mondo, e
senza essere arrivati alla sua eta', e senza le cure che a lui sono state
prodigate? Di martirio? L'ebreo di Nazareth, convinto di essere figlio di
Dio, accetto' di essere flagellato e morire di un orrendo supplizio, e
solitario, come l'ultimo degli schiavi, per salvare il mondo. Karol Wojtyla,
da quando e' stato eletto papa, non si e' sentito piu' un uomo, ma la voce
di Cristo, fino a parlare di se' in terza persona.
Ma era un uomo e ci ha fatto un'immensa pena questo suo proporsi come
simbolo di una via d'uscita per un'umanita' non solo secolarizzata ma che
dichiara ogni giorno di essere priva di ideali e di idee. Lo si e' consumato
come una rockstar quando lo si sarebbe dovuto proteggere. Morire e' un duro
lavoro, e piu' in una fibra come la sua che sfidava la montagna e le nevi, e
ha a lungo resistito. Andava accompagnato con discrezione e pieta'.
Non pensiamo che ce ne saranno molte al suo funerale e alla sua sepoltura.
Verranno i grandi del mondo che non si sono sognati di dargli ascolto quando
parlava per la pace e contro la ricchezza. E' stato la sola autorita' morale
per chi non ha piu' avuto cura di un'etica terrena. Adesso viene il tempo
per una riflessione sul papato di Giovanni Paolo II, anch'esso enfatizzato
da elogi e dichiarazioni di primati e insostituibilita', che neanche
Gregorio Magno. Ora si potra' misurare il suo apporto teologico, forse non
cosi' rilevante, il suo insegnamento etico, forse non cosi' innovativo, il
suo peso politico moltiplicato dal crollo dei comunismi, il suo ruolo non
privo di ombre sulla comunita' ecclesiale. C'e' un giorno per vivere e un
giorno per morire, dice il Qoelet. Che almeno questo sia lasciato al
silenzio.

6. RIFLESSIONE. LUISA MURARO: ALTRI MOTIVI
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it)
riprendiamo questo intervento di Luisa Muraro. Luisa Muraro insegna
all'Universita' di Verona, fa parte della comunita' filosofica femminile di
"Diotima"; dal sito delle sue "Lezioni sul femminismo" riportiamo la
seguente scheda biobibliografica: "Luisa Muraro, sesta di undici figli, sei
sorelle e cinque fratelli, e' nata nel 1940 a Montecchio Maggiore (Vicenza),
in una regione allora povera. Si e' laureata in filosofia all'Universita'
Cattolica di Milano e la', su invito di Gustavo Bontadini, ha iniziato una
carriera accademica presto interrotta dal Sessantotto. Passata ad insegnare
nella scuola dell'obbligo, dal 1976 lavora nel dipartimento di filosofia
dell'Universita' di Verona. Ha partecipato al progetto conosciuto come Erba
Voglio, di Elvio Fachinelli. Poco dopo coinvolta nel movimento femminista
dal gruppo "Demau" di Lia Cigarini e Daniela Pellegrini e' rimasta fedele al
femminismo delle origini, che poi sara' chiamato femminismo della
differenza, al quale si ispira buona parte della sua produzione successiva:
La Signora del gioco (Feltrinelli, Milano 1976), Maglia o uncinetto (1981,
ristampato nel 1998 dalla Manifestolibri), Guglielma e Maifreda (La
Tartaruga, Milano 1985), L'ordine simbolico della madre (Editori Riuniti,
Roma 1991), Lingua materna scienza divina (D'Auria, Napoli 1995), La folla
nel cuore (Pratiche, Milano 2000). Con altre, ha dato vita alla Libreria
delle Donne di Milano (1975), che pubblica la rivista trimestrale "Via
Dogana" e il foglio "Sottosopra", ed alla comunita' filosofica Diotima
(1984), di cui sono finora usciti sei volumi collettanei (da Il pensiero
della differenza sessuale, La Tartaruga, Milano 1987, a Il profumo della
maestra, Liguori, Napoli 1999). E' diventata madre nel 1966 e nonna nel
1997"]

Sabato sera, durante il programma "L'infedele" della rete televisiva "La
Sette", condotto da Gad Lerner, e' arrivata la notizia della morte del papa;
un vescovo che partecipava alla trasmissione, Alessandro Maggiolini, ha
letto un salmo, tutti si sono alzati in piedi, io invece sono rimasta
seduta. Questo fatto e' stato notato ed ha ricevuto una sola spiegazione,
che io non ero d'accordo con la preghiera per il morto ne' con il morto.
