CONDIVIDERE - Notizie e Aggiornamenti sul Movimento dei Popoli per la Salute



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Notizie e Aggiornamenti sul Movimento dei Popoli per la Salute

Numero #3 Marzo 2004


Il Movimento dei Popoli per la Salute è nato nel 2000 in Bangladesh durante
la prima Assemblea dei Popoli per la Salute, alla quale hanno partecipato
1453 rappresentanti provenienti da 92 paesi del mondo. In quest'Assemblea è
stata approvata la Carta dei Popoli sulla Salute.

Ormai, la Carta dei Popoli sulla Salute è stata tradotta in più di 40
lingue ed è diventata un forte richiamo per il diritto alla salute di tutti
i popoli.


In Questo Numero:

Ai tacchini piace il ringraziamento? Di Arundhati Roy
Documenti di strategia di riduzione della povertà: riduzione o
rafforzamento della povertà? Di Demba Moussa Dembele
Ecco come le ditte farmaceutiche raggirano le riviste mediche, di Anthony
Barnett
AI TACCHINI PIACE IL RINGRAZIAMENTO?
Arundhati Roy

Lo scorso Gennaio migliaia di noi da tutte le parti del globo hanno
raggiunto Porto Alegre in Brasile e hanno dichiarato, anzi reiterato, che
"Un Altro Mondo è Possibile". Qualche miglia più a nord, a Washington,
George Bush e il suo staff stavano pensando la stessa cosa.

Il nostro progetto era il Forum Sociale Mondiale. Il loro invece quello che
molti chiamano il Progetto per il Nuovo Secolo Americano.

Nelle grandi città d'Europa e d'America, dove pochi anni fa queste cose
sarebbero soltanto state condannate, ora la gente parla apertamente degli
aspetti positivi dell'Imperialismo e della necessità di un Impero forte per
mettere in riga un mondo senza regole. I nuovi missionari vogliono
comandare al costo della giustizia. Disciplinare al costo della dignità. E
andare al potere a tutti i costi. Occasionalmente qualcuno di noi è
invitato a "dibattere" sulla questione su piattaforme "neutrali" offerte
dai mass media. Discutere dell' Imperialismo è un po' come discutere dei
pro e contro dello stupro. Cosa possiamo dire? Che a noi manca veramente?

In ogni caso, il nuovo Imperialismo è gia sopra di noi. Si tratta di un
versione rimodellata, snellita di ciò che un tempo abbiamo già conosciuto.
Per la prima volta nella storia, un singolo Impero con un arsenale di armi
che potrebbe annullare il mondo in un pomeriggio ha una egemonia completa,
unipolare, economica e militare. Usa armi diverse per sbancare su diversi
mercati. Non c'è uno stato sulla faccia della terra che non sia
intrappolato tra le trame intrecciate del missile di crociera americano o
del libretto di assegni del Fondo Monetario Internazionale. L'Argentina
riflette con la sua realtà le conseguenze di questo sistema capitalista
neoliberista in cui l'Iraq emerge come la pecora nera di turno.

Le nazioni povere che sono geo-politicamente di valore strategico per
l'Impero, o che hanno un "mercato" di qualsiasi dimensione, o
infrastrutture che possano essere privatizzate, o, sfortuna loro, olio,
diamanti, cobalto, carbone - devono fare come vien detto loro altrimenti
divengono bersagli militari. Quelle con le maggiori riserve di ricchezze
naturali sono le più a rischio. A meno che non cedano le loro risorse alla
macchina corporativa, l'agitazione civile sarà fomentata, o la guerra sarà
intrapresa. In questa nuova età dell'Impero, quando niente è come sembra
essere, ai quadri delle aziende interessate è concesso di influenzare le
decisioni politiche straniere. Il centro per l'integrità pubblica di
Washington ha scoperto che nove su 30 funzionari della difesa del governo
degli Stati Uniti avevano rapporti con le aziende che hanno ricevuto
contratti per la difesa per 76 miliardi di dollari fra il 2001 e il 2002.
George Schultz, ex ministro degli Stati Uniti, era presidente del comitato
per la liberazione dell'Iraq. Ed anche capo del consiglio d'amministrazione
della compagnia Bechtel. Quando gli fu chiesto di un suo possibile
conflitto di interessi, nel caso di una guerra nell'Iraq, disse: "non so se
Bechtel trarrebbe particolare beneficio da essa. Ma se c'è lavoro da fare,
Bechtel è il tipo di azienda che potrebbe farlo. Ma nessuno guarda alla
guerra come qualcosa da cui trarre giovamento." Dopo la guerra, Bechtel ha
firmato un contratto di 680 milioni di dollari per la ricostruzione
nell'Iraq.

