missione a Baghdad: presentazione in conferenza stampa



IL CIELO SOPRA BAGHDAD
CONCERTO PER LA PACE
poeti, musicisti, cantanti
iracheni e italiani, contro la guerra

Conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa si terrà mercoledì 9 ottobre alle ore 19, presso i locali di Abusuan a Bari (città vecchia). Si invitano i rappresentanti della stampa della Puglia, le associazioni, i pacifisti, gli intellettuali a essere presenti


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APPELLO PER LA PACE

Pensiamo ai bambini. Pensiamo ai ragazzi iracheni. Pensiamo a quanti di loro moriranno sotto i bombardamenti. Pensiamo a quanti di loro lasceranno incolpevole le impronte delle mani sui muri dei rifugi, sciolti dal calore ribollente dei missili “intelligenti”. Pensiamo a quanti di loro sopravviverà e andrà a finire in uno ospedale, ammalato di leucemia per le radiazioni di una bomba all’uranio impoverito. Pensiamo a quante mamme per le stesse ragioni partoriranno piccoli mostri. Occhi come bolle di sapone. Bocche squarciate e deformi. Corpi con un fegato al posto di una faccia,  o il polmone al posto di una fronte. Madri, bambini, ragazzi condannati a vedere il cielo dal foro di un alba al tramonto. Condannati a vivere in maniera mostruosa, senza pace, nel dolore, affinché da questa parte del mondo mio figlio, tuo figlio, i nostri figli possano crescere curati, alimentati, coccolati. Belli. Belli quanto i loro coetanei sono dannati a nascere mostri. Sani quanti i loro coetanei sono abbandonati in un letto di ospedale a Baghdad senza medicinali: crimine di un embargo che dura da dodici anni.
Si chiede, allora, com’è possibile che noi: padri, madri, cittadini, intellettuali, italiani, europei, occidentali, possiamo accettare tutto questo? Come possiamo sopportare che i nostri figli vivano al posto di quelli dell’altra parte? Com’è possibile accettare che i nostri figli si sentano al sicuro dietro arsenali di bombe, missili atomici, uccisioni dei loro coetanei? Come possiamo sopportare che i nostri privilegi siano garantiti da un’ideologia da “imperium” che persegue come suo fine la conquista di altre terre, lo sfruttamento di risorse che non ci appartengono, causando la schiavitù degli altri popoli?
Come possiamo noi accettare che si produca un MURO DI SOFFERENZA irrimediabile fra il Sud e il Nord del mondo? Che specie di uomini siamo? Che razza di mondo stiamo immaginando? Come pensiamo possa reggere tutto questo? Perché ci facciamo convincere da un pugno di potenti che il mondo deve andare in questa direzione? Che deve essere così. Che non dobbiamo sentire più i lamenti di chi a due passi da noi, si duole; ci chiama; invoca un po’ di giustizia.
Perché non dobbiamo più ascoltare? Guardare gli occhi dolci e pieni di rancore che ci parlano davanti a un obbiettivo di macchina fotografica, mentre invidiano noi che stiamo da questa parte? Ma  che parte è la nostra? Come si può pensare che si regga sulla sofferenza degli altri? Come possiamo permettere che ciò avvenga? Perché diamo via libera agli uomini di potere che con i loro strumenti di morte stanno mettendo in atto una incommensurabile tortura collettiva.
Usano le nostre coscienze per portare a termine i loro affari. Usano i  nostri figli per dare braccia e gambe alle loro strategie. Tolgono umanità e senso morale ai nostri giovani per inculcare un falso concetto di patria. Chiedono il nostro consenso di cittadini per mandare i nostri soldati in guerre contrarie alla nostra Costituzione e alla fine dire che lo fanno per noi e a nome nostro. Affinché, dicono, sia salva la civiltà occidentale. Affinché i nostri figli possano vivere liberi. Affinché possiamo condurre i nostri commerci. Quando invece stanno infangando il senso più vero della nostra identità e cultura. Quando guastano le coscienze morali degli italiani portandoli verso la guerra e la violenza. Quando il conflitto e i grandi poteri multinazionali si apprestano a controllare ogni via di commercio e ogni  risorse fra una sponda e l’altra del Mediterraneo, fra l’Asia e l’Occidente, affamando e impoverendo le economie mediterranee, meridionali ed europee.
Sicché è il potere di una ristretta oligarchia internazionale che vogliono imporre al Nord come al Sud. Schiacciando tutto e tutti. Annullando i diritti universali conquistati dal progresso e dall’umanità nel tempo. Limitare la democrazia. Modificare con i loro mezzi di comunicazione (giornali, radio, televisioni, case editrici, case di produzione cinematografiche, case discografiche etc.) le nostre coscienze. Svuotarle. Condurle al collasso. Convincerle che il mondo DEV’ESSERE COSI’. Così e basta. Così in maniera definitiva.
E tanto più prepotente, inaudito, violento si fa questo messaggio, tanto più gli individui, appaiono incapaci di opporsi, dire No! Riaprire le possibili vie del mondo. Riaffondare le mani nella terra. Tornare a guardare il cielo. Sapere che la pace è stata nel tempo l’unica via di salvezza per il mondo. Il solo modo per riparare i suoi guasti. Far crescere i nostri figli. Tutelare la democrazia. Consegnare il futuro nelle mani di chi verrà dopo di noi.
Per questo vogliamo che gli intellettuali, i cantanti, gli uomini di spettacolo, i musicisti, i cittadini, in Italia si schierino. Dicano NO! No alla guerra contro l’Iraq. No a tutte le guerre che le oligarchie di potere mondiale vogliano fare.
Pensare, Lavorare, Progettare, invece, affinché l’Occidente, torni a vivere in termini di pace. Che si occupi delle sofferenze e dei bisogni degli uomini del Terzo Mondo. Che la democrazia, la cultura, si diffondano in tutto il mondo. Che l’Occidente viva in base alle regole e alle conquiste di diritto che la comunità internazionale si è data. Che gli intellettuali, musicisti, poeti, artisti, italiani, israeliani, ed europei, bandiscano la follia di dottrine internazionali mostruose che si affacciano agli occhi del mondo. Comunichino, ora, subito, con i loro colleghi palestinesi, iracheni, afgani, algerini, dei paesi mediterranei, asiatici, del Medio Oriente, per riportare la pace, la cooperazione e l’interscambio fra il Mediterraneo e l’Europa, fra l’Oriente e l’Occidente.
Fermare cosi la guerra contro l’Iraq prima che sia troppo tardi.

24 settembre 2002 Alberobello-Pescara-Roma
 
        
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