Se fossi poetessa, a questo punto scriverei una poesia. Per fortuna la
poesia c'e' gia', l'ha scritta, guarda caso, una compatriota del papa
defunto, Wislava Szymborska, premio Nobel, s'intitola La moglie di Lot,
ricordate chi e': la donna della Bibbia, non sappiamo il suo nome, che fu
cambiata in una statua di sale perche', fuggendo da Sodoma e Gomorra in
fiamme, si e' girata indietro, contro l'ordine divino. E' lei che parla e
dice:
"Guardai indietro, dicono, per curiosita',
ma potevo avere, curiosita' a parte, altri motivi".
Altri motivi, quali? Tutta la poesia altro non e' che una risposta a questa
domanda, un elenco di motivi diversi da quell'unico che da' la Bibbia. Dice
la moglie di Lot: "potrei essermi girata per distrazione, allacciandomi il
sandalo, oppure per distogliere lo sguardo dalla nuca del mio bravo marito,
oppure per l'improvvisa certezza che se fossi morta, lui non si sarebbe
neppure fermato", proprio come Enea (aggiungo io) il quale fuggendo da Troia
in fiamme per andare a fondare Roma, perde la moglie, incidenti che capitano
agli uomini troppo zelanti, evidentemente. "Potrei essermi girata, continua
l'anonima, per la disubbidienza degli umili", testuali parole, molto belle,
si pensa subito ai bambini, oppure "per tendere l'orecchio agli inseguitori,
oppure per vedere speranzosa se Dio non ci avesse ripensato..." eccetera,
eccetera, fino alla fine, quando spiega il vero motivo: non ce la faceva
piu' a correre, era rimasta indietro, la strada era diventata impraticabile,
l'aria irrespirabile, "mancandomi l'aria mi rigirai piu' volte, chi mi
avesse visto poteva pensare che danzassi, non escludo che i miei occhi
fossero aperti, e' possibile che io sia caduta con il viso rivolto alla
citta'".
Il motivo finale, ossia il racconto di come sono andate veramente le cose,
che poi anch'io faro', non elimina i motivi possibili, sarebbe come
cancellare la poesia. Non si puo' neanche dire che il motivo finale sia piu'
vero di quegli altri, perche' il veramente vero non e' in un fatto
determinato, ma e' in quel fatto la' guardato sullo sfondo di tante altre
possibilita', da uno sguardo che sa che le cose umane sono molto complicate.
Il veramente vero e' nello sguardo che "ascolta" quello che vede per
sentire, dentro di se', che cosa puo' voler dire quello che sta guardando.
Potrei non essermi alzata in piedi perche' stavo male, sono una donna
anziana e mi capita di stare male e di dover restare seduta dove sono,
finche' passa. Oppure perche' mi piace pregare seduta. Potrei averlo fatto,
chissa', per simpatia con il vescovo Maggiolini che si era alzato sulle
gambe malferme, per convincerlo a restare seduto anche lui e a non fare
quello sforzo. O perche' sono una donna che non ha bisogno di mettersi
sull'attenti per onorare i morti, e volevo farlo vedere, che sono una donna,
in quel posto cosi' pieno di uomini. Poteva essere che volevo finalmente
pensare al morto e fare pace con lui dentro di me... "Guardai indietro per
tutti questi motivi. Guardai indietro non per mia volonta'".
