La nonviolenza e' in cammino. 590



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 590 del 23 giugno 2003

Sommario di questo numero:
1. Giobbe Santabarbara: un giorno
2. Un incontro di donne a Firenze
3. Resoconto della prima sessione dell'incontro di Firenze
4. A cura di Anna Picciolini: resoconto del dibattito nel gruppo di lavoro
"Pace e guerra: parole e pratiche di donne"
5. Documento conclusivo dell'incontro di Firenze
6. Riviste: "Critica liberale"
7. Riviste: "Il foglio"
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. GIOBBE SANTABARBARA: UN GIORNO
Se l'ordine mondiale non fosse l'ordine dei vampiri che condanna alla
miseria e alla morte i quattro quinti dell'umanita'; se al comando del
nostro paese e del mondo non vi fossero un pugno di razzisti razziatori; se
ad ogni essere umano fosse riconosciuto il diritto di muoversi liberamente
su tutto il pianeta che e' uno e di tutti, come una e' l'umanita'; allora
non vi sarebbero piu' clandestini, ne' in fondo al mare, ne' schiavi e
schiave lungo i viali di periferia, nei grevi sottoscala della storia, negli
infiniti opifici del dolore.
E tu affrettalo il giorno che finisca questo orrore. E qui e adesso aiuta i
fratelli e le sorelle immigrate, e contrasta la norma assassina degli
assassini al potere.
In nome della Costituzione della Repubblica Italiana, per quel diritto che
l'articolo 10, comma terzo, riconosce a tutti gli esseri umani: sia abolita
l'incostituzionale legge Bossi-Fini, siano aboliti i campi di concentramento
istituiti dalla legge Turco-Napolitano, sia denunciato il trattato di
Maastricht laddove confligge con fondamentali diritti umani, sia
riconosciuto il diritto d'asilo a tutti coloro che appunto ne hanno diritto,
si salvino le vite innocenti che oggi il nostro ordine fa morire in terra e
in mare e tra le fiamme o getta tra le fauci e sotto gli artigli dei poteri
criminali; e si istituisca un servizio di trasporto pubblico e gratuito per
consentire l'ingresso legale in Italia in condizioni di sicurezza e dignita'
a tutte le persone che ne fanno richiesta e ne hanno diritto.
Verra' un giorno in cui generazioni venture - emerse da questi flutti - ci
chiederanno conto del nostro operato, e delle nostre parole o del nostro
silenzio, mentre infuriava la strage, la strage che oggi infuria. Tutti
verremo giudicati; ci verra' chiesto: mentre accadeva questo, tu che facevi?

2. DOCUMENTAZIONE. UN INCONTRO DI DONNE A FIRENZE
[Riproduciamo il programma e il documento di convocazione (come diffuso alla
fine di aprile, e  ringraziamo Valeria Savoca - per contatti:
v.savoca at tiscalinet.it - per avercelo a suo tempo inviato) dell'incontro di
donne verso il Forum sociale europeo di Parigi, incontro tenutosi il 17-18
maggio 2003 a Firenze, di cui di seguito proponiamo alcuni materiali]
Assemblea-seminario di donne verso il Forum sociale europeo di Parigi;
16/17/18 maggio presso la Casa del popolo di Ponte a Greve (Firenze).
*
Programma
Venerdi' 16 maggio: ore 11: Conferenza stampa nella sede della Regione
Toscana, via Cavour 2, Firenze; ore 17: merenda di accoglienza nella
Libreria delle Donne di Firenze.
Sabato 17 maggio: ore 9,30-10: Casa del popolo di Ponte a Greve: filmati e
colazione; ore 10-11: Nadia De Mond, Giovanna Capelli, Elena Beltrame: la
riunione di Berlino e lo stato delle cose; ore 11-11,20: Maria Grazia
Campari: Costituzione europea e questione della cittadinanza; ore
11,20-13,30: domande, interventi, proposte sulle relazioni della delegazione
italiana a Berlino; ore 13,30-14,30 pranzo; ore 14,30-19,30: gruppi di
lavoro: 1. Pace e guerra: parole e pratiche di donne (garantiscono i primi
interventi le Donne in Nero, l'Associazione Rosa Luxembourg, la Convenzione
di donne contro le guerre); 2. Lavoro domestico e di cura, crisi del Welfare
e migrazioni femminili (Punto di partenza, Forum delle donne del Prc,
Crinali); 3. Istruzione e lavoro: attese, difficolta', occasioni, strategie
di sopravvivenza individuali e collettive: (Donne della Fiom, Next
Genderation-Sconvegno, collettivi le Mele di Eva, Mafalda, le Api,
Matrioske); 4. I razzismi nella societa' della disuguaglianza (Arcilesbica e
associazioni che lavorano sul tema delle migrazioni); atri gruppi si stanno
organizzando, in modo particolare sul tema del corpo e dell'ambiente; ore
19,30-23,30 cena offerta dalle compagne e amiche fiorentine e festa.
Domenica 18 maggio: ore 9,30-10,30 : preparazione nei gruppi delle relazioni
finali; ore 10,30-12 : relazioni dei gruppi; ore12-12,30: colazione; dalle
ore 12,30 discussione in assemblea del testo conclusivo con relativi impegni
e decisioni. La riunione comunque non si protrarra' oltre le ore 16.
*
Prime adesioni
Partecipano all'iniziativa: Marcia mondiale delle donne, redazione del
"Paese delle donne", Donne della Fiom, Associazione nazionale Arcilesbica,
Punto di Partenza, Forum delle donne del Prc, Associazione Rosa Luxemburg,
collettivo La Mela di Eva, Next Genderation, Sconvegno, collettivo Mafalda,
collettivo le Api Livorno-Pisa, Donne del Sin.Cobas, Effe Rossa Pdci,
Osservatorio sul lavoro delle donne, Crinali, Rete delle donne singole e
delle associazioni femministe fiorentine, collettivo Non una di meno,
Donnemediterranee, Coordinamento delle donne napoletane, Convenzione di
donne contro le guerre, Giardino dei ciliegi, Assemblea permanente della
funzione pubblica Cgil di Como, Donne in Nero di Como, Assopace Novara,
collettivo "Le compagne di Como", Donne Ds di Como, Telefono Donna di Como,
collettivo femminista Altrabitare, Donne in Nero di Firenze, Le donne di
Paco, Associazione DonneInViaggio, Genere e Politica, redazione dei Quaderni
Viola, Azione gay e lesbica, collettivo 8 marzo, Libreria delle donne di
Firenze, Donne del circolo Arci "T. Sankara" di Messina.
*
L'appello di convocazione dell'incontro
Il 17-18 maggio avra' luogo a Firenze un' assemblea-seminario di reti,
associazioni, strutture, collettivi femministi e singole donne, che insieme
discuteranno e decideranno forme e contenuti della partecipazione al Forum
sociale europeo di Parigi, in modo particolare della giornata del 12
novembre, che apre il Fse. Questo percorso consentira' di collegarsi con
l'insieme dei gruppi europei e mediterranei che intendono partecipare
all'evento, a partire dai collettivi del paese che lo ospita.
