La nonviolenza e' in cammino. 492



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 492 del 30 gennaio 2003

Sommario di questo numero:
1. Mao Valpiana: Gandhi, un uomo di fede contro tutte le guerre
2. Un esposto nei confronti del Ministro della Difesa e del Governo
3. Maria Chiara Tropea, contro la guerra
4. Beppe Pavan, un contributo alla riflessione promossa da Giancarla
Codrignani
5. "Gruppo uomini" di Pinerolo: non ne possiamo piu' della violenza
6. Il "Gruppo uomini" di Pinerolo si presenta
7. Mariagrazia Bonollo, pace da tutti i balconi
8. Giulio Vittorangeli, per l'Argentina
9. Giovanna Boursier, un colpevole silenzio sullo sterminio nazista dei rom
10. Gianni Rossi Barilli, la persecuzione nazista degli omosessuali
11. Il 30 gennaio una commemorazione di Gandhi a Narni
12. Il 31 gennaio un incontro con Achille Occhetto e Ali Rashid a Celleno
13. La scomparsa di Ondina Peteani e di Gianbattista Lazagna
14. La "Carta" del Movimento Nonviolento
15. Per saperne di piu'

1. MAESTRI. MAO VALPIANA: GANDHI, UN UOMO DI FEDE CONTRO TUTTE LE GUERRE
[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: azionenonviolenta at sis.it) per
questo ricordo di Gandhi nell'anniversario della scomparsa.
Mao Valpiana e' nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come assistente
sociale e giornalista. Fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento
Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo
innovativo di intervento nel sociale"), e' membro del Comitato di
Coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa
della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione
Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al
servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla
campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione
della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario
nazionale, e durante la guerra del Golfo ad un'azione diretta nonviolenta
per fermare un treno carico di armi (processato ed assolto per "blocco
ferroviario"). E' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione
Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters
International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza). E'
stato infine tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle
forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della Marcia per la Pace da
Trieste a Belgrado nel 1991.
Mohandas Gandhi e' il fondatore della nonviolenza. Nato a Portbandar in
India nel 1869, studi legali a Londra, avvocato, nel 1893 in Sud Africa, qui
divenne il leader della lotta contro la discriminazione degli immigrati
indiani ed elaboro' le tecniche della nonviolenza. Nel 1915 torno' in India
e divenne uno dei leader del Partito del Congresso che si batteva per la
liberazione dal colonialismo britannico. Guido' grandi lotte politiche e
sociali affinando sempre piu' la teoria-prassi nonviolenta e sviluppando
precise proposte di organizzazione economica e sociale in direzione solidale
ed egualitaria. Fu assassinato il 30 gennaio del 1948. Sono tanti i meriti
ed e' tale la grandezza di quest'uomo che una volta di piu' occorre
ricordare che non va  mitizzato, e che quindi non vanno occultati limiti,
contraddizioni, ed alcuni aspetti discutibili - che pure vi sono - della sua
figura, della sua riflessione, della sua opera. Opere di Gandhi:  essendo
Gandhi un organizzatore, un giornalista, un politico, un avvocato, un uomo
d'azione, oltre che una natura profondamente religiosa, i suoi scritti
devono sempre essere contestualizzati per non fraintenderli; Gandhi
considerava la sua riflessione in continuo sviluppo, e alla sua
autobiografia diede significativamente il titolo Storia dei miei esperimenti
con la verita'. In italiano l'antologia migliore e' Teoria e pratica della
nonviolenza, Einaudi; si vedano anche: La forza della verita', vol. I,
Sonda, Torino-Milano 1991; Villaggio e autonomia, Lef; l'autobiografia
tradotta col titolo La mia vita per la liberta', Newton Compton; La
resistenza nonviolenta, Newton Compton; Civilta' occidentale e rinascita
dell'India, Movimento Nonviolento; La cura della natura, Lef. Altri volumi
sono stati pubblicati da Comunita': la nota e discutibile raccolta di
frammenti Antiche come le montagne; da Sellerio: Tempio di verita'; da
Newton Compton: e tra essi segnaliamo particolarmente Il mio credo, il mio
pensiero, e La voce della verita'. Altri volumi ancora sono stati pubblicati
dagli stessi e da altri editori. I materiali della drammatica polemica tra
Gandhi, Martin Buber e Judah L. Magnes sono stati pubblicati sotto il titolo
complessivo Devono gli ebrei farsi massacrare?, in "Micromega" n. 2 del
1991. Opere su Gandhi: tra le biografie cfr. B. R. Nanda, Gandhi il mahatma,
Mondadori; il recente accurato lavoro di Judith M. Brown, Gandhi, Il Mulino;
il recentissimo libro di Yogesh Chadha, Gandhi, Mondadori. Tra gli studi
cfr. Johan Galtung, Gandhi oggi, Edizioni Gruppo Abele; Icilio Vecchiotti,
Che cosa ha veramente detto Gandhi, Ubaldini; ed i volumi di Gianni Sofri:
Gandhi e Tolstoj, Il Mulino (in collaborazione con Pier Cesare Bori); Gandhi
in Italia, Il Mulino; Gandhi e l'India, Giunti. Cfr. inoltre: Dennis Dalton,
Gandhi, il Mahatma. Il potere della nonviolenza, Ecig, Genova 1998. Una
importante testimonianza e' quella di Vinoba, Gandhi, la via del maestro,
Paoline. Per la bibliografia cfr. anche Gabriele Rossi (a cura di), Mahatma
Gandhi; materiali esistenti nelle biblioteche di Bologna, Comune di Bologna.
Altri libri utili disponibili in italiano sono quelli di Lanza del Vasto,
William L. Shirer, Ignatius Jesudasan, George Woodcock, Giorgio Borsa,
Enrica Collotti Pischel, Louis Fischer. Un'agile introduzione e' quella di
Ernesto Balducci, Gandhi, Edizioni cultura della pace. Una interessante
sintesi e' quella di Giulio Girardi, Riscoprire Gandhi, Anterem, Roma]
Il 30 gennaio del 1948 Gandhi moriva assassinato.
Non aveva partecipato ai festeggiamenti per l'indipendenza indiana, dopo
averla conquistata con il satyagraha (la forza della verita' o nonviolenza),
perche' la separazione tra India e Pakistan era per lui una grande
sconfitta.
E' stato assassinato da un fanatico indu' che non gli aveva perdonato la sua
azione per la riconciliazione religiosa e la sua apertura ai musulmani.
L'indu' Gandhi (che aveva una sconfinata ammirazione per Gesu' Cristo e per
San Francesco d'Assisi) fu considerato dai fondamentalisti di entrambe le
parti come un traditore. Sono passati cinquantacinque anni e il
fondamentalismo religioso e' ancora un pesante ostacolo per tanti processi
di pacifica convivenza.
Dunque, non si puo' parlare di Gandhi senza riferirsi alla sua esperienza e
alla sua definizione di religione: "E' l'elemento permanente della natura
umana; non ritiene nessun sacrificio troppo grave per trovare piena
espressione e lascia l'anima totalmente inquieta fino a che non ha trovato
se stessa, conosciuto il suo Creatore e sperimentato la vera corrispondenza
fra il creatore e se stessa". E poi prosegue: "Per me Dio e' verita' e
amore; Dio e' etica e morale; Dio e' coraggio. Dio e' la fonte della luce e
della vita e tuttavia e' di sopra e di la' di tutto questo. Dio e'
coscienza. E' perfino l'ateismo dell'ateo. Trascende la parola e la ragione.
E' un Dio personale per coloro che hanno bisogno della sua presenza
personale. E' incarnato per coloro che hanno bisogno del suo contatto. E' la
piu' pura essenza. E', semplicemente, per coloro che hanno fede. E' tutte le
cose per tutti gli uomini. E' in noi e tuttavia al di sopra e al di la' di
noi".
Siamo in presenza di una religione aperta, libera, accogliente, amorevole,
umana. La religione di Gandhi coincide con la ricerca della verita', perche'
Dio stesso e' verita', e la verita' e' Dio. In questo senso per Gandhi, e
per molti amici della nonviolenza, ogni problema che si pone, ogni questione
che si deve affrontare, politica, sociale, economica, etica, collettiva o
personale, e' una sfida religiosa: "per me ciascuna attivita', anche la piu'
modesta, e' guidata da quella che io considero la mia religione... la mia
attivita' politica, come tutte le altre mie attivita', procede dalla
religione... percio' anche nella politica dobbiamo stabilire il regno dei
cieli".
Tuttavia in Gandhi c'e' posto anche per una piena laicita'.
Ha saputo essere, insieme, un grande religioso e una grande statista: "se
fossi un dittatore, religione e Stato sarebbero separati. Credo ciecamente
nella mia religione. Voglio morire per essa. Ma e' una mia faccenda
personale. Lo Stato non c'entra. Lo Stato dovrebbe preoccuparsi  del
benessere temporale, dell'igiene, delle comunicazioni, delle relazioni con
l'estero, della circolazione monetaria e cosi' via, ma non della vostra o
mia religione. Questa e' affare personale di ciascuno".
*
Oggi nel mondo intero Gandhi e' considerato il profeta della nonviolenza, ma
il rischio e' quello di farne un santo, un eroe, un simbolo, un mito.
Gandhi, invece, nel corso di tutta la sua azione sociale e politica si e'
sempre sforzato di far capire che cio' che lui ha fatto poteva farlo
chiunque altro, che "la verita' e la nonviolenza sono antiche come le
montagne".
La novita' emersa con Gandhi consiste nell'aver saputo trasformare le
nonviolenza da fatto personale a fatto collettivo, da scelta di coscienza a
strumento politico: con Gandhi la nonviolenza non e' piu' solo un mezzo per
salvarsi l'anima, ma diventa un modo per salvare la societa'. La nonviolenza
e' sempre esistita, presente in tutte le culture e in tutte le religioni, in
oriente e in occidente, nei sacri testi della Bibbia e del Corano, della
Bhagavad Gita e del Buddhismo. Ma e' con Gandhi che la nonviolenza diventa
un'arma di straordinaria potenza per liberare le masse oppresse.
Il Mahatma ci ha fatto scoprire che la nonviolenza e' insieme un fine ed un
mezzo, che per abbracciare e farsi abbracciare dal satyagraha ci vuole fede,
pazienza, sacrificio, dedizione, addestramento.
Grazie a lui oggi possiamo utilizzare la teoria e la pratica della
nonviolenza per tante battaglie di giustizia e liberta', in ogni parte del
mondo.
Gandhi e' stato un grande innovatore, e' stato l'uomo che ha riscattato il
ventesimo secolo che altrimenti sarebbe stato consegnato alla storia come un
secolo buio, per gli orrori delle guerre mondiali e per l'olocausto nei
campi di sterminio. Gandhi, e non Hitler e non Stalin, e' l'uomo nuovo del
'900, la preziosa eredita' per questo secolo.
*
La lezione di Gandhi ha suscitato molti proseliti, in ogni parte del mondo.
Dal Sudafrica al Chiapas, dalla Birmania al Tibet, cosi' come in Europa e in
America Latina, ovunque vi sono gruppi o popoli che lottano per i loro
diritti ispirandosi alla forza attiva del satyagraha.
"Se posso dirlo senza arroganza e con la dovuta umilta', il mio messaggio e
i miei metodi sono validi, nella loro essenza, per il mondo intero; ed e'
motivo di viva soddisfazione per me sapere che hanno gia' suscitato mirabile
rispondenza nel cuore di un grande e sempre crescente numero di uomini e
donne dell'Occidente".
Oggi infatti, in Europa e negli Stati Uniti, non si puo' parlare di
pacifismo senza fare i conti con la nonviolenza gandhiana.
La mobilitazione mondiale contro la guerra (intendo contro tutte le guerre,
fatte da chiunque per qualsiasi motivo e con qualunque arma) e' coerente e
vincente solo se fatta con i mezzi della nonviolenza. Non si puo' essere
contro la guerra a fasi alterne: contrastare la guerra in Iraq e non vedere
la guerra in Cecenia e' un errore inaccettabile per gli amici della
nonviolenza.
"La guerra e' il piu' grande crimine contro l'umanita'". Gandhi condanna il
ricorso alla guerra senza appello. Senza se e senza ma.
Il movimento contro la guerra, se vuole avere un futuro e non essere solo un
fuoco di paglia che si spegne alla prima pioggia di bombe, deve saper
adottare tutti i metodi rigorosi della nonviolenza. E' ancora Gandhi a
parlar chiaro: "Si dice: i mezzi in fin dei conti sono mezzi. Io dico: i
mezzi in fin dei conti sono tutto".
Il mondo e' solo all'inizio dell'esplorazione delle potenzialita' della
nonviolenza e noi crediamo che essa sia una prospettiva indispensabile per
il futuro dell'umanita'.

