La nonviolenza e' in cammino. 833



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 833 del 7 febbraio 2005

Sommario di questo numero:
1. Luciana Castellina: Giuliana
2. Unione delle comunita' ed organizzazioni islamiche in Italia: Appello per
la liberazione di Giuliana Sgrena
3. Pubblicata la seconda edizione ampliata de "La forza della nonviolenza.
Bibliografia e profilo biografico di Danilo Dolci" di Giuseppe Barone
4. Per una bibliografia sulla Shoah (parte tredicesima)
5. Richard Pearsall: Lillian Willoughby
6. Rosangela Pesenti: Il G8 di Genova, un ricordo
7. Amina Donatella Salina: recuperare la pratica della nonviolenza
8. Per Fernaldo Di Giammatteo
9. Una lettera aperta ai vescovi, ai credenti, ai cittadini
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'

1. TESTIMONIANZE. LUCIANA CASTELLINA: GIULIANA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 5 febbraio 2005.
Luciana Castellina, militante politica, promotrice dell'esperienza del
"Manifesto", piu' volte parlamentare italiana ed europea, e' tra le figure
piu' significative dell'impegno pacifista in Europa. La gran parte degli
scritti di Luciana Castellina, testi di intervento politico e di giornalismo
militante, e' dispersa in giornali e riviste, atti di convegni, dibattiti
parlamentari; in volume segnaliamo particolarmente: Che c'e' in Amerika?,
Bertani, Verona; e il recente (a cura di), Il cammino dei movimenti, Intra
Moenia, Napoli.
Giuliana Sgrena, intellettuale e militante femminista e pacifista tra le
piu' prestigiose, e' tra le maggiori conoscitrici italiane dei paesi e delle
culture arabe e islamiche; autrice di vari testi di grande importanza (tra
cui: a cura di, La schiavitu' del velo, Manifestolibri, Roma; Kahina contro
i califfi, Datanews, Roma; Alla scuola dei taleban, Manifestolibri, Roma);
e' stata inviata del "Manifesto" a Baghdad, sotto le bombe, durante la fase
piu' ferocemente stragista della guerra tuttora in corso. A Baghdad e' stata
rapita il 4 febbraio 2005. Dal sito del quotidiano "Il manifesto"
riprendiamo, con minime modifiche, la seguente scheda: "Nata a Masera, in
provincia di Verbania, il 20 dicembre del 1948, Giuliana ha studiato a
Milano. Nei primi anni '80 lavora a 'Pace e guerra', la rivista diretta da
Michelangelo Notarianni. Al 'Manifesto' dal 1988, ha sempre lavorato nella
redazione esteri: appassionata del mondo arabo, conosce bene il Corno
d'Africa, il Medioriente e il Maghreb. Ha raccontato la guerra in
Afghanistan, e poi le tappe del conflitto in Iraq: era a Baghdad durante i
bombardamenti (per questo e' tra le giornaliste nominate 'cavaliere del
lavoro'), e ci e' tornata piu' volte dopo, cercando prima di tutto di
raccontare la vita quotidiana degli iracheni e documentando con
professionalita' le violenze causate dall'occupazione di quel paese.
Continua ad affiancare al giornalismo un impegno anche politico: e' tra le
fondatrici del movimento per la pace negli anni '80: c'era anche lei a
parlare dal palco della prima manifestazione del movimento pacifista"]

Scrivendo di Giuliana non so se la prima definizione che devo darne sia
"giornalista" o "pacifista", perche' e' ambedue le cose e forse il suo
giornalismo e' cosi' importante perche' lei gli ha dato la sua anima di
militante del movimento della pace.
Raccontando dei paesi in guerra dove e' stata ha sempre cercato infatti di
dar voce a chi non aveva ne' armi ne' potere, alla gente che sempre diventa
vittima dei "danni collaterali" della guerra: delle bombe come della fame,
della sete, di una condizione di esistenza disperante. Proprio per questo,
alle donne soprattutto. Che e' sempre andata a trovare, nei quartieri piu'
lontani, quale che fosse lo stato del conflitto.
Quando l'Iraq fu aggredito, nel marzo del 2003, e alcuni di noi dettero vita
per una decina di giorni a una trasmissione televisiva quasi corsara - No
War tv - era a Giuliana che telefonavamo per avere una testimonianza in
diretta: e lei rispondeva, mentre gia' piovevano i missili, calma come
sempre, e ci descriveva la gente di Bagdad, con la quale stava.
Ad occuparsi del mondo ha cominciato presto, Giuliana: nel Movimento
Studentesco di Milano, il piu' forte d'Italia, che poi divenne Movimento dei
lavoratori per il socialismo e quindi conflui' nel Pdup. Per "Compagne e
compagni - La Sinistra", il giornaletto dell'organizzazione, ha scritto in
particolare della Spagna post franchista, quindi di cose estere piu'
generali, fino ad entrare a far parte della redazione di una pubblicazione
piu' importante: il mensile e poi settimanale "Pace e guerra", diretto da
Claudio Napoleoni, Stefano Rodota', e dalla sottoscritta (poi anche da
Michelangelo Notarianni), un tentativo di aggregare sinistra socialista e
comunista, ortodossa e non. Per "Pace e guerra", dove animava la sezione
internazionale assieme ad un altro ex militante del Movimento studentesco
diventato piuttosto famoso, Paolo Gentiloni, Giuliana ha seguito ogni passo
del movimento pacifista italiano rinato in quegli anni nella lotta contro
l'installazione dei missili Pershing e Cruise, cosi' come degli SS20
sovietici per "Un'Europa senza missili dal Portogallo agli Urali". Era lo
slogan di allora.
Anche in quella fase, quando era alle sue prime armi di professionista,
Giuliana non ha mai separato la pratica del mestiere da quella politica: a
Comiso non si limitava a scrivere, sedeva con tutti gli altri dinanzi alla
base del Magliocco, nei cordoni umani attaccati dalla polizia coi manganelli
che cercavano di aprire il varco alle nuove armi.
Poi al "Manifesto", la maturita' professionale, l'occasione di conoscere
molto mondo, sempre quello sofferente delle guerre e delle opressioni: il
Corno d'Africa, il Maghreb, il Medio Oriente, l'Afghanistan, dove va e torna
molte volte.
*
In Iraq la sua presenza e' ininterrotta, c'era stata gia' in occasione di
Tempesta nel deserto, c'e' torntata poi con "Un ponte per...", la Ong per
cui lavorano le due Simone.
Quando esplode lo scandalo di Abu Ghraib Giuliana racconta il calvario di
Mithal, una donna detenuta per 80 giorni nel carcere delle torture.
L'intervista di Mithal termina con queste parole: "Gli Stati uniti hanno
occupato il nostro paese, abbiamo diritto di difenderci. La resistenza e'
autodifesa". La Resistenza: Giuliana e' la prima a parlarne, ma mai
attraverso le dichiarazioni di gruppi organizzati, sempre attraverso la voce
della gente, delle donne. E racconta di Falluja, di come e perche' sia
diventata un simbolo di un'opposizione capillare, istintiva, poco
organizzata. "Alcuni sostengono che questa resistenza sia opera degli ex
sostenitori di Saddam - scrive Giuliana - e che Falluja sia una roccaforte
dell'ex dittatore. I nostri interlocutori negano".
Sono proprio questi reportages che descrivono la societa' civile irachena,
che parlano di quello che solo pochi giornalisti vedono e dicono, che hanno
reso unici i servizi giornalistici di Giuliana. Tanto che "Die Zeit", il
prestigioso settimanale tedesco nella cui direzione siede Helmut Schmit, le
aveva chiesto di collaborare. Era diventata un'autrice stabile e l'ultima
telefonata l'ha avuta proprio con il capo servizi esteri di quel giornale.
"Il suo - dicono da Amburgo - e' uno sguardo essenziale sul paese".
Giuliana ha scritto molti libri. Il suo ultimo libro, Fronte Iraq, e' uscito
per le edizioni de "Il manifesto" l'anno scorso. E sta per uscire la sua
ristampa aggiornata. Aspettiamo il ritorno di Giuliana per una terza
edizione aggiornatissima.

