Ass. di Roma del 15/5/5



(Parziali e personali appunti accorpati x argomento)

Assemblea di Roma 15 maggio 2005

Le realtà promotrici della manifestazione nazionale del 19 marzo 2005 hanno indetto un’assemblea nazionale alla quale hanno preso parte, nel corso della giornata, circa 300 persone. Vi sono stati 39 interventi della durata di 10 minuti ognuno, per un totale di 6 ore di discussione.

Movimento
I tavoli unitari e generalisti contro la guerra sono ormai sciolti. E’ prevedibile che ci potranno essere singoli temi per l’unità, senza esser d’accordo su tutto; solo obiettivi convergenti. Oggi esistono le condizioni per aprire una discussione seria, senza nascondere fra noi le diversità. Si possono prevedere, fra le varie realtà che ci stanno, delle alleanze di lunga durata senza unanimità a tutti i costi ma gestendo lo strumento della mediazione. Il 19/3/5 - con le sue cinquantamila persone che hanno sfilato prendendo possesso delle piazze romane - ha prodotto ottimi contenuti e risultati;, anche senza l’apporto delle grandi organizzazioni come GCIL e ARCI. La stagione delle grandi organizzazioni che guidano i pacifisti e gli antiliberisti è chiusa; sono saltati i luoghi unici e presupposti. Non pensare secondo la logica che o siamo tremilioni oppure non si fa niente. Ripartire, continuando dal 19 marzo. Facciamo rete per metterci in collegamento, per dare continuità a queste iniziative. Forse saremo meno, ma meglio organizzati. Ricoinvolgere e rimotivare il mondo dell’opposizione alla guerra. Vi sarà una maggiore indipendenza del Movimento dal quadro politico-istituzionale. Cooperazione e determinazione politica per attivare gli spazi di mobilitazione, tornando a parlare a tutti e per tutti senza convocare riti tradizionali. In Italia, come sappiamo, viviamo una fase che non è più quella delle grandi mobilitazioni. Queste non hanno fermato la guerra, lasciando così una sensazione d’impotenza in ampi settori del pacifismo. Anche noi ci siamo forse illusi di poter fermare l’esercito USA. C’è da chiedersi se fosse un obiettivo alla nostra portata. A livello di massa, il Movimento è però riuscito a cambiare il senso comune; l’umore contro la guerra. Per la ex Jugoslavia questo non era successo. Oggi siamo maggioranza; il fatto che chi propone le guerre è in minoranza, incide. Ha l’ostilità dell’opinione pubblica e questo è un dato importantissimo. Vi è una difficoltà a legare le lotte pacifiste al sociale; scuola, sanità, operai e pacifismo rappresentano spesso mobilitazioni parallele che non si intrecciano. Pensiamo a qualcosa di diverso e più efficace che venire a Roma per manifestare e poi andar via. Differenziare le iniziative che abbiamo. Non lasciar passare le iniziative di reclutamento militare nelle scuole. Fare un’accampata permanente a Roma. Dopo quella fatta a Bologna il 24-25 aprile. Sperimentiamo. Ridisegnare un terreno di mobilitazione per configurare lo spazio complessivo della battaglia contro la guerra. Usare tutti i mezzi a disposizione contro il Governo italiano in prima linea nella guerra. Fare protagonismo politico contro la guerra. Centrodestra e centrosinistra restringono gli spazi come ad esempio a Bologna con Cofferati. Una parte del Movimento è subalterno e accetta le parole d’ordine delle operazioni di velluto. Consolidare l’autonomia politica.
Coniugare pluralità di orientamenti e radicalità di posizioni.
Sì al referendum del 12 e 13 giugno sulla PMA. Il corpo delle donne usato come bottino politico, kamikaze, carceriere, oppure corpo del potere come Condoleeza Rice.
Donne migranti che vivono fra noi e che vengono da un’economia di guerra.