Questo modello brutale è stato, e continua ad essere sempre di più,
applicato in Asia centrale e sudorientale, America Latina e Africa. E'
costato milioni di vite. Va da sé che i costi di ogni guerra di un Impero
siano presentati come prezzo da pagare per una guerra giusta. Ciò, nella
maggior parte dei casi, è dovuto ai mezzi di comunicazione filogovernativi.
È importante capire che essi non si limitano a sostenere semplicemente il
progetto neoliberale. Sono il progetto neoliberale. Non si tratta di una
posizione morale che hanno scelto di seguire, ma di una posizione
sostanziale. È intrinseca nell'economia l'idea di come i mass-media debbano
funzionare.

Nell'era della guerra contro il terrore, la parola povertà si sta
gradualmente associando con la parola terrorismo. Nell'era della
globalizzazione corporativa, la povertà è un crimine. Protestare contro
l'ulteriore impoverimento diventa terrorismo. Ed ora, la Corte suprema
indiana dice che scioperare è un crimine. Anche criticare la corte
naturalmente è un crimine. Stanno insomma sigillando le vie d'uscita.

Come il vecchio Imperialismo, il nuovo Imperialismo per il suo successo
conta anche su una rete di agenti - élite locali corrotte che servono
l'Impero. Tutti conosciamo la sordida storia di Enron in India. Il governo
Maharashtra di allora firmò un potente accordo di acquisto che ha dato ad
Enron i profitti che ammontavano al sessanta per cento dell'intero
preventivo rurale stimato per lo sviluppo dell'India. Ad una singola
azienda americana è stato garantito un profitto equivalente ai fondi
monetari necessari per lo sviluppo di circa 500 milioni di persone!

Diversamente dai tempi passati il nuovo Imperialismo non deve muoversi a
stento intorno ai tropici rischiando malaria, diarree o morti premature. Il
nuovo Imperialismo può essere gestito via e-mail. Il volgare e faticoso
razzismo del vecchio Imperialismo è ormai antiquato. Punto di svolta del
nuovo Imperialismo è il nuovo razzismo.

La tradizione del tacchino del ringraziamento negli Stati Uniti è
un'allegoria meravigliosa per il nuovo razzismo. Ogni anno dal 1947, la
federazione nazionale della Turchia offre al presidente degli Stati Uniti
un tacchino per il giorno del ringraziamento. Ogni anno, nel corso di una
pubblica manifestazione di magnanimità, il presidente libera quel
particolare uccello (ma ne mangia un altro). Dopo la ricezione del perdono
presidenziale, il tacchino offerto è inviato al parco di Frying Pan in
Virginia per vivere la sua vita all'aria aperta. Il resto dei 50 milioni di
tacchini destinati per il Ringraziamento sono macellati e mangiati quello
stesso giorno. ConAgra Foods, l'azienda che ha vinto il contratto
presidenziale della Turchia, dice che addestra i fortunati uccelli per
essere socievoli, per interagire con i dignitari, gli scolari e la stampa.
(Presto parleranno persino inglese!)