2. APPELLI: UNIONE DELLE COMUNITA' ED ORGANIZZAZIONI ISLAMICHE IN ITALIA:
APPELLO PER LA LIBERAZIONE DI GIULIANA GRENA
[Il Consiglio direttivo dell'Unione delle comunita' ed organizzazioni
islamiche in Italia appena ha appreso del rapimento di Giuliana Sgrena in
Iraq ha diramato il seguente comunicato, che riprendiamo dal sito del
quotidiano "Il manifesto" (www.ilmanifesto.it)]

Chiediamo l'immediata liberazione di Giuliana Sgrena, la giornalista del
"Manifesto" impegnata da mesi e mesi nel difficilissimo lavoro di copertura
delle tragiche vicende irachene bloccata e portata via da uomini armati nel
quartiere di Baghdad.
Come gia' avvenne per Simona Pari e Simona Torretta siamo certi del suo
ruolo di testimone sincero degli avvenimenti e della sua assoluta
estraneita' rispetto alla guerra e all'occupazione e pertanto ne chiediamo
l'immediata e incondizionata liberazione.
Coloro i quali hanno in mano Giuliana Sgrena sappiano che la sua liberazione
e' un atto dovuto alla legge e alla consuetudine islamica, agli interessi
del popolo iracheno e alla causa dell'Islam nel mondo.

3. LIBRI. PUBBLICATA LA SECONDA EDIZIONE AMPLIATA DE "LA FORZA DELLA
NONVIOLENZA. BIBLIOGRAFIA E PROFILO BIOGRAFICO DI DANILO DOLCI" DI GIUSEPPE
BARONE
[Riceviamo e volentieri diffondiamo la seguente scheda editoriale. Vivamente
raccomandiamo la lettura di questo utilissimo libro]

Giuseppe Barone, La forza della nonviolenza. Bibliografia e profilo
biografico di Danilo Dolci, seconda edizione ampliata, Dante & Descartes,
Napoli 2004, pp. 184, 12 euro.
Per quanti volessero approfondire la conoscenza dell'opera di Danilo Dolci,
e' da poco disponibile in libreria la nuova edizione ampliata de La forza
della nonviolenza. Bibliografia e profilo biografico di Danilo Dolci di
Giuseppe Barone, pubblicato dalla casa editrice napoletana Dante & Descartes
(e-mail: info at dantedescartes.it).
Il libro si apre con un'alta testimonianza civile di Norberto Bobbio, un
intenso ricordo di Mario Luzi e un puntuale profilo biografico. Tre belle
fotografie di Enzo Sellerio ci riconducono a una Sicilia che in buona misura
non esiste piu'. La sezione dedicata agli scritti di Danilo Dolci censisce
268 titoli (85 comparsi in volume e 183 su quotidiani e periodici) e 20
interviste, mentre 896 voci compongono la parte riservata agli scritti su
Dolci (volumi monografici, atti di convegni e seminari, numeri speciali di
riviste, articoli e saggi). Accanto al puntuale elenco delle opere, si
sviluppa un ampio percorso di lettura attraverso un'antologia essenziale
dall'opera di Dolci e una breve rassegna di giudizi, con testimonianze di
Aldo Capitini, Carlo Levi, Francesco Renda, Gianni Rodari, Bruno Zevi,
Norberto Bobbio, Cesare Zavattini, Mario Luzi, Italo Calvino, Erich Fromm,
Andrea Zanzotto, Ervin Laszlo e altri. Se ne ricava un itinerario non
costituito solo da libri. "La poesia", ha infatti scritto Cesare Zavattini,
"e' in atto gia' nei fatti e nella vita di Danilo. E' il solo della nostra
generazione che ha saputo ridurre al minimo la terra di nessuno esistente
tra la vita e la letteratura". Una nota sulla presenza di Dolci e della sua
opera in internet completa il volume.
Frutto di anni di ricerca, questo libro - completamente rivisto e
notevolmente ampliato rispetto alla prima edizione del 2000 - tenta di
colmare almeno in parte una grave lacuna nella ricostruzione del percorso di
una delle figure piu' significative del panorama intellettuale italiano del
dopoguerra e si propone di documentare una delle pagine piu' notevoli nella
storia della teoria e della prassi della nonviolenza del XX secolo.