I soggetti che sottoscrivono questo testo hanno deciso di dar vita a un
percorso comune sulla base di alcune valutazioni e aspettative comuni.
1) Femminismi diversi, collegati tra loro in modi diversi, sono stati
presenti fin dall'inizio nel movimento dei movimenti. Alla loro presenza si
devono i sia pur occasionali riconoscimenti del debito del movimento con il
femminismo, l'ingresso di temi e problemi altrimenti ignorati, il tentativo
di pratiche di confronto tra donne e uomini.
Tuttavia l'azione dei femminismi esistenti e' stata finora debole per
ragioni sulle quali sarebbe difficile esprimere opinioni comuni. La comune
constatazione di questa debolezza ci induce a ritenere irrimandabile un
tentativo di superamento della incomunicabilita' e della dispersione; un
nuovo tentativo di ascoltarsi e di intendersi, senza che questo significhi
la rinuncia di qualcuna alla propria storia e alle proprie convinzioni; una
forte tensione verso l'agire politico e la costruzione di soggettivita' piu'
visibili e radicate nel mondo reale.
2) Il movimento dei movimenti per la sua opposizione alla globalizzazione
liberista e alla guerra, per la molteplicita' dei progetti e delle culture,
per la dinamica convergente che esprime, rappresenta per le donne come per
gli uomini una speranza per il futuro e una realta' del presente.
Ci accomuna quindi la scelta di considerarlo l'interlocutore privilegiato,
sia pure con distanze variabili da momento a momento e senza mai rinunciare
alla nostra autonomia.
3) Malgrado i suoi meriti e la sua natura progressiva, il movimento dei
movimenti e' comunque attraversato da strutture patriarcali. E' diretto in
prevalenza da uomini, spesso con i tradizionali modi maschili di fare
politica; non riconosce, se non occasionalmente e con limitate conseguenze
sul piano pratico, il debito contratto con il femminismo e con le donne;
ignora analisi, temi e desideri espressi dalla nostra politica.
Perche' la presenza delle donne sia il piu' possibile anche presenza di una
storia con le sue diversita' e articolazioni, perche' le acquisizioni
intellettuali e pratiche della "rivoluzione piu' lunga" rafforzino le donne
nel movimento e il movimento nel suo complesso, noi saremo presenti al Forum
sociale europeo di Parigi e alle riunioni intrernazionali che lo preparano.
*
La discussione e le informazioni passano sulla lista gestita dal "Paese
delle donne"; per iscriversi inviare um messaggio a majordomo at womenews.net
cosi' concepito: subscribe parigi_diverse; poi naturalmente l'indirizzo e':
parigi_diverse at womenews.net

3. DOCUMENTAZIONE. RESOCONTO DELLA PRIMA SESSIONE DELL'INCONTRO DI FIRENZE
[Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net) riportiamo questa
sintesi di parte dei lavori dell'assemblea delle donne svoltasi il 17-18
maggio 2003 a Firenze in preparazione del Forum sociale europeo di Parigi
(il seguente resoconto si riferisce precisamente alla sessione mattutina del
17 maggio)]
Mai come in questa giornata la casa del popolo di Ponte a Greve (Firenze) ha
visto tante donne, di ogni parte d'Italia e del mondo. Da ieri arrivano in
tantissime con bagagli, sacchi a pelo, figli, storie, memoria, pratiche di
lotta, esperienze per dare il proprio contributo "partendo da se'" e
preparare una piu' grande e collettiva "valigia per Parigi".
Il contesto che le ha accolte e' composto dalle donne fiorentine e dalla
grande disponibilita' della casa del popolo di Ponte a Greve, nella quale si
e' continuato, nonostante tutto, a svolgere le attivita' di intrattenimento
e svago per i suoi visitatori. La mattinata di oggi ha seguito rigorosamente
la scaletta di interventi prevista in un sala stracolma di donne alle quali
si sono aggiunti solo tre uomini in tutto.
*
Ha iniziato Anna La Cognata, entusiasta coordinatrice fiorentina
dell'evento, parlando del Forum sociale europeo gia' svolto a Firenze,
durante il quale il movimento delle donne era presente sebbene lo fosse in
maniera frammentaria. La situazione adesso sarebbe molto diversa e lo
dimostrano le oltre settanta adesioni sostanziali, con contributi da dare
durante le due giornate, all'iniziativa. L'ambizione e' quella di costituire
una rete stabile delle donne. A Firenze una rete delle donne si e'
spontaneamente sviluppata ed e' costituita da associazioni e singole donne
senza appartenenze di sorta che da febbraio o meglio da quell'8 marzo a Camp
Darby, di cui si sono sentite derubate, si sono avvicinate spontaneamente
per aiutare nella organizzazione dell'iniziativa del 17-18 maggio.
*
Nadia De Mond parla poi di "mettere assieme una rete di femminismi con le
sue pratiche e il suo patrimonio comune" a partire da una tappa fondamentale
quale quella della Marcia mondiale delle donne. In questo non c'e' alcuna
volonta' di separazione o incomunicabilita' ma si considera la diversita'
come ricchezza affinche' un movimento di donne possa, in sinergia con le
altre componenti del movimento dei movimenti, partecipare alla costruzione
del Forum sociale mondiale.
Rispetto alla partecipazione delle donne al Forum sociale di Firenze i media
hanno parlato del silenzio delle donne. Nadia De Mond parla invece di una
sordita' dei media.
Dell'Fse a Firenze la De Mond ha parlato facendo una critica rispetto alla
organizzazione delle giornate e dei seminari. A suo parere si sarebbe dovuto
dare piu' spazio ai workshop autogestiti, si sarebbe dovuto diminuire lo
spazio tra il tavolo degli interventi e i partecipanti e si sarebbero dovuti
consentire un maggior numero di interventi liberi. Circa queste ed altre
osservazioni - ha poi continuato - si e' discusso a Berlino e si sono
ottenute varie cose tra le quali la previsione di un'intera giornata
prevista per i workshop autogestiti.
Ha poi introdotto la discussione sui punti decisi a Berlino precisando che
e' il 12 novembre - giornata dei diritti delle donne - a diventare la prima
giornata del Forum europeo completamente autogestita.
Una giornata che non sara' caratterizzata dagli interventi delle esperte ma
dalla narrazione e condivisione delle pratiche di lotta. E' probabilmente
prevista anche una seconda giornata - tenuto conto che la prima non sarebbe
sufficiente - dello stesso tenore, alla quale seguiranno momenti di
visibilita' con manifestazioni e feste.
