La nonviolenza e' in cammino. 786



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 786 del 22 dicembre 2004

Sommario di questo numero:
1. Peppe Sini: Tre note su "Gente bella" di Augusto Cavadi
2. Rete di donne per la pace di Venezia-Mestre: Tra noi e Lynndie...
3. Angelo Cavagna: In digiuno per una legge finanziaria di pace
4. Maria G. Di Rienzo: Come trattare con gli esperti
5. Normanna Albertini presenta "Shemal"
6. Pasquale Pugliese: Gli educatori, la guerra e l'educazione alla
nonviolenza
7. Pax Christi Italia: Sandali e anfibi
8. Letture: Avempace, Il regime del solitario
9. Letture: Amnesty International, Mai piu' violenza sulle donne
10. Letture: Doposcuola della Pievuccia, Abc della pace
11. Letture: Antonio Mazzei, Gli stati di emergenza in Italia fra teoria e
prassi
12. Letture: Ahmed Othmani con Sophie Bessis, La pena disumana
13. Letture: Fulvio Scaglione, Bye bye Baghdad
14. Letture: Survival International, Diseredati
15. La "Carta" del Movimento Nonviolento
16. Per saperne di piu'

1. LIBRI. PEPPE SINI: TRE NOTE SU "GENTE BELLA" DI AUGUSTO CAVADI
La benemerita casa editrice trapanese "Il pozzo di Giacobbe" ha da poco
pubblicato un nuovo libro di Augusto Cavadi, Gente bella. Volti e storie da
non dimenticare, Trapani 2004, pp. 200, euro 15. Per richieste: Libreria
editrice "Il pozzo di Giacobbe", corso Vittorio Emanuele 32/34, 91100
Trapani, tel. e fax: 923540339, e-mail: info at ilpozzodigiacobbe.com, sito:
www.ilpozzodigiacobbe.com
*
1. Un libro che giova, un libro che l'affamato puo' afferrare come uno
strumento di lotta.
Quattordici dialoghi, tra il 1985 e il 2004, con altrettanti testimoni:
Cosimo Scordato, Sergio Cipolla, Carlo Molari, Ortensio da Spinetoli,
Giovanni La Fiura, Francesco Michele Stabile, Pietro Valdo Panascia, Luigi
Lombardi Vallauri, Simona Mafai, Baldassare Meli, Franco Cassano, Vincenzo
Sorce, Amelia Crisantino, Pietro Barcellona.
Poi sei profili in memoria: di Candida Di Vita, Pino Puglisi, Francesco Lo
Sardo, Lucio Schiro' D'Agati, Giorgio La Pira, Peppino Impastato.
Incorniciano questi ritratti un'introduzione dell'autore ("Due parole su
questo libro"), e una delicata, appassionata lettera che Maria D'Asaro
scrive nel 2002 a Peppino Impastato, assassinato dalla mafia nel 1978.
*
2. Amo questi libri che riscattano dall'oblio l'umanita', e che dicono i
compiti dell'ora, e che istituiscono dialogo, che parlano alle persone
(quella funzione che e' designata nell'etimo dalla parola profezia).
Ed amo questo titolo brechtiano che rovescia e smaschera il linguaggio
logorato e servile e ci restituisce una parola sorgiva, nativa, una parola
bella, la rosa fragrante.
Ed amo questo autore, non solo per quello che dice, ma per quello che fa, e
facendolo insegna (che e' l'unico modo di insegnar qualcosa, come spiegava
il priore di Barbiana: dando l'esempio col proprio agire).
I libri di Augusto Cavadi, tutti, sono scritti cosi': tu vedi il dolore del
mondo, tu vedi lo splendore delle anime, tu vedi e quindi sai: quindi
agisci, falla tu la cosa giusta. Falla adesso.
*
3. Una parola mi resta da dire sullo stile terso e insieme denso, limpido e
concentrato, della scrittura bella dell'autore che anche in questo libro si
dispiega: la prosa buona, nitida, attenta con cui l'autore interroga,
argomenta, accoglie e sa trascrivere in fedelta' ferma e soave la voce e il
volto altrui; il gioco musicale del dire e dell'ascoltare, delle parole e
dei silenzi, delle verita' trovate e di quelle ancora da cercare; il
movimento del pensiero e le orme delle esistenze; la prosa senza lenocinii e
senza sciatterie in cui dovremmo scrivere sempre, in cui dovremmo scrivere
tutti. La prosa esatta che funge da correlativo all'esigenza di rigore
intellettuale e morale che questo libro pone, e insieme e' segno e gesto di
amicizia, dialogo, pietas. Ed altresi' appello, e anche e ancora - per dirla
con le parole di Franco Fortini - "ironia che resiste / e contesa che dura":
l'ironia che e' attenzione, pazienza, mitezza, serena disposizione alla
ricerca e all'ascolto e all'impegno, ripudio anche della presunzione e
tracotanza nostra, maieutica; e la contesa, il conflitto, la lotta che tu,
che tutti abbiamo da condurre contro la mafia, i fascismi, il terrore, la
guerra.
*
In cauda. Solo una spina costi' mi punge, e sarei ipocrita se qui non ne
dicessi: quella pagina 5 che e' ad un tempo la prova di un'amicizia la cui
gentilezza e' sconfinata, e un motivo di confusione del destinatario, che sa
di non meritare tanta generosita', e arrossisce anche di dover scrivere qui
questa cosa piccina.
*
Breve un profilo dell'autore: Augusto Cavadi (per contatti:
acavadi at lycos.com), prestigioso intellettuale ed educatore, collaboratore
del Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo, e'
impegnato nel movimento antimafia e nelle esperienze di risanamento a
Palermo, collabora a varie qualificate riviste che si occupano di
problematiche educative e che partecipano dell'impegno contro la mafia.
Opere di Augusto Cavadi: Per meditare. Itinerari alla ricerca della
consapevolezza, Gribaudi, Torino 1988; Con occhi nuovi. Risposte possibili a
questioni inevitabili, Augustinus, Palermo 1989; Fare teologia a Palermo,
Augustinus, Palermo 1990; Pregare senza confini, Paoline, Milano 1990; trad.
portoghese 1999; Ciascuno nella sua lingua. Tracce per un'altra preghiera,
Augustinus, Palermo 1991; Pregare con il cosmo, Paoline, Milano 1992, trad.
portoghese 1999; Le nuove frontiere dell'impegno sociale, politico,
ecclesiale, Paoline, Milano 1992; Liberarsi dal dominio mafioso. Che cosa
puo' fare ciascuno di noi qui e subito, Dehoniane, Bologna 1993, nuova
edizione aggiornata e ampliata Dehoniane, Bologna 2003; Il vangelo e la
lupara. Materiali su chiese e mafia, 2 voll., Dehoniane, Bologna 1994; A
scuola di antimafia. Materiali di studio, criteri educativi, esperienze
didattiche, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo
1994; Essere profeti oggi. La dimensione profetica dell'esperienza
cristiana, Dehoniane, Bologna 1997; trad. spagnola 1999; Jacques Maritain
fra moderno e post-moderno, Edisco, Torino 1998; Volontari a Palermo.
Indicazioni per chi fa o vuol fare l'operatore sociale, Centro siciliano di
documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1998, seconda ed.; voce
"Pedagogia" nel cd- rom di AA. VV., La Mafia. 150 anni di storia e storie,
Cliomedia Officina, Torino 1998, ed. inglese 1999; Ripartire dalle radici.
Naufragio della politica e indicazioni dall'etica, Cittadella, Assisi, 2000;
Le ideologie del Novecento, Rubbettino, Soveria Mannelli 2001; Volontariato
in crisi? Diagnosi e terapia, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2003; Gente
bella, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2004. Vari suoi contributi sono apparsi
sulle migliori riviste antimafia di Palermo. Indirizzi utili: segnaliamo il
sito: http://www.neomedia.it/personal/augustocavadi (con bibliografia
completa).