Racconto come sono andati i fatti. Quando la notizia della morte del papa e'
arrivata negli studi televisivi, e ci arrivo' subito, prima ancora che in
piazza San Pietro, noi partecipanti eravamo in pausa pubblicita', occupati a
bere acqua e a parlottare. La notizia girava dall'uno all'altro, a stento,
senza apparente emozione, ma non posso giudicare gli altri, io ho pensato:
parliamo di lui, prima che riprendano le riprese, c'era una cosa che volevo
dire al conduttore, Gad Lerner: adesso si' che il papa ha un rapporto
privilegiato con la trascendenza, adesso che e' passato di la' e non e' piu'
il papa... Questione di secondi, perche' si e' posto subito il problema di
organizzare qualcosa per quando le telecamere fossero tornate a riprenderci,
l'idea e' che il vescovo legga qualcosa, ma che cosa? il vescovo non ha
libri sacri con se', allora Maria B., da me invitata a venire la' per avere
un'amica vicina, tira fuori dalla borsa un vangelo piu' salmi ("me lo porto
sempre dietro", mi ha confidato poi), il vescovo chiede che gli si trovi
fuori il salmo 41 anzi 42, quello che comincia con "Come la cerva anela ai
corsi d'acqua", trovato appena in tempo, tutti al loro posto, le telecamere
e i fari si riaccendono, tutti si alzano e Maggiolini comincia a leggere.
A me sembrava tutto finto e rimasi seduta, poi in realta' il testo, inutile
dire bellissimo, mi entrava dentro, e sono sicura che questo era vero anche
per le persone presenti, o una parte di loro, non posso saperlo, e sono
rimasta seduta ad ascoltarlo, pensando piu' a mia madre che al papa, devo
dire, ma non in estasi, tutt'altro, ero consapevolissima della mia postura
un po' irregolare ed altrettanto decisa a restarci, perche' io non credo nei
gesti convenzionali miei o altrui, credo di piu' nella spontaneita'.
Vero e' che stare seduta, da parte mia, non era spontaneita', spontaneo
sarebbe stato fare come gli altri, ma ero, sono troppo stufa di vedere e
ascoltare gente che faceva, fa teatro intorno alla religione. Stufa orba,
come si dice dalle mie parti.

7. PROFILI. SARA SESTI: SHIRIN EBADI
[Dal sito www.universitadelledonne.it riprendiamo questo profilo.
Sara Sesti, insegnante di matematica, fa parte dell'associazione Donne e
scienza e collabora con la Mathesis. Ha curato, per il centro di ricerca
Pristem dell'Universita' Bocconi, la mostra "Scienziate d'Occidente. Due
secoli di storia", e ha fatto parte della redazione delle riviste "Lapis" e
"Il Paese delle donne". Ha pubblicato con Liliana Moro il libro Donne di
scienza. 55 biografie dall'antichita' al duemila", Pristem-Universita'
Bocconi, Milano 2002. Tiene i corsi di informatica della Libera Universita'
delle Donne di Milano. E' una delle webmaster del sito
www.universitadelledonne.it, per cui cura la ricerca delle immagini e le
rubriche "Scienza e tecnologie", "Libri, film, Mostre" e Pensiamoci". Opere
di Sara Sesti: con Liliana Moro, Donne di scienza. 55 biografie
dall'antichita' al duemila, Pristem - Universita' Bocconi, seconda edizione
2002.
Su Shirin Ebadi cfr. anche i profili scritti da Giuliana Sgrena e Marina
Forti apparsi nei nn. 701 e 756 di questo foglio]

Il 9 ottobre 2003 e' stato assegnato ad Oslo il Nobel per la pace
all'iraniana Shirin Ebadi, 56 anni, avvocata, madre di due figlie. Il premio
le e' stato conferito "per il suo impegno nella difesa dei diritti umani e a
favore della democrazia. Si e' concentrata specialmente sulla battaglia per
i diritti delle donne e dei bambini". Ebadi e' l'undicesima donna a vincere
il Nobel per la pace, da quando il riconoscimento e' stato istituito nel
1903, ed e' la prima musulmana.
