La nonviolenza e' in cammino. 850



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 850 del 24 febbraio 2005

Sommario di questo numero:
1. Giancarla Codrignani: Giuliana
2. Mao Valpiana: Dal banco degli imputati la nonviolenza contro la guerra
3. Peppe Sini: Una dichiarazione di solidarieta'
4. Marta Galli: Bertha von Suttner
5. Lev Tolstoj: La nostra concezione della vita
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. GIANCARLA CODRIGNANI: GIULIANA
[Ringraziamo di cuore Giancarla Codrignani (per contatti:
giancodri at libero.it) per questo intervento.
Giancarla Codrignani, presidente della Loc (Lega degli obiettori di
coscienza al servizio militare), gia' parlamentare, saggista, impegnata nei
movimenti di liberazione, di solidarieta' e per la pace, e' tra le figure
piu' rappresentative della cultura e dell'impegno per la pace e la
nonviolenza. Tra le opere di Giancarla Codrignani: L'odissea intorno ai
telai, Thema, Bologna 1989; Amerindiana, Terra Nuova, Roma 1992; Ecuba e le
altre, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1994.
Giuliana Sgrena, intellettuale e militante femminista e pacifista tra le
piu' prestigiose, e' tra le maggiori conoscitrici italiane dei paesi e delle
culture arabe e islamiche; autrice di vari testi di grande importanza (tra
cui: a cura di, La schiavitu' del velo, Manifestolibri, Roma 1995, 1999;
Kahina contro i califfi, Datanews, Roma 1997; Alla scuola dei taleban,
Manifestolibri, Roma 2002; Il fronte Iraq, Manifestolibri, Roma 2004); e'
stata inviata del "Manifesto" a Baghdad, sotto le bombe, durante la fase
piu' ferocemente stragista della guerra tuttora in corso. A Baghdad e' stata
rapita il 4 febbraio 2005. Dal sito del quotidiano "Il manifesto"
riprendiamo, con minime modifiche, la seguente scheda: "Nata a Masera, in
provincia di Verbania, il 20 dicembre del 1948, Giuliana ha studiato a
Milano. Nei primi anni '80 lavora a 'Pace e guerra', la rivista diretta da
Michelangelo Notarianni. Al 'Manifesto' dal 1988, ha sempre lavorato nella
redazione esteri: appassionata del mondo arabo, conosce bene il Corno
d'Africa, il Medioriente e il Maghreb. Ha raccontato la guerra in
Afghanistan, e poi le tappe del conflitto in Iraq: era a Baghdad durante i
bombardamenti (per questo e' tra le giornaliste nominate 'cavaliere del
lavoro'), e ci e' tornata piu' volte dopo, cercando prima di tutto di
raccontare la vita quotidiana degli iracheni e documentando con
professionalita' le violenze causate dall'occupazione di quel paese.
Continua ad affiancare al giornalismo un impegno anche politico: e' tra le
fondatrici del movimento per la pace negli anni '80: c'era anche lei a
parlare dal palco della prima manifestazione del movimento pacifista"]

Ho in mano La schiavitu' del velo. Voci di donne contro l'integralismo
islamico (Manifestolibri, Roma 1995), scritto da Giuliana dieci anni fa.
Comprende interventi di donne dell'area mediterranea che dicono la loro
volonta' di contare e di essere nel mondo contro le politiche violente che
le circondano, che intendono farle complici nel silenzio. "La battaglia per
la democrazia, ricorda Giuliana Sgrena, passa attraverso il riconoscimento
dei nostri diritti, la nostra esclusione e' la negazione della democrazia".
Sembra che anche in queste aree dell'Islam ci sia minor visibilita' delle
lotte delle donne.
I conflitti peggiorano tutto, e la guerra in Iraq ha ricollocato le donne
nel ruolo di vittime: madri dolorose, bambini e bambine malridotti dagli
attentati e dalle bombe, anziane che deprecano la sorte. Sono le foto
scattate da Giuliana che tutti abbiamo visto in questi giorni.
Dieci anni fa non avrei pensato che Giuliana fosse a rischio.
Ed e' successo che i giornalisti siano diventati bersaglio dei sequestri,
soprattutto le giornaliste. E che corrano seri pericoli, anche se (o, forse,
soprattutto) esercitano la professione nell'interesse della popolazione
civile irachena.
Giuliana si fidava perche' era conosciuta come amica ed era uscita per fare
le sue interviste di venerdi', ma per i suoi rapitori era soltanto una
preda.
Io Giuliana la conosco, e ne ho sempre percepito la forza congiunta alla
fragilita', forse perche' questi tratti li conoscevo in mia madre; ho
sofferto molto quando ho saputo del sequestro, mi sono emozionata fino al
pianto al vederla come un uccellino nel video, ho partecipato all'onda di
solidarieta'.
Adesso voglio dire che desidero vederla presto, mettere fine all'ansia,
anche se so bene che l'attesa puo' essere lunga. Ma, come succede quando le
persone ci sono amiche, ho paura.
Fra poco sara' l'8 marzo: riprenderemo le parole di donne contro la
violenza, l'integralismo e le guerre.
Insieme con Giuliana.

2. TESTIMONIANZE. MAO VALPIANA: DAL BANCO DEGLI IMPUTATI LA NONVIOLENZA
CONTRO LA GUERRA
[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: mao at sis.it) per questo intervento.
Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle della nonviolenza in
Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come assistente sociale
e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento
(si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di
intervento nel sociale"), e' membro del comitato di coordinamento nazionale
del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di
Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel
1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese
militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il
riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega
obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante
la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta
per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e'
stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione
Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters
International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e'
stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle
forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da
Trieste a Belgrado nel 1991; un suo profilo autobiografico, scritto con
grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4
dicembre 2002 di questo notiziario]

