[paxchristi_news] Pax Christi News - N. 4 -- EDIZIONE STRAORDINARIA--



PAX CHRISTI NEWS _ bimensile telematico di informazione del movimento _
Numero 4






Comunicato stampa
Una lettera aperta ai credenti perché non tacciano sulle guerre



5 dic 2003 h. 15:35



E' un invito accorato e fraterno quello che il Consiglio nazionale di Pax
Christi rivolge ai credenti e alle comunità cristiane nella forma di una
lettera aperta. "Abbiamo atteso che don Fabio Corazzina e don Renato Sacco
(missione del consiglio nazionale n.d.r.), tornassero dall'Iraq dove si
erano recati immediatamente dopo il brutale attacco terroristico a Nassirya
- ha precisato Mons. Tommaso Valentinetti, presidente della sezione
italiana del movimento cattolico per la pace, e ha proseguito - abbiamo
scelto di pronunciarci su quanto sta accadendo solo dopo aver ascoltato la
gente che vive sulla propria pelle la situazione in Iraq e avendo
constatato le difficoltà e i disagi del momento presente".



La lettera richiama l'attenzione delle chiese cristiane all'annunzio della
nonviolenza indicato come l'unico insegnamento evangelico possibile per
contrastare il dilagare degli odi e della violenza in Iraq come altrove:
"sentiamo forte la chiamata di Dio a convertirci alla nonviolenza - si
legge nel documento - e a farci eco di questa medesima profezia che
fiorisce sulle labbra dell'anziano Papa Giovanni Paolo II". Infatti si fa
esplicito riferimento all'appello del Papa formulato domenica scorsa nel
corso dell'Angelus "Quelle parole fanno definitivamente piazza pulita di
ogni altra possibile opzione per dirimere i conflitti", commenta Tonio
Dell'Olio, coordinatore di Pax Christi.



Il documento si conclude con un invito ancora più esplicito ai pastori di
tutte le chiese cristiane affinché non tacciano di fronte ai fenomeni del
terrorismo e della guerra: "A loro più che ad altri compete di farsi eco
della profezia della nonviolenza"



Segue il documento, che è consultabile anche sul sito
<http://www.paxchristi.it/>www.paxchristi.it





Farsi eco della profezia della nonviolenza


Lettera aperta ai credenti e alle comunità cristiane



Partecipiamo con immenso dolore e con tanta tristezza nel cuore alla
drammatica involuzione che ogni giorno di più va assumendo il conflitto
armato in terra irachena. Sarebbe esercizio fin troppo semplice affermare
che tutto questo non solo era prevedibile ma addirittura era stato
pubblicamente e autorevolmente anticipato da Giovanni Paolo II quando ebbe
a dire: "Di fronte alle tremende conseguenze che un'operazione militare
internazionale avrebbe per le popolazioni dell'Iraq e per l'equilibrio
dell'intera regione del Medio Oriente, già tanto provata, nonché per gli
estremismi che potrebbero derivarne - dico a tutti: c'è ancora tempo per
negoziare; c'è ancora spazio per la pace; non è mai troppo tardi per
comprendersi e per continuare a trattare".(Angelus 16.03.2003). Non siamo
mossi alla riflessione soltanto dalla morte di cittadini italiani che ha
scosso profondamente le coscienze del nostro Paese. L'universalità
dell'annuncio evangelico, così come il senso della cattolicità non ci
consentono di distinguere il DNA del sangue versato e anzi, il dolore che
ci colpisce da vicino deve divenire unità di misura per una migliore
comprensione della sofferenza di tutti.

Ciononostante in questo momento a noi sta a cuore riflettere sulla
situazione presente rivolgendoci ai credenti e alle comunità che traggono
motivo di vita dal Vangelo di Gesù Cristo. Ai fratelli e alle sorelle che
professano la fede cristiana nelle diverse tradizioni delle chiese vogliamo
chiedere di confrontarsi con il tempo presente a partire dalla Parola di
Dio che sempre deve ispirare il nostro vivere e deve illuminare le nostre
scelte. Particolarmente significativo ci pare a questo proposito uno strano
episodio che ci viene riferito dall'evangelista Luca: "In quello stesso
tempo si presentarono alcuni a riferirgli circa quei Galilei, il cui sangue
Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola,
Gesù rispose: "Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i
Galilei, per aver subito tale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite,
perirete tutti allo stesso modo. O quei diciotto, sopra i quali rovinò la
torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli
abitanti di Gerusalemme? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete
tutti allo stesso modo" (Lc 13,1-5) Gesù invita alla conversione con parole
molto dure, che non lasciano molto spazio ad altre opzioni. Di fronte alla
morte degli innocenti, davanti alle sciagure provocate dagli uomini, dentro
la storia che ci incalza moltiplicando l'orrore del terrorismo e delle
guerre, Gesù non rivolge altro appello se non quello alla conversione. La
terra irachena, culla di una civiltà antica e fiera, è la stessa terra
biblica in cui si svolgono le vicende di Abramo e di Giona, entrambi
segnati dalla conversione che pone a rischio la propria esistenza,
dall'annunzio alla conversione e da un cambiamento radicale della propria
esistenza che segue la voce di Dio contro ogni miopia umana. Essi hanno il
coraggio di rischiare sperando contro ogni speranza. In questo momento
della storia che, in Iraq e in tante altre zone della terra, continua a
contrapporre violenza a violenza, vendetta a ferocia, rancore a doloreŠ
sentiamo forte la chiamata di Dio a convertirci alla nonviolenza e a farci
eco di questa medesima profezia che fiorisce sulle labbra dell'anziano Papa
Giovanni Paolo II: "La pace nei cuori si costruisce deponendo le armi del
rancore, della vendetta e di ogni forma di egoismo. Ha grande bisogno di
questa pace il mondo! Penso in modo speciale con profondo dolore agli
ultimi episodi di violenza in Medio Oriente e nel Continente africano, come
pure a quelli che la cronaca quotidiana registra in tante altre parti della
Terra. Rinnovo il mio appello ai responsabili delle grandi religioni:
uniamo le forze nel predicare la non-violenza, il perdono e la
riconciliazione! "Beati i miti, perché erediteranno la terra" (Mt 5,5).
(Angelus, 30.11.2003)