Tra i temi compresi dai cinque assi previsti dal programma deciso a Berlino
le donne ne cureranno direttamente tre: il quinto e sesto dell'Asse 2 e il
quinto dell'Asse 5 (precarizzazione del lavoro, immigrazione,
privatizzazione, violenze e autodeterminazione). Dall'assemblea fiorentina
dovrebbero venir fuori altre proposte di workshop da realizzare a Parigi.
Nadia De Mond ha affermato che Parigi non rappresenta la fine del movimento
delle donne e ha ricordato che alcune compagne - soprattutto quelle del sud
Italia - stanno gia' lavorando sul Forum sociale del Mediterraneo.
*
Giovanna Cappelli ha esposto una serie di impressioni su Berlino e ha
ricordato che la prossima riunione per il Forum europeo si terra' a Genova
in luglio, durante gli stessi giorni in cui si ricorda l'anniversario della
morte di Carlo Giuliani.
*
La giurista Maria Grazia Campari ha introdotto la discussione politica da
cui a Firenze si parte per ragionare della Costituzione europea in fieri.
Questa dovrebbe recepire la carta europea fatta a Nizza. L'associazione di
giuriste italiane "Giudit" ha prodotto delle proposte, considerata
l'evanescenza e l'assenza delle strutture democratiche, affinche' sia
riconfermato il diritto di cittadinanza di ciascuno. A proposito delle donne
Campari ha affermato che le istituzioni possono diventare piu' vivibili se
molte persone se ne fanno carico e lavorano per renderle tali.
Riveste le donne di una maglia nera e parla del fatto che lavorano ma di
fatto non pesano sulle decisioni della politica e dell'economia. La stessa
Costituzione formale e' fatta su un patto tra uomini, e una partecipazione
cosi' scarsa delle donne nei luoghi istituzionali ha procurato modifiche
involutive e non evolutive.
Le giuriste si sono fatte promotrici di alcuni emendamenti che avrebbero
voluto fossero compresi nella Carta di Nizza in cui le donne sono
considerate come cosa "svantaggiata" da promuovere. Alle donne non si
riconosce pieno diritto di cittadinanza ed e' per questo che contestano gli
articoli emendati in cui non e' concepita una partecipazione plurale ("la
partecipazione o e' plurale o non e' reale partecipazione" afferma Maria
Grazia Campari) e in cui sul problema dell'immigrazione e sul diritto
d'asilo non si dice nulla o quasi, e cio' che si dice e' pessimo. una
proposta era stata fatta - con emendamenti ineccepibili dal punto di vista
giuridico e non e' stata accettata - anche su quest'ultimo tema, in
particolare sulla considerazione che si dovrebbe avere per quella
particolare situazione delle donne che nei loro paesi, in funzione del loro
stesso sesso, subiscono di tutto. Da' poi notizia circa il sito della
convenzione europea con i primi dieci articoli in fieri della costituzione -
http://european-convention.eu.int/bienvenue.asp?lang=IT - e di quello della
associazione di giuriste italiane "Giudit".
*
Daniela Maccari e' una suora missionaria comboniana, vissuta per ventisei
anni tra l'America Latina e l'Africa. Ha fatto un grande lavoro con e per le
donne. Ha collaborato per la Marcia mondiale delle donne nel Nord del
Mozambico.
In Africa - racconta - il movimento femminile e' forte e in Mozambico, ex
colonia portoghese fino a pochi anni fa, e' addirittura piu' esigente a tal
punto che il suo parlamento e' composto da oltre 70 donne su 210
parlamentari. Sono donne che hanno gravissimi problemi. esiste un 40% di
contaminazione da Aids, l'Ebola, la violenza domestica, la poverta', la
altissima mortalita' infantile e nonostante questo le donne partecipano a
percorsi di alfabetizzazione organizzati da ong femminili.
Una straordinaria iniziativa di cui parla Daniela Maccari e' quella che la
vede quale coordinatrice di un progetto che e' mirato a giornaliste di quei
territori e a ragazze protagoniste della propria informazione. In questo
c'e' la spinta forte per la creazione di piccoli e grandi mezzi di
informazione e la considerazione che vale di piu' puntare sulle risorse
delle persone, e delle donne in questo caso, per risollevarne
qualitativamente le sorti, che sui cosiddetti aiuti umanitari che
distribuiscono beni primari per breve tempo e a espiazione delle guerre
inflitte ai vari paesi.
Daniela Maccari, da poco tempo ora in Italia, coordina da Verona il sito
"Femmis" in cui sono contenute storie e notizie al femminile di ogni parte
del mondo.
*
La prima parte degli interventi si conclude con una rappresentante delle
donne di Catania che stanno lavorando alla costruzione del Forum sociale del
Mediterraneo. Viene reso noto che c'e' gia' stata una prima assemblea a
Rabat in cui si e' parlato anche di assegnazione alle donne della gestione
delle tematiche femminili che saranno trattate nella prima delle giornate
previste.
A Rabat le donne presenti hanno subito voluto inserire i contenuti di cui si
sarebbe voluto parlare, ed e' stato uno scambio proficuo che certamente si
risolvera' in una altrettanto soddisfacente conclusione. Nel corso del
pomeriggio l'assemblea si e' poi suddivisa in gruppi di lavoro tematici.

4. DOCUMENTAZIONE: A CURA DI ANNA PICCIOLINI: RESOCONTO DEL DIBATTITO NEL
GRUPPO DI LAVORO "PACE E GUERRA: PAROLE E PRATICHE DI DONNE"
[Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net) riportiamo il
seguente resoconto del dialogo svoltosi nel gruppo di lavoro "Pace e guerra:
parole e pratiche di donne" dell'assemblea di donne tenutasi a Firenze il
17-18 maggio in preparazione della partecipazione al prossimo Forum sociale
europeo di Parigi. Anna Picciolini fa parte dell'Associazione Rosa
Luxemburg]
Il gruppo era fra quelli decisi fin dalla riunione romana a meta' febbraio.
Il tema sembrava prestarsi ad una discussione propositiva, a partire da
premesse ampiamente condivise. E' stata invece una discussione faticosa,
spesso spiazzante, con equivoci addirittura sul senso di alcune parole,
equivoci difficili da dissipare.
Mi accingo quindi a mantenere l'impegno di verbalizzatrice con una certa
preoccupazione. Chiedo a tutte coloro che hanno preso la parola di non
pensare a un'intenzionalita' negativa se, come puo' accadere, saro'
approssimativa nel riferire il loro pensiero. E invito tutte a intervenire
con ulteriori contributi.
(Anna Picciolini)
*
Celeste Grassi, delle Donne in Nero.
Definisce la pratica del suo gruppo una pratica radicale per manifestare il
dissenso, l'estraneita'. Una modalita' di azione nonviolenta, molto
simbolica. I simboli sono noti: lutto, silenzio, manine.
Il primo e' piu' evidente; il silenzio segna l'estraneita', la cesura con le
proprie appartenenze; la manina vuol dire stendere la mano fra israeliane e
palestinesi, ed e' anche un modo per dire qualcosa, non solo a chi passa.
