La nonviolenza e' in cammino. 604



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 604 del 7 luglio 2003

Sommario di questo numero:
1. "Il paese delle donne": miracolo a Roma
2. Enrico Peyretti: dieci tesi su religioni, violenza, nonviolenza
3. Anne A. Simpkinson intervista Thich Nhat Hahn dopo la strage dell'11
settembre 2001
4. Simone de Beauvoir: la felicita'
5. Michelangelo Bovero: questo paese
6. Un corso per mediatori internazionali di pace
7. Letture: Alessandro Dal Lago, Polizia globale
8. Letture: Gillian Slovo, Polvere rossa
9. Letture: Augusto Zamora Rodriguez, El futuro de Nicaragua
10. Riletture: Laura Conti, Che cos'e' l'ecologia
11. Riletture: Agnes Heller, L'uomo del Rinascimento
12. Riletture: Franca Ongaro Basaglia, Manicomio perche'?
13. Benito D'Ippolito: uomini e tigri
14. La "Carta" del Movimento Nonviolento
15. Per saperne di piu'

1. APPELLI. "IL PAESE DELLE DONNE": MIRACOLO A ROMA
[Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net) riprendiamo e
diffondiamo questo appello. Per contattare la redazione de "Il paese delle
donne": via Matteo Boiardo 12, 00185 Roma, e-mail: womenews at womenews.net;
per inviare sottoscrizioni: ccp 69515005]
Miracolo a Roma. Anche quest'anno ce l'abbiamo fatta. Come ogni anno
arriviamo alla pausa di fine giugno e, augurandovi buone vacanze, vi diamo
appuntamento a settembre. Ma questa volta c'e' qualcosa di diverso, rispetto
agli altri anni: chiudiamo con i conti in rosso.
Abbiamo avuto delle spese straordinarie: l'adeguamento forzato del nostro
statuto alle nuove disposizioni in tema di associazioni, una
stampante-fotocopiatrice il cui acquisto non era piu' rinviabile. Altre
spese sono diventate ordinarie nostro malgrado: l'obbligo di "incellofanare"
ogni numero della rivista, l'aumento delle tariffe postali.
Cosi', per la prima volta nella nostra storia, usciremo nel mese di
settembre solo grazie al contributo straordinario che ciascuna delle
redattrici fara' al giornale. E' un segnale allarmante: vuol dire che il
lavoro volontario e gli abbonamenti, che per legge ora dobbiamo chiamare
"contributi annuali", non bastano per tenere aperto questo spazio di
dialogo.
Non basterebbe piu', anche se ci aiuterebbe a tirare un po' il fiato, una
semplice sottoscrizione straordinaria; e poi la solidarieta' si chiede alle
persone esterne e, francamente, ci riesce difficile pensare alle lettrici
come ad un corpo estraneo alla redazione.
In questi giorni abbiamo sentito una certa preoccupazione per l'ipotetica
chiusura del giornale. In molte, anche di aree diverse da quelle che
tradizionalmente ci sono amiche, ci inviano messaggi di stima, e tuttavia il
numero delle "abbonate" non aumenta.
Abbiamo bisogno di soldi, questo e' certo, ma quel che chiediamo non e' una
semplice sottoscrizione di sostegno per una testata democratica in
difficolta'.
"Il paese delle donne" e' molto di piu' di un giornale democratico: siamo un
giornale politico e femminista, che, nel bene e nel male, da anni, da' conto
delle pratiche, dei pensieri e delle politiche delle donne. Questo giornale,
pero', come tutte le cose vive, ha bisogno di cura, ovvero di relazioni, e
sostentamento, e di passione. Bisogna che le tante di voi che ci leggono
senza contribuire alle spese del giornale capiscono che chi ci legge
dovrebbe abbonarsi, senza se e senza ma, per usare uno slogan inflazionato.
A tutte chiediamo di inviarci un segnale rinnovando puntualmente la
sottoscrizione annuale formando redazioni nelle vostre citta', inviandoci
suggerimenti, critiche, riflessioni.
Se durante l'estate non riceveremo nuovi abbonamenti, e magari qualche
sottoscrizione straordinaria, sara' per noi molto difficile continuare ad
esistere.
Vi diamo quindi appuntamento a settembre, senza aggiungere altro. Si dice
che la passione faccia miracoli.
Laicamente ci speriamo un po'.
La redazione de "Il paese delle donne"

2. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: DIECI TESI SU RELIGIONI, VIOLENZA,
NONVIOLENZA
[Dal fascicolo dell'aprile 2003 del bel mensile torinese "Il foglio" (sito:
www.ilfoglio.org) riprendiamo questo articolo di Enrico Peyretti (per
contatti: peyretti at tiscalinet.it). Enrico Peyretti e' uno dei principali
collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura
e dell'impegno di pace e di nonviolenza. Tra le sue opere: (a cura di), Al
di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni,
Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi
1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999. E' diffusa
attraverso la rete telematica (ed abbiamo recentemente ripresentato in
questo notiziario) la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza
guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate  e nonviolente]
1. Le religioni producono sia violenza che nonviolenza. In quanto tensione,
ricerca, relazione con qualcosa o qualcuno colti come un assoluto, esse sono
tentate di intransigenza, di totalitarismo esclusivista, di imposizione
violenta. Ma proprio il rapporto, vissuto piu' seriamente, con un assoluto
che ci trascende, deve farci sentire relativi, ci chiede di essere umili,
miti, rispettosi, nonviolenti, impegnati nel servizio agli altri. Il
significato migliore delle religioni esige che esse si facciano tutte sempre
chiaramente nonviolente.
Il potere, piu' violento e', piu' si appropria dell'avallo delle religioni,
manipolandole. Le religioni, piu' sono deboli, piu' si rendono disponibili a
servire il potere.
*
2. Le religioni hanno da prendere coscienza della loro ambiguita' rispetto
alla violenza, e hanno da lavorare su se stesse per risolvere tale
ambiguita' in senso positivo. Questo e' nelle loro possibilita', come e'
dimostrato dal fatto che sta cominciando a cambiare l'autocomprensione delle
religioni riguardo alla violenza.
*
3. Le religioni hanno un riferimento alla verita'. Alcune hanno piu' forte
il senso di una verita' ricevuta. In ogni caso, la verita' e' sempre da
penetrare meglio, e soprattutto da vivere fedelmente. Le religioni hanno
oggi il compito di comprendere:
- che la verita' non e' mai posseduta ma sempre cercata, ricevuta, invocata,
e sempre veduta solo parzialmente e imperfettamente;
- che essa, per quanto ci e' data, non risiede tanto nelle menti e nelle
definizioni intellettuali (peraltro utili alla vita buona, ma sempre
perfezionabili) quanto negli atti pratici della vita autentica;
- che la verita', comunque la intendiamo, la esprimiamo e la pratichiamo, e'
sempre piu' grande della nostra comprensione e attuazione;
- che i nostri diversi approcci e interpretazioni della verita' devono
essere intesi come in relazione tra loro, pur nelle differenze, e non in
opposizione escludente;
- soprattutto, le religioni hanno oggi il compito di comprendere che la
verita' che possiamo conoscere non ci arma mai gli uni contro gli altri
(come nella storia ha fatto chi arrogantemente ha pensato di tenerla in
pugno e di imporla ad altri come verita' armata), ma proprio ci "disarma",
nel senso che ci rende piu' miti ed umili, impegnati continuamente ad
imparare dall'ascolto reciproco, e a vivere una vita piu' giusta. La verita'
non ci arma, ma proprio ci disarma, per guidarci ad una vita personale e a
relazioni umane piu' buone e piu' vere. La forza della verita' non e'
offensiva, ma consiste nell'agire profondamente su di noi, in quanto la
cerchiamo e le siamo fedeli, col renderci piu' veri, piu' forti nel
resistere al male e nel vivere il bene.
*
4. Le religioni, come quelle del ceppo di Abramo (ebraismo, cristianesimo,
islam), che portano in se' l'idea di una "elezione", cioe' la scelta di un
messaggero o di un popolo da parte di Dio, hanno il compito, nell'attuale
opportunita' e necessita' di rispetto e dialogo con le altre religioni, di:
- interpretare quella idea alla luce della fondamentale unita' della
famiglia umana e del rispetto dovuto ad ogni tentativo di vita umana degna e
dotata di senso (cioe', alle diverse culture, civilta', religioni della
storia umana);
- escludere ogni interpretazione della elezione come un privilegio che
conferisca qualche superiorita' esclusiva, o diritti superiori;
- comprendere invece l'elezione come la chiamata ad una responsabilita' che
impegna verso tutti, come un incarico, come una illuminazione ricevuta per
essere comunicata con rispetto e mitezza a chi voglia prestarvi attenzione e
vi si riconosca liberamente.
*
5. Nel compito di convertirsi alla nonviolenza, le religioni sono aiutate od
ostacolate dalla minore o maggiore potenza delle loro strutture e dei loro
legami con le potenze economiche e politiche, e dalla qualita' delle loro
teologie e dottrine.
*
6. L'etica dell'unita' umana, cioe' del valore inviolabile dell'umanita'
riconosciuta e venerata in ogni altro essere umano, giudica tutte le
culture, le filosofie, le religioni, le politiche, le economie. Tutte le vie
umane sono giudicate dall'etica di pace nonviolenta, cioe' dal "rispetto
della vita" (Albert Schweitzer). E' dunque possibile, secondo l'esperienza
fatta da ciascuno, che questa etica porti a rifiutare o riformare la propria
religione della quale si siano constatati gravi tradimenti, errori,
sordita', ritardi su questo punto primario.
*
7. Si puo' fondatamente pensare che la coscienza del "rispetto della vita" e
della premura per il diritto e il bisogno altrui sia un elemento costitutivo
della nostra natura umana, elemento che puo' essere rafforzato e
stabilizzato ma anche indebolito e spento nelle persone e nelle societa'
secondo il tipo di educazione, di cultura e di ethos circostante. Quella
coscienza e' indebolita e distrutta dalla cultura di guerra, non poche volte
sanzionata dalle religioni, cultura che mediante la "costruzione del nemico"
degrada l'avversario a livello subumano per renderne possibile, e persino
doverosa e onorevole, l'offesa e l'uccisione. Quella coscienza, che in
genere e' educata e rafforzata dalle religioni, nelle loro versioni
migliori, non dipende essenzialmente da una visione religiosa della vita.
L'identificazione con l'altro, piu' evidente quando l'altro e' in un grave
pericolo e ci muove istintivamente al soccorso, e' un fatto originario, la
cui interpretazione puo' essere o religiosa (appello divino) o razionale
(appello della ragione). Ma l'interpretazione non cambia il dato. Il fatto
e' che, nonostante le pesanti strutture di violenza impiantate nella storia
e nelle culture, con ogni plausibilita' noi siamo fatti gli uni per gli
altri, quindi per la soluzione nonviolenta dei conflitti, e per il controllo
della nostra distruttivita', fino ad arrivare ad escluderla dai rapporti
umani ad ogni livello. Tale possibilita' e' un impegno che accomuna le
persone moralmente sensibili, che siano religiose o non religiose.
*
8. Si puo' dire che la pace, nonostante e contro l'impero della guerra oggi
ristabilito, sia "il mito emergente del nostro tempo", un simbolo universale
e fecondo, una specie - per cosi' dire - di nuova religione universale,
nuova fede, nuova morale (Raimon Panikkar, La torre di Babele, Pace e
pluralismo, Edizioni Cultura della Pace, S. Domenico di Fiesole 1990, p.
173). Questo si puo' dire purche' lo si intenda nel senso seguente:
- non soltanto l'ideale della pace non assorbe ne' sostituisce
necessariamente le religioni tradizionali, e invece le puo' unire nel
rispetto pieno delle loro differenze;
- ma inoltre l'ideale della pace costituisce un profondo punto d'incontro
fra le persone non religiose, che lo praticano senza ricollegarlo ad alcuna
religione, e le persone religiose, che in una determinata religione trovano
alimento al loro impegno morale per la pace.
*
9. L'amore fino ai nemici, il perdono delle offese, il male ricambiato col
bene, puo' essere considerato il maggiore "miracolo morale", per i credenti
il segno piu' grande che Dio puo' dare di se' nell'umanita', per i non
credenti il grado piu' alto di elevazione dello spirito pratico umano. Oggi
l'amore fino ai nemici (effettivo, non necessariamente affettivo) si attua
nella nonviolenza attiva e politica, nella cultura della gestione
costruttiva e nonviolenta dei conflitti; si attua, in ogni persona e in ogni
gruppo umano, nell'abbandonare l'idolatria del proprio diritto duro e
impositivo, in favore dell'incontro, della trattativa e dell'accordo con
l'altro, rispettato nella sua diversita'. Forse in cio' sta la verita' che
ci salva dal male e dal dolore, verita' che tutte le spiritualita' religiose
e le spiritualita' non religiose cercano a pezzi e bocconi, nella fatica e
nella gioia che sono la dignita' della persona umana.
*
10. Nella cultura di pace e nel movimento per la pace e la nonviolenza, le
religioni danno un contributo essenziale, condividendo in forma laica, anche
con chi non e' religioso, la fede nella verita', la speranza nel bene,
l'amore per l'umanita', l'impegno per la giustizia. Ma, all'interno delle
religioni, l'impegno di pace e nonviolenza e' ancora acquisizione di pochi.

