La nonviolenza e' in cammino. 776



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 776 del 12 dicembre 2004

Sommario di questo numero:
1. Anna Maffei: Falluja
2. Emilia Ferreiro ricorda Paulo Freire
3. L'esperienza di Neve' Shalom / Wahat al-Salam
4. Luce Fabbri: Liberta'
5. Giacomo Alessandroni: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'...
6. Michele Meomartino: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'...
7. Mao Valpiana: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'...
8. Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta"
9. Maria G. Di Rienzo: Il dialogo come viaggio
10. Disponibili in rete i venti numeri di "Educarsi alla pace"
11. La "Carta" del Movimento Nonviolento
12. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. ANNA MAFFEI: FALLUJA
[Ringraziamo di cuore Lidia Maggi (per contatti: lidia.maggi at ucebi.it) per
averci inviato questo comunicato della presidente dell'Unione Cristiana
Evangelica Battista d'Italia (in sigla: Ucebi; per contatti: ucebit at tin.it),
Anna Maffei, diffuso il 7 dicembre scorso. Anna Maffei, presidente
dell'Ucebi, appartiene alla tradizione nonviolenta espressa dal pastore
battista e martire per la pace Martin Luther King]

Il recente intervento armato a  Falluja, col conseguente sterminio di
centinaia di persone non combattenti, anziani, donne, bambini, ci chiama a
gridare basta a questa guerra in Iraq che ha superato ogni limite di civile
sopportazione. Apprendiamo che a Falluja le organizzazioni umanitarie sono
state tenute lontane dal teatro del conflitto, cosi' pure sono stati tenuti
lontani medici e infermieri, rendendo impossibile la cura dei feriti, in
aperta violazione delle convenzioni internazionali. Anche la stampa libera
e' stata tenuta lontana, cosi' da non darci le informazioni cui il mondo ha
diritto, mentre sono stati forniti bollettini utili a chi manovra la guerra.
Dalla guerra non ci siamo mai attesi la soluzione dei conflitti, sapevamo
che essa aggrava le questioni, abbassa il livello di civilta' ed e'
condannabile anche per la morte di un solo innocente.
Adesso deve diventare chiaro a tutti che la guerra in Iraq non previene
alcunche' ma innesca una spirale di morte e distruzione che deve essere
fermata immediatamente.
Come cristiani evangelici battisti uniamo la nostra voce a quanti dicono
basta a questa guerra e a quanti intraprendono azioni concrete per portare
soccorso alle vittime del conflitto.
Qui ribadiamo il nostro impegno per il dialogo tra le fedi e per la
preghiera che operi la conversione e cambi i cuori di tutti.

2. MEMORIA. EMILIA FERREIRO RICORDA PAULO FREIRE
[Il testo seguente e' stato letto da Emilia Ferreiro in un incontro di
omaggio a Paulo Freire tenutosi il 27 giugno 1997, e pubblicato in "Avance y
perspectiva" del settembre-ottobre 1997. Noi lo abbiamo ripreso da Maria
Luigia Casieri, Il contributo di Emilia Ferreiro alla comprensione dei
processi di apprendimento della lingua scritta, vol. I, Viterbo 2004, pp.
580-583. Emilia Ferreiro, argentina, docente in Messico, pedagogista
illustre, e' una delle piu' grandi studiose viventi del processi di
alfabetizzazione; e' di fondamentale importanza il suo contributo sul tema
dell'apprendimento della lettura e della scrittura da parte dei bambini.
Un'ampia bibliografia delle opere di Emilia Ferreiro pubblicheremo
prossimamente su questo foglio. Paulo Freire e' nato a Recife (Brasile) nel
1921; nel 1961 ha fondato il Movimento di cultura popolare, cominciando ad
elaborare ed applicare il metodo di alfabetizzazione legato al suo nome; nel
1964 dopo il colpo di stato militare e' imprigionato; successivamente e'
costretto all'esilio; tra i massimi esperti di problematiche educative (con
particolar riferimento al Sud del mondo), ha continuato la ricerca e
l'attivita' di alfabetizzazione in varie parti del pianeta; e' deceduto nel
1997. Tra le opere di Paulo Freire: La pedagogia degli oppressi, Mondadori,
Milano 1980; L'educazione come pratica della liberta', Mondadori, Milano
1977; Pedagogia in cammino, Mondadori, Milano 1979. Cfr. anche il
libro-intervista a cura di Edson Passetti, Conversazioni con Paulo Freire,
Eleuthera, Milano 1996. Opere su Paulo Freire: Moacir Gadotti, Leggendo
Paulo Freire, Sei, Torino 1995; Leandro Rossi, Paulo Freire profeta di
liberazione, Edizioni Qualevita, Torre dei Nolfi 1998. Per un rapido avvio
alla conoscenza cfr. anche Stefano Del Grande (a cura di), Memorabilia:
Paulo Freire, fascicolo monografico del "Notiziario Cdp" n. 161,
gennaio-febbraio 1999, Centro di documentazione di Pistoia. Un'ampia
bibliografia di e su di Paulo Freire e' nel fascicolo n. 20 dell'8 dicembre
2004 di "Educarsi alla pace", il sito di riferimento e' www.paulofreire.org]