Una comunicazione forte nei confronti di chi governa, con scritte semplici e
brevi, la prima era "Stop all'occupazione". Per queste caratteristiche di
forma pubblica, forte e semplice, non di massa, e' efficace anche in piccoli
numeri. E' anche una forma permanente di manifestazione, le donne israeliane
continuano ancora, dal '98. Questo, sapere cioe' che altre donne
manifestano, da' forza a ciascun gruppo.
Cosi' si e' formata una rete internazionale di donne: essere oggi nelle
strade ha una valenza straordinaria contro la guerra che e' diventata una
cosa ordinaria. E' un'utopia.
Accanto a questa utopia ci sono pero' anche iniziative reali contro la
guerra. Questo fa si' che non siamo solo icone. Caratteristica comune alle
nostre iniziative e' la capacita' di attraversare i conflitti e i confini,
di visitare e abitare i luoghi difficili.
Per prepararsi a Parigi le Donne in Nero stanno organizzando un convegno
internazionale il 7 agosto: "Osiamo la pace, disarmiamo il mondo".
*
Anna Picciolini, dell'Associazione Rosa Luxemburg.
L'Associazione nasce nel contesto della Convenzione permanente di donne
contro le guerre, con l'obiettivo di lavorare per costruire una cultura e
una pratica politica che escluda la guerra come strumento di soluzione dei
conflitti.
Il nome di Rosa Luxemburg e' stato proposto di Lidia Menapace: per alcune di
noi all'inizio questo era poco piu' di un nome nella bibliografia essenziale
del marxismo. Abbiamo invece scoperto a poco a poco una profonda consonanza.
Nel seminario che si tenne a Firenze nel dicembre 2001, a tre mesi dalla
Torri gemelle e alla vigilia della guerra in Afghanistan, la figura di Rosa
e' uscita sempre meglio delineata, nella sua interezza di donna, capace di
tenere insieme passione politica, lucidita' di analisi teorica e sentimento
forte di partecipazione alla vita, nella sua dimensione quotidiana e non
solo nella tensione rivoluzionaria verso un mondo migliore.
Donna, e contro la guerra: sarebbe una forzatura chiamarla femminista, ma fu
donna libera con una pratica di liberta' e un pensiero antidogmatico; forse
anche la definizione di pacifista sarebbe inadeguata, ma fu antimilitarista,
denunciando il legame inestricabile fra militarismo e capitalismo. E quindi
il seminario di Firenze allargava lo sguardo sulla guerra oggi: quali i
rapporti fra l'industria militare in cerca dei massimi profitti e l'economia
della globalizzazione? E quale soggetto politico puo' opporsi a questo nuovo
imperialismo?
Al Social forum europeo dello scorso novembre abbiamo partecipato
proseguendo la riflessione su alcune parole chiave: ordine/disordine;
estraneita'/infedelta', resistenza, complicita'/responsabilita'.
Adesso, nel percorso che da Firenze va a Parigi, stiamo preparando per il
prossimo mese di ottobre un seminario sul conflitto, su come il conflitto si
presenta in diversi contesti e come si possono trovare modalita' non
distruttive per gestirlo: conflitto di genere e interno al genere; conflitto
fra stati e fra etnie; conflitto di classe; conflitto fra la specie umana e
la natura.
*
Imma Barbarossa, della Convenzione permanente di donne contro le guerre.
Parte da una frase di Christa Wolf, da Cassandra: "In seguito abbiamo
dimenticato tutti come comincio' la guerra". Questa frase serve ancora oggi
a dimostrare come nel senso comune si sia oscurato il carattere drammatico
della guerra: e' diventata una cosa naturale.
Ricorda la pratica delle Donne in nero, da lei condivisa dal '98, pratica
fondamentale nella sua formazione. Poi non le e' bastata. Durante la guerra
umanitaria in Kossovo, ha contribuito alla nascita della Convenzione. La
parola convenzione mette l'accento sul con-venire, ed e' permanente, perche'
oggi e' permanente lo stato di guerra. Il braccio armato del neoliberismo.
Piu' recentemente le due guerre, in Afghanistan e in Iraq, accomunate
dall'idea che la democrazia possa essere esportata con le armi.
Nel percorso della Convenzione e' centrale la critica dell'appartenenza
(maturata, per quanto la concerne, nelle Donne in Nero) come critica
dell'ordine patriarcale.
Oggi la Convenzione lavora su due punti: l'Europa come soggetto attivo di
pace, non cittadella chiusa, ma di cui sia possibile attraversare i confini;
c'e' una proposta di inserire nella Costituzione europea un primo articolo
che contenga il ripudio della guerra (art. 11 della nostra Costituzione) e
una proposta di definire una cittadinanza universale, sessuata.
E' prevista un'assemblea nazionale della Convenzione il 21 giugno. E' poi
stata avviata una riflessione su: rivoluzione, movimenti di liberazione,
nonviolenza.
*
Marta Ghezzi.
Cita Norman Mailer, che ha parlato della guerra come effetto della volonta'
di rivalsa del maschio bianco in crisi. Dovremmo riprendere noi questa pista
di riflessione, dal nostro punto di vista.
*
Paola Manduca.
Lavora per la Rete europea, e verso una Rete internazionale, per raccogliere
tutti i gruppi che sono contro la guerra. Nella nostra analisi va spostata
l'attenzione sulla guerra economico-sociale. Nel movimento contro la guerra
c'e' bisogno di tutta la forza dei movimenti delle donne: questa puo' essere
un'intersezione feconda.
La resistenza alla guerra si intreccia con la lotta per i diritti. Su questo
noi abbiamo molto da dire: sui diritti di cittadinanza (servizi, scuole,
ecc.) e sul diritto di rappresentanza.
Per questo le donne dovrebbero entrare in tutte le coalizioni contro le
guerre. Vanno rafforzati i contatti con le donne dei Paesi del Mediterraneo,
tutti Paesi dove, se la guerra non c'e', ci sara'.
*
Franca Gianoni, del gruppo Basta guerra del Forum sociale fiorentino.
Riprende la frase di Norman Mailer. C'e' una tesi secondo cui fascismo e
nazismo furono la reazione all'irruzione femminile nella societa'.
Il nazismo divideva le donne in categorie e, peggiorando la situazione delle
donne, ha peggiorato la situazione di tutti. Ci vorrebbe un'analisi di
questo tipo, che riguardi sia la presidenza Bush in America, che altre forme
di regressione. Cita alcuni libri in cui viene esposta quella tesi
storiografica.
Bisogna trovare parole e pratiche adeguate anche nei luoghi misti, stabilire
alleanze, trovare forme di solidarieta' fra noi.
*
Ersilia Raffaelli, della Casa delle Donne di Viareggio.
Bisogna interrogarsi a partire dalle nostre pratiche.