4. MATERIALI. PER UNA BIBLIOGRAFIA SULLA SHOAH (PARTE TREDICESIMA)

PRIMO LEVI
Primo Levi e' nato a Torino nel 1919, e qui e' tragicamente scomparso nel
1987. Chimico, partigiano, deportato nel lager di Auschwitz, sopravvissuto,
fu per il resto della sua vita uno dei piu' grandi testimoni della dignita'
umana ed un costante ammonitore a non dimenticare l'orrore dei campi di
sterminio. Le sue opere e la sua lezione costituiscono uno dei punti piu'
alti dell'impegno civile in difesa dell'umanita'. Opere di Primo Levi:
fondamentali sono Se questo e' un uomo, La tregua, Il sistema periodico, La
ricerca delle radici, L'altrui mestiere, I sommersi e i salvati, tutti
presso Einaudi; presso Garzanti sono state pubblicate le poesie di Ad ora
incerta; sempre presso Einaudi nel 1997 e' apparso un volume di
Conversazioni e interviste. Altri libri: Storie naturali, Vizio di forma, La
chiave a stella, Lilit, Se non ora, quando?, tutti presso Einaudi; ed Il
fabbricante di specchi, edito da "La Stampa". Ora l'intera opera di Primo
Levi (e una vastissima selezione di pagine sparse) e' raccolta nei due
volumi delle Opere, Einaudi, Torino 1997, a cura di Marco Belpoliti. Opere
su Primo Levi: AA. VV., Primo Levi: il presente del passato, Angeli, Milano
1991; AA. VV., Primo Levi: la dignita' dell'uomo, Cittadella, Assisi 1994;
Marco Belpoliti, Primo Levi, Bruno Mondadori, Milano 1998; Massimo Dini,
Stefano Jesurum, Primo Levi: le opere e i giorni, Rizzoli, Milano 1992;
Ernesto Ferrero (a cura di), Primo Levi: un'antologia della critica,
Einaudi, Torino 1997; Giuseppe Grassano, Primo Levi, La Nuova Italia,
Firenze 1981; Gabriella Poli, Giorgio Calcagno, Echi di una voce perduta,
Mursia, Milano 1992; Claudio Toscani, Come leggere "Se questo e' un uomo" di
Primo Levi, Mursia, Milano 1990; Fiora Vincenti, Invito alla lettura di
Primo Levi, Mursia, Milano 1976.

CLARA LEVI COEN
Illustre pensatrice, saggista, docente, membro della Societa' Filosofica
Italiana, insigne studiosa dell'opera di Martin Buber (col quale ebbe anche
una lunga amicizia). Opere di Clara Levi Coen: Martin Buber, Edizioni
Cultura della Pace, S. Domenico di Fiesole (FI) 1991.

STEFANO LEVI DELLA TORRE
Prestigioso intellettuale italiano, Stefano Levi Della Torre (Torino, 1942),
pittore e saggista, vive a Milano e insegna alla facolta' di architettura
del Politecnico. Opere di Stefano Levi Della Torre: Mosaico. Attualita' e
inattualita' degli ebrei, Rosenberg & Sellier, 1994; Essere fuori luogo. Il
dilemma ebraico tra diaspora e ritorno, Donzelli, 1995; Errare e
perseverare. Ambiguita' di un Giubileo, Donzelli, 2001; L'infinito e la
siepe. Metafisica e laicita' in Giacomo Leopardi, Morcelliana, 2003; Zone di
turbolenza. Intrecci, somiglianze, conflitti, Feltrinelli, 2003.

GIORGIO LEVI DELLA VIDA
Giorgio Levi Della Vida (Venezia 1886 - Roma 1967), illustre studioso e
cattedratico, fu uno dei dodici docenti universitari che rifiutarono il
giuramento di fedeltà al fascismo. E' stato uno dei piu' grandi semitisti ed
islamisti del Novecento; fu professore a Napoli, a Torino e a Roma, dal 1916
al 1931, quando fu dimesso per aver rifiutato il giuramento di fedelta' al
fascismo; insegno' poi a Princeton, quando, nel 1938, fu costretto a
lasciare l'Italia. E' autore di una vastissima bibliografia. Opere su
Giorgio Levi Della Vida: qui segnaliamo particolarmente Giorgio Boatti,
Preferirei di no, Einaudi, Torino 2001.

RITA LEVI  MONTALCINI
Illustre scienziata italiana, premio Nobel per la medicina nel 1986,
senatrice a vita. Opere di Rita Levi Montalcini: Il messaggio nervoso,
Rizzoli, Milano 1975; Elogio dell'imperfezione, Garzanti, Milano 1987;
Sclerosi multipla in Italia: aspetti e problemi, Aism, 1989; Ngf: apertura
di una nuova frontiera nella neurobiologia, Roma-Napoli, 1989; Il tuo
futuro, Garzanti, Milano 1993; Per i settanta anni della Enciclopedia
italiana, 1925-1995, Istituto della Enciclopedia italiana, 1995; Senz'olio
contro vento, Baldini & Castoldi, Milano 1996; L'asso nella manica a
brandelli, Baldini & Castoldi, Milano 1998; La galassia mente, Baldini &
Castoldi, Milano 1999; Cantico di una vita, Raffaello Cortina Editore,
Milano 2000.

EMMANUEL LEVINAS
Levinas e' nato a Kaunas in Lituania il 30 dicembre 1905 ovvero il 12
gennaio 1906 (per la nota discrasia tra i calendari giuliano e gregoriano).
"La Bibbia ebraica fin dalla piu' giovane eta' in Lituania, Puskin e
Tolstoj, la rivoluzione russa del '17 vissuta a undici anni in Ucraina. Dal
1923, l'Universita' di Strasburgo, in cui insegnavano allora Charles
Blondel, Halbwachs, Pradines, Carteron e, più tardi, Gueroult. L'amicizia di
Maurice Blanchot e, attraverso i maestri che erano stati adolescenti al
tempo dell'affaire Dreyfus, la visione, abbagliante per un nuovo venuto, di
un popolo che eguaglia l'umanita' e d'una nazione cui ci si può legare nello
spirito e nel cuore tanto fortemente che per le radici. Soggiorno nel
1928-1929 a Friburgo e iniziazione alla fenomenologia gia' cominciata un
anno prima con Jean Hering. Alla Sorbona, Leon Brunschvicg. L'avanguardia
filosofica alle serate del sabato da Gabriel Marcel. L'affinamento
intellettuale - e anti-intellettualistico - di Jean Wahl e la sua generosa
amicizia ritrovata dopo una lunga prigionia in Germania; dal 1947 conferenze
regolari al Collegio filosofico che Wahl aveva fondato e di cui era
animatore. Direzione della centenaria Scuola Normale Israelita Orientale,
luogo di formazione dei maestri di francese per le scuole dell'Alleanza
Israelita Universale del Bacino Mediterraneo. Comunita' di vita quotidiana
con il dottor Henri Nerson, frequentazione di M. Chouchani, maestro
prestigioso - e impietoso - di esegesi e di Talmud. Conferenze annuali, dal
1957, sui testi talmudici, ai Colloqui degli intellettuali ebrei di Francia.
Tesi di dottorato in lettere nel 1961. Docenza all'Universita' di Poitiers,
poi dal 1967 all'Universita' di Parigi-Nanterre, e dal 1973 alla Sorbona.
Questa disparato inventario e' una biografia. Essa e' dominata dal
presentimento e dal ricordo dell'orrore nazista (...)" (Levinas, Signature,
in Difficile liberte'). E' scomparso a Parigi il 25 dicembre 1995. Tra i
massimi filosofi contemporanei, la sua riflessione etica particolarmente sul
tema dell'altro e' di decisiva importanza. Opere di Emmanuel Levinas:
segnaliamo in particolare En decouvrant l'existence avec Husserl et
Heidegger (tr. it. Cortina); Totalite' et infini (tr. it. Jaca Book);
Difficile liberte' (tr. it. parziale, La Scuola); Quatre lectures
talmudiques (tr. it. Il Melangolo); Humanisme de l'autre homme; Autrement
qu'etre ou au-dela' de l'essence (tr. it. Jaca Book); Noms propres (tr. it.
Marietti); De Dieu qui vient a' l'idee (tr. it. Jaca Book); Ethique et
infini (tr. it. Citta' Nuova); Transcendance et intelligibilite' (tr. it.
Marietti); Entre-nous (tr. it. Jaca Book). Per una rapida introduzione e'
adatta la conversazione con Philippe Nemo stampata col titolo Ethique et
infini. Opere su Emmanuel Levinas: Per la bibliografia: Roger Burggraeve,
Emmanuel Levinas. Une bibliographie premiere et secondaire (1929-1985),
Peeters, Leuven 1986. Monografie: S. Petrosino, La verita' nomade, Jaca
Book, Milano 1980; G. Mura, Emmanuel Levinas, ermeneutica e separazione,
Città Nuova, Roma 1982; E. Baccarini, Levinas. Soggettivita' e infinito,
Studium, Roma 1985; S. Malka, Leggere Levinas, Queriniana, Brescia 1986;
Battista Borsato, L'alterita' come etica, EDB, Bologna 1995; Giovanni
Ferretti, La filosofia di Levinas, Rosenberg & Sellier, Torino 1996;
Gianluca De Gennaro, Emmanuel Levinas profeta della modernita', Edizioni
Lavoro, Roma 2001. Tra i saggi, ovviamente non si puo' non fare riferimento
ai vari di Maurice Blanchot e di Jacques Derrida (di quest'ultimo cfr. il
grande saggio su Levinas, Violence et metaphysique, in L'ecriture et la
difference, Editions du Seuil, Parigi 1967). In francese cfr. anche
Marie-Anne Lescourret, Emmanuel Levinas, Flammarion; François Poirie',
Emmanuel Levinas, Babel. Per la biografia: Salomon Malka: Emmanuel Levinas.
La vita e la traccia, JacaBook, Milano 2003.

