La Resistenza nonviolenta di Paolo Sabbetta



LA CITTADELLA DEGLI EROI

Tenuta “TORMANCINA” (Monterotondo-Roma) dell’Istituto Sperimentale
Zootecnico di Roma

Durante l’occupazione militare tedesca della Tenuta “TORMANCINA” anni
1943/1944 l’intera Comunità dell’Azienda (uomini, donne, anziani, bambini,
tecnici, impiegati, operai, contadini) si coalizzò contro gli occupanti,
mettendo in atto tutta una serie di espedienti, sotterfugi, stratagemmi,
per salvare da cattura, deportazioni, rastrellamenti, razzie,
saccheggi…civili, militari, italiani e alleati, beni mobili ed immobili di
proprietà dello Stato Italiano. Una vera e propria beffa alimentata
dall’insopprimibile spirito di libertà e indipendenza.
Da 60 anni questa esemplare pagina di storia viene relegata nel
dimenticatoio, condannata ad un ingrato oblio: è dovere etico, sociale e
civile della Nazione rievocare le gesta di chi non c’è più…rendere merito
ai superstiti…riconoscere ai figli e nipoti il diritto di ricordare i
padri con legittima fierezza ed orgoglio.
Si invoca a gran voce la pace…si manifesta su tutte le piazze per la non
violenza…e si offende poi, relegandola nel silenzio, la memoria storica
sulla matrice del movimento popolare di resistenza non violento del
1943/44.
Il 25 aprile, giorno della liberazione, si  celebra la lotta partigiana
armata e non quella del movimento popolare di resistenza non violenta.
Perché questa discriminazione?
Perché si mette a tacere una pagina di storia del nostro Paese?

 Nell’anno 1945, con l’avvento del CLN (Comitato Liberazione
Nazionale-vedi DC/PCI)subito dopo la cacciata dei Tedeschi, la Direzione
della tenuta venne decapitata dei capi settori. Il dirigente della
tenuta, artefice della Resistenza della Comunità, venne epurato e
licenziato con una pretestuosa motivazione, firmata dal Commissario dott.
Renato Cianca (comunista), e dovette emigrare per trovare lavoro.
Da oltre sessant’anni questa pagina storica della Resistenza di “Tor
Mancina” viene ignorata dalla Repubblica Italiana. L’artefice della
Resistenza della Comunità di “Tor Mancina”, rientrato in Patria, dal 1988
cominciò a scrivere le vicende di quel periodo e inoltrò al Presidente
della Repubblica Scalfaro, e successivamente al Presidente Ciampi e
all’attuale Presidente Napolitano (comunista), una petizione perché
venissero riconosciute alla Comunità di “Tor Mancina” le gesta eroiche del
periodo 1943-’44.
Alla petizione fu risposto che non si poteva conferire onorificenze a
collettività in quanto non contemplato dalla legge italiana. Ciò contrasta
con la legge 2 gennaio 1958, n.13 che scrive testualmente: “…Le ricompense
al valor civile possono essere concesse anche a Reparti Militari, Enti e
Corpi, i cui membri abbiano compiuto collettivamente atti per salvare
persone esposte ad imminente e grave pericolo  e per tenere alti il nome
ed il prestigio della Patria…”
La stessa obiezione è stata ribadita sia dal Presidente della Repubblica
Ciampi che dall’attuale Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Il Presidente Scalfaro propose, invece, il dirigente della Tenuta per l’
onorificenza di “Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana”. Senonchè
tale onorificenza è stata consegnata priva di motivazione e non sono valsi
tre solleciti , compresi quelli della Prefettura di Foggia, per ottenere
una spiegazione.
Dal 1988 il protagonista di questa vicenda cominciò a raccogliere e
scrivere la documentazione di quella pagina di storia che lo vide attore
della Resistenza non violenta della Comunità, responsabile verso le
autorità naziste in prima persona della vita della Tenuta. Tenuto presente
che  salvò migliaia di vite umane di ogni etnia e religione, che salvò dal
rischio della fame diecimila abitanti di Monterotondo, che dette rifugio a
milleduecento sfollati di Montecassino, che nascose ufficiali e soldati
dell’esercito italiano sbandati, che fornì mezzi di sostentamento  ad un
numero indeterminato di alleati nascosti nei boschi della Tenuta, che
evitò il rastrellamento di militari e civili da parte delle truppe
Tedesche, che salvò con un espediente cartaceo venti giovani dalla
deportazione, dal 1993 colpito da invalidità visiva, è stato privato di
ogni assistenza domiciliare e sanitaria, senza indennità di
accompagnamento, privo di assistenza culturale, impossibilitato pertanto a
redigere memorie storiche. Si vede oggi, a 95 anni, cieco, solo,
emarginato, abbandonato.
Come si spiega questo trattamento da parte del proprio Paese?
Come spiegare  che l’eroe italiano Perlasca, compiendo analoghe gesta
fuori d’Italia, in terra d’Ungheria, ottenne onori e vitalizio dallo Stato
Italiano?

Paolo Sabbetta
Viale Europa, 45
Tel : 0881 637822
e-mail : paolosabbetta at libero.it


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Alessandro Marescotti
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(TA)