RESISTENZA POPOLARE NON ARMATA



Gli Istituti di Resistenza hanno il dovere di rivendicare il movimento di Resistenza Popolare non Armata sollecitando la promozione di una legge per riconoscimento della verita' storica.

RESISTENZA POPOLARE NON ARMATA - LOTTA PARTIGIANA ARMATA

Scrive il Professor Giorgio Giannini (Segretario del Centro Studi Difesa Civile, in collaborazione con l'Istituto Romano per la Storia d'Italia dal Fascismo alla Resistenza - Docente di Discipline Giuridiche ed Economiche - impegnato attivamente, da oltre 20 anni, nel movimento pacifista non violento): "...La resistenza partigiana non fu solo armata. E nemmeno solo un supporto. Fu un'esperienza autonoma e preziosa di partecipazione e di solidarieta'.

Rivalutiamo la resistenza non armata.

Quando si parla di "resistenza" al nazifascismo si intende comunemente la lotta partigiana armata. Infatti e' considerato "partigiano combattente" (qualifica data da un'apposita commissione istituita con legge presso il Ministero della Difesa) solo chi ha partecipato ad operazioni armate. Partigiano e' quindi chi ha partecipato alla lotta armata, facendo parte di una "banda partigiana" Naturalmcnte, le attivita' non armate erano (e sono tuttora) considerate "attivita' complementari" alla lotta armata attuata dai "partigiani combattenti". Questa distinzione e' molto cara alla maggior parte dei dirigenti dell'ANPI e degli istituti storici sulla resistenza che non considerano "resistenza" le attivita' non armate praticate, a livello individuale o collettivo, al di fuori delle formazioni partigiane.

È quindi chiaro, in questo contesto, perche' tutte le azioni non armate di resistenza, anche se attuate a livello di massa o da larghi settori di popolazione siano state disconosciute a livello ufficiale o quanto meno sottovalutate nella ricerca storica: perche' non sono considerate vere e proprie operazioni di lotta partigiana. Nella migliore delle ipotesi queste forme di resistenza non armate sono state considerate, anche a livello ufficiale, "azioni complementari" alla lotta armata, cioe' delle forme di "supporto alla lotta partigiana armata e quindi non meritevoli di un proprio riconoscimento autonomo".

In verita', nella resistenza non armata, probabilmente sono state coinvolte molte piu' persone che non in quella armata. Basti pensare che nella sola citta' di Roma erano "nascosti" presso famiglie o istituti religiosi, molte migliaia di persone (ebrei, dissidenti politici, renitenti, ex prigionieri alleati...). Per non parlare poi dell'attivita' quotidiana di controinformazione (non solo la diffusione di stampa clandestina e di volantini, ma anche la resa di notizie false alle autorita' di occupazione) attuata spontaneamente dalla maggior parte dei cittadini.

Tutto questo dimostra chiaramente non solo che nella popolazione vi era molta "solidarieta' umana" verso i ricercati e i perseguitati, ma soprattutto che vi era una naturale predisposizione a partecipare, ciascuno secondo le proprie capacita' e possibilita', alla resistenza al nazifascismo.

Solo a partire dagli anni settanta c'e' stato un certo interesse prevalentemente da parte di alcuni ricercatori di orientamento cattolico, a rivalutare (ponendola nella giusta luce e considerazione) la resistenza non armata, in particolare quella relativa al coinvolgimento della Chiesa e degli enti religiosi cattolici, soprattutto a Roma, nella protezione dei perseguitati (ebrei e dissidenti politici) e dei ricercati (renitenti, ex prigionieri alleati).

In alcuni studi, non solo si e' dimostrato che la resistenza non armata e' stata praticata da un gran numero di persone, e quasi sempre spontaneamente, ma si e' anche cercato di capire perche' cosi' tante persone hanno praticato "esclusivamente" questa forma di resistenza, senza mai ricorrere all'uso delle armi...L'azione non violenta e' stata espressamente prescelta come tecnica di resistenza, e non soltanto dai religiosi, ai quali questa scelta era imposta dal Vangelo.

In alcune zone del Paese e in alcune citta', la resistenza e' stata esclusivamente, o prevalentemente, attuata in forma non armata e con metodi non violenti.

Ad esempio, a Roma la resistenza armata, che ha coinvolto alcuni settori della popolazione e delle Forze armate, c'e' stata all'inizio dell'occupazione nazista (dall'8 all'11 settembre 1943), con la famosa battaglia di Porta S.Paolo (e del quartiere Ostiense); in seguito, fino alla liberazione della citta' da parte delle truppe angloamericane (4 giugno 1944), la lotta armata e' stata praticata solo da piccole formazioni partigiane, operanti prevalentemente in alcuni quartieri popolari.

