La nonviolenza e' in cammino. 789



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 789 del 25 dicembre 2004

Sommario di questo numero:
1. Enrico Peyretti: Stelle e coscienza
2. Aldo Antonelli: Natale
3. Maria G. Di Rienzo: Semi di senape
4. Jan Oberg: Altri quattro anni di governo Bush. Quali possibilita'
esaltanti
5. Giobbe Santabarbara: Cosa deve fare l'Europa: i corpi civili di pace, la
scelta della nonviolenza
6. Raissa Maritain: La legge e l'amore
7. Rigoberta Menchu': A farmi decidere
8. Anna Talo': Un profilo di Annarosa Buttarelli
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. ENRICO PEYRETTI: STELLE E COSCIENZA
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per averci
messo a disposizione questo intervento gia' apparso sul bellissimo mensile
torinese "Il foglio", n. 318, dicembre 2004 (per contatti:
www.ilfoglio.org). Enrico Peyretti e' uno dei principali collaboratori di
questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno
di pace e di nonviolenza. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non
uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il
Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la
guerra, Beppe Grande, Torino 1999; e' disponibile nella rete telematica la
sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia
storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente
edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il
principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha
curato la traduzione italiana); vari suoi interventi sono anche nei siti:
www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org. Una piu' ampia bibliografia dei
principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15 novembre 2003 di
questo notiziario]

"Due cose riempiono l'animo mio di ammirazione e venerazione sempre nuova e
crescente, quanto piu' spesso e piu' a lungo la riflessione si occupa di
esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me. Queste due
cose io non ho bisogno di cercarle e semplicemente supporle come se fossero
avvolte nell'oscurita', o fossero nel trascendente, fuori dal mio orizzonte;
io le vedo davanti a me e le connetto immediatamente con la coscienza della
mia esistenza" (Parole incise sulla tomba di Immanuel Kant e tratte dalla
conclusione della sua  Critica della ragion pratica).
La meraviglia del cielo stellato ricolma l'animo, questo spazio interno che
ci supera, che sempre soffre di un vuoto, di una sete, e in nulla trova
sazieta'. In realta', neppure il cielo gli basta: insieme all'infinito
silenzio e luci di stelle, ricolma l'animo la legge morale dentro di noi.
Che cosa e' questa voce senza parole, che ci ammonisce, ci sprona, ci
inquieta, ci arresta davanti al nostro male e ci indigna davanti al male
altrui, proibendoci di rassegnarci; questa voce che ci sollecita, davanti ai
beni realizzati, a proseguire con gioia e con pari bisogno di altri beni
piu' grandi; questa voce che accomuna me ad ogni altra persona umana, come
la caratteristica piu' essenziale della nostra specie, eppure e' mia
peculiare irrinunciabile caratteristica, piu' del mio stesso corpo, al quale
sento di dover eventualmente rinunciare piuttosto che ad essa?
Che cosa e' questa voce? Chi mi parla? Infatti, essa e' mia e non e' mia. E'
me e non e' me. Perche' senza di essa sarei oggetto e non soggetto, non
persona, ma di essa non sono proprietario che la dirige, non ho il diritto
di tacitarla, ma sono allievo che la ascolta e non puo' non obbedirle senza
disobbedire a se stesso; e quando le obbedisce non e' affatto servo e
sottomesso, ma libero della massima liberta', reale come il respiro dello
spirito. E' organo mio, piu' centrale del corpo e del cervello, e nello
stesso tempo e' ospite in me, voce che parla dentro come venendo da fuori,
da altri, ma intimo a me piu' di me stesso.
Che cosa e' questa voce? Questa luce che illumina ogni uomo? Non l'uomo e'
luce, ma una luce lo illumina. Questa luce-voce che brilla e risuona nel
silenzio, che non ha corpo, ma e' vita e spina dorsale e orizzonte di ogni
carne umana vivente, e che quasi sembra dare qualche lampo in alcuni animali
piu' evoluti, quelli con cui possiamo sviluppare amicizia, che cosa e'? chi
e'?
I nostri padri, in tutti i tempi e in tutte le lingue della storia umana, le
hanno dato un nome, anzi cento nomi, e il centesimo, l'ultimo pieno nome, e'
rimasto a loro e a noi inconoscibile, indicibile, silenzioso come le alte
stelle e la profonda voce, ma indimenticabile.

2. POESIA E VERITA'. ALDO ANTONELLI: NATALE
[Ringraziamo don Aldo Antonelli (per contatti: ednran at tin.it) per questo
luminoso intervento. Don Aldo Antonelli e' parroco di Antrosano (Aq) e
straordinario costruttore di pace, una persona che ha preso sul serio il
discorso della montagna, un amico della nonviolenza]

Si',
sara' Natale
se i maestri
dismetteranno
le argentate casule
e le preziose mitrie
e pastorali alteri
che, ingessati nel ruolo,
prigionieri ne fanno
di carnali prudenze.

Sara' Natale
quando i maestri,
convertiti ministri,
indosseranno grembiuli
perche' piu' libero e spedito
il loro agire sara',
nuova incarnazione
di parola antica.

Si',
sara' Natale
se i "christifideles" di ogni dove
si spenderanno
nei cantieri della storia
perche' giustizia sia fatta,
ne' disgiunta essa sia
dal comando dell'amore.

E se tu,
fratello mio,
mandi all'aria
quei recinti
che orgogli e diffidenze
ti hanno imposto
come limite all'impossibile.

E se io,
tuo fratello,
pongo te
nel mio futuro,
porta aperta ad ogni uomo
e mano tesa ad ogni donna.

Allora si', sara' Natale.

E se insieme,
trasportati dalle utopie mai dette
e inedite ai sogni stessi,
avremo dipinto di speranza
l'orizzonte di tutti i popoli,
allora sara',
e per sempre,
sorprendentemente,
Natale.