Shirin Ebadi, nata nel 1947, e' stata la prima donna nominata giudice prima
della rivoluzione. Laureata in legge nel 1969 all'Universita' di Teheran, e'
stata nominata presidente del tribunale dal 1975, ma dopo la rivoluzione del
1979 e' stata costretta a dimettersi per le leggi che limitarono autonomia e
diritti civili delle donne iraniane. Con l'avvento di Khomeini al potere
infatti venne decretato che le donne sono troppo emotive per poter
amministrare la giustizia. Avvocato, ha difeso le famiglie di alcuni
scrittori e intellettuali uccisi tra il 1998 e il 1999. E' stata tra i
fondatori dell'Associazione per la protezione dei diritti dei bambini in
Iran, di cui e' ancora una dirigente. Nel 1997 ha avuto un ruolo chiave
nell'elezione del presidente riformista Khatami. E' stata avvocato di parte
civile nel processo ad alcuni agenti dei servizi segreti, poi condannati per
aver ucciso, nel 1998, il dissidente Dariush Forouhar e sua moglie. Nel 2000
ha partecipato ad una conferenza a Berlino sul processo di democratizzazione
in Iran, organizzata da una fondazione vicina ai Verdi tedeschi, che
provoco' grande clamore e la pronta reazione dei poteri conservatori a
Teheran, che arrestarono diversi dei partecipanti al loro ritorno in Iran.
Perseguitata a causa delle indagini che stava svolgendo, nel 2000 e' stata
sottoposta a un processo segreto per aver prodotto e diffuso una
videocassetta sulla repressione anti-studentesca del luglio 1999, materiale
che secondo l'accusa "disturbava l'opinione pubblica". Arrestata, ha subito
22 giorni di carcere.
Il Comitato del Nobel e' lieto di premiare "una donna che fa parte del mondo
musulmano", si legge nella motivazione del premio che sottolinea come Ebadi
"non veda conflitto fra Islam e i diritti umani fondamentali". "Per lei e'
importante che il dialogo fra culture e religioni differenti del mondo possa
partire da valori condivisi", prosegue il comitato, la cui scelta appare
particolarmente mirata in un contesto storico di tensioni fra Islam e
Occidente. "La sua arena principale e' la battaglia per i diritti umani
fondamentali, e nessuna societa' merita di essere definita civilizzata, se i
diritti delle donne e dei bambini non vengono rispettati" prosegue la nota.
"E' un piacere per il comitato norvegese per il Nobel assegnare il premio
per la pace a una donna che e' parte del mondo musulmano, e di cui questo
mondo puo' essere fiero, insieme con tutti coloro che combattono per i
diritti umani, dovunque vivano".
Il Nobel a lei assegnato ci dice che diritti umani, diritti delle donne e
difesa della pace fanno tutt'uno e sono patrimonio comune di tutta
l'umanita', anche in quella parte del mondo che ancora non ne riconosce il
valore. Ebadi e' stata scelta tra 165 candidati...

8. MEMORIA. PAOLA MENEGANTI: LISA, GLADYS
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it)
riprendiamo il seguente articolo apparso sul quotidiano "Il Tirreno" del 24
marzo 2005.
Paola Meneganti opera presso la Commissione per le pari opportunita' della
Provincia di Livorno.