La resistenza della popolazione, invece, e' stata prevalentemente non armata e attuata spontaneamente in modo molto diffuso, piu' di quanto ufficialmente si conosca.

Certamente le attivita' di resistenza non armata praticate non erano complementari alla lotta armata ma espressione di un'autonoma forma di resistenza della popolazione, diffusa e spontanea.

Solo in parte, queste attivita' sono state, piu' o meno adeguatamente, documentate (vedi Comunita' di Tormancina - nota di P.Sabbetta) e in genere si riferiscono al coinvolgimento degli enti religiosi

cattolici nella protezione dei ricercati. Ci sarebbe quindi una vasta ricerca da fare, sia da parte degli Istituti storici della resistcnza (preposti appunto a tale studio) che da parte dei dipartimenti di storia contemporanea delle universita'.

Il tempo, purtroppo, stringe perche' le fonti di documentazione di queste attivita' di resistenza sono essenzialmente "orali"; costituite cioe' dalle testimonianze delle persone che materialmente hanno attuato queste forme di lotta. In pratica, gli episodi di resistenza non armata sono conosciuti solo da chi li ha vissuti personalmente (perche' li ha materialmente praticati o e' stato testimone) oppure ne ha avuto piu' o meno direttamente notizia.

Un impegno particolare deve essere profuso da quanti credono nella difesa popolare non violenta (dpn). Infatti, un mezzo utile per dimostrare la praticabilita' e l'efficacia della dpn e' sicuramente quello di dimostrare che la lotta non armata e non violenta e' stata concretamente attuata nel nostro Paese con risultati positivi...". (A dimostrazione di quanto sopra, se ci fosse stato un qualche gesto armato, il risultato sarrebbe stato una violenta ritorsione tedesca; mentre con la resistenza effettuata sono state salvate vite umane e beni mobili e immobili, senza danni alle persone e alle cose. P.Sabbetta)



Dal settembre del ‘43 al giugno '44, la Tenuta "T0R MANCINA" di proprieta' dell' Istituto Sperimentale Zootecnico di Roma, fu occupata dalle truppe militari tedesche, che vi insediarono permanentemente un ufficiale addetto al controllo e allo sfruttamento della sua attivita'. La Tenuta, della superfice di 1.200 ettari ,con una popolazione di centinaia di persone fra mano d'opera, tecnici e impiegati, pur sotto il costante vigile controllo dei tedeschi, divenne l'occulto rifugio e asilo di ufficiali e soldati del dissolto esercito italiano contravvenenti all'ordine di arruolamento nelle file delle truppe italo—tedesche dopo l'armistizio, nascondiglio di renitenti alla leva e di richiamati alle armi, di alleati alla macchia e di partigiani celati nei boschi della Tenuta. Ebbene, per nove mesi questa situazione esplosiva che investiva e coinvolgeva tutti i residenti della Azienda, rimase costante e invariata; sarebbe bastato una minima allusione, una parola sfuggita per caso,un atto o gesto irriflessivo, per far crollare tutto un castello di bugie, raggiri, inganni, artifici, falsificazioni, con le prevedibili spaventose conseguenze di una feroce ritorsione sull'intera collettivita': rappresaglie, rastrellamenenti, deportazioni, fucilazioni...

E' un quadro di eccezionale fratellanza e di consapevole coraggio, espresso da singoli e da intere famiglie, consci di mettere a repentaglio la loro vita per salvare quella dei loro simili. Un eroico comportamento che raggiunse il suo culmine quando le truppe tedesche, sotto l'incalzante avanzata degli eserciti alleati, decisero l'immediata precettazione di venti giovani dell'Azienda per trasferire al nord il bestiame rastrellato. Giovani, quindi destinati, inevitabilmente alla deportazione ed ai lager. Ebbene, anche in questa circostanza, a distanza di poche ore dall'ordine di adunata dei prescelti, invece dei venti uomini in carne ed ossa, vennero consegnati alla Commissione militare tedesca... numero 20 certificati medici di invalidita'!...Una vera e propria beffa che, non si sa per quale "miracolo", non provoco' la prevedibile immancabile sventagliata di mitra al ventre del malcapitato responsabile dell'ordine impartitogli, e della conseguente inevitabile feroce rappresaglia su tutta la comunita' del luogo.