Così funziona il nuovo razzismo nell'era corporativa. Ad alcuni "tacchini"
allevati con attenzione - le élite locali di vari paesi, le comunità di
ricchi immigranti o banchieri da investimento, un Colin Powell di turno
piuttosto che una Condoleezza Rice, alcuni cantanti, alcuni scrittori (come
me stesso) - viene data l'assoluzione e un permesso per il parco di Frying
Pan. I milioni restanti perdono il proprio lavoro, sono cacciati dalle loro
case, perdono i loro collegamenti per l'acqua e l'elettricità, e muoiono di
AIDS. In sostanza sono pronti per la pentola. Ma ai gallinacei fortunati
nel parco di Frying Pan va bene così. Alcuni di loro persino lavorano per
il Fondo Monetario Internazionale o per l'Organizzazione Mondiale per il
Commercio - così chi potrà mai accusare queste organizzazioni di essere
contro i "tacchini"? Alcuni servono da membri per il comitato di scelta
della Turchia - così chi può dire che i tacchini/turchi siano contrari al
Ringraziamento? Ci fanno parte! Chi può dire che i poveri siano contrari
alla globalizzazione corporativa? C'è una corsa precipitosa per entrare nel
parco di Frying Pan. Così che fa se la maggior parte periscono nel
frattempo?

Parte del progetto del nuovo razzismo è il nuovo genocidio. In questa nuova
era di interdipendenza economica, il nuovo genocidio può essere facilitato
dalle sanzioni economiche. Significa creare delle circostanze che conducano
alla morte di massa di fatto senza uscire allo scoperto e senza uccidere la
gente. Dennis Halliday, il coordinatore umanitario ONU in Iraq fra il '97
ed il '98 (dopo di che si è dimesso con disgusto), usava il termine
genocidio per descrivere le sanzioni in Iraq. Nell'Iraq le sanzioni
superavano gli sforzi migliori di Saddam Hussein rivendicando le vite di
mezzo milione di bambini.

Nella nuova era, la segregazione razziale come politica formale è antiquata
ed inutile. Gli strumenti internazionali di commercio e finanza sorvegliano
un sistema complesso di leggi commerciali multilaterali e di accordi
finanziari che mantengono comunque i poveri nei loro ghetti. Il loro vero
scopo è istituzionalizzare l'ingiustizia. Perchè altrimenti gli Stati Uniti
tasserebbero un indumento prodotto da un fornitore in Bangladesh 20 volte
più di quanto si faccia per un indumento prodotto nel Regno Unito? Perchè
altrimenti paesi che sviluppano il 90 per cento delle fave di cacao del
mondo producono soltanto il 5 per cento del cioccolato consumato nel mondo?
Perché i paesi che coltivano la fava di cacao, come la Costa D'avorio ed il
Ghana, sono commercialmente messi fuori dal mercato se provano a
trasformarlo in cioccolato? Perché i paesi ricchi che spendono più di un
miliardo di dollari al giorno in sovvenzioni ai coltivatori pretendono che
paesi poveri come l'India rinuncino a tutte le sovvenzioni agricole,
compreso il sovvenzionamento dell'elettricità? Perché dopo esser stati
saccheggiati da regimi colonizzatori per più di metà secolo, le ex colonie
si sono indebitate a questi stessi regimi e li rimborsano di qualcosa come
382 miliardi di dollari all'anno?



* Estratti dal discorso inaugurale di Arundhati Roy al Forum Sociale
Mondiale, 16 Gennaio 2004, Mumbai. Estratto dalla webpage di Pambazuka sul
sito: http://www.pambazuka.org/

*Traduzione dall'inglese di Marco Mazzone; il documento completo tradotto
in italiano è disponibile presso AIFO



DOCUMENTI DI STRATEGIA DI RIDUZIONE DELLA POVERTA':

RIDUZIONE O RAFFORZAMENTO DELLA POVERTA'?

Demba Moussa Dembele*

A seguito della pressione dell'opinione pubblica mondiale, e specialmente
del movimento per la cancellazione del debito 'Jubilee 2000', nel 1996 la
Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale hanno presentato
l'Iniziativa per i Paesi Pesantemente Indebitati. Nel 1999 tale Iniziativa
fu rivista così da includere anche paesi che erano stati lasciati fuori
nella prima fase della sua esistenza.