Lisa Giua Foa, nata nel 1923 a Torino da una famiglia di illustri
intellettuali antifascisti, partigiana, intellettuale, storica e saggista,
attenta osservatrice dell'est, un lungo impegno politico nel Pci, tra i
fondatori del "Manifesto", poi in "Lotta Continua", poi ancora impegnata, da
ultimo nella Fondazione Alexander Langer. Opere di Lisa Foa: tra le altre
segnaliamo: La societa' sovietica, Loescher, Torino 1973; sua la prefazione
a Yolande Mukagasana, La morte non mi ha voluta, La meridiana, Molfetta
(Bari) 1998; E' andata cosi', Sellerio, Palermo 2004. Scritti su Lisa Foa:
segnaliamo il profilo scritto da Adriano Sofri in Italiane, Presidenza del
Consiglio dei Ministri, Roma 2004; e la pagina a lei dedicata dal quotidiano
"Il manifesto" del 5 marzo 2005, che riporta anche un suo profilo estratto
dal capolavoro di Natalia Ginzburg, Lessico famigliare, Einaudi e Mondadori,
varie edizioni ("Lisetta era identica al fratello Renzo, alta, magra,
pallida, diritta con gli occhi accesi, con i capelli corti e un ciuffo sulla
fronte. Andavamo insieme in bicicletta...". E ancora alla fine del libro:
"Lisetta non era molto cambiata, dal tempo che andavamo in bicicletta e mi
raccontava i romanzi di Salgari. Era sempre magra, dritta e pallida, con gli
occhi accesi e col ciuffo sugli occhi. Sognava, a quattordici anni, imprese
avventurose: e aveva avuto qualcosa di quello che aveva sognato, durante la
Resistenza. Era stata arrestata, a Milano, e incarcerata a Villa Triste.
L'aveva interrogata la Ferida. Amici travestiti da infermieri l'avevano
aiutata a fuggire. Poi si era ossigenata i capelli, per non essere
riconosciuta. Aveva avuto, tra fughe e travestimenti, una bambina...").
Su Gladys Marin cfr. anche il profilo scritto da Maurizio Matteuzzi
riportato nel n. 865 di questo foglio]

Se ne sono andate a breve distanza l'una dall'altra, Lisa Giua Foa e Gladys
Marin, due donne libere.
Ho cercato, tra le pagine di Lessico famigliare di Natalia Ginzburg, questo
"ritrattino" affettuoso di Lisa Foa, Lisetta, da ragazzina "identica al
fratello Renzo, alta, magra, pallida, diritta, con gli occhi accesi, con i
capelli corti e un ciuffo sulla fronte... Oltre a leggere i libri di Croce,
leggeva anche i romanzi di Salgari... Nei suoi sogni e nei suoi discorsi si
mescolavano maraja indiani, frecce avvelenate, i fascisti...".
Il fratello Renzo sarebbe morto durante la guerra civile in Spagna, dove era
accorso come volontario per combattere contro il fascismo di Franco.
Ancora, anni dopo, quando viene a frutto questa splendida educazione
sentimentale: "Sognava, a quattordici anni, imprese avventurose: e aveva
avuto qualcosa di quello che aveva sognato, durante la Resistenza. Era stata
arrestata, a Milano, e incarcerata a Villa Triste. L'aveva interrogata la
Ferida. Amici travestiti da infermieri l'avevano aiutata a fuggire. Poi si
era ossigenata i capelli, per non essere riconosciuta. Aveva avuto, tra
fughe e travestimenti, una bambina. Per molto tempo, finita la guerra, le
erano rimaste ciocche ossigenate tra i corti capelli castani...".
Dopo la guerra, ancora impegno, su molti versanti: i diritti umani, nella
Russia dei dissidenti, nella Polonia di Solidarnosc, in Cecenia e in Africa,
dove aveva viaggiato.
Anni fa si fece il suo nome per la Presidenza della Repubblica. Senza
ovviamente nulla togliere a Carlo Azeglio Ciampi, sarebbe stata una grande
Presidente per una Repubblica che avesse inteso far tesoro della propria
storia e della propria memoria.
*
In Cile, Gladys Marin Mille, presidente del Partito comunista cileno, e'
morta dopo una lunga malattia. Figlia di un campesino e di una maestra
elementare, si era battuta con grande coraggio contro il regime fascista di
Pinochet, pagando con la persecuzione subita da lei e dal marito, Jorge
Munoz, ancora oggi nella lista dei detenuti di cui non si e' saputo piu'
nulla.