La casa editrice Siglo XXI ha avuto la felice idea di convocarci per rendere
omaggio a un uomo e un'opera di straordinaria influenza in tutta l'America
Latina, una persona che ha rappresentato e rappresenta per molte persone del
resto del mondo il pensiero pedagogico latinoamericano.
Un uomo e un'opera: e' difficile separarli, non solo perche' Paulo ci parla
sempre in prima persona in tutti i suoi testi, e perche' ci parla delle sue
vicissitudini e degli eventi che lo fecero crescere come educatore, ma anche
e soprattutto per la continua ricerca di coerenza tra le sue parole e il suo
"essere nel mondo con il proprio corpo".
"Il mio discorso deve essere coerente col mio corpo. Il modo in cui il mio
corpo si muove nel mondo deve essere coerente con il discorso che parla del
movimento del mondo".
Voglio rendere il mio omaggio a un uomo che e' stato coerente per tutta la
sua vita, sapendo molto bene la difficolta' di tale impresa, particolarmente
in Brasile, in cui illustri critici dell'educazione, che sostennero per anni
un discorso progressista, si sono ora convertiti al pragmatismo e diventano
consiglieri della Banca Mondiale.
Voglio rendere il mio omaggio a una persona che nel suo scrivere non ha mai
trasmesso stanchezza, pessimismo o abbattimento, e che ha lottato per tutta
la vita. A un lottatore infaticabile. A un lottatore che cercava il dialogo
e forse per questo ha concesso tante interviste nel corso della sua intensa
esistenza.
"Io vorrei morire lasciando un messaggio di lotta", disse nel settembre 1994
a Rosa Maria Torres che lo intervistava. E nel gennaio del 1996, nel corso
di un'altra intervista in Brasile, gli chiesero (probabilmente per farlo
parlare): "Allora lei e' a favore del dialogo e, allo stesso tempo, della
lotta?". E Paulo risponde: "Si'. Alcuni hanno pensato che, per difendere il
dialogo, io negassi il conflitto. Il conflitto e' la', ed e' fondamentale
nel processo di sviluppo, nel processo storico. La lotta mi forma, la lotta
mi costituisce, essa e' pedagogica. Solo che, cosi' come la lotta e'
storicamente determinata, anche le forme di lotta cambiano".
Io non sono stata una diretta collaboratrice di Paulo, come altri qui
presenti che possono testimoniare sulla loro esperienza di lavoro con lui.
Mi limito a ricordare qui due episodi.
Nel maggio del 1987 vidi Paulo che si era ritirato nel lutto e che
ricominciava allora ad affrontare un incontro pubblico. Fu a Brasilia, a una
riunione dell'Unesco. Li' Paulo, che ricorreva sempre alle sue esperienze
personali per costruire un'analogia che andava al di la' del singolo
episodio, ci disse: "Questa e' la prima volta, dopo la morte di Elza, che mi
trovo a parlare in una riunione di questo tipo. (...) Quando Elza mori', io
restai disfatto. Mori' in ottobre, ed il primo seminario che tenni, con
tutto il mio senso di responsabilita', fu soltanto a febbraio. Ed io mi
chiedo: quanti operai possono concedersi il lusso di piangere almeno per due
giorni la propria moglie? Ovviamente allora cercano di indurirsi di fronte
all'emozione, per non finire in pezzi, in quanto corpi. Ma questo e' un
diritto, e una delle mie lotte e' affinche' le grandi maggioranze di questo
paese possano anche piangere".
Il diritto al pianto, il diritto al lutto... Non ci avevo mai pensato in
questi termini, e mi commosse profondamente.
Poiche', nello stesso contesto, Paulo torno' a chiamare alla lotta: "Io
credo che senza audacia non si farebbe nulla; una dose di 'insensatezza' e'
assolutamente fondamentale in una pedagogia dell'indignazione, che e' la
pedagogia che sono venuto sostenendo in questo paese sotto altri nomi.
Perche' non e' possibile, per esempio, sapere che un 60% della popolazione
del Brasile sopravvive in un vasto e profondo dolore, non e' possibile
sapere che ci sono 36 milioni di bambini - di bambini! - che l'ideologia
dominante, colpevolmente, chiama minori carenti. Ci si rende conto che
abbiamo la mania di inventare nomi edulcorati dinanzi a situazioni tragiche,
diaboliche?".
Pedagogia dell'indignazione (1987)? Non era forse pedagogia dell'oppresso
(1970), della liberazione, della coscientizzazione, della speranza (1992),
dell'autonomia (1996)?
Che nessuno si disorienti per questo. Tutti questi nomi designano la stessa
cosa, in una visione dialettica dell'atto educativo. L'indignazione va
fianco a fianco con la speranza e con la necessita' di un'utopia.
"Quando tu mi chiedi: Paulo, tu sogni ancora?, io ti rispondo: Si', sogno.
Sogno se non altro perche' non sia possibile dire che sognare non e'
possibile". Questo disse a 74 anni.
Vidi Paulo per l'ultima volta poco piu' di un anno fa, in terra straniera.
Eravamo entrambi a Filadelfia, nel marzo del 1996, in una delle numerose
conferenze a cui invitavano Paulo non tanto per ascoltare le sue parole
quanto perche' benedicesse, con la sua presenza di patriarca, un'impresa che
gli era estranea. Ma Paulo parlava della speranza e dell'indignazione, e
della necessita' di lottare contro il discorso economicista
dell'impossibilita'. Per esempio, Paulo rifiutava di accettare la
disoccupazione come un male inevitabile dei tempi moderni. Ed aveva del
tutto ragione: perche' la scuola non puu' educare per la disoccupazione, che
e' la negazione stessa della speranza.
Un altro grande pensatore del nostro tempo, George Steiner, mi commosse
quanto Paulo quando lo sentii dire, nel 1993: "Educazione, scolarita',
apprendimento, vogliono dire: tu sarai (...) ogni pedagogia e' un'utopia
concreta (...) una vera scuola non e' altro che un laboratorio dell'utopia".
Quando non si puo' dire "tu sarai, noi saremo", non c'e' educazione
possibile.
L'educazione ha bisogno di un progetto postulato come utopia realizzabile.
Abbiamo il dovere di denunciare la menzogna del discorso paralizzante
dell'impossibilita'. Di Paulo ci serve tutto: il diritto a sognare come il
diritto a piangere; la coerenza tra la voce e il corpo, la speranza e
l'indignazione.