In aggiunta a questo, un'altra importante caratteristica della versione
"rafforzata" di tale iniziativa, fu l'adozione di una nuova condizionalità
chiamata Documenti di Strategia di Riduzione della Poverta' (Poverty
Reduction Strategy Papers - PRSPs), che dovevano essere presentati da tutti
i paesi interessati alla riduzione del debito. L'imposizione dei Documenti
di Strategia di Riduzione della Povertà fu il riconoscimento implicito da
parte delle due istituzioni del totale fallimento delle Politiche di
Aggiustamento Strutturale (SAPs) che erano state imposte ai paesi in via di
sviluppo, in cambio di prestiti, per più di due decenni.

I Documenti di Strategia di Riduzione della Povertà - secondo le due
istituzioni - rappresentano un allontanamento radicale dalle Politiche di
Aggiustamento Strutturale per il fatto che sono "proprietà nazionale" e che
hanno come obiettivo la riduzione della povertà. Ma cosa c'è davvero dietro
la retorica?

A voler credere a ciò che dicono il Fondo Monetario Internazionale e la
Banca Mondiale, i Documenti di Strategia di Riduzione della Povertà sono
definiti e gestiti a livello nazionale e riflettono le priorità di ciascun
paese nella lotta per la riduzione della povertà. Infatti, i Documenti di
Strategia di Riduzione della Povertà sono costruiti a seguito di un ampio
processo partecipativo che coinvolge il governo, le organizzazioni della
società civile e perfino il settore privato. Ma in realtà la "proprietà
nazionale" di tali documenti è più teorica che reale.

Tanto per cominciare i Documenti di Strategia di Riduzione della Povertà
devono seguire lo schema proposto dalle istituzioni finanziarie
internazionali. Tale schema - descritto in un voluminoso documento
intitolato Manuale sui Documenti di Strategia di Riduzione della Povertà e
pubblicato dal Fondo Monetario Internazionale (PRSP Sourcebook, Ames et
al., 2001, IMF) - prescrive che i paesi altamente indebitati si riferiscano
a sane politiche macroeconomiche quando definiscono i loro Documenti di
Strategia di Riduzione della Povertà. Ciò è coerente con le condizioni
previste dal Fondo Monetario Internazionale nell'ambito delle misure di
riduzione della povertà e crescita, che vanno ora sotto il nome di misure
per l'aggiustamento strutturale rafforzato.

Il rispetto delle condizionli delle misure di riduzione della povertà e
crescita fa sì che il quadro macroeconomico di base non sia negoziabile:
austerità fiscale, liberalizzazione del commercio e degli investimenti,
deregolamentazione del mercato del lavoro e di quello dei beni, enfasi
sulla crescita economica basata sull'esportazione, privatizzazione delle
imprese pubbliche e statali sono tutte componenti fondanti dei Documenti di
Strategia di Riduzione della Povertà.

Di conseguenza, i governi e le organizzazioni della società civile africani
rimangono con una sola opzione: identificare i settori nei quali misure di
protezione sono più urgenti per ridurre la povertà. Per questo motivo, i
governi africani tendono a inserire nei Documenti di Strategia di Riduzione
della Povertà quello che la Banca Mondiale e il Fondo Monetario
Internazionale vorrebbero trovare in quei documenti, piuttosto che le loro
priorità di sviluppo.

Dall'altro lato, le organizzazioni della societa' civile sono state
frustrate dal processo di preparazione dei Documenti di Strategia di
Riduzione della Povertà. Si sono rese conto del fatto che erano considerate
piu' come alibi che come partner effettivi con opinioni di cui tenere
seriamente in conto. In parecchi paesi, inclusi Uganda, Mauritania,
Senegal, Tanzania e Mali, le organizzazioni della società civile si sono
trovate a essere le cavie del processo di elaborazione dei Documenti di
Strategia di Riduzione della Povertà.