E' giusto puntare verso Parigi ed enunciare i nodi teorici, ma questo va
fatto a partire dalla situazione in cui ci si trova: in questo caso come
Donne in Nero della Versilia rispetto al locale Social Forum. Uno dei
problemi piu' gravi e' la mancata riflessione e pratica sul tema del
conflitto, che non sappiamo gestire fra donne ne' fra donne e uomini. Il
risultato e' la distruzione, o la negazione del conflitto.
Dobbiamo agire il conflitto, confliggere senza distruggere, capire che cosa
e' nonviolenza. Rispetto ai conflitti nei luoghi misti della politica, di
solito o si sta dentro con modalita' distruggenti, o se ne esce.
*
Elettra Deiana, parlamentare del Prc.
Mette in guardia dallo specifico femminile visto come una condizione sociale
specifica, mentre lo specifico maschile e' generale. Anche l'essenzialismo
e' una pista sbagliata; ritenere che le donne in quanto donne sono speciali;
non e' vero, siamo attraversate da tutte le contraddizioni.
Il suo interesse ai lavori di questo gruppo sta nel suo interesse per la
guerra: guerra come altra cosa dal conflitto.
C'e' nella guerra una distruttivita' che non ha molto a che fare con il
conflitto, che e' cosa positiva. Alcuni conflitti, di genere, di classe, fra
popoli oppressi e oppressori, possono anche essere distruttivi, ma e'
un'altra cosa.
Quest'ultima guerra azzera quella cultura di positiva femminilizzazione
delle relazioni internazionali, che si era affermata dopo la seconda guerra
mondiale. In Europa il dopoguerra e' stato una nicchia temporale, in cui
sembrava possibile cacciare la guerra dalla storia. Un esempio, il nostro
art. 11. Oggi si usano contrapposizioni del tipo: Europa-Venere, contro
America-Marte. Europa, come zona del mondo in cui sembrava realizzato lo
sforzo di negare la guerra. Di qui la contrapposizione fra vecchia Europa e
giovane America, fra vecchi e guerrieri. Siamo arrivati a forme estreme di
patriarcalismo, guerriero e guerrafondaio, che ha sconquassato questa
femminilizzazione. Loro (i guerrieri) hanno il potere di fare tutto, mentre
l'Onu diventa l'agenzia per gli aiuti umanitari.
Dobbiamo ritrovare la capacita' di una lettura di genere, e di
decostruzione, con gli strumenti che il marxismo ci ha consegnati.
*
Lidia Campagnano, Udi.
Esprime la sensazione che, in seguito a questa guerra, e' come se noi
femministe ci affannassimo a trovare la teoria che ci permetta di dire no
alla guerra, come donne. Questo suona come debolezza. Questa debolezza lei
l'ha sentita tutta, mescolandosi con i tre milioni di manifestanti,
indifferenziati. Volevo confondermi con le persone ridotte come me
all'insignificanza. Oggi il movimento discute sul perche' non si e' riusciti
a fermare questa guerra. Penso che io e le mie sorelle di storia siamo
insignificanti: le donne della storia femminista, della sinistra, le donne
dell'emancipazione, quelle della liberta' femminile, sono diventate
insignificanti politicamente.
Se questo mondo e questo neoliberismo hanno portato all'insignificanza delle
donne, allora la critica ai maschi del movimento, serve a poco. Oggi -
secondo Campagnano - c'e' difficolta' a dire patriarcato, perche' chiamavamo
patriarchi anche i compagni che ci proponevano prospettive di liberazione
che non ci riguardavano.
Ma Bush non e' patriarcato, e' il distruttore, e' Crono che divora i propri
figli. Di fronte a questo io sono politicamente insignificante.
Ci sono momenti di incontro/scontro con donne di altre culture, che ci
accusano di pensare solo ai soldi, di distruggere le comunita', e di non
avere nessuna trascendenza. Siamo passate dalla volonta' di cambiare il
mondo all'insignificanza politica.
*
Patrizia Sterpetti, della Wilpf.
L'Associazione e' nata contro la prima guerra mondiale, in collegamento
prima con la Societa' delle Nazioni e poi con le Nazioni Unite. Oggi stanno
lavorando a dare informazioni sul progetto di esercito europeo e ritengono
che ci siano ancora possibilta' di modificare la Costituzione europea.
L'attuale progetto della Convenzione e' pieno di punti preoccupanti.
L'associazione si impegna anche sulla riforma delle Nazioni Unite.
Un'Associazione tedesca (Sherazade), in vista del prossimo ingresso della
Germania nel Consiglio di sicurezza, propone la costituzione di un Consiglio
di sicurezza delle donne, con il compito di fare pressione sul
rappresentante (tedesco).
Comunica infine che a Bologna (in luglio) si terra' un'Assemblea delle donne
delle Regioni Mediterranee.
*
Patricia Tough, delle Donne in Nero di Bologna.
Perche' parlare di insignificanza? Insignificanza del movimento contro la
guerra e del movimento femminista?
C'e' stata una maggiore forza di analisi contro la guerra da parte delle
femministe rispetto agli uomini. Ma forse insignificanza del movimento delle
donne contro la guerra vuol dire che non abbiamo fermato la guerra.
[interviene Lidia Campagnano: Parlo della mia insignificanza personale].
Quello che facciamo oggi puo' essere la trasformazione graduale del mondo
che abbiamo davanti, contro la guerra come strumento delle controversie
internazionali.
A proposito di trascendenza: significa vedere oltre, lavorare per creare i
presupposti per quello che accadra'. La partecipazione delle donne al
movimento contro le guerre non era legata a un solo argomento, ma e' stata
capace di mettere in discussione anche i temi su cui quel movimento si
muove. Abbiamo condotto l'analisi (necessaria) del militarismo, della guerra
come portato dell'ordine patriarcale. La guerra non e' solo effetto del
neoliberismo.
Voglio trovare quali strumenti mi posso dare per gestire i conflitti nel
mondo, che non posso negare. Va approfondito il discorso sulla nonviolenza.
A Bologna, una discussione sul significato di antifascismo militante. Ma
dove sono i luoghi dove si sviluppa il discorso sul mondo nuovo? Ci sono
molti luoghi dove si continua solo a parlare contro il mondo vecchio. A
Parigi dobbiamo portare queste nostre analisi.
*
Maria Rosa Guandalini, delle Donne in Nero di Verona.
Manca una riflessione su legalita'/illegalita', piuttosto che su
violenza/nonviolenza: come donne non abbiamo detto la nostra. Avremmo invece
dovuto proporre azioni dirette contro la guerra, contro questa legalita'. O
comunque dire qualcosa su quelle azioni.
*
Miriam Verdi, del Forum delle donne del Prc.
La nonviolenza deve diventare pratica quotidiana. Dobbiamo dare voce alle
donne nei luoghi misti, con l'obiettivo di portare la nonviolenza ovunque,
contro il militarismo e la militarizzazione delle coscienze. Ci si propone
di costruire un mondo senza guerra e senza militarismo.