L'idea dei certificati medici ha del surreale e del comico, quasi da atmosfera Kafkiana: Il gruppo di

papaveri burbanzosi, carichi di lustrini e croci uncinate, che avevano spadroneggiato per nove mesi, vengono turlupinati nel modo piu' oltraggioso ed imprevisto, poiche' al posto dei venti giovani

richiesti per l'accompagnamento del bestiame al nord, (che si ammalarono di colpo nel giro

di una notte!), rimangono allibiti ed esterrefatti nel vedersi presentare un piccolo uomo solo, senza

anima viva nel raggio di centinaia di metri, che sbandiera sotto il loro naso venti pezzi di carta... Tanto da rimanere disorientati e paralizzati per qualsiasi reazione... E, braccati dall'imminente avanzata delle truppe alleate, voltano i tacchi e fuggonono senza uomini e senza bestiame rastrellato.

La piu' paradossale e assurda beffa che si sia mai potuta infliggere al tracotante orgoglio nazista!!...





E' doveroso trarre dall'oblio e portare alla ribalta una vicenda che, insieme a tante altre, deve costituire un vanto per la Nazione, e non volutamente occultata come un disonore.



La vicenda della Comunita' di Tormancina, emblematica fra tante altre Comunita' similari, costituisce una pagina di storia che deve ottenere il doveroso giusto riconoscimento del Paese per le benemerenze acquisite da chi, senza nulla pretendere, ha rischiato la propria vita al di la' di ogni suo stretto dovere, a beneficio della patria. Se da oltre 60 anni la nostra Repubblica si e' coperta di vergogna nel dimenticare i suoi migliori figli, spetta alla vera Democrazia cancellare l'ignominia del soffocamento di comportamenti eroici.

Bisogna mettere in risalto le doti della nostra gente che affiorano nei momenti di crisi e di emergenza, quando le condizioni di pericolo la porta a stringersi e coalizzarsi per la salvezza del singolo e della comunita'.

E' opportuno, specialmente oggi, richiamare alla memoria un magnifico esempio di solidarieta' umana, verificatosi nell'ultima guerra, quando l'Italia dovette subire le violenze di una occupazione militare straniera. Sono fatti testimoniati da ampia documentazione.



In data 2 novembre 1995 il Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica risponde all'istanza, di P. Sabbetta indirizzata al Presidente Scalfaro, per il riconoscimento delle gesta di Resistenza Popolare non Armata della Comunita' di Tormancina: "...Il Presidente Scalfaro comprende i sentimenti che ispirano il desiderio di ottenere uno speciale riconoscimento per l'eroico comportamento di tante generose famiglie, che in quei momenti non esitarono a mettere in pericolo la propria sicurezza per salvare tanti innocenti da rappresaglia nazista. Purtroppo le attuali norme di legge non prevedono una simile distinzione ne' al Capo dello Stato sono attribuiti specifici poteri di iniziativa legislativa, che possano in qualche modo assecondare un'aspirazione di cosi' elevati contenuti morali...". (Il Presidente della Repubblica riconosce l'alto valore morale della Resistenza, mentre sorvola sulla sua facolta' di promulgare le leggi, emanare decreti aventi valore di legge e regolamenti come citato nell'ART. 87 della Costituzione Italiana - nota di P. Sabbetta).



In data 28 ottobre 1997 il Ministero della Difesa risponde all'istanza di P.Sabbetta per il riconoscimento delle gesta di Resistenza Popolare non Armata della Comunita' di Tormancina: "... istanza per la verita' singolare sia perche' non esistono precedenti in materia e sia perche' non sembra

che tale richiesta possa trovare gistificazione e fondamento in una qualche disposizione legislativa... questo ufficio, il quale peraltro, ritiene altamente meritorio l'operato della Comunita' Italiana di Tormancina durante l'occupazione nazista, non e' in grado di offrirle alcun contributo utile per la soluzione della questione". (Il movimento della Resistenza Popolare non Armata e' talmente sconosciuto e ignorato da considerare "singolare" l'istanza !! - nota di P.Sabbetta).



In data 26 Aprile 2002 e' stata inoltrata al Presidente della Repubblica Ciampi da P.Sabbetta una istanza, per il riconoscimento delle gesta di Resistenza Popolare non Armata della Comunita' di Tormancina, che e' rimasta senza risposta (e' stato un partigiano - nota di P.Sabbetta ).