Guerra
Fare una battaglia complessiva contro il militarismo di oggi. Ripudio non solo della guerra ma anche dei suoi strumenti; innanzitutto, fabbriche d’armi e basi militari. Denunciare maggiormente che le guerre costano. Le spese militari sono le uniche che crescono. La guerra costa in termini di risorse utilizzate. Fare una campagna specifica sui costi della guerra. La campagna contro le basi militari è molto avanti fra le persone e i cittadini. E’ stato fatto il punto della situazione in merito alle regioni della Sardegna, Puglia, Sicilia e Toscana. A Rimini, si è ottenuto già un significativo risultato; grazie alle azioni di lotta, la decisione di predisporre un grosso aeroporto militare a disposizione degli Usa è stata revocata.
E' ripresa l'attività contro la base di Sigonella.
In Sardegna, dopo le prese di posizione di Soru sulle basi, devono arrivare i fatti. Soru al momento ha presentato solo delle dichiarazioni, dopo un anno di amministrazione. In Sardegna va avanti il lavoro per tenere il referendum sulla base militare della Maddalena. Va costruita un’iniziativa a sostegno della Sardegna.
Niki Vendola in Puglia comincia a prendere posizione sulle basi.
Va attuata una campagna sia locale che nazionale. Mettere in discussione la presenza degli Usa in tutta Italia. Mandare a casa gli statunitensi. E’ sufficiente un mese per cacciar via le basi. Le armi nucleari nelle basi italiane sono pronte a partire entro 30 secondi; era così già quaranta anni fa. Colpire il portafoglio delle basi. Farle chiudere per fallimento; la bonifica ha costi astronomici. Fare occupazione permanente dei poligoni. Rendere le basi militari non operative per un giorno o due, ad esempio non facendole accedere. Non basta una singola base. Non basta portar via le basi. Non le vogliamo più! Sono da smantellare e basta; senza portarle in altri posti. Per la Campagna contro le basi, si intravede l’esigenza di un coordinamento, tenendo conto dei tempi delle realtà locali.
Ha successo l’iniziativa della Rete Control-arm.
Far comunicare di più l’area del pacifismo e quella del lavoro. Ad esempio nel caso della riconversione delle fabbriche di armi, anche denunciando la militarizzazione del territorio. L’Italia è il secondo esportatore al mondo di armi leggere; il sesto di armi tipo cannoncini; il primo fornitore di elicotteri da guerra. Lo Stato costruisce armi. Le esportazioni di armi italiane sono aumentate per una percentuale che è circa il 16-19%. I soldi fanno lavorare solo se si finanzia l’industria militare o anche, ad esempio, il settore del naviglio civile? O invece finanziare gli investimenti nel militare rende di più?
Scambio e collaborazione fra le regioni e fra le realtà attive.

Italia
In merito al caso Calipari, la parte maggioritaria del centrosinistra ha gettato acqua sul fuoco, esprimendo una fedeltà agli Usa ancora maggiore del centrodestra. Vi sono state alcune componenti che hanno favorito la versione statunitense. E’ indicativo il fatto che “la Repubblica” abbia lasciato trasparire Calipari come incapace, schierandosi così a favore degli Usa. Lo stesso quotidiano che aveva condotto l’attacco al movimento dei precari del 6 novembre. E’ meritoria l’attività di chi lavora per scoprire chi rappresenta Negroponte, coloro cioè che usano anche in Italia i suoi metodi. Lo snodo politico di questa fase è la guerra; e su ciò si sta vivendo un‘ondata involutiva di una parte del centrosinistra. L’esito delle elezioni negli Stati Uniti e, per ultimo, il viaggio di Bush in Europa hanno spinto il centrosinistra su posizioni più moderate; a considerare in Iraq “un prima” elezioni da condannare e “un dopo” elezioni da appoggiare. Al momento della crisi di Berlusconi, nessuno ha identificato la guerra come punto fermo. Blair ha preso meno voti, ma Prodi gli ha riconosciuto affinità rispetto alla sua politica. I leader del centrosinistra vanno a portare il loro omaggio a un criminale di guerra come Sharon.
In Italia non c’è alternativa ma c’è solo alternanza di una stessa politica.
Prevedere iniziative mirate a far venir fuori gli interessi italiani a Nassyria. Manifestare ad esempio davanti alla sede dell’Eni.
Fare educazione alla pace nelle scuole.
Bisogna individuare i punti che ci accomunano con il centrosinistra. Collegare la lotta contro la guerra insieme alla difesa e all’ampliamento dello stato sociale. Ci sono state a Lecce le iniziative per la chiusura del CPT e ci sono state le risposte con i 5 arresti. Abbiamo ottenuto sia il successo di Rimini sia il successo contro i codici militari di guerra.

Usa
La sfida Usa è rivolta al mondo intero, a tutto campo, anche contro la Russia e la Cina. Nel tempo ­ come sappiamo ­ una dopo l’altra sono venute meno le motivazioni della guerra contro l’Iraq: le armi di distruzione di massa, la democrazia e il terrorismo. Dopo l’aberrazione della democrazia da esportare, adesso Bush attacca gli accordi di Yalta. In futuro è prevista l’estensione della sfida per il possesso delle materie prime, rivolgendola a tutte le potenze, grandi e medie. Lo strumento bellico è diventato un elemento organico della politica Usa. Per motivare nei confronti dell’opinione pubblica una tale politica, è stato creato e poi ingigantito il nemico terrorismo. Sappiamo che non esiste un’entità che si può contrapporre agli Usa; c’è invece chi fa politica del terrore, costruendo ad arte il terrorismo. Il governo Usa è il principale terrorista organizzato nel mondo. Non c’è nessun’altra realtà che agisce come organizzazione mondiale del terrore. Ci sono invece realtà come Hamas, che fanno attività politico-sindacale e anche azioni. Bush sta continuando a finanziare la guerra e a distruggere lo stato sociale; prende a pernacchie la storia; riduce la Liberazione a politica di guerra. Negli Stati Uniti, dall’inizio della guerra, ci sono stati 5.700 disertori rifugiatisi in Canada e 13.000 feriti e invalidi. Dall’altro lato, gli Usa sono in difficoltà a causa delle resistenze dei popoli, molto più forti di quanto immaginato. In Iraq e in America Latina cresce la lotta popolare.