Ha scritto Luis Sepulveda: "un pezzo di Cile, una parte della nostra cultura
umana e politica se ne va con te... certo e' che con Gladys, al di la' delle
differenze sul modo di realizzare le trasformazioni tanto necessarie alla
nostra societa', in questi momenti critici, in quegli anni di militanza e
gioventu', ci univamo spalla a spalla per resistere a ogni bufera, per
resistere ai temporali del dolori e ai duri colpi del tradimento".
Sepulveda, a Pisa nei giorni scorsi, ricordando la propria esperienza nella
Gap, la guardia del presidente Allende, ha narrato di un giorno in cui si
sono ritrovati i superstiti di quella stagione, di quella esperienza.
Insieme, ancora una volta, avevano pronunciato il vecchio giuramento di
fedelta' alla democrazia ed al Presidente; e l'eco, raccontava, riportava
non le loro voci di ora, ma quelle di allora, quando erano giovani colmi di
passione per la liberta'.
Io penso che dovremmo ricordare Lisa Foa e Gladys Marin con la loro voce
giovane, ardente, che hanno sempre mantenuto vitale e libera.
Addio Lisa, addio Gladys. Io non credo nell'aldila', ma mi piacerebbe che ci
fosse un luogo in cui tutte voi belle, oneste, coraggiose persone poteste
ritrovarvi, e parlare e brindare alla liberta'.

9. LIBRI. LILIANA MORO PRESENTA "IL 'GENERE' DEI LIBRI" DI TIZIANA PLEBANI
[Dal sito dell'Universita' delle donne di Milano
(www.universitadelledonne.it).
Liliana Moro (per contatti: mor.li at libero.it), insegnante di italiano e
storia, fa parte della Societa' Italiana delle Storiche e collabora con la
Libera Universita' delle Donne come docente. Si occupa di storia
dell'istruzione e di storia della scienza e collabora con la rivista "Il
paese delle donne". Opere di Liliana Moro: AA. VV., Profumi di donne, Cuen,
1997; con Sara Sesti, Donne di scienza. 55 biografie dall'antichita' al
duemila, Pristem - Universita' Bocconi, seconda edizione 2002. E' una delle
webmaster del sito dell'Universita' delle donne, e cura in particolare le
rubriche Storia, Guerra, Pensiamoci e l'Agenda.
Tiziana Plebani, bibliotecaria e storica, e' attiva nella Rete di donne per
la pace di Mestre e Venezia; tra le sue opere: Il genere dei libri, Angeli,
Milano 2001; Corpi e storia, Viella 2002]

Oggi che le donne rappresentano la maggioranza della popolazione scolastica
in tutti gli ordini di studi e' difficile immaginare che per secoli la
cultura europea fosse loro preclusa. Di fatto le scuole superiori e le
universita', a Parigi come a Oxford o a Padova, impedirono la frequenza alle
ragazze fino alla fine dell'Ottocento e oltre.
Cio' ebbe naturalmente diverse conseguenze sul rapporto tra le donne e il
sapere e sulla costruzione della stessa cultura accademica, che non pote'
usufruire del punto di vista femminile nella costruzione dei paradigmi delle
varie discipline.
Tuttavia da questa secolare esclusione non sarebbe corretto dedurre una
estraneita' delle donne alla cultura scritta.
Ce ne informa Tiziana Plebani in questo suo testo (Tiziana Plebani, Il
"genere" dei libri. Storie e rappresentazioni della lettura al femminile e
al maschile tra Medioevo e eta' moderna, Franco Angeli, Milano 2001), frutto
di un'ampia ricerca e di una profonda passione per i libri (non a caso e'
bibliotecaria alla Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia, dove e'
responsabile della conservazione e del restauro) che l'ha condotta a
indagare rappresentazioni e pratiche della lettura nelle generazioni che ci
hanno preceduto.
