La carica del bond-people



La carica del bond-people
lanfranco caminiti [www.lanfranco.org]

La sequela di crac finanziari [Cirio, bond argentini, Parmalat], e la
tempesta su Finmatica, che hanno colpito i risparmiatori italiani ha
fatto uscire allo scoperto un vero e proprio 'ceto sociale'. Quando le
prime stime parlano di circa 800mila risparmiatori, e si può
tranquillamente supporre che il numero di investitori coinvolti salga
ancora, senza contare quelli che da questa serie di eventi sono rimasti
immuni, si ha immediatamente la dimensione sociale del fenomeno. A
questa percezione non è estraneo il carattere 'pubblico' che i
risparmiatori hanno dato fin da subito alle loro ansie rispetto i soldi
investiti: assemblee cittadine, manifestazioni con cartelli, volantini,
simboli di una protesta che è 'scesa in piazza'. Quanto di meno
trasparente, quanto di più privato esiste nella teoria e nella pratica
del mercato di denaro [il rapporto assolutamente fiduciario, personale
tra l'operatore finanziario e il cittadino] - e si potrebbe dire 'per
principio' è segreto - è diventato di dominio pubblico. Le persone,
intervistate, dichiarano esattamente l'ammontare del proprio
investimento, entrano nei dettagli della propria vita: era una piccola
eredità da far fruttare, avevo il desiderio di acquistare una casa, era
la liquidazione con la pensione, volevo garantirmi un arrotondamento a
un lavoro che rende poco. Una classica rappresentazione del valore
speciale della merce-denaro: essendo l'equivalente generale non si
esaurisce nella configurazione di un prodotto ma nella facoltà di
acquistare un qualunque prodotto, quindi nella 'facoltà di vita' che da
esso ci viene. In termini di quantità e in termini di qualità.
D'altronde, il dettaglio di vita vissuta diventa il presupposto, la
prova provata, la stimmata esibita, della 'appartenenza' a questo
movimento. Quanto più prima si era silenti, clandestini, vaghi, se non
nel privato della propria famiglia [quando talvolta neanche lì], e il
box en plein air del consigliere bancario era il deposito di speranze di
vita e calcoli di rendimento, quasi come un confessionale appartato è il
deposito di confessioni di vita e calcoli di indulgenze, tanto più si è
adesso ciarlieri. Ce ne deriva uno spaccato straordinario sul 'ventre'
di questo paese - o almeno di una sua consistente fetta. Ma anche uno
straordinario spaccato sui 'sentimenti' di questo paese - o almeno di
una sua consistente fetta. Le autobiografie finanziarie dei
risparmiatori raccontano 'quello che passa per la testa' degli italiani
più di qualunque inchiesta sociologica. Forse ci aggiungono un po' di
'colore' ma la ciccia resta tutta. Proprio perché è stato messo allo
scoperto - e non ci si può sottrarre alla necessità dell'evidenza -
quanto era recondito, quanto mai verrebbe detto, se non al proprio
medico di fiducia, al prete, all'amante occasionale, quanto cioè sfugge
al 'campionamento', al sondaggio.