Oltre a ciò, istituzioni democraticamente elette, come parlamenti nazionali
ad esempio, sono state ignorate dalle Istituzioni di Bretton Woods. In fin
dei conti, sappiamo che l'ultima parola spetta ai consigli direttivi delle
due istituzioni, che devono dare la loro approvazione a ogni Documento di
Strategia di Riduzione della Povertà prima della sua attuazione. In
circostanze come queste, parlare di "proprietà nazionale" è perlomeno
indice di ingenuità...

E' ancora più ingenuo da parte delle Istituzioni di Bretton Woods
dichiarare che i Documenti di Strategia di Riduzione della Povertà
contengono politiche "a favore dei poveri". Come ho spiegato in precedenza,
il quadro macroeconomico di base è lo stesso che stava alla base delle
fallimentari e criticate Politiche di Aggiustamento Strutturale. Per questo
motivo, c'è una enorme differenza tra politiche in favore dei poveri e la
maggior parte delle raccomandazioni contenute nei Documenti di Strategia di
Riduzione della Povertà. Per esempio, i poveri e coloro che hanno basso
reddito chiedono prezzi più bassi per i beni di sussistenza e accesso
gratuito ai servizi di base. Questo è in contraddizione con il lasciare la
fornitura di tali servizi al libero corso del mercato, come raccomandato
dalle Istituzioni di Bretton Woods.

La privatizzazione dei servizi essenziali, come acqua ed elettricità, e il
deterioramento o la privatizzazione dei servizi pubblici, come sanità ed
educazione, non sono mai stati nell'interesse dei poveri. Per esempio,
l'imposizione di costi su sanità o educazione ha portato a una diminuzione
considerevole nell'uso delle strutture ospedaliere e nell'iscrizione alle
scuole da parte delle famiglie povere o di basso reddito, ed ha
ulteriormente ridotto l'accesso delle ragazze e delle donne, che sono le
principali vittime di tali politiche.

In Senegal, dove la fornitura di acqua è privatizzata, i poveri e le
persone a basso reddito che vivono nelle zone urbane pagano da tre a
quattro volte più dei ricchi. Sempre in Senegal, la liberalizzazione del
settore delle noccioline, imposto dal Fondo Monetario Internazionale e
dalla Banca Mondiale contro il parere del governo, è costato almeno 400
posti di lavoro a seguito del disfacimento di una impresa statale e ha
portato milioni di contadini e le loro famiglie sull'orlo della fame. Il
governo ha dovuto mettere in atto un piano di assistenza di emergenza di
più di 23 milioni di dollari per evitare una tragedia nazionale.

D'altro canto, la deregolamentazione dei prezzi e l'eliminazione dei
sussidi hanno portato al collasso del potere d'acquisto del cittadino
medio, in particolare di coloro che appartengono ai gruppi a basso reddito.
Questo spiega, tra l'altro, perché in Senegal piu' del 64% della
popolazione intervistata nei Documenti di Strategia di Riduzione della
Povertà ha risposto che la sua situazione è peggiorata tra il 1995 e il
2002, un periodo definito di "alti tassi di crescita".

Come diavolo è possibile che il Fondo Monetario Internazionale e la Banca
Mondiale affermino che tali politiche hanno l'obiettivo di ridurre la
povertà e che siano a favore dei poveri?

Un altro esempio riguarda lo Zambia, dove in meno di dieci anni l'industria
tessile è stata spazzata via a seguito dell'estrema liberalizzazione
commerciale promossa dal regime di Chiluba. L'industria tessile zambiana si
è ridotta da 140 unità produttive a 8, con la smobilitazione di oltre il
90% della forza lavoro. In molti altri paesi le industrie locali sono state
spazzate via dalle importazioni di beni a buon mercato e di bassa qualità,
nel nome del "libero commercio" imposto dal Fondo Monetario Internazionale
e dalla Banca Mondiale.