In data 1 Settembre 1999 Sabbetta scrive al Prof. Giorgio Giannini : "... mi ha telefonato il Dr. Guidotti accenneando all'avvenuta approvazione da parte del Comune di Monterotondo del progetto di un cippo celebrativo sulla vicenda di resistenza della comunita' di Tormancina e del conferimento della cittadinanza onoraria ai protagonisti stessi..." (promesse non mantenute - nota di P.Sabbetta).



In data 4 Maggio 2000 Sabbetta scrive al Prof. Giorgio Giannini: "...Speravo che per la ricorrenza del 25 aprile qualcosa di concreto si fosse realizzato per un convegno sul riconoscimento della gesta di Resistenza Popolare non armata della Comunita' di Tormancina.

E' evidente che resistenze tenaci esistono contro tale obiettivo...non ci si puo' rassegnare al pensiero che compatrioti abbiano rischiato la vita e le sorti delle proprie famiglie senza che il paese dica loro un "grazie" destinandoli ad un ingrato completo oblio...".





In data 18 Maggio 2000 il Prof. Giannini scrive all'Assessore alla Cultura del comune di Monterotondo: "...ho proposto le seguenti iniziative per celebrare nel 2000 la resistenza al nazifascismo: l'organizzazione di un Concorso per gli studenti delle scuole del Comune, in collaborazione con il Distretto Scolastico. Al riguardo avevo anche proposto come tema del Concorso "la solidarieta' in guerra"; l'organizzazione di un Concorso sulla resistenza in occasione del 25 Aprile 2000 per ricordare soprattutto ai giovani la Resistenza nella zona di Monterotondo, in particolare quella "non armata" attuata dal personale dell'azienda agricola di Tor Mancina ...In occasione del Convegno si potevano premiare i vincitori del concorso suddetto; pubblicazione di un opuscolo informativo sugli episodi piu' significativi della Resistenza nella zona di Monterotondo, da distribuire soprattutto nelle scuole in modo da mantenere vivo il ricordo di quel periodo tra gli studenti. Queste mie proposte erano state valutate positivamente sia da lei che dal Sindaco, per cui

confidavo nella loro realizzazione; purtroppo, invece, ho saputo che non si e' fatto nulla. Questo mi

dispiace molto perche' credevo di trovare nell'attuale Amministrazione Comunale una adeguata attenzione verso il tema della "Resistenza"..." (ennesima conferma all'ostracismo della divulgazione, verso questa forma di opposizione- nota di P. Sabbetta).





In data 29 Maggio 2000 P. Sabbetta ha scritto al Sindaco di Monterotondo: "... Il sottoscritto, a suo tempo dirigente della Tenuta "Tormancina" dell'Istituto Sperimentale Zootecnico di Roma, richiama la Sua attenzione sull'oggetto della presente, allo scopo di ottenere il riconoscimento che da anni si chiede per le gesta di Resistenza contro l'occupazione nazista, compiute dal personale dell'Azienda sita nel comprensorio di codesto Comune.

Piu' volte l'Amministrazione di Monterotondo ha promesso di indire Convegni nelle varie date celebrative della nostra storia italiana. Promesse che, volta a volta, sono state

deluse in quanto non mantenute, nonostante il vivo intenso interessamento del Prof. Giorgio Giannini, Segretario dell'Associazione Resistenza Popolare non Armata. Convegno previsto, una prima volta , per il 9 settembre 1999, data dell'occupazione militare tedesca...successivamente rimandata all'ottobre dello stesso anno con la motivazione della ripresa dell'anno scolastico...venuta meno questa data si prevede rimandarlo al 25 aprile u.s., data della Liberazione d'Italia. Anche quest'ultima data e' trascorsa invano.

Si spifferano ai quattro venti, si declamano su ogni podio, si predicano da ogni pulpito, i valori patriottici, la dignita' della Nazione, i principi di liberta', da inculcare alle nuove generazioni perche' conoscano la storia e cio' che hanno fatto i padri per restituire loro la liberta' e la democrazia. La vicenda di Monterotondo costituisce una pagina di storia del nostro Paese, che abbiamo il dovere e l'obbligo di lasciare come esempio ai nostri giovani. A quanto pare si ha l'impressione di volerla tenere nascosta, ancora oggi, dopo cinquant'anni di colpevole silenzio.