2. RIFLESSIONE. RETE DI DONNE PER LA PACE DI VENEZIA-MESTRE: TRA NOI E
LYNNDIE...
[Ringraziamo Tiziana Plebani (per contatti: plebani at marciana.venezia.sbn.it)
per averci inviato questo comunicato che, per la rilevanza dei temi che
propone, riproduciamo anche se l'iniziativa che esso annunciava si e' gia'
svolta]

Da tempo andiamo interrogandoci sulla relazione tra cio' che succede nello
scenario internazionale e le nostre vite. Abbiamo lavorato sul significato
reale e quotidiano della globalizzazione e sulla nostra immissione nel
mercato, non dimenticando mai la radice della nostra storia: un percorso di
genere sulle pratiche e il pensiero di pace.
Proprio per questo abbiamo sentito l'urgenza di confrontarci sull'emergere
prepotente di alcune figure di donne nella scena del conflitto:
"torturatrici" come Lynndie, di cui si e' molto parlato, oppure kamikaze,
soldatesse, ostaggi come le due Simone.
Vorremmo condividere con altre donne di questa citta', con cui siamo in
relazione, un primo momento di confronto a partire dalle nostre riflessioni
su alcune questioni centrali:
- che cosa ci trasmette questo protagonismo femminile, al di la' della
spettacolarizzazione e del voyerismo della nostra societa' dell'immagine,
che penetrano ossessivamente nelle case di tutto il mondo globalizzato?
- c'e' un'"estetica dell'orrore" in campo, non v'e' dubbio, e l'immagine
della citta' oggi comunica paura, disorientamento, diffidenza per l'altro da
noi;
- dice Ida Dominijanni che "Dopo Lynndie (la torturatrice di Abu Ghraib)
piu' niente e' come prima", titolo di un suo articolo sul "Manifesto". E'
proprio vero?
Conflitti ed orrori non sono da sempre presenti nella storia? Si pensi alle
donne kapo' dei campi di concentramento, ma anche alle figure mitologiche
come Medea. Cosa e' cambiato e sta cambiando?
Mai come ora cio' che e' stato trasmesso delle torture e delle donne
torturatrici, ma anche delle immagini delle donne kamikaze palestinesi e
cecene, interroga il movimento delle donne sulla "catastrofe simbolica del
primato e dell'alterita' femminile sulla specie e sulla relazione con
l'altro". Alcune hanno detto e scritto di  sentirsi liberate dall'obbligo
imposto di una funzione salvifica del mondo.
In tutto questo possiamo leggere una liberta' femminile che si fa comunque
strada oppure  una conseguenza di un percorso emancipatorio che ci ha
concesso i diritti di accesso paritario a tutto, compreso la guerra, la
violenza sui corpi e la ritorsione sadica e umiliante del gentil sesso sul
sesso forte?
Oppure... la complessit? del vivere odierno?
Iniziamo a discuterne insieme martedi' 21 dicembre ore 17 presso l'ex-sede
dell'Mce in Corte del Castello a Mestre, dietro il Municipio.
Una base per discutere: il fascicolo di "Via Dogana" del settembre 2004, i
materiali sul sito "DeA" e sul sito della "Libera Universita' delle donne di
Milano", "Leggendaria" di settembre 2004.
La rete di donne per la pace di Venezia-Mestre: Tiziana Plebani, Franca
Marcomin, Mara Bianca, Cristina Giadresco, Stefania Minozzi.