2. UN ESPOSTO NEI CONFRONTI DEL MINISTRO DELLA DIFESA E DEL GOVERNO
[Il 29 gennaio 2003 il "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo ha
presentato alla magistratura il seguente esposto]
Oggetto: esposto nei confronti del Ministro della Difesa, on. Martino, e del
Governo italiano nella sua collegialita', per violazione dell'art. 11 della
Costituzione della Repubblica Italiana
Con la presente... si espone all'autorita' giudiziaria quanto segue e si
richiede un immediato intervento in meriito.
1. Il Ministro della Difesa, on. Martino, avrebbe annunciato, secondo quanto
concordemente riferito oggi dalle principali agenzie di stampa e dai media
radiotelevisivi, che "il governo italiano ha dato il via libera all'utilizzo
delle basi sul nostro territorio agli aerei USA... in caso di un eventuale
attacco all'Iraq" (cosi' la notizia e' riportata dal televideo della
televisione di Stato).
2. E' del tutto evidente che tale decisione, se effettivamente presa dal
governo, confligge flagrantemente con l'art. 11 della Costituzione della
Repubblica Italiana che "ripudia la guerra".
3. Tale decisione implica di fatto la partecipazione dell'Italia ad una
guerra manifestamente illegale e criminale tanto per la nostra Costituzione
quanto alla luce del diritto internazionale.
4. Lo stesso annuncio e' gia' un atto illegale, non essendo in potere ne'
del ministro, ne' del governo, assumere simili decisioni e quindi neppure
propalare simili notizie, quand'anche fossero false.
5. Il semplice annuncio e' gia' evidentemente sufficiente per costituire
"notitia criminis", e per l'attuazione di tutti i provvedimenti
necessariamente conseguenti da parte della competente autorita' giudiziaria,
delle competenti autorita' di pubblica sicurezza, e ragionevolmente finanche
di ogni pubblico ufficiale che ne venisse a conoscenza.
6. Qualora la decisione annunciata fosse stata effettivamente presa saremmo
in presenza di una gravissima violazione della legalita' costituzionale da
parte non solo del Ministro della Difesa ma dell'intero Governo (che pure
nella sua interezza ed in ogni suo singolo membro alla Costituzione ha
giurato fedelta'), violazione che configura un atto di eversione della
legalita' costituzionale, un vero e proprio tentativo di colpo di stato.
7. Data la gravita' del reato e della situazione, si richiede il piu'
tempestivo intervento dell'autorita' giudiziaria e delle autorita' di
pubblica sicurezza.
8. Si richiede altresi' un immediato intervento del Capo dello Stato quale
supremo garante della Costituzione della Repubblica Italiana.