Quale motivazione si puo' dare ad un assenteismo cosi' colpevole?...Che cosa si insegna ai nostri giovani, non solo della storia d'Italia, ma persino degli episodi locali che interessano direttamente gli eredi di quei valorosi che hanno lottato per garantire loro quella liberta' e quella democrazia che oggi godono?...E' inspiegabile come l'Amministrazione locale abbia lasciato cadere nell'indifferenza fatti storici dei quali leggittimamente dovrebbe sentirsene fiera ed orgogliosa! La sensibilita' dell'attuale Amministrazione Comunale, da Lei presieduta, porra' certamente termine ad una colpevole, e quindi riprovevole, apatica riluttanza ad affermare con fatti i valori immutabili della storia di un Paese, promuovendo per la ricorrenza del 9 settembre p.v. il programma predisposto dal benemerito Prof. Giorgio Giannini, che a tale causa sta profondendo il suo appassionato interesse..." (nessuna risposta come era da prevedersi - nota di P.Sabbetta).





In data 9 Settembre 2000 scrivo al Prof. Giorgio Giannini: "...Anche quest'anno la ricorrenza dell'8 settembre e' stata "volutamente" ignorata dalle Autorita' di Monterotondo. Dico "volutamente" perche' non occorrono sforzi di meningi per capire che esiste un ben determinato motivo di pervicace resistenza alla pubblicita' della vicenda, che non quelli che potrebbero attribuirsi a indifferenza, indolenza, trascuratezza, negligenza, inerzia, ecc..."



Si e' indotti a pensare che sia l'A.N.P.I. (Associazione Nazionale Partigiani d'Italia) a sollevare piu' o meno velate resistenze a che un'altra figura resistenziale le tolga il monopolio dei meriti resistenziali. Ci si e' rivolti, a piu' riprese, all' A.N. P.I. chiedendo invano solidarieta' nel rivendicare il riconoscimento dovuto a questa forma di Resistenza Popolare; ingenua domanda rivolta a chi ha tutto l'interesse a mantenere il suddetto monopolio. Quando poi, come ben dice il Professor Giannini nei suoi scritti, la Resistenza Popolare non armata e' numericamente superiore a quella dei partigiani armati. Aggiungiamo che, non solo quantitativamente, ma anche qualitativamente e' stata efficace per il diverso contenuto di spontaneita' e di solidarieta' verso i perseguitati. Il Partigiano armato attacca e, se e quando puo', si ritrae mettendosi in salvo; il singolo o la comunita' Resistente, effettuando l'azione, si espone alla rappresaglia senza possibilita' di difesa, in quanto radicati nel posto ove vive; cio' coinvolge il nucleo famigliare e tutta la collettivita'. Il Partigiano armato rischia la propria vita senza coinvolgere quella della famiglia; il Resistente Popolare non armato rischia, non solo la propria vita, ma anche quella della compagine famigliare. La vita e' importante per il singolo armato, e' vero, ma non la e' altrettanto per il gruppo famigliare? Quale logica, quale principio di giustizia, di equita' segue il legislatore discriminando "Resistenza Popolare" non armata e "Lotta Partigiana" armata?

Etimologicamente parlando i termini "Resistenza" e "Lotta" hanno significati ben distinti: una e' la Resistenza genuina, spontanea, non programmata...altra cosa e' il combattimento inquadrato in una disciplina gerarchica...Sono due forme diverse caratterizzate dal comune obiettivo: di mettere in difficolta' il nemico arrecandogli i maggiori danni possibili. La soppressione di un armato o la distruzione di un mezzo bellico, valgono piu' di un dissesto logistico provocato ai reparti in armi da disobbedienze o inosservanze a ultimatum, editti, proclami , ordinanze, ingiunzioni, che comminano rappresaglie e pene gravissime?

I valori di indipendenza e di liberta' che animano lo spirito di un popolo non possono venire discriminati da valutazioni di parte, che offendono il comune senso di obiettivita' e di giustizia. Non si puo' fare discriminazione fra chi imbraccia un'arma e chi agisce d'astuzia, per il raggiungimento dello stesso scopo.

Ripetendo: la vera " Resistenza" e' quella Popolare non armata; la " Lotta" armata e' un'altra cosa... Per cui diamo a ciascuno il suo: la Resistenza e' Popolare... la Lotta e' Partigiana.

Se l'A.N.P.I. e' un Ente spassionato ed onesto, capace di sottrarsi al naturale senso di gelosia di classe, deve appoggiare e sostenere la forma di Resistenza Popolare che ha perseguito lo stesso obiettivo con egual valore.