Questa mattina, giovedi' 24 febbraio 2005, alle ore 11, mi presentero' al
banco degli imputati della Corte d'Appello di Venezia, insieme ad altri
amici della nonviolenza.
Lo faro' con animo assolutamente sereno, e forse anche con un pizzico di
orgoglio. Quattordici anni fa, nel febbraio del 1991, nella stazione di
Balconi di Pescantina, pochi chilometri a nord di Verona, decidemmo di
realizzare un'azione diretta nonviolenta, per fermare un treno che
trasportava armi e carri armati dalla Germania al porto di Livorno, poi
diretti in Arabia, per la guerra del Golfo.
L'azione fu preparata nei minimi dettagli, con serieta' e consapevolezza dei
rischi cui andavamo incontro, ma persuasi della giustezza di cio' che
andavamo a compiere. Con quell'azione eravamo coscienti di non poter fermare
la guerra; ma ritardare, anche solo di un'ora, il passaggio di quel treno,
aveva un significato, semplice e grande insieme: ognuno ha il potere di fare
qualcosa contro la preparazione bellica.
Il primo passo e' quello di dire no, non collaborare, obiettare, boicottare,
resistere, togliere consenso al meccanismo infernale che prepara e realizza
la guerra, che e' morte e distruzione.
Quella fredda sera eravamo sui binari solo con un megafono, una fiaccola,
uno striscione, e il treno della morte si e' fermato. Straordinaria
rappresentazione! Da una parte pochi amici della nonviolenza, forti solo
della propria persuasione, dall'altra un treno carico di armi micidiali, che
si ferma e diventa impotente.
Gli amici della nonviolenza invocano l'articolo 11 della Costituzione:
"L'Italia ripudia la guerra", e lo Stato manda la polizia a fermarli,
arrestarli, denunciarli. E il treno riparte, verso la sua meta di orrore.
L'ordine delle cose viene capovolto.
Alla polizia che ci trascino' via dai binari non abbiamo opposto resistenza,
perche' il conflitto che volevamo drammatizzare non era quello con le forze
dell'ordine, ma quello con gli eserciti e le loro armi, strumenti
istituzionali per realizzare la guerra.
*
Ma la nonviolenza e' fiduciosa e non si stanca di ricercare la verita'.
Con questo spirito affrontammo il processo in primo grado, a Verona, nel
gennaio del 1997. Chiedevamo allo Stato di riconoscere la legittimita' del
nostro agire. Non ci sentivamo imputati, perche' non avevamo violato, ma
solo obbedito alle leggi: la legge suprema della nostra coscienza: "Non
uccidere", e la legge suprema della Repubblica: "Ripudia la guerra".
Grazie al lavoro generoso dei nostri avvocati (Canestrini, Corticelli,
Ramadori, Chirco) e alle testimonianze morali di padre Cavagna ("la guerra
e' immorale") e di Antonio Papisca ("la guerra e' illegittima"), il giudice
ha emesso una sentenza di assoluzione. Una bella sentenza, coraggiosa,
meritevole di essere letta nelle scuole.
Il Pubblico Ministero, che aveva chiesto una condanna ad otto mesi di
reclusione, fece ricorso in Appello.
*
Ed oggi, a 14 anni dal fatto, la giustizia prosegue il suo corso. Anche
questa volta il significato simbolico sara' straordinario.
La guerra in Irak c'e' ancora, con il suo carico di morte e sofferenza
sempre piu' micidiale, e il nostro paese e' partecipe e direttamente
coinvolto in quell'orrore, in violazione della legalita' internazionale e
costituzionale.
Per questo me ne staro' seduto al banco degli imputati con orgoglio.
Orgoglioso di essere stato, quella fredda sera di 14 anni fa, un cittadino
obbediente  alla Costituzione che ripudia la guerra. Orgoglioso di far parte
del Movimento Nonviolento. Alla domanda di rito: "l'imputato ha qualcosa da
dire?", rispondero' che non mi sento imputato di nulla, che ho fatto solo
cio' che in coscienza sentivo di fare, che se l'occasione mi si
ripresentasse lo rifarei, perche' e' nostro dovere opporci alla guerra, che
e' morte, con la nonviolenza, che e' vita.
Dai giudici, che hanno giurato fedelta' alla Costituzione che ripudia la
guerra, ci aspettiamo una sentenza di assoluzione e una parola di condanna
per la guerra.

3. LETTERE. PEPPE SINI: UNA DICHIARAZIONE DI SOLIDARIETA'
[Giovedi' 24 febbraio 2005, alle ore 11, alla Corte d'Appello di Venezia si
terra' il processo in secondo grado contro 17 pacifisti e nonviolenti
veronesi accusati di "blocco ferroviario e interruzione di pubblico
servizio" per aver partecipato ad una manifestazione nonviolenta, il 12
febbraio del 1991, alla stazione di Pescantina (Vr), contro il passaggio di
un treno militare che trasportava carri armati destinati alla prima guerra
in Iraq. In primo grado (gennaio 1997) gli imputati furono assolti "perche'
il fatto non sussiste", ma il Pubblico Ministero fece ricorso. Dopo 14 anni
dal fatti si arriva ora al processo di appello. Tra gli imputati vi sono Mao
Valpiana (direttore di "Azione nonviolenta"), Mauro Tosi (consigliere
regionale), Vincenzo Rocca (del Movimento Nonviolento), Vincenzo Benciolini
(rete Lilliput di Verona), Massimo Corradi di Vicenza ed altri. Il collegio
di difesa e' costituito dagli avvocati Sandro e Nicola Canestrini
(Rovereto), Maurizio Corticelli (Verona), Giuseppe Ramadori (Roma), Nicola
Chirco (Bologna). Un appello di solidarieta' con gli imputati e' stato
firmato da migliaia di persone in tutta Italia. Per informazioni dettagliate
contattare il Movimento Nonviolento: tel. 0458009803, fax: 0458009212,
e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org; per interviste
e dichiarazioni e' possibile contattare personalmente Mao Valpiana,
direttore di "Azione nonviolenta", cell. 3482863190]