3. APPELLI. ANGELO CAVAGNA: IN DIGIUNO PER UNA LEGGE FINANZIARIA DI PACE
[Ringraziamo padre Angelo Cavagna (per contatti: gavci at iperbole.bologna.it)
per questo intervento. Padre Angelo Cavagna e' religioso dehoniano, prete
operaio, presidente del Gavci (gruppo di volontariato con obiettori di
coscienza), obiettore alle spese militari, infaticabile promotore di
inizative di pace e per la nonviolenza. Opere di Angelo Cavagna: Per una
prassi di pace, Edb, Bologna 1985; (a cura di, con G. Mattai), Il disarmo e
la pace, Edb, Bologna 1982; (a cura di), I cristiani e l'obiezione di
coscienza al servizio militare, Edb, Bologna 1992; I malintesi della
missione, Emi, Bologna; (a cura di), I cristiani e la pace, Edb, Bologna
1996]
Da quando iniziai il digiuno a tempo indeterminato salvo la vita (il 22
ottobre 2004), in appoggio alla Campagna "Sbilanciamoci", per una legge
finanziaria di pace, ben presto si sono aggiunti altri digiunatori, fra i
quali ben 18 parlamentari, piu' altri che hanno dato l'adesione. Oggi il
numero dei digiunatori e' giunto a 233.
Particolarmente significativo il gruppo dei digiunatori periodici (17), i
quali digiunano un giorno ogni settimana, coprendo tutta la settimana, fino
a Finanziaria conclusa.
Al fenomeno dei digiunatori va aggiunto quello di varie manifestazioni per
la pace, segnatamente per una Fiannziaria di pace: giornate intere,
dibattiti, conferenze stampa, interviste, dimostrazioni cittadine o a Roma
davanti al Parlamento ecc.
Cio' denota un aumento di attenzione e impegno sull'argomento rispetto agli
scorsi anni, e costituisce gia' un successo, a parte gli obiettivi specifici
dei tagli alla spesa militare e degli aumenti alla spesa sociale, che
potremo valutare a Finanziaria conclusa, visto che ora passa alla Camera dei
Deputati e probabilmente se ne protrarra' la discussione fino a gennaio
prossimo.
*
E' intuitivo che l'aumento del riarmo e delle spese militari e' spinto dalle
guerre in atto, quelle note e quelle ignorate, ma ugualmente deleterie.
Segnale inconfondibile e' il disagio oramai palese dei soldati in esse
impegnati. Ne parla la rivista "Internazionale" nel n. 567 del 26 novembre
2004 (pp. 22-25): "Stanchi della guerra o disillusi dal governo, centinaia
di soldati americani scelgono di disertare... Aumento del 40 per cento dei
suicidi fra i soldati in Iraq lo scorso anno... Nel 2003 l'esercito
americano ha registrato 2.774 disertori" ecc. Si sta in certo modo ripetendo
un fenomeno gia' occorso nella guerra del Vietnam. Si aggiunga che la meta'
dei soldati cosiddetti americani presenti oggi in Iraq spesso non sono
nemmeno americani, ma immigrati che, non avendo ancora il passaporto
regolare, lo potranno avere, con l'ottenimento della cittadinanza americana,
solo dopo aver combattuto in Iraq per un certo periodo di tempo.
Anche un cappellano, don Arcangelo, della missione militare italiana in
Iraq, ha lasciato, motivando: "Ho fatto una scelta di pace, e questo non e'
piu' l'esercito che porta la pace. Molti di loro ci credono, sono bravi
ragazzi, ma io ho 46 anni..." ("La Repubblica", 18 maggio 2004, p. 4). Cosa
aspettano a capirlo gli altri cappellani militari e soprattutto i nostri
politici, anche parecchi di quelli di centro e di sinistra?
La guerra in Iraq rappresenta il colmo del cinismo bellicistico di Bush e
relativi "amici" (fra i quali spicca il governo italiano). La grande accusa
a Saddam era la presenza di bombe atomiche in quel paese, che poi non si
sono trovate. Ma se e' proprio Bush che da quando e' al governo sta facendo
una politica nucleare sfacciata!
Manlio Dinucci, esponente della "Associazione per la Prevenzione della
Guerra Nucleare", vincitrice del Premio Nobel per la Pace nel 1985, in una
intervista cosi' ha affermato: "L'amministrazione Bush ha anzitutto
rilanciato il progetto reaganiano dello 'scudo spaziale', in grado di
lanciare contro qualsiasi Paese (anche dotato di armi nucleari) un 'first
strike', un primo colpo nucleare. Il secondo passo e' stato compiuto quando,
il primo ottobre 2002, il Comando strategico ha assorbito il Comando
spaziale. I preparativi di guerra nucleare si sono cosi' estesi dalla terra
allo spazio. Il terzo passo e' costituito dalla decisione del Pentagono di
sviluppare armi nucleari penetranti di 'bassa potenza'. Nella mente degli
strateghi, esse sono 'armi spendibili' anche in conflitti regionali,
cancellando la linea di demarcazione tra armi nucleari e non-nucleari,
accrescendo la possibilita' che la guerra diventi nucleare" ("Mosaico di
Pace", n. 11, dicembre 2004, p.14).
*
Basta a spese militari per guerre ingiuste e illegali.
Impieghiamo i soldi dei cittadini per vivere; ossia per i servizi sociali
sul territorio e per la cooperazione internazionale.
Invito tutti i pacifisti e le persone di buona volonta' perche' facciano
pressione in questi giorni sui deputati a correggere in tal senso la
Finanziaria.

4. FORMAZIONE. MARIA G. DI RIENZO: COME TRATTARE CON GLI ESPERTI
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici
di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista,
giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto
rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento
di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel
movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta'
e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza; e' coautrice
dell'importante libro: Monica Lanfranco, Maria G. Di Rienzo (a cura di),
Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003]