3. COSTRUIRE LA PACE. L'ESPERIENZA DI NEVE' SHALOM / WAHAT AL-SALAM
[Ringraziamo di cuore Bruno Segre (per contatti: bsegre at yahoo.it) per averci
messo a  disposizione questa notizia essenziale sulla straordinaria
esperienza di Neve' Shalom/Wahat al-Salam. Per informazioni piu' dettagliate
si puo' visitare il sito: www.nswas.com]

La Comunita'
Neve' Shalom/Wahat al-Salam (Oasi di Pace, in italiano) e' un villaggio
cooperativo nel quale vivono insieme ebrei e palestinesi di cittadinanza
israeliana. Equidistante da Gerusalemme e da Tel Aviv Neve' Shalom/Wahat
al-Salam fu fondato nel 1972 su un terreno di 100 acri preso in affitto dal
vicino monastero di Latrun. Nel 1977 vi si insedio' la prima famiglia. Nel
1999 le famiglie residenti erano 30; i progetti attuali di espansione
prevedono la crescita dell'insediamento sino a 55 famiglie.
I membri di Neve' Shalom/Wahat al-Salam dimostrano in modo tangibile che
ebrei e palestinesi possono senz'altro coesistere quando diano vita,
assieme, a una comunita' basata sull'accettazione, il rispetto reciproco e
la cooperazione.
Gestito in modo democratico, il villaggio e' di proprieta' dei suoi stessi
abitanti e non e' affiliato ad alcun partito o movimento politico.
Neve' Shalom/Wahat al-Salam traduce in pratica i propri orientamenti ideali
attraverso le realizzazioni dei vari settori in cui si articolano le sue
attivita':
*
Asilo nido, scuola materna e scuola elementare
L'idea di creare strutture scolastiche che potessero esprimere e diffondere
gli ideali di coesistenza ed eguaglianza di Neve' Shalom/Wahat al-Salam
nacque nella comunita' assieme alla nascita dei primi figli. L'idea prese
corpo nella forma di un asilo nido binazionale dal quale, con l'andar degli
anni, sono poi nate una scuola materna e una scuola elementare. Dopo diversi
anni di attivita', tali strutture hanno aperto le porte anche ai bambini dei
villaggi vicini. Oggigiorno la scuola elementare e quella materna contano
complessivamente trecento bambini, quattro quinti dei quali provengono dai
villaggi vicini. Un nuovo edificio scolastico recentemente ultimato
consentira' di aumentare sensibilmente tale numero.
Il sistema scolastico adottato a Neve' Shalom/Wahat al Salam e' l'unico in
Israele che preveda un'educazione bilingue; fanciulli e maestri, cioe', si
esprimono nelle lingue dei due gruppi di popolazione, ebrei e palestinesi.
Questo singolare approccio viene applicato sin dall'asilo nido e dalla
scuola materna. Ciascuno degli insegnanti - ebreo o palestinese - parla a
tutti i bambini esclusivamente nella propria lingua madre. In tal modo, sin
dai loro primissimi anni i bambini vanno acquisendo consapevolezza delle
loro specifiche culture, identita' e tradizioni. Vige un'atmosfera di
tolleranza e apertura che stimola nei fanciulli la reciproca comprensione e
accettazione.
Il sistema scolastico di Neve' Shalom/Wahat al-Salam e' improntato ad alcuni
principi base:
- partecipazione paritetica di ebrei e palestinesi nell'insegnamento e nella
gestione;
- predisposizione di un ordinamento che, in modo naturale, consenta un
incontro costante e quotidiano fra i bambini dei due popoli;
- uso delle lingue ebraica ed araba come veicoli di comunicazione educativa
per tutti i bambini;
- sviluppo dell'identita' di ciascun fanciullo attraverso l'apprendimento
della sua cultura e delle sue tradizioni specifiche e, contestualmente,
attraverso la conoscenza e il rispetto della cultura e delle tradizioni
dell'altro popolo.
Il Ministero israeliano dell'Educazione ha riconosciuto ufficialmente la
scuola materna nel 1992 e la scuola elementare nel 1993, dopo nove anni di
attivita'. Questo riconoscimento formale rappresenta un significativo passo
avanti verso l'obiettivo di dare vita a un modello che possa:
a) essere direttamente imitato in altre regioni e localita' con popolazione
mista (come Ramla, Giaffa, Acri, Haifa, ecc.);
b) esercitare un influsso sui criteri che, nello Stato d'Israele, presiedono
all'educazione.
Siamo convinti che l'offrire ai bambini un ambiente educativo che promuova
la mutua comprensione e stimoli la conoscenza reciproca tra i due popoli,
sia un passo molto importante sulla via che conduce a una pace durevole.
*
La Scuola per la pace
La Scuola per la pace fu fondata nel 1979 come istituzione capace di far
sentire in massima misura verso l'esterno l'impatto educativo di Neve'
Shalom/Wahat al-Salam. Tramite una varieta' di corsi e seminari diretti a