3. RIFLESSIONE. MARIA G. DI RIENZO: SEMI DI SENAPE
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici
di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista,
giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto
rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento
di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel
movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta'
e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza; e' coautrice
dell'importante libro: Monica Lanfranco, Maria G. Di Rienzo (a cura di),
Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003]

Questo e' il tempo dell'anno in cui il sole rinasce dall'oscurita'
misteriosa, rinasce come un seme di luce, e questo e' un momento ritenuto
sacro da tutte le antiche religioni.
Un bimbo nacque, circa 2000 anni or sono, durante la stagione del solstizio
d'inverno. Lo avrebbero chiamato il Principe della Pace. Tre saggi,
provenienti dalle regioni che oggi chiamiamo Iraq, Iran e (forse) Siria,
videro una stella in cielo e la seguirono sino alla capanna dove il bimbo
era nato. I suoi genitori erano ebrei, ed i doni recati dai saggi li
avrebbero aiutati a fuggire in Egitto, doni offerti da coloro che erano gli
antenati dei moderni musulmani. Pensateci: un infante ebreo aiutato e
protetto dagli antenati dei musulmani. Costui certo sarebbe stato un
Principe della Pace.
Quando questo bambino crebbe, ebbe a paragonare il regno dei cieli a un seme
di senape. L'immagine del seme tende  a darci una visione di dio organica,
in crescita, in trasformazione. Un piccolo seme, con un grandioso potere di
trasformazione, ma che a volte non viene piantato, non viene curato e
annaffiato. Se questo accade, il seme non puo' cambiare e crescere, ma
muore. Questo "seme divino" e' al tempo stesso vulnerabile, selvatico, non
del tutto prevedibile, indomabile e forte, portatore di una promessa in se
stesso, ma tale promessa non puo' avverarsi da sola.
Forse e' un'immagine disturbante, per chi pensa a un dio onnipotente,
onnisciente, che controlla tutto. Soprattutto dev'esserlo per coloro che si
definiscono "fedeli" o "religiosi" e mostrano un'ostinata intolleranza, e si
combattono nei modi piu' brutali e crudeli possibili, tentando di
concretizzare la loro semplicistica e omogeneizzata fantasia di un dio
codificato, di un regno di dio statico e dittatoriale. Costoro stanno
facendo del loro meglio per concentrare potere in poche avide mani, del loro
meglio per portare avanti il processo che potrebbe cancellarci come specie e
che di sicuro ha grandemente eroso la nostra umanita'.
Ma vi sono semi. Semi di senape e di speranza, semi di promesse d'amore,
semi di creativita' e di rispetto, semi di bellezza, semi di pace. Semi di
Luce. Di certo non ignoriamo l'arroganza e la furia dei patriarchi, l'orrore
bellico che essa provoca, il dolore che spande. Eppure sentiamo che, in
qualche modo, il loro tempo sta tramontando, la loro stagione e' finita.
Percio' dobbiamo avere gran cura dei nostri semi, ancora piu' del solito. Il
sole e' rinato, e noi resisteremo agli spasmi di questo tumultuoso inverno
del mondo, e non importa quanto sara' lungo: perche' a primavera i nostri
semi saranno pronti.

4. RIFLESSIONE. JAN OBERG: ALTRI QUATTRO ANNI DI GOVERNO BUSH. QUALI
POSSIBILITA' ESALTANTI
[Ringraziamo Renato Solmi (per contatti: rsolmi at tin.it) per averci messo a
disposizione la sua traduzione di questo altro testo di Jan Oberg estratto
dal notiziario della Transnational Foundation for Peace and Future Research
(in sigla: TFF; sito: www.transnational.org) che ne detiene i diritti di
copia. Renato Solmi e' stato tra i pilastri della casa editrice Einaudi, ha
introdotto in Italia opere fondamentali della scuola di Francoforte e del
pensiero critico contemporaneo, e' uno dei maestri autentici e profondi di
generazioni di persone impegnate per la democrazia e la dignita' umana, che
attraverso i suoi scritti e le sue traduzioni hanno costruito tanta parte
della propria strumentazione intellettuale. Jan Oberg (per contatti:
oberg at transnational.org), danese, nato nel 1951, illustre cattedratico
universitario, e' uno dei piu' importanti peace-researcher a livello
internazionale e una figura di riflerimento della nonviolenza in cammino.
Tra le sue molte opere: Myth About Our Security, To Develop Security and
Secure Development, Winning Peace, e il recente Predictable Fiasco. The
Conflict with Iraq and Denmark as an Occupying Power. Johan Galtung, che
Oberg ringrazia, nato in Norvegia nel 1930, fondatore e primo direttore
dell'Istituto di ricerca per la pace di Oslo, docente, consulente dell'Onu,
e' a livello mondiale il piu' noto studioso di peace research, autore di
molte fondamentali opere]