Carissimo Mao e carissimi tutti che sarete in corte d'appello a Venezia il
24 febbraio,
nell'impossibilita' di essere fisicamente presente, vorrei comunque
testimoniarvi con questa lettera la mia solidarieta' e la mia ammirazione
per la vostra azione nonviolenta del 1991.
Avendo avuto la ventura di essere una delle persone che per aver espresso in
forme rigorosamente nonviolente la propria opposizione alla guerra ed aver
cercato di promuovere una piu' vasta opposizione nonviolenta alla guerra,
ebbi l'onore di essere anch'io processato nel '91, come poi anche nel '99
(con esito fortunatamente entrambe le volte a me favorevole), sento una
ancora piu' intensa empatia col vostro agire.
Nel 2003 nel nostro notiziario quotidiano "La nonviolenza e' in cammino"
pubblicammo tra altri analoghi i due testi che trascrivo in calce a questa
lettera, e che mi sembra esprimano adeguatamente cio' che penso, credo,
sento.
Grazie di quanto avete fatto, e un forte abbraccio dal vostro
*
Allegato 1. Da "La nonviolenza e' in cammino" n. 516 del 23 febbraio 2003
Un'istigazione a non delinquere
Del dovere morale e civile di fermare i treni che recano armi per la guerra
che si va preparando.
Un'istigazione a non delinquere: ovvero a rispettare la Costituzione, a
salvare vite umane, a fermare la macchina bellica con l'azione diretta
nonviolenta.
E' la Costituzione della Repubblica Italiana che dice ai cittadini italiani:
"ripudia la guerra".
E' uno dei suoi principi fondamentali; e' il valore supremo che afferma
nell'ambito delle relazioni internazionali: "ripudia la guerra".
Se ad essa Costituzione il governo, il parlamento, il capo dello Stato
fossero restati fedeli, se non avessero infranto un solenne giuramento in
forza del quale sono legittimati ad esercitare il potere loro attribuito, se
non avessero violato la legalita' nella forma piu' flagrante e gravida di
sciagurate conseguenze, gli attuali trasporti di materiale bellico in
territorio italiano da parte di chi una guerra illegale e criminale
scelleratamente prepara ed ha gia' reiteratamente proditoriamente
annunciato, ebbene, non avrebbero potuto aver luogo, sarebbero stati
proibiti dalle pubbliche autorita' in nome della legge.
Quei materiali bellici - se non li si fermera' - di qui a poco saranno
utilizzati per commettere crimini di guerra e crimini contro l'umanita'.
Il loro uso - se non lo si impedira' - provochera' la morte di innumerevoli
innocenti.
Il loro transito nel nostro territorio rende l'Italia favoreggiatrice degli
stragisti.
Permettere che giungano a destinazione vuol dire rendersi complici della
guerra onnicida, vuol dire violare il comando supremo della nostra
Costituzione: "ripudia la guerra".
E dunque e' giusto e necessario bloccare con l'azione diretta nonviolenta i
treni che recano gli strumenti della morte, le armi delle stragi annunciate.
E dunque e' un atto di fedelta', di rispetto e di inveramento della legge
fondamentale del nostro ordinamento giuridico impedire che le armi
efficienti alla guerra illegale e criminale possano giungere a destinazione,
possano essere usate, possano colpire i loro viventi umani bersagli.
Su quei binari a fermare quei treni che trasportano armi ci dovrebbe essere
il capo dello Stato della Costituzione supremo garante, ci dovrebbe essere
ogni pubblico ufficiale che alla Costituzione ha giurato fedelta'.
Se loro non ci sono, cio' va a loro infamia.
Ci sono invece dei cittadini italiani che con questa azione diretta
nonviolenta si stanno impegnando per salvare delle vite umane, stanno
difendendo la dignita' del nostro popolo e la legge fondamentale del nostro
paese, stanno obbedendo alla Costituzione, stanno adempiendo a un dovere di
legalita' e di umanita'.
Si renda loro onore e li si aiuti.
Con queste righe, non potendo oggi essere li' fisicamente, vogliamo
dichiarare la nostra persuasa condivisione dell'azione diretta nonviolenta
per fermare i carichi di armi destinati alla guerra illegale e criminale. E
vogliamo dichiarare che intendiamo condividere le conseguenze che per aver
realizzato una rigorosa e doverosa azione diretta nonviolenta ai
protagonisti di essa, in quanto si atterranno scrupolosamente ai principi
della nonviolenza, deriveranno.
E vogliamo invitare ancora una volta tutti a sostenere ogni azione diretta
nonviolenta che nel rigoroso rispetto della incolumita' e della dignita' di
ogni essere umano si opponga concretamente, limpidamente e
intransigentemente alla macchina bellica, e con cio' sia di adempimento al
dovere di salvare delle vite umane in pericolo, sia di adempimento al dovere
sancito dalla Costituzione della Repubblica Italiana: "ripudia la guerra".
*
Allegato 2. Da "La nonviolenza e' in cammino" n. 517 del 24 febbraio 2003
Blues del treno della morte
[Raccontava nella presentazione parlata l'anonimo autore di questo blues che
aveva cominciato il suo impegno politico quando aveva quattordici anni,
bloccando treni occupando binari in nome della dignita' di ogni essere
umano; e aggiungeva che da allora non aveva piu' smesso di lottare, e sempre
piu' si era accostato alla nonviolenza all'ascolto di Mohandas Gandhi, di
Martin Luther King, del movimento delle donne; e affermava di pensare che se
in Europa nella prima meta' del Novecento tanta piu' gente si fosse messa
sui binari, tante stragi e tanti orrori sarebbero stati evitati; poi
tossiva, si schiariva la voce, cominciava a maltrattare la chitarra, e
diceva, accennando una subito soffocata intonazione, all'incirca le parole
seguenti (la traduzione, frettolosa, e' del nostro collaboratore Benito
D'Ippolito - che e' anche l'estensore di questa breve nota di
presentazione)]

E tu fermalo il treno della morte
col tuo corpo disarmato sui binari
con la voce che si oppone all'urlo roco
delle bombe, delle fruste al vile schiocco.

E tu fermalo il treno della morte
sono pochi gli oppressori, innumerevoli
le vittime, non possono arrestarci
se tutti insieme ce li riprendiamo i diritti, la terra, la vita.

E tu fermalo il treno della morte
con la tua persona fragile sconfiggi
gli apparati e gli strumenti della guerra
e salva il mondo con la tua persona fragile.

E tu fermalo il treno della morte
perche' tu, cosi' indifeso, puoi fermarlo
col tuo corpo, la tua voce, la speranza
che sa unire tante braccia, e sa fermarlo

maledetto il treno nero della morte.

E tu fermalo e cosi' ferma la guerra.

4. MAESTRE. MARTA GALLI: BERTHA VON SUTTNER
[Dal sito www.cronologia.it riprendiamo - per estratti - il seguente testo
del 2003 di Marta Galli su Bertha von Suttner.
Marta Galli nel 2003 era nella classe quinta H dell'Istituto statale per il
turismo "Artemisia Gentileschi" di Milano.
Bertha von Suttner, 1843-1914, scrittrice, straordinaria militante
pacifista, premio Nobel per la pace nel 1905. Opere di Bertha von Suttner:
Giu' le armi, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1989; Abbasso le armi! Storia di
una vita, Centro stampa Cavallermaggiore (Torino) 1996. Opere su Bertha von
Suttner: Nicola Sinopoli, Una donna per la pace, Fratelli Palombi, Roma
1986]