Onu e 11/09/05
L’Onu ­ dopo la sua costituzione nel 1945 che prevedeva come fine primario quello di impedire le guerre - si predispone invece a svolgere un nuovo ruolo; quello di soggetto abilitato alla copertura della guerra. Dal 14 al 16 settembre l’Onu ne discuterà. E’ vecchio e passato il principio della inviolabilità degli Stati. Si giustifica oggi l’uso della forza in alcuni casi. L’Onu nero su bianco dice quando si può andare. Non esiste!
Si profila una pace imperialista dell’Onu con le bombe.
Saranno ad esempio legittime le interferenze per far cambiare regime, a partire dall’Iran.
Oggi l’Onu è sotto l’egemonia degli Usa.
Il centrosinistra in Italia sta andando verso l’avallo di un tale ruolo.
Organizzare a settembre un momento nazionale di discussione e contestazione dell’Onu.
Per domenica 11/9/5 è stata indetta la Marcia della Pace: Perugia-Assisi.
In tale occasione, al di là dei valori e delle idee delle persone che vi partecipano e degli obiettivi di tutti quei gruppi che sono contro la guerra senza sé e senza ma, si corre il rischio sia di vedere caratterizzata l’iniziativa unicamente contro il terrorismo sia di dare l’idea di avallare la nuova funzione dell’Onu. E’ necessario aprire una specifica discussione sul ruolo dell’Onu. Gli strumenti per far passare la guerra in tutto il mondo saranno la lotta al terrorismo e l'avallo dell'Onu; la guerra invece è sfruttamento. Ci vogliono raccontare l’Onu come strumento di una guerra pulita per la democrazia.

Resistenza
Oggi la Resistenza irachena va riconosciuta.
Ciò non significa sposarne le linee politiche ma va evitato di etichettarla come terrorismo.
Si fa ancora fatica a scrivere: siamo a fianco della Resistenza irachena.
Vi era chi, aprioristicamente, non la voleva accettare; e chi voleva privilegiare un certo tipo di Resistenza e di lotta. Noi oggi siamo a fianco della Resistenza civile, armata e sociale. La guerriglia è da riconoscere. Siamo contro la guerra e a fianco della Resistenza; non possiamo decidere noi come deve essere la Resistenza. Certo, se avessero i carri armati userebbero quelli. Costruire relazioni politiche con chi fa lotta sociale in Iraq. Far riprendere il dialogo in Iraq, individuando i nostri interlocutori.
Condanna dell’uso del terrorismo contro il popolo iracheno!
Appoggio incondizionato alla Resistenza irachena, che non vuol dire condividerne tutto, ma sostenerne il legittimo diritto. Non siamo noi a giudicare; bisogna dare voce e appoggio alla Resistenza anche se non siamo d’accordo su tutto. Oggi si riconosce la Resistenza; il suo proprio diritto. E’ un riconoscimento che però arriva soltanto dopo tre anni. Con la Resistenza senza sé e senza ma! Ringraziamo il popolo iracheno per quello che fa. Proviamo a guardare la realtà in Iraq con gli occhi di un ventenne di Falluja!
Essere più aperti a tutte le lotte antimperialiste nel mondo.
La Resistenza delle donne non viene riconosciuta appieno. Ieri resistenti nella Liberazione e oggi resistenti nella guerra economica moderna. Sostenere la Resistenza politica silenziosa delle donne.

2 GIUGNO
Per il 2 giugno sono state indette iniziative in vari territori. Si propone di tenere, per quelle realtà ancora non organizzate, un’iniziativa a carattere nazionale a Roma; nella stessa città cioè che vedrà sfilare la maggiore esibizione bellica. Organizzare quindi una controparata di massa e/o un corteo che giri intorno alla Roma chiusa. Che chiuda l’anello della parata. Una parade controparata che dichiari in modo pacifico: Guerra alla guerra! Una forma di contestazione verso tutte le missioni militari; fatta di ironia, derisione e controdenuncia.
Il 2 giugno bisogna dare una risposta forte.
Contro la guerra senza sé, senza ma e senza Onu.

21/5/5 ­ liberamente a cura di Leopoldo BRUNO








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