La liberalizzazione del commercio ha peggiorato la posizione africana
quanto agli scambi commerciali. Uno studio della Conferenza delle Nazioni
Unite sul Commercio e lo Sviluppo, pubblicato nel 2001, indica che se la
posizione africana negli scambi commerciali fosse rimasta quella che
l'Africa aveva nel 1980:

la porzione africana del commercio mondiale sarebbe stata doppia di quella
attuale;

il reddito medio pro capite sarebbe stato maggiore del 50%;
la crescita economica annuale sarebbe stata maggiore del 1,4%.
Alla luce di tutto ciò è chiaro come la liberalizzazione commerciale sia
stata molto 'costosa' per l'Africa. Ha portato al collasso dei prezzi dei
beni di base, ha aumentato la dipendenza dall'esterno e ha distrutto molte
industrie locali. Lo stesso studio dell'UNCTAD mostra come la
de-industrializzazione dell'Africa abbia subito un'accelerazione a partire
dagli anni '80.

In realtà, maggiore liberalizzazione del commercio e degli investimenti,
maggiore deregolamentazione, maggiore privatizzazione e un ulteriore
indebolimento dello stato determinano più facilmente maggiore povertà che
non promozione di benessere economico e sociale.

Dopo aver aumentato la povertà su una scala senza precedenti in Africa
sub-sahariana e in altri paesi in via di sviluppo, il Fondo Monetario
Internazionale e la Banca Mondiale cercano di ingannare l'opinione pubblica
mondiale, soprattutto nel Nord. Fanno credere alla gente che sono davvero
intenzionati a "ridurre la povertà".

Ma la verità è che questa non è mai stata la loro intenzione. La loro vera
missione è quella di promuovere gli interessi del capitalismo globale
attraverso l'apertura delle economie africane alle multinazionali e agli
speculatori internazionali e attraverso la trasformazione di tali economie
in mercati per i beni e i servizi dei paesi del Nord.

La vera missione delle istituzioni di Bretton Woods (Fondo Monetario
Internazionale e Banca Mondiale) in Africa e altrove avrebbe dovuto essere
chiara a tutti, specialmente alle Organizzazioni non Governative (ONG) che
sono più familiari con la loro filosofia e le loro politiche. Tuttavia,
alcune ONG africane, che sono state tra i maggiori critici delle Politiche
di Aggiustamento Strutturale e in prima linea nella lotta per la
cancellazione del debito, sono state ingannate dalla retorica delle
istituzioni di Bretton Woods sui Documenti di Strategia di Riduzione della
Povertà. Tali ONG hanno rilevato qualche "merito" nei Documenti di
Strategia di Riduzione della Povertà e pensano che con l'enfasi sulla
maggiore spesa nei settori sociali, come educazione, sanità e nutrizione, i
Documenti di Strategia di Riduzione della Povertà potrebbero contribuire a
"alleviare la povertà".

Questo è un grosso sbaglio. Nessuno può avere fiducia nel fatto che le
istituzioni di Bretton Woods riducano la povertà in Africa o altrove. Fino
a quando eviteranno di affrontare la diseguaglianza nelle relazioni di
potere che sono alla base delle regole ingiuste del sistema commerciale e
finanziario internazionale, tali istituzioni non saranno mai nella
posizione di "aiutare" l'Africa o altri paesi in via di sviluppo. In
realtà, quello che il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale
cercano di ottenere con i Documenti di Strategia di Riduzione della Povertà
è di:

creare l'illusione di "ridurre la povertà" mentre continuano a perseguire
le stesse politiche fallimentari e screditate, con ancora maggiore
condizionalità;

promuovere un superficiale "consenso nazionale" su programmi di breve
termine di "riduzione della povertà" a scapito di una riflessione seria e
profonda su politiche di sviluppo di lungo termine;
creare una frattura tra organizzazioni "ragionevoli" e "radicali" della
società civile africana;
dare la colpa ai governi e ai cittadini dei paesi altamente indebitati per
l'inevitabile fallimento dei Documenti di Strategia di Riduzione della
Povertà.


* Demba Moussa Dembele e' il Direttore del Forum per le Alternative
Africane. Estratti dell'articolo apparso sulla newsletter Pambazuka.