La baronessa Bertha Sophia Felicita Kinsky von Suttner, premio Nobel per la
pace nel 1905, ebbe frequenti contatti con Alfred Nobel, ma allo stesso
tempo prese le distanze dalle sue teorie secondo le quali la pace doveva
essere "armata". La pace armata di Nobel implicava un potenziale di
distruzione bellica che, se portava all'eliminazione degli eserciti, metteva
pero' in pericolo tutta l'umanita' e comportava uno spreco di risorse e di
energie che si potevano utilizzare altrimenti. La soluzione di Bertha
consisteva invece nel disarmo totale di tutte le nazioni e nell'istituzione
di una corte d'arbitrato che risolvesse i conflitti internazionali facendo
ricorso al diritto e non alla violenza.
*
Una cronologia essenziale
9 giugno 1843: nasce a Praga, figlia di un anziano feldmaresciallo
asburgico, conte Franz Joseph, che aveva combattuto a Custoza alle
dipendenze del maresciallo Radetsky, e della giovane Sophia Wilhelmine von
Koerner, una poetessa. Rimasta orfana di padre molto presto, e' la madre che
si dedica alla sua educazione dandole due istitutrici che le insegnano le
lingue, la filosofia, la storia e la musica: "nelle ore libere divoravo i
grossi e piccoli volumi di storia che trovavo nella biblioteca di mio
padre", fa dire a Marta, la protagonista di Abbasso le armi!. L'educazione
che riceve e' molto rigida, secondo i canoni dell'aristocrazia asburgica del
tempo: e' quindi il prodotto di questa societa' fondata su tradizioni
militariste che ella inizialmente accetta, ma che poi contrasta duramente.
Gode di un'attiva vita sociale e, in compagnia della madre, intraprende
diversi viaggi in Italia e in Inghilterra.
1863: al Congresso Internazionale di Ginevra, Henry Dunant presenta i
rapporti sugli orrori della guerra di Crimea e quella del 1859 in Italia.
Tali rapporti, letti da Bertha, saranno gli ispiratori del romanzo Abbasso
le armi!. E' in questa occasione che Henry Dunant (premio Nobel per la pace
nel 1901) lancia un appello per formare, gia' in tempo di pace, societa'
volontarie per l'assistenza ai feriti sui campi di battaglia, la futura
Croce Rossa, che nascera' l'anno seguente.
1873: si stabilisce a Vienna divenendo, anche per la difficile situazione
economica, insegnante e tutrice delle figlie del barone von Suttner, del cui
figlio Arthur Gundaccar, di sette anni piu' giovane di lei, si innamora.
1876: Bertha lascia Vienna quando, rispondendo ad un annuncio economico, le
viene offerta una sistemazione a Parigi, in qualita' di segretaria di Alfred
Nobel. "Alfred Nobel mi fece una favorevole impressione. Nell'annuncio si
era definito vecchio e me lo ero immaginato coi capelli grigi, pieno di tic
e dolori. Non era affatto cosi'. Aveva appena 43 anni, era piuttosto piccolo
e con la barba nera, i suoi lineamenti non erano ne' belli ne' brutti, la
sua espressione era illuminata dagli occhi azzurri che esprimevano bonta'.
Il tono della voce era ora malinconico, ora ironico. Venne a trovarmi in
albergo, dove alloggiavo, e, grazie alle lettere che ci eravamo scambiati,
non ci sentivamo affatto estranei. La nostra conversazione divenne presto
animata e interessante". Poco dopo ritorna a Vienna per sposare segretamente
il giovane barone e a causa della disapprovazione della famiglia Suttner, la
coppia si stabilisce nel Caucaso, inizialmente ospite della principessa
Mingrehen. Qui per nove anni i due si mantengono, anche se precariamente:
Arthur esercita la professione di ingegnere o da' lezioni di disegno, Bertha
di letteratura e musica; entrambi cominciano a scrivere opere di notevole
successo.
1880: Hodgson Pratt fonda a Londra l'International Arbitration and Peace
Association, impegnata nel raggiungimento della pace attraverso il disarmo.
1883: La baronessa scrive il suo primo romanzo "Inventario di un'anima"
ispirato al sogno di Nobel, ovvero di poter elaborare mezzi bellici sempre
piu' terrificanti che vanificassero qualunque strategia e modo tradizionale
di condurre la guerra. Nobel stesso affermo': "il giorno in cui due armate
si potranno distruggere reciprocamente nell'arco di un secondo, tutte le
nazioni civilizzate non potranno che arretrare inorridite e procedere a
smantellare gli eserciti".
1885: la coppia rientra in Austria, dove Bertha scrive la maggior parte dei
suoi libri, molti dei quali di novelle. La vita della baronessa, orientata
fino a quel momento alla letteratura, subisce una svolta venendo a
conoscenza dell'associazione di Pratt.
1886-'87: durante la stagione invernale torna a Parigi e rincontra Alfred
Nobel, informandolo sui suoi piani per la pace.
1889: Bertha scrive il suo secondo romanzo, Das Maschinenzeiltalter, "La
macchina del tempo", dove viene ampiamente motivata la sua critica verso una
societa' troppo mirata al nazionalismo ed all'armamento.
Pubblica l'opera che le fa guadagnare notorieta' internazionale: Abbasso le
armi! (Die Waffer nieder!), una storia d'amore cui si intreccia la tragedia
della guerra. Marta, la protagonista, e' costretta a soffrire tutti gli
orrori della guerra: "Dovevo dunque soffrire, nella convinzione che le
grandi imprese, di cui la mia anima era assetata, mi sarebbero rimaste per
sempre vietate, che lo scopo della mia vita, in conclusione, era fallito".
La tesi che emerge dal romanzo, la necessita' della pace, si diffonde in
tutti i ceti sociali grazie anche alle numerose traduzioni in quasi tutte le
lingue e alle diverse edizioni del libro.