3. RIFLESSIONE. MARIA CHIARA TROPEA: CONTRO LA GUERRA
[Ringraziamo Maria Chiara Tropea (per contatti: a.alba at areacom.it) per
averci messo a disposizione questo intervento apparso sul mensile "Da
leggere" del dicembre 2002. Maria Chiara Tropea e' impegnata nei movimenti
nonviolenti e nella promozione di una cultura della pace; insieme ad Alvise
Alba assicura un prezioso lavoro di collegamento in particolare nel
Movimento Internazionale della Riconciliazione (MIR)]
Non e' la prima volta che gli auguri di pace del Natale e del Nuovo Anno si
intrecciano con timori di guerra. Ci stiamo abituando. Quest'anno sotto le
luci dell'albero abbiamo in preparazione una nuova guerra all'Iraq, a un
paese gia' duramente colpito nel '91,  sotto embargo da 11 anni, bombardato
con cadenza settimanale dal '98: un paese stremato, oltre che afflitto da un
regime autoritario.
La guerra annunciata (e gia' cominciata) rischia, per dichiarazione
esplicita del suo principale promotore, di essere una guerra nucleare.
Quell'ipotesi - temuta e contrastata dal grande movimento per la pace degli
anni '80 - torna ad affacciarsi con prepotenza oggi, in un mondo ancor piu'
carico di tensioni e violenze, in una regione gia' "esplosiva" per il
conflitto palestinese/israeliano, che sta attraversando una fase quanto mai
distruttiva.
La guerra annunciata (e gia' cominciata) non ci ha ancora coinvolto
direttamente, perche' l'opinione pubblica e alcuni governi europei si sono
mostrati titubanti. Percio' in questa fase stiamo assistendo ai
"preliminari" che la renderanno "legalmente" giustificabile dai governi ed
emotivamente accettabile dalle masse televisive ancora incerte: e' questa la
funzione principale della "missione" degli ispettori Onu e del ridicolo
via-vai di documenti e loro fotocopie tra il palazzo di Bagdad, il "palazzo
di vetro" e i palazzi della Cia, con relative "indiscrezioni" divulgate ad
uso del popolo.

"Potenti della terra padroni di nuovi veleni,
tristi custodi segreti del tuono definitivo,
ci bastano d'assai le afflizioni donate dal cielo.
Prima di premere il dito, fermatevi e considerate".

Questo scriveva Primo Levi nella poesia La bambina di Pompei.
Ma i potenti della terra, compresi i piccoli potenti di casa nostra,
sembrano spaventosamente incapaci di fermarsi e ancor piu' di considerare.
Gia' decine di migliaia di soldati sono pronti nella regione, gia' portaerei
colonizzano il mare; e l'Italia e' tutta una portaerei, con le sue basi
pronte e i cieli aperti per i bombardieri. Gia' i nostri Alpini si preparano
per l'Afghanistan, perche' le truppe Usa devono essere tutte disponibili per
il Golfo.
Cosa possiamo dunque fare noi che non siamo nei palazzi? Cosa dire ancora,
quando ci sembra di aver gia' detto tutto, tante volte? Quando tutto sembra
gia' deciso?
Eppure non si puo' tacere e stare a guardare.
Voglio sottoscrivere e far mie le parole dell'animatore del Centro per la
nonviolenza di Viterbo:
"Noi che viviamo in uno dei paesi il cui orientamento avra' un peso enorme
nel decidere lo scatenamento o meno della guerra; noi che siamo parte di
quella porzione ridottissima dell'umanita' la cui opinione e' "opinione
pubblica", conta; noi che abbiamo strumenti di comunicazione potentissimi;
ebbene, noi piu' di altri abbiamo un dovere grande: impedire la guerra, che
e' questione di vita o di morte per l'umanita' intera.
Se sapremo far vincere in Italia il rispetto della legalita' costituzionale
che ripudia la guerra; se sapremo costringere il potere esecutivo e il
potere legislativo e il capo dello stato a riconoscere e quindi proclamare
che il popolo e la legge, la Repubblica insomma, impediscono all'Italia di
avallare e di aderire alla guerra; allora questo avra' un peso e potra'
indurre altre popolazioni a chiedere ai loro governanti un analogo
pronunciamento.
In Italia e' possibile, oltre che necessario. E' la legge fondamentale del
nostro ordinamento che lo afferma, quella legge che "hanno scritto i pugni
dei morti": la Costituzione figlia della Resistenza; quell'articolo 11 che
la guerra ripudia; impedire la guerra, che e' questione di vita o di morte
per l'umanita' intera".
*
Provo a metter giu' qualche idea sul "da fare", nella speranza di trovare
risonanza in chi legge, e che le idee non restino solo idee.

1. Dobbiamo contrastare la propaganda, diventare capaci di parlare in modo
convincente, casa per casa, persona per persona.
Percio' troviamoci, parliamo fra noi, mettiamo a fuoco i nostri dubbi,
mettiamo a punto gli argomenti. Diciamoci - e diciamo a tutti - come e
perche' tutto questo e' assurdo e criminale. Perche' la guerra oggi e'
sempre e solo distruzione e non porta la pace (la Bosnia, il Kossovo,
l'Afghanistan non l'hanno ancora insegnato solo perche' dopo i
bombardamenti, che facevano notizia sulle prime pagine con dovizia di
particolari, e' sempre calato un silenzio tombale sui dopoguerra di violenza
continua, odio peggiore, miseria e disperazione).
E la guerra e' distruzione non solo degli altri, ma anche di noi stessi.
E non solo per le possibili e prevedibili ritorsioni (il rischio-attentati
sta aumentando), ma anche perche' contraddice ed annulla il nostro io
migliore, l'Europa del diritto umanitario, della democrazia e della
liberta'.
Come non capire che questi valori, di cui andiamo giustamente fieri, non si
possono im-porre con le armi, ma solo pro-porre, cioe' mostrarli realizzati
per renderli desiderabili?
Invece mostriamo realizzato un modello di vita fondato sull'arricchimento
rapace e sulla violenza; e pretendiamo di imporlo con la "guerra umanitaria"
e di difenderlo con la "guerra preventiva".

2. Dobbiamo cercar di convincere i nostri rappresentanti istituzionali.
Percio' prepariamo un appello al capo dello Stato, al Parlamento, al
Governo, perche' dicano subito, dicano chiaro, dicano forte, che il nostro
paese e' ancora uno stato di diritto fondato sulla Costituzione della
Repubblica Italiana che "ripudia la guerra"; dicano subito, chiaro, forte
all'Unione Europea, all'Onu, al governo americano, che l'Italia per sua
legge fondamentale non partecipera' a questa guerra, che l'Italia per sua
legge fondamentale a questa guerra si oppone.

