PETER ARNETT - Bagdad 1991: io c'ero e purtroppo ho visto



Fonte: http://italy.indymedia.org/news/2003/02/184206.php

Bagdad 1991: io c'ero e purtroppo ho visto

di PETER ARNETT

Tutto comincio' con la storia della fabbrica di latte in polvere per bambini. Fino ad allora, l'amministrazione Bush era stata una sostenitrice entusiasta di come la Cnn stava coprendo i bombardamenti su Bagdad del '91. I nostri notiziari in diretta dal 9° piano dell'Hotel al-Rashid facevano pensare che i missili Cruise e le bombe stessero trovando i bersagli designati, e cioe' centrali di comando, caserme, palazzi e rifugi di Saddam. Cio' che riportavamo pareva confermare la valutazione del Pentagono che le uccisioni di civili fossero nulle. Ma un giorno piovvero quattro bombe su un impianto industriale alla periferia di Bagdad, e la luna di miele fini'. Venni portato sul posto dal mio "guardiano" iracheno assieme a una troupe. Lasciammo l'autostrada appena oltrepassato un grande manifesto sbiadito di Saddam Hussein intento a consolare un bambino afflitto.

L'ingresso portava un cartello scritto rozzamente, che in arabo e inglese diceva "baby milk plant" (fabbrica di latte per bambini). I funzionari iracheni dissero che la fabbrica produceva 20 tonnellate di latte in polvere al giorno per i bambini della capitale. Camminavo immerso fino alle caviglie nella polvere bianca. I documenti che giacevano attorno descrivevano il prodotto come un miscuglio di malto, estratto zuccherino e latte. Io presi una bracciata di confezioni intatte per distribuirle ai bambini, una volta rientrato in albergo. Mi sembro' un impianto innocuo.

Quella sera riferii alla Cnn col mio telefono satellitare quello che mi era stato detto dagli iracheni: che lo stabilimento era l'unica fonte a Bagdad di alimenti liquidi per l'infanzia, e che non si trattava di un obiettivo legittimo. Me ne andai a letto. Quando mi svegliai il mattino dopo, sintonizzai la radio sulla Bbc e scoprii di avere riportato una delle storie piu' controverse della mia carriera. Il portavoce della Casa Bianca, Marlin Fitzwater, mi diede del bugiardo. Lo stesso presidente George Bush aveva visto il servizio, disse Fitzwater, "e non era stato contento". Lo stabilimento non produceva latte in polvere, come dichiarato dagli iracheni, ma era "una struttura per produrre armi biologiche", affermo' Fitzwater. Quanto al giornalista della Cnn Peter Arnett, era "un canale della disinformazione irachena".

Comincio' cosi' una guerra di parole. La fabbrica di latte per bambini fu solo la prima di una valanga di immagini, provenienti dall'interno dell'Iraq, che sembravano sbugiardare le ripetute vanterie del Pentagono sulla loro nuova generazione di armamenti a prova d'errore. Il giorno 8, a Bagdad vennero distrutte tre case con i loro abitanti. Il 9, vennero bombardati diversi isolati in una citta' a nord di Bagdad, con molte dozzine di morti. Il 10, altri bombardamenti sulle case a Najaf. La Cnn divenne oggetto della collera ufficiale perche' precedeva regolarmente la concorrenza e attirava con i suoi servizi moltissimi telespettatori.

Il comandante della coalizione militare, il generale Norman Schwarzkopf, risolse il proprio dilemma morale spegnendo la Cnn nel suo bunker. L'amministrazione Bush, ben sapendo che gli spettatori d'America erano maniaci dei servizi sulla guerra, organizzo' una complessa campagna per assassinare il personaggio. Io venni denunciato davanti al Congresso. Il delegato della Pennsylvania, Laurence Coughlin, disse: "Arnett e' il Goebbels del regime hitleriano di Saddam".

Le basi logiche di chi mi criticava erano che le mie osservazioni fossero menzogne dirette oppure, se erano accompagnate da filmati, che gli stessi incidenti fossero stati creati ad arte dai servizi iracheni. L'insinuazione era che Saddam Hussein stesse radendo al suolo le proprie citta' per ottenere immagini propagandistiche. Forse qualcuno avrebbe potuto perfino crederci se glielo si fosse ripetuto abbastanza, e certo in quelle prime settimane di guerra l'amministrazione Bush eludeva le critiche serie. Ma poi arrivo' il 13 febbraio, e il gioco del biasimo fini'.

Quel mattino alle 4.50 un jet americano sgancio' due missili a guida di precisione su di un rifugio antiaereo civile nel quartiere Amariya, a Bagdad. Donne, bambini e anziani erano pigiati all'interno; i morti furono circa 400. Vi discesero i giornalisti, ed entro poche ore le immagini piu' raccapriccianti della guerra scioccarono gli spettatori di tutto il mondo. Il Pentagono cerco' di spiegare che il rifugio era un obiettivo legittimo perche' c'erano antenne della radio, e avrebbe potuto essere utilizzato a fini militari. Pochi la bevvero. Il ministro degli Esteri russo, venuto in visita pochi giorni dopo, mi disse che il presidente Mikhail Gorbaciov l'aveva mandato a Bagdad "perche' questa carneficina deve finire".

Il dibattito sul bombardamento di Amariya sposto' l'attenzione dalla mia credibilita' a quella del Pentagono. Le immagini erano state cosi' sconvolgenti che la gente comincio' a farsi domande sulla politica. Molto dopo la guerra appresi che, in fin dei conti, la politica era stata cambiata dal massacro nel rifugio, e che i cosiddetti "obiettivi militari-civili" erano stati radiati dalla lista dei bombardamenti, almeno per quanto restava della guerra del Golfo. Pero', da allora, la tolleranza verso immagini spiacevoli di guerra sembra aver messo a dura prova la pazienza dei politici americani. L'amministrazione Clinton approvo' il bombardamento del centro televisivo di Belgrado, durante la guerra del Kosovo, appena qualche ora dopo che la maggioranza dei giornalisti televisivi occidentali aveva chiuso i notiziari serali. L'ufficio di Kabul della controversa Al Jazira , la cosiddetta " Cnn araba", venne spazzato via durante l'attacco a Kabul del 2001. Senza dubbio i giornalisti bramosi di notizie si piazzeranno di nuovo sui tetti degli alberghi di Bagdad, se dovesse scoppiare un'altra guerra.

da The Guardian (traduzione di Laura Toschi)

23 febbraio 2003