Da questo momento, Bertha diviene un'attivista di successo nel campo della
pace, alla quale dedica tempo ed energie, partecipando a congressi
internazionali come promotrice di progetti pacifisti.
1891: la baronessa avvia l'Austrian Peace Society che presiede per un lungo
periodo e per la quale organizza il suo primo congresso internazionale per
la pace. A testimonianza del suo impegno, si noti, leggendo i commenti sui
giornali della societa' maschile dell'epoca, come la presenza di una donna
attivista destasse stupore: "Nel novembre del 1891, in una sala del
Campidoglio, inaugurandosi a Roma il Congresso della pace, dopo un discorso
di Ruggero Bonghi, dopo il saluto del sindaco, una donna, di nobile e severo
aspetto, elegante nel vestire, chiese la parola per spiegare in nome di
quali principi ella si presentava. Tutti gli sguardi conversero su di lei; e
per la sala corse, bisbigliato, un nome gia' celebre: baronessa Bertha de
Suttner, l'autrice di Abbasso le armi!. Ella parlo' in francese, con
l'efficacia della convinzione, in uno stile vivo, colorito, in favore
dell'ideale della sua vita, la fratellanza tra i popoli, la guerra alla
guerra, l'arbitrato internazionale. Prese parte a tutte le sedute del
Congresso, vi fu eletta vice-presidente, vi parlp' spesso e cerco' di
mettere l'accordo fra le varie tendenze".
1892: insieme al giornalista Alfred Fried, anch'egli vincitore del Premio
Nobel per la pace nel 1911, avvia una collaborazione per il giornale "Die
waffen Nieder", fino al 1899, quando viene sostituito da "Friedenswarte", la
rivista pacifista che si pubblica a Berlino e di cui Bertha cura la parte
del commento politico. Continua i contatti con Nobel, che lei stessa informa
sugli sviluppi del movimento pacifista convincendolo della sua crescente
efficacia.
1895: Alfred Nobel stende il suo testamento, nel quale ricorda in
particolare Bertha von Suttner, che lui designa come
"Friedensfreitstragerin", ovvero come colei alla quale spetta, per impegno e
volonta', il premio per la pace... Fu per ispirazione di Bertha, che Nobel
inseri' una clausola che riservava un premio ai propagandisti della pace.
10 dicembre 1896: muore Alfred Nobel.
1899: prima manifestazione pacifista internazionale delle donne all'Aja.
Bertha appoggia l'iniziativa della tedesca Margarethe Selenka, che afferma
che la questione femminile e il problema della pace coincidono "ambedue
nella loro interna natura costituiscono una battaglia a favore della forza
del diritto contro i diritti della forza". Bertha von Suttner lavora
affiancata dal marito nell'intento di guadagnare consensi per la
partecipazione alla Hague Peace Conference, organizzando incontri ed
inviando articoli e materiali a diverse testate giornalistiche.
1902: dopo la morte del marito, Bertha rimane ugualmente determinata a
proseguire il lavoro che avevano svolto insieme. Intraprende numerosi viaggi
per missioni di pace, continuando nel frattempo a scrivere, per diffondere
il suo ideale.
1905: le viene conferito l'ambito premio Nobel per la pace.
Negli anni seguenti si impegna per ristabilire la pace sul fronte
franco-tedesco; denuncia i possibili danni della militarizzazione della Cina
e dell'aviazione utilizzata come strumento militare.
1908: partecipa ad un congresso sulla pace tenutosi a Londra dove dichiara
come sia necessaria l'unione dell'Europa per prevenire la catastrofe
mondiale che sembra essere vicina ed imminente.
1911-1912: guerra di Libia. Su riviste e giornali, Bertha esprime giudizi
durissimi sull'Italia: condanna la guerra, ma dimostra simpatia per il
popolo italiano, non colpevole di questa avventura.
1912-1913: si reca negli Stati Uniti dove tiene conferenze per divulgare le
idee del movimento pacifista.
Agosto 1913: gia' affetta da cancro, la baronessa e' onorata del titolo di
"generalissimo" del movimento pacifista.
Maggio 1914: con le ultime energie, organizza un convegno previsto per il
successivo settembre a Vienna.
21 giugno 1914: la sua malattia non le lascia pero' tregua fino alla morte,
evitandole comunque di vedere vanificati tutti i suoi sforzi: pochi giorni
dopo infatti scoppiera' la guerra mondiale. Le ultime parole che la
baronessa pronuncia in punto di morte, raccolte dalla cognata, sono ancora
un grido: "Giu' le armi! ditelo a tutti". La baronessa ha lasciato molte
lettere preziose inviatele da sovrani e illustri personalita' di ogni
nazione.
Gennaio 2002: l'euro, la nuova moneta, inizia a circolare in Europa.
L'Austria ha scelto di riprodurre sulla moneta da 2 euro il ritratto di
Bertha von Suttner, in ricordo degli sforzi compiuti per decenni
dall'Austria in favore della pace. Anche questo, come gli altri simboli sono
stati scelti da un gruppo nazionale di esperti attraverso un sondaggio
pubblico. L'autore e' l'artista Joseph Kaiser.
*
Una sitografia essenziale
- La pagina web www.nobel.se/peace in lingua inglese riporta una biografia
di Bertha von Suttner, il discorso tenuto al conferimento del Premio Nobel,
il 18 aprile 1906, e discorsi tenuti da alcuni membri della commissione per
l'assegnazione del Premio Nobel per la Pace.
- la pagina web www.dfg-vk.de/stiftung/suttner01.htm riporta una sintetica
biografia di Bertha von Suttner in lingua tedesca.
- La pagina web www.phil-fak.uni-duesseldorf.de/frauenarchiv/europa/suttner/
riporta, sempre in lingua tedesca, una approfondita biografia di Bertha von
Suttner, documentata con immagini e con alcuni frammenti dei suoi scritti.