5. ESPERIENZE. RICHARD PEARSALL: LILLIAN WILLOUGHBY
[Dalla mailing list del Movimento internazionale della riconciliazione (per
contatti: e-mail: mir-riconciliazione at yahoogroups.com, sito:
www.riconciliazione.it) riprendiamo il seguente articolo di di Richard
Pearsall, pubblicato giovedi' 21 ottobre 2004 dal "Courier-Post" di Camden,
New Jersey (la traduzione e' di Maria G. Di Rienzo)]

Lillian Willoughby, una quacchera di Deptford che compira' 90 anni il
prossimo gennaio, e' andata in prigione mercoledi' per aver protestato
contro la guerra in Iraq. Poco prima di mezzogiorno, Willoughby si e' alzata
dalla sua sedia a rotelle, ha dato al marito George, sessantaquattrenne, un
bacio e un abbraccio, ed e' scomparsa all'interno del centro di detenzione
federale.
Con lei c'erano cinque altri pacifisti, inclusa una giovane coppia di
Camden, Cassie Haw, 22 anni, e suo marito Chris, di 23. Tutti sono stati
condannati per aver ostruito l'ingresso del palazzo federale a Philadelphia
il 20 marzo 2003, il giorno in cui gli Usa hanno invaso l'Iraq. Di fronte
alla scelta di pagare una multa di 250 dollari o di scontare da una
settimana a sei mesi di detenzione, i sei hanno tutti scelto la prigionia.
"Non intendo sostenere la guerra in alcun modo", ha detto Willoughby
mercoledi'. Parlando ad un gruppo di cinquanta sostenitori che si erano
riuniti a poca distanza dal centro di detenzione, Willoughby ha detto che la
nonviolenza non e' una cosa che accade per caso: "Dovete impararla, ha
detto, dovete allenarvi per il cambiamento, che si tratti di avere a che
fare con la violenza di strada o con quella fra nazioni".
Marion Brown, di 59 anni, una delle persone che andranno in prigione con
Willoughby pochi minuti piu' tardi, ricorda di aver detto al giudice che
avrebbe pagato la multa se "mi date assicurazione che la userete per
provvedere acqua pulita da bere per i bambini dell'Iraq, o per diminuire il
peso delle tasse che i nostri nipoti stanno pagando e pagheranno per questa
guerra". "Mi ha risposto di no, dice Marion Brown, Ha detto che io non ero
nella posizione di poter negoziare".
Willoughby, nativa dello Iowa, che e' stata attiva nelle campagne contro le
guerre e per i diritti civili sin dall'inizio della seconda guerra mondiale,
dice che non e' preoccupata dalla carcerazione, anche se la sua sentenza e'
di sei mesi. Sa che stara' in isolamento, con una sola ora a disposizione
per uscire dalla sua cella. "Faro' un po' di esercizi yoga, preghero' e
scrivero' qualcosa sulle mie esperienze in quel posto", ha detto.
I sostenitori, per la maggior parte quaccheri ed attivisti di lunga data
contro le guerre, sono venuti per tutti i condannati, ma principalmente per
lei: "Non sono mai stata tanto fotografata in vita mia" ha esclamato, mentre
se ne stava seduta sulla sedia a rotelle, ma apparendo in perfetta salute.
Un giovane Marine di Philadelphia e' venuto apposta per parlare con lei:
"Volevo ringraziarla per star resistendo a questa guerra", ha detto il
Caporale Lance Cpl. Elliot Ruiz, 19 anni, che ha passato cinque mesi e mezzo
in Iraq, fino a quando e' stato ferito vicino a Tikrit, nel momento in cui
un'automobile ha infranto il posto di blocco a cui lui era di guardia. "Mi
ha aperto completamente il retro della gamba", racconta Ruiz, che
sull'impeccabile uniforme blu porta due serie di decorazioni, compreso un
Purple Heart. I sostenitori camminano per due isolati accompagnando i futuri
detenuti. "Non celebro il mio ingresso in prigione, ha detto loro Chris Haw,
Ne' vi e' in me odio per quelli che ci stanno incarcerando. Io celebro
l'amore. Non si puo' stare a guardare mentre c'e' una guerra, e smettere di
agire".
Lillian Willoughby racconta di un libretto intitolato "52 storie di
nonviolenza che hanno avuto successo": lei e gli altri lo hanno lasciato
nell'aula di tribunale in cui sono stati condannati: "Ci sono abilita' da
imparare, ha insistito, Informatevi. Praticate la nonviolenza".
Bob Smith, presidente della Brandywine Peace Community, ha organizzato il
gruppo per la camminata fino al centro di detenzione. Willoughby guidava il
corteo, con la carrozzella spinta dal ventunenne John Thompson. Mentre i sei
entravano nell'edificio, Sylvia Metzler, sessantasettenne, che ha passato
una settimana nella stessa prigione per il medesimo reato, ha predetto che
Lillian Willoughby "fara' del bene alle guardie carcerarie", la maggioranza
delle quali sono veterani. "In primo luogo, c'e' la sua eta'. E' difficile
guardare quelle mani storte dall'artrite ed avere cattivi sentimenti. E poi,
quando Lillian parla lo fa con tanta competenza e tanto amore che li
travolgera' tutti".