Il problema: gli esperti sanno cose che il resto di noi non sa. E quelli di
noi che non hanno una conoscenza specifica ("tecnica") dei metodi usati per
giungere ai convincimenti degli esperti, non sanno neppure se quanto essi
dicono sia vero o no, onesto o meno. Non sapendo come valutare le conoscenze
dell'esperto, non sappiamo ne' dare su di esse un giudizio, ne' come usarle.
Nel peggiore dei casi, siamo anche costretti ad arrovellarci sulla
complessita' delle idee proposte e del vocabolario usato: a questo punto
gettiamo la spugna e diciamo: "Va bene, decidete voi esperti, che conoscete
la questione".
Questo e' un brutto errore. L'esperto fa e dice cio' che le sue conoscenze
gli suggeriscono sia la cosa migliore, ma egli (o ella) raramente e' anche
esperto di noi, della nostra comunita', del nostro modo di maneggiare i
problemi. Forse e' il caso di portare le due "esperienze" a lavorare
insieme, che ne dite?
*
1. Definiamo cio' che sappiamo.
Noi siamo curiosi su un argomento qualsiasi perche' in parte lo conosciamo.
Per esempio, viviamo in una citta' dove il gusto dell'acqua di rubinetto e'
"strano", e vediamo che parecchi bambini, dopo averla bevuta, soffrono di
crampi allo stomaco. Sappiamo che c'e' qualcosa che non va, in quell'acqua.
E pero' non siamo ne' chimici, ne' biologi, ne' avvocati, e pensiamo che se
solleveremo la questione della qualita' dell'acqua con le autorita'
competenti queste ci risponderanno che non siamo esperti, non ne sappiamo
nulla, e quindi non ci ascolteranno. A questo punto, noi...
*
2. Definiamo cio' che non sappiamo.
Sempre facendo riferimento all'esempio riportato sopra, noi non sappiamo
cosa sta succedendo all'acqua di rubinetto, non sappiamo se e' pericolosa
per la nostra salute, e non conosciamo i nostri diritti rispetto alla
richiesta di avere acqua sana e pulita.
Percio'...
*
3. Definiamo cio' che faremmo con le informazioni se le avessimo.
Potremmo far analizzare l'acqua da un tecnico, e programmare i nostri
prossimi movimenti rispetto alle informazioni ottenute.
Questo tecnico potrebbe venire con noi ad un incontro con le autorita'
competenti, oppure potrebbe fornirci un rapporto che noi mostreremo durante
l'incontro. Se comprendiamo meglio chi prende le decisioni sull'acqua e
come, e quali sono i nostri diritti relativi all'acqua, sapremo a chi
indirizzare le nostre preoccupazioni e di che informazioni costoro
necessitano per agire.
*
4. Definiamo che cosa vogliamo gli esperti facciano.
Ovvero, diamo loro istruzioni precise. Continuando ad usare l'esempio dell'
acqua, noi chiederemo:
- al chimico di controllare se vi sono minerali nell'acqua che potrebbero
spiegarne il gusto "strano";
- al biologo di controllare se c'e' qualcosa nell'acqua che potrebbe
spiegare i dolori di stomaco;
- all'ingegnere di controllare se il sistema di tubature ha qualche
problema;
- all'avvocato di spiegarci le leggi che regolano l'uso dell'acqua.
E se vogliamo che vengano con noi agli incontri, o che sostengano
pubblicamente la nostra protesta, dobbiamo dirglielo chiaramente.
*
5. Negoziamo con gli esperti.
Prima di accordarci sul lavorare con loro, dobbiamo assicurarci che essi
vogliano lavorare con noi. Abbiamo infatti bisogno di domandare loro:
- Avete mai lavorato con gruppi di attivisti come il nostro?
- Siete in grado di effettuare il tipo di ricerca che vi abbiamo richiesto?
- Quale sara' il costo del vostro lavoro, e quanto tempo questo lavoro
prendera'?
- Intendete far parte del nostro sforzo per il cambiamento?
- Siete a vostro agio nel lavorare con altri esperti?
- Se ci sono domande a cui non sapete rispondere, ci aiuterete a trovare le
persone che potrebbero conoscere le risposte?
Non siamo obbligati ad accettare tutto quel che ci offrono, così com'e'.
Possiamo contrattare, e continuare a cercare.
*
6. Stiliamo un accordo scritto con loro.
Pensate a queste persone come a tecnici che avete chiamato a casa vostra per
qualche riparazione, e mettete nero su bianco il tipo di lavoro che faranno
per voi. Se l'accordo non e' chiaro e dettagliato, potreste scoprire che
costa molto di piu' di quanto preventivato, o che prende piu' tempo, o che
il risultato non e' quello che volevate.
Conclusione: Solo perche' qualcuno ha un sacco di attestati e titoli, non
significa che sara' in grado di aiutarvi. Gli esperti sono utili quando
lavorano per voi e con voi.

5. LIBRI. NORMANNA ALBERTINI PRESENTA "SHEMAL"
[Ringraziamo Normanna Albertini (per contatti: normanna.a at libero.it) per
aver scritto per noi questa presentazione del suo libro recentemente
pubblicato "Shemal", che verra' distribuito a partire dal gennaio 2005.
Normanna Albertini e' nata a Canossa nel 1956, insegnante nella scuola
elementare, vive e lavora a Castelnovo ne' Monti; e' impegnata nel gruppo di
Felina (Reggio Emilia) della Rete Radie' Resch, e quindi in varie iniziative
di solidarieta', di pace, per i diritti umani e per la nonviolenza; scrive
da anni su "Tuttomontagna", mensiled fell'Appennino reggiano; il libro
Shemal (Chimienti Editore, Taranto-Milano 2004, pp. 128, euro 13,50) e' la
sua prima opera letteraria. Per richieste alla casa editrice (benemerita
dell'impegno per la pace): via lago Trasimeno 1, Taranto, e-mail:
info at chimientieditore.it]