3. Dobbiamo cercar di convincere anche l'opposizione di centro sinistra;
quanto e' frammentata, debole e balbettante di fronte a questa
straordinaria, pericolosissima emergenza.
Percio' cerchiamo di incontrare ad ogni livello tutte le componenti del
centro sinistra, ognuno/a quella a cui si sente piu' vicino/a; parliamo alle
persone di quei partiti, facciamo appello alle loro coscienze: non possono
accettare o subire questa deriva. Dicano forte e chiaro, "senza se e senza
ma", che contrasteranno ogni decisione politica e operativa verso la
partecipazione italiana a questa guerra - ad ogni guerra - e al sistema che
prepara le guerre. Queste persone devono sentire che se non diranno e
faranno queste cose perderanno per sempre il consenso del loro elettorato.

4. Dobbiamo infine impegnarci a contrastare direttamente, con azioni
limpidamente nonviolente, le operazioni gia' avviate. Non e' vero che non
possiamo fare nulla:
- possiamo prepararci ad azioni dirette nonviolente per bloccare
operativamente la macchina bellica (basi militari, rifornimenti...);
- possiamo lanciare (o aderire a) una campagna di disobbedienza civile che
miri a bloccare la catena di comando politica e amministrativa di quei
poteri che cercassero di precipitare l'Italia in guerra;
- possiamo inventare e fare moltissime azioni se solo decidiamo di uscire
dall'isolamento e dal particolarismo e ci colleghiamo fra noi e con i
movimenti piu' ampi che su questa linea si stanno muovendo (Il Movimento
Nonviolento, la Rete Lilliput, Emergency, le Donne in Nero, l'Associazione
per la pace...).

"Se mai mi venisse chiesto: Dov'eri in quei giorni bui?, io potro'
rispondere: Nelle strade, a protestare!" sono parole di una donna
israeliana, Efrat Shpiegel, impegnata nel movimento pacifista del suo paese
dopo aver perso un figlio nella guerra dell'82 contro il Libano. Possano
diventare le parole di ognuno/a di noi. E sara' un anno di pace.

4. RIFLESSIONE. BEPPE PAVAN: UN CONTRIBUTO ALLA RIFLESSIONE PROMOSSA DA
GIANCARLA CODRIGNANI
[Ringraziamo Beppe Pavan (per contatti: carlaebeppe at libero.it) per questo
intervento che sviluppa la riflessione promossa da Giancarla Codrignani ed
alla quale hanno gia' contribuito altre ed altri, e che vorremmo si
sviluppasse ancora col contributo di ulteriori interventi. Beppe Pavan e'
impegnato nell'esperienza del "Gruppo uomini" di Pinerolo ed in tante altre
esperienze di pace e di solidarieta']
A me la "provocazione" di Giancarla Codrignani, che approfitto per salutare
con un abbraccio affettuoso, aveva procurato qualche brivido.
Il primo era legato al desiderio di leggere finalmente qualche reazione da
parte degli uomini del pacifismo interpellati. Invece, se non mi sono perso
qualche numero, ho riscontrato grande silenzio. Forse non ricevono "La
nonviolenza e' in cammino". Mentre, come sempre, dalle donne intervenute ho
ricevuto stimoli, proposte, idee...
Il secondo brivido mi aveva messo subito in agitazione le mani, per il
desiderio di intervenire. Ma per dire cosa? Ho scelto di ascoltare,
aspettando soprattutto interventi da parte maschile.
Oggi ho scelto di intervenire, per mettere a fianco delle altre anche la
voce mia e, soprattutto, quella del Gruppo Uomini (GU) di Pinerolo, di cui
faccio parte, raccontandovi la genesi delle riflessioni che nel nostro
gruppo ci hanno a poco a poco guidati alla scoperta del legame indissolubile
che esiste tra la violenza di genere e quella della politica internazionale
attuale. Allo scopo allego le semplici cose che abbiamo scritto qualche mese
fa, insieme ad una breve presentazione del nostro gruppo.
Non per dirvi quanto siamo bravi, ma per testimoniarvi la nostra
consapevolezza che, senza il coraggio di metterci in gruppo per parlare di
noi, difficilmente l'impegno intellettuale, per quanto splendido e lodevole,
diventa cambiamento radicale di vita, personale e sociale.
Di questo il mondo ha bisogno: che gli uomini cambino radicalmente il loro
modo di stare al mondo. Ascoltando le donne del femminismo e del pensiero
della differenza; abbandonando con convinzione la presunzione della
superiorita' maschile; sottraendo con convinzione e coerenza il consenso
anche maschile alla cultura e alla prassi patriarcali, che dominano in ogni
ambito della nostra vita; prendendo la parola pubblicamente per testimoniare
questo cambiamento di rotta di un numero via via crescente di uomini.
Ci vuole coraggio, all'inizio; poi si scopre di essere sulla strada della
felicita', nelle relazioni personali, e della speranza fondata, in quelle
sociali e politiche. Tutto questo ci e' stato reso possibile dall'ascolto
delle donne e dallo stare in gruppo, che da dieci anni ci vede coinvolti.

5. RIFLESSIONE. "GRUPPO UOMINI" DI PINEROLO: NON NE POSSIAMO PIU' DELLA
VIOLENZA
[Ringraziamo Beppe Pavan per averci inviato questo documento dell'ottobre
2002]
Le cronache quotidiane dei mass media ne sono piene, anche se ci offrono
solo i casi piu' eclatanti. Ma non ne possiamo piu' che cosi' tanti uomini
continuino a violentare, stuprare, uccidere donne, bambine e bambini e altri
uomini.
Questi uomini, che alimentano i conflitti interpersonali e la guerra tra i
sessi con la presunzione e l'incapacita' al dialogo, pianificando poi e
realizzando anche stragi familiari come unica soluzione possibile,
interpretano, a nostro avviso, la stessa logica che muove i gerarchi del
mondo a creare, prima, le situazioni di conflitto e ad affrontarle, poi, con
la violenza della loro prepotenza.
E' cosi' evidente la pretestuosita' delle loro motivazioni che, a volte, lo
scoraggiamento, l'impotenza, il dolore, ci sopraffanno e ci ammutoliscono.
Eppure come loro continuano imperterriti a perseguire strategie di morte,
cosi' noi dobbiamo resistere, sottrarre il nostro consenso e far crescere il
dissenso verso queste modalita' di vivere le relazioni politiche all'interno
dei singoli Stati e a livello internazionale.
E' la strategia propria della cultura patriarcale, che da alcuni millenni si
impone con la paura e il dominio, con il dolore e la minaccia del dolore.
Guerra significa fare strazio di corpi, spezzare con violenza vite e
relazioni d'amore, negare futuro ai desideri e ai progetti di pace, di
serenita', di semplicita', di tenerezza.
La violenza e' un modello culturale che corrompe le coscienze e le
intelligenze di chi a poco a poco viene indotto/a a credere che la guerra e
la sua preparazione siano davvero parte della nostra normale quotidianita',
come l'aprire gli occhi al mattino e l'amore dei nostri familiari.
Purtroppo sembra diminuire il rifiuto della guerra perche' viene agita
lontano da noi e dalla nostra civilta' "superiore". Micidiale ci sembra la
corresponsabilita' di chi fomenta simili complessi individuali e collettivi
e di chi ne parla senza indignarsi, dedicandole minor riflessione e meno
parole che ad una partita di calcio.
Finche' ci saranno gli Stati, noi siamo per il rispetto scrupoloso della
proprieta' dei singoli Paesi sulle proprie risorse e materie prime,
regolandone l'amministrazione e l'uso a vantaggio dell'intera comunita'
umana, attraverso strumenti commerciali coerentemente equi e solidali.
In questa prospettiva rifiutiamo radicalmente non solo la guerra come
modalita' di gestione dei conflitti, ma anche ogni sua teorizzazione ed
aberrazione, come la "guerra preventiva". Di preventivo non ci puo' essere
che l'impegno coerente e quotidiano a rimuovere le cause dei conflitti:
prima fra tutte l'ingordigia e la prepotenza dei forti verso i deboli. Solo
adeguando a criteri di sobrieta' e di rispetto universale, nei Paesi ricchi,
le nostre individuali e collettive modalita' di vivere, produrre e
consumare, potremo contribuire concretamente a riequilibrare la fruibilita'
dei diritti fondamentali per ogni uomo e ogni donna.
Non ne possiamo piu'. Ma continueremo a resistere alla corruzione operata
dalla cultura della violenza e della guerra, non solo togliendole il
consenso, ma soprattutto impegnandoci a vivere le nostre relazioni con
amore, rispetto e accoglienza verso ogni differenza, in modo che questi
criteri guidino, a poco a poco, anche la formazione degli uomini e delle
donne che si dedicano alla politica e alle relazioni internazionali.