Con l'aiuto di un po' di pensiero dialettico, altri quattro anni con George
W. Bush al timone dell'impero americano possono finire per rivelarsi una
grande opportunita' per l'emergenza di qualcosa di nuovo e di meglio.
Nell'altalena incessante della crisi, c'e' (o, per dir meglio, ci sono) sia
la sofferenza causata dal vecchio che i primi germi di visioni relative al
nuovo che matura. E ci sara' da soffrire, non c'e' dubbio, nel corso dei
prossimi quattro anni, nessuno degli argomenti che svilupperemo qui e'
ignaro di questo fatto. E tuttavia chi si dispera eccessivamente per la
rielezione di Bush potrebbe contribuire ad accrescere la sofferenza
piuttosto che a realizzare i potenziali positivi che sono a nostra
disposizione. Cerchiamo almeno di rimboccarci le maniche e di metterci
subito al lavoro.
*
1. Critiche e proteste che non vadano in cerca di alternative costruttive
sono uno spreco di energia
Una lezione da apprendere dalle guerre piu' recenti, dalla guerra contro il
terrorismo e dalla rielezione di Mr. Bush, e' che non basta protestare e
criticare, ma che ci deve essere anche quello che Gandhi chiamava un
programma costruttivo. Vedi il comunicato n. 200 della Transnational
Foundation for Peace and Future Research [intervento che abbiamo pubblicato
nel fascicolo di ieri di questo notiziario - ndr-] per altre considerazioni
in merito.
Ci devono essere alternative bene informate elaborate da organizzazioni
della societa' civile o da governi critici nei confronti della politica
americana che si basino su una conoscenza oggettiva delle cose come pure su
nuove idee e su nuove mete congiunte a una qualche strategia creativa in
vista dell'azione. I prossimi quattro anni non possono essere dedicati a
marce contro questa guerra oggi e contro quella guerra domani e alla
campagna contro la globalizzazione; le energie della societa' civile debbono
essere indirizzate a rispondere alla questione piu' importante di tutte: se
non vogliamo questo, che cosa vogliamo invece al suo posto e che cosa
dobbiamo fare per raggiungere quell'obiettivo?
Saranno necessari piu' circoli di studio, corsi di lezioni, tecniche di
addestramento e occasioni di dialogo che marce collettive per ottenere
questo risultato. Ci sara' bisogno di cuori, e cioe' di etica, valori e
speranze; ci sara' bisogno di cervelli, e cioe' di educazione, intelligenza
teorica, chiarezza di concetti e programmazione razionale dell'azione; e ci
sara' bisogno di muscoli, e cioe' del coraggio di pensare, di parlare e di
agire in modo nonviolento, non contro gli Stati Uniti o contro qualche
problema particolare, ma per i "dannati della terra" e per nuove forme di
vita.
*
2. Sappiamo abbastanza della natura del governo Usa per elaborare
cambiamenti a partire da oggi
Sappiamo ora a quali valori, a quale stile di direzione e a quali politiche
basate sulla  violenza potremo trovarci ad assistere d'ora in avanti.
Conosciamo gli elementi fondamentali del carattere del presidente e delle
sue convinzioni, fra le quali c'e' quella di stare agendo per mandato
divino. La cosa positiva e' che non avremo da spendere tempo per avanzare
supposizioni e fare esperienze; come sarebbe stato invece necessario se
avessimo avuto a che fare con una nuova amministrazione a Washington. Alcuni
credono, sperano e sentono il bisogno di dire che nel secondo mandato
presidenziale di Bush potremo assistere a una maggiore quantita' di
multilateralismo e a una maggiore quantita' di collaborazione. Ma nulla
parla a favore di questa previsione, che e' solo un'espressione di "pensiero
desiderante" ("wishful thinking", una pia illusione). Al contrario, il
mandato piu' forte che egli ha ricevuto ora puo' far si' che la
spericolatezza delle decisioni e la hybris del comportamento vengano ancora
di piu' in primo piano nell'operato della sua amministrazione.
*
3. Non sara' possibile che governi provvisti del senso della propria
dignita' si schierino passivamente sotto la guida degli Usa
Scrivo queste righe mentre Falluja viene distrutta, nel quattordicesimo anno
della distruzione del popolo iracheno e della sua societa'.
Capi di governo provvisti del senso della loro dignita' troveranno sempre
piu' difficile sostenere o difendere apertamente o tacitamente la politica
estera americana in generale e gli interventi e le operazioni belliche a cui
potrebbe dar luogo in particolare. L'opposizione interna nei paesi europei e
nel mondo arabo, per limitarci ai casi piu' significativi, mettera' molti
governi alle strette e in grave imbarazzo.
La mancanza patente di legittimita' e di sostegno spingera' un numero sempre
maggiore di uomini politici a pensare in termini di nuove alleanze e di
maggiore autonomia di decisioni e di movimenti. Controcorrenti emergeranno
lentamente, ma sicuramente, nel corso di questo processo.
Dove questo senso della propria dignita' non esista, si potra' verificare
una crescente minaccia terroristica - e cio' finira' per imporre
necessariamente un cambiamento, anche se forse solo dopo tremende sofferenze
e dopo la perdita di molte vite. Cosi' ci potranno essere altre azioni di
carattere militare, ma una nuova occupazione modellata sull'esempio iracheno
non potra' aver luogo.
*
4. L'azione preventiva prendera' il posto della reazione alle politiche di
Washington
La politica opportunistica e intellettualmente oziosa che consiste nello
stare a vedere cio' che gli americani pensino o facciano in una determinata
situazione e poi nel far prendere posizione al proprio paese in rapporto o
come reazione al comportamento degli Usa dovrebbe, prima o poi, lasciare il
passo a una politica molto piu' "pro-attiva": siamo disposti a sentire cio'
che ci dice Washington, ma sviluppiamo le nostre vedute e le nostre
decisioni politiche in vista della nostra azione futura.
Il futuro verte sul dialogo che ha luogo fra di noi, e si conformera' a
questo pluralismo e non a una sottomissione disciplinata. E quanto maggiore
sara' il numero delle nazioni che cominciano a stare ritte sui propri piedi,
e cioe' a muoversi per proprio conto, tanto maggiore sara' l'equilibrio che
si verra' a formare nell'ordine globale.
Cosi' nessun paese dovrebbe restare fermo ad aspettare di vedere che cosa
gli Stati Uniti faranno nei confronti della Corea del Nord, dell'Iran, della
Siria, o di qualche altro attore indipendente; ma ciascuno di essi, e in
particolare l'Unione Europea, dovrebbe sviluppare la sua politica autonoma e
impegnarsi in una gestione pacifica dei conflitti e in una diplomazia
genuina e creativa. Francia e Germania non possono piu', in futuro, come
hanno fatto nel caso dell'Iraq, limitarsi a dire di "no" alla guerra e
mancare, d'altra parte, di ogni possibile alternativa ad essa.
*
5. Questa e' un'occasione straordinaria per l'Unione Europea
L'Unione Europea, in particolare, dovrebbe essere capace di cogliere questa
opportunita' adesso. Non c'e' alcuna possibilita' che essa sia capace di
fronteggiare gli Stati Uniti in termini militari. La sola alternativa che
l'Unione Europea possa avere e' quella di "prendere insieme" i propri atti
di politica estera e di sicurezza collettiva - anche se non necessariamente
nella forma di una politica unitaria dominata da poche grandi potenze, ma
piuttosto come un insieme di alleanze flessibili e di schemi cooperativi fra
gruppi relativamente mobili di membri.
L'Unione Europea potrebbe facilmente diventare molto piu' attrattiva agli
occhi di attori collocati nel Medio Oriente, nell'Asia Centrale o nell'Asia
propriamente detta, come altresi' nell'Africa; cio' dipendera' dalla misura
in cui essa diventera' il gestore affidabile dei conflitti, dotato, se si
puo' dir cosi', di una "potenza morbida", il mediatore, l'organizzazione
fornita di esperti ben addestrati nella promozione del dialogo fra le parti
e di migliori capacita' di analisi e di diagnosi degli avvenimenti mondiali
e di ricerca dei modi piu' adatti a risolvere i conflitti. Insomma, pronta
ad offrire al mondo cio' che gli Stati Uniti non sono in grado di fornire.
Il vantaggio comparativo dell'Unione Europea e' potenzialmente enorme,
quando la si confronti agli occhi del resto del mondo con la distruzione
operata da Washington di ogni potenzialita' di un ordine mondiale basato
sulle leggi e improntato a uno spirito di giustizia. Spendere molto di piu'
per la ricostruzione, la riconciliazione, gli aiuti umanitari e la gestione
dei conflitti civili, prima, nel mentre e dopo che gli Stati Uniti abbiano
devastato il posto, sara' di aiuto a milioni di persone e fara' vedere a
tutti la differenza.
L'Unione europea e' forte nelle dimensioni politiche, economiche, sociali e