3. RIFLESSIONE. ANNE A. SIMPKINSON INTERVISTA THICH NHAT HANH DOPO LA STRAGE
DELL'11 SETTEMBRE 2001
[Questa intervista  di Anne A. Simpkinson al monaco zen Thich Nhat Hanh e'
apparsa sullo "Changemakers Journal" dell'ottobre 2001; la traduzione e' di
Carla Toscana per il Centro studi "Sereno Regis" di Torino, dal cui sito
l'abbiamo ripresa  (per informazioni e contatti: Centro studio Domenico
Sereno Regis, via Garibaldi 13, 10122 Torino, tel. 011532824, fax:
011549005, e-mail: regis at arpnet.it, sito: www.arpnet.it/regis). Thich Nhat
Hanh, una delle piu'  note figure della teoria e della prassi della
nonviolenza, e' un monaco vietnamita della tradizione zen, che ha lavorato
instancabilmente per la pace durante la guerra del Vietnam, ricostruendo
villaggi distrutti dalle ostilita'. In seguito a un giro di conferenze
contro la guerra negli Stati Uniti, non gli fu permesso di tornare nel suo
paese e cosi' si stabili' in Francia. Nel 1967 Martin Luther King lo propose
come candidato per il premio Nobel della pace. Attualmente e' conosciuto a
livello internazionale per il suo insegnamento e i suoi scritti sulla
consapevolezza, e per il suo lavoro per un "buddhismo socialmente
impegnato", un richiamo all'azione sociale basata su principi buddhisti. E'
autore di numerose pubblicazioni, tra cui il best seller Essere pace,
Ubaldini, Roma 1989, e il recente Spegni il fuoco della rabbia, Mondadori,
Milano 2002]
- Domanda: Se potessi parlare a Osama bin Laden, che cosa gli diresti? E se
potessi parlare al popolo americano, cosa suggeriresti di fare a questo
punto, come singoli individui e come nazione?
- Risposta: Se mi fosse concessa l'opportunita' di stare faccia a faccia con
Osama bin Laden, la prima cosa che farei sarebbe ascoltare. Cercherei di
comprendere perche' ha agito in un modo tanto crudele. Cercherei di
comprendere tutte le sofferenze che lo hanno portato alla violenza.
Ascoltare in questo modo potrebbe non essere cosa facile, e cosi' dovrei
restare calmo e lucido. Avrei bisogno di avere vicino a me tanti amici molto
bravi nella pratica dell'ascolto profondo, dell'ascoltare senza reagire,
senza giudicare e condannare. In questo modo, si verrebbe a creare
un'atmosfera di sostegno intorno a questa persona e a quelle in rapporto con
lei, cosicche' potrebbero davvero sperimentare una condivisione, confidare
che li si sta davvero ascoltando.
Dopo aver ascoltato per qualche tempo, potremmo aver bisogno di
un'interruzione per permettere a cio' che e' stato detto di entrare nella
nostra coscienza. Solo quando ci sentiremo calmi e lucidi, potremo dare una
risposta. Risponderemmo punto per punto a quanto e' stato detto.
Risponderemmo in modo gentile, ma fermo, in modo da aiutarli a scoprire le
loro interpretazioni sbagliate, cosicche' possano recedere dagli atti
violenti di loro propria volonta'.
Per quanto concerne il popolo americano, suggerirei di fare tutto quanto e'
possibile per ristabilire la calma e la lucidita' prima di rispondere alla
situazione che si a' creata. Rispondere troppo velocemente, prima di avere
una buona comprensione della situazione, puo' essere molto pericoloso.
La prima cosa che possiamo fare e' smorzare le fiamme di rabbia e odio che
sono cosi' forti in noi. Come ho detto prima, e' di cruciale importanza
guardare al modo in cui alimentiamo l'odio e la violenza dentro di noi e
intraprendere misure immediate per eliminare il nutrimento al nostro odio e
alla nostra violenza.
Quando reagiamo in preda alla paura e all'odio, non abbiamo ancora una
comprensione profonda della situazione. La nostra azione sara' soltanto un
modo molto veloce e superficiale di rispondere alla situazione e non si
produrra' un vero beneficio e risanamento. Ma se aspettiamo e seguiamo il
processo di calmare la nostra rabbia, guardando in modo approfondito dentro
la situazione e ascoltando con una grande volonta' di comprendere le radici
della sofferenza che sono la causa delle azioni violente, allora avremo
finalmente elementi sufficienti per rispondere in un modo tale che la
guarigione e la riconciliazione possano esser realizzate per tutte le
persone coinvolte.
In Sud Africa, la Commissione per la Verita' e la Riconciliazione ha fatto
dei tentativi per giungere a questo risultato. Tutte le parti coinvolte
nella violenza e nell'ingiustizia accettano di ascoltarsi l'un l'altra in un
ambiente calmo e confortevole, di guardare insieme in profondita' alle
radici degli atti violenti e di trovare soluzioni condivise per rispondere
alle diverse situazioni. La presenza di forti leader spirituali e' di grande
aiuto per creare e mantenere un tale ambiente. Possiamo rifarci a questo
modello per risolvere i conflitti che stanno sorgendo proprio in questo
momento; non dobbiamo aspettare molti anni per metterlo in pratica.
- Domanda: Tu hai sperimentato di persona la devastazione causata dalla
guerra combattuta in Vietnam e hai lavorato per porre fine alle ostilita'
laggiu'. Che cosa dici alle persone che sono straziate dal dolore e
arrabbiate perche' hanno perduto persone care negli attacchi terroristici?
-Risposta: Io ho perduto i miei figli e le mie figlie spirituali durante la
guerra, quando stavano penetrando nella zona di combattimento per cercare di
salvare quelli sotto le bombe. Alcuni furono uccisi dalla guerra e altri
furono assassinati da chi pensava erroneamente che stessero sostenendo la
parte avversa. Quando guardai ai quattro cadaveri trucidati dei miei figli
spirituali assassinati in modo cosi' violento, ho sofferto profondamente.
Comprendo la sofferenza di coloro che hanno perso i loro cari in questa
tragedia. In situazioni di grande perdita e dolore, dovetti ritrovare la mia
calma per ripristinare la mia lucidita' e la capacita' di comprensione e
compassione del mio cuore. Con la pratica del guardare in profondita', ho
capito che se rispondo alla crudelta' con la crudelta', l'ingiustizia e la
sofferenza non possono che aumentare.
Quando venimmo a sapere del bombardamento del villaggio di Bentra in
Vietnam, dove furono distrutte innumerevoli abitazioni, e i piloti dissero
ai giornalisti di aver distrutto il villaggio per salvarlo, io restai
traumatizzato e frastornato dalla paura e dal dolore. Allora praticammo il
camminare in modo calmo e gentile sulla terra, per riottenere la calma della
mente e la pace del cuore.
Benche' sia una grande sfida il mantenere la nostra apertura in questo
momento, e' di cruciale importanza che non rispondiamo in alcun modo finche'
non abbiamo recuperato la calma e la chiarezza indispensabili per vedere la
realta' della situazione. Noi sapevamo che rispondere con la violenza e con
l'odio avrebbe danneggiato soltanto noi stessi e le persone attorno a noi.
Allora ci dedicammo alla meditazione in modo da essere in grado di guardare
in profondita' nella sofferenza della gente che ci infliggeva violenza, per
comprenderli in modo piu' profondo e per comprendere noi stessi in modo piu'
profondo. Grazie a questa comprensione fummo in grado di produrre
compassione e di alleviare sia la nostra sofferenza, sia la sofferenza
dell'altra parte.
- Domanda: Qual e' la "cosa giusta" da fare per rispondere agli attacchi
terroristici? Dovremmo cercare la giustizia per mezzo di un'azione militare?
Per mezzo di azioni giudiziarie? L'intervento militare e/o la rappresaglia
e' giustificata se e' in grado di evitare la futura uccisione di innocenti?
- Risposta: Ogni violenza e' un'ingiustizia. Il fuoco dell'odio e della
violenza non puo' essere estinto dall'aggiunta di altro odio e violenza. Il
solo antidoto alla violenza e' la compassione. E di cosa e' fatta la
compassione? E' fatta di comprensione. Quando non c'e' comprensione, come
possiamo provare compassione, come possiamo cominciare ad alleviare la
grande sofferenza che e' in essa? La comprensione e' la vera e propria base
sulla quale costruiamo la nostra compassione.
- Domanda: Come possiamo arrivare alla comprensione e al discernimento che
ci possono guidare attraverso questi momenti di immensa sfida che adesso
stiamo fronteggiando in America?
- Risposta: Per provare comprensione dobbiamo trovare vie di comunicazione
tali che ci permettano di ascoltare coloro che stanno invocando la nostra
comprensione in modo cosi' disperato - perche' un tale atto di violenza e'
una richiesta disperata di attenzione e di aiuto.
- Domanda: Come si fa ad ascoltare in modo calmo e chiaro, cosi' da non
uccidere immediatamente le possibilita' di sviluppo della comprensione?
- Risposta: Come nazione dobbiamo prestar attenzione a questo: in che modo
possiamo sviluppare condizioni tali da permettere il verificarsi
dell'ascolto profondo, in modo che la nostra risposta alla situazione possa
sorgere dalla calma e dalla chiarezza della nostra mente. La chiarezza e'
una grande offerta che possiamo fare in questo momento.
- Domanda: Ci sono persone che vogliono una cosa soltanto: vendetta.
- Risposta: Nelle scritture buddhiste, il Buddha dice che rispondendo
all'odio con l'odio si ottiene solo un aumento dell'odio. Ma se noi facciamo
uso della compassione per abbracciare coloro che ci hanno danneggiati, i
nostri e i loro cuori saranno colpiti piu' che da una bomba.
- Domanda: Ma come si fa a far sgorgare una goccia di compassione che possa
spegnere il fuoco dell'odio?
- Risposta: Sai, la compassione non si vende al supermarket. Se vendessero
la compassione, dovremmo solo portarcela a casa e avremmo risolto il
problema dell'odio e della violenza nel mondo con grande facilita'. Ma la
compassione puo' soltanto venir prodotta nel nostro cuore grazie alla
pratica.