"Non un romanzo, non un saggio storico; una testimonianza. Uno scritto, una
sceneggiatura che invita al pensiero, piu' che al godimento letterario". E'
con queste parole che il professor Franco Porsia, docente di storia
medievale all'Universita' di Bari, presenta Shemal, pubblicato e distribuito
da Chimienti dal gennaio 2005.
Da dove e' nato lo spunto per questo mio libro? Curiosando tra i testi che
documentano i processi dell'Inquisizione spagnola ho incontrato Elvira do
Campo. Una vita segnata dal sopruso, dalle violenze, dal giogo del
pregiudizio razziale e religioso, dall'estrema sofferenza nella tortura e
nella prigionia. E il fastidio provato per chi, nonostante l'evidenza dei
tanti documenti e la richiesta di perdono ufficiale della Chiesa, continua a
liquidare la persecuzione innanzitutto contro le donne che e' stata
l'Inquisizione, mi ha "costretto" a scrivere.
*
Solo pochi mesi fa, nel giugno scorso, nella sala stampa della Santa Sede
erano stati presentati gli atti del simposio internazionale
sull'Inquisizione che si tenne in Vaticano dal 29 al 31 ottobre del 1998. Un
volume imponente di ben 788 pagine. Wojtyla, in occasione del Giubileo del
2000, voleva chiedere perdono "per le forme di antitestimonianza e di
scandalo" praticate nell'arco della storia dai figli della Chiesa (cosa che
fece il 12 marzo 2000 nella "Giornata del perdono"). Ma prima di chiedere
perdono, era necessario avere una conoscenza esatta dei fatti.
Nell'occasione, il cardinale Georges Cottier e' intervenuto con queste
parole: "Interrogandosi, all'inizio della sua attivita', sui compiti che
l'attendevano, la Commissione Storico-Teologica del Comitato per il Grande
Giubileo dell'Anno 2000, ha colto subito l'importanza dei n. 33-36 della
Lettera Apostolica Terzio Millennio Adveniente (1994). Leggiamo: 'E' giusto
pertanto che, mentre il secondo Millennio del cristianesimo volge al
termine, la Chiesa si faccia carico con piu' viva consapevolezza del peccato
dei suoi figli nel ricordo di tutte quelle circostanze in cui, nell'arco
della storia, essi si sono allontanati dallo spirito di Cristo e del suo
Vangelo, offrendo al mondo, anziche' la testimonianza di una vita ispirata
ai valori della fede, lo spettacolo di modi di pensare e di agire che erano
vere forme di antitestimonianza e di scandalo. La Chiesa, pur essendo santa
per la sua incorporazione a Cristo, non si stanca di fare penitenza: essa
riconosce sempre come propri, davanti a Dio e davanti agli uomini, i figli
peccatori. Afferma al riguardo la Lumen gentium: La Chiesa che comprende nel
suo seno i peccatori, santa insieme e sempre bisognosa di purificazione,
incessantemente si applica alla penitenza e al suo rinnovamento'.  Una
domanda di perdono non puo' riguardare, va da se', che fatti veri e
obiettivamente riconosciuti. Non si chiede perdono per alcune immagini
diffuse all'opinione pubblica, che hanno piu' del mito che della realta'".
*
Altro che "leggenda nera"! La mia Elvira, come tante altre poverette, fu
imprigionata su delazione perche' accusata di abitudini giudaiche, quand'era
semplicemente figlia di "conversos" e forse nemmeno ricordava le proprie
origini, limitandosi a ripetere gesti svuotati di significato religioso che
erano ormai consuetudini. E' la rappresentazione di tante donne del passato
e del presente. Lo strazio e l'orrore della tortura inflitta in stato di gra
vidanza, il distacco, il disprezzo arrogante, l'insensibilita' usata dai
suoi aguzzini, sono gli stessi che percorrono la storia dalla notte dei
tempi. E' la negazione del diritto delle donne a esistere nella pace, a dare
e difendere la vita, a spendersi solo per la vita.
Una vicenda storica quindi, ma con richiami di estrema attualita', certo,
anche perche', se e' vero che la storia sembra ripetersi, e' anche vero che
l'umanita', dalla storia, non vuole imparare, e continua a ricadere negli
stessi errori.
La vicenda e' collocata intorno al 1492 e, come allora, il mondo odierno e'
percorso da crudelta', intolleranza, razzismo, fanatismo, guerre. A patire,
ovviamente, sono soprattutto le donne e i loro figli.
Mi e' piaciuto immaginare la protagonista forte e resistente come Giuditta
ed Ester, come Maria di Nazaret. Forte e resistente come Anna Frank, come
etty Hillesum, come le madri che oggi in Israele piangono i loro figli morti
negli attentati, come le madri palestinesi che vedono distruggere giorno per
giorno le loro famiglie, come le donne di tutto il mondo e di tutti i tempi,
tenaci, pur in mezzo alla distruzione, nel continuare a dare la vita.
*
Continua il professor Franco Porsia: "Si viaggia spinti da smanie di beni
tangibili e materiali, mai intellettuali e spirituali. Si governa per
sorvegliare l'integrita' della propria potenza, non mai per la serenita'
degli altri. E, sopra tutto e tutti, quest'incredibile Elvira, che tien
testa al terribile Inquisitore e lo invaghisce di se' (strega?),
rivelandogli la poverta', l'assenza di carita' del suo essere e della sua
mente". Il titolo, Shemal, e' il nome di una divinita' mesopotamica che in
ebraico diventa Samaele, "il veleno di Dio". E' l'angelo dell'Eden a cui Dio
chiede di nominare gli animali e onorare l'uomo. Geloso di Adamo, che subito
da' un nome agli esseri viventi, egli viene scaraventato da Dio fuori dal
Paradiso. Da allora cerca di trascinare con se' l'umanita'. Il serpente
striscia per tutto il libro: si parte col serpentello che si infila nella
borsa di un viaggiatore genovese alla ricerca dell'oro e lo si ritrova in
ogni passaggio del testo. Raffigura la sete di potere, la smodata smania di
ricchezza, l'Io amplificato e sordo a ogni richiamo etico e morale.

6. RIFLESSIONE. PASQUALE PUGLIESE: GLI EDUCATORI, LA GUERRA E L'EDUCAZIONE
ALLA NONVIOLENZA
[Ringraziamo Pasquale Pugliese (per contatti: puglipas at interfree.it) per
averci messo a disposizione questa sua relazione tenuta al convegno
nazionale "Progettare futuri. Pensieri, esperienze, passioni nella
progettazione educativa territoriale con i ragazzi e le ragazze dagli 8 ai
15 anni", svoltosi a Reggio Emilia dal 24 al 26 marzo 2003 (i cui atti sono
stati pubblicati in coedizione dal Comune di Reggio Emilia e dalle Edizioni
Gruppo Abele di Torino). Pasquale Pugliese, educatore presso i Gruppi
educativi territoriali del Comune di Reggio Emilia, dove risiede, laureato
in filosofia con una tesi su Aldo Capitini, e' impegnato nel Movimento
Nonviolento, nella Rete di Lilliput ed in numerose iniziative di pace; e'
stato il principale promotore dell'iniziativa delle "biciclettate
nonviolente"]