6. ESPERIENZE: Il "GRUPPO UOMINI" DI PINEROLO SI PRESENTA
[Ringraziamo Beppe Pavan per averci inviato anche questa scheda]
Il Gruppo Uomini (GU) di Pinerolo (To) e' nato nel mese di maggio del 1993,
soprattutto per rispondere "eccoci" alle sollecitazioni del femminismo, che
le nostre donne da decenni ci rappresentano quotidianamente.
E' nato all'interno della Comunita' cristiana di base di Pinerolo,
dall'incontro di tre filoni di motivazioni: interrompere il silenzio di
fronte al maschilismo imperante nella chiesa; riscoprire, con Gesu', un
modello di relazioni con le donne fatto di reciprocita' e di accoglienza;
avviare un cammino, individuale e collettivo, di autocoscienza e di
cambiamento, da parte maschile, del nostro modo di stare al mondo.
Non e' possibile far uscire il mondo dal dominio necrofilo del patriarcato,
se non scegliamo, anche noi uomini, di sottrargli il consenso. Patriarcato
significa dominio del genere maschile non solo sulle donne e su bambini e
bambine, ma anche sul resto del creato: animali, ambiente, risorse,
paesaggio. Patriarcato significa centralita' del maschile e dell'ordine
simbolico del padre, alla cui legge tutto il resto si deve conformare e
adeguare, con le buone o con le cattive.
Com'e' collettiva questa responsabilita' del genere maschile, collettivo e
visibile dev'essere il cammino degli uomini per prenderne le distanze.
Decisivo, a questo scopo, si rivela il gruppo, come spazio di confronto e di
autocoscienza, di sostegno reciproco e di graduale consapevolizzazione.
Un gruppo "separato", di soli maschi? Si', perche' e' l'unico luogo in cui,
riconoscendoci simili, ci autorizziamo a rivelarci, a poco a poco, a parlare
di noi "veramente", a portare alla luce quella profonda intimita' che si va
disvelando a noi stessi a mano a mano che si radica il nostro affidamento
reciproco. Tutto il resto della vita e' fatto di luoghi "misti" o di
solitudine individuale: il gruppo ci insegna a stare tra uomini, illuminati
dalla saggezza del pensiero femminista, e ci aiuta a crescere in
consapevolezza e responsabilita'.
Nel gruppo impariamo:
- a partire da noi, abbandonando il linguaggio apodittico e
neutro-universale proprio della cultura patriarcale;
- a non giudicare chi parla, ma ad ascoltare con rispetto, lasciandoci
arricchire dalla diversita' e dalla riflessione;
- ad accogliere e rispettare ogni differenza, nella convinzione che la
nostra parzialita' debba stare accanto, non sopra, ad ogni altra
parzialita': individuale, di genere e di generazione, di orientamento
sessuale e politico, di religione, ecc.
Dopo due anni gli incontri mensili sono diventati quindicinali, perche'
abbiamo preso gusto a raccontarci le nostre vite, le nostre emozioni, le
paure, gli errori.
Nel dicembre del '96 esce il primo numero di "Uomini in cammino", foglio
mensile ciclostilato in proprio, per dare visibilita' al cammino di altri
uomini, che incontriamo su libri, giornali, riviste o nelle piu' diverse
occasioni, prime fra tutte le riunioni organizzate da donne, che continuano
a pungolarci, ad invitarci, a sostenerci. Spesso sono proprio parole e
riflessioni di donne che trovano spazio sul foglio: quando parlano delle
loro difficolta' e dei loro desideri nelle relazioni con gli uomini.
Dal '99 abbiamo cominciato ad organizzare incontri "nazionali" tra uomini e
gruppi di uomini. Adesso ci sentiamo in buona compagnia, reciprocamente, e
registriamo con piacere il lento, ma costante, aumento del numero di uomini
che si mettono in cammino e in rete. Perche' davvero soltanto una convinta
fuoriuscita collettiva degli uomini dalla cultura e dalla prassi del
patriarcato permettera' di realizzare il sogno delle donne, e adesso anche
nostro, di "rimettere al mondo il mondo", di ri-generarlo. Solo cosi'
crediamo che un altro mondo sia davvero possibile.
Per contatti e per ricevere "Uomini in cammino": Beppe Pavan, Corso Torino
117, 10064 Pinerolo (To); e.mail: carlaebeppe at libero.it. Materiali e
documenti si trovano sul sito: web.tiscalinet.it/uominincammino, insieme
alla mappa dei Gruppi Uomini presenti in Italia, di cui siamo a conoscenza.