* Traduzione dall'inglese di un volontarioAIFO



Ecco come le ditte farmaceutiche raggirano le riviste mediche

Anthony Barnett

I colossi farmaceutici assumono "ghostwriters" per produrre articoli, a cui
poi aggiungono nomi di medici. Centinaia di articoli di riviste mediche che
si suppongono scritti da accademici o medici vengono scritti in realtà da
"ghostwriters" pagati dalle compagnie farmaceutiche: lo rivela un'inchiesta
dell'Observer. Le riviste, bibbia della professione medica, hanno un'enorme
influenza sul tipo di farmaci che i dottori prescrivono e sulle cure che
gli ospedali praticano. Ma l'Observer ha scoperto le prove di come molti
articoli scritti da cosiddetti medici indipendenti vengono scritti da
persone che lavorano per conto di agenzie che ricevono enormi somme dalle
compagnie farmaceutiche per pubblicizzare i propri prodotti.

Le stime suggeriscono che quasi la metà degli articoli pubblicati sulle
riviste sono opera di "ghostwriters". Mentre i medici che mettono il loro
nome sugli articoli possono venire pagati profumatamente per aver
"prestato" la loro reputazione, i "ghostwriters" restano nell'ombra.
Raramente si viene a sapere chi sono e quali sono le ditte farmaceutiche
coinvolte. Gli articoli che promuovono certi farmaci vengono esibiti come
frutto di ricerche indipendenti di fronte ai medici generici per
convincerli a prescrivere i farmaci.

In febbraio il New England Journal of Medicine è stato costretto a ritirare
un articolo sul trattamento di un problema cardiaco pubblicato l'anno
precedente dai medici dell'Imperial College di Londra e dal National Heart
Institute. È emerso che molti degli autori citati avevano poco o nulla a
che fare con la ricerca. L'inganno è stato scoperto solamente quando il
cardiologo tedesco Hubert Seggewiss, uno degli otto autori citati, ha
chiamato l'editore della rivista affermando di non aver mai visto alcuna
versione dell'articolo.

Un articolo pubblicato lo scorso febbraio sul Journal of Alimentary
Pharmacology, specializzato in disordini gastrici, ha coinvolto un
articolista che lavorava per il colosso farmaceutico AstraZeneca - un fatto
che non è stato rivelato dall'autore. L'articolo, opera di un medico
tedesco, riconosceva il "contributo" della dottoressa Madeline Frame, ma
non rivelava che si trattava di una esperta autrice di articoli medici per
AstraZeneca. L'articolo essenzialmente promuoveva l'uso di un farmaco per
le ulcere gastriche, l'Omeprazole - che è prodotto da AstraZeneca,
nonostante si dicesse che procurasse più reazioni contrarie di farmaci
simili.

Pochi all'interno di questa industria hanno sufficiente coraggio per uscire
allo scoperto. Tuttavia Susanna Rees, assistente editoriale fino al 2002 in
un'agenzia che redige articoli di medicina, si è così preoccupata per ciò
che ha visto che ha inviato una lettera al sito internet del British
Medical Journal. "Queste agenzie fanno di tutto per mascherare il fatto che
gli articoli che producono e sottopongono alle riviste e alle conferenze
sono scritti in favore delle compagnie farmaceutiche e non dagli autori
citati," scrive la Rees. "C'è una percentuale relativamente elevata di
successo per gli articoli proposti - non eccezionale, ma costante. La Rees
dice che parte del suo lavoro consisteva nell'assicurare che ogni articolo
inviato elettronicamente non recasse alcun indizio sull'origine dello
studio. "Una procedura standard che ho usato stabilisce che prima di
inviare un articolo ad una rivista elettronicamente o su disco,
l'assistente editoriale debba aprire il file del documento Word e togliere
dall'articolo il nome dell'agenzia o del ghostwriter o della compagnia
farmaceutica e sostituirli con il nome e l'istituzione di cui fa parte
colui che è stato invitato dalla compagnia farmaceutica (o dall'agenzia che
opera in suo favore) ad essere citato come autore principale, ma che può
non aver dato alcun contributo all'articolo". Una volta contattata, la Rees
non ha voluto fornire altri dettagli. "Ho firmato un accordo di
riservatezza e non posso fare commenti," ha affermato.