culturali del potere, mentre gli Stati Uniti lo sono solo in quella militare
e stanno declinando nelle altre quattro.
Se l'Unione Europea non sfrutta questa occasione storica in cui la grande
maggioranza degli abitanti del mondo cercano ansiosamente un'alternativa a
quella rappresentata dall'impero americano, bisognerebbe concludere che
l'Unione stessa potra' avere difficilmente un grande avvenire
nell'ordinamento complessivo del mondo.
Come gli Stati Uniti hanno conquistato, a suo tempo, la loro indipendenza
dall'Europa, tocca ora agli europei fare la stessa cosa dal punto di vista
politico e soprattutto da quello intellettuale. Ci dovrebbero essere meno
cervelli americanizzati nei ministeri europei degli affari esteri nel
prossimo futuro, e ci dovrebbe essere, invece, nei nostri rappresentanti, un
po' piu' di autonomia intellettuale e morale e di confidenza collettiva in
se medesimi, e un po' piu' di compassione verso il resto del mondo nel suo
complesso.
Le opportunita' oggettive appaiono migliori di quanto non siano mai state
dal 1945 ad oggi. Percio' siate pure disposti a cooperare con gli Stati
Uniti quando la cosa e' nell'interesse dell'Europa, ma non siate sottomessi,
e cessate di credere alla figura paterna, seguendo l'esempio degli abitanti
dell'Europa orientale, che hanno liberato se stessi dagli spiriti
paternalistici una quindicina di anni fa.
Riassumendo: cio' non e' antiamericano, e' a favore di qualunque cosa e di
chiunque altro. E' sinonimo di liberazione e di capacita' di pensare con
menti indigene, gettando via il giogo della sicurezza intellettuale e di
altre forme di soggezione e di obbedienza.
*
6. Non sono necessarie altre prove: la gestione violenta dei conflitti porta
al disastro
Sia sotto la presidenza di Clinton che sotto quella dei due Bush gli Stati
Uniti hanno praticato una gestione violenta dei conflitti. Cio' che ne e'
risultato e' una catena di fiaschi e di situazioni caotiche di pace non
realizzata: le parole chiave sono la Croazia, la Bosnia, il Kossovo, la
Serbia, la Macedonia, la Somalia, l'Afghanistan, e ora, come chiunque puo'
constatare cosi' tristemente, l'Iraq.
Persone con scarse conoscenze sul problema dei conflitti e con un alto grado
di lealta' nei confronti degli Stati Uniti sostengono di solito che il
bombardamento di queste aree e' avvenuto troppo tardi e che non ha avuto
luogo in misura sufficiente. Altri, compresi decine di associati alla
Transnational Foundation for Peace and Future Research, hanno sostenuto
invece, gia' molto tempo prima che le azioni militari avessero luogo, che
questi conflitti non erano del tipo che potesse essere risolto, o in cui la
pace potesse emergere, da queste forme di politica militare, che, per
giunta, mancavano anche di strategie coerenti per la situazione successiva
ai bombardamenti, per la situazione postbellica. Ne' c'e' stata alcuna
strategia decente di fuoriuscita dalla crisi che potesse beneficiare le
popolazioni che vivevano in quelle aree tormentate e sconvolte.
Cosi' ci troviamo in una situazione molto fortunata: nessuno che sia stato
in contatto con la realta' (in contrasto con la realta' virtuale dei media)
vissuta sul terreno in questi posti puo' avere il minimo dubbio sul fatto
che lo stile americano di intervento militarizzato e culturalmente
insensibile alla complessita' dei problemi che si pongono nella gestione dei
conflitti sia stato saggiato, a quest'ora, a sufficienza perche' lo si possa
giudicare disperatamente controproducente.
Gli abitanti del luogo lo sanno per esperienza diretta, gli osservatori
internazionali che ci sono stati lo sanno, i volontari delle organizzazioni
non governative lo sanno, e alcuni diplomatici di alto livello e funzionari
dell'Onu che sono stati sul terreno per un mese - tutti quanti lo sanno
perfettamente. Sono solo coloro che prendono le decisioni, i consiglieri
negli uffici dei primi ministri, i ministri degli affari esteri e i media
che danno ancora l'impressione di non saperlo.
*
7. I grandi potenziali della nonviolenza, la pace ottenuta con mezzi
pacifici, ci stanno diritto davanti agli occhi
Il punto 6 era una conclusione di carattere negativo. Il suo lato positivo
consiste nel fatto che un enorme potenziale di natura politica, diplomatica,
psicologica, sociale, ecologica e culturale dei conflitti sta nondimeno
emergendo alla luce.
In linea di fatto, e come e' stato sottolineato ripetutamente da Jonathan
Schell nel suo libro pionieristico di oltre 400 pagine, The Unconquerable
World, ci sono alcune cose che ora sappiamo a proposito della violenza.
Cosi', per esempio, sappiamo che in seguito al fatto che le armi nucleari,
se fossero usate, potrebbero spazzare via la razza umana parecchie volte una
dopo l'altra e distruggere la terra, non possono esistere motivi politici di
sorta che possano essere promossi dal loro uso.
In secondo luogo, i mutamenti che hanno funzionato meglio sono stati quelli
intrapresi con mezzi pacifici. Dice Schell che le rivoluzioni inglese,
americana, francese, tedesca e indiana hanno dimostrato tutte quante il
potere della gente di esautorare e paralizzare un regime ritirando ad esso
il proprio appoggio, mentre nello stesso tempo si procedeva a costruire e a
mettere in piedi istituzioni parallele.
In seguito, nel corso della sua esposizione molto comprensiva e
particolareggiata, Schell passa ad esaminare i casi del rovesciamento della
giunta greca dei colonnelli nel 1974, la caduta del Portogallo che era
l'ultimo impero europeo in Africa, la democratizzazione della Spagna a
partire dal 1975, e cioe' dalla morte di Franco. Nell'America meridionale
degli anni Ottanta, i generali rassegnavano il potere in Argentina, in
Brasile e in Cile. La dittatura di Marcos nelle Filippine scomparve nel
1986, l'autocrazia della Corea del Sud nel 1988, il dittatore indonesiano
Suharto cadde nel 1990, in Iran si sviluppo' una forte opposizione contro il
dominio dei mullah, nel 2001 un periodo di oltre settant'anni di governo
ininterrotto da parte del Partito rivoluzionario istituzionale messicano fu
spezzato dal popolo, Milosevic cadde nell'ottobre dello stesso anno e il
presidente georgiano Shevardnadze nel 2003. L'esperienza sudafricana, a cui
tutti avevano predetto terribili spargimenti di sangue, passo' indenne
attraverso il periodo di transizione  grazie alla costruzione di una fiducia
reciproca fra le parti, basata sulla riconciliazione e sulla creazione di
una commissione apposita incaricata di ristabilire la verita' e di
promuovere la riconciliazione stessa.
Tutto questo ha funzionato, in misura maggiore o minore, e assai meglio,
comunque, di quanto abbiano fatto le guerre civili e gli interventi
militari - o, a maggior ragione, una guerra di carattere imperiale. Le anime
sono state curate, ed e' stata data una chance alla democrazia, come pure
alla pace. Cio' non e' accaduto nei luoghi che abbiamo menzionato prima a pr
oposito delle vicende degli anni Novanta, dove l'intervento militare
straniero e' stato il principale strumento impiegato per porre termine alle
guerre e gettare le basi della pace.
E' tempo di vedere ora che c'e' solo una misura che si possa adottare contro
altri quattro anni di politiche militaristiche e imperiali del governo Bush:
ed e' quella di criticarlo meno e di indirizzare l'attenzione, assai piu' di
quanto si sia fatto finora, sull'efficienza e sul decoro, sul potenziale
curativo e libertario, della mobilitazione della gente senza armi nelle
proprie mani.
Insomma, ci sono tante ragioni di speranza, se la gente, i media e coloro
che dovrebbero prendere le decisioni avessero solo la capacita' di
scorgerle. Una ragione fondamentale per cui non sono capaci di farlo e' la
loro cieca lealta' nei confronti di un impero in procinto di sprofondare -
che e' quello degli Stati Uniti d'America.
L'educazione alla pace, l'educazione civica, l'addestramento delle capacita'
necessarie per orientarsi negli affari internazionali e nella gestione dei
conflitti civili possono benissimo rivelarsi come gli strumenti piu' potenti
e piu' efficaci di cui possiamo disporre.
*
8. Abbiate pazienza. Gli imperi non durano per l'eternita'. Gli Stati Uniti
dispiegano la loro debolezza in Iraq
Ci sono ragioni storiche generali per cui gli imperi tramontano. Alcune di
esse sono: la militarizzazione dello stato; l'iperestensione territoriale, e
cioe' il tentativo di controllare troppe cose in troppi luoghi diversi; la
legittimita' decrescente agli occhi di chiunque altro; l'esaurimento
economico; la convinzione perversa che chiunque altro dovrebbe fare le cose