L'America brucia d'odio. E' per questo che dobbiamo dire ai nostri amici
cristiani "siete i bambini di Cristo". Dovete rientrare in voi e guardare in
profondita' e scoprire perche' si e' verificata questa violenza.
Perche' c'e' tanto odio? Cosa c'e' sotto tutta questa violenza? Perche'
odiano cosi' tanto da arrivare a sacrificare le loro stesse vite e ad
infliggere una sofferenza cosi' grande ad altra gente? Perche' questi
ragazzi giovani, pieni di vitalita' e di forza, hanno scelto di perdere la
loro vita, di commettere una tale violenza? E' questo che dobbiamo capire.
Dobbiamo trovare un modo per fermare la violenza, certo. Se e' il caso,
dobbiamo mettere in prigione i responsabili. Ma la cosa importante e'
guardare in profondita' e chiedere: "Perche' e' successo questo? Quale
responsabilita' abbiamo noi nell'accaduto?". Forse essi ci capiscono male.
- Domanda: Ma che cosa li ha portati a un tale livello di incomprensione da
odiarci cosi' tanto?
- Risposta: Il metodo del Buddha e' il guardare in profondita' per vedere la
fonte della sofferenza; la fonte della violenza. Se dentro di noi c'e'
violenza, qualsiasi azione puo' far esplodere questa violenza. L'energia
dell'odio e della violenza puo' essere molto grande e quando la vediamo in
altre persone ci dispiace per loro. Quando sentiamo questo dispiacere, la
goccia della compassione e' scaturita nei nostri cuori e ci sentiamo molto
piu' felici e piu' in pace con noi stessi. Questa empatia produce il nettare
della compassione dentro di noi.
Vai in un monastero proprio al fine di imparare a far questo, in modo che
ogniqualvolta soffri e sei arrabbiato sai come guardare in profondita', in
modo che la lacrima di compassione possa sgorgare dal tuo cuore e scacciare
la febbre della rabbia. Soltanto la lacrima della compassione puo'
allontanare le fiamme dell'odio.
Dobbiamo guardare in profondita' e con onesta' alla nostra attuale
situazione. Se siamo capaci di vedere le fonti della sofferenza in noi
stessi e nelle altre persone, possiamo cominciare a invertire il ciclo
dell'odio e della violenza. Quando la nostra casa va a fuoco, dobbiamo prima
di tutto spegnere il fuoco e poi cercarne le cause. Analogamente, se noi
prima spegniamo la rabbia e l'odio nel nostro cuore, avremo la possibilita'
di analizzare la situazione in profondita', con chiarezza e discernimento
per determinare tutte le cause e le condizioni che hanno contribuito
all'odio e alla violenza che stiamo sperimentando dentro noi stessi e nel
nostro mondo.
La "cosa giusta" e' l'azione che risulta dall'estinzione dei fuochi
dell'odio e della violenza.
- Domanda: Credi che il male esista? E, se e' cosi', considereresti i
terroristi come persone malvagie?
- Risposta: Il male esiste. Anche Dio esiste. Il male e Dio sono le nostre
due facce. Dio e' questa grande comprensione, questo grande amore dentro di
noi. E' cio' che viene anche chiamato Buddha, la mente illuminata che e' in
grado di vedere attraverso l'ignoranza.
Che cos'e' il male? E' quando la faccia di Dio, la faccia del Buddha dentro
di noi, risulta nascosta. Spetta a noi scegliere se il lato del male diventa
piu' importante, o se il lato di Dio e del Buddha risplende. Ma anche se il
lato della grande ignoranza, del male, puo' in un dato momento manifestarsi
in modo molto intenso, cio' non significa che Dio non sia la'.
Nella Bibbia cio' e' detto con chiarezza, "Perdona loro perche' non sanno
quello che fanno". Questo significa che un atto malvagio e' un atto di
grande ignoranza e incomprensione. Forse ci sono molte percezioni sbagliate
dietro un atto malvagio; dobbiamo capire che l'ignoranza e l'incomprensione
sono la radice del male. Ogni essere umano contiene dentro di se' tutti gli
elementi di una grande comprensione, di una grande compassione, e anche
ignoranza, odio e violenza.
- Domanda: Nel tuo nuovo libro Anger [Spegni il fuoco della rabbia,
Mondadori, Milano 2002], dai un esempio di "ascolto compassionevole" come
uno strumento per risanare le famiglie. Questo strumento puo' essere usato a
livello nazionale e, in tal caso, come funzionerebbe?
- Risposta: L'estate scorsa un gruppo di palestinesi e israeliani venne al
Plum Village, il centro di meditazione dove vivo nel sud della Francia, per
imparare e praticare le arti dell'ascolto profondo e del discorso amorevole
(circa 1.600 persone arrivano al Plum Village ogni estate da piu' di una
dozzina di paesi, per ascoltare e imparare come portare pace e comprensione
nella loro vita quotidiana). Il gruppo di palestinesi e israeliani
partecipo' al programma quotidiano di meditazione camminata, meditazione
seduta e pasti silenziosi, e segui' anche un training su come ascoltare e
parlare l'uno con l'altro in modo tale da rendere possibile una maggiore
pace e comprensione tra i suoi membri, sia come individui sia come nazioni.
Con la guida e il sostegno dei monaci e delle suore, essi sedettero e si
ascoltarono a vicenda. Quando una persona parlava, nessuno la interrompeva.
Ciascuno praticava la consapevolezza del proprio respiro e del proprio
ascolto in modo tale che l'altra persona si sentiva ascoltata e compresa.
Quando una persona parlava, essi/e rifuggivano dall'usare parole di
riprovazione, odio e condanna. Parlavano in un'atmosfera di fiducia e
rispetto. Grazie a queste conversazioni i partecipanti palestinesi e
israeliani riuscirono davvero a comprendere che entrambe le parti soffrivano
per la paura. Apprezzarono la pratica dell'ascolto profondo e si accordarono
per condividere cio' che avevano imparato con altri dopo il loro ritorno nei
rispettivi paesi.
Noi raccomandammo che palestinesi e israeliani parlassero delle loro
sofferenze, paure e disperazione in un forum pubblico, in modo che tutto il
mondo possa ascoltare. Potremmo tutti ascoltare senza giudicare, senza
condannare, al fine di comprendere l'esperienza di entrambe le parti. Cio'
preparerebbe quel terreno di comprensione appropriato per l'apertura di
colloqui di pace.
La stessa situazione esiste ora tra il popolo americano e quello delle
nazioni arabe e islamiche. Vi e' una grande incomprensione e una grande
mancanza di quel tipo di comunicazione, cio' ostacola la nostra capacita' di
risolvere le difficolta' in modo pacifico.
- Domanda: La compassione costituisce una grande parte del buddhismo e della
pratica buddhista. Ma in questo preciso momento, sembra impossibile fare
appello alla compassione verso i terroristi. E' realistico pensare che la
gente possa provare un'autentica compassione adesso?
- Risposta: Senza comprensione, la compassione e' impossibile. Quando
comprendi la sofferenza degli altri, non hai bisogno di sforzarti per
provare compassione, la porta del tuo cuore si aprira' naturalmente. Tutti i
dirottatori erano molto giovani, eppure hanno sacrificato le loro vite, per
cosa? Perche' lo hanno fatto? Che tipo di sofferenza profonda c'e' qui? Ci
sara' bisogno di un ascolto profondo e di uno sguardo in profondita' per
comprenderlo.
L'avere compassione in questa situazione e' compiere un grande atto di
perdono. Innanzitutto possiamo abbracciare la sofferenza, sia al di fuori
dell'America, sia al suo interno. Dobbiamo aver cura delle vittime qui, nel
nostro paese, ma aver compassione anche per i dirottatori e le loro
famiglie, perche' anche loro sono vittime dell'ignoranza e dell'odio. In
questo modo possiamo davvero praticare la non discriminazione. Non c'e'
alcun bisogno di aspettare molti anni o decenni per realizzare la
riconciliazione e il perdono. Abbiamo bisogno adesso di una sveglia, per non
permettere all'odio di schiacciare i nostri cuori.
- Domanda: Ritieni che le cose accadano per una ragione? Se e' cosi', qual
era la ragione per gli attacchi agli Usa?
- Risposta: La ragione profonda della nostra attuale situazione risiede nei
nostri modelli di consumo. I cittadini statunitensi consumano il 60% delle
risorse mondiali di energia, ma sono solo il 6% della popolazione mondiale.
In America i bambini hanno assistito a 100.000 atti di violenza alla
televisione prima di aver finito la scuola elementare. Un'altra ragione
dell'attuale situazione e' la nostra politica estera e la mancanza di
ascolto profondo nelle nostre relazioni. Noi non facciamo uso dell'ascolto
profondo per comprendere la sofferenza e i veri bisogni della gente delle
altre nazioni.
- Domanda: Quale ritieni che sia la piu' efficace risposta spirituale a
questa tragedia?
- Risposta: Possiamo cominciare proprio in questo istante a meditare per
calmare la nostra rabbia, guardando profondamente alle radici dell'odio e
della violenza nella nostra societa' e nel nostro mondo, e ad ascoltare in
modo compassionevole per udire e comprendere cio' che non abbiamo ancora la
capacita' di udire e comprendere. Quando la goccia di compassione comincia a
formarsi nei nostri cuori e nelle nostre menti, cominciamo a sviluppare
risposte concrete alla nostra situazione. Quando abbiamo ascoltato e
guardato in modo profondo, possiamo cominciare a sviluppare l'energia della
fraternita' e della sorellanza tra tutte le nazioni, il che costituisce il
piu' profondo lascito spirituale di tutte le tradizioni religiose e
culturali. In questo modo la pace e la comprensione nel mondo intero vengono
accresciute giorno per giorno.
Lo sviluppare la goccia di compassione nel nostro proprio cuore e' la sola
effettiva risposta spirituale all'odio e alla violenza. Questa goccia di
compassione sara' il risultato del calmare la nostra rabbia, del guardare in
profondita' alla radici della nostra violenza, dell'ascolto profondo e della
comprensione della sofferenza di coloro che sono coinvolti negli atti di
odio e violenza.