Il tema che era stato assegnato inizialmente alla mia collega Caterina ed a
me verteva sull'esperienza dei laboratori teatrali ai Gruppi Educativi
Territoriali del Comune di Reggio Emilia (di qui in poi in sigla: Get) e
sulla loro evoluzione verso l'iniziativa del "teatro nei quartieri". Il
contesto storico in cui si svolge questo Convegno, con la drammatica
evoluzione di eventi bellici che ci coinvolgono nel profondo proprio in
quanto educatori, mi costringe pero' a modificare parzialmente il taglio del
mio intervento. Anche perche' lo specifico - anche se modesto - contributo
che, in questi anni, ho provato personalmente a dare ai laboratori teatrali
e' stato proprio in direzione dello sviluppo, all'interno del Get, delle
tematiche legate alla pace ed alla nonviolenza, attraverso il linguaggio
multiforme e coinvolgente del teatro (1). E visto che sull'aspetto
strettamente teatrale si soffermera' Caterina Lusuardi - che ne e' la vera
anima - sento l'esigenza di mettere a fuoco brevemente il rapporto, vissuto
sulla nostra pelle ancor prima che elaborato teoricamente, tra l'enorme
fatica dell'educare sui territori, nei quartieri, tra gli adolescenti -
cercando di trasmettere valori di pace e di trasformazione nonviolenta dei
conflitti, anche personali - e un contesto nel quale le nostre parole sono
solo un alito, soffocato dal rumore assordante della guerra. Che tutto
sommerge e tutto travolge.
In un contesto globale nel quale le risorse del pianeta sono sempre piu'
iniquamente distribuite, per il ricco Occidente la guerra e' tornata ad
essere la modalità "normale" per fare fronte ai molti conflitti, che proprio
dall'ingiustizia del contesto sono generati. In conseguenza di questa
terribile derìva, una cultura che rilegittima l'uso della violenza - di cui
la guerra e' la massima espressione - ha cominciato a dilagare, dall'alto
dei decisori politici e degli opinion-makers verso il basso, tra le gente,
esercitando un'influenza tra i piu' giovani e, in particolare, proprio tra
coloro che hanno meno strumenti culturali e strutturali per farvi fronte
adeguatamente. Proprio tra coloro, cioe', con i quali noi lavoriamo
quotidianamente.
All'interno di questo processo generale, in momenti come questi, assistiamo
poi alla dilapidazione in un solo attimo degli sforzi di quanti, in questi
anni, nei vari luoghi dell'educare, hanno promosso tra i ragazzi metodi
nonviolenti per affrontare e gestire i conflitti. Tutti i conflitti. Oggi
piu' che mai noi educatori ci troviamo ad operare in un contesto di
doppiezza del messaggio, laddove le idee e le prassi di trasformazione
costruttiva dei conflitti - che cerchiamo di trasmettere e magari di far
sperimentare e sedimentare proprio tra i piu' giovani - entrano in rotta di
collisione con i messaggi espliciti di uso delle armi per affrontare le
questioni internazionali che i nostri governi trasmettono. Tanti sono i
segnali in questa direzione: ultima - e forse la meno preoccupante se non
fosse significativa su un piano simbolico (e sappiamo quanto siano
importanti i simboli per i ragazzi) - e' la moda degli abiti militari che
proprio in questo periodo si sta diffondendo tra giovani e giovanissimi.
*
Anche se superficialmente l'ambito dei conflitti sociali e quello dei
conflitti personali possono apparire distinti, in realta', come insegnano
gli studi sulla mediazione e trasformazione nonviolenta dei conflitti - da
quelli di Johan Galtung a quelli di Pat Patfort (2) - le modalita' di avvio,
escalation e diffusione della violenza, che da quelli spesso e' generata,
seguono delle dinamiche analoghe tanto nella dimensione micro dei rapporti
interpersonali, quanto nella dimensione meso dei rapporti intergruppali,
quanto infine nella dimensione macro di quelli sociali. E i ragazzi, che
sono sempre pronti a leggere le analogie e le concordanze reali tra i fatti
al di qua delle differenze dei contesti in cui essi si esplicano, colgono
perfettamente questo nesso profondo. E avvertono che "il re e' nudo".
Non possono, cioe', non essere indotti a decodificare il messaggio volto
alla educazione alla pace ed alla nonviolenza - a partire proprio dalle loro
relazioni personali e quotidiane - che la societa' educante (o "la città
educativa", nel nostro caso), attraverso le sue varie "agenzie", tenta di
fornire, alla luce del meta-messaggio, molto piu' forte e pervasivo, che la
societa' complessivamente propone con il continuo uso della guerra "come
mezzo di risoluzione delle controversie internazionali".
Uso l'aggettivo "continuo" a ragion veduta, visto che il nostro stesso paese
negli ultimi dodici anni e' stato coinvolto in ben cinque guerre (compresa
la presente contro l'Iraq nella quale, pur non partecipando in prima linea,
si condividono le ragioni e si da' sostegno logistico) nonostante la nostra
Costituzione - essa si' educante nella forma e nella sostanza - "ripudi la
guerra", appunto, "come mezzo di risoluzione delle controversie
internazionali" (3).
*
I ragazzi ci osservano anche quando sembrano distratti, ci giudicano anche
quando appaiono indifferenti e apprendono non tanto da cio' che diciamo
quanto da cio' che facciamo. E se il dire e il fare degli adulti e'
incoerente tutti i nostri sforzi educativi risultano inutili, se non
controproducenti.
Come affrontare, dunque, con una qualche speranza di successo il problema
del bullismo, o della violenza tra le bande giovanili, o semplicemente come
aiutare a strutturare relazioni collaborative e feconde tra diversi, quando
lo spettacolo quotidianamente offerto dai mass-media rappresenta una
societa' adulta che fa ancora, e con rinnovato vigore, uso della violenza
assoluta della guerra per affrontare i conflitti?
All'interno dei Gruppi Educativi Territoriali questa contraddizione si
esprime poi in tutta la sua evidenza a causa della complessita' delle
problematiche sociali e culturali di cui sono portatori i ragazzi. I quali
sono, infatti, per lo piu', proprio l'anello debole del sistema sociale e
della violenza strutturale che governa il nostro mondo globalizzato, quando
non, in qualche caso, profughi di una tra le tante guerre.
Pertanto l'intervento degli educatori nei Get si e' connotato sempre piu',
consapevolmente e progettualmente, come un servizio di prevenzione sociale
attraverso la promozione educativa di modalita' altre dell'agire
relazionale. Un luogo ed un tempo dove e' data ai ragazzi la possibilita' di
sperimentare e sperimentarsi in modelli differenti per affrontare, gestire e
trasformare i conflitti da distruttivi in costruttivi. Tanto i conflitti