in un solo modo, e cioe' in quello in cui le facciamo noi, e cioe' una
tolleranza sempre minore del pluralismo, e, man mano che il tempo passa, una
incapacita' sempre crescente di prestare ascolto e di apprendere qualcosa da
chiunque altro - e anche dai propri errori. Insomma, la stagnazione
intellettuale e morale, l'inflessibilita' del carattere e della mente,
l'irrigidimento, una politica monolitica, l'autoesaltazione e la
megalomania - altrettanti modi di nascondersi il fatto che l'Impero non e'
che un'illusione.
Si puo' argomentare che gli Stati Uniti si stanno muovendo rapidamente in
questa direzione di carattere generale. Se le cose stanno cosi', altri
quattro anni in compagnia di George W. Bush non potranno fare altro che
accelerare questo processo, e cioe' determinare la fine dell'impero in tempi
piu' rapidi di quanto sarebbe stato altrimenti il caso.
Cosi', mentre gli Stati Uniti sono soggetti a un indebolimento interno in
seguito alla deriva verso un impero incontrollato che esaurisce le loro
forze, e verso un fascismo potenziale, essi saranno anche indeboliti
dall'esterno, e cioe' dal resto del mondo che tende a diventare piu'
indipendente e meno timoroso e ossequiente nei confronti dell'Impero.
Una delle lezioni piu' importanti che si possono trarre dagli ultimi 40 o 50
anni di guerre e' che i grandi paesi tecnologicamente potenti, col loro
morale tutt'altro che solido e i bassi motivi da cui sono mossi, finiscono
per perdere le guerre da loro intraprese con paesi piu' piccoli, meno
sviluppati dal punto di vista tecnologico e a volte anche superiori dal
punto di vista morale: cosi' gli Stati Uniti col Vietnam, l'Unione Sovietica
con l'Afghanistan, la Serbia con le altre repubbliche della regione, e ora
gli Stati Uniti, l'Inghilterra e altri paesi in Iraq.
Gli Stati Uniti sono l'attore militare piu' forte di tutta la storia, la
loro ossessione di essere minacciati e' piu' grande di quella di qualunque
altro paese su tutta la terra, sono odiati da un maggior numero di persone e
di paesi piu' di quanto lo siano gli altri, tendono ad isolarsi dai loro
amici e a distruggere, al loro interno, cio' che rendeva gli Usa cosi'
attraenti per la gente di tutto il mondo. Qualcuno deve pur trarre le sue
conclusioni da tutto questo...
*
9. Boicottare gli Usa economicamente
Uno di questi fattori di indebolimento, che, in effetti, avrebbe
un'importanza fondamentale, sarebbe rappresentato da un boicottaggio
economico globale dell'economia statunitense, in primo luogo dei beni di
consumo da essa prodotti, e poi, successivamente, dei beni capitali e dei
flussi monetari, che assumono la forma, di volta in volta, di prestiti e di
crediti, delle istituzioni economiche dominate dagli Usa, degli investimenti
e delle vendite sul mercato americano, cessando di concedere prestiti agli
Usa per finanziare le loro guerre, cessando di viaggiare negli Stati Uniti
ecc.
Proteste economiche di questo tipo sarebbero certamente molto piu' efficaci
di ogni manifestazione di piazza contro la politica estera americana, e
favorirebbero l'emersione di nuove relazioni economiche nella rete di scambi
che avvolge il mondo come un gomitolo. Tuttavia, come nel caso di tutte le
altre misure di embargo, bisognerebbe escogitare soluzioni atte a far si'
che i settori piu' poveri della societa' americana non ne siano danneggiati
e feriti.
*
Qui si puo' leggere cio' che Lester Brown, uno dei piu' importanti pensatori
globali dei nostri tempi, ha scritto verso la fine di ottobre del 2004, e
che e' degno di essere riportato per esteso.
"Ora il rifiuto della politica estera americana si sta traducendo in un
rifiuto dei prodotti che recano marchi di fabbrica statunitensi. Gli
europei, in effetti, stanno tenendo una specie di referendum economico sulla
politica estera americana, votando, se si puo' dir cosi', coi loro
portafogli. L'effetto di questo fenomeno puo' essere visto nei rendiconti
economici dei profitti che vengono resi pubblici in questi giorni da
parecchie societa' americane di primo piano".
"Su scala mondiale, otto dei dieci maggiori marchi di prodotti sono
americani. Piu' di meta' delle vendite di ciascuno di questi prodotti hanno
luogo fuori degli Stati Uniti. John Quelch, professore alla Harvard Business
School, scrive: 'Un'opposizione crescente alla politica estera americana
minaccia la forza a lungo termine di questi marchi'".
"Il 'Financial Times' riferisce che alcuni dei marchi di prodotti di consumo
piu' forti del mondo, come Coca Cola, McDonald, Gap, cominciano ad essere
duramente colpiti. Le vendite di Coca Cola in Germania sono cadute del 18
per cento rispetto a un periodo simile dell'anno scorso, e la societa' e'
costretta a defalcare 392 milioni di dollari per 'fare fronte alla riduzione
degli attivi commerciali in quel paese'".
"McDonald, una societa' che puo' vantare una crescita storica considerevole
nel corso degli anni, ha visto le sue vendite pervenire quasi a una
posizione di stallo in tutta l'Europa. Gap e' uscita del tutto dalla
Germania, una mossa che ha contribuito a ridurre le sue vendite
internazionali del 10 per cento. La caduta della partecipazione ai
divertimenti del parco Disney alla periferia di Parigi ha fatto scendere le
sue entrate fino al punto in cui ha dovuto essere soccorso e risarcito dalla
sua societa' madre. Wal-Mart, la piu' fortunata ditta di vendita al
dettaglio del mondo, si trova a fronteggiare pesanti perdite in Germania,
che rappresenta la terza piu' grande economia del mondo dopo gli Stati Uniti
e il Giappone".
"Anche le vendite di automobili prodotte dalla General Motors e dalla Ford
sono in uno stato di sofferenza in Europa. Di fronte a perdite di 236
milioni di dollari nella regione, la General Motors sta licenziando 12.000
lavoratori in Germania. La Ford, a sua volta, potrebbe seguire presto coi
licenziamenti".
"Non volendo alimentare il 'backlash' antiamericano, le societa'
generalmente biasimano le condizioni economiche per il declino delle loro
vendite, ma il Fondo Monetario Internazionale ha stimato, in settembre, che
la crescita economica di quest'anno, in Germania, sarebbe stata del 2 per
cento, un risultato molto migliore della sua crescita negativa dell'anno
scorso. In Francia, un altro paese dove i prodotti americani stanno
prendendo una sberla, la previsione della crescita e' proiettata al 2,6 per
cento, a confronto dello 0,5 per cento dell'anno scorso".
"Il declino nelle vendite e nei guadagni delle compagnie americane
all'estero appare con la massima evidenza nei marchi di primo piano che
abbiamo citato prima, ma l'accettazione dei prodotti di marca Usa e' in
declino su tutta la lista. Altri marchi ben noti per cui l'approvazione dei
consumatori all'estero e' in declino includono Microsoft, la Nike e Yahoo.
Ma in gioco e' molto di piu' dei marchi universalmente conosciuti. Il
destino economico di migliaia di compagnie americane che operano sul mercato
internazionale e' influenzato da questa tendenza".
"L'effetto indiretto della guerra irachena sull'economia Usa puo' diventare
presto un problema di primaria importanza. Quelch condivide queste
riflessioni facendo notare che 'il costo per l'economia americana potrebbe
essere molto piu' grande del costo della guerra stessa...'".
*
Se continuato e rafforzato nel corso del tempo, il vostro boicottaggio
personale dei prodotti americani potrebbe ben essere la piu' importante
forma particolare di protesta contro la politica estera americana, il suo
militarismo e il suo imperialismo. Ed essa costituisce  un'alternativa
democratica del cittadino globale al Consiglio di Sicurezza dell'Onu, dal
momento che quell'organo non potrebbe mai decidere qualcosa in materia di
sanzioni, poiche' almeno gli Stati Uniti stessi, che sono uno dei suoi
cinque membri permanenti, opporrebbero il loro veto.
Ma George Bush non ha modo di costringere voi e me a comprare prodotti
americani. Abbiamo il potere gigantesco di esprimere la nostra solidarieta'
col resto del mondo, ora e subito, con un boicottaggio economico su scala
mondiale degli Stati Uniti, ma non oltre il momento in cui essi cominceranno
a ritirare le loro truppe dislocate tutt'intorno al mondo e a ritirarsi
dalle loro basi e dalle loro guerre. L'azione, ancora una volta, non deve
essere antiamericana, ma deve essere rivolta contro la specifica
distruttivita' della loro politica estera e di sicurezza, e cio' si
riferisce anche alle loro armi nucleari.
*
Sono grato all'associato della Transnational Foundation for Peace and Future
Research Johan Galtung che ha ispirato alcuni punti di questo comunicato.

