Francesco Merlo di Repubblica e gli stereotipi su Cuba e omosessualità



Francesco Merlo di Repubblica e gli stereotipi su Cuba e omosessualità


Sono passati cinque anni da quando Francesco Rutelli tenne banco sui media inventando di sana pianta che a Cuba ci fosse la pena di morte per gli omosessuali. Oggi in un editoriale su Repubblica, Francesco Merlo accomuna Fidel Castro nell’omofobia a Vladimir Putin, Aleksandr Lukašenko, Silvio Berlusconi e Angiolino Alfano.

di Gennaro Carotenuto

Merlo non fa onore all’arguzia della sua penna già che il riferimento a Fidel Castro e a Cuba è, oramai da un quarto di secolo, muffa, pregiudizio e diffamazione. Cuba –conoscendola- può essere criticata per mille cose. Ma i suoi detrattori si concentrano a negarne soprattutto le evoluzioni e la capacità di cambiare ed essere diversa rispetto agli stereotipi negativi con i quali viene descritta.

Cos’altro dovrà fare Fidel Castro per essere depennato dalla lista degli omofobi in servizio permanente effettivo? Dopo aver ammesso pubblicamente che negli anni ’60 la Rivoluzione commise contro i gay "una grande ingiustizia"? Dopo aver esplicitamente ripudiato gli UMAP, i campi di lavoro dove negli anni ‘60 venivano “rieducati” i giovani omosessuali? Dopo che oramai da 24 anni la legislazione cubana è stata depurata da ogni discriminazione per preferenza sessuale? Perché Merlo usa la fotografia del Fidel attuale, quasi novantenne, e non semmai quella del Castro quarantenne che probabilmente piaceva anche a lui?

Nella cultura della sinistra rivoluzionaria del Novecento, il maschilismo faceva il paio con il militarismo nell’arretratezza sull’omofobia. Le frasi omofobe attribuite a Fidel Castro o Ernesto Guevara possono essere attribuite a quasi chiunque, nato nella prima metà del Novecento, imbracciasse un fucile per una buona causa. L’omofobia era parte dell’esaltazione della virilità in un contesto nel quale il socialismo privilegiava sempre rapporti di produzione e nazione su questioni di genere e discriminazioni. L’uomo nuovo socialista era innanzitutto virile nel suo sforzo sovrumano di cambiare rapporti di produzione ingiusti. Non emenda gli UMAP ma quando a Cuba si rieducavano gli omosessuali (la pena di morte è un’infamia tutta rutelliana) la massima organizzazione mondiale di psichiatri ancora considerava l’omosessualità come una malattia mentale. Ricorda Merlo che perfino nella liberalissima California la sodomia smise di essere reato solo nel 1976 e che in una ventina di stati USA fino al 2003 ancora era previsto il carcere? Non a caso le battaglie per i diritti civili sono altro rispetto alla lotta di classe e alla lotta anticoloniale e Merlo è troppo colto e intelligente per non saperlo. La storia è andata avanti, non scusa per gli errori passati ma non può neanche essere epurata –come un film senza finale- da quanto è successo dopo. Forse a Merlo serviva solo un altro cattivone a caso da mettere con Putin e Lukašenko e ne ha preso uno, Fidel, la critica acritica del quale, per il centro-sinistra italiano, è passaggio necessario per essere introdotti nei salotti buoni.

La "legge di ostentazione pubblica" che discriminava gli omosessuali a Cuba, fu introdotta negli anni ’30 e cancellata nel 1988 quando a Cuba c’erano ancora in giro i sovietici e al governo c’era proprio Fidel Castro. Ovvero l’omofobo Castro è anche quello che l’omofobia di Stato ha cancellato. Quella cancellazione, 29 anni in ritardo rispetto alla Rivoluzione, racconta di un dibattito politico nell’isola che dura dalla fine degli anni ’70. Non solo, Cuba, che piaccia o no a Francesco Merlo, ha politiche pubbliche di lotta all’omofobia dall’ormai lontano 1995. Francesco Merlo ricorda che non è per colpa di Fidel Castro, e neanche di Angiolino Alfano, che in Italia è un tabù qualunque sanzione contro discriminazione, atti di omofobia o incitamento all’odio sulla base dell’orientamento sessuale mentre a Cuba tali politiche esistono? Merlo ricorda che in Italia, quando bande di fascistelli vanno a menare “i froci”, non sono previste aggravanti? E non sono previste aggravanti per quel bizantino equilibrismo che impedisce alla sinistra (il gioco di Merlo è di spiegare che i matrimoni gay sono anche di destra) di differenziarsi dalla destra per non dispiacere l’altra sponda del Tevere che non solo non vuole matrimoni, pacs, dico e quant’altro, ma è perfino preoccupata di non poter minacciare dall’altare il fuoco dell’inferno ai sodomiti finendo per colludere con i fascistelli di cui sopra.

È possibile che le memorie di Reinaldo Arenas, lo scrittore perseguitato come omosessuale negli anni ’60, uscito da Cuba con i marielitos nell’80 e morto in esilio di AIDS ormai 22 anni fa, vengano arbitrariamente usate per descrivere la Cuba attuale? Nel 2013 saranno vent’anni dall’uscita di "Fragola e Cioccolato". Vent’anni fa a Cuba, un regista "di regime" come Tomás Gutiérrez Alea (fossero tutti così i registi o i giornalisti di regime!) girava un successo mondiale della cinematografia denunciando le difficoltà di un omosessuale nella Cuba degli anni ’70. Lo facevo dalla distanza di 15 anni dai fatti e di un dibattito politico e sociale che nell’isola (e anche nell’evoluzione personale del vecchio Fidel) era andato nel frattempo enormemente avanti. Due anni dopo quel film, nella conferenza internazionale di Pechino, Cuba fu l’unico paese latinoamericano a votare esplicitamente contro ogni discriminazione per preferenza sessuale. Si può glissare su tutto ciò?

Cos’altro dovranno fare a Cuba visto che l’isola è stato uno dei primi paesi al mondo a considerare il cambio di sesso come completamente gratuito e offerto dal servizio sanitario nazionale, e visto che a Cuba è in discussione in Parlamento il matrimonio omosessuale, o in subordine l’unione civile, che nel Parlamento italiano è tuttora un tabù e del quale non si deve parlare neanche per la presidente del Partito Democratico, Rosi Bindi? Allora, cos’altro deve fare Cuba (e la Rivoluzione cubana) perché venga riconosciuto che in questi anni abbia saputo emendare la propria omofobia di Stato, eliminato leggi discriminatorie e introdotte altre che quelle discriminazioni combattono? Che colpa ne ha Cuba se in Italia abbiamo Alfano e Bindi, Berlusconi e Rutelli? Anche nel criticare Cuba ci vorrebbe un po’ di onestà intellettuale.

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Gennaro Carotenuto per Giornalismo partecipativo
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