molteplici strati sociali delle popolazioni ebraica e palestinese, la Scuola
per la pace opera per accrescere la consapevolezza della complessita' del
conflitto e migliorare - con l'esclusivo ricorso a metodi educativi - la
comprensione reciproca tra palestinesi ed ebrei.
I programmi cui la Scuola per la pace da' corso sono i seguenti:
- seminari di reciproco incontro e uninazionali sul conflitto, dedicati a
giovani palestinesi ed ebrei;
- campi estivi per incontri fra giovani laureati;
- seminari, programmi e percorsi di tirocinio per gruppi di adulti, quali
insegnanti, allievi/insegnanti, operatori sociali e altre categorie
professionali;
- incontri di lavoro tra professionisti provenienti dai territori
amministrati dall'Autonomia palestinese (Cisgiordania e Gaza) e Israele;
- corsi per la formazione di "facilitatori";
- un corso annuale di formazione per laureati presso il Dipartimento di
psicologia dell'Universita' di Tel Aviv sul tema: "Il conflitto alla luce
della Teoria dei gruppi" e un analogo corso presso l'universita' di Ben
Gurion nel Negev.
I programmi sopra menzionati sono condotti e assistiti da uno staff
professionale ebraico-palestinese. I "facilitatori" dispongono di una
preparazione accademica nei settori delle scienze sociali e del
comportamento, e sono particolarmente allenati a operare con gruppi
conflittuali. Vari anni di esperienza, accompagnata da un'intensa attivita'
di ricerca, hanno consentito allo staff della Scuola di sviluppare i suoi
specifici metodi educativi. I programmi mettono soprattutto in evidenza
quanto sia importante il comprendere la complessita' del conflitto tra i due
popoli. In tal modo le iniziative della Scuola consentono a ciascuno dei
partecipanti di assumere coscienza del proprio ruolo nel conflitto, e di
mettere a fuoco elementi quali i rapporti di potere, gli stereotipi e i
pregiudizi.
Il numero di giovani che hanno gia' fruito di tali programmi supera i
venticinquemila. Hanno ricevuto un tirocinio pratico nel campo della
gestione delle situazioni conflittuali cinquemila adulti, molti dei quali
sono ora attivi in altre organizzazioni coinvolte nel superamento del
conflitto. Oltre ad avere ottenuto - grazie ai risultati conseguiti - ampi
riconoscimenti sia a livello regionale che internazionale, la Scuola ha
ricevuto numerosi premi. I suoi programmi godono del sostegno del Ministero
dell'Educazione e della Cultura dello Stato d'Israele.
*
Dumia: la Casa del Silenzio
Appartata, gradevolmente adagiata sul dorso della collina, si trova la Casa
del Silenzio: uno spazio per la meditazione, la riflessione o la preghiera.
"Per Te, il silenzio (dumia) e' lode" (Salmo 65, 2). Si e' pensato di creare
la Casa del Silenzio nella convinzione che, per quanto separate le une dalle
altre siano le persone animate da credenze o da culture differenti, esse
possano tuttavia trovare in dumia un comune santuario.
Un gruppo di studio di dumia organizza incontri tesi a promuovere
riflessioni e ricerche circa l'incidenza dei valori etici e spirituali
sull'educazione e sull'edificazione della pace, con   frequenti riferimenti
alle scritture delle tre grandi tradizioni religiose monoteiste. Gli
incontri sono aperti a :tutti; ad essi prendono pero' parte soprattutto
persone interessate alle problematiche dell'educazione.
*
Strutture efficienti per l'ospitalita'
Situato in una stupenda posizione panoramica non lontano da Gerusalemme e da
Tel Aviv, Neve' Shalom/Wahat al-Salam offre l'accoglienza cordiale e il
comfort di una foresteria,base ideale per coloro che desiderino visitare
Israele, conoscere il villaggio e partecipare alle attivita' della Scuola
per la pace. Le camere della foresteria, ampie e arredate con cura, sono
dotate di aria condizionata e possiedono ciascuna un ingresso separato e un
balconcino privato. L'ostello offre condizioni d'ospitalita' semplici ma
confortevoli.
*
Programmi per i visitatori
Una presentazione introduttiva a Neve' Shalom/Wahat al-Salam, comprendente
la proiezione di un video e l'incontro con un membro della comunita', puo'
essere organizzata a beneficio di gruppi che si trattengano una giornata o
si fermino per una notte. Le visite possono comprendere anche attivita' e
programmi organizzati dallo staff della Scuola per la pace. Le visite o i
programmi devono essere concordati in anticipo con l'ufficio di ricevimento
della foresteria.