Un articolista che ha lavorato per diverse agenzie non ha voluto essere
identificato per paura di restare senza lavoro. "E' vero che talvolta una
compagnia farmaceutica paga una persona che scriva un articolo per
promuovere un determinato farmaco," ha dichiarato. "Ciò significa usare
tutte le informazioni pubblicate per scrivere un articolo che spieghi i
benefici di un particolare trattamento." "Si trova poi il nome di un medico
affermato da aggiungere e l'articolo viene presentato ad una rivista senza
che nessuno sappia che dietro ci sta un "ghostwriter" o una compagnia
farmaceutica. È probabile che questo sia immorale, ma tutte le ditte lo
fanno."

Un settore dove il "ghostwriting" sta diventando un grosso problema è la
psichiatria. Il dottor David Healy dell'Università del Galles, stava
facendo delle ricerche sui possibili pericoli degli antidepressivi, quando
il rappresentante di un'industria farmaceutica gli mandò una e-mail
offrendogli il proprio aiuto. L'e-mail, che l'Observer ha visto, recitava:
"Allo scopo di ridurre al minimo il Suo carico di lavoro, abbiamo fatto
scrivere al nostro "ghostwriter" un primo abbozzo basato sulle Sue
pubblicazioni. È qui in allegato." L'articolo era una recensione di dodici
pagine pronta per essere presentata ad una conferenza di lì a venire. Il
nome di Healy appariva come quello dell'unico autore, sebbene non avesse
visto in precedenza nemmeno una parola. Ma a lui non piacque la splendida
recensione fatta per il farmaco in questione, così suggerì alcune modifiche.

La compagnia rispose che lui aveva trascurato alcuni punti "commercialmente
importanti". Alla fine la recensione apparve durante la conferenza e su una
rivista psichiatrica nella sua forma originaria - con il nome di un altro
medico. Healy afferma che simili inganni si stanno facendo più frequenti.
"Credo che il 50% degli articoli sui farmaci che compaiono sulle maggiori
riviste mediche non vengono scritti nel modo che una persona comune si
aspetta... le prove che ho avuto suggeriscono che ci sono motivi per
credere che una parte significativa degli articoli che compaiono su riviste
come il New England Journal of Medicine, il British Medical Journal e il
Lancet siano scritti con l'aiuto delle agenzie" afferma Healy. "Non sono
nient'altro che informazioni commerciali pagate dalle ditte farmaceutiche."

Negli Stati Uniti una causa intentata contro la Pfizer ha portato alla luce
documenti interni della compagnia che mostravano l'utilizzo di un'agenzia
di New York. Un documento analizza gli articoli sull'antidepressivo Zoloft.
In alcuni articoli mancava soltanto una cosa: il nome di un medico. A
margine l'agenzia aveva messo le iniziali TBD, che Healy pensa che
significhino "da decidersi". Il dottor Richard Smith, editore del British
Journal of Medicine, ha ammesso che il "ghostwriting" è "veramente un
grosso problema". "Le compagnie farmaceutiche ci stanno ingannando.
Arrivano gli articoli con nomi di medici e spesso scopriamo che alcuni di
loro non hanno minimamente l'idea di ciò che viene scritto," afferma Smith.
"Quando ne veniamo a conoscenza, rifiutiamo l'articolo, ma ciò è molto
difficile. In un certo senso, ci siamo convinti ad insistere che ogni
coinvolgimento di una compagnia farmaceutica debba essere reso esplicito.
Ma esse hanno trovato il modo di aggirare l'ostacolo e di restare nascoste."

*Traduzione dall'inglese di Andrea Dalla Giacoma





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Italia per il Movimento dei Popoli per la Salute.

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