Le teorie economiche degli anni novanta ci hanno conculcato l'idea che
il capitalismo si andava trasformando verso l'azionariato sociale
diffuso. Saremmo diventati tutti capitalisti, possessori di azioni di
questa o quella società. In misura graduata, certo, ma dentro un
principio comune, un 'idem sentire'. Al rendimento parassitario dei
Buoni dello stato - e alla lunga inflattivo del valore stesso del nostro
denaro -, bisognava sostituire l'investimento nel 'mercato', dove la
crescita è progressiva e produttiva. Non solo i rendimenti sarebbero
stati elevati, e assicurati da un processo generale, ma avremmo
partecipato di quello 'spirito' che anima l'imprenditore capitalista e,
in definiva, tutto il sistema. C'era quindi un calcolo di interesse,
sostituire a titoli che calavano paurosamente qualcosa che mantenesse
l'elevato standard di rendimento - insomma, il parassitismo della
propria accumulazione, che era stato così ben incentivato -, ma anche
una 'opzione culturale', la fiducia nella indiscussa primazia del
sistema capitalistico. Un passaggio teorico, una scelta di schieramento:
dallo stato - garante, dalla culla alla tomba - al capitale - garante lo
sportello bancario. Adesso ne avremmo fatto parte sul serio, in soldoni.
Questa doppia polarità - una avidità immediata ma anche la 'lunga marcia
dentro il sistema' - caratterizzava poi i comportamenti speculativi.
Come può capire chiunque abbia un po' di buon senso, i migliori
investimenti sono quelli 'average', cioè in un bouquet di azioni che
rappresentano solidissime società ma anche piccole società a rischio,
però interessanti. Se si perde da una parte, mediamente, si guadagna da
un'altra: i rendimenti sono limitati, a volte richiedono anche qualche
anno, ma le perdite sono sicuramente contenute. Ma questo non garantisce
di 'svoltare', e per vedere dei soldini in questo modo devi
effettivamente non solo avere pazienza, che non regge quando
tutt'intorno vedi una crescita spropositata di consumi a alto livello,
che tutti capiscono non vengano dal 'lavoro', ma anche muoverti su
investimenti significativi, e non tutti possono permetterselo. L'idea
del 'rischio' - una cosa assolutamente lontana dal capitalismo, e non
solo quello italiano, in realtà vigente soprattutto nelle affabulazioni
teoriche dei suo mentori - tradotto in 'forte rendimento' era quella che
affascinava di più, anche se temperata da una certa apprensione 'ma è
sicuro?'. Poi, però i primi rendimenti arrivavano - è questo il
meccanismo delle piramidi finanziarie, come quelle albanesi, vero 'study
case' della finanziarizzazione globale - e uno si chetava. Avidità
speculativa e progettualità sistemica avevano trovato il loro punto di
convergenza: siamo tutti capitalisti. E qui davvero l'inganno c'entra
poco, e la menzogna del mercato e dei suoi addetti. Perché era
assolutamente palese a entrambi i contraenti -
l'investitore-risparmiatore e il suo operatore finanziario di consulenza
- che senza 'trucco' non potevano esserci rendimenti alti: anche chi non
mastica molto di teoria finanziaria per sapere esattamente cos'è un
junk-bond [un titolo spazzatura] capisce che se promette - e dà per un
certo tempo - un forte rendimento, da qualche parte il 'trucco' c'è. È
il lato 'selvaggio' del capitalismo, ma senza questa selvatichezza,
senza questa spregiudicatezza non ci sarebbe sistema. E guadagno.
Ammichiamo. Nessuno, ovviamente, si sognava di destinare a opere
caritatevoli quel 'denaro sporco' che arrivava i primi semestri e anni,
quel 'denaro che produceva denaro' come per miracolo, senza fare
assolutamente nulla. Anzi, era denaro 'legittimo'. Probabilmente, c'era
chi ne guadagnava molto più di me - è legittimo, ha 'rischiato' di più -
e probabilmente c'era qualcuno che ne restava fregato. O era forse solo
un 'giochetto' dell'equivalente generale, se compro fiorini ungheresi
poi li cambio in valuta thailandese, mentre sta bassa, e poi ricompro
yen giapponesi che ora stanno in crisi, poi li ricambio in dollari al
momento opportuno e mi ritrovo con un mucchio di denaro semplicemente
spostando di qua e di là. Siamo tutti Soros. Forse non paga nessuno. Se
c'ho un broker buon 'figlio di puttana' viaggiamo alla grande. E questo
mi pare proprio un buon ' figlio di puttana'. Quale altra bestialità di
ragionamento potrebbe convincermi a investire sull'Argentina -
sull'Argentina - se non che fotto qualcuno? E se me lo garantisce una
banca - che è, come gli studi legali, il luogo dove si concentrano i
figli di puttana - sto proprio tranquillo. Seguendo la naturale
gerarchia, ci si appunta contro il governatore della Banca dItalia: lui,
che è il capintesta dei banchieri, ovvero il capintesta dei figli di
puttana. Come poteva non sapere il più figlio di puttana dei figli di
puttana? Si potrebbe dire che non è per l'inganno o la menzogna che i
risparmiatori sono incazzati - oltre che, naturalmente, per aver perduto
i propri soldi - ma perché quei figli di puttana non sono stati
all'altezza del patto, del loro mestiere, fottere qualcuno, invece di
restarci fottuti. Perché, allora, c'è stato qualcuno più furbo di loro.
Non va in crisi, neanche adesso, quello spirito selvaggio: il sistema
funziona. Solo che io ho preso la carrozza sbagliata.