6. MEMORIA. ROSANGELA PESENTI: IL G8 DI GENOVA, UN RICORDO
[Ringraziamo Rosangela Pesenti (per contatti: rosangela_pesenti at libero.it)
per averci messo a disposizione questi suoi ricordi del G8 di Genova.
Rosangela Pesenti e' una delle figure piu' autorevoli e prestigiose del
movimento delle donne in Italia]

Il giorno dopo. Una stanchezza cupa che intride le ossa e i pensieri, al
telefono i concitati resoconti di chi era da un'altra parte e ha vissuto lo
stesso panico, i compunti e ipocriti commenti televisivi, un residuo di
bruciore agli occhi e difficolta' di respiro, traccia e sogno di una
giornata frammentata in attimi lunghissimi ed ore brevi, avvertiamo
l'inesorabile sfasatura dell'alfabeto con cui si misurano le parole come se
il respiro non riconoscesse il passo consueto.
Partenza presto, la sveglia puntata alle cinque viene preceduta dal rumore
in cucina: Giordano sistema i panini nello zaino impaziente di incontrare
gli amici come se si trattasse di un appuntamento solenne e collettivo con
la storia.
Sorrido con indulgenza mentre mi vesto senza fretta, respingo i pensieri che
girano intorno alla tragedia del giorno prima, mi preparo per la
manifestazione come per una gita estiva, saremo in tanti, penso, e non puo'
succedere nulla, sarebbe un'enormita'. Riempio il tempo laccando le unghie
dei piedi e metto le ciabatte estive invece delle scarpe che avevo
preparato, rinuncio anche alla camicia per una canottiera che il sole mi
lascera' incisa addosso come il segno bruciante della giornata.
All'inizio il sapore e' quello di una gita scolastica perche' il piazzale e'
pieno di ragazzini e ragazzine, con gli adulti c'e' l'emozione di una
rimpatriata.
Dalla Malpensata partono dodici pullmann, anche Giordano e' con la Fiom ma
non sul mio stesso pullman per fortuna e io mi godo il viaggio con Anna e i
suoi racconti d'Africa.
L'arrivo e' sul mare e ci avviamo lungo il marciapiede come per una
passeggiata.
Facciamo una sosta alla chiesa di Boccadasse dove mi aspettano gli amici
genovesi per aggiornarmi sulle vicende dell'intera settimana. Anna decide di
restare a pregare perche' il tragitto della manifestazione le sembra troppo
lungo per le sue forze. Ci diamo appuntamento per il ritorno.
Incontro due amiche che non vedevo da tempo, anche loro hanno i figli da
qualche parte.
Sole a picco, mangio quasi tutto quello che ho portato per alleggerire lo
zaino mentre cerchiamo il gruppo della Fiom dove trovo anche Giordano con i
suoi amici.
La partenza e' un'ora prima del previsto perche' siamo gia' tanti,
trecentomila ci dicono, e in effetti non riusciamo a trovare la testa del
corteo.
Si cammina lenti sul lungomare, chiacchieriamo, metto il cappello e la crema
solare, andiamo su e giu' rallegrate dalla moltitudine di questa generazione
di figli e figlie, da questo inatteso essere insieme, godiamo dei colori,
dei cartelli, col senso di una materna fierezza che ci distrae dalla
realta', ci sediamo a riposare.
Poi l'attesa si fa lunga, le persone avanzano disordinate, qualcuno corre
avanti e indietro col viso preoccupato, invita a fare i cordoni perche' ci
sono scontri piu' avanti, ma pochi lo ascoltano.
La sua voce ci riscuote, riporta di colpo esperienze lontane, ci alziamo,
scrutiamo il fumo dei lacrimogeni, prendiamo le mani di chi e' vicino, ci
leghiamo per le braccia e la catena si forma veloce mentre acceleriamo il
passo.
Di colpo siamo alla curva che ci portera' verso l'interno della citta', le
ragazze accanto a noi legano una sciarpa sul viso, anch'io prendo un
fazzoletto e me lo lego al collo con un filo d'inquietudine, poi diventa
smarrimento. Mi chiedo dove sia Giordano mentre ci invitano a correre
veloci, tengo il cappello nella mano con cui stringo l'amica per non
perderlo (poi in una micrososta lo infilero' nello zaino). Scorrono veloci
immagini che non ho il tempo di guardare, ragazzi che scappano, polizia con
i manganelli alzati.
Correte, correte: siamo di colpo nell'ombra della strada cittadina, ciechi
dopo il sole del lungomare e mi prende l'angoscia di essere in trappola, di
non poter tornare indietro. E sara' cosi' infatti, ma la trappola sara' il
lungomare per l'ultimo spezzone di corteo che verra' separato da noi.
Anna, uscita serena dalla preghiera di Boccadasse, vedra' i ragazzini
rincorsi e picchiati a sangue, nascosta in ginocchio in una rientranza del
marciapiede, ma lo sapro il giorno dopo, al telefono, perche' non riusciremo
a tornare sul lungomare per l'appuntamento del ritorno.
Mi sforzo di credere all'uomo sul palco che fornisce informazioni
rassicuranti e indicazioni sulla meta. Indica la strada in cui dobbiamo
svoltare, ma non ricordo se l'abbiamo fatto. Di colpo la strada era un varco
aperto ad un agguato. L'ho pensato con questo nome mentre la polizia