veri e quotidiani, quanto i conflitti mimati attraverso il linguaggio
teatrale. Con l'obiettivo strategico di aiutare il trasferimento all'esterno
delle "competenze" relazionali acquisite all'interno.
E, grazie a questi sforzi, i Get sono, o almeno cercano di essere, una
palestra di educazione alla nonviolenza, situata proprio sui territori,
geografici e sociali, dove hanno la genesi parte dei fenomeni di disagio e
violenza metropolitani. Non e' un caso infatti che in occasione della
proclamazione da parte dell'Onu degli anni 2001-2010 come "Decennio
internazionale per una cultura di pace e nonviolenza per i bambini del
mondo" gli educatori abbiano deciso d'intitolare i diversi Get a Paulo
Freire, Mohandas Gandhi, Danilo Dolci, Chico Mendes, Lev Tolstoj e Martin
Luther King, ossia ai grandi maestri ed educatori di nonviolenza.
*
Ma quanto e' possibile per noi, oggi, essere efficaci educatori di
nonviolenza in un mondo che rema contro, che educa alla peggiore delle
violenze? Ossia che educa a risolvere i conflitti con la guerra?
E tuttavia credo d'interpretare il sentimento di tutti i miei colleghi
affermando che continuiamo e continueremo a provarci. Sia implicitamente,
attraverso l'attivazione delle buone prassi educative che sono costitutive
del nostro progetto pedagogico, sia esplicitamente, proprio attraverso i
laboratori teatrali che in questi ultimi anni, entrando nel vivo della
storia presente, hanno affrontato direttamente, con i nostri ragazzi, il
tema della guerra, della pace e della nonviolenza.
Sia, infine, chiedendo a tutti i partecipanti a questo convegno di
sottoscrivere il seguente appello  rivolto al Presidente della Repubblica.
*
Signor Presidente,
noi, educatori, insegnanti, operatori culturali e sociali, riuniti a Reggio
Emilia nei giorni 24, 25 e 26 marzo in occasione del Convegno nazionale del
servizio "La citta' educativa" del Comune di Reggio Emilia sul tema
"Progettare futuri. Pensieri, esperienze, passioni nella progettazione
educativa territoriale con i ragazzi e le ragazze dagli 8 ai 15 anni",
provenienti da tutta Italia, sentiamo di doverci rivolgere a Lei, in quanto
supremo garante della Costituzione della Repubblica Italiana, per esprimerLe
il nostro sgomento.
Noi che operiamo tutti i giorni con i ragazzi che affrontano la difficile
fase della preadolescenza e dell'adolescenza - cercando di prevenire il
fenomeno della loro trasformazione in "ragazzi difficili" - attraverso la
costruzione di modalita' relazionali improntate alla fiducia e al rispetto
reciproci, ed all'accoglienza delle diversita', siamo sgomenti di fronte
alla tragedia della guerra.
Oltre che come cittadini di uno Stato che ha scelto di "ripudiare la guerra"
fin dalla propria Carta fondante, siamo sgomenti proprio come educatori che
quotidianamente fanno lo sforzo di promuovere cultura di pace tra i piu'
giovani, attraverso l'aiuto a trasformare i loro conflitti da distruttivi in
costruttivi, cioe' attraverso la proposta pratica della nonviolenza come
strumento principale di comunicazione e confronto con gli altri.
Oltre che per le vittime, per lo piu' civili inermi e innocenti, che questa
guerra come tutte le guerre produce, siamo sgomenti  perche' la strada della
guerra, nuovamente percorsa dal mondo, civile, degli adulti, esemplifica ed
amplifica alla massima potenza proprio quel modo di affrontare i conflitti
che noi cerchiamo di delegittimare tra i ragazzi; cancella, con la potenza
delle sue armate, con un colpo di spugna i nostri sforzi disarmati; ci rende
muti di fronte alla domanda: "perche' la nonviolenza vale per noi e non per
i grandi?".
Oltre che per il sostegno del nostro governo alle "ragioni" della guerra che
infrange il dettato costituzionale, siamo sgomenti perche' noi che facciamo
tutti i giorni uno sforzo immenso per diffondere la cultura della legalita',
proprio laddove e' piu' difficile farla sedimentare, ci troviamo oggi
costretti dalla nostra coscienza a spiegare ai nostri ragazzi - come quel
priore di Barbiana dovette fare con i suoi - che di fronte alla
scelleratezza della guerra "l'obbedienza non e' piu' una virtu'".
Con rispetto.
Reggio Emilia, 24 marzo 2003 (4)
*
Note
1. Il racconto di un percorso teatrale sul tema della pace -  Teatro e
nonviolenza nei Gruppi Educativi Territoriali di Reggio Emilia - si puo'
leggere sul numero 8-9/2002 di "Azione nonviolenta", rivista fondata nel
1964 da Aldo Capitini.
2. Vedi almeno per Johan Galtung: Pace con mezzi pacifici, Esperia, Milano
2000, e La trasformazione nonviolenta dei conflitti, Edizioni Gruppo Abele,
Torino 2000; per Pat Patfort: Costruire la nonviolenza.Per una pedagogia dei
conflitti, La meridiana, Molfetta 1992, e Io voglio, tu non vuoi. Manuale di
educazione nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2001.
3. Gia' in occasione della guerra contro la Jugoslavia gli educatori del Get
espressero la loro preoccupazione diffondendo il seguente comunicato stampa,
pubblicato su diversi quotidiani locali e nazionali: "Noi educatori dei
Gruppi Educativi Territoriali del Comune di Reggio Emilia esprimiamo la
nostra profonda condanna dell'uso della guerra come 'mezzo di risoluzione
delle controversie internazionali', secondo il principio sancito dall'art.
11 della Costituzione della Repubblica Italiana. Ci chiediamo sgomenti come
potremo conciliare domani l'educazione al dialogo e alla risoluzione
pacifica dei conflitti interpersonali, che da anni tentiamo di trasmettere
ai nostri ragazzi, con il messaggio che essi oggi ricevono dai grandi della
terra secondo i quali i problemi si risolvono con la forza e la violenza.
Dovremo forse dire loro che, d'ora in poi, quando un ragazzo grande picchia
uno piu' piccolo e' giusto che l'educatore intervenga a picchiare a sua
volta, con un randello in mano, per ristabilire l'amicizia tra i due? O che
quando scoppia un incendio i vigili del fuoco devono intervenire a spegnerlo
versando benzina piuttosto che acqua? Dovremo insomma spiegare che la
violenza si combatte con la violenza? Noi ci rifiutiamo di farlo. Per questo
condanniamo profondamente questa, come tutte le guerre, e chiediamo al
nostro governo, nel rispetto della ragione e della nostra Costituzione,
l'immediata cessazione dei bombardamenti della Nato per poter finalmente
intraprendere delle vere e giuste trattative di pace. Gli educatori di
territorio del Comune di Reggio Emilia".
4. Questo appello e' stato sottoscritto, in tre giorni, da 769 educatori,
insegnanti, operatori culturali e cittadini, intervenuti al convegno.