5. RIFLESSIONE. GIOBBE SANTABARBARA: COSA DEVE FARE L'EUROPA: I CORPI CIVILI
DI PACE, LA SCELTA DELLA NONVIOLENZA
L'Europa e' ancora un fantasma sulla scena politica internazionale. Eppure
avrebbe le risorse per svolgere un ruolo grande e finalmente vantaggioso per
l'umanita' intera, dopo che per secoli ha rapinato e sterminato i popoli del
mondo. Oggi puo' essere soggetto promotore di una politica internazionale
fondata sulla nonviolenza, inverando i principi stabiliti nella Carta delle
Nazioni Unite, nella Dichiarazione universale dei diritti umani e in tanti
altri testi giuridici fondamentali.
La scelta della nonviolenza come principio ispiratore della politica
europea, la grande intuizione e iniziativa di Alexander Langer quando
persuase il parlamento europeo della necessita' di istituire corpi civili di
pace come alternativa agli strumenti della guerra; la decisiva proposta di
Lidia Menapace e della Convenzione di donne contro le guerre per "un'Europa
neutrale e attiva, disarmata e smilitarizzata, solidale e nonviolenta", su
cui nel 2003 si sviluppo' una riflessione condivisa che tocco' molti
soggetti, ma che non fu minimamente recepita di li' a poco dalle
organizzazioni politiche impegnate nelle elezioni per il rinnovo del
parlamento europeo, che hanno continuato col solito penoso tran tran
subalterno alla guerra, agli eserciti, alle armi: guerra, eserciti, armi che
servono a uccidere esseri umani, che sono quindi intrinsecamente in
contrasto col fondamentale principio morale e giuridico affermato da tutte
le grandi tradizioni di pensiero: "Tu non uccidere".
La proposta di Lidia Menapace, la proposta di Alexander Langer: un'Europa
neutrale e attiva, disarmata e smilitarizzata, solidale e nonviolenta. A noi
sembra che questa sia la chiave di volta per una politica europea che sia di
pace con mezzi di pace; la politica necessaria ed urgente. Su questo
vorremmo riprendere con rinnovata energia un impegno corale.