4. MAESTRE. LUCE FABBRI: LIBERTA'
[Questo frammento abbiamo estratto dall'intervista di Cristina Valenti a
Luce Fabbri, Vivendo la mia vita, apparsa nel n. 247 dell'estate 1998 di "A.
Rivista anarchica" (disponibile integralmente anche nel web, nel sito
www.arivista.org). Luce Fabbri, pensatrice e militante anarchica, educatrice
profonda e generosa, un punto di riferimento per tutti gli amici della
dignita' umana e della nonviolenza. Nata il 25 luglio 1908, figlia di Luigi
Fabbri (il grande militante e teorico libertario collaboratore di Errico
Malatesta), dal 1929 in esilio dapprima a Parigi, poi a Bruxelles e via
Anversa in America Latina, a Montevideo in Uruguay, ove da allora risiedera'
(ma ancora sovente molto viaggiando); la morte la coglie il 19 agosto 2000,
operosa fino alla fine, sempre attiva, generosa, mite, accogliente; sempre
lucida, sempre limpida, per sempre Luce. Opere di Luce Fabbri: per un primo
avvio segnaliamo l'ampia e preziosa intervista  a cura di Cristina Valenti:
Luce Fabbri, vivendo la mia vita, apparsa su "A. rivista anarchica"
dell'estate 1998 (disponibile anche nella rete telematica alla pagina web:
http://www.anarca-bolo.ch/a-rivista/247/22.htm ). Tra le sue opere in volume
ed in opuscolo segnaliamo: a) scritti politici: Camisas negras, Ediciones
Nervio, Buenos Aires 1935; (con lo pseudonimo Luz D. Alba), 19 de julio.
Antologia de la revolucion espanola, Coleccion Esfuerzo, Montevideo 1937;
(con Diego Abad de Santillan), Gli anarchici e la rivoluzione spagnola,
Carlo Frigerio Editore, Lugano 1938; La liberta' nelle crisi rivoluzionarie,
Edizioni Studi Sociali, Montevideo 1947; El totalitarismo entre las dos
guerras, Ediciones Union Socialista Libertaria, Buenos Aires 1948;
L'anticomunismo, l'antimperialismo e la pace, Edizioni di Studi Sociali,
Montevideo 1949; La strada, Edizioni Studi Sociali, Montevideo 1952; Sotto
la minaccia totalitaria, Edizioni RL, Napoli 1955; Problemi d'oggi, Edizioni
RL, Napoli 1958; La libertad entre la historia y la utopia, Ediciones Union
Socialista Libertaria, Rosario 1962; El anarquismo: mas alla' de la
democracia, Editorial Reconstruir, Buenos Aires 1983; Luigi Fabbri. Storia
d'un uomo libero, BFS, Pisa 1996; Una strada concreta verso l'utopia,
Samizdat, Pescara 1998; La libertad entre la historia y la utopia. Tres
ensayos y otros textos del siglo XX, Barcelona 1998; b) volumi di poesia: I
canti dell'attesa, M. O. Bertani, Montevideo 1932; Propinqua Libertas, di
prossima pubblicazione; c) scritti di storia e di critica letteraria:
Influenza della letteratura italiana sulla cultura rioplatense (1810-1853),
Ediciones Nuestro Tiempo, Montevideo 1966; L'influenza della letteratura
italiana sulla cultura rioplatense (1853-1915), Editorial Lena & Cia. S. A.,
Montevideo 1967; La poesia de Leopardi, Instituto Italiano de Cultura,
Montevideo 1971; Machiavelli escritor, Instituto Italiano de Cultura,
Montevideo 1972; La Divina Comedia de Dante Alighieri, Universidad de la
Republica, Montevideo 1994. Ad essi si aggiungono i saggi pubblicati nella
"Revista de la Facultad de Humanidad y Ciencias" di Montevideo, e gli
interventi e le interviste su molte pubblicazioni, e le notevoli
traduzioni - con impegnati testi propri di introduzione e commento - (tra
cui, in volume: di opere di Nettlau, di Malatesta, del padre Luigi Fabbri, e
l'edizione bilingue commentata del Principe di Machiavelli). Opere su Luce
Fabbri: un punto di partenza e' l'utilissimo dossier, Ricordando Luce
Fabbri, in "A. rivista anarchica", n. 266 dell'ottobre 2000, pp. 28-41]

La liberta' dev'essere basata sulla solidarieta' perche' senza solidarieta'
non e' realizzabile.

5. STRUMENTI. GIACOMO ALESSANDRONI: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA"
PERCHE'...
[Ringraziamo Giacomo Alessandroni (per contatti: galessandroni at virgilio.it)
per questo intervento. Giacomo Alessandroni e' un collaboratore di Peacelink
e del Centro di ricerca per la pace di Viterbo, ed e' impegnato in molte
esperienze di pace, di solidarieta', di nonviolenza]
Ci sono mille ragioni per abbonarsi ad una rivista ed altrettante per fare
economia in questo periodo di ristrettezze e sacrifici.
C'e' invece qualcosa cui non si puo' derogare: il futuro.
"Tratta bene la Terra. Non ci e' stata data dai nostri padri, ci e' stata
prestata dai nostri figli", insegnano i pastori nomadi del Kenya.
Io ho un figlio, si chiama Giovanni e a fine febbraio compira' tre anni.
La poesia non riesce a descrivere le mille gioie avute in dono. Tornando al
presente un figlio, oggi, e' un gesto che mescola follia e profezia.
Follia, perche' solo un incosciente puo' concepire un figlio in un pianeta
cosi' martoriato dall'egoismo; dove i potenti non sono disposti a cedere un
solo millimetro del loro potere; dove il diritto cessa di esistere; dove la
violenza e' padrona della quasi totalita' del palinsesto mediatico sia
televisivo, sia cartaceo.
Profezia, poiche' solo chi sa sognare puo' sperare di veder realizzata una
infinitesima parte del suo potenziale.
Concepire un figlio oggi puo' esser visto come una sfida: se tutto il mondo
va in rovina, se ogni generazione e' peggiore della precedente, perche'
continuare, perche' dare vita ad una creatura destinata ad avere una vita
piu' precaria della mia?
La risposta e' piu' semplice della domanda: perche' io lavorero' per
costruire un mondo migliore. Forse falliro' ma se non inizio, se non do
nemmeno un misero contributo, allora potro' dirmi davvero sconfitto; ma se
il mio sguardo sara' nella direzione del cammino, allora una speranza avra'
motivo di esistere.
"Azione nonviolenta" mi appare come una storia dove, anche senza guerre, le
pagine non resterebbero bianche. Non e' cosa da poco.
Chi legge queste righe sa di cosa parlo ma, con tutta probabilita', il suo
collega di lavoro no. "Azione nonviolenta" lo spiega, mostra gli eventi di
pace, cio' che molto spesso viene omesso dai mass-media "ufficiali", del
resto un colpo di fucile fa piu' rumore di un movimento nonviolento.
Che la strada sia in salita non e' un mistero per nessuno, ma se vogliamo
dare un futuro migliore al mio - e ai vostri - Giovanni, possiamo cominciare
insieme con un gesto molto semplice.
E, senza dirlo troppo ad alta voce, un abbonamento e' anche un bel regalo
che non sia la solita candela che poi non si sa nemmeno a chi ri-regalare...
confesso che e' cosi' che ho conosciuto un'altra rivista, "Adista". Due cari
amici ce l'hanno regalata.