avanzava incurante delle nostre braccia alzate al grido "nonviolenza".
Quando arrivano i lacrimogeni la fuga e' disordinata e pericolosa. Gli occhi
bruciano, l'acqua versata di mano in mano per proteggerli, ci teniamo
strette noi tre per la paura di essere schiacciate dalla massa in fuga.
Voglio tornare indietro, un desiderio potente e irrazionale a cui le mie
compagne per fortuna si oppongono. Invece bisogna andare avanti, non
staccarsi dal corteo, stare all'interno, mentre vorrei correre rasente i
muri dei giardini deserti in cerca di protezione.
Ci incoraggiamo a vicenda, non siamo tra sconosciuti, ma a tratti il panico
riprende tutti mentre i lacrimogeni incalzano. Alterniamo corse disordinate
alla ricerca di un passo cadenzato, un ritmo comune che dia solidita' al
cordone delle nostre braccia legate.
Attraversiamo una lunghissima galleria incolumi, ci abbracciamo commossi, le
case non sono piu' mute e minacciose, qui c'e' gente alle finestre che
applaude, incoraggia, butta secchi d'acqua per rinfrescarci.
Ci sentiamo al sicuro, rallentiamo il passo, saliamo su una gradinata per
avere una visuale piu' ampia e di colpo dalla galleria esce fumo e la gente
riprende a correre gridando. Sono stanca di questa fuga, la paura per
Giordano mi stringe lo stomaco. Anche noi riprendiamo a correre.
La meta e' una piazza troppo piccola nella quale ci invitano a non sostare
per consentire l'arrivo degli altri, ci danno indicazioni per un'altro
posto, ci avviamo senza capire, camminiamo per forza d'inerzia con gruppi
ciondolanti come noi.
Ci affidiamo alla cartina e poi alla corrente di persone che s'infila in una
specie di largo corridoio tra due edifici ciechi, lo stadio e il carcere
scopriremo poi, ci porta in un vasto piazzale dove i pullman in sosta sono
una confortante inaspettata apparizione.
Vicino al nostro, Giordano e i suoi amici dormono sdraiati per terra e la
mia tensione si scioglie ridendo. E' finita. Un compagno ci accompagna in
fondo ad una stradina laterale dove c'e' un bar, i ragazzi si accalcano
sulla porta intorno al barista che distribuisce acqua e ghiaccioli, a noi,
di evidente maturita', consente di entrare per andare al gabinetto. Dentro
ci sono quasi solo donne e un'intimita' che non ha bisogno di parole.
Quando usciamo c'incamminiamo lentamente succhiando il ghiacciolo come
bambine felici. Di colpo un'esplosione alle spalle sembra capovolgere il
cuore, odore di fumo, grida, la polizia con le visiere abbassate, davanti a
noi alcuni ragazzi rovesciano due cassonetti, mi sento di nuovo in trappola
in questa strada blindata e di colpo deserta. Ci mettiamo a  correre, ci
siamo prese istintivamente la mano e riusciamo a sgusciare tra un cassonetto
e il muro, come nei film, penso, prima che il varco si chiuda e siamo in
salvo vicino al pullman. Giordano mi sta cercando preoccupato e al cellulare
Francesco mi chiede se e' vero che c'e' uno scontro al piazzale dei pullman,
alla radio parlano di una chiara provocazione della polizia. E' vero, ero
li', come li', si' a mangiare un ghiacciolo, come un ghiacciolo, e' tutto
assurdo, impossibile spiegare a chi e' lontano e non riesce a
tranquillizzarsi. Gli autisti preoccupati vogliono partire immediatamente,
mancano molte persone all'appello e li convinciamo a restare.
Il mio pullman sara' l'ultimo a partire dal piazzale deserto quando sapremo
che anche l'ultimo dei nostri quattordici passeggeri bloccati sul lungomare
e' stato raccolto. Anna e' con loro, mi comunica un compagno. Mi addormento
di colpo, mi sveglio all'autogrill, scendo per andare in bagno, risalgo come
un automa, tolgo le ciabatte nuove che hanno avuto il loro battesimo di
fuoco, ho freddo, mi metto un paio di calze, lo scialle sulle gambe e mi
addormento di nuovo.
Nel sogno si mescolano brandelli della giornata ai volti di giovani donne
incontrate: in quale corso ho conosciuto la ragazza bruna che mi ha
presentato agli altri come la sua formatrice? In quale punto del corteo mi
ha chiamata l'educatrice con il sorriso smagliante sotto la zazzera bruna e
chi e' la giornalista che mi presenta a sua sorella che a sua volta dice di
aver seguito una mia lezione?
Per un giorno il tempo si e' fermato e dilatato rimescolando la mia storia.
A casa metto i piedi a bagno con gocce d'olio balsamico, un regalo di mia
madre che non ho mai usato ed ora sento acuta la sua assenza, aspetto che
torni Giordano guardando gli ultimi telegiornali perche' l'ansia non mi
abbandona anche se lo so ormai al sicuro con gli amici. Appena arriva mi
stendo sul letto e piango di rabbia. Come nel 1973, a gennaio, quando la
polizia ha ucciso Roberto Franceschi alla mia prima manifestazione.
Memorie pesanti e ognuno porta la sua parte, da solo.