Scopriamo cosi' che le donne del Medioevo non erano affatto illetterate ne'
tantomeno aliene dal contatto con i libri: ne frequentavano di vario tipo,
dai libri di preghiere alle guide per il cucito. Ne facevano un uso
collettivo, per lo piu', cosi' che un singolo volume era letto e consultato
da diverse persone. Si ricordi che prima che la carta venisse importata in
Europa dalla Cina, i libri erano oggetti costosi e assai rari, oltre che un
po' ingombranti.
Le donne, dunque, grandi lettrici oggi e ieri, avevano modi e tempi di
lettura diversi dagli uomini, ma non si mantenevano alla larga dal leggere,
nemmeno in epoca premoderna.

10. LIBRI. PAOLO ANDRUCCIOLI PRESENTA "SOBRIETA'" DI FRANCESCO GESUALDI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 30 marzo 2003.
Paolo Andruccioli (Roma, 1955) scrive sulla pagina economica del quotidiano
"il manifesto", e' stato caporedattore dello stesso giornale e direttore
responsabile della rivista di dibattito politico-teorico "Il Passaggio" e
della rivista mensile "Polizia e democrazia". Opere di Paolo Andruccioli, La
trappola dei fondi pensione, Feltrinelli, Milano.
Francesco Gesualdi e' il principale animatore del "Centro nuovo modello di
sviluppo" di Vecchiano; e' nato nel 1949, allievo della scuola di Barbiana
(e' il Francuccio di don Milani), tra altre rilevanti esperienze ha
trascorso due anni in Bangladesh per un servizio di volontariato ed e' tra i
promotori della Rete di Lilliput. Tra le opere di Francesco Gesualdi:
Signorno', Guaraldi; Economia: conoscere per scegliere, Lef; Energia
nucleare: cos'e' e i rischi a cui ci espone, Movimento Nonviolento; (con
Jose' Luis Corzo Toral), Don Milani nella scrittura collettiva, Edizioni
Gruppo Abele; Manuale per un consumo responsabile, Feltrinelli; Sobrieta',
Feltrinelli.
Il "Centro nuovo modello di sviluppo" di Vecchiano e' una delle piu'
rilevanti esperienze di impegno teorico e pratico contro le ingiustizie
globali, che affronta con rigore ed efficacia i temi del disagio economico,
sociale, fisico, psichico e ambientale sia a livello locale che
internazionale, con particolar attenzione al Sud del mondo; il Centro ha
promosso e sta portando avanti importanti campagne per i diritti umani. Tra
le opere del Centro nuovo modello di sviluppo: Boycott, Macroedizioni;
Lettera ad un consumatore del Nord; Nord/Sud. Predatori, predati e
opportunisti; Sulla pelle dei bambini; Geografia del supermercato mondiale;
Guida al consumo critico; Sud/Nord. Nuove alleanze per la dignita' del
lavoro; Ai figli del pianeta; tutti presso la Emi]

Il Prodotto interno lordo (Pil), nelle societa' "occidentali", non cresce
piu'. Su questo dato di fatto c'e' la quasi pressoche' unanimita'. Molto
piu' difficile l'operazione di trovare un accordo sul che fare. Ci si divide
cosi' tra chi assume un'ottica quantitativa e chi dice che e' giunto il
momento (anzi forse siamo in ritardo) di provare a cambiare i termini del
problema. Ovvero azzardare i contorni di un nuovo modello di sviluppo. A
questo "partito", assolutamente minoritario, appartiene Francesco Gesualdi,
che con il "Centro nuovo modello di sviluppo" ha pubblicato il libro
Sobrieta'. Dallo spreco di pochi ai diritti per tutti (Feltrinelli, Milano
2005, pp. 163, euro 9).