6. STRUMENTI. MICHELE MEOMARTINO: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA"
PERCHE'...
[Ringraziamo Michele Meomartino (per contatti: michelemeomartino at tiscali.it)
per questo intervento. Michele Meomartino e' coordinatore della Rete
nonviolenta dell'Abruzzo]

Mi abbono ad "Azione nonviolenta" e cerco in tutte le iniziative sulla pace
e la nonviolenza (manifestazioni, convegni, conferenze, seminari) di
promuovere la sua diffusione.
Lo faccio senza nessuno sforzo, semplicemente regalando numeri vecchi della
rivista che gli amici della redazione di Verona mi spediscono.
E' il mio piccolo e leggero sassolino che porto volentieri alla costruzione
della pace.
Se la nonviolenza e' il varco della storia, senza "Azione nonviolenta"
questo varco sarebbe meno nitido, e io piu' povero e solo.

7. STRUMENTI. MAO VALPIANA: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA PERCHE'...
[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: azionenonviolenta at sis.it), per
questo intervento. Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle
della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera
come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato
nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza
come metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' membro del comitato
di coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della
Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione
Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al
servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla
campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione
della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario
nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione
diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per
"blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio
direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio
della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione
di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato
di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per
la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; un suo profilo autobiografico,
scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n.
435 del 4 dicembre 2002 di questo notiziario]

E' un modo concreto per far crescere la nonviolenza: da soli i fucili non si
spezzano, da sole le idee non camminano.
Mi aiuta ad essere fedele a un'idea, ad uno stato d'animo, a una
convinzione, a una scelta di coscienza.
Quando ero negli scout mi hanno insegnato che bisogna essere i primi a dare
il buon esempio: se non mi abbono io, che sono il direttore, come farei a
chiedere agli altri di abbonarsi?
So bene che la rivista vive solo grazie agli abbonati, che sono gli unici
veri artefici della lunga vita di questa rivista, e non voglio sentirmi
responsabile di un'eventuale cessazione della pubblicazione.
Abbiamo bisogno di strumenti per costruire il movimento della nonviolenza
organizzata. Uno di questi strumenti e' la rivista fondata da Aldo Capitini.
I giovani, attraverso questa rivista, hanno la possibilita' di rendersi
conto che la nonviolenza e' fatta di azioni e non di belle parole.
Gli articoli di Salio, di Pinna, di L'Abate, di Lugli, di Drago, di Soccio,
di Peyretti, di Dogliotti, e di tanti altri amici della nonviolenza, li
trovo solo qui, e non certo sui cosiddetti grandi giornali.
Perche' mi piacciono molto le rubriche del Cinema, della Musica,
dell'Economia, dell'Educazione, della Storia, dell'Azione, di Lilliput,
delle Alternative, viste con gli occhiali della nonviolenza.
Da 23 anni, ininterrottamente, con tantissimi altri amici ed amiche, lavoro
per far uscire il numero mensile, da quando e' solo un'idea a quando la
tipografia lo consegna fresco di stampa.
In un momento di difficolta' economica per tutti, quelli per "Azione
nonviolenta" sono 25 euro ben spesi.

8. STRUMENTI. PER ABBONARSI AD "AZIONE NONVIOLENTA"
"Azione nonviolenta" e' la rivista mensile del Movimento Nonviolento fondata
da Aldo Capitini nel 1964, e costituisce un punto di riferimento per tutte
le persone amiche della nonviolenza. La sede della redazione e' in via
Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail:
azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org; l'abbonamento annuo e'
di 25 euro da versare sul conto corrente postale n. 10250363, oppure tramite
bonifico bancario o assegno al conto corrente bancario n. 18745455 presso
BancoPosta, succursale 7, agenzia di Piazza Bacanal, Verona, ABI 07601, CAB
11700, intestato ad "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona,
specificando nella causale: abbonamento ad "Azione nonviolenta".