7. INIZIATIVE. MARIAGRAZIA BONOLLO: PACE DA TUTTI I BALCONI
[Da Mariagrazia Bonollo (per contatti: tel. 0445344264-3482202662, e-mail:
salbega at tiscalinet.it) riceviamo e diffondiamo. Mariagrazia Bonollo e'
impegnata nell'esperienza dei "Beati i costruttori di pace" e nella compagna
"Pace da tutti i balconi"]
Gli italiani sono contrari alla guerra: quasi duecentomila bandiere di pace
sventolano dai balconi di tutta Italia.
Oramai non c'e' via, piazza o strada in Italia che non esponga almeno una
bandiera della pace. E' la conferma che la maggioranza degli italiani non
vuole la guerra all'Iraq.
E' l'iniziativa "Pace da tutti i balconi", partita in sordina a meta'
ottobre e che sta crescendo di giorno in giorno in modo esponenziale,
inondando finestre e balconi d'Italia di colorate bandiere arcobaleno con la
scritta "Pace", per esprimere con un gesto preciso il proprio no alla guerra
ed il proprio Ssi' alla pace e alla via del dialogo.
Un gesto semplice ma molto esplicito, che prevede di appendere alla finestra
o a un balcone, o comunque in un luogo ben visibile, la bandiera della pace
e di tenerla esposta finche' non sara' scongiurato un attacco contro l'Iraq
e l'intervento dell'Italia in guerra, in qualsiasi forma essi avvengano.
*
Quante. Dall'inizio della campagna la rete di associazioni che ha promosso
la campagna ne ha gia' distribuite quasi 200 mila, in tutta la penisola,
dalla Sicilia al Trentino, con picchi in Veneto, Emilia Romagna, Lombardia.
In questi ultime settimane sono state distribuite dalle 25 alle 30 mila
bandiere alla settimana.
*
Adesioni. All'iniziativa hanno aderito molte associazioni (Associazione
Botteghe del Mondo, Associazione Obiettori Nonviolenti, Attac, Azione
Cattolica, Banca Etica, Beati i Costruttori di Pace, Cem Mondialita', Chiama
l'Africa, Comunita' Papa Giovanni XXIII, Comunita' Telematica Manipulite.it,
Coordinamento Comasco per la Pace, Emergency, Focsiv, Gi.Fra. Minori,
Libera, Manitese, Medici Senza Frontiere, Missione Oggi, Movimento
Nonviolento, Nigrizia, Pax Christi, Peacelink, Rete di Lilliput, Rete Radie'
Resch, Sermig, Tavola della Pace, Arci) e la bandiera e' appesa, oltre che
al balcone di tante famiglie, anche nelle sedi di enti locali, coinvolgendo
trasversalmente sia giunte di centro-destra (come il Comune di Taranto e la
Regione Puglia) che di centro-sinistra (come il Comune di Venezia), nonche'
in scuole e luoghi di lavoro, conventi e persino all'esterno di qualche
Curia Vescovile, come quelle di Trento e Vittorio Veneto.
Fra le particolarita' da segnalare, quella del paese di Pezzoli (Rovigo) nel
quale tutte le abitazioni, grazie all'intraprendenza del parroco, espongono
la bandiera arcobaleno.
Nonostante la crescita esponenziale delle persone che vogliono affermare
attraverso la bandiera la loro contrarieta' all'entrata in guerra del nostro
paese sia dovuta soprattutto alle persone semplici, alla gente comune, non
sono pochi i "vip" che hanno esposto la bandiera fuori dalla loro casa, a
partire da Jovanotti.
*
Una iniziativa "dal basso". Si tratta di un'iniziativa semplice, di un gesto
che proprio per questa sua caratteristica e' stato fatto proprio da
moltissime famiglie italiane. Una campagna che si e' sviluppata dal basso,
fatta di tanta gente comune, di passaparola e di un grande utilizzo di
internet attraverso il sito www.bandieredipace.org (piu' di 4.000 accessi
giornalieri; vi si trova tutto per una diffusione capillare sul territorio:
volantini, documenti, elenco dei punti di distribuzione - come le botteghe
del commercio equo e solidale, gruppi di solidarieta', gruppi sindacali
locali, ecc. - e anche un sostegno di tipo legale nel caso di condomini
contrari all'affissione). Spesso l'invito ad esporre la bandiera e'
diventato fra colleghi, amici, vicini di casa, un'occasione per avviare un
dibattito su quanto sta accadendo a livello internazionale.
*
Come e' nata la proposta. L'idea di manifestare il no alla guerra in Iraq
con la bandiera della pace  esposta dalle abitazioni  nasce la sera del 15
settembre 2002, a conclusione del Giubileo degli oppressi a Bologna: un
gruppo di persone appartenenti a diverse associazioni insieme ad Alex
Zanotelli pensa un'iniziativa che possa attivare tutti i cittadini italiani
e che consiste appunto nell'appendere ai balconi di casa la bandiera della
pace per dichiarare il proprio no alla guerra. La richiesta di adesioni
viene inoltrata alle associazioni legate alla Rete di Lilliput e trova
un'immediata ed entusiasta risposta. Successivamente, l'iniziativa si e'
affiancata alla campagna "Fuori l'Italia dalla guerra" promossa tra gli
altri da Emergency, Libera, Rete di Lilliput e Tavola della Pace. Da meta'
ottobre e' attivo il sito Internet.
*
Il simbolo. La bandiera della pace e' stata importata alcuni decenni fa in
Italia da Aldo Capitini - il fondatore del Movimento Nonviolento, nonche'
ideatore della prima Perugia-Assisi - che l'aveva vista utilizzata dai
pacifisti inglesi.
Nel racconto del diluvio universale Dio pone l'arcobaleno come sigillo della
sua alleanza con gli uomini e con la natura, promettendo che non ci sara'
mai piu' un altro diluvio universale. L'arcobaleno e' diventato cosi' il
simbolo della pace tra terra e cielo e, per estensione, tra tutti gli
uomini. I colori dell'arcobaleno sono anche utilizzati come segno della
"convivialita' delle differenze" per la loro caratteristica fisica di
restituire la luce bianca se fatti roteare velocemente.
E' stata usata diffusamente a partire dagli anni '80 nelle marce per la pace
e in tutte le manifestazioni italiane, nonche' nelle iniziative di pace di
volontari italiani all'estero (a Sarajevo, in Iraq, in Kosovo, nella
Repubblica Democratica del Congo).