Sarei curioso di conoscere i comportamenti elettorali dei nostri
risparmiatori 'truffati', ma questo, è evidente, resterà molto sullo
sfondo: anche quando tutto viene sviscerato, non può mostrarsi - nella
sua forma segreta-pubblica, l'urna elettorale - il convincimento
'politico' del risparmiatore-investitore. Ora, questo ceto sociale si
mostra tutt'intero solo nella sua veste 'economica' o 'produttiva'.
Eppure, questi ottocentomila risparmiatori-investitori hanno svolto in
questi anni un ruolo sostanzialmente 'politico', pubblico - molto più
che economico - sulla società: di orientamento, di sostegno, di
'spirito'. Il convincimento immediato è invece chiaro: gli operatori
finanziari si sono comportati come chi pratica l'usura - un
comportamento 'illegale'. Adesso li denuncio e lo stato - le banche -
devono sanzionare il comportamento illegale e risarcire i miei
investimenti. Fine delle meraviglie del capitale e ritorno allo stato
protettivo? Chissà. In un certo senso, la Banca di Roma che ha istituito
un 'fondo speciale' proprio per questi eventi conferma il convincimento
dei risparmiatori: laddove altre banche hanno scelto la via del
'colloquio privato', della verifica incrociata, del caso per caso, la
scelta di Geronzi va invece 'all'ingrosso', siamo cioè di fronte a un
fenomeno, l'usura o la perdita degli investimenti. Ci vuole una 'legge
speciale', come per le inondazioni, i cataclismi, i terremoti, il
Piemonte alluvionato, l'Irpinia scatasciata, l'Umbria frantumata, non è
che ci mettiamo ora a guardare il peluzzo: ricostruiamo. La scelta di
Geronzi è tutt'intera 'politica'. E a meno che non ci faccia pagare
tutti con un aumento delle spese delle operazioni correnti o un prelievo
scalare sui propri depositi - cose che richiederebbero una immediata
rivolta, ma già sono accadute nella tranquillità generale, il richiamo
alle 'finanziarie' lascia presagire il peggio  - potrebbe funzionare.
Come chi la sa lunga, pensa che ci sarà pure qualche furbo, ma non è
questo il punto.

A me questa sembra una cosa straordinaria. Perché è come se in una
partita a Monòpoli all'improvviso un giocatore che ha perduto tutti i
suoi soldini finti - è stato sfigato nel lanciare i dadi - chieda una
nuova 'puglia' , una nuova posta. E da quel banco collettivo, da
quell'entità oscura eppure che regola tutti i comportamenti dei
giocatori, venga un assenso, sì, ridiamogli la posta. Che torni a
giocare. Che sovverte tutte le regole, che sono semplici: hai una posta,
giochi, rischi, ti compri i tuoi cazzi di via accademia o via giulio
cesare, vendi, cambi, acquisti, se perdi vai fuori. È questo lo 'spirito
selvaggio' del gioco. Circoscritto nel tempo e nelle forme. Poi, ognuno
se ne va a casa, e abbiamo passato una serata, a volte simpatica a volte
noiosa. E invece no, perché se questa 'occasione', del rinnovo della
posta, si moltiplica, il gioco non finisce mai, e nello stesso tempo il
gioco salta. Salta il 'valore' pattuito, in finzione e in funzione,
della carta-moneta simbolica. Eppure, è proprio questo che sta
accadendo, o che fior fiori di giuristi, politici, amministratori
delegati, banchieri stanno discutendo che accada. E che io mi auguro che
accada: alla fine della fiera, i 'nostri' risparmiatori non si saranno
scottati troppo. Ma si potrebbe moltiplicare il gioco: se siamo in
ottocentomila potremmo azzerare i nostri debiti in rosso che continuano
a produrre interessi per le banche: okay, ricominciamo da capo, questa
partita l'avete vinta voi, datemi un'altra posta. Oppure, togliere le
ottocentomila ipoteche su qualunque cosa siano state emesse: okay,
azzeriamole, sto giro m'è andata proprio male, ricominciamo, quanto mi
date per la casa? Ecco, se lo moltiplicassimo, se questi ottocentomila
continueranno e amplificheranno la loro battaglia, se altri se ne
aggiungeranno, se il 'valore-denaro' si mostrasse per quello che
effettivamente è, un processo totalmente sganciato da qualunque
valore-merce, una ipoteca terribile sul 'futuro' della nostra capacità
di produrre e immaginare, un potere eccessivo sulle nostre vite, il
'simbolo potente' della nostra alienazione collettiva, forse torneremmo
a 'giocare' col denaro. Con un altro 'spirito'.


Roma, 24 gennaio 2004