6. MAESTRE. RAISSA MARITAIN: LA LEGGE E L'AMORE
[Da Raissa Maritain, Diario di Raissa, Morcelliana, Brescia 1996, 2000, p.
380. Raissa Maritain, nata Raissa Oumançoff a Rostov sul Don, il 31 agosto
1883; nel 1893 la famiglia si trasferisce a Parigi per sfuggire alle
persecuzioni antiebraiche. Pensatrice, poetessa, mistica, e' stata la
compagna e collaboratrice di Jacques Maritain. E' deceduta a Parigi il 4
novembre 1960. Opere di Raissa Maritain: tutti gli scritti di Raissa
Maritain nella edizione definitiva in lingua originale si trovano nei volumi
XIV e XV di Jacques e Raissa Maritain, Oeuvres Completes, Editions
Universitaires, Fribourg - Editions Saint Paul, Paris, 1993-1995. Opere su
Raissa Maritain: E. Bortone, Raissa Maritain, Libreria editrice salesiana,
Roma 1972; M. A. La Barbera, Silenzio e parola in Raissa Maritain, Omnia
editrice, Palermo 1980; J. Suther, Raissa Maritain, pilgrim, poet, exile,
Fordham University Press, New York 1990; M. Zito, Gli anni di Meudon,
Istituto Orientale di Napoli, Napoli 1990; AA. VV., Simone Weil e Raissa
Maritain, L'Antologia, Napoli 1993; L. Grosso Garcia, El amor mas aca' del
alma, Ediciones Ensayo, Caracas 1997]