-         Farsi eco della profezia della nonviolenza oggi per noi significa
innanzitutto disarmare i nostri pensieri e i nostri cuori bandendo
atteggiamenti di contrapposizione e di idea del nemico per acquisire nuovi
stili di vita improntati alla riconciliazione e capaci di osare davvero la
pace con lo stile che Gesù ci ha insegnato: "Amate i vostri nemici e
pregate per i vostri persecutori" (Mt 5, 44). Intensifichiamo tanto le
azioni di prossimità verso coloro che seminano violenza e morte in modo
così orrendo quanto la preghiera profonda e intensa. "Osare la pace per
fede" è stata la grande lezione di vita consegnataci da un testimone come
Dietrich Bonhoeffer.

-         Farsi eco della profezia della nonviolenza è vivere la sfida di
una nuova tensione educativa in questo momento di disorientamento in cui la
pace sembra essere diventata "parola multiuso" - per dirla con don Tonino
Bello - e buona per legittimare persino la guerra. Riprendendo il documento
della CEI "Educare alla pace", ribadiamo che nessun serio progetto di
questo tipo può prescindere dall'impegno di famiglia, scuola,
associazionismo, comunità cristiana che oggi devono comunicare una sana
educazione alla cultura della regola, alla cultura politica o della
partecipazione, all'economia per l'uomo e per la comunità, al dialogo, alla
sobrietà e solidarietà, alla gestione nonviolenta dei conflitti, alla
consapevolezza dei diritti e dei doveri (cfr. Conferenza Episcopale
Italiana - Commissione Ecclesiale Giustizia e Pace, Educare alla pace,
marzo 1998, §. 20 - 33).

-         Farsi eco della profezia della nonviolenza significa aiutare la
politica ad affermare la sua autonomia da ogni ideologia della guerra, dal
fondamentalismo del "mercato armato", dalla logica distruttiva sempre
unilaterale delle armi. Se la politica, come scriveva Giorgio La Pira, "è
l'attività religiosa più alta dopo quella dell'unione intima con Dio!"
perché "guida i popoli, responsabilità immensa e severissimo servizio", il
Parlamento italiano deve ripensare le sue scelte internazionali sviluppando
lo spirito nonviolento della Costituzione, della Carta dell'ONU e della
Dichiarazione Universale dei diritti umani.

-         Farsi eco della profezia della nonviolenza è riconsegnare alle
Nazioni Unite il compito di "arbitrare" e gestire a pieno titolo questa
fase delicata della crisi mediorientale pensando innanzitutto a ridare
dignità e sovranità al popolo iracheno. I troppi anni di embargo hanno
contribuito in maniera sostanziale a far perdere al popolo iracheno la
fiducia nella comunità internazionale che oggi ha il dovere morale del
risarcimento piuttosto che di prevedere come lucrare dalla vendita
dell'abbondante petrolio di quella terra. Ribadiamo senza riserve che la
guerra sul territorio iracheno è stata immorale ed illegittima. Per questa
ragione chiediamo che siano le regole del diritto internazionale a guidare
anche la fase attuale della crisi.

-         Nel tempo che prepara al Natale ci sentiamo ancor più vicini alla
Terra Santa: farsi eco della profezia della nonviolenza deve tradursi nel
concentrare l'attenzione dell'Europa in particolare sulla soluzione
definitiva del dramma di inimicizia e sangue tra la nazione israeliana e il
popolo palestinese. Buona parte delle sorti dell'intera regione e del
bacino del terrorismo di matrice fondamentalista islamico si nutrono
idealmente di quel dramma irrisolto.

-         Farsi eco della profezia della nonviolenza significa mettere in
atto ogni sforzo, economico e creativo, non solo per aiutare la
ricostruzione dell'Iraq, ma anche per visitare, conoscere, imparare a
frequentarsi, stringere nuovi patti di amicizia, cooperare con il popolo
iracheno e con tutte le popolazioni di tradizione religiosa islamica.
Abbiamo buone ragioni di ritenere che il terrorismo faccia una fatica
maggiore a fronteggiare la minaccia dell'amicizia e del dialogo piuttosto
che quella della guerra e della logica della colonizzazione culturale ed
economica presente nel fenomeno della globalizzazione.

Una parola infine, vogliamo rivolgerla a tutti i pastori delle chiese
cristiane perché non tacciano proprio in questo momento. Il silenzio non è
lecito a chi ha il compito di annunziare la Parola. A loro più che ad altri
compete di farsi eco della profezia della nonviolenza secondo le parole di
don Tonino Bello: "Come nei primi tempi del cristianesimo i martiri
stupirono il mondo per il loro coraggio, così oggi la Chiesa (ogni Chiesa
n.d.r.) dovrebbe fare ammutolire i potenti della terra per la fierezza con
cui, noncurante della persecuzione, annuncia, senza sfumare le finali come
nel canto gregoriano, il vangelo della pace e la prassi della nonviolenza".


Il Consiglio nazionale di Pax Christi

5 dicembre 2003


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