4. MAESTRE. SIMONE DE BEAUVOIR: LA FELICITA'
[Da Simone de Beauvoir, La forza delle cose, Einaudi, Torino 1966, 1995, p.
256. Simone de Beauvoir e' nata a Parigi nel 1908; e' stata protagonista,
insieme con Jean-Paul Sartre, dell'esistenzialismo e delle vicende della
cultura, della vita civile, delle lotte politiche francesi e mondiali dagli
anni trenta fino alla scomparsa (Sartre e' morto nel 1980, Simone de
Beauvoir nel 1986). Antifascista, femminista, impegnata nei movimenti per i
diritti civili, la liberazione dei popoli, di contestazione e di
solidarieta', e' stata anche lucida testimone delle vicende e degli ambienti
intellettuali di cui e' stata partecipe e protagonista. Opere di Simone de
Beauvoir: pressoche' tutti i suoi scritti sono stati tradotti in italiano e
piu' volte ristampati; tra i romanzi si vedano particolarmente: Il sangue
degli altri (Mondadori), Tutti gli uomini sono mortali (Mondadori), I
mandarini (Einaudi); tra i saggi: Il secondo sesso (Il Saggiatore e
Mondadori), La terza eta' (Einaudi), e la raccolta Quando tutte le donne del
mondo... (Einaudi). La minuziosa autobiografia (che e' anche un grande
affresco sulla vita culturale e le lotte politiche e sociali in Francia, e
non solo in Francia, attraverso il secolo) si compone di Memorie d'una
ragazza perbene, L'eta' forte, La forza delle cose, A conti fatti, cui vanno
aggiunti i libri sulla scomparsa della madre, Una morte dolcissima, e sulla
scomparsa di Sartre, La cerimonia degli addii, tutti presso Einaudi. Opere
su Simone de Beauvoir: Enza Biagini, Simone de Beauvoir, La Nuova Italia,
Firenze 1982 (cui si rinvia per una bibliografia critica ragionata)]
A che vale la felicita' se, invece di darmi la verita', me la nasconde?