7. RIFLESSIONE. AMINA DONATELLA SALINA: RECUPERARE LA PRATICA DELLA
NONVIOLENZA
[Dal sito di "Mosaico di pace" (http://italy.peacelink.org/mosaico)
riprendiamo questo intervento del 6 aprile 2004 di Amina Donatella Salina,
sociologa, esponente della comunita' islamica romana]

Per la seconda volta in pochi anni un gruppo di intellettuali palestinesi
propongono di uscire dalla spirale di violenza innestata dalla strategia dei
kamikaze, attraverso il recupero della pratica della nonviolenza.
Il primo appello era stato lanciato durante la seconda Intifada da una serie
di personalita' dell'area moderata palestinese tra cui il rettore
dell'Universita' araba di Gerusalemme, dr. Sari Nusseibeh. Centinaia di
persone aderirono all'appello proprio mentre in Israele i pacifisti e la
sinistra israeliana cercavano di uscire dalla logica della guerra e della
rappresaglia.
Un'importante opera per la pace veniva svolta dai sostenitori, palestinesi e
israeliani, della costruzione di due Stati per due popoli. Intellettuali
israeliani e palestinesi criticavano la politica guerrafondaia della destra
israeliana cominciando a mettere in forse il fatto che la vittoria dell'uno
dovesse coincidere con la sconfitta dell'altro.
Esistono infatti molteplici associazioni e progetti di pace che vedono il
lavoro comune di israeliani e palestinesi.
Il secondo appello, di pochi giorni fa, e' stato lanciato da Hisham Abu Lafi
e firmato da una sessantina di importanti personalita' politiche e culturali
palestinesi.
Chiedono il ripudio assoluto del terrorismo e della violenza e una politica
di interposizione da parte dell'Unione Europea tra i due contendenti.
Questa volta la situazione e' per il popolo palestinese veramente disperata.
la Cisgiordania e la striscia di Gaza sono ormai diventate Hamasland mentre
la politica di Sharon spinge all'annientamento dello stesso popolo
palestinese.
Arafat e l'autorita' palestinese appaiono isolati dal punto di vista
internazionale e privi di qualsiasi autorita' reale sulle masse. La
corruzione di settori dell'Olp e' un fatto come e' un fatto la disgraziata
politica di Hamas che punta sull'uso del terrorismo e sullo scontro
militare. Un cocktail esplosivo che aumenta i rischi di instabilita' della
regione senza preparare in alcun modo una possibile alternativa. La
militarizzazione dell'Intifada ha portato alla crescita della violenza da
entrambe le parti, mentre migliaia di civili palestinesi soffrono la fame,
la miseria, la disoccupazione. I territori occupati sono una prigione a
cielo aperto. L'odio accumulato per anni e anni rende impossibile qualsiasi
fenomeno di riconciliazione tra i due popoli nemici e separati.
Proprio per questo e' necessario, oggi, recuperare la pratica della
nonviolenza e della riconciliazione tra tutti gli amanti della pace.
Palestinesi ma anche israeliani che vogliano riconoscere ai palestinesi
stessi il diritto di abitare la loro terra, e alla Palestina intera la pace,
una pace duratura e stabile. La stessa pace che hanno invocato per anni le
donne in nero di tutto il mondo.
*
Dal punto di vista islamico non c'e' nulla  nel Corano o nella tradizione
che proibisca l'uso di strategie nonviolente. Gandhi stesso lotto' per
l'indipendenza dell'India avendo al suo fianco sia musulmani che indu'. Il
Mahatma aveva un grande rispetto per i musulmani e per il Corano, non
ostacolo' mai l'Islam in se' e non appoggio' mai il nazionalismo indu' ma si
fece portavoce di una visione di grande rispetto e grande tolleranza per
tutti.
Si oppose fortemente all'uso della violenza su base religiosa. Aveva ragione
poiche' in effetti e' vietato per i musulmani l'uso della violenza a fini
offensivi. Non solo, ma proprio lavorando con Gandhi, un musulmano, Abdul
Giaffar Khan, fondo' una confraternita, i "servi di Allah", che lavoravano
tra le persone povere e diseredate favorendo la pace e combattendo una vera
e propria "jihad nonviolenta" contro l'odio e per la riconciliazione tra
musulmani e non musulmani.
*
In Palestina esistono moltissime persone sinceramente pacifiste. Ma esiste
anche un problema di leadership corrotte o estremiste che devono tornarsene
a casa. o cambiare strategie.
Proprio per questo come musulmani moderati dobbiamo capire che e' necessario
che in Palestina nasca una nuova leadership di persone oneste, democratiche
e nemiche del terrorismo. L'abbandono del terrorismo aprirebbe alla
resistenza palestinese un periodo di ripresa dal punto di vista
dell'immagine grandemente offesa dalla strategia di Hamas. Nessuno piu'
potrebbe associare il popolo palestinese al terrorismo. Inoltre cio'
depotenzierebbe il terrorismo fondamentalista e quello laico, aprirebbe la
questione della democratizzazione della classe dirigente palestinese e
sconfiggerebbe la strategia di Sharon. Infatti la destra israeliana punta a
un innalzamento della tensione dal punto di vista militare poiche' cio'
giustificherebbe ancora una volta la repressione del popolo palestinese e
l'estensione delle occupazioni dei coloni.
Inoltre la sinistra israeliana potrebbe liberamente riaprire la discussione
sulla possibilita' di costruire due Stati per due popoli.
La sinistra europea ha proposto l'ammissione di Israele e soprattutto della
Palestina come candidati dell'Unione Europea. Cio' permetterebbe alla
Palestina di poter vendere i propri prodotti all'estero e di poter
ricostruirsi dal punto di vista economico oltre che statale. E' chiaro che
dietro ai tentativi di interventismo umanitario dell'Unione Europea ci sono
anche interessi economici. Tuttavia sarebbe l'unico modo per mettere Sharon
in condizione di non nuocere e permettere la costruzione e il riconoscimento
internazionale dello Stato palestinese come una entita' dotata di sovranita'
effettiva e di una economia vitale.
A partire da cio' si dovrebbe depotenziare il terrorismo.
Tra l'altro esiste, come e' documentato da Amnesty, anche un problema di
violazioni massicce dei diritti umani e democratici da parte del governo di
Sharon nei territori ai danni della popolazione civile. L'interposizione di
forze di pace Onu o di osservatori internazionali non permetterebbe piu' a
Sharon di poter fare il comodo suo lontano dai riflettori e permetterebbe di
documentare ampiamente le reali condizioni dei profughi palestinesi.

8. LUTTI. PER FERNALDO DI GIAMMATTEO
[E' morto qualche giorno fa a Bologna Fernaldo Di Giammatteo, giornalista,
critico e storico del cinema. Da una nota d'agenzia riportiamo il seguente
profilo: "Nato a Torino il 15 novembre 1922, aveva cominciato la carriera
giornalistica, nell'immediato dopoguerra, alla "Gazzetta del Popolo", per
poi passare a "La Stampa". Trasferitosi a Roma alla meta' degli anni '50,
fondo' e diresse il Filmlexicon degli autori e delle opere. Fu tra i primi a
portare il cinema in televisione, medium allora ai primordi in Italia,
curando tra l'altro i programmi Ritratto d'attore e Cinelandia. Fu
vicepresidente del Centro sperimentale di cinematografia dal 1968 al 1974
(presidenza di Roberto Rossellini) - periodo durante il quale diresse la
serie monografica della rivista "Bianco e Nero" - e per due volte membro
della commissione di selezione della Mostra del cinema di Venezia, durante
la gestione di Luigi Chiarini. Nel 1974 fondo' la collana di monografie Il
Castoro cinema, dirigendola fino al 2000. Negli anni '80 fu direttore della
Mediateca regionale toscana. Nell'anno accademico 2001-02 aveva tenuto il
corso di Teoria e Tecnica del linguaggio cinematografico presso
l'Universita' di Modena e Reggio Emilia. Dirigeva, dal 2002, la collana Il
cinema e le idee. Collaboratore, anche in anni recenti, della radio e della
televisione, aveva realizzato tra l'altro, nel 1999, 14 puntate sul
linguaggio cinematografico per Rai Educational. Tra le opere di Fernaldo Di
Giammatteo, si ricordano 'La terza eta' del cinema (1985), il Nuovo
dizionario universale del cinema (4 volumi, 1994-96), Lo sguardo inquieto
(1994, una storia del cinema italiano dal 1940 al '50), Milestones - I
trenta film che hanno segnato la storia del cinema (1998), Che cos'e' il
cinema (2003). Aveva appena pubblicato (dicembre 2004) un Dizionario dei
capolavori del cinema, scritto con Cristina Bragaglia"]

La scomparsa di Fernaldo Di Giammatteo e' un dolore grande. Tutte le persone
che in Italia hanno amato il cinema come grande avventura conoscitiva, come
esperienza che ha allargato l'area della coscienza, dell'opera di Fernaldo
Di Giammatteo si sono nutrite, e massime di quell'intrapresa che sono i
volumetti del Castoro cinema, la benemerita collana di monografie che ha
alfabetizzato al vedere quanti prima sapevano solo leggere.

