PeaceLink si oppone al nuovo inceneritore per rifiuti speciali a Taranto



COMUNICATO STAMPA

PeaceLink si oppone ad un nuovo inceneritore di rifiuti a Taranto.

La Regione Puglia, con la determina del 13 gennaio 2012, pubblicata sul
bollettino ufficiale della Regione Puglia il 9 febbraio, ha dato parere
favorevole alla costruzione di un inceneritore di rifiuti pericolosi e non
pericolosi nella zona industriale, con capacità di smaltimento di 8.500
tonnellate l’anno, oltre a un impianto di stoccaggio. Nella procedura di
Valutazione di Impatto Ambientale le associazioni e i cittadini non sono
stati coinvolti, venendo meno ad uno dei cardini della Convenzione di
Aarhus: la consultazione pubblica.

Dopo l'inceneritore privato di Massafra, quello dell'Amiu di Taranto e il
via libera all'uso della Cementir come inceneritore, questo è il questo
impianto che brucerebbe rifiuti, con conseguente rilascio di diossina
nell'ambiente. Siamo di fronte a effetti cumulativi rispetto alla diossina
dell'Ilva.

Ma quanta diossina potrebbe rilasciare questo nuovo impianto?

L'Onu ha messo a punto il Dioxin Toolkit, un manuale con il quale poter
valutare le potenziali sorgenti di diossina.

Tale manuale, definito come Standardized Toolkit for Identification and
Quantification of Dioxin and Furan Releases dell’UNEP (2003), esamina i
fattori di emissione di diossine per inceneritori simili a quello che la
Regione Puglia ha valutato positivamente:

- inceneritori per rifiuti pericolosi: in atmosfera con tecnologia
“moderna” e con sistemi recenti di abbattimento emettono 10 microgrammi
per tonnellata di RSU (con sistemi di abbattimento ad alta efficienza:
0.75 microgrammi per tonnellata di RSU); nei residui la diossina oscilla
fra 450 e 30 microgrammi per tonnellata di RSU (ceneri leggere);

- inceneritori per rifiuti ospedalieri: in atmosfera tecnologia “moderna”
e con sistemi recenti di abbattimento emettono 525 microgrammi per
tonnellata di RSU (con sistemi di abbattimento ad alta efficienza : 1
microgrammo per tonnellata di RSU); nei residui la diossina oscilla fra
920 e 150 microgrammi per tonnellata di RSU (ceneri leggere).

Per i classici inceneritori i valori di riferimento sono 0.5 microgr TEQ
per tonnellata di RSU e nei residui 200 – 15 microgr TEQ per tonnellata di
RSU (ceneri leggere).

Come si può notare dai dati, le emissioni di diossina per la tipologia
dell'inceneritore (che la Regione valuta positivamente nella VIA) sono
superiori rispetto ai tradizionali inceneritori. E la cosa non ci
rassicura.

Già l'Ilva equivale a circa 30 inceneritori in termini di flusso di massa
annuo di diossina.

Siamo di fronte ad una scelta non condivisibile della Regione sia per il
metodo sia per il merito.


La determinazione esecutiva della Regione è firmata senza che il Comune e
Provincia di Taranto obiettassero nulla: eppure avevano il potere di
esprimere un motivato parere negativo nella Valutazione di Impatto
Ambientale (VIA) sulla base dei dati sopra esposti.

L'inceneritore in questione potrà bruciare rifiuti ospedalieri e sanitari
in genere, ma anche urbani e sarà collocato tra la raffineria di Taranto
Eni e l’acciaieria Ilva, a poco più di un chilometro dal rione Tamburi e
dall’inceneritore pubblico di proprietà dell'Amiu, e vicino al
cementificio Cementir autorizzato a bruciare combustibile da rifiuti
(CDR), e a qualche chilometro dall’Appia Energy di Massafra, inceneritore
Cisa, che ha già richiesto di raddoppiare le sue linee.

E' veramente una beffa per Taranto diventare la capitale degli
inceneritori, nonostante sia definita per legge "città ad alto rischio di
crisi ambientale" e nonostante ospiti la più inquinante area industriale
d'Italia.

Ora basta.

Occorre una seria e attenta valutazione che coinvolga anche l'Arpa, alla
quale nessun parere ci risulta sia stato chiesto.

Manca ancora l'ultimo passaggio per fare entrare in funzione questo
inceneritore: l'AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale).

Sarà questo il passaggio su cui concentrare l'intelligenza e
l'indignazione dei cittadini che non sono più disposti a turarsi il naso e
a chiudere gli occhi.

Invitiamo tutti alla mobilitazione democratica perché finisca la cattiva
abitudine di autorizzare impianti senza consultare la popolazione.
Chiediamo democrazia ambientale.

Alessandro Marescotti
Presidente di PeaceLink
http://www.peacelink.it

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