7. RIFLESSIONE. PAX CHRISTI ITALIA: SANDALI E ANFIBI
[Da Pax Christi Italia (per contatti: segreteria at paxchristi.it) riceviamo e
diffondiamo. Pax Christi, come e' noto, e' un movimento cattolico
specificamente impegnato per la pace e la nonviolenza]

Le raccomandazioni di Gesu' ai primi apostoli che venivano inviati come
"missionari" nei villaggi della Palestina risuonarono chiare ed esplicite:
"Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa,
ne' bisaccia, ne' sandali, e non salutate nessuno lungo la strada. In
qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa" (Luca 10, 3-5).
Lo stile e il contenuto dell'annuncio sono inequivocabilmente improntati
alla poverta' e alla pace. Ci sono uomini e donne che nel corso dei secoli
non hanno mai smesso di prendere sul serio quelle parole e hanno continuato
a fidarsi del Nazareno andando di villaggio in villaggio per annunciare la
pace di Cristo alle case degli uomini e delle donne del loro tempo.
Per questa ragione ci lascia sconcertati l'iniziativa intrapresa
dall'Ordinariato Militare in Italia di produrre e diffondere un calendario
in collaborazione con le Pontificie Opere Missionarie. Le immagini che
vengono proposte di mese in mese mostrano uomini in tuta mimetica che
offrono doni ai bambini, aerei da combattimento che sorvolano croci e messe
da campo cui partecipano battaglioni in armi. Esattamente il contrario di
quello che Cristo, il Principe della pace, ha vissuto e insegnato.
Piu' volte abbiamo espresso la nostra convinzione che l'assistenza
spirituale e pastorale che va garantita agli uomini e alle donne arruolati
nelle forze armate, puo' avvenire ad opera di sacerdoti che svolgono il loro
servizio ministeriale al di fuori dell'esercito, senza indossare divise,
senza assumerne i gradi, e soprattutto senza godere dei medesimi privilegi
riservati alle autorita' militari. Ma a lasciarci particolarmente costernati
e' l'abbinamento e l'allusione fuorviante e diseducativa, antievangelica,
strumentale e violenta che emerge dall'accostare la figura del missionario a
quella del cappellano militare e del militare stesso.
Non c'e' un solo passo del Vangelo in cui il Cristo sembra dare una pur
lontana giustificazione all'uso della forza. Al contrario sono frequenti i
brani che esortano alla nonviolenza e la indicano chiaramente come un
distintivo cristiano. "A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l'altra;
a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunicaî"(Luca 6, 29).
Ai responsabili dell'Ordinariato Militare in Italia e delle Pontificie Opere
Missionarie chiediamo di aiutarci a cogliere il senso di questa operazione e
di indicarci se davvero ritengono che l'Ad gentes possa realizzarsi
affiancandosi alle armi e al loro potenziale di'morte, ovvero se ritengono
possibile rispondere indossando gli anfibi della guerra all'invito del
maestro di annunciarlo a piedi scalzi. Crediamo che proprio il Monte
Calvario, riproposto nel calendario mentre viene sorvolato da aerei
portatori di morte, continui ad essere nei secoli la piu' antica e nobile
universita' della nonviolenza.
Nei giorni scorsi sono stati molti tra missionari e missionarie a segnalarci
il calendario e a sollecitare una nostra presa di posizione. Anch'essi e
anch'esse si uniscono alla nostra voce. A loro va tutta la nostra stima e il
nostro riconoscimento per l'opera instancabile dell'annuncio del Vangelo
della pace in tante parti del mondo.

8. LETTURE. AVEMPACE: IL REGIME DEL SOLITARIO
Avempace, Il regime del solitario, Rizzoli, Milano 2002, pp. 276, euro 12. A
cura di Massimo Campanini e di Augusto Illuminati, con un'ampia e accurata
introduzione (pp. 5-80) e con testo arabo a fronte, la prima traduzione
italiana dell'opera piu' celebre del grande filosofo Abu Bakr Muhammad Ibn
Yahya Ibn al-Sa'igh Ibn Tujibi Ibn Bajjah, nato a Saragozza sul finire
dell'XI secolo e deceduto nel 1139, noto nella cultura latina medioevale
come Avempace.

9. LETTURE. AMNESTY INTERNATIONAL: MAI PIU' VIOLENZA SULLE DONNE
Amnesty International, Mai piu' violenza sulle donne, Edizioni Gruppo Abele,
Torino 2004, pp. 32, euro 3. Un recente rapporto di Amnesty International, a
supporto della campagna "Mai piu' violenza sulle donne" (per maggiori
informazioni e per partecipare alle iniziative della campagna si puo'
visitare il sito: www.amnesty.it).

10. LETTURE. DOPOSCUOLA DELLA PIEVUCCIA: ABC DELLA PACE
Doposcuola della Pievuccia, Abc della pace, Edizioni Qualevita, Torre dei
Nolfi (Aq) 1990, pp. 160, lire 16.000. L'esperienza del doposcuola della
Pievuccia a Castiglion Fiorentino, che si ricollega all'esperienza della
scuola di Barbiana, ha prodotto questo bel libro che raccoglie molti utili
materiali di lavoro. Per richieste alla casa editrice (le benemerite
Edizioni Qualevita, una delle piu' autorevoli voci della nonviolenza in
Italia): via Buonconsiglio 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. 0864460006,
e-mail: qualevita3 at tele2.it, sito: www.peacelink.it/users/qualevita

11. LETTURE. ANTONIO MAZZEI: GLI STATI DI EMERGENZA IN ITALIA FRA TEORIA E
PRASSI
Antonio Mazzei, Gli stati di emergenza in Italia fra teoria e prassi,
Legatoria Rossi, Verona 2004, estratto da "Nuova rassegna di legislazione,
dottrina e giurisprudenza", n. 17 del primo settembre 2004, pp. 2024-2031.
Con la consueta precisione ed acutezza l'apprezzato studioso esamina il tema
in poche ma dense e concentrate pagine, la cui lettura vivamente
raccomandiamo.

12. LETTURE. AHMED OTHMANI CON SOPHIE BESSIS: LA PENA DISUMANA
Ahmed Othmani con Sophie Bessis, La pena disumana. Esperienze e proposte
radicali di riforma penale, Eleuthera, Milano 2004, pp. 144, euro 12. Uno
dei piu' conosciuti studiosi ed attivisti per i diriti umani (lui stesso
torturato e incarcerato in Tunisia tra il 1968 e il 1979 per le sue opinioni
politiche), in collaborazione con la nota storica e giornalista francese,
formula una lucida diagnosi della situazione carceraria e propone un
percorso di intervento necessario ed urgente. Un libro da leggere, e da
utilizzare. Per richieste alla casa editrice (una prestigiosa casa editrice
libertaria che ha pubblicato molti eccellenti volumi): casella postale
17002, 20170 Milano, e-mail: info at eleuthera.it, sito: www.eleuthera.it

13. LETTURE. FULVIO SCAGLIONE: BYE BYE BAGHDAD
Fulvio Scaglione, Bye bye Baghdad. Luoghi, persone e storie della pax
americana, Fratelli Frilli Editori, Genova 2003, pp. 160, euro 12,50. Il
vicedirettore di "Famiglia cristiana" racconta la situazione irachena
facendo parlare le persone che in quel teatro di guerra si trovano. Un
reportage la cui lettura consigliamo con particolare convinzione. Per
richiedere il libro alla casa editrice: tel. 0103074224 o anche 0103772846,
e-mail: info at frillieditori.com, sito: www.frillieditori.com

14. LETTURE. SURVIVAL INTERNATIONAL: DISEREDATI
Survival International, Diseredati. Indiani del Brasile, s. i. t., pp. 96,
euro 6,2. Un libro che descrive, con dovizia di testimonianze e di dati, la
terribile situazione dei popoli indigeni del Brasile, in solidarieta' con i
quali Survival e' fortemente impegnata. Per ulteriori informazioni e
contatti si puo' visitare il sito www.survival.it

15. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

16. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, sudest at iol.it,
paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 786 del 22 dicembre 2004

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