9. FORMAZIONE. MARIA G. DI RIENZO: IL DIALOGO COME VIAGGIO
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici
di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista,
giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto
rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento
di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel
movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta'
e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza; e' coautrice
dell'importante libro: Monica Lanfranco, Maria G. Di Rienzo (a cura di),
Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003]

Una comunicazione aperta e costruttiva e' una delle chiavi per il successo
delle organizzazioni che lavorano al cambiamento sociale, essendo il
catalizzatore ed il vettore per l'identificazione e la risoluzione dei
problemi. Metaforicamente parlando, una buona comunicazione e' il sangue
vitale di un'organizzazione funzionante. Poiche' la comunicazione e' sia
un'arte sia una scienza, e' molto piu' facile parlarne teoricamente che
maneggiarla in pratica. Molti dei problemi che un'organizzazione incontra
(interpersonali, sistemici, di pianificazione) sono riconducibili ad una
comunicazione impoverita.
Il fatto e' che numerosi gruppi per il cambiamento sociale elaborano la loro
struttura relazionale ed organizzativa mutuandola dalle organizzazioni
"tradizionali", costruite sul modello autoritario del dominio, con cui
entrano in conflitto.
Gruppi che hanno scelto, almeno formalmente, di non "usare gli attrezzi del
padrone per smantellare la casa del padrone" (Audre Lorde) restano spesso
incastrati nei vecchi moduli di discussione, ove bisogna discernere "chi ha
ragione" o chi ha "l'argomentazione piu' efficace" e formare schieramenti,
semplificando ed impoverendo istanze complesse, cancellando prospettive
diverse e differenze e, in poche parole, trovando uno o piu' nuovi "padroni"
(leader) che indichino la giusta via.
Quale che sia il nostro scopo come attivisti/e per il cambiamento sociale,
non possiamo essere cosi' ingenui da credere che basti essere "contro"
qualcosa per ottenere un mutamento, in primo luogo in noi stessi, che
abbiamo avuto il medesimo addestramento ad una comunicazione falsa, sterile,
competitiva, di coloro che identifichiamo come nostri oppositori. Percio',
dobbiamo fare uno sforzo per trasformare i nostri gruppi in comunita' ove le
persone siano e si sentano legittimate ad espandere le proprie capacita'
creative, ove nuovi ed espansivi modi di osservare e riflettere siano
incoraggiati e nutriti, ove l'ispirazione collettiva abbia ampio respiro, e
le persone siano parte di un processo in cui (scusate se sembra un gioco di
parole) apprendono continuamente come si apprende insieme.
*
Le parole chiave della comunicazione
Cornice concettuale: un corpo di conoscenze e assunti precedentemente
elaborato, che forma un linguaggio dato, socialmente condiviso da gruppi e
settori dell'opinione pubblica.
Modello mentale: Sistema di definizioni che influenza i modi individuali in
cui guardiamo il mondo ed agiamo in esso. Il suo posizionamento e' statico,
un po' insofferente rispetto alle innovazioni: la staticita' del modello
serve infatti a darci sicurezza. Assai spesso e' un sistema di cui non siamo
consci: portare queste raffigurazioni del mondo alla coscienza ed esaminarle
e' uno dei passi essenziali per liberarsi da pregiudizi e stereotipi.
Visione condivisa: E' simile al modello mentale, con la prima significativa
differenza di essere una costruzione conscia, in cui si chiarificano e si
articolano onestamente i propri desideri e convincimenti. La seconda
differenza essenziale e' che si tratta di un modello costruito attivamente
con altri. E' un'attitudine dinamica, proiettata nel futuro, che da' forma
alla visione di cio' che desideriamo creare ed ai principi ed alle pratiche
grazie ai quali conseguire la visione stessa.
*
Cos'e' un dialogo
Un modo per raffigurare il dialogo e' come un livello nel continuum degli
stadi comunicativi. Le conversazioni spesso conducono a punti in cui gli
individui devono affrontare un disaccordo, o una mancanza di comprensione.
Si puo' scegliere come uscirne: enfatizzando la competizione e la logica,
ovvero arrivando ad un dibattito in cui una parte vince e l'altra perde;
oppure, mettendo per un attimo da parte giudizio e risultato e approfondendo
le motivazioni, i sentimenti, i desideri di ciascun parlante. Questo e' il
sentiero che conduce al dialogo, alla costruzione del gruppo come comunita',
alla costruzione di cultura e di nuovi convincimenti condivisi.
Il dialogo e' un processo che si evolve e, per cosi' dire, sboccia e
fiorisce man mano che il gruppo ne fa pratica. Uno dei suoi paradossi e' che
non ha assolutamente importanza quanto volete che accada: non puo' essere
forzato. E pero', mentre si acquisiscono individualmente e collettivamente
le capacita' relative alla conversazione ed alla riflessione, si scopre di
muoversi attraverso la progressione del dialogo.
*
Le fasi del dialogo
Primo gradino: L'instabilita' del contenitore.
Quando un gruppo qualsiasi di individui si riunisce, ciascuno degli
individui stessi porta con se' una serie di assunti non esplicitati, di
credenze e di prospettive. La prima sfida nel processo del dialogo e', per i
partecipanti, il riconoscere queste differenze ed accettare che lo scopo del
dialogo non e' di negarle o difenderle, ma di trovare un modo per
esplorarle. L'instabilita' e' relativa ai conflitti potenziali che
sottendono le differenze, ed alle "routine difensive" che noi siamo propensi
a mettere in atto di fronte ai conflitti stessi (come ad esempio le
"tattiche da dibattito": l'aggressione verbale, lo spostamento dal merito