Conflitto e guerra sono cose diverse, ma strettamente intrecciate. Non ho
una pratica femminista, perche' sono stata presa da altri problemi: casa,
scuola... vedo l'autoritarismo nella scuola come una forma di militarismo.
*
Aidid Adel Farhia, somala.
Vengo da un paese dove c'e' uno di quei conflitti dimenticati. E non sono
femminista. C'e' molta difficolta' a trattare i problemi causati dalla
guerra. Personalmente sono pacifista, ma non credo al totale pacifismo delle
persone, dell'uomo, del maschio.
Esiste un modo di convivere fra le persone basato sul rispetto fra esseri
umani. Della guerra si parla davvero solo quando ce n'e' una, in quel
momento particolare.
E' banale l'equivalenza fra femminismo e pacifismo, o fra donne e pacifismo.
A proposito delle donne occidentali emancipate: il tipo di emancipazione che
le donne occidentali propongono non e' vero che vada bene per tutte.
Ancora: la guerra fa parte della storia, che senso ha chiedere che ne sia
fuori?
E la democrazia di cui parliamo? E' quella vista dagli occhi di un
occidentale.
Su guerra e pace dobbiamo interrogarci, sul perche' ci sono le guerre, sul
vero senso della guerra e sul vero senso della pace. La storia della guerra
in Somalia e' la storia di una delle guerre che non si vedono.
*
Elena Bougleux, di Firenze.
Da quale posizione parlo adesso: ho fatto un viaggio in Iraq con
l'associazione "Un ponte per". Sono andata perche' la presenza fisica era un
valore aggiunto rispetto al pacifismo di qui. Qui vedevo scarsamente
operativa la mia presenza pacifista, la sentivo fragile. Ma quello che e'
successo dopo e' stato piu' doloroso.
La sconfitta politica del movimento per la pace si e' sommata alla mia
sconfitta personale. Oggi sono una pacifista demoralizzata.
Andando a Bagdad volevo documentare con le immagini, facendo un video (che
poi ho fatto). A me sembrava ovvio che capacita' dialogica e coinvolgimento
personale dovessero essere riconoscibili. Ma mi sono trovata davanti alla
guerra guerreggiata, in confronto/scontro con la mia posizione di donna nel
precariato, nel conflitto, ecc. La prima (la guerra) ha avuto la meglio.
Cercare un posizionamento femminile/femminista alla ricerca del modo di fare
la pace, e' una posizione elitaria, che non ci porta molto lontano. I
milioni di persone non sono scesi in piazza sulle mie posizioni, ma contro
la guerra guerreggiata. Parlare fra donne non mi serve per affrontare meglio
i problemi. Quando si va su un'altra scala (dalla minaccia di guerra alla
guerra guerreggiata), riesco a fatica a parlare da femminista, perche' mi
sembra secondario. Conferire potere alle donne, darsi importanza
reciprocamente: io questo continuo a farlo, cerco il ruolo delle donne,
cerco donne da citare.
Ma rischio di perdere questa specificita' di messa a fuoco. Ne e' la prova
il mio lavoro a Bagdad: ero partita per filmare le donne, e al momento della
guerra guerreggiata le donne erano sparite.
*
Marisa Mannu, delle Donne in Nero.
Una sensazione di insignificanza e di impotenza, mista a rabbia. Sentimenti
molto forti in alcuni momenti. Pero' a volte anche ottimismo: il movimento
dei movimenti e' cresciuto a livello nazionale e a quello internazionale ha
dato degli ottimi risultati, soprattutto in alcune situazioni. E' cresciuto
anche il movimento delle donne. C'e' stata disseminazione di pratiche
femministe nel movimento dei movimenti. Nel movimento pacifista ho trovato
donne che di fronte a questa guerra hanno riproposto l'ipotesi della
deterrenza (i due blocchi, ecc.), prefigurando una Unione Europea pari agli
Usa. Da qui a Parigi l'obiettivo dovrebbe essere quello di rafforzare le
reti, i contatti fra le reti. Qualche dubbio sulla giornata separata, e
anche sulla proposta di fare piu' workshop e meno conferenze.
*
Giannina Del Bosco, delle Donne in Nero di Verona.
Ho bisogno di discutere con qualcuna di questa guerra (e di questa
occupazione). Il movimento non ha subito una sconfitta, perche' il percorso
della pace e' lungo. Per me e' molto positiva la partecipazione al movimento
di opposizione a questa guerra. Dovremmo discutere sulla guerra preventiva e
sull'Europa. Cita le Donne in Nero di Belgrado sull'esigenza di
smilitarizzare testa e cuore di tutti.
*
Patrizia Majorana dell'Arci.
Il movimento non ha perso: ha portato migliaia di persone in piazza.
L'obiettivo non era fermare la guerra, ma un'opposizione forte. Non e'
nemmeno vero che il movimento dei movimenti e' maschilista, perche' si rifa'
a modelli ereditati dalle donne: democrazia dal basso, orizzontalita'...
All'interno del genere troviamo il conflitto di classe e quelli etnici: il
circolo di cui faccio parte e' misto, con un 80% di donne e una forte
presenza di migranti. Ci sono diversi modi di vivere il femminismo: per un
mondo giusto e per un'equa distribuzione delle risorse dobbiamo capire a che
cosa siamo disposte a rinunciare.
*
Mara Baronti, presidente del Giardino dei ciliegi (Firenze).
Alcuni interrogativi sono destinati a rimanere senza risposta. Dobbiamo
governare i conflitti senza l'elisione di uno dei confliggenti.
Dobbiamo/vogliamo stare nei Social forum. A proposito di insignificanza:
vorrei misurare l'efficacia di una politica. Le bandiere della pace sono
state una politicizzazione del quotidiano, una politicizzazione grande di
donne e di uomini. Ora dobbiamo misurarci con i problemi dell'Iraq del
dopoguerra, le richieste degli sciiti, ecc. A proposito di trascendenza: e'
possibile una visione laica di questo aspetto, e la troviamo in Carla Lonzi.
*
Annalena Di Giovanni, di Firenze.
Questa generazione (piu' giovane) non vive il conflitto di genere
direttamente. Si puo' parlare di pacifismo delle donne? No, se guardo per
esempio alla mia famiglia...
Un difetto del pacifismo e' che si muove su una cosa per volta: l'Italia ha
immense responsabilita' in Somalia, ma non esiste un comitato permanente
sulla Somalia.
*
Emanuela Zambotti, di Trento.
Da anni esiste un gruppo (Clessidra) che ha cercato di caratterizzarsi come
un luogo politico di confronto di donne. E c'e' riuscito. Appartengono alla
generazione politica che ha fatto molta fatica a reperire storia, libri,
documenti, del movimento femminista. Bisognerebbe dare piu' spazio, un piu'
ampio respiro a quello che viene creato e scritto dalle donne. C'e' un senso
di confusione e delusione di fronte alle difficolta' nella ricerca di una
pratica politica che porti ad una rilettura, che dia strumenti per
combattere quest'insieme di istituzioni, che ci relega ai margini. Esprime
disaccordo con la visione di Diotima sulla morte del patriarcato.