5. MAESTRI. LEV TOLSTOJ: LA NOSTRA CONCEZIONE DELLA VITA
[Da "Quaderni Satygraha" n. 2, 2002, pp. 14-20, riprendiamo il seguente
testo tolstoiano; ringraziamo Rocco Altieri, Giovanni Mandorino, e con essi
l'intera redazione per avercelo messo a disposizione. Il testo e' tradotto
per la prima volta dal russo a cura di Vladislav Lebedev, dell'associazione
"Amici di Tolstoj". Esso e' accompagnato dalle seguenti informazioni sulla
sua origine, le sue vicende editoriali, alcuni riferimenti che esso medesimo
propone: "In una lettera del 27 febbraio 1907 N. G. Sutkovoj aveva mandato a
Tolstoj un particolare appello che aveva l'obiettivo di 'esporre,
possibilmente in breve, i principali fondamenti della nostra concezione di
vita e diffondere questo foglio il piu' largamente possibile tra il popolo'.
Sutkovoj chiedeva a Tolstoj di indicargli i difetti di tale appello oppure
esporne lui stesso i principi. Tolstoj l'11 marzo 1907 comunico' a Sutkovoj
di non volere cambiare l'appello, in seguito pero' aggiunse di volerlo
riguardare meglio. Il 24 marzo 1907 Tolstoj si accinse a lavorare
sull'articolo, partendo dall'appello di Sutkovoj e dal manifesto di
Garrison. Il 2 giugno mando' il testo, che noi abbiamo, a Certkov per
stamparlo. Fu pubblicato la prima volta nella rivista tolstoiana bulgara:
"Vyzraidane" nel 1907 e poi in appendice nel'opuscolo di Voinov
(Lunatcharkij) dal titolo: La morte di Tolstoj e la societa' russa,
pubblicato a Losanna nel 1911 a cura del comitato internazionale di aiuto ai
disoccupati. In Russia fu stampato per la prima volta nel 1916 nella rivista
"Golos Tolstogo" (La voce di Tolstoj) e poi nel volume 37 della edizione
delle opere complete, detta "del Giubileo". Il testo e' pertanto formato da
una prima breve dichiarazione, che e' una sintesi di quella di Garrison, una
seconda dichiarazione rimaneggiata da Tolstoj, infine un lungo commento
strettamente tolstoiano. William Lloyd Garrison (1805-1879) - alla cui
figura, pensiero ed azione nel testo si fa ampio e consonante riferimento -
e' stata la voce piu' importante del movimento americano per l'abolizione
della schiavitu'. Garrison, sostenitore della scelta nonviolenta, teorizzo'
e sviluppo' una strategia di non-resistenza attraverso un'attiva
non-collaborazione con le leggi ingiuste e le autorita' illegittime che
sostenevano il regime di segregazione razziale". Lev Tolstoj, nato nel 1828
e scomparso nel 1910, non solo grandissimo scrittore, ma anche educatore e
riformatore religioso e sociale, propugnatore della nonviolenza. Opere di
Lev Tolstoj: tralasciando qui le opere letterarie (ma cfr. almeno Tutti i
romanzi, Sansoni, Firenze 1967; e alcuni dei piu' grandi racconti, come La
morte di Ivan Il'ic, e Padre Sergio), della gigantesca pubblicistica
tolstojana segnaliamo particolarmente almeno Quale scuola, Emme, Milano
1975, Mondadori, Milano 1978; La confessione, SE, Milano 1995; Perche' la
gente si droga? e altri saggio su societa', politica, religione, Mondadori,
Milano 1988; Il regno di Dio e' in voi, Bocca, Roma 1894, poi
Publiprint-Manca, Trento-Genova 1988; La legge della violenza e la legge
dell'amore, Edizioni del Movimento Nonviolento, Verona 1998; La vera vita,
Manca, Genova 1991; l'antologia Tolstoj verde, Manca, Genova 1990. Opere su
Lev Tolstoj: dal nostro punto di vista segnaliamo particolarmente Pier
Cesare Bori, Gianni Sofri, Gandhi e Tolstoj, Il Mulino, Bologna 1985; Pier
Cesare Bori, Tolstoj, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole
(Fi) 1991; Pier Cesare Bori, L'altro Tolstoj, Il Mulino, Bologna 1995; Amici
di Tolstoi (a cura di), Tolstoi il profeta, Il segno dei Gabrielli, S.
Pietro in Cariano (Vr) 2000. Per abbonarsi ai "Quaderni Satyagraha" (per
contatti: tel. 050542573, e-mail: roccoaltieri at interfree.it, sito:
pdpace.interfree.it): abbonamento annuale 30 euro da versare sul ccp
19254531, intestato a Centro Gandhi, via S. Cecilia 30, 56127 Pisa,
specificando nella causale "Abbonamento Satyagraha"]