Si esaltano a gran voce i valori della Resistenza e nello stesso tempo li si disconoscono, negando loro il legittimo riconoscimento. Riferendoci al caso della Comunita' di Tormancina si e', peraltro, riconosciuta la resistenza di un unico soggetto, e si nega il riconoscimento di una collettivita' che ha compiuto le identiche medesime gesta del singolo. Dove esiste logica a questa contraddizione in termini? Altro interrogativo al quale non si da una spiegazione logica. Perche' si conferiscono medaglie e riconoscimenti ufficiali a citta', comuni, associazioni che hanno subito danni e vittime da operazioni belliche, e non a Tormancina che e' anch' essa una Comunita' ?



In data 4 Ottobre 1999 il Prof. Giorgio Giannini scrive a P.Sabbetta che nella ricorrenza dell' 8 settembre ha partecipato ad una cerimonia nella Sala Comunale di Monterotondo: "... ho ricordato la resistenza attuata dalla Comunita' di Tormancina durante l'occupazione tedesca. Ho fatto anche le seguenti proposte che il Sindaco e l'Assessore hanno accolto: promozione di un Concorso nelle Scuole di ogni ordine e grado del Distretto Scolastico, per recuperare la memoria dei fatti accaduti durante la guerra e la Resistenza; organizzazione di un Convegno sulla Resistenza in occasione del 25 Aprile 2000, nel quale saranno premiati i vincitori del Concorso suddetto e si inaugurera' il monumento a Tormancina. Mi auguro che quanto prima mi contattino, come hanno promesso, per dare una mano ad organizzare le suddette iniziative. In merito al comunicato, Lei certamente ha ragione quando parla delle difficolta' dell'A.N.P.I a riconoscere la "Resistenza popolare non armata". Io stesso ho avuto vivaci dibattiti con esponenti dell'A.N.P.I., sia romana che nazionale. Comunque da qualche anno alcuni docenti universitari, grazie ai miei scritti (in primo luogo gli atti dei miei tre Convegni) hanno rivalutato la "Resistenza non armata". Certamente, con il tempo, questo termine sara' sempre piu' accettato e "studiato".

Confidiamo comunque che la ricerca storica sulla "Resistenza popolare non armata" si diffonda sempre piu' e porti alla sua giusta "rivalutazione"...".





E' vano parlare di pace e di non violenza quando si esaltano la lotta armata e si mette a tacere il movimento spontaneo popolare.

L'A.N.P.I. e' stata un'emanazione del C.L.N ( Comitato di Liberazione Nazionale), quindi politica, mentre la Resistenza Popolare non Armata e' stato un autonomo e spontaneo movimento del popolo. Senza entrare in polemica si deve tener conto che la Resistenza Popolare non violenta e' stata "pulita" e non contaminata dalle atrocita' della guerra civile...Dobbiamo essere convinti che quando le circostanze lo richiedono, siamo capaci, tutti, di far fronte con coraggio alle avverse emergenze che attentano alla nostra sopravvivenza personale e sociale.

Una vergogna del nostro Paese dimenticare la resistenza popolare!



La vicenda "Tormancina" illustra una pagina storica dell'ultima guerra scritta dalla nostra gente, eroica e per questo esemplare, che qualche "potere" malefico e cinico vuole cancellare e seppellire nel dimenticatoio. Si esortano le coscienze sane del Paese a rivendicare il merito di salvare da un colpevole quanto inspiegabile disegno, questa preziosa memoria. La bruttura piu' grande in questi 60 anni e' stata quella di dover subire l'indifferenza e la vigliaccheria di coloro che ancora adesso negano l'evidenza, chiudendo gli occhi di fronte a questa discriminazione che offende la verita' storica.



Diventa imprescindibile dovere, portare alla luce i meriti di quegli italiani da additare, quale, esempio alle nuove generazioni che, certamente, anche se faticosamente e contro ogni caparbia resistenza, riusciranno a costruire una nuova moralita' e certezza di giustizia sociale.

Gli studenti vogliano essere edotti e documentati, con il massimo rispetto della verita' storica, delle vicende resistenziali concernenti gli eventi che hanno riscattato il nostro Paese.

I giovani sapranno trovare il modo o forse il tempo di spiegare agli altri e a noi se, e dove, abbiamo sbagliato. Loro saranno i veri giudici del nostro passato e del loro domani. Oggi, piu' che mai, e' necessario che i giovani sappiano, capiscano e comprendano.

PAOLO SABBETTA

artefice e simbolo della Resistenza Popolare non Armata
della Comunita' di "Tor Mancina"


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Cav. Paolo Sabbetta
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