La legge e' proposta esteriormente, essa implica una soggezione, in se'
sembra non aver nulla a che fare con la misericordia, ne' con l'uguaglianza
d'amicizia, ne' con la familiarita'.
A ben vedere essa e' una necessita'; solamente una necessita'.
L'amore da' al di sopra della Legge.
(Per-dona).
L'amore crea la fiducia, la liberta' di spirito, l'uguaglianza, la
confidenza.

7. MAESTRE. RIGOBERTA MENCHU': A FARMI DECIDERE
[Da Elisabeth Burgos (a cura di), Mi chiamo Rigoberta Menchu', Giunti,
Firenze 1987, p. 174. Rigoberta Menchu', india guatemalteca, premio Nobel
per la pace, e' una delle figure piu' splendide dell'impegno per la dignita'
umana, i diritti, la pace, la solidarieta']

Fu soprattutto questo a farmi decidere. Non e' possibile che succedano
queste cose, dicevo, e io me ne resti in casa.

8. PROFILI. ANNA TALO': UN PROFILO DI ANNAROSA BUTTARELLI
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it)
riprendiamo questo articolo apparso su "Il giorno" nel novembre 2004. Anna
Talo', nata a Milano nel 1965, giornalista professionista, vive e lavora a
Mantova. Annarosa Buttarelli fa parte della comunita' filosofica di
"Diotima", collabora con il dipartimento di filosofia dell'Universita' di
Verona, ha scritto saggi pubblicati all'interno di volumi curati da Diotima
(Oltre l'uguaglianza, La sapienza di partire da se', La rivoluzione
inattesa); ha dedicato vari saggi alla filosofa spagnola Maria Zambrano; e'
impegnata nel pensiero e nella politica della differenza. Opere di Annarosa
Buttarelli: Donne e divino, S.C.C., Mantova 1992; in Diotima, Oltre
l'uguaglianza, Liguori, Napoli 1995; in Diotima, La sapienza di partire da
se', Liguori, Napoli 1996; in Diotima, La rivoluzione inattesa, Nuova
pratiche, Milano 1997; con Luisa Muraro e Liliana Rampello, Duemilaeuna.
Donne che cambiano l'Italia, Nuove Pratiche, Milano 2000; con Laura Boella,
Per amore di altro. L'empatia a partire da Edith Stein, Raffaello Cortina
Editore, Milano 2000; Una filosofa innamorata, Bruno Mondadori, Milano 2004]

Se si facesse un sondaggio fra le donne mantovane dal titolo "Chi e' il tuo
punto di riferimento culturale e politico?" in molte indicherebbero Annarosa
Buttarelli.
Eppure Annarosa, nata nel '56 a Canneto sull'Oglio, il paese delle bambole
Furga (ieri) e del ristorante Dal Pescatore (oggi), non e' certamente una
che sgomita per stare sotto i riflettori della Grande Fama. E se anche ci
tenesse, probabilmente non ci riuscirebbe, perche' chi davvero e'
anticonvenzionale viene vista come una seccatura: e questa come la
catalogo?, dove la metto?, cosa me ne faccio? Definire la Buttarelli,
difatti, porta qualche complicazione.
Forse lei preferirebbe "filosofa della Differenza", quel ramo del
femminismo - per semplificare molto molto la cosa - che non crede
nell'uguaglianza tra uomini e donne, ma che esalta le caratteristiche
peculiari di uno e dell'altra. Non auspica le pari opportunita': meglio
instaurare un rappor to dialettico che permetta una reale crescita della
ricchezza emotiva, culturale, politica, sociale in tutti i settori; una
ricchezza che nasce dal confronto, non dall'omologazione.
Docente di Ermeneutica filosofica presso l'Universita' di Verona, dove ha
sede la Comunita' Diotima, che raccoglie molte tra le studiose della
Differenza, Annarosa e' da sempre una delle piu' strette collaboratrici di
Luisa Muraro, fondatrice della Libreria delle Donne, che qualche anno fa
rifiuto' una candidatura spontanea, fatta da alcune giornaliste milanesi al
presidente Ciampi, perche' venisse nominata senatrice a vita. Lei rispose
che, se anche Ciampi avesse preso in considerazione la segnalazione, non era
interessata a sedersi in Parlamento.
*
Anche a Mantova, Annarosa Buttarelli ha fatto molto: da privata cittadina,
e' stata - per esempio - cofondatrice del Festivaletteratura, una delle
esperienze culturali piu' prestigiose d'Italia, e tuttora fa parte del
comitato organizzatore.
Da studiosa, e' responsabile di "Via Dogana", la rivista di pratica politica
pubblicata dalla Libreria delle Donne, ma che ha portato a Mantova dal '77,
perche' proprio a Mantova era nato, in quegli anni, il Movimento delle
amministratrici, in risposta al Movimento dei sindaci: molte erano le donne
impegnate in politica, il territorio era diventato un laboratorio. Era il
momento di verificare se donne e amministrazione pubblica, fino ad allora a
quasi esclusivo appannaggio maschile, potevano dare vita ad un incontro
felice, se le donne - senza snaturare il loro essere - potevano portare ad
una metamorfosi la politica. "Un esperimento che non consideriamo riuscito",
dice Annarosa, in questo momento impegnata con Diotima nel seminario annuale
della Comunita', dal titolo (non casuale) "Agire e patire la politica", al
quale stanno partecipando in 400, tra uomini e donne. Come funzionaria
pubblica ha avviato numerosi progetti; come il Sistema bibliotecario urbano
e la Scuola di cultura contemporanea. Da qualche anno, pero', non riceve
piu' incarichi per promuovere la cultura in citta', e' stata trasferita ad
altro ufficio e sottooccupata, scatenando nel 2000 una campagna pubblica
durata un anno, con lettere e firme per sollecitare il suo reintegro, una
richiesta popolare alla quale l'amministrazione si e' mostrata insensibile.
Ma lei si consola con altri successi: in questi mesi e' stata ideatrice e
consulente scientifica del progetto annuale "Concepire l'infinito", del
Comune di Roma. Centinaia di conferenze, incontri, seminari, su scrittori e
scrittrici che hanno parlato dell'infinito, da Cristina Campo a Maria
Zambrano (alla quale ha appena dedicato un libro per i tipi di Bruno
Mondadori), coinvolgendo i Paesi d'origine degli autori, che hanno fornito
materiale inedito e luoghi d'incontro.

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

10. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, sudest at iol.it,
paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 789 del 25 dicembre 2004

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