Il problema, per l'autore, non e' quello di inventarsi una ricetta magica:
qualche investimento in piu', risorse per la ricerca e l'innovazione
tecnologica, magari con una spruzzatina di ulteriore flessibilita' del
lavoro. Si tratta invece di cominciare a praticare strade diverse, a
cominciare dalle scelte individuali, in termini di risparmio e consumo. Dove
investiamo i nostri soldi? Che fine fanno gli investimenti dei fondi
pensione? E poi: ci sono davvero consumatori in grado di orientarsi nella
giungla delle pubblicita'? Le domande sono tante, ma Gesualdi non commette
l'errore di perdersi nei meandri dei tecnicismi, ne' pretende di costruire
un sistema filosofico o una nuova teoria economica. Preferisce cominciare
con la descrizione brutale degli squilibri nel mondo. "Scandalosi", magari
troppo lontani da noi. "Per guardare in faccia la poverta' assoluta - scrive
Gesualdi - basta attraversare il Mediterraneo e mettere piede in una
baraccopoli del Cairo". Solo cosi' ci si puo' rendere conto: "se riuscirai a
superare il senso di soffocamento che si prova nella calca opprimente, se
riuscirai a superare la nausea che immancabilmente sale alla gola quando si
e' costretti a camminare in stradine solcate da rigagnoli pieni di merda e
di piscio".
Poi ci sono i numeri, le statistiche che ci descrivono un mondo sempre piu'
ineguale, ingiusto, pieno di sfruttati e di assenza di liberta'. Per molti
lettori di questo giornale non si tratta di novita'. Ma il libro fa effetto
perche' rimette in fila tutto quello che va storto e propone appunto una via
di fuga fuori dal coro. La proposta e' una politica della sobrieta', che poi
e' la filosofia della campagna lanciata nel settembre del 1993 a Verona dai
"Beati i costruttori di pace".
Primo obiettivo sara' quello di ridurre. Consumiamo e sprechiamo.
Utilizziamo perfino il consumo per "rimarginare le ferite nei rapporti tra
le persone". Persino con i nostri figli, che vediamo sempre troppo poco, ce
la caviamo spesso con un bel giocattolo, che magari dura il tempo della
sorpresa e poi viene buttato da una parte in una stanza piena di altri
giocattoli. Il consumo e' solo "usa e getta", mentre con il riciclaggio
potremmo ottenere un risparmio energetico del 95% nel caso dell'alluminio,
del 75% nel caso del rame e del 60% nel caso dell'acciaio. Gesualdi
ripropone poi il discorso sulle energie alternative, ma anche in questo
campo mette in guarda da facili scorciatoie. Il problema non si risolve
sostituendo l'idrogeno alla benzina, anche perche' con l'avvento della
motorizzazione di massa a livello mondiale c'e' da chiedersi davvero che
cosa sta per succedere.
Nella definizione di un nuovo modello di sviluppo c'e' inoltre da rivedere
completamente le culture dominanti: da una condizione di insicurezza totale,
si tratterebbe di costruire una societa' delle sicurezze. Dal primato
assoluto della privatizzazione e del mercato, passare a una nuova economia
del bene comune. Gesualdi, anche qui, non propone un contromanuale di
economia politica. Suggerisce piuttosto di praticare scelte, individuali e
collettive, anche molto radicali: dal consumo e risparmio critico fino a
forme di vero e proprio boicottaggio (sulla scia delle campagne di
Greenpeace e di altri movimenti), all'obiezione alle spese militari
praticata da molti cattolici e pacifisti contro le scelte di guerra. Si
tratta, scrive l'autore, di ritrovare il coraggio di sognare. Ma questo non
vuol dire stare alla finestra. Anzi l'impegno si dovrebbe trasformare in
campagne, forme di pressione nei confronti dei partiti e delle istituzioni.
L'idea e' quella di diventare un vero movimento di massa per la sobrieta'
con dei principi "forti, universali, condivisibili, che accendano speranze e
diano voglia di impegnarsi".

11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

12. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 891 del 6 aprile 2005

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