5. RIFLESSIONE. MICHELANGELO BOVERO: QUESTO PAESE
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 luglio 2003. Michelangelo Bovero
insegna filosofia della politica all'Universita' di Torino ed e' uno degli
studiosi piu' acuti della tradizione del pensiero liberalsocialista e
dell'antifascismo piu' nitido ed intransigente]
Quarant'anni fa, Norberto Bobbio raccolse in volume i ritratti di alcuni
personaggi della storia italiana, "chierici che non avevano tradito"
all'avvento del fascismo. Intitolo' la raccolta Italia civile. Questo
titolo, come ricorda lo stesso Bobbio, gli fu suggerito per antitesi da
quello del libro di Curzio Malaparte, Italia barbara, pubblicato da Gobetti
nel 1925. Il tema delle "due Italie", continuamente rivisitato, e con
notevole frequenza nell'ultimo decennio che ne ha offerto copiose occasioni,
trova le sue prime radici nella tradizione gobettiana. All'indomani della
marcia su Roma, Gobetti scriveva: "Noi non combattiamo, specificamente, il
Ministero Mussolini, ma l'altra Italia", da lui definita come "l'unione
confusa di tutte le nostre antitesi". Dunque l'"altra Italia" era per
Gobetti quella barbara: altra rispetto a se', la propria antitesi. Com'e'
noto, questa espressione ha finito col designare oggi, rovesciando
l'accezione gobettiana, l'Italia civile. Forse perche' ci si e' arresi
all'evidenza che l'Italia incivile, o ben scarsamente civile, incapace di
riscattarsi da patologie inveterate, pronta a ricadervi in diverso grado e
in vario modo, in tragedia e in farsa, continua ad essere ricorrentemente
l'Italia maggioritaria. Del resto, lo stesso Gobetti aveva interpretato
l'anti-civilta' fascista come "autobiografia della nazione". E
l'autobiografia e' continuata in tante forme, piu' o meno barbariche o
grottesche, correndo persino il rischio, col revisionismo storico, di
diventare agiografia.
Ritratti delle "due Italie" sono stati tracciati da molti in varie
occasioni. Con la formula "Italia civile", Bobbio spiegava di voler alludere
"a un paese ideale, non molto abitato, immune da alcuni vizi tradizionali, e
fra loro contrapposti, della vecchia Italia reale (vecchia e sempre
nuovissima): prepotenza in alto e servilismo in basso, soperchieria e
infingardaggine, astuzia come suprema arte di governo e furberia come povera
arte di sopravvivere, il grande intrigo e il piccolo sotterfugio".
Gobetti aveva scritto: "Il fascismo ha avuto almeno questo merito: di
offrire la sintesi, spinta alle ultime inferenze, delle storiche malattie
italiane: retorica, cortigianeria, demagogismo, trasformismo". Commentando
quest'affermazione gobettiana, Bobbio sintetizzo': "la sempiterna Italia dei
furbi e dei servi". Un aspetto macroscopico dell'identita' culturale
fascista fu stigmatizzato da Croce con un nome: onagrocrazia, il potere
degli asini.
L'ultimo capitolo dell'autobiografia della nazione potrebbe essere
intitolato, piu' comprensivamente, kakistocrazia, il potere dei peggiori
(kakistos, in greco, e' il contrario di aristos). Con stupefacente sostegno
popolare - la sempiterna Italia dei furbi e dei servi? - si affermano
personaggi arroganti e insieme ridicoli. La mancanza di senso della misura e
la propensione alle gaffes ne fanno soggetti ideali per la commedia e per la
satira; la gravita' dei loro atti e delle conseguenze di questi e' pero'
drammatica. In un panorama complessivamente mediocre, sono i peggiori delle
varie specie: plutocrati ignoranti, bifolchi insipienti, pretoriani
infingardi. Toh, guarda: ignoranti, insipienti, infingardi. Tre "i". Come
"italiani"? C'e' da rabbrividire.
Un sommesso suggerimento per gli strenui difensori - che immagino desolati e
disperati - del prestigio italiano nel mondo: credo che converrebbe loro
attestarsi su una linea di difesa molto sobria e modesta, ad esempio
criticando i pregiudizi generalizzanti sull'"italianita'". Ma senza
avventurarsi nel tentativo di distinguere un'Italia "falsa" da una "vera".
Perche' la ricorrente ripetizione da parte dei "rappresentanti" (!)
ufficiali dell'Italia, sia pure con varianti nei diversi tempi e
circostanze, di certi comportamenti e atteggiamenti, persino gesti e pose,
offre ai pregiudizi un corpo concreto, rischia di farli apparire proprio
"veri".
Per quanto mi riguarda, intravedo una via di fuga. Nient'affatto codarda:
anzi, verso l'alto. Il filosofo torinese Piero Martinetti, al burocrate
fascista che gli ingiungeva di dichiarare la propria nazionalita', rispose:
"Io sono un cittadino del mondo, casualmente nato in Italia". La cosmopoli
e' una repubblica morale, un'aspirazione ideale. Ma la possibilita' di
dichiararsi cittadini d'Europa e' per noi una prospettiva concreta. Anche se
sulla nascita della Costituzione europea si addensano molte preoccupazioni.
E sempreche' la devastante, grottesca protervia dell'Italia incivile non
riesca a funestare il lieto evento.