Poiche' condividiamo in linea generale lo stesso modo di concepire la vita,
il quale non coincide con nessuna delle piu' diffuse dottrine religiose o
laiche, e considerando i frequenti appelli e le pressanti richieste che ci
pervengono e che non riusciamo a soddisfare, riteniamo opportuno, per
evitare fraintendimenti, esporre, per quanto possibile in maniera chiara e
succinta, la nostra concezione di vita e il nostro conseguente atteggiamento
verso le attuali strutture della societa'.
Nel 1838 in America e' stata resa nota una dichiarazione di William Lloyd
Garrison, nella quale lui e i suoi discepoli hanno espresso la loro
professione di fede.
L'essenza di questa professione di fede e' riconducibile ai seguenti punti.
Viene riconosciuto un solo re e legislatore, che e' Dio, e di conseguenza si
nega qualsivoglia governo umano. Garrison riconosce tutto il mondo come
patria e tutti gli uomini come compatrioti. I popoli non devono difendersi
dai nemici esterni, ne' aggredirli. Nei loro rapporti personali gli
individui non devono aggredire gli altri, ne' difendersi con la forza,
perche' cio' e' male. La dottrina ecclesiastica sulla origine divina di
tutti gli stati ed autorita' esistenti e' tanto assurda quanto sacrilega.
Queste autorita' non hanno mai agito nello spirito della dottrina e
dell'esempio di Cristo e percio' non possono esser stabilite da Dio, ma
devono essere abolite; non con la forza pero', ma attraverso la rinascita
spirituale degli essere umani.
Se le guerre, sia offensive che difensive, sono da considerarsi non
cristiane e illegittime, allora anche tutti i preparativi di guerra, gli
eserciti permanenti, lo stato maggiore militare, il servizio militare
obbligatorio, le appropriazioni per mezzo della forza militare, sono non
cristiani e illegittimi.
Illegittimo e non cristiano e' ogni tribunale, sia civile, che e' fondato su
costrizioni forzate, che penale, fondato sulla legge del Vecchio Testamento:
occhio per occhio, dente per dente. Tale tipo di tribunale e' stato abolito
da Cristo che predica il perdono dei nemici al posto della vendetta, in
tutte le circostanze senza eccezioni.
Come conseguenza a tutto cio', Garrison e i suoi seguaci rifiutano di
occupare posti negli uffici governativi e di eleggere qualcuno a questi
uffici e in genere di servire il governo sotto qualsiasi forma.
La storia dell'umanita' e' ricolma di prove che il male puo' esser distrutto
solo per mezzo del bene, da cio' si desume la veridicita' della dottrina di
Cristo fondamentale sulla non resistenza al male con la violenza. Pertanto
Garrison nega le dottrine rivoluzionarie che predicano la violenza e la
lotta violenta contro i governi esistenti, la quale e' contraria ai precetti
evangelici.
*
Dall'epoca in cui tale dichiarazione fu resa manifesta, sono passati
settanta anni, noi ora nel 1907 condividiamo in tutto e per tutto i
fondamenti teorici in essa espressi, possiamo aggiungervi solo cio' che
segue.
Riteniamo che il fondamento della nostra vita non si trovi nel nostro corpo,
soggetto alle sofferenze, e alla morte, sempre incombente ed inevitabile, ma
in quel principio spirituale che dette e da' la vita all'uomo. Pertanto lo
scopo e il bene della nostra vita lo individuiamo nella consapevolezza
sempre maggiore e nella manifestazione sempre maggiore di tale principio
spirituale.
E poiche' questo principio spirituale, al contrario della corporeita' che e'
diversa in ogni persona, e' lo stesso in tutti gli esseri viventi, cosi' la
coscienza di questo principio ci unisce a tutto cio' che vive e si manifesta
nella nostra vita come amore.
E percio' amare il prossimo come se stessi e la regola che ne deriva -
agisci verso gli altri come vuoi che gli altri agiscano verso di te - noi lo
riconosciamo come legge spirituale della nostra vita.
Sapendo dunque per esperienza che ogni limitazione forzata della altrui
liberta' operata dalla violenza, provoca sofferenza nella gente e sentimenti
non buoni contrari all'amore, riteniamo ogni forma di violenza contro le
persone, operata sia da singoli, sia da quei gruppi che si chiamano governi,
contraria alla legge principale della nostra vita.
Pertanto riconoscendo come unica forza che puo' frenare la gente e indurla
alla vita pacifica, la legge dell'amore, i cui fondamenti si trovano
nell'animo di ogni uomo, noi:
I. non riconosciamo a nessun uomo ne' a nessun gruppo il diritto di
sottrarre con la violenza o la minaccia i beni di una persona per darli ad
altri (tasse);
II. non riconosciamo ne' a noi stessi ne' ad altri il diritto di difendere
con la violenza il possesso esclusivo di alcuna porzione di terra, che
costituisce patrimonio comune di tutti gli uomini;
III. non riconosciamo ad alcun uomo - anche se col nome di monarca o governo
costituzionale o repubblicano - il diritto di radunare, armare e addestrare
gente per uccidere, di aggredire altri e dopo aver dichiarato guerra a gente
di altre etnie, depredarla ed ucciderla;
IV. non riconosciamo ne' a noi stessi ne' ad altre persone - sotto forma di
chiese o enti educatori, scolastici, divulgativi, mantenuti con i fondi
raccolti con la violenza - il diritto di dirigere le coscienze e
l'istruzione di altri;
V. poiche' non riconosciamo ne' ad alcun uomo, ne' ad alcun governo, il
diritto di dirigere gli altri con la forza, non riconosciamo neanche alle
persone che non fanno parte del governo, il diritto di usare la violenza per
distruggere i governi esistenti e stabilire un nuovo governo. Noi non
riconosciamo questi diritti ad alcuno, perche' ogni violenza per sua stessa
natura e' contraria alla legge fondamentale della vita che noi professiamo,
cioe' all'amore. Con la vittoria di una violenza sull'altra infatti la
violenza che risulta vincitrice, alla stessa maniera della violenza
precedente, provoca l'insorgere di nuove violenze contro di lei e cosi'
senza fine. Poiche' non riconosciamo tali diritti a nessuno, di conseguenza
noi riteniamo anche tutte le attivita' fondate su tali presunti diritti come
dannose e irragionevoli e percio' noi non soltanto non possiamo partecipare
a tali attivita' o servircene, ma sempre con tutte le forze lotteremo contro
di esse cercando di distruggerne le basi;
VI. distruggere o eliminare alla base tutte queste attivita' false e dannose
noi lo riteniamo possibile soltanto con un mezzo: render manifesta in noi,
con la nostra vita, quella suprema legge dell'amore, che riconosciamo come
l'unica, vera ed indubitabile guida della vita umana;
VII. di conseguenza tutti i nostri sforzi, tutta la nostra attivita' avra'
un solo obiettivo: render manifesta con la nostra vita quella legge
dell'amore che in maniera piu' efficace di qualsiasi altro mezzo distrugge
il male dell'odierna organizzazione dell'esistenza umana e accelera la
instaurazione di quella vera fratellanza fra la gente che l'umanita'
sofferente oggi attende cosi' ansiosamente.
Crediamo che questo regno sia vicino, "alle porte".
*
I pensieri espressi in questa dichiarazione, cosi' come in quella di
Garrison, non sono nuovi, tutto questo e' stato detto molte e molte volte da
tanti uomini saggi: dai bramini, dai buddisti, dai cinesi - e in particolare
da uno dei suoi sapienti Miti che predicava l'amore al posto della
violenza -, da Socrate, dagli Stoici, e soprattutto nel modo piu' chiaro e
definitivo da Cristo (non nella dottrina paolina che e' pseudo-cristiana o
in quella ecclesiastica che distorce il vero cristianesimo, ma nella
dottrina cristiana autentica, cioe' nel Sermone della montagna). Verita'
simili vennero espresse e predicate dagli ebioniti, dagli esseni, dai
catari, dagli albigesi, dai fratelli moravi, dai quaccheri, dai nazareni,
dai babisti persiani, dai duchobory e da centinaia e migliaia di persone che
confessavano e confessavano queste stesse verita'.
Finora, pero', tutte queste verita' chiare, semplici, inconfutabili, che
danno con certezza alla gente un vero bene al posto delle sofferenze, non
hanno cambiato l'organizzazione delle societa' umane, e cosi' la vita della
maggioranza della gente continua a seguire gli stessi percorsi di sempre.
*
La dottrina di tutte queste persone sagge porta a quella verita' che
distruggerebbe il male di cui la gente atrocemente soffre: basta smettere di
commetterlo.
Che cosa c'e' di piu' semplice, piu' comprensibile, piu' convincente di
questo?
Sembrerebbe che, per capirlo e metterlo in pratica, fosse necessario tanto
poco sforzo come per respirare. Sembrerebbe che, se mai, lo sforzo
occorresse per astenersene. Tanto piu' che questa semplice verita' fu
proclamata per centinaia, migliaia di anni da persone riconosciute
universalmente come i piu' grandi saggi della terra; tuttavia l'umanita' non