*
Marina De Giusti, di Pordenone.
Perche' siamo qui? Per andare verso il Social forum di Parigi e quindi ci
interessa un confronto su che cosa andiamo a dire. Fuori la guerra dalla
storia. Questa frase e' passata dal movimento delle donne al movimento in
generale, senza che se ne indagasse il significato. Il linguaggio che
circola e' intriso di parole cosi', di cui non e' chiaro il significato.
Molti/e confondono pacifismo con assenza di conflitti e pacificazione.
Abbiamo difficolta' nel dialogo con le donne del Sud del mondo. Che cosa
vogliamo che accada a Parigi?
*
Giuliana Savelli.
Il patriarcato sta nella Costituzione italiana, in alcuni articoli. Dobbiamo
proporre la separazione fra Stato e Chiesa, la liberta' di religione e dalla
religione.
*
Clotilde Barbarulli dell'Associazione Rosa Luxemburg e del Giardino dei
ciliegi.
Delusione ed entusiasmo hanno attraversato tutta la nostra vita. E'
d'accordo sulla inutilita'/impossibilita' di importare le cose da una
generazione ad un'altra, da un luogo ad un altro. Dobbiamo pero' valorizzare
la memoria delle (nostre) pratiche politiche, orizzontali, circolari, e
sviluppare la pratica dell'ascolto, continuando in questo sforzo di trovare
forme diverse, e anche un lessico nuovo. Che cosa vogliamo proporre a
Parigi?
*
Donatella Pavone, di Giudit.
Il tema della pace e' connesso con quello del diritto. Parte dalla sua
esperienza di giudice che la porta a sottolineare che la donna non e'
neutra. Quanto al patriarcato, e' morto perche' e' morto dentro di me. Sta
attualmente lavorando nel Forum per la democrazia europea (a Roma i
componenti del Forum sono tutti maschi).
*
Anna Picciolini.
Ho provato a scrivere le parole chiave che emergevano dal dibattito. Sono
tante, e collegate fra di loro in modi diversi. Fra pacifismo e femminismo
ci sono connessioni, ma nessun automatismo. Pero' vale la pena di proseguire
in questo lavoro. Cosa possiamo proporre a Parigi? Non la presenza di
qualcuna che ci rappresenti a una conferenza, ne' un seminario (con quel che
costa), ma un workshop, in cui confrontarci anche con le femministe di altri
Paesi. Per mettere meglio a tema i contenuti del workshop, propongo che ci
incontriamo un'altra volta.
*
Paola Manduca.
Registra una sorta di impasse, fra l'essere femminista e essere contro la
guerra, che si puo' chiarire lavorandoci sopra. Nell'essere femminista ci
sono elementi di necessita' e di scelta. In entrambi i casi abbiamo imparato
alcune cose che rendono piu' chiaro essere contro l'evoluzione violenta dei
conflitti. Pero' ci sono problemi di impasse e di nicchia, e ci sono molte
nicchie. Ho scelto di lavorare nel movimento dei movimenti. Di fronte a un
impasse, o hai una grossa capacita' di ri/elaborazione collettiva, o tendi a
stare nelle nicchie. Ma e' giusto uscirne e questo e' il modo di farlo. Di
fronte alle guerre guerreggiate, che voleva dire essere femminista?
C'e' la percezione della ciclicita', legata all'esperienza fisica delle
donne. La guerra e' subita da uomini e donne. Le donne sanno di essere le
prede. Ma come femminista che cosa posso dire in piu'? Non riesco a trovare
uno specifico femminista nella/sulla proposta di istituire un tribunale per
i responsabili di quest'ultima guerra. Proposta di un altro incontro per
superare l'impasse. Mettiamoci alla prova su questo.
*
Patricia Tough.
Non vedo l'impasse. Nulla giustifica la delusione espressa dalle giovani,
rispetto a una cosa in cui c'e' stata presenza di donne, pensiero di donne,
ecc. Di fronte a questa guerra non ho avuto delusione, perche' sapevamo di
perdere. Ritorno sulla trascendenza: dopo migliaia di anni in cui la guerra
e' stata accettata come qualcosa di naturale, stiamo costruendo un'idea di
mondo che non prevede la guerra.
Non ha senso dire che come femministe non sappiamo essere contro la guerra.
Noi, qui, siamo contro la guerra. Che cosa possiamo dare come femministe
andando a Parigi? Portiamo queste elaborazioni: discorsi che vanno a
destrutturare il concetto di guerra, e il militarismo, e come nasce la
guerra. Questo e' qualcosa che solo noi possiamo portare, la nostra analisi
della guerra e del militarismo. No al patriarcato e no al militarismo.
La nostra analisi della guerra e del militarismo vuole creare un mondo senza
guerra.
*
Celeste Grossi.
Patriarcato. Militarismo. No al patriarcato e no al militarismo. In queste
due parole c'e' il femminismo e l'essere contro la guerra. L'Europa che
vogliamo e' un'Europa che abbia nella sua Costituzione un chiaro no alla
guerra e un discorso sulla cittadinanza non neutro.
*
Patrizia Sterpetti.
Bisogna lavorare sulla Costituzione europea, e sul problema della sicurezza,
come la vedono le donne. Un altro obiettivo dev'essere la riforma delle
Nazioni Unite. Nessuna delusione, avendo consapevolezza della lunghezza del
lavoro di disarmo.
*
Emanuela Zambotti.
Sarebbe un peccato arrivare a Parigi senza una riflessione fra le femministe
e il movimento dei movimenti.
*
Maria Laura Galante, di Firenze.
Chiede a Paola Manduca di spiegare perche' il nesso fra femminismo e
pacifismo non e' scontato. E' anche vero che il femminismo ha significato
talvolta per molte donne cose diverse.
*
Lidia Campagnano.
Attenzione all'ansia di darsi una linea per Parigi. L'incontro di Parigi,
nel programma, appare piu' rivolto al fare, al proporre obiettivi, ecc.
piuttosto che essere una grande universita' a cielo aperto, dove si puo'
lavorare assieme, facendo scambio di cultura. Sarebbe bene portare a Parigi
un contributo, perche' sia un momento vivo, pullulante di idee.
Quindi ci si rivede e si tenta di proporre qualcosa che sia un po' piu'
shockante. Vorrei che trovassimo la forma che la novita' di questa guerra ha
portato nelle nostre vite, nel modo di essere donna di ciascuna di noi.
Rendere vivo, fertile a Parigi, questo livello di scambio.
*
Miriam Verdi.