8. INIZIATIVE. GIULIO VITTORANGELI: PER L'ARGENTINA
[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: giulio.vittorangeli at tin.it)
per questo intervento. Giulio Vittorangeli e' uno dei principali
collaboratori di questo foglio, e una delle figure piu' autorevoli della
solidarieta' internazionale]
C'e' una vitalita' nuova, una febbre inattesa nelle vene ancora aperte
dell'America Latina, rappresentata dal rifiuto da parte delle popolazioni
delle politiche economiche neloberiste.
Veri contestatori dell'ordine neoliberista i settori impoveriti della
popolazione, che - per esempio - in Venezuela sostengono il presidente Hugo
Chavez contro i tentativi di rovesciamento portati avanti, con la
benevolenza degli Stati Uniti, dall'oligarchia conservatrice. In Bolivia e'
stata la forza dei movimenti indigeni e dei contadini a portate Evo Morales
(leader indigeno) e la sua piattaforma politica antiliberista a sfiorare la
presidenza della repubblica, nonostante - anche qui - l'intervento
dell'ambasciatore degli Usa. In Ecuador, il 24 novembre 2002, e' stato
eletto, sostenuto dai movimenti indigeni e contadini, il "candidato dei
poveri" Lucio Gutierrez, ex colonnello di umili origini. E che dire
dell'elezione di Ignacio "Lula" da Silva, leader del Partito dos
trabalhadores, in Brasile?
Tutti segnali politici che indicano con chiarezza che per i fautori della
globalizzazione neoliberista, in America latina la festa sembra ormai
finita; che questi popoli possono ancora scegliere il loro futuro, e che a
fronte del progetto neoliberista un altro modello economico, piu' umano e
piu' solidale, e' possibile.
Le cose tuttavia sono tutt'altro che semplici, ad iniziare dall'Argentina
sprofondata nella piu' grave crisi economica della sua storia. Il suo popolo
sta soffrendo gli effetti rovinosi di una crisi senza precedenti, dove ogni
giorno un modello d'esclusione sociale spinge un numero sempre maggiore di
persone nella miseria e nell'ignoranza. In un contesto di distruzione
dell'apparato produttivo, smantellamento della sanita' pubblica e privata,
collasso del sistema educativo e abbandono degli anziani, si alza la voce di
coloro che resistono e cercano soluzioni ai loro problemi collettivi
utilizzando come strumento fondamentale l'organizzazione autonoma e l'aiuto
reciproco. Ci riferiamo specificamente a quanti  costruiscono, all'interno
dei settori che soffrono con maggiore intensita' questa crisi, progetti
mirati a ridare dignita' ai piu' deboli: bambini, disoccupati, anziani,
famiglie e madri indigenti.
E' per la gravita' di questo stato di cose, ma anche per la determinazione a
partecipare prontamente con tutte le energie, che un gruppo di europei ed
argentini, da tempo impegnati in iniziative solidali, si e' riunito dando
vita ad una nuova organizzazione: "Asear" (Asociacion Solidaria
Euroargentina), con il proposito di mettere insieme risorse e sommare
impegni per sostenere coloro che, in Argentina, cercano di modificare una
realta' rovinosa. Operatori sociali che attraverso cooperative, mutuo
soccorso, mense sociali, micro-imprese, comitati di quartiere, scuole,
universita', organizzazioni sindacali, centri d'alfabetizzazione e qualunque
altro mezzo serva a creare spazi d'autonomia, lavorano nella  consapevolezza
che insieme, in modo organizzato, partecipando, aiutandosi ed imparando
dall'esperienza, possono cambiare la propria situazione attuale e
conquistare un futuro migliore con tutti e per tutti.
Quelli che hanno potuto viaggiare o semplicemente informarsi, si sono resi
conto delle molteplici difficolta' che trovano le persone che vogliono
raggiungere  questi obiettivi. In particolar modo la mancanza totale di
risorse economiche, che non permette la nascita di progetti d'enorme valore.
Conseguentemente, l'Associazione si propone di raccogliere fondi attraverso
un modesto contributo annuale di coloro che vi partecipano, da destinare
alle attivita' summenzionate e con lo spirito di promuovere una piu' estesa
rete solidale tra i popoli europei verso i fratelli argentini, per un mondo
diverso e piu' giusto.
Altro scopo dell'Associazione e' costituire uno strumento che faciliti agli
europei motivati la possibilita' di visitare  e conoscere personalmente i
loro interlocutori in Argentina, reperendo i contatti e l'assistenza
necessaria. Tutte le attivita' in Europa sono basate sul lavoro volontario e
gratuito. Praticamente tutti i finanziamenti raccolti sono inviati in
Argentina (ad eccezione della copertura minima dei costi affrontati per il
funzionamento dell'Associazione).
Attraverso il sito www.asear.org vengono informati i soci, aggiornati
periodicamente elenchi e notizie, pubblicati i progetti, le circolari
informative, ecc. Costi, contributi, entrate e uscite, sono pubblici e
disponibili per tutti gli associati sul sito. I progetti finanziati sono
quelli che giungono dalle organizzazioni di vario tipo sopra menzionate, ma
oltre la rilevanza in se' del progetto, e' qualificante il fatto che i
destinatari finali dell'aiuto partecipino alla soluzione dei propri
problemi, o creino organizzazioni stabili che permettano il loro
proseguimento in modo autonomo, generando una coscienza di protagonismo tra
i beneficiari.
Per maggiore informazioni: Asear - Asociacion Solidaria Euro Argentina, via
di Torre Perla 37, 00055 Ladispoli (RM), tel. e fax: 069949754, e-mail:
info at asear.org, sito: www.asear.org

9. MEMORIA. GIOVANNA BOURSIER: UN COLPEVOLE SILENZIO SULLO STERMINIO NAZISTA
DEI ROM
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 28 gennaio 2003. Giovanna Boursier e' una
studiosa che ha dedicato particolare attenzione ed importanti ricerche allo
sterminio nazista dei rom]
La prima eliminazione di massa dei rom ad Auschwitz ebbe luogo il 23 marzo
1943. Ne furono gasati 1700. Un altro massacro e' datato 25 maggio. Le
vittime furono 1035. Un anno dopo i prigionieri dello Zigeunerlager, armati
di spranghe, pietre e coltelli riuscirono a bloccare un tentativo di
liquidazione del campo. Che avvenne, pero', la notte del 2 agosto 1944,
quando i sopravvissuti furono trascinati nelle camere a gas. In quel buio ne
furono uccisi piu' di 3.000. E sono almeno 20.000 i rom morti solo ad
Auschwitz, mentre centinaia di migliaia (le cifre piu' accreditate dicono
500.000) furono in totale quelli uccisi dai nazisti. Erano uomini, donne e
bambini braccati, imprigionati, sterilizzati, seviziati come cavie e
assassinati nei lager. Ma ancora oggi la memoria non riguarda rom e sinti.
O, meglio, li riguarda molto poco, in appuntamenti che, almeno, sappiamo non
rituali.
Tra le centinaia di iniziative per la "giornata della memoria", infatti,
quelle dove si ricorda anche il loro sterminio si contano sulle dita di una
mano. Una a Verona, promossa dal circolo Cesar K, dove ieri e' stato
presentato il libro di Luca Bravi, Altre tracce sul sentiero di Auschwitz.
Una a Cesena, organizzata dall'Istituto della Resistenza: un incontro
pubblico e tenuto, tra gli altri, da Santino Spinelli, l'unico docente
universitario rom in Italia. Un'altra a Prato, venerdi' prossimo, con la
partecipazione di Luca Bravi, Giovanni Corsini e Leonardo Piasere. E una a
Torino dove nel corso della rassegna organizzata dal Goethe-Institut, e'
stato proiettato anche il documentario di Maurizio Orlandi, Romani Rat - La
notte dei rom. Passaggi anche a "Farenheit" su Radio Tre e a Radio Onda
d'Urto nonche' un concerto - a Roma - dell'"Alexian Group". Significativa
infine la parentesi dedicata da "Terra", il settimanale del Tg5, alla
persecuzione nazifascista dei rom e dei sinti. In particolare con
l'intervista a Thulo Reinhart, sinto, deportato dai fascisti alle isole
Tremiti.
Infatti se poco si sa sulla deportazione e lo sterminio nazista dei rom,
meno ancora si sa su cio' che hanno fatto i fascisti italiani. Che, ben
prima dell'occupazione, costruirono campi - tra il 1940 e il 1943 ne
esistevano circa 50 - dove rinchiusero anche gli zingari. L'11 settembre
1940 ne decretarono l'internamento, con una circolare firmata da Bocchini e
indirizzata a tutte le prefetture italiane che non mancarono di eseguire
sollecitamente gli ordini. I documenti - per anni abbandonati negli scaffali
dell'Archivio centrale dello Stato - ci restituiscono vicende di prigionia
dolorose, lettere di rom che chiedono pieta' e persino la realta' di un
campo riservato solo a loro, quello di Agnone, vicino a Isernia.
Tutto questo dovrebbe farci riflettere sulle complicita' italiane nella
politica di sterminio nazista. E ammonirci: prima di "ricordare" bisogna
conoscere. Perche' la memoria non va offesa. E il silenzio, inclemente,
sulla persecuzione nazifascista dei rom ha quasi annullato una storia di
deportazione e morte con un valore di testimonianza e riflessione critica
anche sul presente.