9. APPELLI. UNA LETTERA APERTA AI VESCOVI, AI CREDENTI, AI CITTADINI
[Da molte persone amiche abbiamo ricevuto il seguente appello che volentieri
diffondiamo, esso e' disponibile anche nel sito www.peacelink.it, cui ci si
puo' collegare per adesioni e per ulteriori informazioni]

La quotidianita' dei migranti e i fatti che continuano ad accadere nei
Centri di permanenza temporanea (il sigla: Cpt) sono sempre piu' drammatici.
Nei giorni scorsi gettandosi da una finestra, quella dell'ospedale di
Lamezia Terme, si e' tolto la vita Said Zugoui, di nazionalita' marocchina e
padre di due figli, pur di non tornare a vivere nell'inferno del Cpt dove
era internato prima del ricovero.
Al "Regina pacis" di San Foca, provincia di Lecce, sempre alcuni giorni fa
l'ennesimo tentativo di fuga e' finito ancora una volta nel sangue. Da una
finestra simile a quella dove pochi mesi prima si e' gettato un giovane
moldavo rimanendo a vita senza l'uso delle gambe, hanno tentato la fuga
altri migranti. Il risultato e' stato lo stesso di sempre: repressione
poliziesca e arresto di chi non voleva farsi nuovamente internare. Il
direttore del Cpt ha partecipato come sempre negli ultimi anni alle fasi di
repressione e, come in molte altre occasioni, e' stato ferito leggermente
(quattro giorni di prognosi).
Sono solo gli ultimi drammatici episodi, altri ne sono accaduti e ne
accadranno in altri Centri di permanenza temporanea di cui e' gia' stata
annunciata la proliferazione. Tutto mentre continuano gli sbarchi, le
espulsioni e il calpestio dei diritti civili, talvolta anche di chi ha un
regolare permesso di soggiorno.
A stare a fianco dei migranti, ci si accorge che la situazione peggiora
sempre piu' di giorno in giorno nel silenzio generale e tra l'agire
dissennato di chi divide gli esseri umani con logiche e prassi che nulla
hanno a che fare con la comprensione e la solidarieta'. Per questo
rivolgiamo in primo luogo ai nostri vescovi, ma anche ai credenti e comunque
a tutti i cittadini e alle istituzioni italiane, questo appello in forma di
lettera aperta che continuera' a raccogliere adesioni e che nei prossimi
mesi speriamo sara' accompagnato da molte altre iniziative.
*
La lettera inizia con una citazione dal messaggio di Giovanni Paolo II,
dello scorso anno, in occasione della novantesima Giornata mondiale del
migrante e del rifugiato:" Nessuno resti insensibile dinanzi alle condizioni
in cui versano schiere di migranti. Nei campi dove vengono accolti
sperimentano talora gravi restrizioni...".
Stiamo assistendo negli ultimi anni in questo Paese ad una gestione disumana
delle politiche sull'emigrazione, puntate quasi esclusivamente sulla
repressione, sull'esclusione e sull'espulsione dei migranti in fuga da
guerre e carestie. Cio' influisce pesantemente, oltre che ovviamente sui
diritti civili e religiosi degli stessi migranti, sul sentire dell'opinione
pubblica condizionata anche da come i media e l'informazione trattano
l'argomento: troppo spesso con accezioni negative, con notizie che
enfatizzano (a volte anche erroneamente) fatti di cronaca nera in cui sono
coinvolti stranieri. O addirittura nascondendo o minimizzando vicende anche
gravissime di cui sono loro stessi ad essere vittime (pensiamo allo
sfruttamento nel mondo del lavoro, agli internamenti nei "Centri di
permanenza temporanea", al caso del Cpt "Regina pacis" - retto ancora oggi
dalla Curia leccese - inquietante e drammatico esempio di
contro-testimonianza, dove sino ad oggi sono stati rinchiusi oltre 70.000
migranti). E' proprio per l'esistenza di questi centri, per l'agire di chi
li gestisce e per le direttive del governo italiano che impongono la nascita
di un nuovo "Centro di permanenza temporanea" in ogni regione, che ci
appelliamo a Voi affinche' vi esprimiate in piena coerenza con il Vangelo e
con le parole accorate del nostro Pontefice. Per questo vi chiediamo:
- un netto rifiuto della logica repressiva che incrementa razzismo e
xenofobia e affronta la questione immigrazione quasi esclusivamente come un
problema di ordine pubblico;
- un netto rifiuto dei "Centri di permanenza temporanea" dove, molto spesso
in assenza dei piu' elementari diritti umani, vengono internati con la forza
e per 60 giorni i migranti che non hanno commesso alcun reato, solo perche'
considerati irregolari in attesa d'espulsione;
- un deciso invito per stampa e televisioni al rispetto, nell'informazione
locale e nazionale, della dignita' e delle identita' etniche e religiose dei
migranti. Lo stesso invito al ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu e al
governo in carica a rivedere decisioni che hanno il sapore di censure
preventive, come quella di impedire ai giornalisti l'accesso nei "Cpt";
- un severo monito verso chi ancora oggi permette la gestione del Cpt
"Regina pacis", ne prevede la "riconversione" in "Centro di identificazione
per rifugiati" o chissa' che altro nascondendosi dietro ai dettami di leggi
disumane e dietro a regolamenti di attuazione che "non garantiscono i
diritti dei richiedenti asilo" (come ha gia' dichiarato la Caritas
italiana); verso chi continua a incamerare denaro sulla pelle dei migranti
internati (decine e decine di tentativi di fuga repressi con la forza e
gesti disperati di autolesionismo; un giovane moldavo rimasto senza l'uso
delle gambe nel tentativo di scappare; le denunce di 17 internati sulle
gravissime violenze che hanno messo sotto processo l'intero staff del
"Regina pacis"); verso chi non ha mai pensato neppure di sospendere dalla
direzione del Cpt, almeno sino a quando la giustizia terrena avra' fatto il
suo corso, il direttore dello stesso (sotto processo oltre che per le gravi
violenze fisiche e morali denunciate nel novembre del 2002, anche con la
precedente accusa di essersi appropriato di fondi destinati all'accoglienza
degli immigrati).
*
Primi firmatari: don Angelo Cassano (parroco a Bari), don Alessandro Santoro
(parroco a Firenze), padre Michele Stragapede (Comboniani di Bari), don
Albino Bizzotto (Beati i costruttori di pace, Padova), padre Giorgio
Poletti, padre Claudio Gasbarro, padre Franco Nascimbene (Comboniani di
Castel Volturno), don Luciano Saccaglia (parroco a Parma), don Andrea Gallo
(Comunita' San Benedetto, Genova), padre Cosimo Spadavecchia (Comboniani di
Messina).

10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

11. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, sudest at iol.it,
paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 833 del 7 febbraio 2005

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