Non vedo l'impasse di cui si e' parlato. Questo vuol dire rinunciare a
trovare una conclusione. Mi sento a disagio pensando che a Parigi ciascuna
associazione espone la propria opinione. Vedo l'esigenza che da qui parta
qualcosa di comune. Non ci sto ad andare a Parigi con lo stesso livello di
riflessione con cui siamo arrivate qui.
*
Clotilde Barbarulli.
Serve un altro incontro. Non tanto perche' ci sia una impasse, o le nicchie.
Ma perche' e' giusto portare a Parigi un discorso articolato e problematico,
l'unico che puo' tenere conto di tutte le cose diverse.
*
Mara Baronti.
D'accordo sul fare un altro incontro. Vorrei rispondere alla domanda di
Paola: cosa aggiunge di efficace all'essere contro la guerra, il femminismo.
Io nasco prima come femminista e poi come pacifista. Il primo conflitto che
non sfocia nella distruzione dell'altro e' quello di genere, il conflitto
con l'altro da se'. Il femminismo mi ha insegnato a gestirlo. Non e' una
posizione di nicchia. Dovremmo cercare qualcosa di innovativo, cercare fra
noi una convenienza, non di interessi, ma di percorsi. Non e' sufficiente
nominare il patriarcato, ma dobbiamo costruire un nuovo lessico. Molte di
noi sono pacifiste perche' femministe.
*
Gabriella del gruppo Basta guerra del Social forum.
Ho bisogno di elaborare la ricchezza delle differenziazioni fra gli
interventi. E' necessario e auspicabile un altro incontro. Il livello di
discussione e' andato da scambiamoci il volantino all'orizzonte della
trascendenza. Questa capacita'/disponibilita' a spaziare, senza disperderci,
non e' banale, e ci viene dal femminismo. Le differenze, che fanno nicchia
se ci si affeziona, o spaventano, se si cerca una linea comune per andare
tutte insieme a Parigi, dovremmo vederle come opposizioni sistemiche
elaborate da un disagio, con una spinta a superare la situazione presente.
Importanza dell'affermazione "fuori la guerra dalla storia" in un contesto
che inventa la guerra infinita. Sottolineare le pratiche del conflitto che
stiamo praticando, contro l'equazione conflitto=guerra. Serve un linguaggio
nuovo, per rinominare le cose, di fronte a chi rinomina la guerra senza
problemi. Contro l'insignificanza, creare un significato, non e' lavoro che
si fa da sole, ne' una volta per tutte.
Importante e' esserci, una politica che conta, non solo che si vede.
Problematicita' del contare in un mondo che fa della merce il criterio che
da' significato a tutto, anche a liberta', politica, globalizzazione. C'e'
tutto il nostro lavoro precedente, la nostra memoria.
*
Il dibattito si e' chiuso con la decisione di fare un altro incontro. Non si
ritiene sufficiente, da parte di quasi tutte, ritrovarsi in una delle
occasioni gia' prevedibili (Genova, l'Assemblea delle Donne in Nero o altro)
ma e' necessaria una riconvocazione di questo gruppo, che consenta quindi di
proseguire nel discorso, senza ripartire da capo. A Franca Gianoni e
Patricia Tough era stato affidato il compito di preparare la restituzione
per l'assemblea.
Per discutere sulla restituzione, il gruppo si e' riunito anche la mattina
del 18, ma gli appunti che ho preso sono troppo scarni per essere veramente
utili.

5. DOCUMENTAZIONE. DOCUMENTO CONCLUSIVO DELL'INCONTRO DI FIRENZE
[Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net) riprendiamo il
documento finale approvato dall'assemblea delle donne riunita a Firenze il
17 e 18 maggio 2003 in preparazione della partecipazione all'incontro del
Forum sociale europeo di Parigi]
L'assemblea del 17-18 maggio - a cui hanno aderito realta' organizzate e
numerose donne singole - si e' riunita con l'obiettivo di rafforzare la
presenza dei femminismi nel movimento dei movimenti, rinsaldando relazioni
politiche e costruendone di nuove.
Nel corso dell'iniziativa sono stati presi i seguenti impegni:
1) "Il Paese delle Donne" si impegna a tenere aperta la lista parigi_diverse
e il sito www.womenews.net/esf2003 almeno fino alla scadenza del Forum
sociale europeo perche' la discussione possa proseguire nei prossimi mesi.
2) Un gruppo organizzatore, composto da due compagne di Milano, due di
Firenze e due di Roma si impegna a gestire i fondi rimasti dal seminario e a
raccoglierne di nuovi con una sottoscrizione per consentire la presenza al
Fse del maggior numero di donne possibili. Un bilancio delle entrate e delle
spese sostenute sara' messo in lista nei prossimi giorni. Il gruppo si
impegna anche a curare e organizzare la presenza delle femministe italiane
nello spezzone autorganizzato che si costituira' nella manifestazione di
Parigi.
3) Tutte le donne presenti che lo desiderano si impegnano a rivedersi a
Genova per fare il punto sullo stato delle cose in previsione della
partecipazione a Parigi-Saint Denis. L'appuntamento verra' precisato
attraverso la lista parigi_diverse.
4) Degli impegni assunti nei gruppi e che saranno illustrati in assemblea
sulla lista, si assumono la responsabilita' le donne che li hanno presi o
accettati.

6. RIVISTE. "CRITICA LIBERALE"
"Critica liberale" e' il bel mensile diretto da Enzo Marzo (condirettrici:
Nadia Urbinati, Giovanna Zincone), di grande acutezza e vivacita'. Della
Fondazione Critica Liberale, cui la rivista e' collegata, fanno parte alcune
delle personalita' intellettuali piu' limpide e rilevate - sotto il profilo
della passione scientifica, dell'impegno civile e del rigore morale - del
nostro paese, presidente onorario ne e' Norberto Bobbio. Direzione e
redazione della rivista sono in via d'Ascanio 23, 00186 Roma, fax:
066867981, e-mail: info at criticaliberale.it, www.criticaliberale.it;
amministrazione e abbonamenti: Edizioni Dedalo, e-mail:
info at edizionidedalo.it, sito: www.edizionidedalo.it

7. RIVISTE. "IL FOGLIO"
"Il foglio", mensile di alcuni cristiani torinesi, e' da 33 anni una delle
voci piu' nitide e dialogiche della cultura della pace in Italia. Lo redige
un gruppo di persone amiche, anche amiche nostre, e - va da se' - amiche
della nonviolenza. Sono solo otto pagine, ciascuna reca tre dense colonne di
testo, e di pensiero; leggerle - febbrilmente prima, poi piu' pacatamente:
perche' sono scritti che piace rileggere e ragionare - e' pensare insieme,
insieme chiarirsi. La redazione e' presso il Coordinamento dei comitati di
quartiere, via Assietta 13/A, 10128 Torino, e-mail:
antonello.ronca at libero.it, sito: www.ilfoglio.org

8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

9. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it;
angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it

Numero 590 del 23 giugno 2003