10. MEMORIA. GIANNI ROSSI BARILLI: LA PERSECUZIONE NAZISTA DEGLI OMOSESSUALI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 28 gennaio 2003. Gianni Rossi Barilli,
nato a Milano nel 1963, e' impegnato nel movimento omosessuale, e'
giornalista e saggista. Tra le sue opere: Il movimento gay in Italia,
Feltrinelli, Milano 1999]
L'Arcigay di Trieste, nei giorni scorsi, ha organizzato una piccola
cerimonia alla Risiera di San Sabba per commemorare le vittime omosessuali
del nazismo. Era la prima volta che succedeva dal 1945 ed e' stata fatta
un'iniziativa "a parte" rispetto alle celebrazioni ufficiali che ricordano
tutte le altre vittime dello sterminio, alle quali Arcigay ha annunciato che
dall'anno prossimo chiedera' di essere ammessa.
Come mai non era accaduto prima? La verita' e' che il ricordo di questa
specifica persecuzione e' molto piu' recente di quel che non dovrebbe stando
alle date storiche, ed e' per giunta per lo piu' ricostruito a tavolino da
persone nate parecchi anni dopo la guerra.
Il motivo e' che la persecuzione non e' terminata nel 1945. Ci sono stati
deportati omosessuali tedeschi che sono passati dai lager del Terzo Reich
alle galere della repubblica federale senza soluzione di continuita', in
base a un articolo del codice penale (il famoso paragrafo 175) rimasto in
vigore nella Germania occidentale fino al 1969. L'omosessualita' negli anni
`50 non era meno riprovevole che nei `30, e fu cosi' che la ricostruzione
degli alleati vittoriosi avvenne dimenticando certe vittime che, "dopotutto,
se l'erano meritato".
Mentre si costruiva la memoria dell'Olocausto con i filmati della
liberazione dei campi e le testimonianze dei deportati, i prigionieri con il
triangolo rosa che tornavano a casa decisero di stare zitti perche' a tutti
gli effetti rimanevano dei "criminali". Continuarono a vergognarsi in
silenzio.
"Senza memoria non c'e' futuro", c'e' scritto in una dichiarazione firmata
da otto sopravvissuti omosessuali che uscirono allo scoperto per la prima
volta nel cinquantenario della loro liberazione (1995), ed e' appunto questo
cio' che e' stato negato ai gay e alle lesbiche per molti anni: il diritto a
esistere nel tempo, anziche' rimanere incatenati a uno stereotipo
"immutabile" creato dai loro persecutori.
Fino all'inizio degli anni '70 non c'e' stata una sola testimonianza
individuale riguardo all'esperienza omosessuale nei campi, e anche dopo di
allora ce ne sono state pochissime. Sommando i ricordi autobiografici
comparsi in romanzi e saggi e un pugno di interviste filmate si arriva a
poche decine, che hanno peraltro avuto una diffusione alquanto limitata. La
memoria dell'ingiustizia subita dagli omosessuali rimane dunque
letteralmente senza volto per la maggior parte delle persone. Sondaggi
realizzati negli Usa e in Gran Bretagna qualche anno fa rivelavano che tra i
due terzi e i tre quarti della popolazione non era neppure a conoscenza del
fatto che i nazisti avessero perseguitato i gay. E poi, una cosa e' saperlo
in teoria, un'altra e' vedere un vecchietto con gli occhi lucidi (come nel
bellissimo documentario Paragraph 175, realizzato tre anni fa da Jeffrey
Friedman e Rob Epstein) che ti dice "questo e' successo a me" e ogni tanto
resta muto davanti alla macchina da presa per qualche lunghissimo secondo
per il dolore di ricordare.
Integrare questi pezzi di memoria in quella collettiva e' un lavoro in gran
parte ancora da fare, ma il fatto che negli ultimi anni le iniziative in
questo senso si siano moltiplicate in molti paesi fa ben sperare. Anche in
Italia, dove le persecuzioni furono meno cruente ma la memoria altrettanto
difettosa che altrove, qualcosa si muove, come dimostrano diverse iniziative
organizzate in questi giorni, oltre che a Trieste, a Bari e in altre citta'.

11. INCONTRI. IL 30 GENNAIO UNA COMMEMORAZIONE DI GANDHI A NARNI
Per iniziativa dell'Istituto di istruzione superiore scientifica, magistrale
e per geometri "Gandhi" di Narni (Tr), si svolgera' oggi con inizio alle ore
16 a Narni un convegno sul tema "La specificita' del messaggio di Gandhi e
l'attualita' della nonviolenza".

12. INCONTRI. IL 31 GENNAIO UN INCONTRO CON ACHILLE OCCHETTO E ALI RASHID A
CELLENO
Si svolgera' nel pomeriggio di venerdi 31 gennaio a Celleno (Vt), presso il
Centro comunitario, un incontro con Achille Occhetto ed Ali Rashid. Achille
Occhetto, senatore, gia' segretario del Pci e del Pds, e' una delle figure
piu' autorevoli della sinistra e della vita democratica italiana. Ali
Rashid, primo segretario della delegazione palestinese in Italia, fine
intellettuale di profonda cultura, conoscitore minuzioso degli aspetti
storici, politici, economici e culturali della situazione nell'area
mediorientale, esperto di questioni internazionali, ed anche acuto
osservatore della vita italiana; e' figura di grande autorevolezza per
rigore intellettuale e morale, ed e' una delle piu' qualificate voci della
grande tradizione culturale laica palestinese; suoi scritti appaiono sovente
nel nostro paese sui principali quotidiani democratici e sulle maggiori
riviste di cultura e politica.

13. LUTTI. LA SCOMPARSA DI ONDINA PETEANI E DI GIANBATTISTA LAZAGNA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 28 gennaio 2003]
Gennaio se li e' portati via, a pochi giorni di distanza. Ondina Peteani e
Gianbattista Lazagna, partigiani.
*
Ondina Peteani era stata la prima staffetta pertigiana d'Italia, a
diciott'anni. Nata a Trieste 77 anni fa, arrestata due volte nel '44 dai
nazifascisti, fu deportata ad Auschwitz (marchiata col numero 81672).
Riusci' a fuggire dalla prigionia durante una marcia di trasferimento
nell'aprile del '45. Il lager le aveva irrimediabilmente segnato la salute,
ma cio' non le impedi' un'intensa attivita' politica nel dopoguerra, dal
circolo triestino degli Editori Riuniti al Circolo Ho Chi Min, fino alla
segreteria dello Spi-Cgil. Ondina era anche un'abbonata storica del
"Manifesto".
*
Gianbattista Lazagna e' stato una delle figure piu' importanti della
Resistenza. Nato a Genova nel 1923, ci ha lasciato venerdi' scorso. I suoi
primi contatti con il Pci clandestino risalgono all'estate del '42. Dopo l'8
settembre '43 costitui' la cellula universitaria del partito e nell'aprile
del '44 sali' in montagna entrando a far parte della Brigata Garibaldi
insediata a Cichero. Qualche mese dopo fu ferito gravemente durante un
attacco a una colonna tedesca. Divenuto vicecomandante della Divisione
Garibaldi Pinan-Cichero partecipo' a numerose azioni di guerra e a lui si
arrese il 25 aprile del '45 la guarnigione tedesca di Tortona. Medaglia
d'argento al valor militare, nel dopoguerra ricopri' vari incarichi nel Pci
ligure e fu consigliere provinciale di Genova e comunale di Novi Ligure. Nel
'74 venne arrestato con la falsa accusa di appartenenza alle Br, accusa che
si smonto' in breve tempo. Oltre all'attivita' nell'Anpi, Lazagna scrisse
numerosi libri sull'esperienza partigiana, da Ponte Rotto (1946) a Il caso
del partigiano Pincher (scritto in carcere nel 1975). Era anche un amico del
"Manifesto".

14. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

15. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it;
angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it

Numero 492 del 30 gennaio 2003