ha compreso ne' accettato questa verita', e continua a vivere cosi' come se
le fosse completamente ignota.
Qual'e' la causa di cio'?
Perche' mai un adolescente intelligente, buono e bravo ode le parole della
umana saggezza che lo esortano al lavoro, alla continenza, alla purezza,
alla bonta', le ode, ma non ferma su di esse la propria attenzione neppure
un istante e non le applica nella sua vita? Un adolescente, innanzitutto, e'
occupato dalle sue passioni animalesche o semianimalesche che lo irretiscono
con tutta la forza della novita' ed a cui danno esca e sostegno i
suggerimenti e gli esempi della maggioranza della gente che lo circonda.
Inoltre, se lui si mette a riflettere appena un minuto sulla giustezza della
strada intrapresa, subito gli vengono proposte non quelle verita' antiche ed
eterne che condannerebbero la sua vita presente, ma teorie le quali lo
rassicurano che lui, continuando a vivere cosi' come vive in maniera oziosa
e incontinente, fornicatore, aggressivo, pieno di concupiscenze, vive
proprio come una persona ragionevole. E l'adolescente, facendo sua qualcuna
di queste teorie, politica, economica, scientifica o pseudo-religiosa e
aggrappandosi ad essa come ad un'ancora di salvezza, vive e diventa uomo e
si rafforza sempre piu' nel suo modo di vivere. Il modo di vivere rafforza
la teoria e la teoria rafforza il modo di vivere. E piu' lui vive cosi',
piu' si complicano e ingarbugliano le sue condizioni di vita, e sempre piu'
difficile diventa per lui - anche se lo volesse - tornare a quelle verita'
semplici, necessarie e vitali che egli aveva udito nella sua adolescenza,
senza prestarvi ascolto. Ed egli vive cosi', finche' le sofferenze
inevitabilmente legate a tale modo di vivere, non lo portino inevitabilmente
a quella semplicissima, vecchia verita', che lui conosceva all'inizio, e
cioe' che affinche' la vita sia bella, c'e' soltanto un mezzo: bisogna
vivere bene. Allora quell'uomo, se non si e' perduto irrimediabilmente,
comincia a cambiare la sua vita e compie in maniera parziale, e alla fine
della sua vita, quello che avrebbe potuto fare piu' facilmente e
completamente fin dall'inizio.
Questa e' la via di accostamento alla verita' di ciascuna persona. La via
sembra bizzarra. Sembrerebbe piu' semplice non fare tutti quegli errori
senza scopo e accettare subito quelle verita'. Ma sembra soltanto. Quegli
errori sono necessari, perche' una verita' recepita solo a livello mentale
puo' divenire guida delle proprie azioni solo per un esiguo numero di
persone. Per la maggioranza, la verita' solo allora diviene una verita',
quando e' confermata dalla propria dolorosa esperienza. Soltanto allora la
verita' e' la verita', per la maggior parte delle persone quando e' chiaro
che abbandonarla porta alla sofferenza, quando cioe' verita' e benessere
coincidono.
Tale e' la caratteristica della maggior parte delle persone, tale dunque e'
la situazione dell'umanita' nel suo insieme.
*
Tutta l'umanita' vive secondo la sua natura sin dall'inizio (da quell'inizio
che ci e' visibile) con quei suoi impulsi animaleschi o semianimaleschi. E
allo stesso modo, come presso ciascuna singola persona, la forza di questi
impulsi e' potenziata dalla loro novita'. E alla stessa maniera di ciascuno,
le rare voci dei saggi che mostrano il vero senso della vita, non vengono
ascoltate dalla maggioranza degli uomini, attratta dalla novita' e dalle
suggestioni. Alla stessa maniera, appaiono teorie sostitutive, false (per lo
piu' le dottrine dei saggi travisate). E tutte queste false dottrine,
favorendo le basse passioni, sempre piu' allontanano la gente dalla verita'.
E come per la singola persona la difficolta' di cambiare vita aumenta per le
situazioni create dal passato vissuto in maniera errata e a cui la persona
e' legata, alla stessa maniera anche per l'umanita' nel suo insieme che ha
abbandonato la verita', la difficolta' di cambiare aumenta a causa di cio'
che e' stato compiuto sulla via dell'errore per la quale da secoli cammina.
In cio' sta anche la causa di quel fatto strano per cui la gente, pur
conoscendo la verita' semplice e chiara che la salverebbe, vive cosi' come
se questa verita' non fosse stata mai da nessuno conosciuta. La causa di
cio' risiede anche in quelle false teorie che travisano sia la religione che
la scienza e in quelle opere che l'umanita' ha compiuto durante la sua vita
sbagliata.
L'umanita', vivendo una vita sbagliata sulla base di false teorie, ha
prodotto talmente tante cose false ed inutili, sia nel campo materiale che
in quello spirituale, che essa ora non puo' piu' decidersi a seguire quelle
verita' semplici, chiare e ben comprensibili, le quali renderebbero inutili
quasi tutto quello che lei ha fatto con tanta fatica, dedizione e fervore.
Tutti questi voli di aerei, i grattacieli, le corazzate, i parlamenti, tutto
cio' che viene chiamato scienza ed arte, tutte quelle scoperte scientifiche
che non servono a niente e a nessuno, tutte le complicate raffinatezze della
vita, tutto cio' sembra talmente importante che rinunciarvi, o solo
rischiare di perderne una parte, sembra alle persone del nostro tempo una
cosa impossibile o un rischio folle.
*
Le persone, camminando, si sono avvicinate al fiume.
Le piu' sagge di loro sanno che il loro percorso passa per il fiume, che la
casa e' sull'altra riva e bisogna attraversare il fiume.
La' dove le persone si sono accostate al fiume, il fiume non e' ne' largo
ne' profondo, e occorre solo un piccolo sforzo per attraversarlo, ma esse
non vogliono fare questo sforzo e per di piu' si trovano fra loro alcuni che
assicurano che si puo' evitare questo sforzo e non passare il fiume.
E la gente si mette a costeggiare la corrente, cercando un guado, ma piu' va
avanti lungo il fiume, piu' questo diviene largo e profondo. La gente
avverte confusamente che proseguendo lungo la corrente, non trovera' il
passaggio, ma non vuole sprecare il cammino gia' fatto e continua a
rassicurare se stessa che il fiume tra poco cessera' di scorrere, oppure
succedera' un miracolo, come per gli Israeliti, ed essa lo attraversera'
all'asciutto. Ma il fiume diventa sempre pia' largo e sta straripando e
sommergendo sia la riva che le persone che camminano lungo di essa.
Fin dai tempi piu' remoti le persone sagge hanno compreso quella verita':
che la societa' umana puo' fondarsi solo sull'amore e sul servizio spontaneo
e reciproco che dall'amore deriva; e, pertanto, il modo attuale di
organizzare le societa' umane attraverso la violenza e' sbagliato e il
tentativo di distruggere la violenza con la violenza e' un errore
evidentissimo, perche' si puo' distruggere la violenza solo non commettendo
violenza.
Sembrerebbe che questa verita' non possa non esser subito capita, ma le
persone non credono in cio' che sia gli uomini saggi sia il buon senso
dicono loro, ma credono a quelle persone che dalla violenza traggono
vantaggio. Credono loro perche' per astenersi dalla violenza bisogna fare
uno sforzo sebbene piccolo, mentre per subire la violenza o parteciparvi non
e' necessario alcuno sforzo.
Cosi' sono andate le cose fin dai tempi piu' remoti, cosi' sono andate nel
Medio Evo, cosi' nell'epoca moderna, cosi' anche oggi.
La gente continua ad agitarsi e a correre qua e la' su questo lato del
fiume, e spera ancora che il fiume cessi di scorrere o le acque si separino.
Ma tutto ha un limite e oggi ci si e' avvicinati a questo limite. Le
sventure, follie, stupidita' e ferocia della vita che viene condotta ora
dalla gente che tenta di distruggere il male con il male, divengono sempre
piu' evidenti, e le persone che capiscono l'inutilita' di continuare per
tale strada divengono sempre piu' numerose.
Noi pensiamo che adesso, proprio adesso nel 1907 d. C., con il caos e i
sofismi delle sue conoscenze inutili - e questo caos e' arrivato all'ultimo
grado -, con la sua disunione, la sua rabbia, le sue sofferenze, l'umanita'
verra' portata finalmente e necessariamente a capire ed accettare quella
antica verita', annunciata agli uomini tanto tempo fa, a tutti nota,
semplice, chiara: che l'uomo e' un essere dotato di una coscienza
spirituale, percio' puo' e deve fondare la propria vita non sulla forza
bruta, come un animale, ma solo su quella sua qualita' specifica che deriva
dalla coscienza spirituale: l'amore; e che l'amore soltanto puo' dare a
tutte le persone quel bene, che e' l'aspirazione fondamentale della loro
vita.

6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

7. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, sudest at iol.it,
paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 850 del 24 febbraio 2005

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