6. FORMAZIONE. UN CORSO PER MEDIATORI INTERNAZIONALI DI PACE
[Da Giorgio Gatta, del gruppo di Faenza di Pax Christi (per contatti:
ggatta at racine.ra.it), riceviamo e diffondiamo]
Il 12-14 settembre 2003 a Bagnacavallo (Ra) presso l'ostello dell'Antico
Convento San Francesco (Ostello) di Bagnacavallo (Ra) si terra' un corso per
mediatori internazionali di pace promosso dal Coordinamento obiettori
forlivesi, dall'Associazione comunita' papa Giovanni XXIII, da Pax Christi
Italia.
*
Perche' un corso per mediatori internazionali di pace?
Con la caduta del muro di Berlino e il disfacimento del "Patto di Varsavia"
cade la minaccia rappresentata dallo scontro tra blocchi contrapposti, ma
cresce una realta' fatta di conflitti regionali che, per continenti come
l'Africa, hanno carattere endemico.
I conflitti assumono sempre piu' le caratteristiche di conflitti interni
agli stati e portano alla progressiva disintegrazione delle identita'
statali. I civili, tra cui anche gli operatori umanitari e di pace,
divengono obiettivi delle operazioni militari.
Con l'inizio delle guerre nei Balcani la pratica e la riflessione
nonviolenta giungono  a definire una nuova modalita' di intervento centrata
sull'intervento di diplomazia popolare, preventivo, di interposizione e
post-conflitto attraverso forme di intervento civile organizzato da
associazioni, gruppi informali, ong (organizzazioni non governative) ed
altre forme, che cercano un progressivo coordinamento e gia' realizzano
modalita' di cooperazione fra loro e con le agenzie dell'Onu.
Le esperienze delle organizzazioni non governative, delle associazioni e del
mondo civile nel campo degli interventi umanitari in aree di conflitto e
attivita' di servizio civile all'estero sono ormai numerose, significative e
diffuse in tutte le parti del mondo e sono moltissime le realta' anche
piccole sparse sul territorio nazionale che hanno operato nel settore della
pace a diversi livelli e con diverse esperienze.
Tutto questo a dimostrazione di una forte vivacita' italiana in materia e di
quanto la societa' civile sia in grado di operare degli interventi umanitari
e di pacificazione e tutela dei diritti umani in zone di conflitto. Emerge
la necessita' che al necessario volontarismo ed alla capacita' di
improvvisazione, anche se animati da buona volonta', si accompagnino sempre
piu' capacita' professionali, conoscenze tecniche e formative adeguate.
Di qui l'idea del corso che vi proponiamo, che tenta di sposare preparazione
teorica con confronto con esperienze sul campo.
*
Contenuti del corso e relatori
- Venerdi' 12 settembre: il conflitto e la sua valorizzazione.
Simulazione e verifica: Nicola Lapenta.
La comunicazione in una situazione di conflittualita': Nanni Salio.
Dibattito aperto al pubblico.
Analisi geopolitica degli attuali conflitti: guerra preventiva come nuova
forma del conflitto: Achille Lodovisi
- Sabato 13 settembre: tecniche di risoluzione nonviolenta dei conflitti.
Simulazione sul conflitto: operatore di "Giolli" (Teatro dell'Oppresso).
Verifica, lavori di gruppo, plenaria: operatore di "Giolli" (Teatro
dell'Oppresso).
Teoria dei conflitti: Alberto L'Abate.
- Domenica 14 settembre: i copri civili di pace: teoria e analisi di azioni
e casi concreti.
La costruzione di un corpo civile di pace: perche' e a che punto siamo, idee
a confronto, esperienze in Europa: Samuele Filippini.
Studio di casi: Associazione papa Giovanni XXIII-Operazione Colomba, Rete
Italiana Caschi Bianchi, Berretti Bianchi.
Verifica e chiusura del corso a cura del coordinamento: Raffaele Barbiero,
Gatta Giorgio e Samuele Filippini.
*
Informazioni utili
Per informazioni rivolgersi alla sede della segreteria del seminario presso
l'Associazione papa Giovanni XXIII di Rimini, via Grottarossa 6, tel.
0541751498, cell. 3282862410, chiedendo di Andrea Pagliarani nelle ore di
ufficio.
Per ulteriori informazioni dal primo settembre si puo' telefonare anche
all'ufficio  del Comune di Bagnacavallo, tel. 054562700 chiedendo del signor
Roberto Faccani.
Il corso verra' tenuto in lingua italiana.
Costi: a carico del corsista ci sono le spese di trasporto e di vitto e
alloggio (qualora i fondi lo permettano rimborseremo una parte delle spese).
Le spese nella sistemazione dell'ostello di Bagnacavallo (molto bello)
ammontano a 12 euro per notte, per persona in stanze da 4 o 6 persone, piu'
un supplemento di 5,20 euro per notte per avere letto rifatto, lenzuola e
biancheria bagno.
Durata del corso: da venerdi' mattina del 12 settembre 2003 alla domenica
sera del 14 settembre 2003 (per chi viene da fuori regione, conviene
pernottare nella sede gia' dalla sera prima).
Sede: Antico Convento San Francesco (ostello e sede del seminario), a
Bagnacavallo, in provincia di Ravenna. L'Antico Convento e' in via Cadorna
10, 48012 Bagnacavallo (Ra), tel. 054560622; sito:
www.ostellosanfrancesco.com
Criteri di ammissione: nel caso in cui il numero di domande di
partecipazione superi la disponibilita' dei posti, potra' essere effettuata
una selezione sulla base dei curricula.
Iscrizione: l'iscrizione e' gratuita e deve avvenire entro giovedi' 4
settembre 2003; si deve pero' versare per confermare l'iscrizione una
caparra (sulle spese) di 60 euro al conto corrente postale 13792478,
Associazione comunita' papa Giovanni XXIII, via Mameli 1, 47900 Rimini (Rn),
causale: Operazione colomba, corso Bagnacavallo 2003  (la causale e' molto
importante perche' il ccp non e' specifico per questo corso).