della questione alla persona che la pone, eccetera). Solo un ascolto
accurato e la volonta' di muoversi in terreni non conosciuti, domandando ed
esplorando, aiuta in questa fase a muoversi verso il dialogo. In aggiunta,
le persone possono praticare la tecnica detta "osserva l'osservatore":
l'idea e' di spostare con frequenza l'attenzione, durante la conversazione,
a se stessi come se ci si osservasse dall'esterno. Questo da' modo alle
persone di esaminare i propri pensieri e i propri sentimenti mentre essi
accadono, e non dopo.
*
Secondo gradino: L'instabilita' nel contenitore.
Il riconoscimento della prima crisi, e la decisione di accettare
l'incertezza che deriva dalla molteplicita' delle differenze, cominciano a
creare un ambiente in cui le persone capiscono di star facendo qualcosa di
diverso dal solito. In questo stadio il gruppo di solito fluttua fra il
nuovo modello di dialogo ed i piu' confortevoli e conosciuti modi di
discutere. E' il momento in cui differenze sostanziali che erano state
occultate cominciano ad apparire, ed e' anche il momento in cui le persone
sperimentano frustrazione, in primo luogo per l'apparente mancanza di
coerenza e logica negli assunti, nelle credenze e nei pensieri altrui (e
propri!). Cio' conduce al secondo punto di crisi: o il gruppo si muove con
piu' forza verso la difesa comune del nuovo modello di dialogo, oppure
riconosce di non essere pronto, e torna a praticare la tecnica primaria
della domanda e dell'esplorazione.
*
Terzo gradino: L'interrogarsi nel contenitore.
Quando la seconda crisi e' risolta, nel gruppo emerge un nuovo senso di
consapevolezza. Le persone cominciano ad interrogarsi come gruppo, ed e' il
momento in cui eccellenti intuizioni vengono alla luce. La sensibilita'
nella conversazione e' aumentata: le persone notano, ad esempio, che esse
differiscono nel "passo" di parola o di pensiero, e cominciano ad
interrogare e rispettare tali differenze. A volte, in questo stadio, la
conversazione fluisce con un'intensita' di tale potenza da portare gli
individui a confrontarsi con i propri convincimenti profondi: cio' puo'
condurre ad una terza crisi, ovvero al momento in cui le persone capiscono
che si sono poste da sole dei limiti al pensiero ed all'azione. Ne possono
risultare la trasformazione degli schemi di interazione e cambiamenti
significativi sia a livello personale, sia a livello di gruppo: se si
raggiunge questo punto di crisi, il dialogo ha avuto successo sotto molti
punti di vista.
*
Quarto gradino: la creativita' nel contenitore.
Dopo aver navigato attraverso la terza crisi, la coscienza collettiva del
gruppo ha raggiunto nuove spiagge. La riflessione e la discussione avvengono
con ritmi diversi dagli usuali. Le persone cominciano a capire che mezzo e
messaggio sono collegati: le informazioni che ricevono dal processo del
dialogo contengono altrettanto significato delle parole che vengono usate
per parlarsi. Cornici concettuali e modelli mentali basati sulla rigidita'
si sono allentati, permettendo a nuovi livelli di intelligenza e di
creativita' di emergere.
*
Linee guida
Una volta che il gruppo ha preso la decisione di iniziare il processo, puo'
servirsi delle seguenti linee guida:
1) I/le partecipanti devono sentirsi il piu' "eguali" possibile e, per
sottolineare questo, sedete in cerchio.
2) Ogni partecipante deve sentire di avere abbastanza tempo per stabilire la
propria identita' all'interno del gruppo.
3) Lo scopo del gruppo, all'inizio, dev'essere primariamente di esplorare il
processo del dialogo, e di conseguirne qualche conoscenza, piuttosto che di
prendere una decisione specifica o di trovare la soluzione ad un problema.
4) Iniziando questo viaggio, i/le partecipanti proveranno preoccupazione per
i propri assunti, pensieri e sentimenti, percio' incoraggiarli a condividere
esperienze personali e' un buon modo per cominciare.
5) Strutturare gli incontri di modo che non superino le due ore, e ad
intervalli di due/tre settimane sembra funzionare bene nella maggior parte
dei casi.
*
Conclusione
Il dialogo ed i suoi effetti possono aiutare i gruppi in molti modi. Il piu'
evidente e' che la qualita' ne viene esaltata, la qualita' della
comunicazione, della riflessione, della creativita', delle relazioni fra
persone. Ma aumentera' anche la qualita' delle uscite pubbliche, delle
azioni, dei comunicati ed in genere dei risultati ottenuti a qualsiasi
livello.
Il viaggio verso il dialogo puo' essere difficile, basandosi come si basa
sulla necessita' di affrontare alcuni rischi, di imparare nuove cose, e di
lasciar andare vecchie e familiari maniere di parlare ed agire. Percio' e'
necessario che abbiate molta pazienza nell'impegnarvi a compiere il viaggio
e che crediate nella sua utilita': se lo farete, la vostra ricompensa sara'
una magnifica trasformazione.

10. MATERIALI. DISPONIBILI IN RETE I VENTI NUMERI DI "EDUCARSI ALLA PACE"
Sono disponibili nella rete telematica i venti numeri fin qui usciti del
notiziario bibliografico "Educarsi alla pace" curato dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo.
Chi fosse interessato a leggerli li trova alla pagina web:
http://lists.peacelink.it/nonviolenza/maillist.html
raggiungibile anche attraverso il seguente percorso: dalla home page di
Peacelink (www.peacelink.it) aprire il menu a tendina "archivio liste" e
scorrerlo fino alla lista "Nonviolenza", sulla quale  cliccare, e comparira'
la schermata che reca tutti i fascicoli del notiziario.

11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

12. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, sudest at iol.it,
paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 776 del 12 dicembre 2004

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