7. LETTURE. ALESSANDRO DAL LAGO: POLIZIA GLOBALE
Alessandro Dal Lago, Polizia globale. Guerra e conflitti dopo l'11
settembre, Ombre corte, Verona 2003, pp. 136, euro 10. Muovendo dalla
vicenda della guerra del Golfo del 1991 ed analizzando quella e quelle
successive, una acuta riflessione sulla guerra nell'ora presente e le sue
implicazioni.

8. LETTURE. GILLIAN SLOVO: POLVERE ROSSA
Gillian Slovo, Polvere rossa, Baldini & Castoldi, Milano 2003, pp. 328, euro
14,40. In forma di romanzo l'autrice riflette sulla vicenda sudafricana, gli
orrori dell'apartheid, la difficile elaborazione del lutto, l'esperienza
della Commissione per la verita' e la riconciliazione. Gillian Slovo e' la
figlia di due eroi della vittoriosa lotta contro il regime razzista
sudafricano: Joe Slovo e Ruth First.

9. LETTURE. AUGUSTO ZAMORA RODRIGUEZ: EL FUTURO DE NICARAGUA
Augusto Zamora Rodriguez, El futuro de Nicaragua, Fondo editorial Cira,
Managua 1998, 2001, pp. VI + 432. Un ampio studio dell'illustre
intellettuale (docente di diritto e relazioni internazionali in universita'
spagnole e nicaraguensi,  gia' legale del Nicaragua nei procedimenti
intentati contro l'aggressione Usa dinanzi alla Corte internazionale di
giustizia, collaboratore di testate giornalistiche ed autore di diversi
volumi) che analizza la vicenda storica e le caratteristiche sociologiche ed
economiche del Nicaragua nel contesto latinoamericano (senza eludere
questioni sovente sottaciute o sottovalutate, come il fenomeno della
corruzione) e formula proposte per affrontare la crisi attuale. Un libro da
leggere e discutere.

10. RILETTURE. LAURA CONTI: CHE COS'E' L'ECOLOGIA
Laura Conti, Che cos'e' l'ecologia, Mazzotta, Milano 1977, 1981, pp. VIII +
152. Un testo dell'indimenticabile studiosa e militante che merita di essere
riletto.

11. RILETTURE. AGNES HELLER: L'UOMO DEL RINASCIMENTO
Agnes Heller, L'uomo del Rinascimento, La Nuova Italia, Firenze 1977, pp.
692. Una densa monografia della grande filosofa, che nel riflettere sulla
riflessione intorno all'essere umano degli esseri umani del Rinascimento e'
di noi e con noi che parla e discute.

12. RILETTURE. FRANCA ONGARO BASAGLIA: MANICOMIO PERCHE'?
Franca Ongaro Basaglia, Manicomio perche'?, Emme, Milano 1982, pp. 88. Un
piccolo libro prezioso, la grande pensatrice e protagonista della lotta per
la dignita' umana dei sofferenti psichici spiega con chiarezza e profondita'
le ragioni per cui la barbarie manicomiale e' un crimine inammissibile.

14. RIFLESSIONE. BENITO D'IPPOLITO: UOMINI E TIGRI
[Ringraziamo il nostro collaboratore Benito D'Ippolito per questo intervento
che intende esprimere vicinanza e sostegno alle iniziative per provvedimenti
di umanita' nei confronti delle persone detenute; ed opposizione a tutti i
trattamenti disumani e disumananti, ed alle istituzioni totali che denegano
l'umana dignita']

Tu chiudi uomini in gabbia,
ed essi diventano tigri.

15. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

16. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it;
angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it

Numero 604 del 7 luglio 2003